martedì 4 settembre 2018

Sunset 65 - Altri vampiri "vegetariani"





Non avevo capito male. Mi ero momentaneamente dimenticata del fatto che in passato Jacob mi avesse raccontato che, tanti anni prima, apparentemente Undertaker avesse aiutato uno dei bambini quileute che aveva le visioni. E poi, in un lacerante flashback, ricordai uno stralcio della nostra conversazione, mia e di Jacob, in macchina, sulla via del mio primo show di wrestling dal vivo.

“«E il bambino?»
«Quale, quello che vedeva i fantasmi? Ha smesso di vederli. Si chiama Sam, ora è un tipo davvero assennato»
«Sam»”

Sam. Sam! Il capobranco del branco maschile di La Push da piccolo era stato aiutato da Undertaker, ecco perché ora non si sarebbe opposto all'idea di... come aveva detto Ayita? Evocarlo.
«Evocarlo?!» Quasi strillai
«È un modo dire, calmati» fece Omaha, ridendo «Non è che facciamo un cerchio a terra con i pentacoli e roba e lui esce fuori dal terreno come un fantasma! E poi è un tizio tranquillo, non devi avere paura»
«Non ho paura» risposi, piccata «Io, insomma... come avete intenzione di... evocarlo?» cercai di fare la vaga, di passare ad un tono di voce quasi indifferente, ma il risultato fu probabilmente comico perché tutte risero.
«Lo chiamiamo» Disse Ayita, grave «E gli spieghiamo la situazione. Avrà sicuramente tanto da fare, ma questa è una questione di vita o di morte e accetterà».
Annuii. Non capivo come lui potesse fronteggiare roba dell'altro modo tipo Alec e Jane e avevo dunque il terrore che me lo ammazzassero, ma annuii. Non volevo che morisse, ma annuii. Perché diavolo annuivo? Queste volevano coinvolgere il mio wrestler preferito, che non era un vampiro e che non era un licantropo, in una cavolo di guerra di esseri sovrannaturali magici!
«Quindi... lo chiamiamo... quando?» Chiesi, continuando mio malgrado a far finta di essere solo vagamente interessata ad una cosa che in realtà mi aveva tesa come una corda di violino, elettrificata come se stessi cercando di contenere un fulmine dentro il mio corpo
«Ti vorrei dire subito» disse Ayita, titubante
«Ma...?»
«Niente, ti dico subito»
«Ommioddio, no, aspettate!».
Tutte mi guardarono. Dovevo essere suonata isterica.
«Voglio dire, siamo proprio sicure che non ci sia altro modo?» Azzardai
«Belarda» disse con calma Ayita «A parte il fatto che rischiamo di morire tutti e che quindi vale la pena di tentare, mica dobbiamo per forza chiamarlo solo se non c'è nessun'altra soluzione»
«Ah no?» sentii la mia faccia corrugarsi in un sorriso scemo e dubbioso
«No. È il suo lavoro»
«Pensavo che facesse il wrestler».
Avevo appena iniziato a fare battute stupide e fuori luogo. Ora tutti sapevano che ero a disagio. Ayita sollevò le sopracciglia
«C'è qualcosa che tu sai che noi non sappiamo?» mi domandò, con una certa sollecitudine
«Cosa? Chi, io?»
«Tu, Belarda. Sembra che ti abbiano dato una botta in testa. Sai qualcosa su di lui che non sappiamo?»
«No» dissi con sicurezza
«Allora qual'è il problema?».
Mi bastò quella domanda per capire quale fosse il problema, ora dovevo solo rispondere sinceramente.
«Il fatto è che siete voi a sapere cose che io non so su di lui» Confessai «Io lo conosco fin da quando ero bambina, ma per me era un eroe che vedevo alla tv, mentre per voi... è diverso»
«Non credere!» Cinguettò Omaha, interrompendomi «Pure noi siamo cresciute con il wrestling! La prima volta che l'abbiamo visto a La Push ci stava cascando la mascella e poi non ti immagini la paura che avevamo!»
«Parla per te» quasi ringhiò Lara «Io non avevo paura».
Le ragazze si misero a battibeccare su chi avesse paura e su chi non ce l'avesse, ma dopo qualche istante Ayita le zittì sollevando una mano. Avrei voluto avere io il suo potere, di zittire tutti con un gesto!
