lunedì 24 dicembre 2018

Sunset 90 - Il potere e gli stratagemmi



Arretrammo spediti, senza distogliere lo sguardo dalla minaccia che si avanzava. Jacob fu il più lento e rinunciai a tirarlo: aveva il pelo ritto sulle spalle e mostrava le zanne ad Aro. Raggiungemmo la nostra famiglia nello stesso momento in cui i mantelli scuri tornarono a circondare Aro come onde di un mare notturno.
Restavano solo cinquanta metri a dividerci: la distanza che molti dei presenti poteva superare in un paio di balzi.
Caius cominciò subito a litigare con Aro, a voce così alta che era impossibile non sentirli anche da quella distanza. Meno male che dovevamo scusarli perché andavano a “conferire”, eh.
«Come fai ad accettare questa ignominia? Perché restiamo impotenti davanti a crimini così scandalosi, coperti da un inganno tanto ridicolo?». Ma di che cavolo stava parlando? Quale inganno?
Teneva le braccia rigide sui fianchi, le dita chiuse come artigli. Mi chiesi perché non si limitava a toccare Aro per comunicargli la sua opinione. C'era già una divisione nei loro ranghi? Eravamo così fortunati?
No. No... ci doveva essere qualcos'altro. Perché gli interessava che li sentissimo?
I Volturi facevano tutto per il loro pubblico. Se stavano mostrando qualcosa di trasparente come il discutere delle proprie opinioni di fronte a tutti, quando avrebbero avuto mezzi più discreti per appianare le loro divergenze, era per nascondere qualcos'altro di losco.
«Ti assicuro che i Cullen hanno spiegato tutto al meglio. Non ci sono infrazioni da punire» Disse Aro calmo «È tutto vero, ogni singola parola»
«Ci sono poche regole che sono state poste a tutela di tutti i vampiri» replicò Caius, come se non fossero stati loro a deciderle «Tra queste, i vampiri non devono farsi notare con cacce continue, e devono essere intelligenti abbastanza da proteggere il segreto. Un orso di certo non è in grado di svolgere questo compito tanto delicato»
«Ma Caius» ribatté Aro, delicato come una primula ghiacciata «Hai visto quanti testimoni sono pronti a confermare che quell'orso miracoloso è stato abbattuto. Non sarà più in grado di tradire il nostro segreto, anche grazie ai simpatici protettori pelosi» e li indicò con un gesto ampio e teatrale. Non c'erano più dubbi che volessero farsi vedere da tutti, andiamo.
Caius reagì in modo strano alle parole rasserenanti di Aro, sussultando lievemente nel sentire la parola “testimoni”. La rabbia svanì dai suoi lineamenti, sostituita da una freddezza calcolatrice. Fissò i testimoni dei Volturi con espressione che sembrava vagamente... nervosa.
Anch'io fissai la marmaglia inferocita e vidi subito che non si poteva più descrivere come tale: la frenesia di agire si era trasformata in confusione. Fra la folla ribollivano conversazioni sussurrate che cercavano di dare un significato a quanto stava accadendo.
«Ma sempre secondo le nostre leggi» Tornò alla carica Caius, accigliato «Le azioni dei vampiri neonati sono anche responsabilità del loro creatore. L'orso è stato distrutto, ma che mi dici del suo creatore? Non ne pagherà le conseguenze?»
«Pace, fratello. Sai che non è possibile mentirmi, e so con certezza dal mirabile Edward che la creazione dell'orso vampiro è accaduta in modo del tutto accidentale ad opera di uno dei suoi fratelli, il peculiare Jasper Cullen, che però è lontano dalla sua famiglia ormai da molto tempo. Temo che non potremo punirlo rimanendo qui»
«Forse è morto» borbottò Caius, e la figuretta incappucciata si immobilizzò sul posto come se avesse messo radici a rapidità incredibile.
