mercoledì 17 giugno 2015

Il Tomahawk del Windigo - Parte 4


Scritto da Sarah Darkness e Elisabetta Palmeri
  Il tomahawk del Wendigo - Parte 4

Bocconi Amari e Bugie
 Giacomo indicò la via quasi con veemenza, come per strappare i due ai loro discorsi
«Di là...» disse «Venite».
Iniziarono tutti a camminare.
Francesca si avvicinò un po' a Jackie, fin quasi a sfiorargli il braccio con il proprio, guardandolo con le sopracciglia aggrottate.
«Comunuque non mi chiamo neanche Xena» Aggiunse lentamente «E non volevo spaventarti»
«Non sono spaventato!» disse immediatamente, ridendo, Jackie
«Oh, si che lo sei. Ma non devi preoccuparti, tutti provano paura»
«Non sono spaventato» ripetè con fermezza lui
«No. Adesso non lo sei più» lei guardò dritto di fronte a sé «O almeno possiamo dire che non si nota»
Jackie cercò di non ridere per non offenderla, divertito dall’assurdità di quel discorso «Ricordo bene il tuo nome, Francesca» le disse in tono amichevole «E no, mi dispiace, ma non mi hai spaventato»
La donna si voltò a guardarlo.
«Magari la prossima volta sarai più fortunata, mh?»
«… Stai mentendo» gli disse e Jackie, rallentando, aggrottò le sopracciglia: non comprendeva cosa l’altra stesse cercando di fare ed era difficile capire come reagire per non offenderla.
«Mentendo?» ripeté lentamente «Non so se hai visto con che razza di gente lavoro» le confidò a bassissima voce, avvicinandosi e coprendosi la bocca con la mano per non farsi sentire dagli altri « Conosci il vero significato della paura… dell’orrore… quando hai urgentemente bisogno del bagno e ci è appena stato uno di loro»
« … »
«Quindi no» fece «Non mi hai spaventato. Perché…» continuò fermandosi al suo fianco «… Ho visto cose che fanno molta più paura di una graziosa e combattiva fanciulla. Perché…» proseguì «… non sei il tipo di ragazza che vuole essere una principessina incapace, giusto? O almeno… i tuoi occhi non trasmettono quello».
Francesca inarcò un sopracciglio, forse più per circostanza che per altro.
«Non per questo voglio dire che non meriti lo stesso trattamento di una principessa» precisò poi «Io la penso così. Comunque…»
Si chinò accanto a lei, puntando le mani sulle ginocchia.
«Quanti calci nel sedere devo prendermi per non essere spaventato da te? Avanti, prima che se ne accorga tuo zio!»
«Non faccio del male agli uomini senza nessuna effettiva necessità» rispose lei, con un sorrisetto «Mi piacciono, non voglio fargli del male, anche se a volte mi capita».
Jackie si drizzò in tutta la sua statura e la guardò. Questa ragazza era... difficile.
Lei si infilò le mani in tasca
«Comunque mi piace come hai reagito» disse «Di solito a questo punto i ragazzi iniziano davvero a spaventarsi, hanno paura di non capire, sudano. Tu sei... beh, confuso, ma hai reagito proprio bene. E questo mi piace»
«Confuso è dire poco» ironizzò lui, mentre l’invitava a tornare a camminare con un gesto delicato della mano, che le sfiorò la schiena senza farle alcuna pressione e senza insistere nel caso l’altra non avesse voluto muoversi.
Ripresero a camminare.
«Certo, non è la prima volta che una bella ragazza prova a spaventarmi…» le raccontò, ricordando alcune situazioni che definiva piuttosto particolari «… Ma è la prima volta che perdo il punto del discorso. Quand’è che saresti stata spaventosa con me? Ah, ho capito! » disse con fare teatrale «È perché li intimidisci con la tua intelligenza! Beh, neanche io sono uno scienziato, ma non mi esprimo in grugniti e sono orgoglioso di poter affermare di riuscire a sostenere dei discorsi un po’ più lunghi e complessi senza scioccarmi. Quindi mi sento piuttosto tranquillo»
«Quindi ti senti abbastanza sicuro»
«Sì, perché no» .
Jack lasciò cadere la mano e se la mise anche lui nella tasca prima che lo zio dell’altra se ne accorgesse. Si scambiarono uno sguardo complice e non dissero nulla di allusivo.
«Mi pare di aver capito che ne hai torturati tanti di ragazzi…» Provò a dire lui.
«E tu non hai mai fatto penare delle ragazze?»
«Certo» le rispose subito «Non sono sempre stato così. Sono stato un adolescente arrapato ed idiota anch’io. Cosa ci vuoi fare? Ad una certa età comincia a parlarci un altro cervello e perdiamo ogni traccia di esseri evoluti…».
Lei rise piano, poi gli diede di gomito su un fianco
«Non preoccuparti, capita a tutti»
«Anche alle ragazze?»
«Con le ragazze è peggio perchè un sacco di loro pretendono che non sia così» lei parve quasi parlare con sé stessa, guardando un punto nel vuoto «Fanno finta che gli ormoni e il cambiamento e il futuro non le sfiorino e si nascondono dietro gli SMS e le riviste per ragazze e fanno finta che i loro commenti triviali sugli attori e sui cantanti scemi non siano l'equivalente dei ragazzi che parlano delle ragazze. Comunque i ragazzi sono una cosa fighissima, se sai come parlarci» concluse lei «Anche se ovviamente il caso varia, eh, da ragazzo a ragazzo»
«Si» disse lentamente lui «Immagino che sia così»
«No, è sicuramente così. Questa cosa dei ragazzi che sono diversi dalle ragazze è la più grande stupidaggine della terra»
«Non direi. Beh, il leone e la leonessa...»
«Non sono uguali, si» concluse lei, tagliando corto «Ma il nostro sistema sociale è molto più simile a quello dei lupi, dove maschi e femmine sono uguali»
«Sono uguali?» chiese lui aggrottando le sopracciglia
«Si» disse noncurante lei, perdendo per un attimo l'attenzione sulla conversazione mentre suo zio iniziava a magnificare il ristorantino di fronte a cui erano arrivati
Sembrava particolarmente entusiasta di quel posto e mentre i tre amici approvavano, discutendone con lui, lei osservò Jackie guardare l’interno attraverso le vetrate del locale: aveva un’aria calcolatrice.
«Non ti piace?» gli domandò.
«No, è ok» le rispose lui distrattamente «Stavo per dirti che non avevi ragione, ma credo di aver capito cosa intendevi e mi stavo sbagliando»
Francesca gli si avvicinò di più per guardarlo bene in viso «Perché?» chiese soltanto.
«Perché stavo per dire qualcosa sul maschilismo e stavo toppando in pieno» ammise «Meglio così. Comunque anche alcune ragazze sono davvero uno spasso» riprese il discorso «Ne ho conosciute un paio, italiane anche loro, due sorelle…» specificò «… Con cui feci amicizia ed i pomeriggi passati a scherzare ed uscire con loro li rimpiango ancora oggi. »
«Due sorelle?» sogghignò Francesca.
«Sì, due sorelle» fece Jack «Ed una è stata la mia ragazza, quindi se mi stai immaginando in situazioni strane non è quello il caso» la fermò in tono scherzoso.
«E gli altri casi?» indagò.
«Eh!» esclamò lui «Cosa mi offri in cambio di queste informazioni segretissime? Mica posso divulgarle a chiunque senza un giusto pagamento!»
«Di che tipo di pagamento parli? »
«Tu cosa mi offri?»
«Una bella cenetta coi fiocchi» si mise in mezzo zio Jack con un sorriso esagerato, mentre cingeva le spalle di Francesca con il braccio e rimaneva a guardarsi dritto negli occhi con l’altro uomo. Lo fecero a lungo e nessuno fiatò per vedere chi dei due si sarebbe arreso per primo.
«Mi sembra un ottimo pagamento» sorrise Jackie in tono affettato.
Francesca spinse lentamente e decisamente suo zio verso la sedia, costringendolo a girare la testa, mentre quello continuava a sorridere camminando, in pratica guardando e sorridendo al muro, alla sedia e infine ad Alfredo che si stava sedendo di fronte a lui.
«Non lo spaventare» Sussurrò lei a suo zio
«Tu lo fai con il tuo» ribattè Giacomo, smettendo di fissare Alfredo
«Il “mio” non è spaventato» disse lei, ancora più piano «E non è mio. E quell'altro non è tuo».
Lo zio battè un paio di volte le palpebre, con aria innocente, poi si appoggiò allo schienale della sedia
«Sedetevi!» li esortò «Su, sedetevi! Il cameriere arriverà a momenti!»
«Il cameriere è come Speedy Gonzales» ammise la nipote, prendendo posto accanto a Jackie, che sembrava chiaramente risultargli il meno odioso, visto che agli altri neanche rivolgeva la parola.
Jackie socchiuse gli occhi «Dio…» fece «Cosa mi hai ricordato!»
«Cosa?»
«Speedy Gonzalez» ripeté l’altro «Credo di aver avuto anche dei giocattoli su di lui»
«Davvero? »
«Davvero sì. Anche se i miei preferiti erano quelli di Batman…» continuò, tirando a sé il menù ed aprendolo tra lui e Francesca, in modo che anche la ragazza potesse leggerlo «… Credo che mia nonna li conservi ancora»
«Le nonne conservano tutto» commentò Francesca senza un’inflessione particolare.
«La mia di sicuro» fece lui «Non posso buttare uno scarabocchio fatto mentre ero al telefono, che lo ripesca e lo conserva»
«Vive con te?»
«Veramente è il contrario» disse Jackie e l’altra lo guardò. Accorgendosi di quella cosa, scoppiò in una mezza risata «Non è come pensi»
«E com’è che la penso?» gli domandò.
«Tu pensi che vivo ancora con i miei» le rispose, voltando la prima pagina del menù con nonchalance «E che mia nonna vive con noi».
La donna non l’interruppe.
«Invece i miei sono morti quando ero bambino e sono cresciuto con loro. Ce l’ho un appartamento mio» ci tenne a precisare, come se stesse parlando di argomenti perfettamente normali e leggeri «Non sono andato via di casa a diciott’anni, ma appena ho avuto i soldi l’ho fatto. Solo che non lo sfrutto molto il mio appartamento»
«Ovvero torni ancora dalla tua nonnina che ti fa trovare sempre i bei pranzetti della domenica» lo prese in giro la ragazza.
«Esattamente! » l’indicò con lui, divertito «E più volte al giorno!»
«Come più volte al giorno?»
«Eh, mia nonna non sta molto bene» le spiegò, soffermandosi sulla pagina dei vini rossi «Si confonde spesso e volentieri; mio nonno non ce la fa, quindi torno spesso da loro appena posso. Praticamente ho un appartamento mio tanto per vantarmi».
