Arretrammo
spediti, senza distogliere lo sguardo dalla minaccia che si avanzava.
Jacob fu il più lento e rinunciai a tirarlo: aveva il pelo ritto sulle
spalle e mostrava le zanne ad Aro. Raggiungemmo la nostra famiglia nello
stesso momento in cui i mantelli scuri tornarono a circondare Aro come
onde di un mare notturno.
Restavano solo cinquanta metri a dividerci: la distanza che molti dei presenti poteva superare in un paio di balzi.
Caius cominciò subito a litigare con Aro, a voce così alta che era impossibile non sentirli anche da quella distanza. Meno male che dovevamo scusarli perché andavano a “conferire”, eh.
«Come
fai ad accettare questa ignominia? Perché restiamo impotenti davanti a
crimini così scandalosi, coperti da un inganno tanto ridicolo?». Ma di
che cavolo stava parlando? Quale inganno?
Teneva
le braccia rigide sui fianchi, le dita chiuse come artigli. Mi chiesi
perché non si limitava a toccare Aro per comunicargli la sua opinione.
C'era già una divisione nei loro ranghi? Eravamo così fortunati?
No. No... ci doveva essere qualcos'altro. Perché gli interessava che li sentissimo?
I
Volturi facevano tutto per il loro pubblico. Se stavano mostrando
qualcosa di trasparente come il discutere delle proprie opinioni di
fronte a tutti, quando avrebbero avuto mezzi più discreti per appianare
le loro divergenze, era per nascondere qualcos'altro di losco.
«Ti
assicuro che i Cullen hanno spiegato tutto al meglio. Non ci sono
infrazioni da punire» Disse Aro calmo «È tutto vero, ogni singola
parola»
«Ci
sono poche regole che sono state poste a tutela di tutti i vampiri»
replicò Caius, come se non fossero stati loro a deciderle «Tra queste, i
vampiri non devono farsi notare con cacce continue, e devono essere
intelligenti abbastanza da proteggere il segreto. Un orso di certo non è
in grado di svolgere questo compito tanto delicato»
«Ma
Caius» ribatté Aro, delicato come una primula ghiacciata «Hai visto
quanti testimoni sono pronti a confermare che quell'orso miracoloso è
stato abbattuto. Non sarà più in grado di tradire il nostro segreto,
anche grazie ai simpatici protettori pelosi» e li indicò con un gesto
ampio e teatrale. Non c'erano più dubbi che volessero farsi vedere da
tutti, andiamo.
Caius
reagì in modo strano alle parole rasserenanti di Aro, sussultando
lievemente nel sentire la parola “testimoni”. La rabbia svanì dai suoi
lineamenti, sostituita da una freddezza calcolatrice. Fissò i testimoni
dei Volturi con espressione che sembrava vagamente... nervosa.
Anch'io
fissai la marmaglia inferocita e vidi subito che non si poteva più
descrivere come tale: la frenesia di agire si era trasformata in
confusione. Fra la folla ribollivano conversazioni sussurrate che
cercavano di dare un significato a quanto stava accadendo.
«Ma
sempre secondo le nostre leggi» Tornò alla carica Caius, accigliato «Le
azioni dei vampiri neonati sono anche responsabilità del loro creatore.
L'orso è stato distrutto, ma che mi dici del suo creatore? Non ne
pagherà le conseguenze?»
«Pace,
fratello. Sai che non è possibile mentirmi, e so con certezza dal
mirabile Edward che la creazione dell'orso vampiro è accaduta in modo
del tutto accidentale ad opera di uno dei suoi fratelli, il peculiare
Jasper Cullen, che però è lontano dalla sua famiglia ormai da molto
tempo. Temo che non potremo punirlo rimanendo qui»
«Forse
è morto» borbottò Caius, e la figuretta incappucciata si immobilizzò
sul posto come se avesse messo radici a rapidità incredibile.
«Può essere» Ammise Aro, dispiaciuto «Non abbiamo modo di saperlo»
«Ma se fosse morto, quale sarebbe la causa? Potrebbero essere i licantropi, come per il compagno della nostra informatrice»
«Ah, fratello...» Aro rispose alla frase di Caius con uno sguardo addolorato
«Difenderai
anche quell'alleanza, Aro?» chiese perentorio Caius «I Figli della Luna
sono nostri nemici giurati dai tempi dei tempi. Li abbiamo cacciati fin
quasi a farli estinguere in Europa e in Asia. Eppure Carlisle
incoraggia un rapporto familiare con questi parassiti, senza dubbio nel
tentativo di spodestarci. Per meglio proteggere il suo guasto stile di
vita».
Edward
si schiarì la voce rumorosamente e Caius lo guardò torvo. Aro si mise
una mano sottile e delicata sul viso, come fosse imbarazzato per l'altro
anziano.
«Caius, è pieno giorno» Fece notare Edward indicando Jacob, alzando appena la voce per farsi sentire chiaramente da tutto il campo (che comunque aveva i super-sensi) «Questi non sono Figli della Luna, è chiaro. Non hanno alcun rapporto con i tuoi nemici dall'altra parte del mondo».
Avevo
iniziato a sospettare che Aro e Caius stessero giocando al poliziotto
buono e il poliziotto cattivo. Ma ora cominciavo a convincermi che la
strategia di Caius per distrarci fosse sembrare uno scemo non
azzeccandone una.
«Allevate dei mutanti qui in zona» Gli ribatté Caius. Santo cielo, non ci credevo che aveva risposto questa cosa.
Edward
contrasse la mascella e poi la rilassò, infine rispose pacato: «Non
sono nemmeno licantropi. Aro ti può raccontare tutto se non mi credi».
Non erano licantropi? Lanciai un'occhiata disorientata a Jacob. Sollevò le spalle enormi, poi le lasciò cadere: il suo modo di fare spallucce. Neanche lui sapeva di cosa parlava Edward.
«Caro
Caius, ti avrei chiesto di non insistere su questo argomento se mi
avessi messo a parte dei tuoi pensieri» fece Aro «Anche se quelle
creature si ritengono dei licantropi, non lo sono. Il termine più
appropriato per definirli sarebbe “mutaforma”. La scelta della forma di
lupi è stata un puro caso. Poteva benissimo essere un orso, un'aquila, o
una pantera, quando accadde la prima mutazione. Queste creature non
hanno proprio nulla a che vedere con i Figli della Luna. Hanno ereditato
dai loro padri sono la capacità di mutare. È genetica: non continuano
la loro specie infettando altri, come i veri licantropi».
Caius guardò Aro torvo, con rabbia e anche qualcosa di più: un'accusa di tradimento, forse.
«Conoscono il nostro segreto» Disse con voce incolore.
Edward
sembrava sul punto di rispondere a quell'accusa, ma Aro lo anticipò.
«Sono creature del nostro mondo soprannaturale, fratello. Forse sono
ancora più legati di noi alla segretezza: è altamente improbabile che ci
denuncino. Stai attento, Caius. Le accuse pretestuose non ci portano da
nessuna parte».
Caius respirò a fondo e annuì. Si scambiarono uno sguardo lungo ed espressivo.
Credevo
di avere capito ciò che stava dietro le parole formulate con tanta
attenzione di Aro: una cavolo di perdita di tempo. Le false accuse non
avrebbero contribuito a convincere i testimoni presenti, da nessuna
delle due parti: Aro stava esortando Caius a passare alla strategia
successiva. Caius considerava probabilmente il massacro imminente molto
più essenziale di una reputazione immacolata, e stava al gioco di Aro
tenendogli il muso, dato che in realtà non ci stava.