«Può essere» Ammise Aro, dispiaciuto «Non abbiamo modo di saperlo»
«Ma se fosse morto, quale sarebbe la causa? Potrebbero essere i licantropi, come per il compagno della nostra informatrice»
«Ah, fratello...» Aro rispose alla frase di Caius con uno sguardo addolorato
«Difenderai anche quell'alleanza, Aro?» chiese perentorio Caius «I Figli della Luna sono nostri nemici giurati dai tempi dei tempi. Li abbiamo cacciati fin quasi a farli estinguere in Europa e in Asia. Eppure Carlisle incoraggia un rapporto familiare con questi parassiti, senza dubbio nel tentativo di spodestarci. Per meglio proteggere il suo guasto stile di vita».
Edward si schiarì la voce rumorosamente e Caius lo guardò torvo. Aro si mise una mano sottile e delicata sul viso, come fosse imbarazzato per l'altro anziano.
«Caius, è pieno giorno» Fece notare Edward indicando Jacob, alzando appena la voce per farsi sentire chiaramente da tutto il campo (che comunque aveva i super-sensi) «Questi non sono Figli della Luna, è chiaro. Non hanno alcun rapporto con i tuoi nemici dall'altra parte del mondo».
Avevo iniziato a sospettare che Aro e Caius stessero giocando al poliziotto buono e il poliziotto cattivo. Ma ora cominciavo a convincermi che la strategia di Caius per distrarci fosse sembrare uno scemo non azzeccandone una.
«Allevate dei mutanti qui in zona» Gli ribatté Caius. Santo cielo, non ci credevo che aveva risposto questa cosa.
Edward contrasse la mascella e poi la rilassò, infine rispose pacato: «Non sono nemmeno licantropi. Aro ti può raccontare tutto se non mi credi».
Non erano licantropi? Lanciai un'occhiata disorientata a Jacob. Sollevò le spalle enormi, poi le lasciò cadere: il suo modo di fare spallucce. Neanche lui sapeva di cosa parlava Edward.
«Caro Caius, ti avrei chiesto di non insistere su questo argomento se mi avessi messo a parte dei tuoi pensieri» fece Aro «Anche se quelle creature si ritengono dei licantropi, non lo sono. Il termine più appropriato per definirli sarebbe “mutaforma”. La scelta della forma di lupi è stata un puro caso. Poteva benissimo essere un orso, un'aquila, o una pantera, quando accadde la prima mutazione. Queste creature non hanno proprio nulla a che vedere con i Figli della Luna. Hanno ereditato dai loro padri sono la capacità di mutare. È genetica: non continuano la loro specie infettando altri, come i veri licantropi».
Caius guardò Aro torvo, con rabbia e anche qualcosa di più: un'accusa di tradimento, forse.
«Conoscono il nostro segreto» Disse con voce incolore.
Edward sembrava sul punto di rispondere a quell'accusa, ma Aro lo anticipò. «Sono creature del nostro mondo soprannaturale, fratello. Forse sono ancora più legati di noi alla segretezza: è altamente improbabile che ci denuncino. Stai attento, Caius. Le accuse pretestuose non ci portano da nessuna parte».
Caius respirò a fondo e annuì. Si scambiarono uno sguardo lungo ed espressivo.
Credevo di avere capito ciò che stava dietro le parole formulate con tanta attenzione di Aro: una cavolo di perdita di tempo. Le false accuse non avrebbero contribuito a convincere i testimoni presenti, da nessuna delle due parti: Aro stava esortando Caius a passare alla strategia successiva. Caius considerava probabilmente il massacro imminente molto più essenziale di una reputazione immacolata, e stava al gioco di Aro tenendogli il muso, dato che in realtà non ci stava.
Quanto erano patetici? Quelli erano la nobiltà dei vampiri? Stavano letteralmente provando qualunque strategia gli passasse per la mente davanti al nemico. Mi stavo ghiacciando le chiappe perché loro non erano neanche in grado di trovare un pretesto decente per fare a pezzi i loro nemici.
