domenica 23 dicembre 2018

Sunset 89 - Sete di sangue



Arrivarono con grande sfarzo, non senza una certa bellezza.
Arrivarono in formazione rigida, solenne.
Si muovevano all'unisono, ma non era una marcia: affluirono con perfetta sincronia dagli alberi come ombre nate dal bosco, distaccandosi come gocce dalle figure scure dei tronchi e riconfluendo non appena gli era possibile, una sagoma scura e ininterrotta che sembrava sospesa di qualche centimetro sopra la neve bianca, tanto fluida era la sua avanzata.
Le ali esterne erano grigie: il colore dei loro abiti si scuriva a ogni fila di corpi, fino ad arrivare al cuore della formazione, che era del nero più intenso. Tutti i visi erano coperti da cappucci e in ombra e non si intravedeva nessun pezzo della loro pelle bianca e morta, come se non avessero avuto corpi umani. Il vago fruscio dei piedi era così regolare da sembrare una base musicale, un ritmo complicato che non mostrava mai esitazione e che si combinava col rimbombare ritmico del mio cuore che avevo in gola, il suono di un fenomeno naturale piuttosto che rumore di passi di quelle creature che parevano sospese sul terreno.
A un segnale che non notai – o forse non vi fu alcun segnale, ma solo millenni di esercizio – la struttura si allargò verso l'esterno. Il movimento era troppo rigido, troppo geometrico per ricordare qualcosa di organico come lo schiudersi di un fiore: fu come un ventaglio che si apriva, aggraziato ma molto spigoloso. Le figure con il mantello grigio si disposero sui fianchi, mentre quelle più scure avanzarono con precisione fino al centro, misurando al millimetro ogni movimento.
La loro avanzata era lenta ma decisa, senza fretta, senza tensione, senza ansia. Era l'andatura degli invitti.
Sentii gli sbuffi nervosi di Seth, che aveva iniziato a fare una serie di piccoli movimenti sul posto: troppa adrenalina in circolo per riuscire a stare davvero fermo.
Ciò che vedevo coincideva con i miei incubi, quelli che erano venuti a visitarmi sempre più spesso negli ultimi mesi. L'unica cosa che mancava era il desiderio perverso che avevo visto sui volti dei miei sogni, i sorrisi di vendetta compiaciuta. Fino ad allora, i Volturi erano stati spiriti senza volto, troppo disciplinati per tradire alcuna emozione.
Non diedero il minimo segno di sorpresa o di sgomento nel vedere il gruppo di vampiri che li aspettava: era come se se lo aspettassero, o come se fosse stato troppo infimo per intimidirli. Troppo disorganizzato e debole in confronto a loro. Non batterono ciglio nemmeno di fronte ai lupi giganti di cui sicuramente avevano già sentito parlare.
Non riuscii a trattenermi dal contarli, strizzando gli occhi per distinguere i bordi delle loro figure che sembravano mescolarsi. Erano trentadue.
Anche escludendo le due figure incerte e derelitte che stavano in fondo a tutto il gruppo, che pensai fossero le mogli di due dei fratelli di Volterra e la cui posizione protetta suggeriva che non sarebbero state coinvolte nell'attacco, eravamo comunque in svantaggio numerico.
«Arrivano le giubbe rosse, arrivano le giubbe rosse» Borbottò Garrett misteriosamente fra sé, come se stesse per mettersi a cantare, e poi ridacchiò. Fece un passo per avvicinarsi a Kate.
Guardai ad occhi sbarrati il dispiegamento di forze di fronte a me ed avvertii che il mio respiro stava iniziando ad accelerare. Chiusi gli occhi sprofondando nel buio, sforzandomi di fare respiri profondi, lottando contro me stessa. Ogni volta che deglutivo sentivo come se qualcuno mi stesse sfregando della sabbia sulle pareti interne della gola.
Accarezzai i bordi del mio scudo per assicurarmi di poterlo sentire ancora, e fui rassicurata nel sentirlo rispondere istantaneamente al mio tocco spirituale.
«Sono venuti, alla fine» Sussurrò una voce sibilante. Vladimir, che continuava a confabulare con Stefan.
«Le mogli» Gli risposi lui con un altro sibilo «Tutto il corpo di guardia. Tutti insieme. Meno male che ci siamo tenuti lontani da Volterra».
Come se il numero della loro schiera non fosse sufficiente, mentre i Volturi avanzavano lenti e maestosi, altri vampiri cominciarono ad entrare nella radura al loro seguito.
Erano diversi dai Volturi: disordinati, rumorosi, entrarono nella radura non come spiriti ma come uno sciamare di blatte ticchettanti alla ricerca di avanzi. I volti di quell'affluire apparentemente infinito di vampiri erano l'antitesi della disciplina asettica dei Volturi: vi si leggeva un caleidoscopio di emozioni con una facilità allarmante, che li faceva sembrare infantili per la chiarezza con cui erano espressi.
Inizialmente ci fu lo shock, e persino un po' di ansia, nel vedere quella forza inattesa che li aspettava. La preoccupazione passò presto: si sentivano sicuri del loro numero soverchiante, sicuri nella loro posizione dietro alla forza inarrestabile dei Volturi. I loro tratti tornarono ad esprimere una sorta di neutrale curiosità, come se fossero stati turisti al seguito di una guida un po' noiosa.
Da quei visi eloquenti era piuttosto felice capire la loro disposizione d'animo. Era una raccolta di gente infuriata, esaltata fino al parossismo e assetata di giustizia. Prima di leggere quei volti non avevo mai capito in pieno l'atteggiamento del mondo dei vampiri verso la giustizia impartita dai Volturi.
Era chiaro che quell'orda eterogenea e disorganizzata, composta da più di quaranta vampiri, fosse considerata dai Volturi l'equivalente dei nostri testimoni. Dopo la nostra morte, avrebbero sparso la voce che i criminali erano stati estirpati, che i Volturi si erano comportati nel modo più imparziale possibile.
La maggior parte dei vampiri, però, sembrava volere qualcosa di più: volevano partecipare a distruzione e roghi. La folla che insegue una bestia che non conosce sentendosi nel giusto nell'estirpare un male che avevano bisogno di vedere. E ovviamente, questo avrebbe consolidato l'autorità dei Volturi.
Non avevamo scampo. Anche se in qualche modo fossimo riusciti a neutralizzare i più pericolosi, i Volturi ci erano comunque superiori in numero. Anche se avessimo ucciso Demetri, nessuno di noi sarebbe stato in grado di fuggire.
Percepii che la stessa riflessione si faceva strada nelle persone intorno a me. L'aria, appesantita dalla disperazione che i Volturi generavano e di cui si nutrivano, mi spingeva giù con forza e la presa con cui cercavo di resistere era quantomeno scivolosa.
Tra le forze avversarie c'era la figura sottile di un piccolo vampiro dal capo coperto, di cui riuscivo a vedere soltanto un lampo di bianco fare capolino da sotto il cappuccio, che aveva un atteggiamento strano. Aveva rotto la formazione come se non la conoscesse, schierata in parallelo quasi a toccare le figure al centro esatto della guardia, eppure estranea sia al corpo di guardia che ai suoi capi.
Edward si guardava attorno con un che di disperato, come se stesse cercando qualcosa con gli occhi, una via di fuga forse. Poi proruppe in un nuovo ringhio basso, ma deciso.
«Alistair aveva ragione» Disse a Carlisle.
Guardai il dottore che fissava il figlio con aria interrogativa.
«Alistair aveva ragione?» Sussurrò Tanya, abbastanza forte perché potessi udirla anche io.