Quanto erano patetici? Quelli erano la nobiltà dei vampiri?
Stavano letteralmente provando qualunque strategia gli passasse per la
mente davanti al nemico. Mi stavo ghiacciando le chiappe perché loro non
erano neanche in grado di trovare un pretesto decente per fare a pezzi i
loro nemici.
Questo
non era epico. Questo era stupido. Ero pronta a combattere e dare la
vita per i miei amici, ma non avevo intenzione di partecipare a questo
stupido teatrino ed aspettare che gli venisse una buona idea.
Non
so cosa avrei fatto se in quel momento non avessi colto con la coda
dell'occhio un piccolo particolare. Rispetto a me era davvero piccolo: a
questa distanza potevo indovinare più che vedere chiaramente le
espressioni sul visetto del corpo di guardia, ma in quel momento mi
parve cristallino che Jane mi stava fissando con sdegno e poi mi
sorrise, snudando le zanne.
Fu quel sorrisetto insolente la goccia che fece traboccare il vaso.
Quella
gente era assolutamente patetica, agiva sfruttando i propri poteri per
comportarsi come bulletti di terza elementare, credevano che qualunque
cosa gli fosse dovuta. Io avrei dovuto essere una preda per Jane. Che
l'essere comparata a me l'avesse fatta irritare e spinta a farmi le
boccacce da lontano mi fece infuriare: era così meschina da sentirsi
messa in ridicolo da una ragazza che non conosceva, e perdere tempo e
dignità mentre noi eravamo riuniti per combattere lì per la vita.
Se
avesse usato il suo potere su di me o sui miei amici non sarebbe stato
per un ideale di giustizia in cui credeva o per sopravvivere, ma per
dimostrare al suo signore che era più brava e carina di Belarda
Colazione Cigna.
La
mia ira raggiunse l'apice, superò la furiosa sete di sangue che avevo
provato nel momento in cui i lupi si erano impegnati in questo scontro
dall'esito tragico. Sentivo fluire la furia come un'ondata, facendomi
stringere la lingua tra i denti come se avessi dovuto mettermi a
ringhiare come un lupo da un momento all'altro. Avevo i muscoli
contratti, agivo per automatismi. Scagliai il mio scudo con tutta la
forza che avevo nella mente, lo gettai come un giavellotto al di là
della distesa immensa del campo, una lunghezza impossibile, dieci volte
la distanza migliore che avessi mai raggiunto. Il respiro mi uscì
rapido, sbuffando, per lo sforzo.
Lo
scudo fuoriuscì da me in una bolla di energia pura, un fungo atomico di
acciaio liquido, silenzioso e gonfio. Pulsava come una creatura
vivente: lo sentivo alla perfezione, dalla sommità fino ai bordi.
Il
tessuto elastico non subì alcun contraccolpo: in quell'istante di forza
cruda capii che il rinculo che vi era stato in altre occasioni era
colpa mia, che mi ero aggrappata a quella parte invisibile di me per
autodifesa, rifiutando di lasciarla libera nel mio inconscio. In quel
momento la sprigionai tutta e lo scudo esplose a una cinquantina di
metri da me con un piccolo sforzo, prendendosi solo una minima parte
della mia capacità di concentrazione. Lo sentivo flettersi, un muscolo
come tanti che obbediva alla mia volontà, e mi sentii forte. Lo spinsi e
gli diedi la forma di un lungo ovale appuntito, inglobando i miei alleati sotto la sua pellicola protettiva. Non era solo un metodo di difesa, ma c'era qualcos'altro: era insieme un muscolo ed un senso del tutto nuovo, con cui
percepivo la diversità delle persone che entravano sotto il mio scudo
come avrei potuto assaggiare sapori diversi. Avrei potuto imparare a
riconoscerli se li avessi assaggiati uno ad uno, ma la portata del mio
scudo faceva si che divenissero un cicaleccio di aure indistinto,
confuso, corposo.
Improvvisamente tutto quello che si trovava sotto lo scudo di ferro
flessibile era diventato parte di me: sentivo la forza vitale di tutto
ciò che copriva sotto forma di punti di calore luminoso, scintille di
luce abbagliante che mi circondavano.
Mi
sembrava che le più forti fossero quelle dei licantropi, come nella
vita reale erano i più grandi e i più caldi. Non sapevo in base a cosa
variasse la mia percezione di quelle lucine e cosa davvero
rappresentassero, ma mano a mano che il bordo argenteo del mio scudo
divorava metri velocemente e copriva in fretta i lupi, mi accorsi con
stupore che nel momento in cui avvolse Sam e Ayita sotto la copertura,
tutte le scintille dei lupi brillavano anche mentre erano fuori dalla
portata di quel mio nuovo senso, fuori dalla cupola.
A quanto pareva, la loro mente era molto più interconnessa di quanto immaginassi. Se l'alfa era all'interno del mio scudo, la mente di tutti gli altri era altrettanto protetta.
Era
passato si e no un secondo. Tutto era cambiato, ma nessuno si era
accorto dell'esplosione, a parte me. Dalle labbra mi uscì una breve
risata, intervallato da piccoli accessi di risa silenziosi. Nonostante
questo, non sentivo la mia rabbia svanire.
Ma
era controllata, infusa nel mio sforzo, un motore bruciante che
rafforzava il mio autocontrollo e mi faceva sentire ebbra e viva.
Vidi
gli altri che mi fissavano e gli occhi scuri di Jake e Seth che mi
guardavano, il primo come se fossi impazzita, l'altro con
preoccupazione.
Mi fece venire voglia di ridere ancora.
«Voglio parlare con l'informatrice» Annunciò Caius all'improvviso, rivolgendo lo sguardo verso Rosalie.
Rosalie
non stava prestando attenzione alla conversazione fra Caius e Aro:
aveva il viso contratto per la sofferenza, gli occhi fissi sulla sua
famiglia, allineata e pronta a morire. Le si leggeva in faccia il
rimpianto totale per aver mosso l'accusa.
Mi
distrasse un'improvvisa pressione che picchiettava contro l'esterno del
mio scudo. Non capivo da dove venisse, ma sembrava diretta verso gli
estremi del nostro gruppo, in particolare Siobhan e Liam. La pressione
non creò danni e poi sparì.
Non
c'era stato alcun segno delle mani sfarfallanti di Aro oppure un cenno
marziale di Caius. Se Marcus si era mosso dall'inizio del confronto, mi
era sfuggito.
«Rosalie» abbaiò Caius, infastidito dal fatto di doverne richiamare l'attenzione.
Lei alzò lo sguardo, scossa e istantaneamente impaurita.
«Chelsea
sta cercando di rompere i nostri legami» Sussurrò Edward, osservando
con attenzione e quella che mi parve genuina preoccupazione la sorella
«Ma non riesce a trovarli. Non ci sente...». Spostò lo sguardo su di me,
incredulo. «Sei tu con il tuo scudo?».
Gli
sorrisi risoluta, sicura di sembrare un po' insana: «Sto dominando
tutta la situazione». Edward si sporse improvvisamente verso Carlisle.
Al tempo stesso, accusai una stoccata più forte contro lo scudo, nel
punto in cui avvolgeva protettivo la luce di Carlisle. Non fu dolorosa,
ma nemmeno piacevole. Mi ricordava l'elettricità frizzante di quegli
aggeggini per scherzi che davano la scossa, che durava solo pochi
secondi alla volta.
«Carlisle? Tutto bene?» Gli chiese Edward angosciato
«Si. Perché?»