Questo non era epico. Questo era stupido. Ero pronta a combattere e dare la vita per i miei amici, ma non avevo intenzione di partecipare a questo stupido teatrino ed aspettare che gli venisse una buona idea.
Non so cosa avrei fatto se in quel momento non avessi colto con la coda dell'occhio un piccolo particolare. Rispetto a me era davvero piccolo: a questa distanza potevo indovinare più che vedere chiaramente le espressioni sul visetto del corpo di guardia, ma in quel momento mi parve cristallino che Jane mi stava fissando con sdegno e poi mi sorrise, snudando le zanne.
Fu quel sorrisetto insolente la goccia che fece traboccare il vaso.
Quella gente era assolutamente patetica, agiva sfruttando i propri poteri per comportarsi come bulletti di terza elementare, credevano che qualunque cosa gli fosse dovuta. Io avrei dovuto essere una preda per Jane. Che l'essere comparata a me l'avesse fatta irritare e spinta a farmi le boccacce da lontano mi fece infuriare: era così meschina da sentirsi messa in ridicolo da una ragazza che non conosceva, e perdere tempo e dignità mentre noi eravamo riuniti per combattere lì per la vita.
Se avesse usato il suo potere su di me o sui miei amici non sarebbe stato per un ideale di giustizia in cui credeva o per sopravvivere, ma per dimostrare al suo signore che era più brava e carina di Belarda Colazione Cigna.
La mia ira raggiunse l'apice, superò la furiosa sete di sangue che avevo provato nel momento in cui i lupi si erano impegnati in questo scontro dall'esito tragico. Sentivo fluire la furia come un'ondata, facendomi stringere la lingua tra i denti come se avessi dovuto mettermi a ringhiare come un lupo da un momento all'altro. Avevo i muscoli contratti, agivo per automatismi. Scagliai il mio scudo con tutta la forza che avevo nella mente, lo gettai come un giavellotto al di là della distesa immensa del campo, una lunghezza impossibile, dieci volte la distanza migliore che avessi mai raggiunto. Il respiro mi uscì rapido, sbuffando, per lo sforzo.
Lo scudo fuoriuscì da me in una bolla di energia pura, un fungo atomico di acciaio liquido, silenzioso e gonfio. Pulsava come una creatura vivente: lo sentivo alla perfezione, dalla sommità fino ai bordi.
Il tessuto elastico non subì alcun contraccolpo: in quell'istante di forza cruda capii che il rinculo che vi era stato in altre occasioni era colpa mia, che mi ero aggrappata a quella parte invisibile di me per autodifesa, rifiutando di lasciarla libera nel mio inconscio. In quel momento la sprigionai tutta e lo scudo esplose a una cinquantina di metri da me con un piccolo sforzo, prendendosi solo una minima parte della mia capacità di concentrazione. Lo sentivo flettersi, un muscolo come tanti che obbediva alla mia volontà, e mi sentii forte. Lo spinsi e gli diedi la forma di un lungo ovale appuntito, inglobando i miei alleati sotto la sua pellicola protettiva. Non era solo un metodo di difesa, ma c'era qualcos'altro: era insieme un muscolo ed un senso del tutto nuovo, con cui percepivo la diversità delle persone che entravano sotto il mio scudo come avrei potuto assaggiare sapori diversi. Avrei potuto imparare a riconoscerli se li avessi assaggiati uno ad uno, ma la portata del mio scudo faceva si che divenissero un cicaleccio di aure indistinto, confuso, corposo. Improvvisamente tutto quello che si trovava sotto lo scudo di ferro flessibile era diventato parte di me: sentivo la forza vitale di tutto ciò che copriva sotto forma di punti di calore luminoso, scintille di luce abbagliante che mi circondavano.
Mi sembrava che le più forti fossero quelle dei licantropi, come nella vita reale erano i più grandi e i più caldi. Non sapevo in base a cosa variasse la mia percezione di quelle lucine e cosa davvero rappresentassero, ma mano a mano che il bordo argenteo del mio scudo divorava metri velocemente e copriva in fretta i lupi, mi accorsi con stupore che nel momento in cui avvolse Sam e Ayita sotto la copertura, tutte le scintille dei lupi brillavano anche mentre erano fuori dalla portata di quel mio nuovo senso, fuori dalla cupola.
