mercoledì 26 ottobre 2022

Iris Letalis 9. Il finale giusto

 


Cattelan si grattava una guancia guardando lo schermo del portatile. Il finale per il suo nuovo libro, “Timmy e l’orsetto bordeaux”, non ne voleva sapere di venir fuori.
Lo scrittore aveva provato a rimescolare gli eventi della narrazione, a riscrivere Timmy come un alieno, a far diventare l’orsetto una femmina, ma niente, nessun finale funzionava. Si spettinò i capelli, sbuffò, chiuse il documento, lo riaprì. Poi ebbe una folgorante idea che, avesse voluto il dio della scrittura, forse era proprio quella giusta. Le sue dita iniziarono a digitare freneticamente:

“Timmy e l’orsetto bordeaux erano finalmente insieme nel giardino, dopo tante peripezie. Il peluche era un po’ sporco, un piede era un pochino strappato, ma si poteva riparare! E anche pulire, certo.
«Imparerò a cucire per te» Disse Timmy «Anche se ho sempre pensato che fosse una cosa da femmina, ora ho capito che è solo una delle tante cose che si fanno per gli amici! E io imparerò perché ti voglio tanto bene!».
L’orsetto bordeaux abbassò lo sguardo. Non era proprio triste triste, ma qualche cosa non andava.
«Quanto dovrò aspettare per essere cucito?» Disse
«Solo un po’, amico mio! E poi sarai come nuovo!».
In quel momento arrivò un altro bambino, più vecchio di Timmy. Era proprio lui, il bullo Tommy, che Timmy non aveva mai sopportato!
«Lascia stare quel Timmy!» Disse Tommy «Io so cucire già adesso, me lo ha insegnato mio papà che è un sarto famoso che fa i completi per i motociclisti tosti e per i lottatori di wrestling! E poi ti darò anche un nome, perché quello scemo di Timmy non te ne ha dato uno anche se vi conoscete da due mesi!».
L’orsetto bordeaux guardò Tommy, poi Timmy, e gli si leggeva sul musetto che lui avrebbe voluto essere riparato adesso, non aspettare che qualcuno imparasse come farlo, e che voleva anche un nome.
Però disse: «Timmy, tu sei il mio padroncino e io non ti tradirò per il bullo Tommy!».
Timmy però era un bambino buono e intelligente, che voleva davvero bene all’orsetto bordeaux, perciò capì una cosa molto importante: che l’orsetto sarebbe stato meglio insieme a Tommy, che era ricco, aveva un papà sarto e sapeva cucire. Fu per questo che Timmy disse:
«Caro il mio orsetto bordeaux, io ti voglio un mondo di bene! E sono contento che sei fedele a me, ma devo dirti una cosa molto importante: devi andare insieme a Tommy. Tommy è cattivo con me, è vero, ma non con te! Lui voleva che tu fossi il suo orsetto fin da quando ti sei animato alla Piazza delle Magie! Se ti romperai, lui ti ricucirà, se ti sporcherai lui ti laverà, se ti perderai lui manderà le sue guardie a cercarti e poi sono sicuro che ti darà un nome bellissimo, perché è molto creativo a dare soprannomi buffi a tutti quanti a scuola. Starai bene con lui, meglio che con me».
L’orsetto bordeaux abbracciò Timmy forte forte, stringendolo fra le morbide zampette, e gli disse all’orecchio:
«Il più buono di tutti sei sempre tu, però».
Tommy non credeva alle sue orecchie! Finalmente il bellissimo orsetto bordeaux, l’unico giocattolo parlante della città di Arcobalenia, era suo! Non disse grazie, perché era pur sempre un bullo, ma diede la mano a Timmy.
«Ora non siamo più nemici» Dichiarò «Perché io e te vogliamo bene allo stesso orsetto»
«Sì, non siamo più nemici» disse Timmy.
Tommy prese per mano l’orsetto bordeaux e se ne andò. Timmy era un po’ triste, ma più ancora che triste era felice, perché sapeva che l’orsetto sarebbe stato davvero bene. Aveva imparato una lezione molto importante, il bravo bambino: che a volte, quando ami qualcuno, devi lasciarlo andare via.

FINE.”

Soddisfattissimo, Cattelan ricontrollò velocemente il documento, poi lo allegò ad un’e-mail e lo inviò al suo editore. Attese qualche istante, fissando ancora lo schermo come in trance, poi si alzò e fece un balletto di vittoria, canticchiando a mezza bocca una melodia che credeva di aver inventato in quel momento, ma che in realtà aveva sentito una notte nel lontano 1999.
Decise che avrebbe stampato e rilegato una copia da sé e l’avrebbe regalata a Mika quando sarebbe andato a vederlo al torneo.
«E vedremo se anche questo non ti piacerà!» Esclamò, parlando al vuoto «Vedremo se anche qui manca il pathos, come dici tu!».
Sentì che gli occhi gli si inumidivano un poco. Si disse che era per colpa delle ore passate davanti al computer, ma stava mentendo a sé stesso.
Dall’angolo un peluche a forma di orsetto, bordeaux, lo guardava senza vederlo con i suoi occhietti di plastica neri. Aveva uno strappo su una zampa, da cui si intravedeva l’imbottitura ormai ingiallita.
Cattelan non aveva mai imparato a cucire.

 
 

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