«Loro – Aro e Caius – sono venuti per distruggerci e assimilarci» rispose Edward, quasi in un sospiro perché solo quelli della nostra parte lo udissero. Io feci fatica, ma riuscii a capire quasi tutto. «Hanno già studiato buona parte delle strategie possibili. Si erano già impegnati a cercare un altro motivo per offendersi, se l'accusa di Rosalie si fosse dimostrata in qualche modo falsa. Ma ora ci vedono così numerosi per difenderci, vedono Seth, sono ottimisti sull'andamento della situazione. Potremmo comunque tentare di difenderci dalle altre accuse premeditate che ci rivolgeranno, ma devono prima fermarsi e ascoltare la verità». Pausa, e concluse con voce ancora più bassa: «E non hanno la minima intenzione di farlo».
Seth fece uno sbuffo strano, dal suono un po' strozzato.
Poi, inaspettatamente, due secondi dopo la processione si fermò. La musica bassa dei movimenti sincronizzati alla perfezione si mutò in silenzio. La disciplina impeccabile non venne meno: i Volturi si bloccarono nell'immobilità assoluta come un sol uomo.
Si trovavano ad un centinaio di metri da noi.
Ai lati, dietro di me, sentii avvicinarsi il battito di zampe sul terreno soffice. Mi arrischiai a guardare a sinistra e a destra con la coda dell'occhio e vidi cos'era stato a fermare l'avanzata dei Volturi.
I lupi si erano uniti a noi.
I ragazzi-lupo formavano lunghi bracci che delimitavano ciascun lato della nostra linea irregolare e alcuni si erano posti dietro me, Edward e Seth, rendendoci ancora meno vulnerabili ad attacchi improvvisi. Individuai immediatamente i colori familiari dei mantelli delle ragazze-lupo, poi quelli meno familiari, tranne il mantello rosso e folto di Jacob, dei ragazzi.
Il pelo di Sarah non era più stato lo stesso dopo che si era risvegliata. Gli anziani avevano detto che la forma in cui mutavano quando divenivano lupi era la vera forma della loro anima, e l'anima di Sarah non era rimasta la stessa. Il pelo era diventato più scuro, la V bianca sul petto si era allargata, ed erano apparsi delle strisce di pelo chiaro sopra le zampe come se avesse avuto degli anelli di contenimento a polsi e caviglie. Il cambiamento più vistoso era la mascherina bianca che si allungava su tutta la canna nasale, che ricordava la forma di un teschio umano.
Dedicai solo un secondo a notare il fatto che erano più di quindici e a distinguere i lupi che conoscevo da quelli che non avevo mai visto.
Ce n'erano più di una ventina distribuiti regolarmente intorno a noi; un totale di ventitré contando Seth. Dall'altezza e dalle zampe troppo grandi dei nuovi arrivi, traspariva con evidenza la loro età giovanissima.
Con tanti vampiri accampati nei paraggi, un'impennata della popolazione di licantropi era inevitabile.
Altri ragazzini che sarebbero morti. Mi chiesi perché Sam lo avesse permesso, ma poi capii che non aveva avuto altra scelta. Se uno qualunque dei lupi si fosse schierato con noi, era certo che i Volturi sarebbero andati a cercare anche gli altri. Avevano messo a rischio tutta la loro specie prendendo posizione.
E se avessimo perso...
Improvvisamente, mi ritrovai infuriata. Anzi, ben più che infuriata: ero in preda a una rabbia omicida.
La mia disperazione sconsolata era del tutto scomparsa. Non sapevo se era dovuto alla mia furia o ad un'aura che potevo percepire ora grazie al mio terzo occhio spalancato, ma un vago bagliore rossastro evidenziava le figure scure che mi erano di fronte e in quel momento provavo una violenza oscura che in un altro frangente mi avrebbe spaventata.
Non desideravo altro che strappargli le membra e ammucchiarle per poi appiccarvi il fuoco. Ero talmente infuriata che avrei potuto danzare intorno alla pira mentre bruciavano vivi: avrei riso davanti alle loro ceneri ardenti. Le labbra mi si tesero automaticamente all'indietro e un ringhio basso e feroce mi si fece strada nella gola, dalla bocca dello stomaco, come se fossi stata un animale selvatico.
Poco più avanti, Zafrina e Senna imitarono il mio ruggito soffocato, e Seth accanto a me iniziò a vibrare di energia.
I visi celati dei Volturi si sollevarono appena come ad un comando silenzioso, perfettamente sincronizzati, rivelando i loro visi pallidi. Tutti tranne la strana figura fuori dalla formazione, che si voltò verso i tre fratelli con un gesto vezzoso come per confidargli qualcosa, inclinando la testa con fare civettuolo.
Le figure al centro della formazione rivelarono per la prima volta i loro visi. Quello che attirò immediatamente la mia attenzione fu il fratello di mezzo, che ci guardava con un che di deliziato. Aveva capelli lunghi e corvini, che da quella distanza si confondevano facilmente con il cappuccio della tunica nera come pece che indossava.
Il suo viso era diverso dai volti che lo circondavano: non riuscivo a capire se fosse bello o no. I suoi lineamenti sembravano perfetti, con il naso lungo ed elegante e la bocca sottile che si curvava in un sorriso dolce, ma era diverso dagli altri vampiri quanto loro lo erano da me. La sua pelle bianca era quasi trasparente, come una buccia di cipolla, e come quella sembrava delicata e sottile, in contrasto con i lunghi capelli neri che gli incorniciavano il viso. Che schifo. Sentii lo strano e spaventoso desiderio di affondare le unghie nella sua guancia, per capire se fosse più morbida di quella di un vampiro comune o invece friabile come il gesso. Gli occhi erano rossi, uguali a quelli dei suoi sodali, ma con una sfumatura sfocata e lattiginosa: le porcherie di cui tanto avevano parlato i vampiri romeni. Chissà se la sua vista ne risentiva.
Dall'orlo delle sue maniche ampie uscivano dita affusolate ed eleganti, che erano in contatto con le mani di entrambi i suoi fratelli: doveva essere Aro, in grado di leggere nel pensiero degli altri attraverso il tocco fisico.
Gli altri due uomini in tonaca nera somigliavano entrambi ad Aro sia in volto che per corporatura ed altezza. Uno aveva persino gli stessi capelli fluenti e neri, sebbene avesse lineamenti più pronunciati e in qualche modo eleganti, ma la cui bellezza era sprecata in un'espressione smorta e priva di emozione. Marcus.
Caius portava una chioma bianca come la neve – la stessa sfumatura del volto dalla mascella quadrata – che gli sfiorava le spalle, e aveva mani più tozze. La pelle dei loro volti era identica, sottile come carta.
Il terzetto del quadro di Carlisle era al completo, identico a quando era stato ritratto, trecento anni prima.
Aro e Caius si erano fermati per studiare la situazione e tutto il corpo di guardia sostava insieme a loro, in attesa dell'ordine di uccidere. I due non si guardavano, sebbene i loro fossero le uniche due paia di occhi che tradivano una qualche emozione in confronto agli occhi morti del loro corpo di guardia, ma era comunque evidente che stavano comunicando in qualche modo. Marcus, anche se toccava l'altra mano di Aro, non sembrava assorto nella conversazione. L'espressione non era vacua come quella del corpo di guardia, ma quasi altrettanto vuota. Sembrava incredibilmente annoiato.
I corpi dei testimoni dei Volturi erano inclinati nella nostra direzione, gli sguardi furiosi fissi su Seth e i lupi dietro di noi, ma si erano fermati vicino al limitare della foresta, tenendosi alla larga dai soldati della guardia. La strana figura fuori posto aveva iniziato ad aggirarsi in movimenti casuali intorno ai tre fratelli, a pochi passi dalle donne anziane – entrambe dai capelli chiari, la pelle fragile e gli occhi velati – e dalle loro massicce guardie del corpo.
