lunedì 10 settembre 2018

Sunset 68 - Al cinema con Undertaker





«Come?» Strabuzzai gli occhi «Avete sentito tutto?».
Eravamo sedute su delle vecchie sedie a sdraio sdrucite di fronte a casa di Jacob, io e Ayita, mentre la mia scorta di lupi si azzuffava nel fango.
«Si. Per via del contatto telepatico» Ayita si sfiorò una tempia «Per questo abbiamo mandato con te maschi e femmine: sia io che Sam abbiamo sentito tutto. Eravamo trasformati e possiamo sentire i pensieri del resto del nostro branco»
«Ah. Ottimo, vorrà dire che non dovrò raccontarvi proprio niente».
I poteri dei licantropi non smettevano mai di sorprendermi. Erano quasi meglio di quelli dei vampiri.
«Già. Ci siamo fatti un'idea piuttosto chiara su questi Volturi» Strinse i denti e inclinò appena la testa, come se stesse cercando di trattenere un brutto pensiero che rischiava di uscirle da un orecchio «Abbiamo deciso che va bene, i Cullen potranno farsi aiutare da questi altri vampiri che non sono assassini. Abbiamo bisogno del loro aiuto e della loro conoscenza del corpo di guardia dei Volturi per allenarci a sconfiggerli»
«Quindi i Cullen hanno il vostro permesso di... allearsi?»
«Si. E poi, diciamocela tutta: se facciamo una prima fila di vampiri, quando andremo in guerra, ci sono buone probabilità che un gran numero di loro venga annientato e questo è nel nostro interesse. I Cullen e i loro amici moriranno e indeboliranno i Volturi, è un ottimo piano».
Non sapevo cosa provare. Quelli del clan di Denali erano simpatici, certo, e non li odiavo, ma non è che fossero... umani. Non erano nemmeno animali, visto che erano morti. Non riuscivo a dispiacermi all'idea che potessero essere distrutti dai Volturi, ma c'era comunque un pizzicorino nel mio cervello, una vocina che mi suggeriva che sarebbe stato uno spreco farli morire.
Jacob emise un guaito acutissimo mentre Aida e Leah gli mordevano le zampe posteriori, distraendomi dai miei pensieri. Era bene che non empatizzassi con i succhiasangue, conclusi frettolosamente.
Poi il mio cervello si spostò automaticamente su una questione che mi premeva.
«Ehm... io non ho la possibilità di comunicare con il pensiero con i miei amici, quindi...»
«Quindi?» mi incoraggiò Ayita, seria
«Quindi non so cosa avete fatto voi nel frattempo, mentre io ero nella casa dei vampiri. L'avete evocato?»
«Intendi il Guardiano Nero?»
«Si. Intendo il Guardiano Nero»
«Si»
«Ah. E dov'è?»
«Arriverà stasera. O potrebbe essere già qui» rispose lei, misteriosa «Ha detto che aveva molto da fare, che stava controllando la rinascita di un dio azteco, ma che non appena si fosse liberato, diciamo in un paio di ore, si sarebbe messo in viaggio»
«Ah. Un dio azteco?»
«Così ha detto lui»
«Sul serio?»
«Si»
«Ma senti... ma che cos'è, di preciso, un Guardiano Nero?».
Ayita mi guardò negli occhi, tranquilla. Notai che il suo respiro era regolare, pieno, e lo potei notare perché rimanemmo così per un tempo che mi parve lunghissimo. Probabilmente io stavo arrossendo sempre di più per ogni secondo che passava.
«Caspita» Disse lei alla fine «Non ne ho idea»
«Come sarebbe a dire che non ne hai idea?» un sorriso confuso affiorò sul mio volto «Cioè, me lo stavi per dire, prima che arrivasse Seth a interromperci»
«Si, ma il fatto è che noi, come tribù... non sappiamo cos'è di preciso il Guardiano Nero. Abbiamo una serie di conoscenze e di storie su di lui e sappiamo che possiamo chiamarlo se ne abbiamo bisogno, ma non è che sappiamo di preciso cosa è e cosa faccia quando non è impegnato ad aiutarci»
«Ah. Giusto» annuii, tutt'altro che delusa «Tutto molto misterioso, è logico. Ma un momento...» alzai la testa «...Se non sai cos'è, come fai a sapere che può battere un vampiro? Che può fronteggiare Alec e Jane? Voglio dire, magari è solo un umano molto molto intelligente e molto molto forte che ha studiato molte molte cose sul mondo sovrannaturale, ma anche così...»