«Quindi, Belarda, ti senti a disagio perché non sai quello che sappiamo noi su di lui» Provò ad indovinare
«Ehh, più che disagio è paura. Voglio dire, io non so proprio chi sia lui in realtà e cosa sappia fare, ma non sarebbe un problema per niente se non fosse che volete coinvolgerlo in questa battaglia» tamburellai nervosamente le unghie sul tavolo, incapace di stare ferma «Insomma, ho paurissima perché mi sembra proprio di coinvolgere un civile, anche se contemporaneamente so che è un vostro eroe o qualcosa del genere. L'ho visto in azione, ha ucciso Jasper, ma era un vampiro solo e non ha avuto molta possibilità di opporre resistenza, perciò razionalmente so che è forte, ma Alec e Jane mi sembrano fuori dalla sua portata e quindi, ecco, vorrei che mi diceste perché mai lo stiamo chiamando, perché è il nostro asso della manica, perché lo considerate così...»
«Prendi fiato, Belarda» Lara mi afferrò una mano «Fermati un attimo»
«Abbiamo capito» Aida annuì «Hai paura che non solo lui non possa tirarci fuori dai casini, ma che ci rimanga secco»
«Paura fondata» borbottò Omaha «Se pensiamo a quello che ci hai detto riguardo a questi succhiasangue reali. Ma se ci rimane secco uno come lui, ci rimaniamo secchi tutti, quindi si, abbiamo bisogno di lui. Almeno per coordinarci»
«Ci facciamo aiutare» Aida sorrise nel tentativo di incoraggiarmi
«E ora» aggiunse la capobranco «Ti raccontiamo anche chi è».
Finalmente sarebbero arrivate delle risposte. Delle risposte vere, non quelle truffaldine di Edward Cullen (che, ricordiamolo, sosteneva che il mio eroe di infanzia fosse in realtà un vampiro malvagissimo pluricentenario). Mi feci attentissima, mi sistemai dritta sulla sedia e presi un profondissimo respiro.
«Sono pronta» Dissi.
Ma qualcosa ci interruppe prima che Ayita potesse cominciare la sua spiegazione e io mi arrabbiai così tanto che credetti di stare per trasformarmi in un licantropo anch'io. I dannati ragazzi-lupo! Seth scostò la porta e si affacciò, con un'espressione preoccupata
«Ciao, ragazze. Mi ha mandato Sam. Ha detto che dovete venire, è successo un casino»
«Che casino?» abbaiai
«Ah, ciao, Belarda. Ehm, sembra che i Cullen abbiano autorizzato dei vampiri ad entrare nel loro territorio senza consultarci. Vampiri assassini di persone, per intenderci. Poi, solo dopo che quelli hanno iniziato a entrare, l'hanno fatto sapere a Sam, che ora è incavolato nero. Intendo, più nero del solito».
Un mormorio di disapprovazione percorse la tavolata. Quegli idioti dei Cullen!
Lo sguardo di Ayita era duro ed affilato come una spada.
«Avremmo dovuto immaginarlo che non erano buoni neanche come alleati»
«Che facciamo con questi vampiri?» Chiese Seth dalla soglia, preoccupato
«Quali provvedimenti vuole prendere Sam?»
«Lui vuole ragionare un'ultima volta con i Cullen prima di cominciare a cacciare tutti i vampiri che hanno portato sul territorio»
«Ragionarci?» ripeté Lara, sbigottita «Quelli hanno portato altri vampiri vicino alla base! Potrebbero trasformarsi altri licantropi!».
Per un attimo mi chiesi perché era così male che altri ragazzini Quileute ottenessero l'eterna giovinezza e la capacità di trasformarsi in lupi giganti dalla forza mostruosa. Poi capii. Grazie alla denuncia di Rosalie, i Volturi adesso conoscevano i mutaforma come una specie pericolosa e in grado di uccidere i vampiri, ed allo stesso tempo instabile, forse meno in grado di mantenere segreto il mondo sovrannaturale. Qualunque ragazzino si fosse trasformato, non importa quanto giovane o spaventato, sarebbe stato costretto a lottare per la vita perché sarebbe diventato automaticamente un bersaglio dell'ira della nobiltà dei Volturi.
Come Leah. Come Seth, il più piccolo di tutti e due i branchi, che sarebbe potuto morire nello scontro da appena adolescente. Come il mio amico Jacob, che non poteva fare altro che combattere.
«Ci ragioneremo allora» Decretò Ayita, scandendo le parole «Ma dobbiamo riuscire a fargli capire che facciamo sul serio. Belarda, te la senti di fare da tramite e andare tu a trattare con i freddi?».
Annuii: «Si, posso farlo io»
«Ma se la mandi nel territorio dei succhiasangue non rischi che si imbatta nei freddi che ammazzano le persone, boss?» obiettò Aida, iniziando a riordinare il materiale da gioco
«Si. È per questo che dovrà essere scortata da un piccolo gruppo di lupi, tre o quattro tra maschi e femmine. Voglio Leah, Jacob, Aida e Paul per l'incarico. Aida, per te va bene?»