Il cameriere comparve come sbucando dal nulla: aveva una divisa nera e blu, quasi aderente, che ricordava una tuta da lavoro striminzita più che le vesti di un cameriere, correlata di un grembiule bianco che gli copriva le cosce come una specie di gonna. A guardarlo in faccia si capiva che il termine “Speedy Gonzales” che la ragazza aveva usato per descriverlo non riguardava solo la sua velocità, ma anche i suoi baffetti, sottili e lucidi, gonzaleschi.
«Volete ordinare?» Domandò, con una voce fresca, forse un po' acerba, di quelle che vanno d'accordo con brufoli e converse e non con baffetti e grembiuli
«Certamente» rispose prontamente Giacomo, spingendo lontano da sé il menù con le punte delle dita «Un piatto di pasta al sugo semplice, patatine fritte, per favore portatemi il ketchup, e una cotoletta. Per dessert quel gelato al cocco, ce l'avete ancora?»
«Certo signore» rispose rapidamente il cameriere «In questo posto c'è sempre una gran richiesta di gelati».
Francesca sorrideva come se fosse felice del fatto che suo zio avesse appena ordinato un menù per bambini, poi fece la sua ordinazione così rapidamente da non lasciare a nessuno il tempo di parlare prima di lei o durante le sue pause
«Piatto freddo con le olive ascolane insalata pasta alla carbonara se ce l'avete altrimenti pizza con le acciughe e per dessert tartufo da bere una birra grazie»
«Certo» disse il cameriere, appuntando l'ordinazione quasi con la stessa velocità con cui lei aveva parlato «E per i signori?»
Piuttosto interdetti dalla rapidità dei due, i quattro compagni abbassarono lo sguardo sui menù, tentennando. Jackie, che ovviamente non voleva essere da meno di Francesca, cominciò a parlare per primo per poter prendere tempo e lasciare che i suoi amici decidessero.
«Eh… » mormorò « … E niente, ci avete fregato per bene» disse lentamente ai due italiani «Vorrei un antipasto di bruschette miste per tutti. Un piatto di tagliatelle al ragù…»
«Mi spiace l’abbiamo terminato» gli negò il cameriere
«… Bucatini all’amatriciana… » scelse immediatamente Jack senza commentare nulla « … polpette al sugo con patatine fritte anch’io e da bere un Lacryma Christi Vesuvio Rosso. E per dessert un tortino al cioccolato» finì, quando vide il cameriere smettere di scrivere.
«Vuole solo un bicchiere?»
«No, lo porti tutto…»
Speedy Gonzales si rivolse ai tre uomini.
«Per noi due carbonare, un’amatriciana e il suo stesso secondo e dessert» disse Alfredo con un’aria un po’ annoiata.
«Perfetto, signori».
Jackie si avvicinò a Francesca per parlarle all’orecchio «Mi sa che i veri Speedy Gonzales siete voi due»
«Mh» fece l’altra «E quindi bevi vino?»
«Sì… » le rispose «… Ma all’occorrenza so anche bere come una spugna. Hai presente San Patrizio? Riesco a non avere dei vuoti di ore nonostante tutto»
«Oh, quindi sei una specie di ubriacone» disse lei, in tono fintamente affascinato «Ah, sicuro. E poi pensi anche sempre di sapere cosa penso»
«Cosa?» domandò lui, sulla difensiva, ma con un sorrisetto storto come se non avesse capito bene quel che lei voleva dire
«Prima, quando parlavi delle tue due amiche, hai detto “se mi stai immaginando in situazioni strane non è quello il caso”, come se io stessi immaginando situazioni strane. O come se la cosa potesse darmi fastidio. Poi, quando parlavamo di tua nonna, mi hai detto “ non è come pensi”, come se io stessi pensando che vivi con i tuoi o con la tua nonna. In generale...» lei prese un fazzolettino dal portatovaglioli al centro del tavolo «...Dai l'impressione di sapere parecchio cosa pensa una ragazza. E ti dico che ti sbagli»
«Ahia» sussurrò Giacomo, mentre Manlio ridacchiò rocamente
«È... beh, magari con un'altra persona va benissimo, ma mi fa sentire strana, come se tu stessi cercando di guidare il mio pensiero» confessò schiettamente lei «Quindi, se stai cercando in qualche modo di affascinare me...»
«O me» aggiunse lo zio, quasi quella conversazione fosse sua
«Potresti anche cambiare tattica».
Jackie inarcò le sopracciglia mostrandosi stupefatto dalla piega che aveva preso il discorso «Sono mortificato!» disse con la voce leggermente più alta del tono usato di solito, ma non sembrando particolarmente toccato dalle sue parole, mentre evitava di dare attenzione allo zio «Non volevo farti sentire così! Era solo un modo di dire che non aveva niente a che fare con quello che credevo tu pensassi: volevo solo specificare i perché soltanto perché ci tenevo a non darti una brutta impressione. Detto in generale potrebbe darla. Non sono nella tua testa, è ovvio che non posso sapere ciò che pensi. Era per fare delle battute. Battute stupide, lo ammetto, ma senza loschi scopi in secondo piano»
«Ah, è così? » domandò zio Jack.
L’altro Jack si voltò finalmente a guardarlo «Sì, è così» rispose seccamente «E sto parlando con lei»
«Jackie!» lo rimproverò Manlio «È suo zio!».
Nel sentirsi rimproverare, Jackie mise il broncio e si voltò dall’altra parte. Il cellulare vibrò e subito rispose, per poi metterlo via. Si rivolse di nuovo a Francesca, che stava bisbigliando a Giacomo qualcosa e disse «Non era mia intenzione»
«Però non sembri molto pentito» affermò zio Jack.
«Perché non ho fatto niente e c’è stato solo un malinteso»
«Lascialo stare!» esclamò Francesca, rivolta a suo zio «È vero, c'è stato solo un malinteso, l'ho voluto dire perchè... perchè... sarebbe stato meglio dirlo che non farlo, no?»
«Hmm» borbottò Giacomo, tirandosi indietro
«È uno a posto. Ed è vero, sta parlando con me... tu... parla di asce con gli spiriti dei fantasmi insieme a loro» disse sbrigativamente la ragazza, facendo un gesto come per scacciarlo «Così gli fai vedere quante cose sai»
«Eh»
«Eh, sì!» s’intromise Rodolfo « Parlaci degli spiriti! »
«Jackie è un bravo ragazzo» lo rassicurò Alfredo, rivolgendosi soltanto a lui e a bassissima voce «Non hai nulla da temere. Che cos’è poi questa storia degli spiriti?» gli domandò garbatamente.
«Oh, beh… » fece l’altro «…È una storia molto interessante, a dire il vero…»
Francesca si sporse verso l’americano «Preferisco i chiarimenti» gli sussurrò, ma l’altro stava finendo di scrivere un nuovo messaggio e non parlò «Davvero è per lavoro?»
«Anche se non fosse? » le domandò di rimando
«Sarebbe scortese. »
«Allora è per lavoro».
La donna non disse nulla.
Jackie incatenò i suoi occhi a quelli di lei «È davvero per lavoro»
Francesca inclinò la testa di lato «Ora sei ostile» commentò: non voleva essere offensiva, solo pronunciare un dato di fatto.
«Evidentemente devo esserlo, anche se non andrà bene comunque» le disse lui «Almeno non darò a qualcuno l’impressione che ho su di te delle mire ben precise»
«Però sembrerai davvero maleducato»
«Mi piacerebbe non sembrare entrambe le cose» asserì mettendo via il cellulare «Vorrei semplicemente conversare con te e passare una piacevole serata. Magari non facendoti pensare che ho solo una cosa in mente o che sono maleducato»
«E che ci vuole, allora?» lei sorrise «Conversiamo! Hai mai visto Lost?»
«Ora attacca con Lost!» esclamò lo zio, staccando le mani dal tavolo
«Zitto tu!» lo redarguì la nipote, ma sorrideva.
Giacomo Harker poggiò entrambi i gomiti sul tavolo e incrociò le dita delle mani appoggiandole sotto il mento e guardando tutti.
«Vi va di sapere perchè siamo qui?» Domandò ad alta voce «Ha a che fare con gli spiriti. Ed è persino più interessante di Lost»
«Forse» ammise Francesca
«È un buon argomento di conversazione» completò lo zio
«Si, si» disse Manlio, con un tono strano, come se cercasse, senza molto successo, di tirare fuori di bocca le parole a qualcuno che non voleva trattare con lui di un certo argomento.
«Bene» sorrise il signor Harker «Almeno sarà un argomento più adatto a tutti!»
«Lost è più adatto a tutti» lo corresse la nipote a bassa voce.
«Beh, comunque… »
Manlio fece per parlare di nuovo.
«Ma sì, parliamo di spiriti. » intervenne Jackie con un certo interesse, impedendogli di prendere parola «Mi fa pensare ai miei Halloween scolastici: sedute spiritiche, frasi da dire alla rovescia… tavole ouija»
Giacomo e Francesca gli indirizzarono dei gran sorrisi.
«Li hai provati?» gli chiese zio Jack.
«Certo che no!» rise « Non avevo voglia di fare la figura le coglione! »
«E non è mai successo niente con la tavola ouija?» gli domandò Francesca.
L’uomo sogghignò «Solo una volta» rispose «E niente che un bel pugno sul naso non potesse risolvere»
«Ah, me lo ricordo! » quasi gridò Manlio indicandolo «Ritornasti a casa sporco di sangue, con un occhio nero e sette zucche piene di caramelle!».
Il ragazzo lo guardò sconsolato.
«Non potevi soltanto dire che era ritornato a casa con un bel bottino?» chiese Dolfo, facendo ridere tutti.
«Io non ho mai festeggiato Halloween» confessò Francesca «Deve essere figo»
«Non come si pensa o si vede in tv» le rivelò il ragazzo
«Dipende dalla zona in cui festeggi e dalla gente» lo contraddisse, ma senza nessuna aggressività, lo zio di lei «Io ho festeggiato il mio primo Halloween da grande... ed è proprio allora che ho avuto la mia prima esperienza con gli spiriti»
«A me non l'hai mai raccontato!» protestò Francesca
«E te lo racconto ora... dunque dunque... era un giorno grigio, abbastanza freddo mi ricordo. Un giorno da geloni alle mani, se non si portavano i guanti, perchè tirava anche il vento» l'uomo imitò il movimento del vento facendo ondeggiare una mano «E una mia amica mi disse se volevo andare a festeggiare Halloween da lei. Mi trovavo per caso in vacanza nel Maryland»
«In vacanza nel Maryland?» sbuffò la nipote
«Si, beh... non era una vera e propria vacanza, era un po' per lavoro, un po' per relazione, un po' per vacanza e un po' perchè mi ci ero perso» ammise lui, facendo ridacchiare gli altri
Alfredo scosse la testa, ricordando il passato «Proprio come Jackie! » sospirò «Improvvisamente ce lo ritrovavamo a caricare la macchina per andare da qualche parte! Las Vegas, Los Angeles, San Francisco… Disneyland… Povera la sua nonna!»