Nascosta da uno dei mantelli di un grigio più scuro, subito dietro ad Aro, c'era una donna. Non ero sicura da questa distanza, ma sembrava che gli stesse toccando la schiena. Era lei Renata, l'altro scudo?
Sembrava così fragile e nervosa che mi chiesi se con il mio accendino, io contro lei, sarebbe riuscita a respingermi. Ma non avrei sprecato la mia vita per arrivare a Caius e Aro. Avevo bersagli molto più importanti.
Esaminai le loro file per cercarli e scorsi con facilità i due minuscoli mantelli grigio scuro – della gradazione più scura prima di quella nerissima degli anziani – vicino al centro dello schieramento. Me li avevano solo descritti, ma era impossibile errarsi su chi potessero essere una volta che li avevo individuati.
Alec e Jane, che probabilmente erano i membri più minuti del corpo di guardia, erano al fianco di Marcus e dall'altro lato avevano Demetri.
Sulle prime ebbi un attimo di confusione su chi fosse Alec e chi Jane.
La figura a destra era minuta come Alice e portava i capelli corti, castano chiaro. Il corpo nascosto dalla mantella scura era snello, androgino, ma il viso, seppur giovanile e scolpito come quello di un giovane angelo rinascimentale, era troppo bello per potere appartenere ad un ragazzo molto giovane, con labbra piene e rosse ed occhi grandi, di un rosso opaco. Doveva avere sete. Accanto a lei c'era un ragazzo pallido praticamente identico alla ragazza, ma con capelli più scuri e con labbra meno pronunciate.
I visi adorabili indossavano espressioni dolci e vacue come belle maschere e non rivelavano nulla. “Gemelli stregati” li aveva chiamati Vladimir. Sui loro poteri si basava tutta l'offensiva dei Volturi. Erano i gioielli della collezione di Aro.
Flettei i muscoli come se fossi stata attraversata da una scarica elettrica e sentii una sorta di sapore amaro in bocca.
Gli occhi rossi screziati di Aro e Caius guizzarono tra le nostre file. Mi chiesi se si erano accorti che c'ero anche io, un'umana, tra quelle file, ma mi resi conto che probabilmente l'odore di sangue e il rumore di cuori e respiri dei licantropi mi proteggeva, rendendo meno ovvio il mio vulnerabile status di persona viva.
Aro ci perlustrò con lo sguardo i volti più e più volte, con le labbra strette. Immaginai che fosse deluso dall'assenza del potere più notevole del clan Cullen, quello su cui aveva da sempre immaginato di mettere le grinfie: Alice.
In quel momento ero solo grata del fatto che fosse fuggita.
Mentre la pausa si allungava, sentii il respiro di Edward che accelerava.
«Edward?» Chiese Carlisle, ansioso, a bassa voce.
«Mi sembrava di aver sentito...! Non la trovo...! È impossibile. Eppure...» Il vampiro dai capelli bronzei brontolò frasi spezzate, prima di riprendere il controllo: «Non sanno bene come procedere. Stanno soppesando le possibilità, scegliendo gli obiettivi più importanti: me, naturalmente, te, Eleazar, Tanya. Marcus decifra la forza nei legami che ci uniscono, in cerca di punti deboli». Ah, e così Marcus era un esperto d'amore. Si erano scordati di menzionarmelo. «La presenza dei rumeni li irrita. Sono preoccupati per i visi che non riconoscono, Zafrina e Senna in particolare, e naturalmente i lupi. È la prima volta che vengono messi in minoranza. È stato questo a fermarli».
Tanya fece eco ai miei pensieri, sussurrando incredula: «In minoranza?»
«Per loro i testimoni non contano» bisbigliò Edward «Sono nullità, così come il corpo di guardia. È solo che ad Aro piace avere pubblico».
Come sarebbe a dire “così come il loro corpo di guardia”? Ma non avevano passato gli ultimi mesi a dirmi quanto terrificante fosse il corpo di guardia dei Volturi, quanto potente e invincibile fosse? Evidentemente la tensione stava mandando il cervello di Edward in pappa... e il peggio era che potevo pure capirla, una cosa del genere.
«Devo parlare?» chiese Carlisle.
Edward esitò, poi annuì. «Non credo che avrai altre occasioni».
Carlisle drizzò le spalle, come per farsi forza da solo, e a passi lenti avanzò oltre la nostra linea di difesa. La sua stessa natura lo rendeva forte, immortale, spaventosamente resistente: una macchina di morte finemente programmata.
Eppure era terribile vederlo solo ed inerme sulla distesa bianca, con il corpo di guardia proteso verso di noi. Come vedere un cucciolo di coniglio, tenero e tremante, avanzare verso un branco di cani selvatici affamati e anticipare il momento esatto in cui si sarebbero mossi per straziarlo.
Allargò le braccia, con i palmi rivolti verso l'alto in segno di saluto. «Aro, amico mio. Sono secoli che non ci vediamo» Disse, modulando il suo tono in un misto di rispetto e dolcezza.
Per un lungo attimo, nella radura imbiancata scese un silenzio di tomba. Vidi Edward irrigidirsi mentre ascoltava Aro che valutava le parole di Carlisle. Sentivo la tensione aumentare silenziosamente ad ogni secondo nel corpo di guardia e tra le nostre file, rendendo l'aria elettrica.
Aro uscì dal centro della formazione dei Volturi. Renata, lo scudo, si mosse con lui come se avesse le punte delle dita cucite al suo mantello. Per la prima volta le schiere dei Volturi reagirono: le loro file furono percorse da un brontolio sommesso, le sopracciglia si aggrottarono, le labbra si arricciarono a scoprire i denti. Alcuni del corpo di guardia si sporsero in avanti, accucciati.
Una salva di ringhi di avvertimento partì dai lupi, scatenata incredibilmente da Seth, propagandosi poi sino ai vampiri.
Aro alzò una mano verso i suoi: «Veniamo in pace».
Fece qualche altro passo, andando incontro al suo vecchio amico con il suo stesso ritmo come un uomo che cammini verso il proprio riflesso in uno specchio, poi si fermò ed inclinò la testa da un lato; Carlisle fece altrettanto. Gli occhi velati di Aro erano pervasi di curiosità.
«Parole giuste, Carlisle» Disse con voce esile e sottile, un'esalazione dolce che non mi sarei aspettata. Mi diede l'impressione di essere in linea con il suo carattere tutto curiosità e vezzi, ma allo stesso tempo mi sarei aspettata qualcos'altro. «Sembrano fuori posto, visto l'esercito che hai radunato per uccidere me e i miei cari».
COSA? Che strategia era fare il finto tonto? Erano loro che erano venuti a uccidere noi, con tutto il corpo di guardia e le mogli brutte e derelitte e trecento vampiri testimoni incavolati! Quelli volevano solo il nostro sangue, letteralmente, e ora che ci vedevano in tanti e arrabbiati il loro capo faceva finta che noi fossimo quelli che avevano radunato un esercito per ammazzare lui e i suoi cari? E poi, i suoi cari? Ma non erano nullità per loro? Bah.
Carlisle scosse la testa e gli offrì la mano, come se non ci fossero ancora un centinaio di metri a dividerli.
«Basta che mi tocchi la mano per capire che non ho mai avuto quell'intenzione».
Ecco, e così la recitina da vittima di quel coso polveroso sarebbe stata smascherata! Ma gli occhi scaltri di Aro si strinsero in una fessura.
«Ma come può avere qualche importanza la tua intenzione, caro Carlisle, di fronte a ciò che hai fatto?».
Fece una smorfia e un'ombra di tristezza gli attraversò il viso, ma non avrei saputo dire se era sincera.