«Jane» Rispose Edward.
Caius
schioccò le dita. Esitante, Rosalie si spostò dalle frange esterne
della nostra formazione per trovarsi di nuovo in piedi davanti a Caius.
Riusciva
a mantenere una certa grazia anche nella sua angoscia, tormentandosi le
mani che giungeva rispettosamente di fronte a sé, come se fosse stata
pronta a fare un inchino da un momento all'altro.
Nel momento stesso in cui Edward pronunciò il suo nome, Jane lanciò una dozzina di attacchi acuminati nel giro di
un secondo martellando la superficie elastica dello scudo, diretti
verso dodici punti luminosi diversi. Appena mi resi conto che la prima
scarica era finita, allentai la presa in fretta per verificare che lo
scudo non avesse subito danni. A quanto pareva, Jane non era stata in
grado di perforarlo. Mi guardai intorno rapida; stavano tutti bene.
«E così, a quanto pare, le tue accuse erano alquanto infondate»> Esordì Caius.
Tanya, Kate e Carisle si sporsero in avanti, ansiosi.
Edward
riservò un'occhiata apprensiva alla sorella, ma i pensieri del corpo di
guardia sembrarono catturare immediatamente la sua attenzione, e il suo
sguardo ambrato si affilò nuovamente. «Incredibile» Disse.
«Ma perché non aspettano un verdetto?» Sibilò Tanya «Stanno ancora interrogando l'informatrice, perché ci attaccano ora?»
«È
la loro procedura normale» rispose brusco Edward «Di solito rendono
inoffensive le persone sotto processo, in modo che non possano fuggire».
«Mi
dispiace» Disse Rosalie. C'era un'esitazione nella sua voce femminile e
nitida, simile all'inflessione di una persona che sussurri, ma parlava a
volume abbastanza alto perché persino io riuscissi a sentirla con
chiarezza «Avrei dovuto
verificare meglio ciò che vedevo. Ma in quel momento io ero...». Fece un
gesto debole nella nostra direzione, ma sembrò perdere la forza mentale
per completare la frase.
Guardai
dalla parte di Jane, che fissava il nostro gruppo furiosa ed incredula.
Ero piuttosto sicura che, a parte me, non avesse mai visto nessuno
restare in piedi dopo un suo attacco feroce.
Probabilmente
il mio non fu un gesto molto maturo. Ma immaginai che Aro ci avrebbe
messo un secondo a fare il collegamento appena si sarebbe reso conto di
ciò che era successo, e avrebbe capito che il mio scudo era molto più
potente di quanto Edward stesso avesse pensato pochi secondi prima:
avevo già un bersaglio gigantesco disegnato sulla fronte per il mio
essere umana, e non c'era più motivo per cercare di mantenere segreto
quello che ero capace di fare. Quindi scoccai un sorriso compiaciuto in
direzione di Jane (più un ghigno, pensai, rendendomi conto
distrattamente di stare mostrando troppi denti).
Lei strinse gli occhi e sentii un'altra fitta di pressione, questa volta diretta in particolare a me.
Quando
non ebbe effetto, Jane si fece sfuggire un grido acuto misto ad un
ringhio. Tutti sussultarono, persino il disciplinato corpo di guardia.
Ma non gli anziani: Caius sembrava del tutto disinteressato alla rabbia
della loro accolita, mentre Rosalie si era ingobbita istintivamente,
quasi preparandosi a combattere. Alec trattenne la gemella per il
braccio mentre si accucciava, pronta a balzare.
I rumeni cominciarono a sghignazzare maligni, pregustando quello che sarebbe successo.
«Te l'ho detto che questa era il nostro momento» Disse Vladimir a Stefan
«Guarda un po' che faccia fa quella strega» ridacchiò Stefan.
Alec
confortò la sorella con una pacca sulla spalla, poi la prese
sottobraccio, mentre Caius attirava nuovamente l'attenzione di Rosalie
schioccando le dita irritato. Alec si girò verso di noi, imperturbato,
con aria angelica.
Mi
aspettavo una pressione, un qualche segno del suo attacco, ma non
avvertii nulla. Continuava a fissare nella nostra direzione, con il bel
viso inalterato. Ci stava attaccando? Stava perforando il mio scudo
senza che neppure me ne accorgessi?
La reazione esagerata della “gemella stregata” non fermò il processo, mentre
Aro interveniva schierandosi ancora una volta contro il fratello,
sempre con quel suo tono bonario e allegro. «Caro Caius, come credi che
potesse comprendere una situazione così strana? Noi possiamo certamente
vantare più esperienza, ma sul momento avremmo tratto le stesse
conclusioni. Credo che abbia comunque compiuto il suo dovere
nell'avvisarci».
Caius schioccò le dita in direzione di Aro per zittirlo, brusco.
Era
così: Aro sfarfallava le mani e Caius schioccava le dita. Mi chiesi se
Marcus avesse avuto anche lui qualche gesto-simbolo prima di cadere in
stato catatonico. Magari faceva un balletto o qualcosa del genere.
«Sappiamo tutti che hai fatto un errore» Disse imperterrito l'anziano «Intendevo parlare delle tue motivazioni».
Rosalie aspettò nervosa che continuasse, ma, quando fu chiaro che non lo avrebbe fatto, ripeté: «Le mie motivazioni?»
«Si, anzitutto cosa ti ha spinto ad agire all'insaputa del resto della tua famiglia».
Rosalie sussultò sentendo le parole “all'insaputa”.
«Eri in contrasto con i tuoi familiari?».
Lei
guardò Carlisle con occhi disperati. «No. Amavo e amo ancora la mia
famiglia, ma sapevo che avrebbero cercato di fermarmi, non mi avrebbero
capita»
«Perché?» la incalzò Caius
«Perché
credevo che i licantropi avessero ucciso il mio compagno» sussurrò «E i
Cullen, la mia famiglia, non si sarebbero fatti da parte per
lasciarmelo vendicare»
«I mutaforma, si chiamano» la corresse Aro con gentilezza
«Quindi
i Cullen si sono alleati con i mutaforma contro quelli della nostra
razza, persino contro il compagno di una dei loro stessi membri, cioè,
contro un altro dei loro stessi membri» sintetizzò Caius.
Sentii
Edward che emetteva un suono nauseato sottovoce, e per una volta fui
d'accordo con lui. Quell'accusa traballava peggio di un elefante su una
fune. Caius stava spuntando una voce della sua lunga lista di scuse che
traballavano come elefanti su una fune, cercando un'accusa che
resistesse.
Rosalie irrigidì le spalle. «Io la vedo così».
In quel momento, Edward sibilò e sussurrò verso di me, in tono stranamente asciutto:
«Il suo dono è più lento di quello di Jane. Avanza strisciando. Ci raggiungerà fra qualche secondo». Capii immediatamente quello a cui si riferiva. Alec.
Fu allora che la vidi, quando seppi cosa dovevo cercare.
Sopra
la neve fluiva lentamente una strana foschia limpida, quasi invisibile
sullo sfondo bianco, dalla qualità sottile come filamenti densi,
tentacoli sottili. Mi ricordava un miraggio: una lieve distorsione della
vista, un barlume. Volevo allargare lo scudo oltre Carlisle e il resto
della nostra prima linea, perché temevo la vicinanza di quella foschia
furtiva nel momento in cui avrebbe avviluppati. Scoprii con una fitta
gelida di non riuscire ad allargarlo più di così senza che i suoi bordi
iniziassero a vacillare e tremare, esattamente come un muscolo inizia a
tremare e a rispondere male quando contorto in una posizione innaturale.