A quanto pareva, la loro mente era molto più interconnessa di quanto immaginassi. Se l'alfa era all'interno del mio scudo, la mente di tutti gli altri era altrettanto protetta.
Era passato si e no un secondo. Tutto era cambiato, ma nessuno si era accorto dell'esplosione, a parte me. Dalle labbra mi uscì una breve risata, intervallato da piccoli accessi di risa silenziosi. Nonostante questo, non sentivo la mia rabbia svanire.
Ma era controllata, infusa nel mio sforzo, un motore bruciante che rafforzava il mio autocontrollo e mi faceva sentire ebbra e viva.
Vidi gli altri che mi fissavano e gli occhi scuri di Jake e Seth che mi guardavano, il primo come se fossi impazzita, l'altro con preoccupazione.
Mi fece venire voglia di ridere ancora.
«Voglio parlare con l'informatrice» Annunciò Caius all'improvviso, rivolgendo lo sguardo verso Rosalie.
Rosalie non stava prestando attenzione alla conversazione fra Caius e Aro: aveva il viso contratto per la sofferenza, gli occhi fissi sulla sua famiglia, allineata e pronta a morire. Le si leggeva in faccia il rimpianto totale per aver mosso l'accusa.
Mi distrasse un'improvvisa pressione che picchiettava contro l'esterno del mio scudo. Non capivo da dove venisse, ma sembrava diretta verso gli estremi del nostro gruppo, in particolare Siobhan e Liam. La pressione non creò danni e poi sparì.
Non c'era stato alcun segno delle mani sfarfallanti di Aro oppure un cenno marziale di Caius. Se Marcus si era mosso dall'inizio del confronto, mi era sfuggito.
«Rosalie» abbaiò Caius, infastidito dal fatto di doverne richiamare l'attenzione.
Lei alzò lo sguardo, scossa e istantaneamente impaurita.
«Chelsea sta cercando di rompere i nostri legami» Sussurrò Edward, osservando con attenzione e quella che mi parve genuina preoccupazione la sorella «Ma non riesce a trovarli. Non ci sente...». Spostò lo sguardo su di me, incredulo. «Sei tu con il tuo scudo?».
Gli sorrisi risoluta, sicura di sembrare un po' insana: «Sto dominando tutta la situazione». Edward si sporse improvvisamente verso Carlisle. Al tempo stesso, accusai una stoccata più forte contro lo scudo, nel punto in cui avvolgeva protettivo la luce di Carlisle. Non fu dolorosa, ma nemmeno piacevole. Mi ricordava l'elettricità frizzante di quegli aggeggini per scherzi che davano la scossa, che durava solo pochi secondi alla volta.
«Carlisle? Tutto bene?» Gli chiese Edward angosciato
«Si. Perché?»
«Jane» Rispose Edward.
Caius schioccò le dita. Esitante, Rosalie si spostò dalle frange esterne della nostra formazione per trovarsi di nuovo in piedi davanti a Caius.
Riusciva a mantenere una certa grazia anche nella sua angoscia, tormentandosi le mani che giungeva rispettosamente di fronte a sé, come se fosse stata pronta a fare un inchino da un momento all'altro.
Nel momento stesso in cui Edward pronunciò il suo nome, Jane lanciò una dozzina di attacchi acuminati nel giro di un secondo martellando la superficie elastica dello scudo, diretti verso dodici punti luminosi diversi. Appena mi resi conto che la prima scarica era finita, allentai la presa in fretta per verificare che lo scudo non avesse subito danni. A quanto pareva, Jane non era stata in grado di perforarlo. Mi guardai intorno rapida; stavano tutti bene.
«E così, a quanto pare, le tue accuse erano alquanto infondate»> Esordì Caius.