«Non ho commesso il crimine per il quale sei venuto a punirmi»
«Allora fatti da parte e fammi punire chi né responsabile. Sul serio, Carlisle, nulla mi farebbe più piacere che risparmiarti la vita, oggi»
«Nessuno ha infranto la legge, Aro. Lasciami spiegare» e Carlisle gli porse di nuovo la mano.
Prima che Aro riuscisse a rispondere, Caius arrivò veloce al suo fianco.
«Quante regole inutili, quante leggi superflue ti crei, Carlisle» Sibilò il vampiro canuto «Come è possibile che difendi la violazione dell'unica che conta davvero?»
«La legge non è stata violata. Se solo mi ascoltassi...»
«Vediamo i lupi, Carlisle» rispose Caius con un ringhio «Non prenderci per stupidi. Sappiamo bene entrambi che quelli non sono minimamente in grado di mantenere il segreto sulla nostra esistenza»
«Loro non sono affatto come pensi. Non sono incontrollabili, vogliono mantenere il segreto tanto quanto noi. Te lo posso dimostrare facilmente in pochi attimi di...».
Caius lo interruppe
«Se non sono un pericolo per noi, allora perché avete raggruppato un battaglione per proteggerli
«Sono testimoni, Caius, proprio come quelli che avete portato voi». Carlisle accennò all'orda furiosa appostata al limitare del bosco. Alcuni di loro ringhiarono in tutta risposta. «Uno qualsiasi di questi amici che abbiamo portato può dirti la verità, sui lupi di La Push. Oppure puoi guardarli con i tuoi occhi, Caius. Puoi parlare con quelli di loro che saranno disposti ad assumere forma umana...»
«È un espediente!» Gridò Caius in tono aspro «Dov'è l'informatrice? Portatela qui!».
Scrutò con impazienza fra i vampiri del nostro gruppo finché non vide Rosalie «Tu! Vieni!».
Rosalie lo fissò sconcertata, con l'aria di qualcuno che si è appena svegliato da un incubo funesto e si è accorto che c'è qualcosa di peggio a giganteggiare sulla sua testa, ma iniziò ad avanzare lentamente lasciandosi dietro due file di impronte sulla neve. Caius schioccò le dita con impazienza quando Rosalie fu a metà della distanza che li separava, chiaramente infastidito dalla sua lentezza. Una delle enormi guardie del corpo delle mogli percorse una dozzina di metri in un batter d'occhio e la spinse rozzamente sulla schiena, costringendola ad aumentare la sua andatura fino a portarla a quattro metri dal terzetto dei Volturi.
Caius le si avvicinò e con uno schiaffo la colpì in pieno viso. Edward, accanto a me, ringhiò e si morse le labbra.
Era impossibile che il vecchio vampiro avesse fatto male a Rosalie, ma in quell'azione c'era qualcosa di davvero umiliante. Era come guardare qualcuno che prendeva a calci un cane... con la differenza che, in effetti, Rosalie se lo meritava alla grande. Tanya e Kate sibilarono all'unisono.
Il corpo di Rosalie si irrigidì e infine fissò lo sguardo su Caius, il cui dito rapace indicò i licantropi i quali stavano in piedi, perfettamente controllati, accanto ai vampiri. Dentro il mio sguardo furioso, Caius divenne inspiegabilmente tutto rosso. Nel petto di Jacob tuonò un ruggito.
«Sono quelli i licantropi che hanno ucciso Emmett?» Chiese perentorio Caius «Quelli che, evidentemente, erano incontrollabili figli della luna?».
Rosalie guardò il branco. Se avesse dato ragione ai Volturi ci sarebbe stata una battaglia, se avesse ammesso il suo errore, forse, la sua famiglia si sarebbe salvata...
«Ebbene?» Chiese Caius, con acredine
«Io... non ne sono più sicura» disse Rosalie, in tono perplesso.
Caius ebbe uno spasmo a una mano, come se volesse schiaffeggiarla di nuovo. «Cosa vuoi dire?» Le chiese, inflessibile.
«Non sono uguali. Non credo che siano gli stessi licantropi. Questi sono più grandi di quelli che ho visto ma...».
Il rantolo furioso di Caius crepitò fra i suoi denti improvvisamente scoperti e Rosalie si interruppe senza finire. Provai un moto di ammirazione per lei: aveva un coraggio immenso a mentire così per proteggere la sua famiglia. Sapeva che era stata lei a metterci tutti nei guai, ma stava provando a rimediare come poteva.
Aro svolazzò al fianco di Caius e gli posò una mano sulla spalla per bloccarlo
«Stai calmo, fratello. Abbiamo tutto il tempo di risolvere la questione, non c'è fretta».
Certo che non c'era fretta, quando erano immortali che potevano rimanere a digiuno per una settimana senza danni. Io, da umana, avevo fretta eccome di tornare a casa, perché in mezzo alla neve si congelava e io iniziavo già ad avere una fame nervosa.
Con un'espressione astiosa, Caius voltò le spalle a Rosalie.
«Dunque, tesoruccio» Disse Aro con un mormorio caldo e insinuante «Mostrami quello che stai provando a dirci». Porse la mano alla vampira sconcertata.
Rosalie gliela prese, esitante. Sarebbe riuscita a mantenere il suo bluff anche facendosi leggere nel pensiero? Credo proprio di no. Ma sarebbe riuscito Aro a capire che effettivamente non c'era alcuna prova che fossero stati loro a uccidere Emmett? Forse. Ma credevo anche che questo non lo avrebbe fermato.
Lui le tenne la mano per soli cinque secondi.
«Vedi, Caius? È un modo semplice per ottenere quello di cui abbiamo bisogno».
Caius non gli rispose. Con la coda dell'occhio, Aro lanciò un'occhiata fugace al suo pubblico, la sua orda, poi tornò a rivolgersi a Carlisle.
«E così, a quanto pare, dovremo farci carico di un mistero. Si direbbe che l'orso vampiro di cui ci ha parlato non fosse poi questa grande minaccia, visto che è stato annientato senza il nostro aiuto, e i lupi non sono quello che credevamo che siano. Eppure il primo ricordo di Rosalie era proprio quello di un branco di licantropi che hanno attaccato la vostra famiglia. Curioso»
«È proprio quello che sto cercando di spiegare» Disse Carlisle e dal tono mutato della sua voce intuii quanto si sentisse sollevato. Questa era l'esitazione su cui avevamo riposto tutte le nostre deboli speranze.
Io non provai alcun sollievo. Aspettai, resa quasi insensibile dalla rabbia, di vedere come i Volturi avrebbero aggirato ogni nostro tentativo di instaurare una pace e ci avrebbero attaccati comunque.
Carlisle porse di nuovo la mano.
Aro esitò per un attimo
«Preferire avere una spiegazione da una persona più coinvolta nella storia, amico mio. Mi sbaglio a pensare che questa infrazione non è stata opera tua?»
«Non c'è stata alcuna infrazione»
«Sia come sia, io voglio conoscere ogni sfaccettatura della realtà» la voce morbida di Aro si indurì «E un'infrazione c'è stata. Perché, come ho visto nella mente della nostra cara Rosalie» e la indicò con un gesto «Fra di voi c'è una mortale che sa di noi. Una mortale che in questo momento mi sta guardando in faccia» il suo tono si alzava ad ogni parola «Una mortale che vive fra il mondo dei vampiri e quello dei lupi e a cui per qualche motivo è stato concesso di vedere tutti noi e di rimanere mortale».
Non provai paura. Non tremai. Strinsi i denti e alzai il mento: sapevo che avrebbero trovato un'altra scusa per attaccare e non ero sorpresa più di tanto nell'apprendere che quella scusa ero io.
Aro inclinò il capo in direzione di Edward
«Dato che sta così vicino a lei, immagino proprio che lui sia coinvolto».