Ero al mio limite, non potevo fare più di così.
Un
brontolio basso attraversò il terreno sotto i nostri piedi e una folata
di vento soffiò via la neve in turbini improvvisi nello spazio fra la
nostra postazione e quella dei Volturi. Benjamin aveva visto la minaccia
strisciante e stava cercando di dirottare la foschia lontano da noi, con
sferzate di vento che sollevavano la neve in turbini imprecisi, che
rendevano facile capire da dove quello stesso vento provenisse.
Il potere di Alec allora poteva essere percepito anche dagli altri, al contrario di quello
di Jane. Tuttavia la nebbia non reagiva in nessun modo alle
interferenze frenetiche di Benjamin, come se non fossero sullo stesso
piano fisico, o la nebbia fosse solo stata un'illusione ottica.
La
formazione dei due anziani che fronteggiavano Rosalie e il loro
colloquio fu spezzato quando, con un atroce cigolio, in mezzo alla
radura si aprì una faglia profonda e stretta, una lunga linea a zigzag.
Per un attimo la terra mi tremò sotto i piedi. Le folate di neve
precipitarono nel buco avvitandosi, ma la foschia riuscì a passarci
sopra, immune alla gravità come lo era al vento.
Aro e Caius spalancarono gli occhi nel vedere la terra che si apriva. Marcus, invece, ancora non tradiva alcuna emozione.
Tacquero, in evidente attesa che la foschia ci raggiungesse. Il vento sibilava più forte, ma non cambiava il percorso della nebbia. Ora Jane sorrideva di nuovo.
Poi
la foschia si raggrumò intorno ad un confine invisibile a mezz'aria,
turbinando dolcemente come un'onda marina pronta a ritirarsi nuovamente nell'oceano.
Ne
sentii il sapore appena toccò il mio scudo: aveva un gusto denso,
dolce, stucchevole. Mi ricordava vagamente la novocaina quando mi
desensibilizzava la lingua.
La foschia si arricciò verso l'alto, cercando una falla, un punto debole. Non ne trovò.
Le
dita della nebbia perlustrarono in alto e intorno a sé, cercando un
modo per entrare, alzandosi sempre di più come un muro che bloccava il
riverbero della neve
e bloccava parzialmente la luce dal colpirci. Il muso di Jacob si voltò
a fissarmi stupito, mutando velocemente colore man a mano che il potere
di Alec si innalzava sul mio scudo, come se le nuvole avessero coperto il sole.
La
nebbia generata da Alec comunque non era abbastanza densa da impedirci
del tutto la visuale, ed aveva un'estensione limitata. Si fermò,
aderendo ai bordi del mio scudo come in un ultimo disperato tentativo di
penetrarlo, e nel farlo evidenziò le proporzioni incredibili di quello
schermo protettivo.
Da entrambi i lati dello squarcio creato da Benjamin la gente rimase a bocca aperta.
«Bel colpo, Belarda!» Esultò Benjamin a voce bassa.
Mi ritornò il sorriso.
Vedevo
gli occhi socchiusi di Alec, il dubbio dipinto per la prima volta su
quei lineamenti, mentre la sua foschia mulinava innocua intorno ai bordi
del mio scudo.
E
fu allora che capii che ce la potevo fare. Ovvio, sarei diventata
l'obiettivo numero uno, la prima a dover morire, ma finché resistevo
eravamo in gara contro i Volturi. Noi avevamo ancora Benjamin e Zafrina,
mentre finché io reggevo avevo reso i loro gemelli stregati
praticamente inutili.
Un'altra delle strategie sceme dei Volturi che potevano andare a farsi benedire.
Caius
aspettò di nuovo, calcolando la situazione, lambiccandosi un po' il
cervello, ed infine imbeccando Rosalie che era ancora in attesa: «Se
volessi fare un reclamo formale contro i mutaforma, o contro i Cullen
per averli sostenuti, questo sarebbe il momento opportuno». Fece un
sorrisino crudele, in attesa che Rosalie gli fornisse la sua prossima
scusa.
Potevo
odiare a morte i Cullen quanto mi pareva e piaceva, ma era innegabile
che quello tra loro fosse un legame forte e protettivo degno di quello
di una vera famiglia. Anche una famiglia di pazzi con capelli di dubbio gusto rimaneva pur sempre tale.
Caius
stava sottovalutando questo legame, o forse non riusciva proprio a
capire le vere famiglie, i rapporti basati sull'amore e non sull'amore
per il potere. Forse aveva sopravvalutato la forza trascinante della
vendetta.
Rosalie alzò di scatto la mascella richiudendo la bocca con un netto clac dei denti gli uni contro gli altri, e raddrizzò le spalle.
«No,
non ho reclami da fare contro i lupi né contro i Cullen. Oggi voi siete
venuti per distruggere un orso vampiro. Ma non esiste più nessun orso
vampiro, né il suo creatore. Siete venuti a distruggere Figli della
Luna, ma qui non vi sono Figli della Luna. È stato un mio errore e me ne
assumo completamente la responsabilità. Ma la mia famiglia è innocente e
non avete più motivi validi per la vostra presenza qui».
Me
ne sentii toccata. Rosalie – che se ne rendesse conto o meno, ma
credevo che fosse di proposito – con quell'ultima frase aveva cercato di
proteggermi. Io ero
un'infrazione alla legge bella e buona, anche se non degna dell'intero
corpo di guardia, mogli, animali domestici e cugini dall'Australia
perduti da tempo dei Volturi.
In
effetti, mi chiedevo perché stessero ignorando un argomento così valido
come la mia presenza in favore di tutte quelle altre stupidaggini.
Rosalie sorrise verso di noi, i capelli di un biondo splendente, che sembravano un'aureola attorno al bel volto pallidissimo.
Mentre
lei parlava Caius alzò la mano. La lunga manica scura dell'anziano e la
lontananza non mi avevano consentito di accorgermene, ma reggeva uno
strano oggetto di metallo, inciso e decorato, simile ad una specie di
piccolo bastone tozzo con un'estremità tondeggiante.
Era
un segnale. La reazione fu talmente veloce che non ebbi tempo di
elaborare cosa provassi in merito; finì prima ancora che ci fosse il
tempo di reagire.
La figura fuori dalla formazione cacciò un urlo di rabbia e paura e si scagliò contro Caius, ma come
se fosse rimbalzata su un cuscinetto d'aria si allontanò
improvvisamente, tornando indietro e venendo abbrancata da due soldati
dei Volturi ai suoi fianchi. Tre soldati dei Volturi fecero un balzo in avanti e Rosalie fu completamente oscurata dai loro mantelli grigi. Nello
stesso istante, dalla radura si levò un orribile stridore metallico.
Caius entrò strisciando al centro della mischia grigia, e quel grido
stridulo e sconvolgente esplose subito in un sorprendente geyser di
scintille e lingue di fuoco, mischiandosi alle urla della figura
incappucciata che si dibatteva.
I
soldati arretrarono con un balzo da quell'inferno improvviso,
riprendendo subito i propri posti nella linea perfettamente retta del
corpo di guardia.
Caius restò solo a fianco dei resti ardenti di Rosalie e l'oggetto di metallo che teneva in mano emanava ancora una densa fiammata in direzione della pira.
Con
un lieve scatto, il getto di fuoco che usciva dalla mano di Caius
sparì. Dalla massa di testimoni dietro ai Volturi si levò un rantolo.