Tanya, Kate e Carisle si sporsero in avanti, ansiosi.
Edward riservò un'occhiata apprensiva alla sorella, ma i pensieri del corpo di guardia sembrarono catturare immediatamente la sua attenzione, e il suo sguardo ambrato si affilò nuovamente. «Incredibile» Disse.
«Ma perché non aspettano un verdetto?» Sibilò Tanya «Stanno ancora interrogando l'informatrice, perché ci attaccano ora?»
«È la loro procedura normale» rispose brusco Edward «Di solito rendono inoffensive le persone sotto processo, in modo che non possano fuggire».
«Mi dispiace» Disse Rosalie. C'era un'esitazione nella sua voce femminile e nitida, simile all'inflessione di una persona che sussurri, ma parlava a volume abbastanza alto perché persino io riuscissi a sentirla con chiarezza «Avrei dovuto verificare meglio ciò che vedevo. Ma in quel momento io ero...». Fece un gesto debole nella nostra direzione, ma sembrò perdere la forza mentale per completare la frase.
Guardai dalla parte di Jane, che fissava il nostro gruppo furiosa ed incredula. Ero piuttosto sicura che, a parte me, non avesse mai visto nessuno restare in piedi dopo un suo attacco feroce.
Probabilmente il mio non fu un gesto molto maturo. Ma immaginai che Aro ci avrebbe messo un secondo a fare il collegamento appena si sarebbe reso conto di ciò che era successo, e avrebbe capito che il mio scudo era molto più potente di quanto Edward stesso avesse pensato pochi secondi prima: avevo già un bersaglio gigantesco disegnato sulla fronte per il mio essere umana, e non c'era più motivo per cercare di mantenere segreto quello che ero capace di fare. Quindi scoccai un sorriso compiaciuto in direzione di Jane (più un ghigno, pensai, rendendomi conto distrattamente di stare mostrando troppi denti).
Lei strinse gli occhi e sentii un'altra fitta di pressione, questa volta diretta in particolare a me.
Quando non ebbe effetto, Jane si fece sfuggire un grido acuto misto ad un ringhio. Tutti sussultarono, persino il disciplinato corpo di guardia. Ma non gli anziani: Caius sembrava del tutto disinteressato alla rabbia della loro accolita, mentre Rosalie si era ingobbita istintivamente, quasi preparandosi a combattere. Alec trattenne la gemella per il braccio mentre si accucciava, pronta a balzare.
I rumeni cominciarono a sghignazzare maligni, pregustando quello che sarebbe successo.
«Te l'ho detto che questa era il nostro momento» Disse Vladimir a Stefan
«Guarda un po' che faccia fa quella strega» ridacchiò Stefan.
Alec confortò la sorella con una pacca sulla spalla, poi la prese sottobraccio, mentre Caius attirava nuovamente l'attenzione di Rosalie schioccando le dita irritato. Alec si girò verso di noi, imperturbato, con aria angelica.
Mi aspettavo una pressione, un qualche segno del suo attacco, ma non avvertii nulla. Continuava a fissare nella nostra direzione, con il bel viso inalterato. Ci stava attaccando? Stava perforando il mio scudo senza che neppure me ne accorgessi?
La reazione esagerata della “gemella stregata” non fermò il processo, mentre Aro interveniva schierandosi ancora una volta contro il fratello, sempre con quel suo tono bonario e allegro. «Caro Caius, come credi che potesse comprendere una situazione così strana? Noi possiamo certamente vantare più esperienza, ma sul momento avremmo tratto le stesse conclusioni. Credo che abbia comunque compiuto il suo dovere nell'avvisarci».
Caius schioccò le dita in direzione di Aro per zittirlo, brusco.
Era così: Aro sfarfallava le mani e Caius schioccava le dita. Mi chiesi se Marcus avesse avuto anche lui qualche gesto-simbolo prima di cadere in stato catatonico. Magari faceva un balletto o qualcosa del genere.