«Te l'ho detto» mi interruppe lei, tranquilla «Sappiamo delle cose su di lui. Abbiamo delle leggende»
«Un giorno me le dovrai raccontare»
«Quello è compito di Sue e Billy. Un giorno le racconteranno a tutti noi e stai sicura che ti chiameremo, quando quel giorno arriverà»
«Si, ma...».
Il mio telefono emise un pigolio: mi era arrivato un messaggio. Sperando che non fosse qualche altro nonsense sulle lumache da parte di Edward, lo aprii e lo lessi. Era da parte di Mike, diceva che aveva trovato un film fantastico.
Oh, Mike! Per poco non mi dimenticavo che avevo un appuntamento con lui e Jessica, quella sera! Troppe emozioni in una volta sola.
«Mi sa che me ne vado a casa» Sospirai «Ho bisogno di un po' di riposo, se poi voglio andare al cinema con gli amici»
«Mi sembra giusto. Vai».
Ayita si sdraiò per bene, reclinò la testa all'indietro e chiuse gli occhi: il suo modo di farmi capire che anche lei aveva bisogno di riposarsi. Mi alzai e mi diressi verso la foresta, cercando di ricordare in che diamine di direzione si trovasse la casetta delle licantrope e dove avessi parcheggiato il mio Chevy. Alla fine lo trovai: ringraziai la mia buona stella e montai in macchina.
A casa, Dracula mi attendeva seduto pazientemente sul mobiletto all'entrata.
«Ehi» Allungai una mano per grattarlo dietro le orecchie «Sei rimasto qui per tutto il tempo?»
«Mau!».
Non era rimasto lì tutto il tempo: sulla coscia sinistra aveva una macchietta di vernice grigia che somigliava vistosamente a quella con cui avevano ridipinto i corrimano alla stazione di polizia. Papà doveva esserselo portato a lavoro.
«Sei tornata, Belarda?» Fece la voce di Carlo, dal salotto
«Si, sono io! Tutto bene?»
«Si»
«Hai portato Drakey a lavoro?»
«Come lo sai?».
Mi tolsi le scarpe e corsi fino al salotto, sorridendo
«Mi hai riportato il gatto nero sporco di vernice grigia» dissi
«Sei un vero detective» commentò lui, alzando la birra che teneva in mano
«Ma tu che fai, bevi birra da solo?» risi «Che cosa triste»
«Non sono solo» lui alzò uno dei cuscini del divano, rivelando che nascosto dietro di esso c'era Lillo che dormiva saporitamente, con il pancino all'aria «Ho Lilluzzo».
Il mio cuore era sciolto di puccezza pucciosa.
«Aww! Però...» Alzai un indice «Questo non deve renderti un ubriacone, promettilo!»
«Certo, te lo prometto»
«Molto bene. Vado a riposarmi un po', è stata una mattinata intensa...»
«Billy dice che i ragazzi e le ragazze Quileute fanno un sacco di attività fisica» papà aggrottò la fronte «Hai fatto sport con loro?»
«Non proprio. Diciamo che sono un mediatore. Una sorta di arbitro»
«Ah. Va bene»
«Stasera esco con Mike e Jessica. Ci ribecchiamo più tardi, ciao papà!».
Lui sollevò una mano in segno di saluto e io mi ritirai nella mia camera, seguita da Dracula che muoveva freneticamente le zampine per tenere il mio passo.
Mi rilassai cercando di leggere qualcosa, ma finii per dormire scompostamente, vestita da capo a piedi, e con un gatto sulla pancia. Non fu un sonno del tutto tranquillo: sentivo voci, vedevo con la coda dell'occhio vampiri con mantelli neri che non esistevano e non fu facile convincermi che tutto quello non era reale, che nella realtà ero al sicuro nella mia stanza e stavo solo sognando.
Mi risvegliai di colpo dopo aver visto due terribili occhi rossi e vidi la luce che si smorzava fuori dalla finestra.
«Oooh!» Esclamai, balzando in piedi. Corsi in bagno a lavarmi la faccia, furiosamente, mi passai le ascelle con delle salviette umidificate e applicai il deodorante in stick, lottai con i miei capelli come Laoconte con i serpenti nel tentativo di farli sembrare di nuovo capelli umani e mi misi a cercare il portafoglio in giro per la stanza come un cinghiale grufolante.