Noi
eravamo troppo sbigottiti per fare alcun rumore. Vedere la cenere scura
sparsa sul freddo della neve, che si stava sciogliendo e annacquando,
mischiando con quella stessa cenere, e conciliarlo con la nostra alleata
era davvero, davvero difficile.
In quell'attimo capii che Caius non aveva mai sottovalutato il legame di una vera famiglia. Era questo
lo stratagemma, non altri. Non voleva il reclamo di Rosalie: voleva la
sua sfida. Una scusa per distruggerla, per scatenare la violenza che
riempiva l'aria come una foschia spessa e combustibile.
Lui aveva gettato il fiammifero.
Caius sorrise, freddo. «Finalmente si è assunta tutta la responsabilità delle sue azioni».
Il suo sguardo balenò sulle nostre linee, soffermandosi rapidamente sulle sagome immobili di Carlisle ed Esme.
«Fermatela!»
Gridò Edward, precipitandosi ad afferrare per un braccio la sua madre
adottiva, mentre lei saltava verso Caius con un folle grido di rabbia
cruda. Non riuscì a scrollarsi di dosso Edward solo perché Carlisle le
aveva stretto le braccia intorno alla vita.
«È troppo tardi per aiutarla, mamma» Rifletté pressante mentre lei si dibatteva «Non dargli quello che vuole!».
Esme
si fermò, annuendo, con il volto distrutto, le braccia che si
stringevano l'una all'altra, respirando pesantemente anche se era chiaro
che non aveva bisogno di ossigenarsi. Vecchi strascichi di abitudine da
una vita passata. Carlisle la lasciò andare immediatamente, ma Edward
gridò «NO!».
Quella
di Esme era una finta. Si lanciò nel primo passo dell'attacco che
sarebbe potuto finire con la morte di tutti. Garrett le si avventò
addosso, atterrandola, la strinse con le braccia, serrando le mani
intorno ai suoi polsi. Esme lo morse. Non avevo mai immaginato che tanta
furia potesse esistere in un corpo così piccolo, dietro un faccino così
dolce. Vidi Garrett percorso da spasmi di dolore mentre lei si
ribellava contro di lui, che era stato preso di sorpresa e aveva
allentato la presa. Esme era sul punto di ricominciare la sua corsa.
«Zafrina!» Gridò Edward.
Lo sguardo di Esme si fece vacuo e le sue grida belluine si trasformarono in gemiti, poi smise di fare resistenza
«Ridammi la mia vista» sibilò.
Disperatamente,
ma con tutta la delicatezza di cui ero capace, resi lo scudo ancora più
attillato attorno alle scintille dei miei amici. Garrett riprese il
controllo, tenendo ferma Esme sulla neve.
«Se ti lascio alzare, mi atterri di nuovo, Esme?» Le sussurrò.
Per tutta risposta lei ringhiò, dibattendosi ancora come una forsennata.
«Ascoltami,
ascoltami Esme» Disse Carlisle, in un sussurro colmo di rabbia e di
tristezza «Al momento, vendicare nostra figlia non serve a niente.
Rosalie non vorrebbe vederci sprecare così la nostra vita. Pensa a quello che stiamo facendo! Se li assali, moriremo tutti».
Esme,
le spalle incurvate per il dolore, si appoggiò a Carlisle e lui e
Garrett continuarono a cercare di consolarla con parole troppo pressanti
per sembrare di conforto.
Tornai
a rivolgere l'attenzione agli sguardi fissi che calavano pesanti sul
nostro momenti di confusione. Con la coda dell'occhio vedevo che Edward e
tutti gli altri, esclusi Carlisle e Garrett, avevano assunto di nuovo
la posizione di guardia.
Lo
sguardo più truce di tutti arrivava da Caius, che fissava incredulo
Esme e Garrett a terra sulla neve. Anche Aro li guardava e sul viso gli
si leggeva un'espressione incredula.
Il
corpo di guardia dei Volturi non era più sull'attenti: erano
accucciati, pronti a lanciare il contrattacco non appena avessimo agito.
Dietro di loro, quarantatré testimoni
assistevano con espressioni molto diverse da quelle che avevano quando
erano entrati nella radura. La confusione si era trasformata in
sospetto. L'uccisione di Rosalie, veloce come la luce, li aveva scossi.
Che male aveva fatto?
Senza
la reazione immediata su cui Caius aveva contato per distogliere
l'attenzione dal suo gesto sconsiderato, i testimoni dei Volturi si
ritrovavano a chiedersi cosa stesse succedendo. Aro guardò di sfuggita
alle sue spalle mentre lo osservavo e il suo volto tradì un barlume di
contrarietà. Il suo bisogno di pubblico si era ritorto contro di lui.
Sentii
Stefan e Vladimir mormorare esultanti per il disagio di Aro. Lui,
ovviamente, era preoccupato di mantenere la sua patina di correttezza,
come avevano detto i rumeni, ma non credevo che i Volturi ci avrebbero
lasciati in pace solo per salvarsi la reputazione.
E
all'improvviso udii gridare una voce conosciuta, chiara e cristallina,
sovrastando qualunque altro rumore nella piana. La voce di qualcuno che
non avrebbe dovuto trovarsi lì.
Alice.
Alice era stata lì fin dall'inizio dell'attacco: era la piccola figura
incappucciata che si aggirava fuori dalla formazione, quella specie di
piccolo pariah che non conoscevo.
Ricordai
improvvisamente che Edward era apparso confuso quando i Volturi erano
arrivati, come se sentisse nella testa voci che non avrebbero dovuto
esserci, come se fosse diventato più pazzo di quel che era. Ecco perché!
Sentiva la voce di Alice, ma non riusciva a capire da dove veniva... o
forse, semplicemente, si rifiutava di crederlo.
Alice urlò, con ira
«ARO! Avevi detto che la mia famiglia sarebbe sopravvissuta tutta! AVEVI DETTO CHE LI AVRESTI RISPARMIATI!».
«Alice» Sussurrò Esme, sconvolta.
Carlisle alzò la testa come se gli avessero dato la scossa elettrica
«ALICE?!» urlò, allargando le braccia «Alice!».
Ma la sua figliola adottiva lo ignorò completamente.
«Mi
avevi detto, Aro, mi avevi detto che non avresti ucciso nessun Cullen
se avessi fatto in modo di riunire tutti i migliori vampiri qui per te!
Io l'ho fatto! E tu hai ucciso mia sorella, bastardo!»
«Pace, Alice!» Aro alzò una mano «Io ho mantenuto la promessa. È stato Caius a...».
Alice
corse verso di lui, ma ancora una volta non riuscì ad attaccarlo,
cambiando direzione all'ultimo momento. Capii immediatamente che era lo
scudo di Renata che la respingeva.
Caius schioccò le dita e disse solo «Jane».
Alice
ebbe uno spasmo e il cappuccio le cadde all'indietro, rivelando che era
davvero lei, poi iniziò ad emettere una sorta di squittio terrificante
mentre finiva in ginocchio sulla neve e tremava rannicchiandosi. Jane la
stava attaccando senza pietà, torturandola.
«Alice!» Gridò Edward «Perché? Perché? PERCHÉ?!»
«Edward, calmati» gli intimò Carlisle, che però tremava quasi quanto sua figlia nel tentativo di darsi un contegno.
Alice
aveva organizzato tutto per permettere ai Volturi di uccidere o
incorporare tutti i migliori vampiri del mondo? Alice ci aveva traditi
tutti? Non ero sorpresa. Ma quella rivelazione faceva male lo stesso.