«Sissignora» la licantropa si esibì subito in un saluto militare rigido
«Seth, vai a chiedere a tua sorella ed agli altri se sono d'accordo, e riuniscili qui in fretta. Questo messaggio deve arrivare il prima possibile»
«Okay!» esclamò Seth, eseguendo all'istante. Non potei che rimanere ammirata da quanto riuscisse a muoversi veloce: un battito di palpebre ed era svanito.
«Belarda, per favore, preparati a questo incontro mentre aspettiamo che la tua scorta ritorni».
Annuii di nuovo. Non c'era molto che dovessi fare, ma decisi per precauzione di scrivere un paio di messaggi ad Edward. Era vero che sarebbe stato molto più d'effetto presentarsi lì con quei bestioni appresso ed a sorpresa – oh, ma che figurone avrei fatto? Gongolavo al solo pensiero – ma non volevo che i vampiri reagissero male alle sorprese, e non volevo incontrare subito dei nomadi se avessi potuto evitarlo.
«Ragazze, mentre Belarda sarà in missione per evitare l'arrivo di altri vampiri sul territorio, noi richiameremo Undertaker».
Sentii qualcosa di sgradevole agitarmisi nel petto. Ma come, io andavo a guardare i vampiri e loro parlavano con il mio eroe? Come lo avrebbero fatto? Gli avrebbero telefonato, avrebbero creato un collegamento telepatico, avrebbero chiamato uno sciamano e avrebbero stabilito una comunicazione attraverso uno specchio o una bacinella d'acqua?
Edward, sto arrivando a casa tua. Fai in modo che i tuoi amici vampiri non attacchino né me né i miei amici lupi”. Scrissi in fretta il messaggio sul cellulare e lo inviai.
«Come contatterete Under...» Iniziai a chiedere, ma la voce di Seth mi sovrastò quando affacciò nuovamente:
«Li ho portati, alfa!» esclamò eccitato
«Ben fatto, Seth». Seth si illuminò.
Alle sue spalle si erano radunati i tre licantropi richiesti da Ayita. Sembrava che nessuno di loro avesse pensato di tirarsi indietro davanti al compito.
Leah aveva i capelli legati in una coda alta che le dava un aspetto ordinato, in qualche misura leggermente più freddo, mentre i capelli neri e brillanti di Paul e Jacob erano egualmente spettinati. Leah indossava una canottiera smanicata e pantaloncini neri, con scarpe sportive bianche e nere, Paul aveva una maglietta nera a maniche corte con il disegno di un albero in bianco e un paio di pantaloni corti arancio che erano quasi un pugno nell'occhio, ma lasciavano scoperte le gambe forti e ben fatte. Jacob era venuto direttamente a petto nudo, esibendo con disinvoltura un fisico invidiabile per la sua età, con pantaloncini morbidi grigi e vecchie scarpe da ginnastica nere consumate.
Sembravano modelli di fitness atermici.
«Ehm» Jacob si schiarì la voce «Eccoci. Ci avete chiamato, no?».
Gli rivolsi un cenno di saluto e lui ricambiò, felice di vedermi. Paul mi rivolse un “ciao” tranquillo, mentre Leah mi rivolse appena un gesto per farmi capire di avermi notata.
«Se dobbiamo fare da scorta a Belarda, ci dobbiamo trasformare, vero?» Chiese Leah, incrociando le braccia toniche sul petto.
«Mi sembra una buona idea» Approvò Ayita «Fate pure. Sono sicura che sarete bravissimi. Dovete proteggervi l'un l'altra e proteggere Belarda. Se vi attaccano e ne avete l'occasione, potete puntare ad uccidere i vostri aggressori»
«Sam vorrebbe parlarci. Secondo lui non dovremmo attaccarli» commentò Leah. Sembrava che avesse molto a cuore quello che pensava e diceva Sam, però quella frase era adagiata sopra uno strato di sarcasmo pungente. Immaginai che anche lei non fosse una gran fan dei vampiri.
«Per questo è una missione di pace, e non stiamo andando a farli tutti a pezzi» rispose calma Ayita.
Leah fece un piccolo sorriso. Forse era la prima volta che la vedevo sorridere da quando la conoscevo.
«Okay, capo, noi andiamo a trasformarci allora» Disse Aida, saltellando verso Leah e facendo un saluto militare irriverente verso di noi. I maschi andarono da un lato e le femmine dall'altro, ma ci fecero aspettare pochissimo.
Ero ancora piuttosto sorpresa di quanto poco ci mettessero a trasformarsi in animali del tutto diversi da loro, e per giunta più grossi e senza provare dolore. Doveva per forza esserci lo zampino della magia. Lo zampone della magia.
Il mio cuore accelerò per un secondo quando li vidi tornare tutti e quattro trasformati: erano dannatamente belli, e non credo che mi sarei mai abituata a vederli così.