Francesca lo guardò con una strana luce divertita ad illuminarle gli occhi.
«Che dire… » borbottò lui, nel più completo imbarazzo «Ero un ragazzo terribile…»
«Quella santa donna ti ha rimesso la testa sulle spalle per fortuna!»
«Ma mica c’è riuscita sua nonna…» lo contraddisse Manlio.
«Intendevo la sua ragazza» gli fu risposto a mezza bocca.
Jackie indicò Giacomo Harker sbarrando appena gli occhi «Sta cercando di raccontare qualcosa!» esclamò esasperato « lielo lasciate fare invece di sputtanarmi? A nessuno importa di me, voglio sapere che è successo! Presto, continua prima che ricomincino a parlare!».
Zio Jack rise e riprese parola.
«Dicevo, ero lì per caso o in vacanza o quello che volete. In Maryland. C'erano boschi favolosi in quella zona e alcuni parchi mozzafiato. E ragazze ancora più belle. Comunque, camminando su un sentiero, insieme a questa mia amica, notai un cartello completamente nero, come carbone, che indicava un sentiero. Non c'era scritto niente e io le faccio “Che cosa indica?”. Lei mi guarda come chi sa il fatto suo e inizia a raccontarmi una storia lunghissima e complicata, una storia che non posso abbreviarvi qui, altrimenti non la potete capire, e nel frattempo ci siamo allontanati moltissimo da quel cartello. Alla fine mi spiega che andando in quella direzione saremmo finiti in un'antica tana degli spiriti che avrebbero cercato di possederci. Non starò a durvi perchè, ma era una cosa che credevo pienamente possibile, solo improbabile: una tana degli spiriti segnalata da un cartello? Lei pensò che il mio scetticismo fosse verso gli spiriti stessi e che mi avrebbe dimostrato che stava dicendo il vero, che esistevano. Nella mia vita ho visto di tutto, davvero di tutto, ma non avevo mai incontrato uno spirito in prima persona, così ho accettato... e lei, lei me l'ha fatto vedere. Mi ci ha fatto parlare, uno spirito della foresta! Giuro, reale come lo siete voi qui davanti a me, ma poteva passare attraverso la serratura di una porta»
«Non è vero!» disse scettico Manlio
«Oh si che lo era! Rimpiango di non aver avuto una macchina fotografica» Giacomo rise
«Lo rimpiango anch'io» si aggiunse Francesca
«Ma tu non c'eri...»
«No, dico, rimpiango che tu non abbia avuto una macchina fotografica»
«Idem» disse Jackie al suo fianco
«Avresti potuto farci un sacco di soldi» osservò Rodolfo, apparendogli sinceramente dispiaciuto.
Il cameriere ritornò al tavolo e tutti si fecero indietro, creando uno spazio al centro per permettergli di sistemare il vassoio pieno di bruschette. Servì loro anche da bere e sparì di nuovo alla velocità della luce.
Prima che Jackie potesse fare alcunché, Alfredo prese il vino e se lo versò, allora si voltò verso la ragazza e le chiese «So che non l’hai ordinate, ma… vuoi?» provò.
«Perché no. Queste due, grazie…» fece Francesca, guardandolo usare le posate per spostarne un paio nel suo piatto.
«Vuole?» invitò anche Giacomo Harker
«Sì, grazie!»
«Quindi ci stavate dicendo?» riprese Jackie «E perdonate la domanda idiota… ma cosa intendete per spirito della foresta?»
«Un fantasma!» gli rispose Manlio
«Se voleva dire fantasma diceva fantasma!» s’irritò il più giovane.
Giacomo Harker non sorrideva più, piuttosto sul suo volto aleggiava un'educata perplessità, come se gli avessero fatto una domanda troppo strana. Francesca rispose per lui
«Non lo sa» rispose «Mi ha detto che poteva essere un fantasma, ma lui non lo sapeva, perchè non ha mai visto un fantasma. Comunque non era umano»
«Non aveva neanche la forma di un umano, niente» disse con veemenza lo zio, riprendendo il discorso «E vorrei poter dire che non mi spaventò, ma lo fece. Fu un'esperienza del tutto particolare... comunque la mia amica mi parlò di come gli spiriti siano spesso legati ad oggetti materiali che fungono un po' come delle porte fra il nostro e il loro mondo. Mi portò alla biblioteca di Baltimora... ci siete mai stati? Immagino di no, ma è un posto veramente spettacolare, è bellissima. Comunque, lì incontrammo uno studioso che mi mostrò alcuni di quegli oggetti, dei feticci li chiamò, e mi disse che nel mondo ce n'erano una grande quantità, ma che erano quasi tutti in mani sicure oppure nelle grinfie di gente che li riteneva inutili. Migliaia e migliaia di quegli oggetti erano invece stati distrutti ed erano perduti per sempre. Comunque funziona così, con un feticcio» Giacomo prese in mano una forchetta «Più l'oggetto è vecchio, più è potente, perchè con il tempo si rafforza sia il collegamento con il mondo degli spiriti, sia lo spirito stesso»
«Ma perchè devi raccontargli queste cose?» sbottò Francesca, senza però alzare la voce «Appena vedi gente, per strada, devi sempre raccontargli di cose sovrannaturali?»
«E che c’è di male, scusa?» replicò lui «Ognuno ha le sue passioni»
«Sì, ma… »
«Concordo» disse Jackie, ignorando il chiacchiericcio fitto di Manlio e Dolfo. I due Harker lo guardarono «Ognuno di noi può avere fisse più o meno discutibili. Ed è per questo motivo che non voglio andare al museo dei Warren. Non ho voglia di avvicinarmi troppo a queste cose»
«Hai paura?» gli chiese l’unica donna del gruppo
«Un po’ di sano timore più che altro, ma mi affascinano molto» sorrise, sorseggiando del vino «È che non voglio che mi creino guai »
«Capisco».
Si sorrisero.
«Comunque… » riprese zio Jack «… Di esempi come questo ce ne sono tantissimi»
«Tipo la bambola col volto coperto? » domandò Alfredo «Ritrovata in India o in un posto simile…»
«Sì, più o meno!» quasi esclamò l’altro, indicandolo con un certo entusiasmo.
Francesca annuì come se fosse d'accordo, poi incrociò le braccia
«Gli vuoi dire anche perchè siamo qui oppure ti dilungherai sugli spettri? Non voglio rovinarmi la cena e sinceramente parlare di spiriti fuori dai loro corpi e di morte e distruzione e filosofia annessa potrebbe rovinarmi l'appetito»
«Hmm» Giacomo le fece un cenno, poi guardò dritto Manlio «Dicevo dei feticci, spiriti e oggetti collegati, un portale su un altro mondo. Allora, questo studioso mi parlò di molte cose, mi pare che abbiate già qualche idea sul genere, ma non mi dilungo perchè non voglio prendermi una forchettata su un sopracciglio da parte di qualcuno che è seduto a questo tavolo» lanciò un'occhiata a Francesca «Perciò vi dico solo che siamo qui perchè abbiamo sentito parlare di un oggetto straordinario, un feticcio che pare sia utilizzabile anche da persone che non sono sciamani e io, beh, sono curioso e non sono uno sciamano»
«E poi ci serve» lo interruppe la nipote «Non è solo... mera curiosità, no?»
«A lei piace perchè è un oggetto vecchio, lei ha un sacco di oggetti vecchi» si affrettò a dire lo zio, con un sorriso che sembrava voler dire “ognuno ha le sue stranezze” e la ragazza, per qualche motivo, non volle continuare quel discorso.
«Quindi, stavo dicendo…» Continuò
«… Perché siete qui» andò in aiuto, nei confronti di Francesca, Alfredo.
« Oh… » fece Giacomo «… Stavo dicendo questo?»
«Sì» disse Francesca «Dovevi parlare proprio di questo. Vero?».
Jackie non raccolse, continuando a tagliare la bruschetta diligentemente con le posate. Allora lei gli diede un calcio sotto il tavolo e lui si riscosse improvvisamente, come se gli avessero rivelato chissà quale segreto incredibile!
«Vero!» ripeté, attaccandosi all’ultima parola che aveva sentito «Proprio!»
Dolfo e Manlio risero in maniera idiota e, come al solito, furono ignorati.
«In una cittadina sperduta come questa… » rifletté Alfredo in un tono basso e profondo «… Di oggetti particolare ed antichi ne troverete a bizzeffe»
«Più o meno» gli fu risposto.
«Ma che volete fare? Volete chiedergli di farvelo vedere? Di farvelo provare?» gli chiese, sinceramente incuriosito.
Giacomo si appoggiò alla sedia, lasciando penzolare indietro un braccio, oltre la spalliera
«Vogliamo portarlo via» disse «Possederlo»
«Se è un oggetto così prezioso» un sorrisetto affiorò spontaneo sulle labbra di Jackie «Cosa vi fa pensare che ve lo permetteranno?»
«Abbiamo qualcosa con cui scambiarlo, qualcosa che loro desiderano possedere sicuramente più di quanto possano volere un vecchio feticcio pericoloso» rispose Giacomo, socchiudendo gli occhi e gongolando
Il sorriso svanì di colpo dal volto dei quattro uomini e quasi furono incapaci di rimediare alle loro espressioni sbalordite. Alfredo e Jackie furono i primi a riprendersi dalla sicurezza emanata da Giacomo Harker, ma solo perché erano convinti che niente avrebbe potuto essere migliore del dono che avrebbero fatto ad Ahanu con l’aiuto della loro giovane amica.
«Non riesco ad immaginare un oggetto simile!» Ammise il più giovane ed Alfredo continuò « Neanche io! Cosa mai può valere questo scambio?»
Il signor Harker ridacchiò con l’aria di chi la sapeva lunga «Questo lo vale. Lo vale eccome» assicurò.
«E non è pericoloso come questo feticcio che volete?» Domandò ancora Alfredo
«Oddio…» fece l’altro pensieroso, ma senza finire la frase.
Jackie si voltò verso Francesca in attesa di risposte: era impossibile che avessero qualcosa di più prezioso del dono di Lyana. Non era possibile.
La ragazza sembrava cercare di trattenere un sorriso, uno di quei sorrisi pericolosi che la gente fa quando sa di avere in pugno la situazione.
«Potrebbe essere persino più pericoloso» Mormorò lei «E non siamo sicuro che lo sappiano usare, ma... se lo vogliono, è loro. Altrimenti troveremo un altro accordo».
Il cameriere si ripresentò a tavola, con la pasta di Giacomo e quella di sua nipote, poi fece segno agli altri di aspettare un attimo, di essere pazienti, e si allontanò di nuovo.
Francesca iniziò a mangiare senza aspettare gli altri, ma Giacomo sollevò soltanto la forchetta per poggiarla in equilibrio sul bordo del piatto e borbottare «Beh, buon appetito!».
Mentre veniva servito loro il primo, Jackie, Manlio, Dolfo e Alfredo si guardarono con espressioni fin troppo serie e preoccupate. Erano talmente incapaci di nasconderle, mentre assaggiavano ciò che avevano scelto, che i due Harker non poterono non notarle.