Quella pazza malvagia si meritava di essere torturata, si meritava le
stilettate di atroce dolore che stava provando, ma temevo che quella
tortura avrebbe provocato qualcosa di più grande.
E avevo ragione.
Esme
prese a piangere forte, le sue grida che facevano eco a quelle più
stridule della figlia adottiva. La tortura non accennava a smettere.
Garrett,
nel momento in cui avrebbe dovuto stringere più forte Esme, si alzò in
piedi lasciandola andare. Alzò il mento con fierezza, gettò lo sguardo
sulla massa accalcata in fondo al prato e si rivolse direttamente ai
testimoni dei Volturi.
«Sono
venuto qui su richiesta di Carlisle, come gli altri, per fare da
testimone» Disse, la voce alta e chiara, infervorata «Il che di sicuro
non si rende più necessario, visto che nessuna legge è stata infranta,
come tutti potete vedere» puntò il dito verso i vampiri diffidenti
«Conosco almeno due di voi, Makenna e Charles, e vedo che molti altri
sono girovaghi, vagabondi come me. Che non rispondono a nessun padrone».
Alice
smise di urlare, ma solo perché non aveva più aria nei polmoni, e
giacque sulla neve, rannicchiata con le mani fra i capelli e i muscoli
contratti allo spasimo. La sua faccia era il ritratto del dolore.
«Riflettete
attentamente su quello che vi dico ora!» Gridò ancora Garrett «Questi
anziani non sono venuti qui in cerca di giustizia come vi hanno detto.
Noi l'avevamo già sospettato e ora ce ne danno la prova. Sono arrivati
qui fuorviati, eppure con una scusa valida per l'azione che avevano in
programma. Ora siate testimoni che cercano scuse deboli per proseguire
con la loro vera missione. Siate testimoni del fatto che si sforzano di
trovare una giustificazione per il loro vero scopo: distruggere questa
famiglia» con un cenno indicò Carlisle ed Esme «I Volturi sono venuti a
eliminare quelli che percepiscono come rivali. Forse anche voi, come me,
guardate gli occhi dorati dei membri di questo clan e ne restate
stupiti. È vero, è difficile capirli. Ma gli anziani guardano e vedono
qualcosa al di là della loro strana scelta. Vedono il potere».
E
io vedevo il potere nel discorso di Garrett, che si stava trasformando
in un crescendo, sottolineato dal pianto disperato di una madre. Se
all'improvviso tutti i testimoni fossero stati dalla nostra parte,
c'erano buone probabilità che i Volturi ci avrebbero davvero lasciati in
pace e se ne sarebbero tornati in chissà quale buco sudicio e
insanguinato da cui provenivano.
«Con
i miei occhi sono stato testimone dei legami che corrono fra i membri
di questa famiglia: e dico famiglia, non congrega. Questi strani vampiri
dagli occhi dorati rinnegano la loro stessa natura. Ma in cambio hanno
forse trovato qualcosa che vale più della semplice gratificazione del
desiderio? Nel tempo passato qui, li ho studiati un pochino e mi sembra
che la qualità intrinseca di questi intensi legami di famiglia, anzi,
ciò che li rende possibili, sia il carattere pacifico di una vita fatta
di sacrifici. Qui non ci
sono aggressioni come abbiamo osservato tutti nei clan meridionali,
cresciuti e diminuiti rapidamente a furia di faide selvagge. Non c'è
sete di dominio. E Aro lo sa meglio si me».
Osservai il viso di Aro mentre
le parole di Garrett lo accusavano, in preoccupata attesa di una
reazione di qualche tipo. Ma Aro aveva un'espressione di gentilezza
divertita, come se esercitasse la pazienza perché il bambino capriccioso
si accorgesse che nessuno prestava attenzione alla sua scenata. In
effetti mi preoccupava... perché lo lasciava parlare così liberamente?
Aro era in una posizione di potere, donatagli dalla sua natura “nobile” e
dalla presenza del suo corpo di guardia, per non parlare dell'ostaggio
(Alice) che avevano e che stavano torturando, perciò se avesse voluto
avrebbe potuto far stare zitto Garrett. Forse non lo riteneva una
minaccia e questo mi preoccupava non poco.
«Carlisle
ha garantito a noi tutti, quando ci ha detto cosa ci aspettava, che non
ci aveva chiamati qui per combattere. Questi testimoni» Garrett indicò
Siobhan e Liam «Hanno accettato di fornire le prove, di rallentare
l'avanzata dei Volturi con la loro presenza, così che Carlisle potesse
avere modo di perorare la sua causa. Ma alcuni di noi si sono chiesti» e
qui scoccò un'occhiata al viso di Eleazar «Se
il fatto che Carlisle avesse la verità dalla sua potesse bastare a
fermare la cosiddetta giustizia. I Volturi sono qui per proteggere la
sicurezza del nostri segreto, o per proteggere il loro potere? Sono
venuti a distruggere una creazione illecita, o uno stile di vita? Non
potrebbero accontentarsi del fatto che il pericolo si è rivelato un
semplice malinteso? Oppure procederanno anche senza la scusa di fare
giustizia? Abbiamo già le risposte a tutte queste domande. L'abbiamo
sentite nelle parole mendaci di Aro, poiché una dei nostri ha il dono di sapere per certo chi mente, e ormai le vediamo nel sorriso impaziente di Caius. Il loro corpo di guardia è soltanto un'arma priva
di intelligenza, uno strumento della sete di dominio assoluto dei loro
padroni. Ora, dunque, ci sono altre domande cui voi dovete assolutamente
rispondere. Chi vi comanda, nomadi? Rispondete alla volontà
di qualcun altro, oltre alla vostra? Siete liberi di scegliere la
vostra strada, o saranno i Volturi a decidere delle vostre vite? Io sono
venuto per testimoniare. Ora rimango per combattere. Ai Volturi non
importa niente che muoiano i mutaforma, o quella bambina umana» mi
indicò e io mi impettii fiera, anche se mi aveva definito “bambina”
«Vogliono che muoia il nostro libero arbitrio».
Guardò
di nuovo verso i testimoni dei Volturi, scrutando ogni viso a fondo.
Fui sollevata di vedere che il potere delle sue parole era evidente
nelle loro espressioni. «Potreste pensare di unirvi a noi. Se credete
che i Volturi vi lasceranno restare vivi a raccontare ciò che è successo
qui, vi sbagliate. Potremmo essere tutti annientati» disse alzando le
spalle «Oppure no. Forse le nostre forze sono meno impari di quanto
credono. Forse i Volturi finalmente hanno trovato qualcuno in grado di
tener loro testa. In ogni caso, vi prometto questo: se noi cadremo, sarà
lo stesso per voi».
Terminò
il suo discorso accalorato facendo un passo indietro per tornare al
fianco di Esme, poi saltò di nuovo avanti e si rannicchiò in guardia,
pronto al massacro.
Dietro di noi, i lupi ringhiarono tutti insieme e la piana si riempì di quel ruggito che sapeva di gloria.
Aro sorrise e non so proprio come fece, perché se fossi stata in lui me la sarei fatta addosso dalla paura «Proprio un bel discorso, mio rivoluzionario amico».
Garrett rimase in posizione di attacco.
«Rivoluzionario?»
Ruggì «Contro chi mi starei ribellando, se è lecito chiederlo? Sei
forse il mio re? Vuoi che ti chiami Signore anch'io, come quei
leccapiedi delle tue guardie?»
«Pace, Garrett» disse Aro, tollerante, ma il resto delle sue parole furono inudibili, inghiottite dagli ululati dei lupi.