«Non credo che ci entrerete tutti nel tuo pick-up, Belarda» Ridacchiò Seth, saltellando verso Leah e cercando di accarezzarle la testa. Lei si ritrasse sdegnata, tirando indietro le orecchie e sbuffando.
«È vero» Concordò Lara con una risata «Ehi, Jake, perché non te la porti in groppa? Scommetto che si divertirà».
Il muso da lupo di Jacob si aprì in un sorriso sorprendentemente malizioso. Rimasi sorpresa dal sentire Lara rivolgersi proprio a Jake con tanto calore. Mi ero persa qualcosa?
Alzai le mani in avanti «Oddio, no, no, non posso»
«A Jake non dispiace, vero Jake?» insistette Lara affiancandomisi. Il grosso lupo rosso scosse il testone, ed in due falcate aveva percorso la distanza che ci separava. Mi si accucciò accanto: stava cercando di fare arrivare la sua schiena ad un altezza accettabile per farmi montare su, anche se rimaneva ancora davvero grosso.
Guardai il suo muso, insicura, e vidi i suoi occhi castani e caldi ammiccare verso di me. Aveva le zanne snudate in sorriso scanzonato, la lingua che penzolava da un lato come un grosso labrador giocoso.
«Quindi... posso, figlio-lupo?» Chiesi titubante, ma non persi l'occasione per affondargli comunque le mani nella pelliccia della sua gorgiera. Era così morbida! Molto più dei suoi capelli umani, o forse avevo quell'impressione perché era particolarmente folta in quel punto.
«Non farla tanto lunga Belarda, ti brillano gli occhi» Mi prese in giro Lara «È ovvio che vuoi fare un bel giro a velocità di lupo. Jacob è uno scemo, però gli va riconosciuto che è il più veloce... dopo Leah».
Il muso di Jacob si contorse in un ringhio terrificante che scopriva le zanne praticamente fino alle gengive rosse, ma ci doveva essere qualcosa nel suo linguaggio corporeo che mi sfuggiva ed indicava che stesse scherzando, perché Lara non sembrò affatto preoccupata. «Uno scemo veloce» Ribadì, dandogli una pacchetta su un fianco.
Non sapevo come salire su un lupo gigante, ma non volevo sembrare troppo insicura. Gettai una gamba in alto goffamente, cercando di metterla sulla groppa di Jacob, poi rotolai sgraziata sopra il suo dorso e rischiai di cadere dall'altro lato. Con l'aiuto di Seth, che ebbe pietà di me, alla fine riuscii a sistemarmi comoda sul mio amico – che strana situazione, davvero – e Jake si rialzò fluidamente, così in fretta da convincermi ad abbracciargli stretto il collo per tenermi salda.
Seth e Lara ridacchiarono.
«Basta perdere tempo» Disse Ayita gentilmente «Seth, se vuoi puoi partecipare anche tu. Stiamo per richiamare il Guardiano Nero»
«Davvero? Forte!» esclamò il ragazzo-lupo con entusiasmo.
«Aspettate, voglio sapere anche io come si richiama Undertaker!» Dissi con decisione. O almeno volevo dirlo, ed ero sicura che lo avrei detto con grande decisione, se solo non fossi stata troppo impegnata a fare un verso che somigliava più a «Eeeeheeek!» per riuscire ad articolare.
Jacob era partito a tutta velocità, costringendomi a tenermi con tutte le mie forze per non cascare miseramente a terra, lanciando una sorta di ululato gioioso.
Nonostante le palpebre serrate, avvertii il respiro regolare dei licantropi ed i colpi possenti delle zampe dei lupi che pestavano sul terreno per spingere la mole gigante dei loro proprietari in avanti.
Sobbalzavo ritmicamente sulla schiena di Jacob, il tutto attutito da soffice, soffice pelliccia, ma era un'andatura che per qualche motivo non mi faceva venire voglia di vomitare.
Aprii timidamente gli occhi e mi sporsi a guardare.
Cavalcare un licantropo può essere un affare complicato. La pelliccia di Jacob era folta abbastanza da rendere instabile una cavalcata senza sella, ed anche se ero sicura che si stesse sforzando per non sballottarmi, rischiavo di essere proiettata ogni volta che faceva una virata brusca e finivo per tirargli la pelliccia nel tentativo di rimanere in sella.
Il resto era magnifico. Dopo gli orribili viaggi sul Vampiro Express, avevo un po' dato per scontato che ogni viaggio super veloce, specie se correlato al sovrannaturale, fosse brutto e scomodo; invece non era così.