«Sappiamo tutti che hai fatto un errore» Disse imperterrito l'anziano «Intendevo parlare delle tue motivazioni».
Rosalie aspettò nervosa che continuasse, ma, quando fu chiaro che non lo avrebbe fatto, ripeté: «Le mie motivazioni?»
«Si, anzitutto cosa ti ha spinto ad agire all'insaputa del resto della tua famiglia».
Rosalie sussultò sentendo le parole “all'insaputa”.
«Eri in contrasto con i tuoi familiari?».
Lei guardò Carlisle con occhi disperati. «No. Amavo e amo ancora la mia famiglia, ma sapevo che avrebbero cercato di fermarmi, non mi avrebbero capita»
«Perché?» la incalzò Caius
«Perché credevo che i licantropi avessero ucciso il mio compagno» sussurrò «E i Cullen, la mia famiglia, non si sarebbero fatti da parte per lasciarmelo vendicare»
«I mutaforma, si chiamano» la corresse Aro con gentilezza
«Quindi i Cullen si sono alleati con i mutaforma contro quelli della nostra razza, persino contro il compagno di una dei loro stessi membri, cioè, contro un altro dei loro stessi membri» sintetizzò Caius.
Sentii Edward che emetteva un suono nauseato sottovoce, e per una volta fui d'accordo con lui. Quell'accusa traballava peggio di un elefante su una fune. Caius stava spuntando una voce della sua lunga lista di scuse che traballavano come elefanti su una fune, cercando un'accusa che resistesse.
Rosalie irrigidì le spalle. «Io la vedo così».
In quel momento, Edward sibilò e sussurrò verso di me, in tono stranamente asciutto:
«Il suo dono è più lento di quello di Jane. Avanza strisciando. Ci raggiungerà fra qualche secondo». Capii immediatamente quello a cui si riferiva. Alec.
Fu allora che la vidi, quando seppi cosa dovevo cercare.
Sopra la neve fluiva lentamente una strana foschia limpida, quasi invisibile sullo sfondo bianco, dalla qualità sottile come filamenti densi, tentacoli sottili. Mi ricordava un miraggio: una lieve distorsione della vista, un barlume. Volevo allargare lo scudo oltre Carlisle e il resto della nostra prima linea, perché temevo la vicinanza di quella foschia furtiva nel momento in cui avrebbe avviluppati. Scoprii con una fitta gelida di non riuscire ad allargarlo più di così senza che i suoi bordi iniziassero a vacillare e tremare, esattamente come un muscolo inizia a tremare e a rispondere male quando contorto in una posizione innaturale. Ero al mio limite, non potevo fare più di così.
Un brontolio basso attraversò il terreno sotto i nostri piedi e una folata di vento soffiò via la neve in turbini improvvisi nello spazio fra la nostra postazione e quella dei Volturi. Benjamin aveva visto la minaccia strisciante e stava cercando di dirottare la foschia lontano da noi, con sferzate di vento che sollevavano la neve in turbini imprecisi, che rendevano facile capire da dove quello stesso vento provenisse.
Il potere di Alec allora poteva essere percepito anche dagli altri, al contrario di quello di Jane. Tuttavia la nebbia non reagiva in nessun modo alle interferenze frenetiche di Benjamin, come se non fossero sullo stesso piano fisico, o la nebbia fosse solo stata un'illusione ottica.
La formazione dei due anziani che fronteggiavano Rosalie e il loro colloquio fu spezzato quando, con un atroce cigolio, in mezzo alla radura si aprì una faglia profonda e stretta, una lunga linea a zigzag. Per un attimo la terra mi tremò sotto i piedi. Le folate di neve precipitarono nel buco avvitandosi, ma la foschia riuscì a passarci sopra, immune alla gravità come lo era al vento.
Aro e Caius spalancarono gli occhi nel vedere la terra che si apriva. Marcus, invece, ancora non tradiva alcuna emozione.