Il
capo dei Volturi continuò a parlare, a gesticolare, ma sono certa che a
parte i più vicini a lui nessuno poteva udire le sue parole. I lupi lo
stavano sfidando apertamente, adesso, gli stavano mancando di rispetto,
ma Aro aveva troppa paura, sotto la recita di tolleranza e superiorità,
per contrattaccare.
Quando
finalmente, dopo cinque minuti di ululati, calò di nuovo un
quasi-silenzio (Esme singhiozzava ancora per Alice, che continuava ad
essere torturata e forse sarebbe impazzita), Aro disse:
«Chiediamolo
ai nostri testimoni. Ascoltiamo i loro pensieri, prima di prendere una
decisione. Dite, amici» ci diede le spalle con naturalezza, avanzando di
qualche metro in direzione della massa di osservatori nervosi, che
ondeggiava sempre più vicina al limitare della foresta «Cosa ne pensate
di tutto ciò? Posso garantire che i lupi non sono ciò che temevamo. Ci
assumiamo il rischio di lasciarli sopravvivere? Mettiamo in pericolo il
nostro mondo per conservare intatta la loro famiglia? Oppure ha ragione
lo schietto Garrett? Vi unirete a loro per contrastare la nostra
improvvisa sete di dominio?».
I
testimoni incrociarono il sguardo con espressioni caute. Una donna
minuta dai capelli neri diede un'occhiata fugace all'uomo biondo scuro
che le stava di fianco.
«Queste sono le uniche scelte che abbiamo?» Chiese d'un tratto «Dichiararci d'accordo con te o combattere contro di te?».
I
lupi scoppiarono di nuovo in ringhi e ululati di protesta, per
sottolineare quella domanda prima che Aro potesse rispondere. Allora
presi tutto il coraggio che avevo e avanzai. Non avevo più paura per me,
neanche un briciolo, ma adesso avevo anche un'idea.
«Vampiri testimoni!» Gridai e i lupi si zittirono tutti contemporaneamente «Aro dice un mucchio di putride stupidaggini e domande retoriche!».
Sapevo
che tutti avevano un udito abbastanza buono da sentirmi. Aro non mi
guardò con divertimento: era sbigottito. Come si permetteva una semplice
umana a sfidarlo così apertamente?
«E
così io direi stupidaggini, mia piccola umana?» Mi domandò,
avvicinandosi per quanto glielo permise il suo stesso corpo di guardia
«E di quali affermazioni stai parlando?»
«È
chiaro» risposi, determinata «Le tue insinuazioni non hanno alcun
fondamento. VOI potreste mettere in pericolo l'esistenza dei vampiri e
dei lupi Quileute tanto quanto loro, anzi, molto di meno. E sapete perché? Perché i lupi Quileute esistono da molto prima di voi e non si
sono certo lasciati scappare il segreto. Perché i lupi Quileute non
hanno ancora sterminato i vampiri come invece avrebbero dovuto fare.
Perché i lupi Quileute non hanno messo in piedi questa sceneggiata con
tutti quei testimoni e il corpo di guardia, una sceneggiata che potrebbe
rivelare a un sacco di gente l'esistenza dei vampiri» sospirai «E che
in effetti lo sta facendo».
La
mia arma segreta. L'arma segreta di cui non avevo parlato a nessuno.
L'avevo preparata in questi mesi e avevo evitato persino di pensarci
fino a quel momento. Era stato facile escluderla dai miei pensieri: non
volevo pensarci, perché era un azzardo, un piano con troppe falle, ma
poteva funzionare alla grande.
«Cosa vuoi dire, giovane umana Belarda?» Domandò Aro, fingendosi divertito
«Voglio
dire che ti sto riprendendo, pezzo di idiota. E sto riprendendo tutti
voi. E sto inviando le immagini a un cloud online, in pratica non potete
fermarmi né recuperare i filmati neanche se mi fate fuori. Potrei
trasmettere in tempo reale su internet, se volessi».
Avevo
rubato i soldi per comprare l'apparecchiatura ai Cullen, tanto stavo un
sacco di tempo in casa loro e Edward non poteva leggermi nel pensiero. A
dire il vero Carlisle mi aveva beccata (non ero la miglior ladra del
mondo e lui aveva i super sensi) ma quando gli avevo detto che avevo
bisogni di denaro e che avevo paura di chiederlo perché c'erano troppi
vampiri spaventosi in casa (balle, ma poteva funzionare), lui mi aveva
dato spontaneamente il triplo della cifra di cui avevo bisogno. Ah,
avere amici ricchi da far schifo! E io avevo installato delle telecamere
wireless nella radura, attaccate ad alcuni alberi. Era stato un inferno
e non avevo potuto dirlo assolutamente a nessuno, neanche a Jacob che
avrebbe potuto risparmiarmi un sacco di pena visto che ero negata a
installare roba, ma forse avevo fatto la mossa vincente. Mi concessi
finalmente di pensarlo. Di dirlo. Di vantarmi. Forse un piccolo gesto
umano poteva terrorizzare i vampiri più antichi in circolazione.
«È un bluff» Abbaiò Caius
«No»
risposi «Non lo è. Le telecamere sono puntate proprio su di voi. Voi
state rivelando, con tutto il vostro assembramento, la presenza dei
vampiri al mondo intero. Invece i licantropi non sono neanche in
inquadratura» sorrisi «E in ogni caso, anche se ci entrassero, io li
farei cancellare in fase di post-produzione prima di pubblicare il
filmato online. Solo voi sareste visibili»
«Le tecnologie degli umani hanno fatto passi da gigante» mi fece notare Aro «Nessuno crederà che siamo vampiri veri»
«Lo so» annuii «Ma Cosa ne pensate di tutto ciò? Posso garantire che i Volturi non sono ESATTAMENTE ciò che
temevamo. Ci assumiamo il rischio di lasciarli sopravvivere? Mettiamo
in pericolo il nostro mondo per conservare intatta la loro famiglia?»
scimmiottai il tono di Aro e mi complimentai mentalmente con me stessa
perché mi stava anche venendo bene «Non avete niente in mano. O ve ne
andate» feci il gesto del tagliagole, lentamente «O perite. In ogni caso
non avete ragione e chiamatemi petulante, ma, oh beh, è una gran
soddisfazione».
Ormai
i testimoni non erano più dalla loro parte, ero sicura che anche Aro lo
avesse compreso. Distolse lo sguardo da me (avevo appena insultato,
scimmiottato, disprezzato il capo dei Volturi e me la cavavo così? Wow) e
tornò dal suo corpo di guardia a passi lunghi e misurati. Si fermò
davanti a loro e li arringò con voce limpida.
«Siamo in minoranza, carissimi» Disse «Non possiamo aspettarci nessun aiuto dall'esterno».
Risi,
sollevata, e sentii i lupi sbuffare dietro di me. Aro lo aveva
pubblicamente ammesso! Tutti se n'erano accorti, finalmente, e non lo si
poteva più nascondere.
«Dobbiamo lasciare la questione irrisolta per salvarci la vita?»
«No, Signore» Dissero le guardie, all'unisono
«La protezione del nostro mondo può valere la probabile perdita di alcuni di noi?»
«Si. Non abbiamo paura».
Aro sorrise (com'è che non gli si era spezzata la faccia a furia di sorridere?) e si girò verso i suoi compagni nerovestiti.
«Fratelli» Disse cupo «Ci sono molti fattori da valutare»
«Consultiamoci» disse ansioso Caius
«Consultiamoci» ripeté Marcus, in tono indifferente.