L'unica cosa che mi veniva in mente che poteva essere paragonato al viaggio su un licantropo, era la mia esperienza di viaggio in barca a motore. Carlo mi aveva fatto fare un giro in barca in Italia quando ero più piccola, sulla barca bianca e blu di uno zio che non avevo più rivisto. Io ero seduta proprio sulla punta più estrema di prua, aggrappata stretta, con i capelli frustati impietosamente dal vento e con gli occhi ed il cuore pieni di meraviglia; ogni onda che incontravamo provocava uno scossone che si propagava per tutto il mio corpicino facendomi compiere un sobbalzo che sembrava muovere l'esterno del mio corpo, ma lasciare i miei organi interni indietro.
Se abbassavo lo sguardo l'acqua diveniva una meravigliosa massa indistinta di blu solido e veniva divorata dalla prua bianca, se lo alzavo tutto rallentava, dandomi la possibilità di vedere gli scogli e le onde più lontane con chiarezza.
Mi sentii nello stesso modo, ma al posto dell'acqua c'erano erba, terra e rametti, non c'erano scogli, ma alberi, e il rumore del motore era sostituito dall'ansimare allegro di Jacob.
«Wooohooo!» Urlai, con la voglia di alzare le braccia al cielo e sentirle artigliate dal vento. Ma non osai. Il quartetto di lupi accolse con entusiasmo la mia esclamazione, lanciando a loro volta ululati riecheggianti che accompagnarono il mio grido. Scoppiai a ridere, felice.
Casa Cullen era ancora lì, fuori posto come se qualcuno si fosse divertito a sganciarla dall'alto in mezzo alla natura selvaggia, e la raggiungemmo in un batter d'occhio.
Leah e Jacob arrivarono per primi, lasciando indietro Paul ed Aida. Lara non scherzava quando diceva che erano i più veloci.
Edward aspettava sulla soglia con le braccia abbandonate sui fianchi, e mi rivolse uno sguardo di disapprovazione. Dovevo avere i capelli scompigliati e la faccia felice, e per qualche motivo la sua disapprovazione non fece altro che sollevarmi di più il morale.
«Edolo! La zona è sgombra?» Chiesi, scivolando giù da Jacob con più maestria di quanta ne avessi usata nel salire. Barcollai prima di rimettermi dritta, con una mano affondata nella pelliccia del fianco di Jacob.
I licantropi non sembravano abbastanza agitati da suggerire la presenza di vampiri estranei nelle immediate vicinanze, però i loro nasi continuavano ad arricciarsi in un modo tanto buffo che mi venne di nuovo voglia di ridere.
«Anche tu puzzi per me» Disse Edward a Jacob, piccato.
La smorfia sul muso di Jacob era tremendamente simile a quella che avrebbe fatto se fosse stato umano, e immaginassi che significasse più o meno “ma chi ti ha chiesto niente”. Oppure “che schifo”.
«Non hai ascoltato il mio messaggio, vedo» Disse Edward, ma il suo tono divenne più dolce quando si rivolse a me. Cercai di emulare la faccia schifata di Jacob lupo.
«Mi hai mandato quattordici minuti di messaggio vocale» Dissi «A questo punto la prossima volta chiama»
«Non era una cosa che richiedesse una nostra interazione, Belarda. Dovevi solo ascoltare»
«Wow. Un tuo monologo a cui non si deve rispondere. Non m'immagino quanto fosse effervescente» roteai gli occhi, e Aida e Jake fecero una serie di latrati bassi che dovevano essere una risata. Edward aggrottò le sopracciglia.
Non gli piaceva che avessi usato la parola effervescente in modo ironico. Probabilmente pensava fosse un termine adatto solo alle lumache carine.
«C'è un motivo in particolare per cui sei venuta con questi quattro cani da guardia?» Mi chiese Edward, indicando con un gesto rigido il nostro piccolo assembramento. Decisi di tagliare corto.
«I Quileute non sono contenti dei vampiri nomadi che avete portato sul territorio» Dissi «Tra l'altro, giusto stanotte ti avevo detto di non chiamare assolutamente nessuno. Visto che dei ragazzini Quileute e delle persone innocenti saranno messe in pericolo dalla loro presenza, è importante che se ne vadano prima possibile»
«E se non se ne andassero?» chiese Edward, con un sorrisino
«A tutto c'è una conseguenza, Edward. È inutile che fate tanto i santi se poi portate qui i diavoli» risposi calma, anche se Capelli-Pazzi aveva il magico potere di rompermi le scatole a vista «Se non ci sarà altra scelta, potrebbe partire un conflitto tra noi Edward, e non conviene a nessuno avere vittime da nessuna delle due parti»
«Noi saremo di più. Perché dovremmo preoccuparci?» incalzò ancora il vampiro sberluccicante.
«Tu sei un cretino» Sbottai «Che ci sto a fare a parlare con te? Chiamami Carlisle».
Lui mi guardò con occhi vacui.
In quel momento, i licantropi mossero tutti le teste verso la stessa direzione. Fu una cosa quasi inquietante, tutti quei testoni che si giravano nello stesso istante verso la stessa identica direzione.