«Vi abbiamo spaventato?» chiese l’uomo cercando di suonare gioviale e rassicurante.
«Giusto un po’!» rispose Rodolfo, curvando le spalle sul piatto in maniera poco elegante «Non è che tutti i giorni si incontra gente che si vanta di avere certe robe potenti!»
«È davvero il caso di darglielo in cambio? » chiese Manlio, tra un enorme boccone di pasta e l’altro «Non è che poi fanno male a qualcuno?» continuò a bocca piena, tra la disapprovazione di Alfredo e Jackie, a cui si arricciò il naso mentre i suoi occhi mandavano fiamme.
Poi Alfredo gli fece un cenno e, subito, Jackie si mise a scrivere sul telefono, tenendolo in equilibrio sulla coscia in modo che nessuno potesse riuscire a leggerlo.
Giacomo parve pensieroso. Francesca totalmente disinteressata, con una punta di trionfo perchè alla fine li avevano spaventati davvero, ma guardava dritto dentro il suo piatto come se potesse vederci riflesse le facce delle persone intorno a lei.
«Ma si può sapere a chi è che scrivi tanto?» Chiese improvvisamente suo zio, quando notò che al più giovane dei quattro uomini s’incresparono le labbra in un lieve sorriso.
Jackie guardò tutti con l’aria di un bambino che viene sorpreso dalla sua famiglia a rubare dei biscotti e subito Dolfo l’indicò, ridendo «Beccato!»
“Dolfo” ringhiò tra i denti, senza voce e con uno sguardo temibile.
«Dai, non prendertela!» lo consolò Manlio, con una poderosa pacca sulla spalla che gli fece cadere il telefono a terra. In fretta lo raccolse prima che qualcun altro potesse farlo.
«Dai, non imbarazzarti!» fece Giacomo « È solo una semplice curiosità… sembri molto preso»
«È per lavoro» ripeté Jack per l’ennesima volta, ma tutti gli altri uomini fecero delle smorfie strane per non scoppiare a ridergli di nuovo in faccia «È per lavoro» insisté.
«Sì, sì, certo» disse zio Jack.
«Ti crediamo» fece Rodolfo.
Alfredo lo indicò con l’intero braccio «E lasciatelo stare, che ci tiene davvero al suo lavoro!»
«Davvero tanto!» ridacchiò Manlio.
Jackie mise via il cellulare.
«Almeno qualcuno di noi sa come risolvere certi affari» sorrise a tutti i suoi compagni gelidamente.
Francesca ridacchiò e alzò una mano, le dita ben distese
«Posso avere un cinque da te, bellezza?»
«Anch'io!» esclamò Giacomo, alzando il braccio, ma sua nipote fu veloce ad afferrargli il polso e sbatterglielo contro il tavolo per poi rialzare la propria mano.
Jackie fece saettare le pupille rapidamente dall'uno all'altra, poi diede il cinque alla ragazza.
Manlio emise un colpo di tosse che somigliava inquietantemente alla parola “bellezza”.
Tutti tossirono a loro volta, per dissimulare le risate e il giovane uomo assunse un’espressione contrariata.
«Prendimi in giro quanto ti pare…» sibilò contro l’amico del padre «… Tanto alla mia età eri come sei ora»
«Sarebbe?»
«Sovrappeso e con indosso con una discutibile tuta da ginnastica dagli improbabili colori»
«Parla quello che va in giro vestito come suo padre…» bofonchiò l’altro, umiliato dalle risate sguaiate dei suoi amici.
Jackie lo zittì con un gesto della mano «Lascia fuori da questo discorso quel gran figo di mio padre. Era lui che attaccava bottone con le belle ragazze, credi che mio nonno non me l’abbia detto?»
«Bah!» si lamentò l’altro «Mario si deve fare i fatti suoi!»
Francesca rise e Jackie fu contento di ascoltare il suono della sua voce. Quasi gli dispiacque di avere già un piano di emergenze che l’avrebbe fatto uscire vincitore. Quasi.
«Hai una bella voce» le sussurrò in maniera discreta.
Lei serrò immediatamente le labbra e lo guardò come un gufetto abbagliato, ma fu solo per un istante, perchè recuperò immediatamente il controllo.
Nessuno la corteggia mai” Si ritrovò a pensare suo malgrado Jackie e non potè frenare del tutto un sorriso vincente, che lei ricambiò insieme alle parole «Grazie. Anche la tua non è male».
Giacomo fischiettò guardandosi intorno e facendo ridere piano gli altri italiani.
«Ho un amico. Un caro amico» Disse la donna, ignorando completamente suo zio «Che dice che la voce è un pezzo importante della nostra personalità... non che “la rivela”, proprio che è un pezzo. E che è importante saperla usare. Perciò, beh, grazie del complimento».
Giacomo fece per dire qualcosa, con espressione baldanzosa, ma la nipote lo fulminò con lo sguardo
«Non questa volta» ringhiò
«Ok» rispose tranquillo lui, riappoggiandosi allo schienale della sedia e guardando di nuovo il suo bersaglio preferito, Manlio «E voi? Che lavoretto siete venuti a fare qui? Non mi sembrate proprio per niente in vacanza»
«Beh…» cominciò a dire Manlio, iniziando a gesticolare e strascicando le parole «…Siamo qui per lavoro infatti. Per il nostro capo, dobbiamo ritirare un pacco e…»
Alfredo aggrottò le sopracciglia.
«… Discutere con gente…»
Rodolfo lo fissò, incrociando le braccia e cercando di capire cosa stesse cercando di dire.
« Fare cose…».
Jackie guardò rapidamente Rodolfo e Alfredo negli occhi.
«… Ma che razza di lavoro devi fare?» Gli domandò allibito «Io sono qui per un’altra cosa…»
«No, lascialo parlare…» s’interessò Dolfo, tra le risatine dei due Harker «… Che son proprio curioso di sapere che siamo venuti a fare qui. »
«Siete due stronzi!» scattò Manlio.
«State zitti tutti quanti!» li rimproverò Alfredo con voce bassa e profonda «Siete ridicoli»
Gli altri tacquero.
«Siamo qui per ultimare l’acquisto di un immobile fuori città» spiegò loro, con la dovuta pazienza nei confronti dei tre amici e dei loro litigi «Il pacco che dice Manlio, che è l’unica cosa che ha sentito, è un dono del venditore nei confronti del nostro capo per un increscioso fatto che gli ha risolto»
«Ah… » commentò Giacomo Harker.
«Poi non sappiamo che segreti abbia Manlio» dichiarò Jackie con voce allegra «In realtà è Superman, ma non ce lo vuole dire»
«Sì, come se avesse dei super poteri!» rise Rodolfo.
«Intanto quando parla passano dei sottotitoli in sovrimpressione così possiamo capirlo… se non è un super potere questo!».
Francesca pareva più allegra che ad inizio serata e batteva ritmicamente una manovsul tavolo, piano, mentre parlava
«Hmm... sembra che sia un'interessante coincidenza che abbiate incontrato due Harker!»
«Perchè?» chiese lentamente Manlio
«Hai mai letto Dracula?» disse rapidamente Giacomo, protendendosi in avanti come se volesse impedire a sua nipote di conversare con Manlio, poi guardò la ragazza «Volevi dire quello, vero?»
«Si, quello» confermò Francesca, prendendo poi una forchettata di pasta
«Dracula?» domandò ancora Manlio
«Si» Giacomo Harker lo inchiodò con lo sguardo «Il protagonista, Jonathan Harker, deve trattare riguardo all'acquisto di un immobile da parte di Dracula. Voi siete... vampiri?» sorrise, un sorriso bianco da pubblicità della Colgate.
Un breve silenzio carico di disagio scese sul tavolo e tutti smisero di mangiare. Manlio era rimasto a bocca aperta e i suoi amici potevano quasi sentire il rumore del suo cervello che cercava di stare dietro a quello strambo discorso disperatamente.
«Ahm… » fece, tentennando « Il conte…?»
«Il principe!» esplosero Rodolfo e Jackie, spalancando le braccia «Il principe!» e questa volta, a rimanere perplessi, furono Francesca e suo zio.
«Mio Dio, ancora non ti è entrato in quella zucca vuota?!» esclamò il più giovane degli uomini.
«Oh, è sempre stato il conte Dracula! » ribatté piccato Manlio.
«Manco con la vecchia pazza ti è entrata in testa ‘sta cosa!» si lamentò Dolfo, battendogli un colpo sul braccio.
«Vecchia pazza?» chiese Giacomo, inarcando le sopracciglia sempre più perplesso.
«Sì, la vecchia pazza… » ridacchiò Jackie « Ora vi spiego… » li rassicurò, per poi tornare a prendere in giro Manlio « Lo spiegavano pure nel film di Coppola. »
«Quale? »
«Quello che stavo vedendo con la mia fidanzatina. »
«… »
«Quello di quando sei entrato nella mia camera e hai gridato a mia nonna che ci stavamo vedendo un film porno»
«Ah! Quello! Ma non me la ricordo ‘sta cosa!»
«È stata detta tra una scena di sesso e l’altra… le uniche che guardavi»
Alfredo prese parola «Io sono ancora del parere che non sia stata una buona idea vederlo con la tua fidanzatina»
«Eeeh, capirai!» replicò l’altro «Sua madre era rumena e sua nonna era una vecchia pazza fissata con Vlad l’Impalatore! Vedere un film del genere, per lei sarà, stato come guardare un cartone animato!»
«Se lo dici tu…».
Francesca si sporse verso Jackie e lui le si avvicinò di più con tutta la sedia, animato dal discorso.
«Ma che storia è questa?» gli chiese.
«Quando avevo venticinque anni, nel palazzo del nostro capo è venuta ad abitare una famiglia un po’ particolare» le rispose subito lui, rivolgendosi anche a Giacomo «Erano marito, seconda moglie, le due figlie avute dal primo matrimonio, la piccolina del nuovo e le due suocere»
«E che suocere!» commentò Rodolfo, ricordando quell’incontro accaduto quasi dieci anni prima
«Sì, che tipe!» convenne Jack «La madre della seconda moglie era un’acida, stronza e approfittatrice… un mostro! Invece l’altra era più anziana, molto simpatica ed era malata di Alzheimer come mia nonna. Era la madre della prima moglie. Era morta anni prima per una malattia autoimmune e non avendo altri parenti, viveva con loro» gesticolò «E quindi in questo simpatico e gioioso quadretto familiare, mi sono fidanzato con la figlia più grande…»
«Veramente non è proprio così…» l’interruppe Alfredo «… Ha detto che le stava bene diventare intimi fino a quando non sarebbe tornata in Italia»
«Eravamo fidanzati, fine della storia e fatti i cazzi tuoi» scattò lui, punto nel vivo.
Alfredo alzò le mani in aria in segno di resa e il figlio del suo vecchio amico tornò a spiegare.