Era ovvio che volesse Edward. Una volta che fosse riuscito a leggergli nella mente, avrebbe conosciuto tutti i pensieri del gruppo. Tranne i miei.
Edward si girò per cercare di darmi un rapido bacio sulla fronte, ma io gli infilai un pollice in un occhio, con rabbia, e lui si allontanò per attraversare a grandi passi il prato innevato, dando una pacca sulla spalla a Carlisle quando gli arrivò di fianco. Sentii un debole lamento: era il terrore di Esme che faceva breccia.
L'alone rosso che vedevo attorno all'esercito dei Volturi era più acceso di prima. Vidi Jane sorridere spudoratamente, mentre Edward oltrepassava la metà della distanza che ci divideva, trovandosi così più vicino a loro che a noi.
Edward alzò il mento con arroganza e porse la mano ad Aro, come se gli stesse concedendo un grande onore. Se fossi stata in Aro gli avrei dato uno schiaffo sui denti (“Così ci si comporta con i nobili, ragazzino spettinato?”), ma lui parve divertito dalla sua grinta anche se ciò non valeva per tutti. Renata svolazzava nervosa all'ombra di Caius. E il cipiglio di Caius era talmente profondo da far sembrare la piega una ruga definitiva sulla pelle traslucida come pergamena. La piccola Jane mostrava i denti e al suo fianco Alec stringeva gli occhi per la concentrazione. Immagino che fosse preparato, come me, ad agire in capo a un secondo.
Aro coprì la distanza senza pause: dopotutto, cosa aveva da temere? Le sagome massicce con i mantelli di un grigio più chiaro, i combattenti muscolosi come Felix, erano a pochi metri di distanza. Jane il suo dono incandescente avrebbero potuto scagliare a terra Edward, lasciandolo a terra in preda a spasmi di sofferenza. Alec poteva accecarlo e assordarlo prima ancora che facesse un passo in direzione di Aro. Nessuno sapeva che io, solo io, avevo la forza per fermarli, nemmeno Edward.
Aro, con un sorriso imperturbabile, presa la mano di Capelli-pazzi. Chiuse gli occhi immediatamente, poi curvò le spalle sotto il peso di tante informazioni. Edward era un tipo che parlava molto e se era così prolisso a voce, non potevo neanche immaginare quanti dialoghi si facesse da solo dentro la sua mente: quasi ebbi pietà di Aro. Quasi. Tutti i pensieri segreti, tutte le strategie, tutte le intuizioni, tutto ciò che Edward aveva sentito nelle menti che aveva avuto intorno durante l'ultimo mese, ora appartenevano ad Aro.
«Tranquilla, Bella» Mi sussurrò Zafrina
«Non mi chiamo Bella e non sto tranquilla solo perché me lo dici tu» risposi io, con una calma glaciale.
A pensarci bene, in questo momento Aro e Edward si stavano leggendo nel pensiero a vicenda... era buffo. Anche Capelli-pazzi chinò il capo, i muscoli del collo contratti mentre rileggeva tutto quello che Aro gli aveva sottratto e la reazione che provocava in lui. Questa conversazione bidirezionale continuò abbastanza a lungo da far spazientire il corpo di guardia. Fra le file serpeggiarono mormorii a bassa voce, finché Caius non abbaiò l'ordine di restare in silenzio. Jane si sporgeva in avanti come se non riuscisse a trattenersi e Renata aveva il viso rigido per la preoccupazione. Per un attimo, esaminai il suo scudo potente, che sembrava debole e spaventato: anche se era utile ad Aro, capivo che non era una guerriera. Il suo compito non era combattere, ma proteggere. Non aveva sete di sangue. Io, invece, ero una palla di ferocia mezza congelata e pronta solo a fare qualcosa di estremo per far saltare in aria quei cosi snob e se lo scontro fosse stato solo fra lei e me, in qualche modo, la avrei annientata.
Aro si raddrizzò e aprì gli occhi in preda a un'espressione sbigottita e sospettosa. Non lasciò la mano ad Edward, che però allentò i muscoli.
«Vedi?» Disse Capelli-pazzi con un tono calmo nella voce vellutata
«Certo che vedo» concordò Aro e, sorprendentemente, il suo tono era quasi divertito «Mi chiedo se un'altra coppia di divinità o di mortali abbia mai visto con tanta chiarezza».
I volti disciplinati del corpo di guardia mostravano la stessa incredulità che, per un istante, provai anch'io.
«Mi hai dato molti elementi su cui riflettere, giovane amico» Aro continuò «Molti di più di quanti me ne aspettassi».
Non lasciava ancora andare la mano ad Edward, che aveva l'atteggiamento di una persona tesa in ascolto e non gli rispose.
«Posso conoscerla?» Chiese Aro, improvvisamente interessato e quasi supplice «Per tutti i secoli in cui ho vissuto, non ho mai nemmeno immaginato che potesse esistere una cosa del genere. Che splendida aggiunta ai nostri annali!».
Ma stava parlando di me? Stava davvero parlando di me? Cosa avevo di tanto speciale da suscitare l'ammirazione di un vampiro pluricentenario che può leggere nel pensiero delle persone?
«Che storia è mai questa, Aro?» Chiese aspro Caius. Infatti.
«Qualcosa che non ti sognavi nemmeno, mio pratico amico. Prenditi un attimo per valutarla, perché la giustizia che intendevamo ristabilire non è mai stata infranta».
A quelle parole, Caius sibilò sorpreso.
«Pace, fratello» Lo mise in guardia Aro con tono conciliante.
Doveva essere una buona notizia: quelle erano le parole in cui tutti speravamo, la tregua che non avremmo mai immaginato possibile. Aro aveva ascoltato la verità. Aro aveva ammesso che la legge non era stata infranta.
Ma io avevo gli occhi fissi sulla schiena di Edward e vidi che contraeva i muscoli della schiena. Mi ricordai dell'indicazione che Aro aveva dato a Caius, valutare, e capii il doppio senso.
«Mi presenti Belarda?» Chiese di nuovo Aro a Edward. Oh no. Oh nonononono.
Caius non fu l'unico seccato da questo nuovo capriccio.
Edward annuì, riluttante. Aro gli teneva ancora stretta la mano (sembravano due fidanzatini stranissimi) e rispose a una domanda che nessuno di noi aveva sentito.
«Credo che sia accettabile un compromesso su questo punto, viste le circostanze. Incontriamoci a metà strada».
Gli lasciò andare la mano. Edward si voltò verso di noi e Aro lo seguì cingendogli con naturalezza una spalla, come fossero due amiconi (o i fidanzatini stranissimi di prima), ma in modo da non perdere il contatto. Si diressero verso di noi.
Tutto il corpo di guardia si mise in marcia dietro di loro. Aro alzò una mano con aria noncurante, senza guardarli.
«Fermi, miei cari. Davvero, non ci faranno del male se siamo pacifici».
Il corpo di guardia ebbe una reazione molto più schietta di prima, con ringhi e fischi di protesta, ma restò al suo posto. Renata, aggrappata sempre più vicina ad Aro, gemette per l'ansia.
Fanboy iperprotettivi. Cosa temevano che potessi fargli, io da sola? Certo, avrei potuto dargli fuoco, ma non sarei stata così stupida da far partire lo scontro e farmi ammazzare in modo così sciocco. Era ancora parte della recita per farci sembrare i cattivoni che volevano fare del male ai giusti Volturi, o erano davvero tutti tanto terrorizzati all'idea che una brezza di vento più irruenta delle altre avrebbe potuto dissolvere il loro leader?
«Signore» Sussurrò la fragile Renata, servile
«Non agitarti, tesoro» rispose lui «Va tutto bene».