Edward rimase in piedi, in attesa. Jacob e io ci scambiammo uno sguardo: il mio interrogativo, il suo totalmente concentrato.
Finalmente la cosa si avvicinò abbastanza perché la udissi anche io. L'auto procedeva rapida attraverso il bosco, guidata più velocemente di come il buonsenso di qualunque umano suggerirebbe di guidare in un posto pieno di alberi e animali selvatici. La udimmo attraversare il prato e fermarsi davanti al porticato. Quattro portiere si aprirono e si richiusero.
I nuovi arrivati si avvicinarono alla porta senza parlare; l'annusare dei licantropi si fece più insistente per un attimo, poi parvero tutti trattenere il fiato.
«Edward!» Gridò entusiasta una voce femminile
«Ciao, Tanya. Kate, Eleazar, Carmen». Sul viso di Edward apparve un sorriso diverso da quello sghembo solito, più cortese.
Seguirono tre «Ehi, ciao» appena mormorati.
Guardai imbambolata i quattro vampiri che camminavano sul prato come se niente fosse, nei loro vestitini firmati, al punto che mi chiesi se ci avevano notati.
«Carlisle ha detto che doveva parlarci con urgenza» Disse la prima vampira: Tanya. Edward si era posizionato in modo strano davanti la porta, come se avesse voluto bloccare loro l'ingresso. «Che problema c'è? Problemi con i licantropi?».
Jacob alzò gli occhi al cielo.
I nuovi arrivati, come tutti i vampiri che avevo incontrato finora, avevano un non so che nei lineamenti che li rendeva assurdamente belli. Ormai avevo imparato che era un tipo di bellezza specifico, con occhi grandi e lineamenti cesellati, la pelle pallida ed assurdamente liscia, come se fossero tutti stati statue in cui una divinità – Loki probabilmente, o magari Chtulhu – aveva infuso la vita con un soffio divino. Quel genere di bello che si definisce “perfetto”, un bello straordinario ad incontrarsi ma secondo parametri del tutto convenzionali.
Mi chiesi come funzionasse: finora avevo pensato che il veleno avrebbe per sempre congelato il corpo che avevano nel momento della morte le vittime, ma qui c'era in corso una vera rivoluzione fisica e delle plastiche facciali mica male. Probabilmente, se avessi incontrato un ragazzo o una ragazza veri (di quelli con il cuore che battevano, per intenderci) con quella straordinaria bellezza, lo avrei comunque trovato un cesso ormai. Mi avevano rovinato i modelli.
La prima vampira, Tanya, era un metro e sessanta e qualcosa di fascino e risolini, con morbidi capelli biondo fragola che le incorniciavano il volto pallido che, se non fosse stato per gli zigomi pronunciati, avrebbe potuto essere quello di una bambina, con la stessa curiosità vivace dietro gli occhi dorati. Eleazar e Carmen condividevano qualcosa nei tratti e nelle sfumature olivastre della pelle pallida, come se fossero stati parenti o fossero venuti dalla stessa terra. Entrambi avevano capelli scuri, voluttuosi e soffici quelli della donna dal volto severo, corti e pettinati in un taglio che probabilmente non andava più di moda dal '400 l'uomo, vestito, ironicamente, come un cacciatore di vampiri dei film.
La quarta vampira, Kate, sembrava essersi teletrasportata lì direttamente da un posto in cui faceva un dannato freddo. Indossava anche un cappotto nero con la pelliccia sul collo e gli stivali pesanti. Aveva una chioma lunga e liscissima, di un biondo così chiaro da darmi l'impressione che se mi fossi avvicinata abbastanza mi sarei riuscita a specchiare sui suoi capelli. Aveva un'aria spaccona, gli occhi color miele continuamente animati da un sorriso che le sue labbra cercavano di non mostrare.
Tutti loro avevano gli occhi dorati. Nessuno di loro mangiava esseri umani, almeno.
«No» Disse Edward «La nostra tregua con i licantropi funziona alla grande».
Una donna ridacchiò.
«Non ci inviti ad entrare?» Chiese Tanya. Poi, senza attendere risposta, aggiunse «Dov'è Carlisle?»
«Giusto quello che mi chiedevo anche io» dissi ad alta voce. Non so dove trovai il coraggio per uscirmene così di fronte a quattro sconosciuti, vampirici per giunta, ma avevo la netta impressione che per me fossero divenute semplici cose che, quando mi ero trasferita a Forks, sarebbero riuscite a farmi venire una grande ansia.
I quattro vampiri finalmente si interessarono a me.
«È dovuto andar via» Disse Edward secco. E ne seguì un breve silenzio.
«Un'umana» Disse Kate, la sorpresa chiaramente visibile sul suo viso.