«E questa dolce vecchietta, spesso e volentieri, le parlava di Vlad l’Impalatore, perché lei se ne occupava a tempo pieno e stavano sempre insieme. Quindi…» sorrise storto «… Potete immaginare quante volte al giorno doveva affrontare quest’argomento»
«Se lo vedeva ce la faceva sposare!» disse Manlio, finalmente ricordando tutto
«E quando capiva che eri fidanzato con lei, cominciava a dire cose del tipo “che onore conoscerla”, oppure “ho sempre supportato la vostra causa…”, ovviamente tutto in rumeno e lei…» continuò imitando l’atteggiamento di una persona paziente e posata “Nonna, non è il voivoda. Lui è Jackie. Il ragazzo di ieri. Quello che mi ha portato al cinema” e la nonna niente. Persa in frasi di ammirazione e di presentazione per la sua nipotina».
Era difficile capire cosa, di tutto quello, stessero pensando Giacomo e sua nipote.
«Ma fai sul serio?» domandò Francesca, con l’espressione colma di stupore.
«Che Dio possa fulminarmi all’istante se dico il falso! » giurò lui, mano sul cuore « Vedeva solo lui! Lui dappertutto! E alla fine lei doveva arrendersi, perché se la nonna cominciava a parlare dei turchi si agitava e finiva in ospedale!»
«Tipo quando ha visto la donna delle pulizie…» disse Rodolfo piano
«O quando Roxana ha portato a casa i membri della sua band multiculturale» fece Alfredo.
«Mamma mia, quel giorno quando ha strillato! » ricordò Jack, mettendosi le mani nei capelli « Pensavamo ci sarebbe rimasta stecchita!»
«Eh, quel giorno, la piccola ha imprecato contro tutti i personaggi storici e quelli creati da quel pazzo irlandese, giusto?» domandò Alfredo.
Jackie annuì ad occhi chiusi «Se per caso se li ritrovava davanti li faceva fuori con la mannaia!»
«Poi si è arrabbiata con te perché l’hai lasciata da sola»
«E certo che l’ho lasciata da sola!» si difese lui «Aveva una mannaia in mano e un intero set di coltelli da cucina di fianco! Che dovevo fare?» domandò con aria scandalizzata «Quando ho fatto per allontanarli, si è incazzata così tanto che voi non ne avete idea! Quello che non le è uscito dalla bocca quel giorno! Se per qualche motivo Dracula fosse stato in quella cucina, avrebbe buttato il suo kilij per terra e avrebbe detto…»
Alzò le mani in aria.
«… Ni arrendo! Hai vinto tu!».
Mise la mano sulla spalla di Francesca per mimare la scena.
«Stai calma. Stai tranquilla. Hai vinto tu, faccio tutto quello che vuoi. Il mondo è bellissimo, è primavera, se vuoi ti sposo davvero: sarò il marito migliore del mondo, ma ti prego… calmati. E lei gli sarebbe saltata al collo di sicuro per ucciderlo».
Manlio, Rodolfo e Alfredo risero forte e lui con loro.
«No…» sorrise poi, mentre i due Harker evitavano di commentare quello strambo racconto «Non siamo vampiri. Quindi potete non temere per la vostra virginea purezza. Harker!» esclamò poi «Con un cognome così camperei di prepotenza!»
«In che senso?» gli domandò Giacomo.
«In che senso?» ripeté l’altro «Jackie, hai fatto i compiti? No, sono il nipote di Jonathan Harker. Ah, ok, scusa».
Francesca rise ancora, appoggiando i gomiti sulla tavola
«Oh, piacerebbe anche a me! Ma ho passato il mio periodo scolastico a non sapere che mi chiamo Harker»
«E come è successo?» chiese Jackie «Io... sapevo il mio cognome»
«Io no» disse rapidamente lei, come se ne fosse fiera «C'è stato un problema e sono finita con la famiglia sbagliata. Mi sentivo Harry Potter, sai, nello stanzino... i miei non ci tenevano, però, a dire che ero una criminale»
«Anche se, al contrario di Harry, tu un po' lo eri» si intromise lo zio, cercando di non ridere
«Può darsi... ah, e Francesca non è neanche il mio vero nome»
«Però insisti per tenerlo»
«Si»
«Ciccia» disse Giacomo, come se avesse in bocca qualcosa di appiccicoso.
Jackie mosse gli occhi da Giacomo a Francesca «Ciccia» ripeté lentamente «Qualche italoamericano lo usa ancora a Little Italy…»
«Ma preferisci Francesca a Ciccia» sentenziò l’altra, continuando a mangiare.
«Ma preferisco Francesca, sì» annuì lui, dedicandosi agli ultimi bocconi «E il tuo vero nome?»
«Non te lo dico» gli cantilenò « Preferiresti quello»
«Davvero?»
«Davvero sì»
«Ma non puoi esserne sicura…»
«È Sarah» l’informò seccamente.
Jackie si portò il tovagliolo alle labbra e se le tamponò elegantemente « … Ah… Sarah…»
Sospirò e poi trattenne una risata.
«Ok, avevi ragione! Sono troppo scontato!»
«Lo dicevo io!» rise la donna «E quindi questa povera ragazza per tutta la vita ha avuto la nonna che le faceva violenza psicologica dicendole che Dracula l’avrebbe sposata? »
«Tutta la vita no» precisò Jack con aria pensierosa «È morta cinque o sei anni fa…»
«Ma il danno era fatto!»
«No, devo dire che è stata tosta. » ammise l’uomo, tra l’approvazione dei suoi amici « Perché da piccolissima la nonna la costringeva ad inginocchiarsi davanti al suo ritratto per pregare o pregarlo, non l’ha mai capito…» ridacchiò «… Anzi, a quattro anni scoprì che l’uomo nel ritratto non era proprio Gesù come pensava».
Giacomo e Francesca esplosero in una risata di cuore, che contagiò tutti.
«Sul serio!» quasi gridò l’altro «E se non si comportava bene doveva rimanere in punizione vicino al ritratto. Quanto l’ha odiato! Gli gridava sempre di non fare la spia quando faceva qualcosa di sbagliato e poi quando era piccola piccola, lo rimuoveva dalla parete e lo portava con lei a giocare. Non sono sicuro di chi ha odiato chi di più, ma è stava un’amicizia forzata molto sofferta. Però fino ai tre anni prendeva il quadro e gli raccontava tutti i suoi segreti»
«Che infanzia terribile!» esclamò tragicamente Giacomo, ancora rosso per il troppo ridere «E tutto questo nell’illusione di avere Gesù per amico!»
«Sì, ma alla fine si è arresa… » mormorò Jackie tristemente « … è andata a convivere con un uomo che gli somigliava. Aveva i suoi lunghi capelli castani, i suoi baffi e i suoi occhi verdi…»
«Oooh!» si dispiacque lo zio di Ciccia come se gli avessero detto che aveva fatto una brutta fine.
« … solo che era formato armadio a dieci ante! »
I due si scambiarono uno sguardo eloquente, ridendo sotto i baffi per quella differenza.
«Quando lo incontrai e glielo feci notare, lei mi disse di stare zitto… perché le aveva fatto una corte così dolce da farle battere il cuore… ma poi…» e non continuò
«Ma poi?» gli chiesero curiosi.
«Ma poi, e se sa che ve lo sto dicendo mi evirerà presto…» scherzò, distogliendo lo sguardo e fingendo educatamente di sapere di star sbagliando «… E non ci faccio una bella figura comuqnue nel raccontarvelo… ma la prima notte che hanno passato insieme aveva un solo ed un unico pensiero in mente… » scandì ogni parola lentamente « … “Oh mio Dio, è uguale”! Ha spento le luci e non l’ha guardato mai»
«Oh, cielo!» esclamò Giacomo, immaginandosi l’assurdità di quella scena
«Dopo qualche giorno lui, depresso, le ha chiesto che cosa avesse fatto di sbagliato… e ovviamente non era lui il problema».
Francesca spalancò la bocca, quasi scioccata «Gliel’ha detto?!» l’interruppe.
«Ha dovuto» le fu risposto « Però lui l’ha presa come un complimento e lei, da vera donna, ha affrontato la sua maledizione. Poi lui è andato a conoscere la nonna di sua volontà e ha finto di essere Vlad Dracula»
Annuì quasi saltellando sul posto.
«Ha dovuto farsi in quattro per farsi perdonare. »
«Come si chiama?» gli domandò Giacomo «O come si fa chiamare?» scherzò poi.
«Ha un nome italiano normale. » disse Jackie «Certo, non particolare come Ciccia, oppure, come dicevo alla mia amica, Wilhelmina. Le dicevo sempre che se la protagonista si fosse chiamata Asdrubalina Murray quel romanzo avrebbe venduto più della Bibbia, ma non mi hai mai dato ragione!»
«Asdrubalina Murray» disse Giacomo, con le lacrime agli occhi dal gran ridere: sembrava che trovasse più buffa questa battuta dell'intera storia o che, comunque, non riuscisse a reggere altre battute di spirito senza soffocare.
«Va tutto bene?» Si sincerò Alfredo, vedendo la faccia dello zio di Francesca diventare di una sfumatura simile al bordeaux; quest'ultimo annuì emettendo un suono che somigliava al guaito di un cucciolo.
«La Bibbia non vende molto» Disse Francesca «Di solito ne comprano grandi quantità i centri religiosi, le chiese e le biblioteche, ma non c'è molta gente che dice “toh, vado a comprare una Bibbia”. Diciamo che sono quasi certa che in un solo mese, Dracula venda più copie, ai privati s'intende, della Bibbia»
«Davvero?» fece Rodolfo, che sembrava sinceramente sorpreso
«Non sono sicura al cento per cento, ma al novantanove si» riprese lei, muovendo una mano come un'altalena «Lo so che si legge sempre della Bibbia come libro più venduto, ma le statistiche sono sempre in qualche modo... truccate»
«Come si fa a truccarle?»
«Beh, metti caso che il Vaticano distribuisca centinaia di copie in tutte le chiese. E ogni tanto anche ai fedeli. Quelle copie sono state comprate, ma non è la stessa cosa che siano state comprate da persone perfettamente consenzienti, no?»
«Consenzienti?» Jackie rise fra i denti
«Consenzienti» ripeté Francesca annuendo e guardando l’altro alzarsi in piedi, dopo aver finito l’ultima forchettata di pasta «Che fai?»
«Ho bisogno di una sigaretta…» le disse lui a bassa voce, estraendone un pacchetto dalla tasca e infilandosene una tra le labbra mentre cercava l’accendino. Vide la ragazza storcere il naso impercettibilmente.
«Che dire!» scherzò, rivolgendosi agli uomini «Volevo prendere una boccata d’aria!»