Tacquero, in evidente attesa che la foschia ci raggiungesse. Il vento sibilava più forte, ma non cambiava il percorso della nebbia. Ora Jane sorrideva di nuovo.
Poi la foschia si raggrumò intorno ad un confine invisibile a mezz'aria, turbinando dolcemente come un'onda marina pronta a ritirarsi nuovamente nell'oceano.
Ne sentii il sapore appena toccò il mio scudo: aveva un gusto denso, dolce, stucchevole. Mi ricordava vagamente la novocaina quando mi desensibilizzava la lingua.
La foschia si arricciò verso l'alto, cercando una falla, un punto debole. Non ne trovò.
Le dita della nebbia perlustrarono in alto e intorno a sé, cercando un modo per entrare, alzandosi sempre di più come un muro che bloccava il riverbero della neve e bloccava parzialmente la luce dal colpirci. Il muso di Jacob si voltò a fissarmi stupito, mutando velocemente colore man a mano che il potere di Alec si innalzava sul mio scudo, come se le nuvole avessero coperto il sole.
La nebbia generata da Alec comunque non era abbastanza densa da impedirci del tutto la visuale, ed aveva un'estensione limitata. Si fermò, aderendo ai bordi del mio scudo come in un ultimo disperato tentativo di penetrarlo, e nel farlo evidenziò le proporzioni incredibili di quello schermo protettivo.
Da entrambi i lati dello squarcio creato da Benjamin la gente rimase a bocca aperta.
«Bel colpo, Belarda!» Esultò Benjamin a voce bassa.
Mi ritornò il sorriso.
Vedevo gli occhi socchiusi di Alec, il dubbio dipinto per la prima volta su quei lineamenti, mentre la sua foschia mulinava innocua intorno ai bordi del mio scudo.
E fu allora che capii che ce la potevo fare. Ovvio, sarei diventata l'obiettivo numero uno, la prima a dover morire, ma finché resistevo eravamo in gara contro i Volturi. Noi avevamo ancora Benjamin e Zafrina, mentre finché io reggevo avevo reso i loro gemelli stregati praticamente inutili.
Un'altra delle strategie sceme dei Volturi che potevano andare a farsi benedire.
Caius aspettò di nuovo, calcolando la situazione, lambiccandosi un po' il cervello, ed infine imbeccando Rosalie che era ancora in attesa: «Se volessi fare un reclamo formale contro i mutaforma, o contro i Cullen per averli sostenuti, questo sarebbe il momento opportuno». Fece un sorrisino crudele, in attesa che Rosalie gli fornisse la sua prossima scusa.
Potevo odiare a morte i Cullen quanto mi pareva e piaceva, ma era innegabile che quello tra loro fosse un legame forte e protettivo degno di quello di una vera famiglia. Anche una famiglia di pazzi con capelli di dubbio gusto rimaneva pur sempre tale.
Caius stava sottovalutando questo legame, o forse non riusciva proprio a capire le vere famiglie, i rapporti basati sull'amore e non sull'amore per il potere. Forse aveva sopravvalutato la forza trascinante della vendetta.
Rosalie alzò di scatto la mascella richiudendo la bocca con un netto clac dei denti gli uni contro gli altri, e raddrizzò le spalle.
«No, non ho reclami da fare contro i lupi né contro i Cullen. Oggi voi siete venuti per distruggere un orso vampiro. Ma non esiste più nessun orso vampiro, né il suo creatore. Siete venuti a distruggere Figli della Luna, ma qui non vi sono Figli della Luna. È stato un mio errore e me ne assumo completamente la responsabilità. Ma la mia famiglia è innocente e non avete più motivi validi per la vostra presenza qui».
Me ne sentii toccata. Rosalie – che se ne rendesse conto o meno, ma credevo che fosse di proposito – con quell'ultima frase aveva cercato di proteggermi. Io ero un'infrazione alla legge bella e buona, anche se non degna dell'intero corpo di guardia, mogli, animali domestici e cugini dall'Australia perduti da tempo dei Volturi.