Non volevo dare buca a Mike, non di nuovo.
Con una mano versai i croccantini nella ciotola di Dracula, con l'altra messaggiai al mio amico
Hey, Micolo! Pronto per la serata cinema? :D
O h a Bela! Sono prnt cn i bilietti per tt.
Bela bilietti ;)
St scrivendo veloce xche sto correndo a prendere Jessica
Con i piedi o con la macchina?
Con la machina.
E allora non rispondermi, scemotto, che fai un incidente e muori, altro che bilietti.
Ma sn quasi arr vato
Mi passi a prendere tu?
Sono pss aato prima ma tuo papa mi ha detto che dormi e nn ti ho sveliato
Ah. Scusa. Ero davvero stanchissima, sono stata alla riserva di La Push.
Ma k cavolo fai qndo vai dagli indiani qleuti?
L'arbitro
Va bn. Vengo a prnderti fra cinque mnuti
Oh. Bene, ero già in ritardo. Approfittai del mio tempo extra (Mike era un santo) per lavarmi i denti e cambiarmi la maglia con una che puzzasse di meno di sudore freddo e paura.
Ebbi appena il tempo di mettere un piede sulla scalinata per scendere al piano di sotto che ecco qualcuno suonare il campanello.
«Arrivo, Micolo! Arrivo!» Gridai, mettendomi a correre e rischiando la morte due volte solo sulle scale «Scusa per il ritardo! Sono pronta per le nuove arti marziali scarse con effetti speciali … speciali! Tira fuori i tuoi billietti!».
Aprii la porta con una mano e mi ritrassi cercando di infilarmi una scarpa da ginnastica con la sinistra. Il pannello di legno si aprì lentamente.
«Scusa, non ho i biglietti» Disse una voce profonda, titubante.
Alzai lo sguardo saltellando su un piede solo (ancora non ero riuscita ad infilarmi quella stupida scarpa) e persi l'equilibrio, atterrando sulle chiappe.
Non era Mike. Non era Mike. Era Undertaker.
«Ciaaa aaa ooo» Dissi, con voce robotica. Mi sentivo come uno dei messaggini di Mike.
Il mio idolo sportivo se ne stava fuori dalla porta, vestito come un ragazzo di almeno vent'anni più giovane (maglietta a teschi, jeans, scarpe di tela tipo converse e un cappellino da baseball) e con un'espressione che non poteva interpretare diversamente da “mi dispiace davvero di aver interrotto qualsiasi cosa tu stessi facendo, ho solo suonato educatamente alla porta, se vuoi ripasso più tardi giuro”.
Mi rialzai in fretta e furia, riuscendo miracolosamente a infilarmi la scarpa, e me ne stessi lì, con una scarpa sola, di fronte a lui. Il mio cervello annaspava alla ricerca di parole. Per fortuna fu lui a rompere il silenzio.
«Sei la ragazza dell'albergo? Quella dei vampiri?» Domandò, poi si passò una mano dietro il collo, con fare imbarazzato «Spero di non averti confuso con qualcun'altra»
«No, no, sono io!» mi indicai «Vuoi entrare? Sei il benvenuto. Vieni, entra»
«Mi sembra che tu volessi uscire»
«Si, ma... insomma... aspetto un amico»
«Il ragazzo quileute?».
Notai che lui lo pronunciava nella maniera corretta: “quil-yoot”.
«No, non lui, io aspettavo un altro amico, si chiama Mike. Io lo chiamo Micolo» ridacchiai, nervosissima «Era lui che doveva avere i biglietti per il cinema»
«Stai andando al cinema. Non posso entrare»
«No, puoi, io... ehm... vuoi venire al cinema con me?».
Con noi. Avresti dovuto dire “con noi”, non “con me” stupido cervello che si prende di confidenza con le leggende del wrestling!
«Cosa andate a vedere?».
In quel momento Mike parcheggiò poco distante. Trattenni il fiato. Sapevo che anche Mike stava trattenendo il fiato.
Jessica fu la prima a scendere dall'auto. Indossava un vestito più elegante del dovuto e un paio di scarpe con il tacco che scintillavano.
«Ehi, c'è anche Jacob!» Gridò, alzando un braccio «Ciao, Jacob!»
«Ehi, Jake! Porca miseria, sei diventato enorme!» aggiunse Mike, scendendo dalla macchina con un'espressione di chiaro sollievo «Da dietro, per un attimo, ti ho scambiato per qualcun altro! Ehi, le maniche della tua maglietta sono fichissime!».