«Tutta salute!» rise Rodolfo prendendo le sue, ma Alfredo gli mise una mano sulla spalla e, guardandolo negli occhi, l’altro si fermò «Io me le fumo dopo cena…»
«Uh…» sorrise il giovane uomo, dando le spalle al tavolo «Vuoi farmi compagnia?» domandò alla ragazza che, guardandolo, inarcò le sopracciglia «Ho bisogno di una figura femminile che mi ricordi di come stia distruggendo il mio corpo, altrimenti non me la godo»
«Eh?» fece lei, con una smorfia divertita «È così che te la godi?»
«Certo!»
«Il fumo passivo è più dannoso» dichiarò improvvisamente Giacomo come se quella frase mettesse fine ad ogni dubbio o discussione.
«Allora accetto l’invito…» Disse invece sua nipote, alzandosi ed affiancando Jackie, che le poggiò la mano così delicatamente tra le scapole che quasi non la sentì.
Mentre si allontanavano chiacchierando, Giacomo si alzò a sua volta per seguirli.
«Dove vai?!» rise Manlio, cingendolo alla vita con un braccio e tirandoselo contro, quasi sollevandolo da terra «Resta con noi!».
Jackie e Francesca risero alla vista di Giacomo che cercava di liberarsi invano da quella stretta ferrea ed uscirono all’esterno.
Jack si richiuse la porta alle spalle e si accese la sigaretta sotto lo sguardo severo di Francesca. Le sorrise, guardò il cielo ed espirò, rilassandosi.
«Scusa» le disse, mettendosi dall’altro lato e tendendo il braccio lontano da entrambi «Non voglio che ti vada contro col vento…»
«Te l’ha insegnato la tua amica?» gli domandò
«No» le fu risposto « Ma è una premura che ho avuto solo con lei»
Francesca lo guardò intensamente «Che tipo di persona è?»
L’altro sbottò in una mezza risata «Una adorabile. Estremamente materna. Particolarmente combattiva nel difendere il suo nucleo familiare. Estremamente disperata per la storia di sua nonna!».
Risero. O almeno Francesca lo fece per educazione.
«Estremamente attenta ad evitare tutte le persone strambe che la vita le propone…»
«Ti ha mai dato modo di credere che davvero Dracula si fosse presentato a casa sua?» gli domandò a bruciapelo «O qualcuno di strano?»
Jackie evitò di guardarla, riflettendo sull’assurdità di quella domanda.
«Qualcuno di strano sì» fece «Dracula proprio no».
Gettò la cenere in un tubicino d’argento di sua proprietà e continuò.
«C’è un vecchio professore olandese che chiama Van Helsing. »
«Davvero?»
«Davvero» affermò
«Beh» disse lei, rilassata «Questa è più impossibile di Dracula, no? Van Helsing era umano. Ed è morto qualche centinaio di anni fa, quindi...»
«Non sono poi troppe centinaia di anni»
«Infatti. Qualche. Un paio. Comunque tanto tempo»
«Aha» lui inspirò profondamente, poi fece uscire il fumo dalle narici, con forza, mentre si rigirava la sigaretta fra indice e medio.
Francesca guardò dall'altra parte, respirando pesantemente, con un rumore che somigliava leggermente a un sibilo.
«Perchè lo fai?» Chiese Jackie
«Cosa?»
«Quel rumore...»
«È yoga» disse lei, sollevando le sopracciglia «Serve per purificare i polmoni. Si prova a pronunciare, senza però muovere le labbra, la parola “om” quando si inspira e quella “sa” quando si espira. Questo apre la trachea e crea quel rumore sibilante, oltre a dare un grazioso effetto fresco in gola» sorrise «Sei un fumatore, avresti bisogno di questa roba»
«Me ne ricorderò» disse lui
«Non che non lo farai» sparò Francesca, prima che lui potesse aggiungere altro «Se fumi non sei tipo da yoga. Sei tipo da tante altre cose però, e sei intelligente. Sicuramente più dei tuoi compari» accennò con il pollice al ristorante dietro di te
«Si. Si, siamo fatti di una pasta completamente diversa» ammise lui
«E non sei neanche strambo» disse lei, in tono curiosamente acuto, divertito
«Cosa?»
«Beh, non sei strambo. Perchè le piaci. Devi piacerle, a questa lei... in effetti non so se sia la stessa di cui hai parlato, ma è ovvio che ci hai messaggiato tutta la sera»
«Era per lavoro, veramente» mentì, quasi con eleganza, l'uomo
«Si, ceeerto...» Francesca lo guardò dritto negli occhi «Allora... hai fatto l'errore di sederti molto vicino a me. Certo, è maleducazione leggere i messaggi...»
«Infatti!» esclamò indignato Jackie, ma Francesca continuò come se niente fosse
«... Infatti io non l'ho fatto. Anche perchè nascondevi così bene quel telefonino che per vederlo avrei dovuto infilare la testa sotto il tavolo e sopra la tua coscia, maaaa...» pausa ad effetto con sorriso, di fronte alla faccia di sfida del ragazzo «... Potevo vedere i tuoi occhi»
«Hai letto il riflesso nei miei occhi?» provò ad indovinare, scettico, lui
«Certo che no! Sarebbe impossibile, non ero frontale a te e le lettere sarebbero state troppo piccole. No. Guardavo il coefficiente di dilatazione della tua pupilla».
Jackie abbassò la sigaretta e sollevò le sopracciglia, poi, dopo qualche istante, si ricompose e un sorrisetto sardonico comparve a sollevargli un angolo della bocca
«Sul serio?»
«Si. La tua pupilla era dilatata abbastanza da suggerire che comunque stavi parlando con una donna. Oh, pensavo, magari il suo capo è una donna, ma dopo avete fatto intendere che si tratta di un lui. Inoltre in alcuni istanti la pupilla si dilatava terribilmente» fece segno con la mano come dello sbocciare di un fiore, le dita strette a grappolo che si allargavano lentamente «Perciò doveva essere la tua ragazza e non il tuo capo. Ma tranquillo, a me non importa» lei guardò il cielo «Lo avrei detto anche io, al tuo posto»
«Ah. Beh, certamente... ma non è la mia ragazza»
«Però la ami ed è questo quello che conta. Non l'hai rivelato, non era “una rompiscatole qualunque”, era una ragazza che ti piace»
«Si, ammetto di si» disse lui, un po' abbacchiato, sperando di non venire rimproverato
«Come ho detto, sta tranquillo. Anche io avrei detto “è il capo” o “sono messaggi di lavoro”. Certo, te la stavi lavorando» gli fece l'occhiolino «Al tuo posto, personalmente, non avrei potuto voler dire la verità riguardo ai messaggi che mandavo per due motivi» lei smise improvvisamente di sorridere «Uno è che volevo sedurre l'unica persona dell'altro sesso presente a tavola e questo non poteva accadere se lei avesse saputo che c'era un'altra ragazza nel mio cuore, giusto?»
«Giusto, ma non è che...» disse lui, cercando di trarsi d'impaccio da quella situazione, spiegare in qualche modo che non voleva sedurla
«Oppure... e anche questa è un'opzione interessante» lo bloccò lei «Stavo messaggiando con la mia ragazza e stavo parlando davvero di lavoro»
«Cert... cosa?»
«Sono messaggi di lavoro, ma non dico che lavoro. Mi invento qualcosa da dire a tavola, un lavoro che ci hanno assegnato... Manlio ha detto una cosa, tu ne hai detta un'altra. Non c'è un “regalo per il capo”. Gli altri ti guardavano con confusione, l'afflusso di sangue alla faccia di Manlio e la sua postura erano più tipici di un'arrabbiatura che di una figuraccia. O meglio, di un'arrabbiatura travestita da figuraccia» lei era perfettamente seria mentre parlava
«No! Perchè credi questo?» Jackie tornò mentalmente al numero di proiettili che possedeva e si chiese se fosse il caso di allontanarsi ancora dal ristorante, e se lo zio di lei avesse notato lo stesso numero di particolari
«Perchè Manlio non si è inventato sul momento le cose, è difficilissimo farlo quando si è sotto pressione, ma ha comunque perso tempo per camuffare la realtà con degli stupidi verbi generici: ha detto “dobbiamo ritirare un pacco, discutere con gente, fare cose”»
«E allora?» la sfidò ancora lui
«Allora? È esattamente quello che dobbiamo fare noi. Voi siete i nostri rivali» Francesca guardò da un'altra parte, esponendo la nuca «Ritirare un pacco: il tomahawk. Discutere con gente: gli sciamani. E noi, ovviamente. Fare cose: beh, tutto il resto. Manlio ha detto la verità e tu l'hai fatto passare per idiota, quindi era arrabbiato con te, ma non poteva dire una parola, capiva che avevi ragione a mantenere il segreto. Hai parlato dei Warren, eri interessato al discorso di mio zio, mentre di solito le altre persone a cui lui cerca di parlarne sono disinteressate o spaventate. Voi no, volevate sapere, è perchè siete del ramo».
Jackie si chiese se sarebbe stato troppo meschino sparare dietro la testa di una ragazza, mentre quella non lo guardava e lo sottovalutava così stupidamente.
Francesca si allontanò di qualche passo e si mise in diagonale rispetto a lui, un po' più indietro, fissando di nuovo gli occhi su di lui: ecco, il momento giusto per sparare era svanito.
«Voi volete il tomahawk» Disse Francesca «Esattamente come noi»
«Farnetichi» mentì ancora, con la stessa eleganza, Jackie
«Oh» la donna sorrise di nuovo «Giuro, ti avrei baciato, adesso, se non fosse che fumi. L'odore del fumo mi disgusta. Io... torno al tavolo. Quando hai finito raggiungici».
Lei lo lasciò da solo, vagamente turbato dal pensiero di quante informazioni si potessero estrarre dal nulla. Era davvero così leggibile? Beh, comunque lei non aveva fiutato l'arma da fuoco...
Non riuscì a godersi del tutto la sua sigaretta, ma fumò finchè potè, poi buttò il mozzicone per terra e lo spense con il tacco della scarpa, prima di tornare al tavolo, dove tutti conversavano come se assolutamente niente fosse accaduto. Si disse che avrebbe dovuto scrivere a Lyana riguardo a questa storia, ma lo avrebbe potuto fare dopo: la rabbia per essere stato scoperto gli ribolliva ancora dentro.
Finirono di mangiare tutte le portate, chiacchierando di cose più o meno importanti come la disposizione dei tavoli o le condizioni di lavoro dei camerieri locali, e alla fine Francesca, compostamente, dichiarò di avere un sonno bestiale e di non poter reggere oltre: dopotutto avevano già parlato e si erano conosciuti, perchè andare avanti fino all'indomani mattina?
«Così presto?» Domandò, quasi deluso, Jackie, sentendosi un attore consumato
«Già» disse lei, annuendo «Vorrei poter restare in piedi tutta la notte, girare le città con te e...» soffocò uno sbadiglio dietro un pugno «... Tutto il resto. Ma ho davvero molto sonno»
«Dai!» esclamò Giacomo, dando un paio di colpetti alla tavola «Possiamo fare una passeggiata! Ti sveglia di sicuro! Sveglia, sveglia, sveglia!»