«Forse è meglio che porti con te alcuni membri della guardia» Suggerì Edward inespressivo «Li farà sentire più a loro agio».
Aro annuì, come se fosse una saggia osservazione cui avrebbe dovuto pensare lui per primo. Schioccò due volte le dita. «Felix, Demetri» Chiamò.
I due vampiri lo affiancarono subito. Erano entrambi alti, con i capelli scuri. Demetri era spigoloso e sottile come la lama di una spada, Felix imponente e minaccioso come una mazza ferrata. Un'altra cosa che avevano in comune, in effetti, era il ricordarmi spudoratamente due armi. Forse era anche per il contesto.
I cinque si fermarono al centro della radura innevata.
«Bella» Esclamò Edward «Unisciti a noi... con qualche amico».
Respirai a fondo. Il mio corpo si era irrigidito in una posizione di rifiuto. L'idea di mettermi al centro del conflitto andava a distruggere in pezzettini la strategia per cui avrei dovuto difendere le nostre file da un posto sicuro, senza essere espormi direttamente ai Volturi. D'altronde forse era stata una strategia ingenua, e non potevamo permetterci di contrariare Aro. Se il vampiro anziano a quel punto avesse avuto in programma di comportarsi in modo sleale (più del solito, ehm), Edward avrebbe potuto leggerglielo nel pensiero e aiutarmi.
Aro aveva tre protettori dalla sua parte in quell'incontro, quindi io ne avrei portati due con me. Mi bastò un secondo per decidere.
«Jacob? Garrett?» Chiesi piano. Garrett perché, nonostante non fossimo proprio migliori amici per sempre, moriva dalla voglia di buttarsi nelle fauci del pericolo e dimostrare di poterne uscire indenne. Chiedergli di proteggermi dai Volturi sarebbe stato esattamente il tipo di sfida in cui si sarebbe buttato a pesce. Jacob, perché lo conoscevo, mi fidavo di lui, e non avrebbe sopportato di restare al suo posto lontano da noi.
Seth non sembrava compiaciuto della mia scelta, ma non lo avrei avvicinato alle file nemiche se avessi potuto evitarlo. Entrambe le mie scelte annuirono. Garrett ghignò: ci avevo visto giusto.
Attraversai il campo con loro al mio fianco. Mi sforzai di tenere alta la testa, di camminare con sicurezza. Udii un borbottio del corpo di guardia quando videro che mi avvicinavo: ero io, un'umana che aveva l'ardire di presentarsi contro i Volturi, accompagnata da un licantropo di cui chiaramente non si fidavano, che temevano. Aro sollevò una mano, liquidando di nuovo la protesta con un gesto.
«Hai proprio delle compagnie interessanti» Disse Demetri a Edward.
Edward non rispose, ma dai denti di Jacob sfuggì un basso ringhio.
Ci fermammo a qualche metro di distanza da Aro. Edward si sottrasse all'abbraccio di quest'ultimo e si unì rapido a noi, prendendomi per mano.
Cercai di liberarmi con uno strattone, indignata, ma non ero abbastanza forte per sottrarmi. Per un attimo ci guardammo in silenzio: lui senza battere le palpebre e io cercando di incenerirlo con lo sguardo. Era gelato! Sentivo che si stava risucchiando allegramente il poco calore che il mio povero palmo era riuscito a racimolare, facendo diventare in breve le mie dita dei simpatici (scherzo, erano antipatici) ghiaccioli.
Era controproducente litigare davanti al nemico perciò smisi di lottare, ma mi augurai per lui che servisse a qualche strategia che potesse avvantaggiarci con i Volturi. Magari Aro andava pazzo per le coccole ed Edward voleva intenerirlo. Poteva essere.
L'uomo-mazza ferrata mi salutò a bassa voce.
«Buongiorno, signorina». Rise impudente, senza smettere di controllare ogni movimento di Jacob con la coda dell'occhio. Aveva una voce abbastanza profonda, sebbene di una qualità pulita e gradevole.
Feci un sorrisetto sardonico all'enorme vampiro. «Proprio un bel giorno. Ciao».
Ridacchiò. «Hai fegato»
«Grazie mille»
«Prego. Peccato che...».
Interruppe il commento a metà, ma non mi serviva il dono di Edward per immaginarmi la fine. Peccato che fra un secondo ti uccideremo. Oppure peccato che tu sia un'umana, che in effetti non aveva un effetto così diverso
«Eh si, è proprio un gran peccato» Mormorai.
Felix mi fece l'occhiolino – che non ricambiai – mentre Demetri rimase in silenzio a guardarmi con una sorta di educata curiosità.
Aro non prestò alcuna attenzione al nostro scambio. Teneva la testa inclinata da una parte, affascinato, guardandomi con occhi annebbiati. «Sento battere il suo strano cuoricino» Disse con accento quasi musicale. Ah, con questi cuori, lui e Garrett! Ma in che modo era strano il mio povero cuoricino? Avevo qualche malattia cardiaca di cui non ero a conoscenza? Sperai di no. Lui proseguì: «Mi arriva il suo strano profumo. In verità, giovane Bella, sono impressionato che tu sia qui oggi. Guardate fratelli! È viva! Non è meraviglioso?» chiese, voltandosi verso gli altri due.
Nessuno dei due aveva l'aria di considerare la situazione meravigliosa. L'uomo con i capelli scuri sembrava palesemente annoiato, come se sopportasse l'entusiasmo di Aro da troppi millenni. L'espressione dell'altro, seminascosta dai capelli bianchi, era scocciata.
L'assenza di interesse non scalfì la gioia di Aro. «Stupefacente» Disse «Davvero stupefacente. Ancora faccio fatica a crederci».
Marcus aveva gli occhi fissi su di me, me ne accorsi solo in quel momento. Il suo sguardo non era mutato, aveva ancora il viso smorto di una persona che non si faceva impressionare da niente, però la fissità del suo sguardo compensava ampiamente la mancanza di intensità.
«Come fai a starle così vicino?» Chiese Aro a Capelli-pazzi, con lo sguardo di un micetto a cui mettono una lucertola tra le zampe.
«Mi costa un certo sforzo» Rispose calmo Edward
«Eppure... è la tua cantante! Che spreco!».
Edward soffocò un ghigno mentre io uno sbuffo, senza un'ombra di buonumore. «Per me è il prezzo da pagare» Disse.
Aro sembrava scettico «Un prezzo molto alto»
«Ma equo».
Aro rise. «Se non avessi sentito il suo odore nei tuoi ricordi, non avrei mai potuto credere che il richiamo del sangue potesse essere tanto forte. Nemmeno io ho mai provato nulla di simile. La maggior parte di noi darebbe qualsiasi cosa per un dono come questo, eppure tu...».
Mi schiarii la gola, approfittando di una pausa in cui cercava le parole giuste, in preda all'eccitazione. Ero furiosa, irritata, infreddolita, ma quando parlai mi sorpresi con la fredda cortesia che risuonava nelle mie parole, quasi dolci:
«Signor Aro, io sarei qui, mentre parlate di mangiarmi. E gradirei non essere mangiata, perciò non incoraggi il signorino Cullen qui».
Aro fece battere insieme le mani sottili e mi guardò lucido e con entusiasmo, come se avessi fatto qualcosa di assolutamente adorabile. Dovevo ammettere che c'era un che di inquietante nel sentire finalmente tutta la sua attenzione su di me, come un peso fisico sulle spalle. «Posso?» Chiese impaziente, alzando una mano.
«Prego?» Chiesi, aggrottando le sopracciglia
«Ma certo, che maleducato!» esclamò Aro «Belarda, mi affascina il fatto che tu sia l'unica eccezione al talento straordinario di Edward... è un avvenimento unico e interessante! E mi chiedevo, visto che i nostri poteri si somigliano molto, se potessi essere tanto gentile da farmi provare per capire se anche per me costituiresti un'eccezione».