Undertaker si girò molto, molto lentamente verso i miei amici che si avvicinavano
«Ehm... sapete... non ho le maniche» disse «Sono... tatuaggi. E non mi chiamo Jacob».
Jessica non si fermò, ma le comparve un sorriso cordiale sulla faccia
«Oh! Salve! Io sono Jessica, un'amica di Belarda. E credo che tu sia... un wrestler, giusto? Moltissimo piacere!».
Mike, invece, si era bloccato e mi guardava, anche se doveva vedere molto poco di me, visto che ero quasi nascosta dietro l'immensità di Undertaker. Le sue labbra si mossero quasi senza emettere suono, ma potevo leggere il labiale: “Che ci fa lui qui?”.
«Hey, Belarda, ci vieni lo stesso al cinema con noi, vero?» Domandò Jessica, allegra «Se vuole ci può venire anche il signore! Tanto non ci sarà nessuno in sala, Mike ha scelto l'ennesimo film stupidissimo che nessuno si fila».
Undertaker si spostò leggermente, silenziosissimo. Io ero esposta, finalmente potevo guardare in faccia Mike e Jessica.
«Ragazzi, ragazzi... io...» Mi bloccai. Volevo andare con loro al cinema? Volevo restare a sentire qualunque cosa avesse voluto dirmi Undertaker a proposito della faccenda dei Volturi?
«Che film è?» Domandò il wrestler, tirandomi fuori dall'impiccio di dover scegliere
«Allan Quartemain and The Temple of Skulls» rispose Mike, poi prese fiato «È un vero piacere conoscerti. Un vero piacere, signore»
«Ah, ehm, grazie amico. È un film d'azione?»
«È la versione tarocca di Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo» spiegò Jessica, prima che Mike riuscisse anche solo ad aprir bocca «Di una casa di produzione semisconosciuta, la Asylum, che fa robaccia a basso prezzo. Però a lui piacciono. Non è niente di speciale, andiamo solo a ridere tutti insieme al cinema»
«Hmm, ci sto» lui annuì «Vengo con voi. Se per nessuno di voi è un problema, ovviamente»
«Certo!» quasi urlammo io e Mike, contemporaneamente.
Undertaker sorrise leggermente, alzando poco poco gli angoli della bocca. Sentii di aver fatto una grande impresa.
Ci dirigemmo tutti verso la macchina di Mike. A me sarebbe toccato stare dietro, con il wrestler: io non mi lamentavo per niente, ma lui doveva tenere la testa piegata e le spalle leggermente incurvate perché proprio non c'entrava.
Al contrario di tutti noi, Jessica era perfettamente a suo agio.
«Scommettiamo» Disse «Su quanta gente ci sarà dentro al cinema?».
Nessuno rispose. Jessica si imbronciò e ci guardò tutti
«Oh, andiamo ragazzi, sembra un mortorio»
«Io sono il becchino» sbuffò Undertaker, divertito
«Beh, allora Mike e Belarda sono i cadaveri. E io faccio l'officiante della cerimonia» la voce di Jessica si fece stentorea in un'imitazione del vecchio prete di Forks «Miei cari fratelli e sorelle, siamo oggi qui riuniti per dare l'estremo saluto a Mike Newton e Belarda Cigna, due cari amici e compagni che non si sa bene come sono morti così all'improvviso. Era una tranquilla serata...».
La macchina partì. Mike si azzardò a ridacchiare nervosamente, mentre premeva l'acceleratore.
«... E tutti loro volevano andare a vedersi un film a basso budget» Continuò Jessica «Dove c'era un Indiana Jones che si chiamava Allan Qualcosanonmiricordo. Poi all'improvviso sono entrati in macchina con una star del wrestling e sono morti senza motivo. Addio, Belarda e Mike, vi ricorderemo sempre! Insegnate agli angeli a litigare con i Cullen!»
«Amen» aggiunse Undertaker, serissimo.