«Non è l'aria frizzantina di una sera tedesca» borbottò Francesca «Fa caldo. Ho sonno»
«Non fa tanto caldo!»
«È vero» lo supportò Manlio, forse desideroso di mostrarsi capace di sopportare la temperatura di quel posto «C'è qualche zanzara, ma non fa tanto caldo»
«Da me le zanzare ci sono anche in pieno inverno» disse flebilmente la ragazza, mettendosi la mano davanti alla bocca per un secondo sbadiglio «E non è che si muore di caldo, ma non mi fa venire voglia di stare sveglia, ecco tutto»
«Loro non sono noiosi!» quasi gridò lo zio
«Non l'ho detto»
«È come se l'avessi fatto»
«Ma quandummai? Va curcati, và!»
«Ma se hai sonno tu... possiamo riaccompagnarla in stanza e lasciarla lì a dormire?» quasi li pregò Giacomo, fissando, dopo una scorsa veloce, lo sguardo su Manlio
«Ehm, per me dico che...» disse quest'ultimo, stringendosi un po' nelle spalle
«No» intervenne Jackie «Non è maleducato? Lasciamo l'unica ragazza a casa e andiamo a spassarcela?»
«No, va bene» cercò di dire Francesca, ma un'altro sbadiglio le troncò la frase
«Non è solo per te, capisci?» spiegò l'uomo, mettendole confidenzialmente un braccio intorno alle spalle «Noi abbiamo da lavorare, domani. Nel caso non se ne fossero accorti».
« E che bel lavoro. » commentò lei a bassa voce.
« Mai quanto quello che verrà dopo. » le sussurrò lui, prima di alzarsi.
La ragazza lo guardò per qualche istante « È una minaccia? »
« No. » le rispose morbidamente.
Le tese il braccio e le fece l’occhiolino sotto lo sguardo degli altri presenti.
«Alloggiate lontano?»
«No, affatto» disse Ciccia, accettando l’invito e stringendosi al suo braccio.
«Non sei obbligata se l’odore del fumo ti dà fastidio…»
«Posso sopportarlo»
Insieme si avviarono verso l’uscita, mentre Alfredo si avvicinava alla cassa. Zio Jack cercò subito di mettersi tra loro.
«Perché non vai a pagare?» gli domandò sua nipote «Mica farai pagare tutto a loro?»
Giacomo socchiuse gli occhi e si allontanò, imprecando tra i denti e sottovoce.
«Questa tecnica me la devo ricordare…» ridacchiò Jackie, aprendo la porta e lasciandola uscire per prima.
La donna lo guardò per un po’.
«Che c’è?»
«Credevo ti fossi offeso»
«In realtà sono più dispiaciuto che offeso» le rivelò lui, guardando da un’altra parte «Sei una ragazza davvero, davvero molto intelligente».
Francesca fece una smorfia buffa «Sei dispiaciuto perché non sono stupida? » gli domandò, facendolo ridere.
«Eh, tantissimo!» Rispose, prima di accompagnarla lungo la strada, seguendola verso il suo hotel «Sei più intelligente di me, che brutta ferita al mio ego!»
«Già…» fece lei «… Ti ho ferito dicendo la verità sulla tua amica? »
« No» le rispose quasi immediatamente lui, chiudendo gli occhi come se fosse stanco di quel fatto «Era solo la verità. Le sono molto affezionato»
«…»
«Mi dispiace per come si è sviluppata la serata più che altro» le mormorò sincero.
«Ti dispiace che vi abbia scoperto» lo corresse Francesca e l’altro sbottò in una risata silenziosa.
«Come ti pare».
Francesca si infilò le mani in tasca e abbandonò le braccia
«Infatti. È come mi pare» disse, poi, come se qualcosa la stesse minacciando, tirò di nuovo fuori i pugni, con un'aria seccata.
Camminarono in silenzio per un po'. Francesca rallentò per guardare un minuscolo scorpione nero che attraversava la strada, zampettando indaffarato.
«Sembra un giocattolo» Commentò, sorridendo.
A Jackie non sembrava affatto finto, ma soprassedette, rimanendo in silenzio. Lei alzò lo sguardo al cielo, ondeggiando in una camminata un po' più rapida
«Guarda!» disse, con una certa sollecitudine
«Si» mormorò lui «Il cielo qui è bellissimo, senza le luci della città a uccidere le stelle»
«Non intendevo questo... ma anche, si, beh, è bello»
«E cosa intendevi?» entrambi calarono la testa e si guardarono abbastanza in fretta da finire a fissarsi negli occhi
«Non l'hai visto?»
«No... cosa?»
«Se non l'hai visto... beh, è inutile che te lo dica» lei voltò la testa per guardare i piccoli edifici a fianco della strada polverosa.
« No, aspetta. » cercò di dire Jackie « Solo perché non l’ho visto non vuol dire che non m’interessi! »
« È inutile. » ripeté Francesca.
« Perché mai? » le domandò l’altro, non vedendo il problema « Che hai visto di così insolito che è meglio lasciar perdere? Pensi che non abbia mai visto cose insolite? »
« Ah, non lo so! » fece la ragazza facendo le spallucce « Dimmelo tu, visto che sei nel ramo… »
« Certo che ho visto cose strane! » protestò l’uomo, ferito da quella frecciatina « Chi non ne vede? Senti… » continuò, passandosi una mano tra i capelli e sciogliendosi il codino, cosicché i gli ricadessero morbidamente sulle spalle « … non voglio costringerti, se non ti va di parlarmene non devi e basta, ma se ti va… sappi che mi fa piacere conversare con te. »
«Sei aggressivo, eh! E te la prendi un sacco... non è che a me non fa piacere!» lei rise, forse un tentativo per spezzare la tensione «Prendi sul personale qualunque cosa. Che ne sai che non ho visto un mio conoscente che volava con un elicottero e magari non ne parlo perchè è non voglio continuare il discorso su di lui perchè mi mette in imbarazzo»
«Mi sembra molto improbabile» disse lui, ironico «Ma è così? È quello che hai visto? Prometto che non ti chiederò riguardo al tuo conoscente»
«No» rispose lei, sbuffando per trattenere una risatina «Ma ci andiamo vicini»
Jackie rimase per un po’ in silenzio a riflettere sulle parole dell’altra.
«È così che ci vediamo? » sorrise storto «Tu mi vedi aggressivo e io ti vedo ostile?»
«È così che mi vedi?»
«Un po’»
«Mh»
«Se fossi stata un’altra avrei smesso di parlarti da un bel pezzo» le rivelò in tono sincero
«E perché con me non lo fai?».
Invece di risponderle e senza che l’altra se lo aspettasse, Jackie cominciò a saltellare leggermente sul posto, parlandole con una vocetta eccitata «Ti prego, ti prego, ti prego, dimmi che hai visto un enorme pipistrellone con la faccia baffuta di Dracula! Ti prego, ti prego, ti prego, Miss Harker, dimmi che l’hai visto!»Jackie rimase per un po’ in silenzio a riflettere sulle parole dell’altra.
Francesca fece qualche passo più veloce, come se volesse fuggire, poi rallentò, ma di poco in modo che l'altro dovesse adattarsi alla sua andatura.
«Non era un pipistrello con la faccia baffuta di Dracula» Disse e lui annuì come se quella risposta fosse molto importante.
Francesca serrò i pugni e per un istante parve che volesse attaccare l'uomo, le pupille puntate su di lui, ma la faccia fissa in avanti, lo squadrò e le parve forse avventato attaccare qualcuno con cui non era sicura di vincere perchè rilassò la mascella tesa.
Jackie se ne accorse equesto confermò la sua impressione riguardo a lei: ostile. Peggio, lei doveva avere qualche nevrosi e sicuramente aveva frequentato, in qualche periodo della sua vita, un corso di gestione della rabbia.
Jackie non aveva mai frequentato un corso di gestione della rabbia. Da giovane si era rilassato con qualche scazzottata da cui era sempre uscito vincitore (a parte quella volta in cui un gruppo di universitari l’aveva fatto finire in ospedale, nonostante fosse molto più piccolo di loro) e quando aveva conosciuto Steliana si era sempre differenziato da tutti i suoi colleghi per la sua innata calma. Gli unici corsi che aveva frequentato per la gestione di qualcosa erano quelli per alcolisti anonimi e per i sesso dipendenti.
Non aveva mai avuto un vero problema né con l’uno, né con l’altro, era solo stato costretto a frequentarli dal suo capo per vedere come avrebbe potuto ridursi se avesse perso il controllo. Ore sgradevoli della sua vita che non avrebbe mai potuto riavere indietro.
Forse era meglio distrarla con qualche altro argomento, invece di una battuta stupida. Se poi avesse voluto aggredirlo, l’avrebbe schiacciata come un insetto. Non si addestrava da anni per niente e, al suo confronto, Francesca era uno scricciolo.
Gli sarebbe perfino dispiaciuto.
«Hey, Baby… »
«Come mi hai chiamata? » fece l’altra a denti stretti nello stesso modo in cui glielo disse Steliana tanti anni prima.
«… Ok, ok, ok! A voi italiane non piace essere chiamate così!» Si arrese subito l’uomo, alzando le mani in aria «Chiedo venia!»
Francesca lo guardò malissimo.
«Se era di strada, prima di lasciarvi in hotel, mi sarebbe piaciuto offrirti un gelato. Solo questo. »
«Solo un gelato?»
«Un gelato o qualsiasi altra cosa tu voglia» le disse dolcemente l’uomo nel tono più cortese possibile «Un gelato senza “Baby”».
Francesca sospirò, stropicciandosi le tempie
«Lo sai perchè si dice “baby” o “bimbo” o tutti quei nomignoli stupidi?»
«Può darsi...» rimase vago lui, in tono sempre gentile
«È una questione legata alla nostra infanzia. L'amore che noi sentiamo provenire dai nostri genitori quando eravamo piccoli e ci chiamavano con nomignoli, cretini o meno, ritorna a galla quando vediamo una persona che ci ispira in qualche modo tenerezza. Se io ti ho ispirato tenerezza...» si passò una mano fra i capelli «Davvero, non so che cosa ho sbagliato. Cerco di non sembrare quel genere di persona»
«Ah ah. Si. Te l'ho detto, mi sembri ostile»
«E nonostante questo hai usato quel “baby”»
«Era così, tanto per» lui si strinse nelle spalle, lei lo prese per mano e lo tirò verso una gelateria
«Offrimi quel gelato. Ne ho bisogno»
«Certamente».
Senza sapere cosa fare e quasi pentendosi di averglielo offerto, Jackie si guardò oltre la spalla e vide il resto della combriccola restare indietro (lo zio di Francesca si agitò non poco a quella vista). Era come se l’altra avesse deciso di volersi dividere definitivamente dal gruppo, ma non ne poteva essere sicuro: era molto affiatata con suo zio…
Sentì Manlio dire qualcosa, ma non capì bene, e Alfredo rimproverarlo mentre tratteneva Giacomo Harker dall’inseguirli. Tentò di invitarli, ma quando Francesca lo trascinò oltre l’angolo e poi dentro una gelateria dall’aria graziosa e molto tranquilla, lasciò perdere.