Lanciai ad Edward un'occhiata, per valutare le sue espressioni. Lui gli leggeva nel pensiero, avrebbe saputo se era sicuro, no? Malgrado il suo atteggiamento di palese cortesia, non ero sicura se Aro attendesse davvero una risposta. Temevo di toccarlo, eppure mi sentivo stranamente attratta dalla possibilità di sfiorare la sua pelle strana.
Edward mi fece un cenno di incoraggiamento, forse perché era certo che Aro non mi avrebbe fatto del male, oppure perché non avevo scelta.
Mi avvicinai ad Aro e alzai la mano lentamente di fronte a me. Lo sguardo nei miei occhi, ne ero certa, era determinazione di acciaio puro. Le mie dita tremavano, ma era parzialmente imputabile al freddo. Il resto era rabbia, irritazione e istinti omicidi.
Lui mi si fece accanto con un'espressione che voleva essere rassicurante, ma i suoi lineamenti fragili da vicino erano troppo strani – era lui quello col cuoricino e il profumo strani, altroché – per poter avere il potere di tranquillizzarmi. Lo sguardo nei suoi occhi era molto più sicuro di sé rispetto alle sue parole.
Allungò una mano e mi sfiorò. La peculiarità della consistenza della sua pelle non mi lasciò delusa: era dura, ma anche friabile – più che al granito, somigliava all'argilla – e molto più fredda di quanto aspettassi. Mi stavo congelando e avevo una vaga voglia di sbottare una sfilza di cose che avrebbe fatto arrossire una persona per bene, anche solo per sfogarmi.
Mi fissò con i suoi occhi sbiaditi e fu impossibile guardare altrove, così lo fissai negli occhi. Erano ipnotici, inquietanti.
Mi aspettai di sentire qualcosa, un tocco gelido che cercava di esplorare la mia mente o una sensazione fantasma, ma la verità era che non avvertii niente di niente.
L'espressione di Aro cambiò poco a poco. La fiducia cedette il passo prima al dubbio, poi all'incredulità e infine ricomparve la maschera amichevole.
«Davvero interessante» Disse, lasciandomi la mano. Fu lui ad allontanarsi; io rimasi ferma dov'ero, dritta e rigida. Lanciai un'occhiata a Edward che, malgrado l'espressione impassibile, sembrava compiaciuto.
Aro meditava pensieroso. Per un istante rimase in silenzio, mentre ci osservava. All'improvviso, scosse il capo.
«Non è mai accaduto» Disse tra sé «Che sia immune a tutti i nostri poteri? Jane... cara?».
«No!» Ringhiò Edward. Carlisle lo trattenne da un braccio, ma lui lo scrollò via. La piccola Jane sorrise allegra, allungando il collo per potersi far vedere con chiarezza dal suo capo. «Si, signore?».
Edward non smetteva di ringhiare, vibrava di quel suono profondo, e inchiodava Aro con uno sguardo sinistro. Non potevo credere che Aro sopportasse tanto, ma da un certo punto di vista mi dava la sicurezza che, finché fossi stata rispettosa, avrei potuto parlare liberamente. Non mi illudevo di avere la stessa libertà di esprimermi di un vampiro in quel frangente, ma le parole erano potere.
Era ovvio che Aro stesse cercando di provocare Edward ad attaccarli pur di proteggermi: sarebbe stato il pretesto perfetto per iniziare la battaglia. I brutti Cullen cattivoni ci hanno attaccato! E loro erano stati tanto gentili e cari, si erano solo difesi.
«Vuole chiedere a Jane di usare il suo potere su di me, signor Aro?» Chiesi, impassibile. Aro mi guardò di sottecchi.
Jane, sorridente, si voltò verso di me.
«Credo, signor Aro, che lei abbia un'idea abbastanza chiara di dove possano arrivare i miei poteri, dato che ha appena avuto tutte le informazioni necessarie dalla mente di Edward. E che stia agendo per pura curiosità, ma... non solo» Socchiusi gli occhi. Non potevo accusarlo apertamente, ma Aro sembrò recepire il messaggio e il suo sorriso si congelò per un attimo prima di allargarsi «Perciò, signore, le do il mio permesso di farle usare il potere di Jane su di me a patto che dopo mi consenta di tornare accanto ai lupi. Il loro calore mi protegge, mentre qui soffro il freddo».
Gli occhi di Aro lampeggiarono. Era incuriosito da quella situazione.
«Ma certamente, Bella» Concesse con voce flautata, e non lo contraddissi sul mio nome. Aro fece un gesto delicato con le dita verso Jane, uno svolazzo come se stesse scacciando un insetto.
Jane sorrise, ferina, e mi fissò.
Speravo di avere avuto ragione, ma se il bersaglio ero solo io... era il momento perfetto per testare se il mio scudo avrebbe potuto difenderci tutti dai gemelli stregati. Anch'io guardai Jane, che non sorrideva più. Mi osservava torva e si concentrava serrando le mascelle.
Restai contratta, in attesa del dolore.
Ma non accadde nulla.
Aro scoppiò a ridere, apparentemente sincero «Ah, ah ah ah, è meraviglioso!».
Era pazzo.
Jane sbuffò, frustrata, chinandosi in avanti per attaccare.
«Non essere dispiaciuta, cara» Disse Aro per confortarla «Siamo tutti in difficoltà». Jane continuò a fissarmi mostrando i denti superiori (tipo coniglio, ma più brutto) mentre io non risposi alla sua minaccia né arretrando né mostrandomi arrabbiata, cosa che sembrò indispettirla ancora di più. Aro continuava a ridere, ammirato; smise gradualmente, concludendo con un piccolo sospiro.
«Posso tornare tra i lupi come mi aveva garantito, signor Aro?» Domandai, cercando di sembrare rispettosa
«Ovviamente, dolce Belarda. Ma prima... mi piacerebbe farti un paio di domande. In effetti, una domanda in particolare. Forse sei interessata ad unirti a noi?».
Sentii il sibilo di Edward, cupo, nelle orecchie. Che cavolo ci faceva così vicino? Nonostante avessi un vampiro spettinato praticamente attaccato al lobo sinistro, restai a fissare Aro senza parole.
Come potevo rifiutare un'offerta del genere senza scatenare conseguenze terribili per tutti? Ma non potevo accettare. Assolutamente no.
Fu Caius a spezzare il silenzio, facendosi avanti in uno svolazzare del mantello nero.
«Che cosa?!» Chiese ad Aro. La sua voce era poco più di un sussurro: sembrava che si stesse sforzando di non avere alcuna inflessione, con scarsi risultati.
«Caius, non dirmi che non ne vedi le potenzialità» Lo apostrofò affettuoso Aro «Non incontro talenti così promettenti da quando abbiamo trovato Alec e Jane. Ti rendi conto di quali possibilità avrebbe, se si trasformasse in una di noi?».
Avrei voluto dire qualcosa, ma temevo di spezzare la facciata di cortesia che in qualche modo mi proteggeva, se mi fossi intromessa in un discorso tra i due anziani.
Caius abbassò lo sguardo, seccato. Gli occhi di Jane si accesero di indignazione per il confronto.
Edward, accanto a me, ribolliva di rabbia, così come Jake. Sentivo che Edward era nuovamente pronto a ringhiare, ma non potevo permettere che si avventasse contro i nostri nemici.
«E se dicessi... no, grazie?» Dissi, in un sussurro.
Aro fece un sospiro teatrale, chiudendo gli occhi. Le palpebre erano sottili e lucide, ricordando ancora di più lo uno degli strati di una cipolla. «Che peccato. Che spreco».
