Era un mattino caldo,
rovente, infuocato,
e in fiamme era anche il mio cervello,
perso nel ruminare eterno dell'ansia,
nel pensiero di uomini, di guerre, di cose,
di macchine effimere, di soldi, di inezie:
mentre i miei piedi si muovevano,
la mia mente restava ferma nel suo cemento grigio,
sepolto al buio di un ventre artificiale anche se ero sotto un cielo azzurro.
Mia madre, la Terra possente,
mi ha mandato allora fili d'erba
che spaccano il cemento,
che inverdano laddove il mondo scolora,
e palme aguzze, fiori di malva,
spighe di cereali selvatici,
un bagliore:
di Sole, riflesso sul dorso di un ragno,
una croce, una stella, un raggio,
come non ne avevo mai visti,
come se lei, mia madre, avesse risposto:
figlia mia, tu pensi all'effimero umano, ma le stelle brillano
e vivono per te.
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