lunedì 5 marzo 2018

Sunset 14. Storie del terrore



Gli occhi neri di Jacob brillavano appena nel buio, profondi. Mi erano d'ispirazione.
«Erano un ragazzo e una ragazza, seduti l'uno accanto all'altra, e anche se non erano innamorati si erano simpatici, e il modo in cui parlavano tra loro prometteva una grande amicizia. Era una serata speciale e anche se loro non sapevano esattamente perché, lo percepivano sulla pelle che si accapponava alla brezza leggera e salata che soffiava dal mare, dal colore delle fiamme azzurre, da come la luna li guardava, cercando di illuminarli per poterli osservare meglio.
Il ragazzo e la ragazza parlavano tra loro, eppure riuscivano a sentire tutte queste cose, e capire che questa sarebbe stata una serata speciale. Non sentirono che la luna non era l'unica cosa ad osservarli.
La ragazza raccontò al ragazzo una storia che aveva sentito raccontare del mare che bagnava quella spiaggia, del fatto che avesse in grembo un mostro, e che talvolta si scatenava rapendo ogni creatura che riuscisse a raggiungere per nutrire suo figlio, il suo amato cucciolo, e che nessuno poteva sfuggirgli. Qualunque cosa il suo mostro avesse voluto, purché fosse riuscito a guardarlo negli occhi, il mare l'avrebbe preso per lui. Nei tempi antichi era riuscita a ghermire un drago che sonnecchiava dopo un lungo volo e che si era incoscientemente abbandonato sulla spiaggia per riposare.
Alla fine di ogni pasto del mostro che portava in grembo, il mare ripuliva e sparecchiava, lasciando ciò che rimaneva laddove lo aveva preso. Del drago non rimasero altro che lunghe ossa bianche e salate sparpagliate per la spiaggia, unico ricordo della sua grandezza, e il suo fiato che scappava ogni volta che il mare si distraeva per cacciare per il suo cucciolo e riusciva per una sera a manifestarsi, e ogni fuoco diventava blu, perché era il fuoco del respiro del drago che fuggiva al mare».
Le labbra di Jacob si schiusero, mi ascoltava rapito. «È una fiaba horror».
Continuai a raccontare, il tono sempre più basso: «Il ragazzo era un'anima sensibile, e sebbene più giovane della ragazza cominciò a guardarsi intorno e vedere più cose. In fondo, non tutte le sere riuscivano a trovare del legno che rendesse i loro falò blu, ma quella sera la luna li guardava con compassione e le fiamme avevano il colore del mare. Il ragazzo sentì l'aria farsi più fredda, ma ancora si diceva che era tutta una leggenda.
Il ragazzo udì il mare mormorargli alle spalle, sentì lo stomaco della creatura brontolare».
Rimasi completamente in silenzio. Tutti e due ascoltammo la risacca che si infrangeva contro i sassi, un enorme respiro che cozzava contro i sassi e i granelli intrappolati tra di essi, producendo sibili e sospiri nel ritrarsi, facendoli rotolare l'uno sull'altro.
«È solo una storia» Mi disse lui, ma vidi i suoi occhi un po' più spalancati.
«Ma ancora lui diceva che fosse una leggenda» Mormorai, guardandolo negli occhi. «Alla fine il ragazzo sentì l'aria farsi stretta intorno a lui, sfregargli contro la pelle e sotto, sussurrandogli di voltarsi, perché la creatura stava per risalire e per averlo avrebbe dovuto guardarlo negli occhi».
Le narici di Jacob fremettero. Il buio era calato completamente, come una cappa intorno a noi, la luna sola ci illuminava spettrale.
« "Voltati" gli disse il vento, e gli disse la ragazza. "Voltati, non hai nulla da temere. Vedrai qualcosa di stupendo" gli disse il vento. Voltati a guardare il mare, tanto è solo una storia che ti ho raccontato, gli disse la ragazza» E gli sorrisi «È solo che sono una brava narratrice, non c'è nulla di cui spaventarsi. È solo una storiella. Credi che ti avrei davvero fatto allontanare dagli altri, qui al buio e tutto solo con me, per farti mangiare dal mare?».
Jacob ridacchiò e si girò a guardare dell'acqua più tranquillo, osservando lo scintillio della luna sull'acqua. Era uno spettacolo bellissimo.
«"Non credi" gli disse la ragazza "Che avrebbe più senso se io ti avessi distratto, isolato e portato qui perché non mi vedessi, e non ti vedesse nessun altro a parte me e la luna, mentre ti pugnalavo?"» Sussurrai, raccogliendo un legnetto da terra.
Jacob si voltò all'improvviso verso di me ad occhi sgranati e feci finta di pugnalarlo col legnetto con la mia migliore espressione psicopatica.