Edward sibilò: «La proposta è “unitevi a noi o morirete”, vero? L'ho capito appena siamo entrati. Con tanti saluti alle vostre leggi».
Il suo tono di voce mi sorprese. Sembrava infuriato, ma nel suo attacco c'era qualcosa di calcolato, come se avesse scelto le parole con gran cura.
Speravo solo che avesse scelto le parole giuste, invece di dire fesserie come al solito.
«Certo che no» Aro lo guardò, perplesso «Siamo qui riuniti per motivi del tutto diversi. Non siete obbligati, ovviamente. Non obbligherei una mia connazionale in modo tanto rude».
«Aro» Sibilò Caius «La legge li reclama!».
Edward incenerì Caius con uno sguardo, facendo ancora una volta lo sbruffone. Santo cielo, mi aspettavo che gli facessero tutta la faccia sghemba da un momento all'altro a ceffoni, per fare pendant col sorriso. Non sarebbe stato un buon inizio per evitare il confronto. «Spiegati» Sibilò verso il vampiro canuto. Di sicuro aveva letto nei suoi pensieri, ma voleva che li esponesse ad alta voce.
Caius m'indicò con un dito scheletrico «La ragazza sa troppo. Le hai rivelato i nostri segreti. E i lupi! Non possiamo lasciarli andare così!». La sua voce era sottile e fragile come la sua pelle, sebbene con qualche nota rabbiosa che gli dava forza. Era comunque una voce deludente per un boss finale.
«Eppure sappiamo entrambi che anche nella vostra combriccola ci sono altri umani» precisò Edward. Davvero? Era così?
Sul volto di Caius apparve un'espressione nuova. Era forse un sorriso?
Cioè, era davvero un'espressione nuova, non si capiva bene. Mi pareva che avesse le labbra che puntavano verso l'alto, ma le sopracciglia erano ancora aggrottate, con quella benedetta ruga scavata. Era davvero difficile, diamine.
«Si» Confermò «Ma quando non ci sono più utili, diventano una fonte di sostentamento. Tu non farai altrettanto con lei. Se rivelasse i nostri segreti, saresti pronto a distruggerla? Credo di no»
«Io non...» sussurrai, ma Caius m'interruppe con un'occhiata gelida. Non era tollerante come suo fratello Aro, anzi, era piuttosto incendiario: avrei dovuto tenerlo a mente.
«E non sei nemmeno disposto a trasformarla in una di noi» Proseguì «Perciò lei rappresenta un punto debole. È la sua vita che reclamiamo».
Edward scoprì i denti.
«Come pensavo» Disse Caius con un'espressione quasi felice. Felix si fece avanti, impaziente.
«A meno che...» Fu Aro a interromperlo. La piega della conversazione non sembrava soddisfarlo «A meno che non sia tu stesso a darle l'immortalità».
Edward corrugò le labbra (che campioni di facce brutte, i vampiri) esitando per qualche istante prima di rispondere: «E se lo farò?».
Aro sorrise, di nuovo lieto «Se lo farai, considereremo che la legge non sia stata infranta con quest'umana».
Caius, che si era fatto cupo in viso, si rilassò.
Le labbra di Edward erano rigide, contratte in una smorfia indecifrabile. Un'altra. Mi fissò negli occhi e ricambiai lo sguardo, senza riuscire a celare tutto l'orrore che provavo.
Ma rimasi presa in contropiede. Credevo che Edward avrebbe amato la prospettiva di rendermi una di loro e tenermi con sé per sempre, salvando allo stesso tempo la sua famiglia, ma sembrava tormentato all'idea. Riluttante. Come se fosse una prospettiva amara.
I secondi si susseguivano, sentivo la tensione aumentare e mi chiedevo quanto tempo sarebbe passato prima che fosse Aro e Caius ritenessero di avere atteso abbastanza una risposta. Un ultimo minuto di agonia e la voce di Aro ruppe il silenzio.
Con una risata.
«Sembra che la situazione sia spinosa, cari amici, che io e i miei fratelli potremmo essere in disaccordo su un paio di punti. Forse è il caso che l'incantevole Bella torni a recuperare un po' di calore dai suoi amici lupi. Perdonami per averti fatta intirizzire, e grazie per aver soddisfatto la mia curiosità. Voi umani siete tanto fragili, suppongo di aver sottovalutato questo particolare».
Non mi interessava che mi avesse dato della debole perché, oltre al fatto che rispetto a lui lo ero, mi aveva appena concesso di congedarmi e avrei colto l'occasione al volo.
«Grazie, signore. È stato interessante anche per me» Disse. Guardai sollevata verso Jacob, che mi si affiancò protettivo per riaccompagnarmi al sicuro.
Lo sguardo di Aro si spostò verso Jacob e, invece del disgusto con cui lo avevano guardato gli altri Volturi, osservò il lupo gigantesco con occhi pieni di brama.
Voleva anche lui?
«Non funziona così» Disse Edward, in tono aspro
«Era solo un pensiero come un altro» disse Aro, soppesando apertamente Jacob, poi con lo sguardo si spostò alle file di licantropi dietro di noi.
«Non appartengono a noi, Aro. Non eseguono i nostri ordini in quel modo. Si trovano qui unicamente per volontà loro».
Jacob si voltò appena verso i vampiri, e dalle sue fauci uscì un ruggito basso e minaccioso.
«Però sembrano affezionati alla tua giovane amica e vogliono proteggere la tua... famiglia. Sembrano fedeli». Con la voce, il vampiro anziano accarezzò quella parola.
«La loro missione è proteggere vite umane, Aro. Questo ne facilita la coesistenza con noi, ma non con voi. A meno che non mettiate in discussione il vostro stile di vita».
Aro rise, allegro. «Era solo un pensiero come un altro» Ripeté «Sai bene come vanno le cose. Nessuno di noi è in grado di controllare del tutto i desideri inconsci».
Edward fece un'altra smorfia, più astrusa della precedente. «So bene come funziona. Conosco anche la differenza fra quel tipo di pensiero e quello che nasconde un secondo fine. Non potrebbe mai funzionare, Aro».
Jacob girò l'enorme testa verso Edward e dai denti gli sfuggì un debole uggiolio interrogativo. Io iniziai a strattonare piano i peli della sua spalla calda, cercando di invogliarlo a smetterla di fermarsi ogni due secondi.
«È molto affascinato dall'idea dei... cani da guardia» Spiegò Edward mormorando.
Ci fu un attimo di calma tombale e poi l'enorme radura si riempì del suono dei ringhi furiosi che salivano dal branco. Erano terrificanti nella loro graffiante armonia, antichi e minacciosi. Chiunque, anche questi vampiri tanto potenti, avrebbe fatto bene a non sottovalutare il branco dei Quileute.
Ci fu un latrato secco di comando – forse veniva da Sam, o forse da Ayita, ma non mi girai in tempo per accertarmene – e quelle rimostranze vennero tacitate, facendo calare un nuovo silenzio inquietante.
«Immagino che ciò risponda alla mia domanda» Disse Aro, ridendo di nuovo «Questo gruppo ha scelto da che parte stare».
Edward emise un sibilo e si sporse in avanti. Carlisle gli afferrò un braccio fulmineo. Chissà cosa, nei pensieri di Aro, avesse causato una reazione così violenta in Edward. Felix e Demetri si rannicchiarono all'unisono in posizione di guardia, ma con un nuovo cenno Aro li tranquillizzò. Si rilassarono, come pure Edward.
«Ci sono tante cose di cui parlare» Disse Aro, assumendo improvvisamente il tono di un uomo d'affari oberato di lavoro «così tante cose da decidere. Se voi e il vostro protettore peloso mi volete scusare, cari Cullen, devo conferire con i miei fratelli».



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