Mike rabbrividì vistosamente
«Non mi piace questo tipo di humor» disse «Soprattutto quando sono io a dover fare il cadavere»
«Adesso sai cosa si prova ad essere chiusi in una bara più spesso di quanto vai al mare e ad essere chiamato “uomo morto” dai commentatori» scherzò Undertaker
«Oh, deve essere orribile»
«Ti ci abitui, dopo un po', e inizia a piacerti»
«Ah giusto, ora mi ricordo bene chi sei!» s'intromise Jessica, schioccando le dita «Che forza! Ti guardavo in tv da bambina, insieme a mio fratello! Sei ancora più enorme visto dal vivo, tipo gigantesco... oh, scommetto che te lo dicono tutti, vero? Cosa ci fa qui a Forks una celebrità come te?»
«Sono qui per i Quileute, ho un... lavoro da fare per loro, sapete. Mi hanno dato un indirizzo, ma si è rivelato essere casa di... ti chiami Belarda, giusto?»
«Sissignore» annuii «Belarda Cigna»
«Ecco, mi hanno dato il suo indirizzo»
«Si saranno sbagliati o avranno voluto farti uno scherzo» disse Jessica, tranquilla «Sono ragazzoni immaturi che se ne vanno sempre in giro senza maglietta a cercare di sedurre povere ragazze ingenue incantate dalla vista dei loro incredibili pettorali»
«No, io credo che sia l'indirizzo giusto» rispose a sorpresa il wrestler, con una nota quasi di ribellione.
Mike fece un rumore tipo “gulp”.
«Io e Belarda ci conosciamo già» Continuò Taker, parlando lentamente «Ci siamo... incontrati... tempo fa. Ad uno show a Seattle. E poi in un albergo a Phoenix. Credo che lei sia profondamente invischiata in questa faccenda dei vampiri».
Raggelata, lo guardai. Avrei voluto afferrargli un braccio (ohmmioddio, quant'erano grosse le sue braccia?) per fargli capire che doveva stare zitto al riguardo, che i miei amici non sapevano niente, ma non ne avevo il coraggio. Aveva detto davvero “vampiri” di fronte ai miei amici?
«Faccenda dei vampiri?» Scherzò Jessica «Che faccenda?»
«Ci sono dei vampiri che stanno arrivando dall'Italia, mi hanno detto» rispose lui, con un candore che mi lasciò spiazzata e ammutolita «Li chiamano i Volturi. Li ho sentiti nominare un paio di volte e non li consiglio. Comunque, ce l'hanno con i Quileute e hanno bisogno di me»
«Vampiri? Che genere di vampiri? Tipo quello con i denti lunghi?» Jessica imitò due zanne con le punte degli indici
«No. No. Più del tipo “classe politica”. Hanno i denti corti, ma un grande potere dovuto all'influenza che hanno su un... largo... gruppo di persone. Come la mafia»
«Criminalità organizzata» Mike scosse la testa e, probabilmente in modo involontario, premette il piede sull'acceleratore «Come Edward Cullen!»
«Esatto» mi affrettai a dire io «Altra gente esattamente come i Cullen, che però questa volta ce l'hanno contro i Quileute»
«Oh si, è vero che Belarda c'è invischiata, ma non è colpa sua!» esclamò Mike «È quel coso che la perseguita, Edward Cullen!»
«Lo so» Undertaker si strinse appena nelle spalle «Ho incontrato anche lui. Una persona terribile»
«Quindi sei qui per fargli il culo a strisce, scusa il francesismo»
«Ehm... è complicato».
Avendocelo di lato, seduto sul mio stesso sedile, non potevo fare a meno di pensare a quanto sembrasse umano. Certo, era un umano assolutamente enorme, ma sentivo il suo calore del tutto normale, il suo respiro del tutto normale, vedevo la morbidezza della sua pelle, il pizzetto di barba leggermente irregolare che iniziava appena ad ingrigire, e lo avevo visto imbarazzato, confuso, divertito... era umano. Deliziosamente, potentemente umano. E questo era certamente un male per lui, perché uno fatto di carne e sangue, e che per giunta non poteva trasformarsi in un lupo grande come un cavallo, difficilmente avrebbe potuto combattere contro i vampiri più pericolosi del pianeta.
D'un tratto avevo di nuovo paura.
Per il resto del viaggio fummo costretti a sorbirci dei resoconti dettagliati di Jessica riguardo a tutte le coppie e i pettegolezzi della vita scolastica: era partita parlando dei Cullen, ma non si era fermata più e ora stava animatamente sproloquiando di un tizio che si chiamava Jimmy che a quanto pareva era troppo alto e bello per la sua ragazza Holly.
Quando arrivammo al cinema, effettivamente non c'era quasi nessuno: il parcheggio era semi-deserto.





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