Non mi aspettavo la reazione di Jacob.
Lui spalancò gli occhi in cerchi quasi perfetti in uno sguardo vitreo abbastanza da essere strabico, urlò a pieni polmoni e agitò le mani come un bambino piccolo che cerca di bisticciare con un compagnetto di classe, se non che una di quelle mani era grande quanto la mia faccia, perciò scivolai all'indietro sul tronco, sorpresa.
«Jacob, Jacob!» Lo chiamai, alzando il rametto per fargli vedere che non ero armata.
Lui si calmò con la stessa rapidità con cui aveva dato di matto. Mi guardò, respirando affannosamente.
Era imbarazzatissimo, ma io ero caduta sul sedere cercando di spaventarlo, perciò ero sicura che avremmo potuto riderci su. Lo feci, e buttai via il legnetto rialzandomi da sola.
«Prova a fare di meglio» Lo sfidai scotolandomi i pantaloni dalla sabbia.
«Mi hai fatto venire un infarto!» Esclamò, ma nei suoi occhi brillava l'ammirazione
«Non me l'aspettavo. Scusa». Mi strinsi nelle spalle, prendendo posto accanto a lui.
«Sei, sei... wow!»
«Grazie». Arrossii un po', fiera di me. «Ti ho veramente spaventato così?»
«Hai... hai fatto atmosfera. E poi era plausibile, non avrei dovuto farmi trascinare da qualcuno nel buio, è pericoloso»
«Non preoccuparti, non posso ucciderti. Mio padre è un poliziotto, e soprattutto sono curiosa di sapere cosa mi racconterai tu»
«C'è una storia bellissima, che mi piacerebbe dirti, però...»
«Raccontamela, dai!»
«Ops. In teoria non potrei dirti nulla»
«Oh, non lo dico a nessuno. Giurin giurello». Cercai di sorridere in modo meno psicopatico.
«Beh, immagino che se non tiro fuori questa non potrò tenerti testa... Ma promettimi di non raccontarle in giro. Conosci le nostre vecchie storie, quelle sulle origini dei Quileutes?»
«Non tanto» ammisi.
«Be', ci sono un sacco di leggende, alcune sembra che risalgano al Diluvio Universale. A quanto pare, gli antichi Quileutes legarono le loro canoe alla cima degli alberi più alti, per sopravvivere, come Noè e la sua arca». Sorrise, per dimostrarmi la sua scarsa fiducia in quei racconti.
«Non fa molta paura»
«Infatti non è questo che voglio raccontarti. Secondo un'altra leggenda, la nostra gente discende dai lupi, e i lupi sono nostri fratelli da sempre. Le leggi tribali vietano ancora oggi di ucciderli. E poi ci sono le storie che parlando dei freddi».
La sua voce si fece più flebile.
«I freddi?». A quel punto non sarei riuscita a celare il mio interesse neanche se avessi voluto.
«Si. Alcune storie che parlano dei freddi sono antiche come quella dei lupi, ma ce ne sono anche di recenti. Secondo la leggenda, il mio bisnonno aveva conosciuto dei freddi. Fu proprio lui a stipulare il patto che vietò loro di entrare nella nostra terra». Alzò gli occhi al cielo.
«Il tuo bisnonno?».
«Era uno degli anziani della tribù, come mio padre. Vedi, i freddi sono nemici naturali dei lupi... Be', non proprio come dei lupi in sé, solo di quelli che si trasformano in uomini, come i nostri antenati. Quelli che chiamate licantropi»
«Quindi i vostri licantropi hanno dei nemici?»
«Solo uno».
Non staccavo gli occhi da lui, impaziente di saperne di più e affascinata. Certo, qualunque fesso a questo punto avrebbe capito che i Cullen erano sospettati di essere freddi, ma volevo saperne di più.
«Ecco perché i freddi sono nostri nemici da sempre. Ma il branco che giunse nel nostro territorio all'epoca del mio bisnonno era diverso. Non cacciavano come gli altri membri della loro specie, non erano pericolosi per la tribù. Perciò il mio avo stipulò una tregua. Se loro avessero promesso di stare lontani dalla nostra terra, noi li avremmo protetti dai visi pallidi» Mi strizzò l'occhio
«Ma se non erano pericolosi, perché fare uno scambio, un patto con loro?» cercavo di capirci qualcosa in più.
«È sempre un rischio per gli umani avere a che fare con i freddi, anche con quelli civilizzati come il clan di cui ti sto parlando. C'è il rischio che siano troppo affamati per resistere».
Sottolineò le sue parole con una sfumatura volutamente minacciosa.
«Cosa intendi per "civilizzati"?»