«Ehilà» Feci io, salutando con la mano «Ciao, vampiri»
«Che succede, Edward?» chiese Tanya
«Un'umana che ha a che fare con i vampiri e con i... licantropi» scandì piano Eleazar. Non sembrava scandalizzato, quanto... incuriosito, ed anche un po' sorpreso. Dove avevo già sentito il suo nome? «Questo va assolutamente contro la legge Edward. Perché hai richiesto la nostra presenza?».
Ah, si. Era quello che stava coi Volturi.
«Che ci fanno tutti questi licantropi nel tuo giardino? Avevi detto che non dovevamo tenere nulla, che avevate una tregua» Chiocciò Tanya, guardando verso di noi. Se fosse stata un uccello, avrebbe avuto le piume che iniziavano ad arruffarsi.
«Dov'è Carlisle?» Insistette Carmen, con la voce addolcita da un accento musicale simile a quello italiano. Doveva essere spagnola.
Stavano cominciando ad inquietarsi, e la trovai una cosa più soddisfacente che essere semplicemente ignorata. «Hola» Dissi, alzando la mano verso la bruna. La vampira mi guardò come se fossi impazzita.
«Vi chiedo di concedermi il beneficio del dubbio per pochi minuti» Disse Edward «Devo spiegarvi una cosa piuttosto complicata e ho bisogno che mi ascoltiate fino in fondo senza preconcetti»
«Ma Carlisle sta bene?» S'informò Eleazar, ansioso
«Nessuno di noi sta bene, Eleazar» rispose Edward, facendosi avanti e poggiando una mano sulla spalla dell'altro vampiro «Cioè, fisicamente si, sta bene».
Roteai gli occhi. Non era un gesto che facevo di solito, ma era l'unico che potesse esprimere quello che sentivo.
«Fisicamente?» Chiese Tanya brusca «Che intendi dire?»
«Che la mia famiglia corre un grave pericolo. Prima di spiegare, però vi chiedo una promessa: di ascoltare tutto il racconto. Vi prego solo di starmi a sentire fino alla fine».
Un silenzio più lungo seguì le sue parole. Jacob e io ci guardammo muti; le sue labbra color ruggine impallidirono mentre si tendevano sulle labbra. Quel piccolo, minuscolo gesto bastò a catturare nuovamente lo sguardo dei nuovi arrivati vampiri, che erano sempre più agitati.
«Ti ascoltiamo» Disse infine Taya «Ti ascolteremo fino in fondo prima di giudicare»
«Grazie, Tanya» Edward smise di occupare tutta la porta, rivolgendosi all'amica con fervore «Non vi avremmo coinvolti se avessimo avuto un'alternativa».
Edward si mosse, e quattro paia di piedi si mossero verso
Qualcuno annusò l'aria, rumorosamente, in modo molto poco elegante. «Lo sapevo che c'erano di mezzo i licantropi» Borbottò Tanya
«Si, e sono dalla nostra parte. Ancora una volta».
Nessuno replicò al commento. Stavano cercando di svignarsela dentro casa, in primis Edward! Non voleva affrontarci, e sperava di blandirci con questi commentini verso quei vampiri che lui stesso aveva chiamato!
«Dov'è la tua Bella?» Chiese Carmen gentilmente «Come sta?».
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Aveva parlato di me coi suoi allegri compari succhiasangue chiamandomi la sua Bella.
«Mi chiamo Belarda Cigna» Dissi gelida, facendomi avanti «Non solo la Bella di Edward né di nessuno. E sono qui come portavoce dei Quileute, perciò sarebbe la cosa migliore per tutti che questa conversazione avvenisse anche alla presenza mia e di questi miei amici»
«Ma non sei una Quileute» disse Carmen.
Urgeva del sarcasmo. Potevo permettermelo? Per ora decisi di accantonare i “che deduzione arguta, signorina” e “capitan ovvio alla riscossa” che volevano uscire dalle mie labbra e limitarmi ad un piccolo, frustrante «Si»
«Edward!» Disse Kate, come se avesse voluto spingere capelli-pazzi ad agire. Per fare cosa non so, ma lo guardava insistentemente, quasi con rimprovero. Cosa voleva, che mi facesse diventare un'amerinda?
I vampiri iniziarono a comunicare tra loro, in quel loro modo inquietante in cui muovevano le labbra ma sembrava non ne uscisse nessun suono.
«Edward» Ribadii, impaziente «Non combinare casini e non fare arrabbiare i Quileute. Dobbiamo parlare. Non fare il codardo e fammi entrare»
«Non faccio il codardo. Puoi entrare Bella. È un peccato però, dovremo deodorare tutta la casa dopo questa piccola riunione» disse Edward con un sorrisetto sbruffone, e tutti i vampiri entrarono nella casa infestata. Cioè, in casa Cullen.