Possedevano una scelta molto vasta di gelati, ma l’uomo non poté guardarli, perché lei lo guidò fino alla cassa con andatura decisa, quasi marziale.
Si voltò verso di lui.
«Avevi detto un gelato, giusto? » gli domandò, quasi prendendolo di petto.
«Ehm… » fece l’altro, piuttosto incerto «… Ho detto un gelato, ma puoi prendere qualsiasi cosa tu voglia…»
«Qualsiasi cosa?»
«Qualsiasi cosa» rispose Jackie «A patto che tu riesca a mangiarla» scherzò.
Lei fece un sorrisetto rapido che le sollevò un angolo della bocca per un istante, quasi un tic perchè subito dopo tornò seria
«E devo mangiarla tutta in una volta sola?» chiese, in un tono che sarebbe stato completamente neutro se fosse mancata la nota interrogativa
«Beh, dipende... non è che devi mandarla giù tutta in un sol boccone, ma non te ne deve neanche rimanere per dopo... è... è ovvio».
Una donna magrissima con lunghi e lisci capelli neri, una maglietta bianca con il logo del negozio e un paio di orecchini rosa si era avvicinata alla cassa e li guardava come aspettandosi di ricevere un'ordinazione.
«Prendo una coppetta grande, due gusti a caso» Disse Francesca.
La donna la guardò come se fosse matta
«Due gusti a caso?» chiese, con voce scettica e nasale
«Si. A caso, scelga lei, mi faccia il suo gelato preferito, per favore»
« … Oook. » acconsentì l’altra piuttosto incerta.
La videro guardare per un momento i gusti esposti e tentennare, fortemente indecisa. Non era difficile fare il suo gelato, ma aveva tutta l’aria di non voler lasciare la cliente scontenta.
«Ma preferisci quelli alla frutta o alle creme? » tentò di chiederle.
«Il suo gelato preferito. » ripeté Francesca decisa e per nulla scortese.
«Ah, ok… » fece «… E il signore invece?» domandò per concedersi più tempo.
Jackie guardò rapidamente la lavagna con su scritto, in bella calligrafia, tutto ciò che avrebbe potuto chiedere «Che cos’è il Bloody Chocolate? »
«Cioccolato fondente e Red Velvet, con sciroppo di cioccolato bianco»
«Ok, prendo quello più Biscotto»
Francesca si voltò a guardarlo «Cosa?»
«Biscotto è buonissimo» le disse spiccio Jackie «Lo prendo sempre»
«Mai preso»
«Davvero? Te lo faccio assaggiare…».
Prese due lunghi cucchiaini di plastica, blu e viola, e le diede il primo.
«… Ecco, ora sei armata».
Voltandosi verso il bancone, tutto quello che pensò Francesca fu che la donna che li stava servendo aveva dei gusti abbastanza anonimi e che, al confronto con quello di Jackie, il gelato che le aveva scelto sfigurava terribilmente. Nemmeno la panna e lo sciroppo gli risollevarono la sua sorte: quello di Jackie era scuro e sanguigno… inoltre decorato perfettamente e decisamente più grande.
Mentre Jackie pagava il tutto, la ragazza prese il suo e rimase a fissarlo in silenzio. Si mosse soltanto quando sentì la mano dell’altro sfiorarle il fianco e condurla fuori.
«Non sembri soddisfatta»
«Non molto»
«Lo sapevo. » sospirò Jackie abbassando le spalle « Dovevi scegliere tu… »
«Le ho solo chiesto il suo gelato preferito. »
«Ma che gusti ti ha messo? »
«… Non… riesco a capirlo bene… ma non sono male. »
«Te ne ne vado a prendere un altro?» le domandò lui, premurosamente.
«No, mi sta bene questo: è quello che volevo e non voglio sprecarlo»
«Oh, lo diamo a Manlio… non si farà problemi»
Francesca scosse la testa «Ho detto di no»
«Allora mangia un po’ del mio» le offrì lui
«Lo sai» disse lei, divertita «Che offrire il cibo è psicologicamente la più potente arma di seduzione che un uomo possa sfoderare eccetto il cucinarlo lui stesso?»
«Oh, davvero? E sta funzionando?»
«Direi di si. Direi proprio di si» lei annuì «Ma non posso prendere il tuo gelato»
«E perchè no? Solo un po', dai!» lui le fece danzare la coppetta sotto il naso, al ritmo di un lento
«È bellissimo, davvero. Ma tu sei stato molto gentile stasera» lei gli spinse via la mano «Io invece no. Non sarebbe giusto. Confermerebbe lo stereotipo dell'uomo cavaliere e della donna damina da servire e questo è... sbagliato»
Francesca cercò di non ridere allo sguardo stralunato che l’altro le lanciò.
« Ma che cazzo te ne frega di queste cose!? » esplose lui, spalancando le braccia quasi dovesse liberarsi di un gran peso « Ne vuoi un pò? Te l’ho offerto, prendilo! Non pensare a queste cose! Goditi il momento! »
E poi, senza aggiungere altro, prese una grande cucchiaiata di gelato e se la ficcò in bocca.
«E devi decidere in fretta, mia cara… » le disse a fatica e con la bocca piena « … perché il sottoscritto semplicemente adora il gelato. »
Francesca fu indecisa se ridere o scuotere la testa, rassegnata dal suo atteggiamento.
«Ti bloccherai la digestione così» lo avvertì con una certa e malcelata premura «Non sarebbe un bel modo di passare la notte»
«Mh» annuì Jackie «Me lo diceva sempre anche la mia amica…»
«… »
«Mi piace… »
«Perché ti ricorda la tua amica?»
«No, perché siete delle brave persone. E sai una cosa?» proseguì con gli occhi scuri illuminati da una strana luce «È piuttosto grande anche per il mio stomaco… ed è veramente buono» le sussurrò con fare tentatore.
Le porse nuovamente il gelato.
Lei lo guardò storto
«Sei insistente, vero? Se ti dico no è no. E poi...» glielo spinse di nuovo via «Non si fraternizza con il nemico».
Jackie rise pieno, prendendo una gran cucchiaiata di gelato
«Nemico?» chiese, con un brillio divertito negli occhi, per poi infilarsi il cucchiaino in bocca
«Sei... quasi stressante» disse lei «E poi si. Nemico»
«Ma dai...»
«Vogliamo entrambi la stessa cosa» disse rapidamente lei «E tu continui a farmi favori che non potrò mai ricambiare»
«O forse si» lui si strinse nelle spalle
«O forse si» ammise lei «Ma molto probabilmente no. Sei gentile e tutto, ma io ho il mio gelato, e se vuoi non litigare con me è conveniente che tu tenga il tuo e che te lo mangi»
Per l’ennesima volta Jackie alzò le mani in aria, arrendendosi.
«La mia offerta è sempre valida» disse soltanto lui, prima di inchinarsi leggermente per invitarla a guidarlo verso l’hotel.
«Hey!» Giacomo Harker si avvicinava a grandi passi.
«Dateci almeno il tempo di prenderne uno anche noi! Tutto bene?» chiese poi, notando l’espressione della nipote.
«Per me tutto ok» disse Jackie, rimanendo in attesa della risposta dell’altra. Sperava che, a sorpresa, non dicesse che stava andando tutto storto: pochi attimi prima gli era sembrata contenta e poi tutto era cambiato prima ancora che se ne potesse accorgere.
Sentì il cellulare vibrare di nuovo, ma non rispose. Sperò ardentemente che l’altra non l’avesse notato, ma sapeva già che non era così: gli stava già guardando la tasca.
Lei sorrise
«Ok. Prendi un gelato, come se non ne avessi già mangiato dieci oggi» disse lei, sollevando lo sguardo verso suo zio, metà accusatrice e metà sfidante.
Lui parve quasi non accorgersene e trotterellò verso la vetrina dei gusti, alla quale per poco non si appiccicò, ma trovando più elegante non toccare il vetro rimase alla distanza di mezzo centimetro di distanza, con le mani dietro la schiena.
«Se lo spingono...» Mormorò Francesca, con aria di cospirazione «...Non avrà il tempo per fermarsi e si romperà il naso».
Sorridendo e annuendo, Jackie dovette ammettere che lei aveva ragione.
Giacomo prese un gelato trigusto, mirtilli, cioccolato e fragola, con una spruzzata di panna sopra, subito dopo iniziò a parlare con Manlio della composizione dei gelati, mettendolo un po' in difficoltà.
Guardando quest’ultimo e poi i suoi compagni, Francesca non poté trattenersi dal chiedere a Jackie che cosa mai li accomunasse oltre il loro lavoro.
«… Te l’ho detto» Le rispose lui, senza alzare gli occhi dal gelato «Sono i miei zii»
«E di che cosa parlate tutto il giorno?»
Gli angoli della bocca di Jackie si sollevarono appena «Oh, beh… principalmente di femmine, cibo italiano e soldi. Non necessariamente in quest’ordine. Argomenti di cultura»
«Già…»
«Manlio è la capra del gruppo. E gli sto facendo un complemento» precisò, senza remore « Non si interessa a nulla, prende le cose così come sono… ma devo dire che è stato uno zio figo per un bambino appena divenuto orfano».
Francesca non parlò: sebbene non li conoscesse, la parola “figo” e “Manlio” nella stessa frase suonavano come una bestemmia.
«Dico davvero» disse l’altro in tono pacato « Anche se sembra impossibile»
«Come ti ha conquistato?» gli chiese lei guardandolo intensamente.
«Mi ha portato a lavoro con lui» sorrise l’uomo.
Lei sorrise. Poteva capirlo, poteva immaginarlo, quel bambino che passava da una vita tutto sommato noiosa e destinata a rimanere grigia come un muro di cemento alla ricerca di... beh, qualunque cosa loro cercassero quando erano al lavoro. Tipo asce da guerra magiche.
Lui glielo raccontò, quel primo giorno di lavoro, e le accennò anche ai giorni seguenti: tanto ormai lei aveva capito, che razza di lavoro e che razza di vita potesse essere la sua. E lei sorrise e annuì, sulla porta dell'albergo lo lasciò con poche parole
«È stato così anche per me».
Poi Francesca scomparve su per le scale e fu seguita solo molto più tardi da Giacomo, che era rimasto a parlare ed a gesticolare con gli altri italiani.
L'indomani giunse caldo e piuttosto indolente per essere il grande giorno.
Al contrario dei suoi amici, Jackie non aveva dormito molto: era preoccupato. Preoccupato che qualcosa potesse andare storto. Preoccupato che Ahanu potesse avere ripensamenti. Preoccupato che i due italiani avrebbero potuto strappargli la vittoria dalle mani, sfoggiando oggetti arcani mai visti prima…
La notte rende tutto più spaventoso, Jackie”

Continua...

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