«A quanto pare, non predavano esseri umani. Le loro prede erano soltanto animali».
Continuavo comunque a non parteggiare per questi freddi «Quindi i loro gruppi come si chiamano? Clan o branchi?».
«Be'» Jacob si grattò la nuca «Noi li chiamiamo branchi, e loro si chiamano clan»
«Ah. E quindi i Cullen sono freddi come quelli che conosceva tuo bisnonno?»
«No» Fece una pausa enfatica «Sono loro, quei freddi».
Probabilmente scambiò la mia espressione di confusione per paura, dovuta al suo racconto. In realtà mi stavo ripetendo ciò che Carlo mi aveva detto la prima volta che avevamo parlato insieme dei Cullen, seppure con la mia limitata memoria. "È una risorsa per tutta la comunità e i suoi figli sono, hm, aggettivi buoni. Anch'io ero dubbioso, quando si sono trasferiti qui, con tutti quei ragazzi adottati del demonio. Pensavo che avrebbero potuto essere spacciatori, e invece sono angeli in terra...". Ma se erano arrivati ai tempi del bisnonno di Jacob... Quanto era vecchio mio padre?!
Jacob sorrise soddisfatto e proseguì.
«Se ne sono aggiunti altri, una femmina e un maschio nuovi, ma gli altri sono sempre gli stessi. Ai tempi del mio bisnonno il loro capo, Carlisle, era già noto. Era giunto da queste parti e se ne era già riandato ancora prima che arrivasse la vostra gente».
Si sforzò di non sorridere. Ah, ecco.
«E che cosa sono?» Riuscii infine a chiedere «Cosa sono i freddi?».
Sorrise beffardo.
«Bevitori di sangue» Rispose, con una voce che metteva i brividi. «La tua gente li chiama "vampiri"».
Dopo quella frase rivolsi lo sguardo alla schiuma grezza delle onde, incapace di controllare la mia espressione. In parte mi aveva messo su un piacevole timore frizzante, come i filmacci horror pieni di jumpscare, e in parte mi divertiva pensare ad Edward, che aveva la fobia del sangue e dei vampiri, visto come un freddo. Era quasi plausibile, se solo non fosse stato irrealistico.
No, il suo segreto doveva essere un altro.
«Hai la pelle d'oca» Disse lui, ridacchiando.
«Sei bravo a raccontare storie».
Non staccavo gli occhi dal mare. In realtà la sua storia aveva meno ruolo nella comparsa della pelle d'oca rispetto all'aria della notte e al pensiero di capelli-pazzi, ma mi piaceva vederlo soddisfatto.
«Storie da pazzi, eh? C'è poco da meravigliarsi se mio padre non vuole che le raccontiamo a nessuno»
«Non preoccuparti, non svelerò nulla»
«Credo di avere appena violato il trattato» disse, ridendo
«Me lo porterò nella tomba, te lo prometto» mi sfregai le braccia, rabbrividendo un po'.
«A parte gli scherzi, non farne parola con Charlie. Ha fatto una scenata a mio padre, quando ha saputo che alcuni dei nostri si rifiutano di andare all'ospedale da quando ci lavora il dottor Cullen»
«Tranquillo, non lo farò»
«E allora, pensi che siamo un mucchio di indiani superstiziosi o cosa?» chiese, scherzoso, ma anche vagamente preoccupato. Non avevo ancora distolto lo sguardo dall'oceano
«No, penso che qualunque sia il motivo, i Cullen, almeno i figli, abbiano qualcosa che non va. Uno di loro ha cercato di trascinarmi nella sua auto approfittandosi del fatto che mi sentivo male. Tutt'ora non so cosa sarebbe successo se qualcuno non mi avesse sentita gridare. E la sua pelle era davvero maledettamente fredda».
Non so bene perché glielo raccontai, forse per giustificare le sue storie e non farlo sentire in imbarazzo per la sua magica tribù, o forse perché volevo dargli ragione sul fatto che erano pericolosi. Lui sembrava turbato.
«Comunque qui è bello. Specie ora che so che discendi dai lupi, mi sento protetta accanto a te» Lo stuzzicai in tono allegro.
«Fico». Sorrise.
A quel punto il rumore dei sassi sulla spiaggia ci avvertì che qualcuno si stava avvicinando. Alzammo la testa in contemporanea e notammo Mike e Jessica a una quarantina di metri che venivano verso di noi.
«Ah, sei lì, Bella» Gridò Mike sollevato, facendo un gesto di saluto con la mano
«È il tuo ragazzo?» chiese Jacob, allarmato dal tono di gelosia nella voce di Mike. Ero stupita che ci fosse, e che apparisse così ovvio.
«No, direi di no. È il mio migliore amico, quello a cui piace la meccanica, ma la cerchia si sta ancora allargando» Dissi.