Quando venne il momento mi sentivo le gambe stranamente addormentate, ma sapevo che era solo una questione mentale. Mi costrinsi a non esitare, a non strascicare i piedi mentre mi alzavo e percorrevo i pochi passi fino alla soglia, e poi entravo ancora una volta nella tana del mostro.
Mi sentivo alle spalle il ventaglio di calore emanato dal corpo di Jacob, che mi seguiva come un'ombra.
Un uggiolio vibrante mi fece voltare: Leah aveva piantato il suo sedere peloso a terra e divaricato le zampe anteriori. Per non essere in grado di parlare era piuttosto eloquente, e non potevo neanche biasimarla più di tanto.
«Non vuole entrare, vero?» Sussurrai a Jacob. Lui abbassò le orecchie e scosse il testone, come se ne fosse stato dispiaciuto.
«Solo lei?» Mi sincerai, guardando Paul che camminava nervosamente avanti e indietro, senza fare un solo passo avanti. Jacob sbuffò e scosse di nuovo il capo.
«Anche Paul?». Jake sbuffò. Un si.
«Aida?». Aida si fece avanti e mi mostrò i dentoni bianchi in un sorriso da lupo, rimanendomi accanto: Non aveva intenzione di abbandonarmi.
«Entrerete se avremo bisogno di voi? Possiamo contare su di voi, Leah, Paul, per spaccare qualche culetto di vampiro?» chiesi. A questo Leah e Paul assunsero un'espressione decisamente più viva: Leah annuì, Paul lanciò un latrato entusiasta.
«Allora ci vediamo dopo. Entriamo, ragazzi».
Feci qualche passo nel salone e mi fermai, incapace di andare troppo vicino a questi vampiri sconosciuti. Certo, mi avrebbero potuto fare male comunque se avessero voluto, ma il mio istinto di sopravvivenza aveva un'opinione molto precisa.
La casa sembrava ancora più vuota di come mi era apparsa la visita precedente. Sembravamo tutti ospiti sgraditi lì dentro, compreso Edward, e la casa non era molto più accogliente di una ghiacciaia.
Non vedevo Esme o Rosalie da nessuna parte, e non avevo idea di dove Carlisle potesse essere che Edward non aveva voluto dire ad alta voce. Non poteva quindi essere un turno all'ospedale; sperai soltanto che non stesse cercando di accompagnare clandestinamente un altro lotto di vampiri assassini sul territorio.
«Dobbiamo poter parlare tutti. Chi comincia?» Chiesi io, lasciandomi cadere sul divano bianco. Jacob si accoccolò ai miei piedi, mentre Aida occupò il resto del divano, poggiandomi le zampe in grembo.
I cinque vampiri mi guardarono come se parlassi una lingua sconosciuta.
A prendere la parola per primo fu il padrone di casa, dopo che tutti si furono accomodati in posti più o meno comodi della stanza: «Ascoltate» esordì. La voce di Edward aveva assunto un tono vellutato e persuasivo «In questo momento, la nostra famiglia ha pochi membri che possano accogliervi, ma vi assicuro che non è una mancanza di ospitalità. Siamo in momenti molto difficili. Abbiamo subito ben due perdite».
Carmen si portò una mano alla bocca, ma nessuno chiese chi fossero i cari scomparsi. Non ce ne fu bisogno.
«Mesi fa ormai è accaduto un unico avvenimento che ha messo tutta la nostra famiglia in pericolo. Ed anche la loro» ed indicò i due lupi con uno svolazzo breve della mano «Jasper era a caccia. Lo sapete, come vampiro più giovane della nostra famiglia aveva bisogno di sentire meno sete che poteva, così era più facile mantenere il controllo per lui: capitava spesso che conducesse delle brevi cacce solitarie. Si stava nutrendo di un orso quando ha sentito l'odore di un umano...»
«Mentre si stava nutrendo» Disse Tanya con orrore «L'umano è...»
«Fortunatamente, no» la interruppe Edward cupo «Jasper è stato molto forte. È riuscito persino a lasciare tutto e scappare via, così non ha aggredito l'umano e se ne sono andati entrambi illesi. Il problema è che non è riuscito a finire la sua preda. Era troppo annebbiato dalla sete e dall'angoscia per rendersi conto che aveva lasciato il lavoro incompiuto, ed era convintissimo di avere prosciugato fino alla morte quell'orso. Nessuno di noi si aspettava che sarebbe risorto dopo qualche giorno, ma così è stato...»
«Un animale vampiro?» fece Carmen, come se la sola idea fosse assurda
«Si. Un orso vampiro»
«Che mi ha quasi fracassata tutta, per inciso» aggiunsi io «E ha già iniziato a mietere vittime».





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