Aro
ci voltò di nuovo le spalle, rivolgendosi verso gli anziani. Si presero
per mano e formarono un triangolo avvolto di nero. Mi sembrarono sempre
più infantili.
Non
appena l'attenzione di Aro fu catturata da quel muto consulto, alcuni
testimoni si dileguarono in silenzio nella foresta. Per il loro bene
sperai che fossero molto veloci.
«L'hai fatto davvero?» Mi domandò Edward, deglutendo
«Si»
alzai ancora di più il mento «Ho davvero installato delle telecamere
nella radura. Ho davvero sfidato Aro. L'ho davvero messo in difficoltà
e, grazie al supporto del discorso di Garrett, ho aperto gli occhi dei
suoi testimoni».
Sentimmo
una sorta di urlo sollevato, quasi di gioia, ed entrambi ci voltammo a
guardare Esme, che aveva smesso di lamentarsi e aveva aperto le braccia.
Alice, dall'altro lato del campo, si stava lentamente alzando in piedi:
la tortura era finita. Forse avevano capito che, visto che eravamo così
tanto in superiorità, li avremmo attaccati alla prima occasione di
sfida e continuare a fare del male ad una Cullen poteva essere
considerato un gesto abbastanza di sfida in effetti.
Alice si avvicinò a noi, l'espressione vuota.
«È lei» Disse, quando Esme la abbracciò, guardandomi da sopra la spalla di sua madre con quegli occhi vacui «È lei che cambia le sorti delle guerre»
«Lo so» sollevai il pollice in segno di trionfo.
Inaspettatamente, il volto di Alice fu stravolto da un'espressione d'ira
«Ti avevo mandato da Jenks! Ti avevo mandato da lui perché te ne andassi!»
«Cosa?» scossi la testa «Cioè, lo so, ma...»
«E
poi sono fuggita. Sono fuggita perché Edward non sapesse che ti avevo
mandata via. Pensavo che saresti stata furba, che avresti fatto i
documenti falsi, che ti saresti dileguata...»
«Alice, di cosa stai parlando?» le domandò Edward, avvicinandosi a lei e passandole con delicatezza una mano fra i capelli scompigliati da folletto
«Alice, di cosa stai parlando?» le domandò Edward, avvicinandosi a lei e passandole con delicatezza una mano fra i capelli scompigliati da folletto
«Di
lei» la voce di Alice era quasi un singhiozzo «Dovete ucciderla. È
pericolosa. È pericolosa per tutti i vampiri. Porterà la guerra e la
morte... ho provato a mandarla via, le ho lasciato dei messaggi, ma non
ha funzionato. Dovete ammazzarla».
Edward mi guardò. Era chiaro nei suoi occhi che non aveva alcuna intenzione di uccidermi e che mi avrebbe anzi protetta.
«Alice, sei sconvolta, tesoro» Mormorò Esme «Hai sofferto tanto, magari...»
«No, mamma!» ringhiò la chiaroveggente «L'ho visto nel futuro. Porterà la guerra. Dovete ucciderla, adesso».
Io
non dissi niente, ma rimisi in silenzio tutti i pezzi di quel puzzle al
loro posto. Non ero io il problema, non lo ero mai stata.
Alice era una traditrice e il suo piano mi si mostrava davanti agli
occhi come se lo stessi vedendo illustrato su un poster gigante.
Quindi
ecco cosa era successo: dopo la morte di Jasper, Alice era fuggita,
perché aveva appena scoperto che i Volturi stavano venendo a prenderci
(principalmente per colpa del suo ragazzo morto, che aveva creato così,
per svago, un cavolo di orso vampiro che se ce lo avessi avuto
sottomano in quel momento glielo avrei tirato in questa). Durante il
viaggio aveva probabilmente scoperto in qualche modo che io e Undertaker
eravamo i responsabili della morte del suo amato Jasper, così era
passata dalla parte dei Volturi per vendicarsi di noi. Con la scusa di
fare da “testimoni” ai Cullen, Alice aveva viaggiato per mandarci tutti i
vampiri, per radunare i migliori talenti ancora liberi del mondo,
avendo promesso ai Volturi di consegnarglieli tutti per ucciderli a
loro piacimento oppure reclutarli nella guardia. I Volturi ovviamente
desideravano che i “talentuosi” fossero tutti in un solo punto perché
sapevano che, se fosse sembrato che si stesse organizzando una rivolta,
di certo sarebbero stati coinvolti anche i vampiri rumeni che i Volturi
volevano distruggere una volta per tutte.
Alice
avevo però visto (possa essere maledetta la sua chiaroveggenza!) che il
mio contributo alla guerra avrebbe cambiato il corso degli eventi e
consegnato la vittoria a Quileute e Cullen. Lei però non poteva farmi
fuori direttamente poiché ero ben protetta (c'era anche Taker in giro a
quel tempo e non credo che Alice avrebbe avuto molte possibilità contro
di lui, specie perché stava allenando un branco di lupi mutanti che
hanno fatto fuori un orso vampiro). Allora mi aveva dato possibilità di
fuggire con l'espediente dell'avvocato J. Jenks, senza sapere che sarei
invece (per fortuna) rimasta a combattere a fianco dei miei amici,
cambiando tutte le sorti della battaglia.
«Traditrice» Sibilai «Hai venduto i lupi e tutti i vampiri ai Volturi». Se
il mio scudo magico avesse potuto soffocare, la avrei avvolta come mia
madre avvolgeva i vecchi cappotti nel cellophane: molto, molto stretta.
«È
questo che mi tenevi nascosto?» Sussurrò Edward, rivolto ad Alice. Sul
suo viso si dipinse una dolorosa smorfia di comprensione, forse la
stessa che era apparsa sul mio volto quando avevo collegato tutti gli
indizi forniti da sua sorella.
Jacob ringhiava piano,
un suono stridulo e basso, ma regolare e ininterrotto come se stesse
facendo le fusa. Aveva il pelo del collo ritti e i denti scoperti.
Vicinissimo a me, Seth era incredulo e non riusciva neppure ad essere
arrabbiato.
Alice afferrò una mano di Edward
«L'ho fatto per noi, fratello» disse «Per proteggere la nostra famiglia».
Esme
respirava a fatica. Mi passò davanti, sfiorandomi il viso con una
carezza, per poi andare a mettersi a fianco di Carlisle e stringergli la
mano.
In
lontananza, sembrava che qualcosa stesse succedendo, che i Volturi si
stessero muovendo. Il loro piccolo concilio stava per finire.
Di colpo fummo circondati di mormorii di addio e dichiarazioni di affetto.
«Se sopravviviamo a tutto questo» Sussurrò Garrett a Kate «Ti seguirò ovunque, donna»
«Adesso si è deciso a dirmelo» borbottò lei.
Tia accarezzò Benjamin sul viso. Lui ricambiò il sorriso, sereno, trattenendo la sua mano contro la guancia.
Non
vidi tutte le espressioni di amore e di dolore. Mi distrasse
un'improvvisa pressione che picchiettava contro l'esterno del mio scudo.
Non capivo da dove venisse, ma sembrava diretta verso gli estremi del
nostro gruppo, in particolare Siobhan e Liam, nuovamente. E nuovamente, la pressione non creò danni, limitandosi a sbatacchiare contro lo scudo e poi sparire.
Non
ci fu nessun altro mutamento nelle forme silenziose e immobili degli
anziani a consiglio. Ma forse qualche segnale mi era sfuggito.
«State pronti» Sussurrai agli altri «Si comincia. E per l'amor del cielo, tenetemi lontana Alice».
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