Ero profondamente grata a Jacob e impaziente di ricompensarlo. Gli feci l'occhiolino mentre Mike non guardava, per non metterlo a disagio.
«Perciò, appena prendo la patente...» Disse
«Potrai venire a trovarmi a Forks, certo. Magari qualche volta scendo io. Una volta o l'altra potremmo uscire».
Mi sembrava strano entrare in confidenza così velocemente con qualcuno, timida come sono. Ma Jacob mi piaceva davvero. Saremmo potuti diventare amici senza difficoltà.
A quel punto Mike ci aveva raggiunti, Jessica lo seguiva a qualche passo di distanza. Teneva un pacchetto in mano che non riuscii bene ad osservare, data la scarsa luminosità. Lo vidi squadrare Jacob, e pareva soddisfatto di trovarsi di fronte a un ragazzino.
«Dove siete stati?» Chiese, malgrado la risposta fosse sotto il suo naso.
«Secondo te?» Sorrisi, allargando le braccia. Le ripiegai in grembo «Ci siamo raccontati storie spaventose. A proposito, hai visto da qualche parte un cilindro freni di una Volkswagen Golf di un qualche anno fico che piace al mio nuovo amico Jacob?» e lo indicai
«Del 1986» rise lui con la sua bella voce calda, e Mike si rilassò notevolmente.
«Te ne intendi di auto?» Gli chiese
«È una passione» ammise il Quileute, per nulla intimorito
«Ora non so per il cilindro freni, ma conosco un rivenditore che ha di tutto. Se tu e Belarda rimarrete in contatto potrei farti girare il contatto. Oh, ma aspetta, Bella non ha un cellulare!» disse lui con aria fintamente tragica
«Come farete ora?» Lo spalleggiò Jessica, esagerando con la disperazione.
«Seriamente non hai un cellulare?» Mi chiese Jacob incuriosito.
Mi strinsi nelle spalle. Mi ero sempre fatta bastare il fisso, non avevo mai sentito il bisogno di un apparecchio privato.
«Aspetta! Per fortuna ci sono io!» Esclamò Mike, spingendomi contro una confezione, che era già stata aperta e richiusa maldestramente. Sopra ci avevano appiccicato un fiocchetto da regalo verde. Mike e Jessica mi avevano regalato un cellulare.
Ero spacciata, ma anche commossa.
«C'è già dentro la scheda e tutto, e tutti abbiamo messo i numeri in rubrica, tranne Lauren» Mi illustrò eccitata Jessica, additando il pacchetto
«Ragazzi, siete stati dolcissimi. Grazie» dissi, abbracciando il pacchetto e poi alzandomi ad abbracciarli e baciarli su entrambe le guance. Loro arrossirono un po', entrambi.
«Un numero nuovo per la tua rubrica!» Esclamò Jacob, e così ci scambiammo i numeri. Gli feci un gran sorriso, che lui ricambiò.
«Be'...» Mike tacque per un istante, valutando la situazione e la nostra complicità. «Ci stiamo preparando per andarcene, sembra che stia per piovere».
Alzammo gli occhi al cielo, sempre più cupo. Si, era senz'altro pioggia.
«D'accordo» Scattai in piedi. «Arrivo»
«Piacere di averti rivista» disse Jacob, certo per stuzzicare un po' Mike
«Piacere mio. La prossima volta che Carlo viene a trovare Billy lo accompagno» promisi.
Il suo volto si illuminò di un gran sorriso. «Sarebbe fico»
«E grazie» Aggiunsi sinceramente.
Salii sul sentiero di rocce che portava al parcheggio con il cappuccio alzato. Tra i sassi comparivano le macchie scure delle prime gocce di pioggia. Quando io, Mike e Jess raggiungemmo il Suburban gli altri stavano già caricando i bagagli. Mi infilai accanto ad Angela e Tyler, sul sedile posteriore, dichiarando che avevo già goduto del mio turno su quello del passeggero. Angela osservava l'imminente temporale fuori dal finestrino, e Lauren si divincolava nel posto centrale, cercando di attirare l'attenzione di Tyler: perciò potei liberamente appoggiare la testa allo schienale, chiudere gli occhi e provare a riposarmi.
Il cellulare nella mia tasca vibrò, facendo un rumore come un lamento di topo.
Mike mi aveva mandato la foto di una murena.
Vrr.
Un messaggio, lapidario. "Anguilla".
Era l'inizio della fine.
 Era l'inizio della fine


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 Aggiorneremo la storia su questo blog un pò più lentamente che su wattpad, quindi se avete la app di wattpad, oppure vi piace leggere direttamente da quel sito, continuate a leggere la storia da qui

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