In effetti, mi chiedevo perché stessero ignorando un argomento così valido come la mia presenza in favore di tutte quelle altre stupidaggini.
Rosalie sorrise verso di noi, i capelli di un biondo splendente, che sembravano un'aureola attorno al bel volto pallidissimo.
Mentre lei parlava Caius alzò la mano. La lunga manica scura dell'anziano e la lontananza non mi avevano consentito di accorgermene, ma reggeva uno strano oggetto di metallo, inciso e decorato, simile ad una specie di piccolo bastone tozzo con un'estremità tondeggiante.
Era un segnale. La reazione fu talmente veloce che non ebbi tempo di elaborare cosa provassi in merito; finì prima ancora che ci fosse il tempo di reagire.
La figura fuori dalla formazione cacciò un urlo di rabbia e paura e si scagliò contro Caius, ma come se fosse rimbalzata su un cuscinetto d'aria si allontanò improvvisamente, tornando indietro e venendo abbrancata da due soldati dei Volturi ai suoi fianchi. Tre soldati dei Volturi fecero un balzo in avanti e Rosalie fu completamente oscurata dai loro mantelli grigi. Nello stesso istante, dalla radura si levò un orribile stridore metallico. Caius entrò strisciando al centro della mischia grigia, e quel grido stridulo e sconvolgente esplose subito in un sorprendente geyser di scintille e lingue di fuoco, mischiandosi alle urla della figura incappucciata che si dibatteva.
I soldati arretrarono con un balzo da quell'inferno improvviso, riprendendo subito i propri posti nella linea perfettamente retta del corpo di guardia.
Caius restò solo a fianco dei resti ardenti di Rosalie e l'oggetto di metallo che teneva in mano emanava ancora una densa fiammata in direzione della pira.
Con un lieve scatto, il getto di fuoco che usciva dalla mano di Caius sparì. Dalla massa di testimoni dietro ai Volturi si levò un rantolo.
Noi eravamo troppo sbigottiti per fare alcun rumore. Vedere la cenere scura sparsa sul freddo della neve, che si stava sciogliendo e annacquando, mischiando con quella stessa cenere, e conciliarlo con la nostra alleata era davvero, davvero difficile.
In quell'attimo capii che Caius non aveva mai sottovalutato il legame di una vera famiglia. Era questo lo stratagemma, non altri. Non voleva il reclamo di Rosalie: voleva la sua sfida. Una scusa per distruggerla, per scatenare la violenza che riempiva l'aria come una foschia spessa e combustibile.
Lui aveva gettato il fiammifero.
Caius sorrise, freddo. «Finalmente si è assunta tutta la responsabilità delle sue azioni».
Il suo sguardo balenò sulle nostre linee, soffermandosi rapidamente sulle sagome immobili di Carlisle ed Esme.
«Fermatela!» Gridò Edward, precipitandosi ad afferrare per un braccio la sua madre adottiva, mentre lei saltava verso Caius con un folle grido di rabbia cruda. Non riuscì a scrollarsi di dosso Edward solo perché Carlisle le aveva stretto le braccia intorno alla vita.
«È troppo tardi per aiutarla, mamma» Rifletté pressante mentre lei si dibatteva «Non dargli quello che vuole!».
Esme si fermò, annuendo, con il volto distrutto, le braccia che si stringevano l'una all'altra, respirando pesantemente anche se era chiaro che non aveva bisogno di ossigenarsi. Vecchi strascichi di abitudine da una vita passata. Carlisle la lasciò andare immediatamente, ma Edward gridò «NO!».
Quella di Esme era una finta. Si lanciò nel primo passo dell'attacco che sarebbe potuto finire con la morte di tutti. Garrett le si avventò addosso, atterrandola, la strinse con le braccia, serrando le mani intorno ai suoi polsi. Esme lo morse. Non avevo mai immaginato che tanta furia potesse esistere in un corpo così piccolo, dietro un faccino così dolce. Vidi Garrett percorso da spasmi di dolore mentre lei si ribellava contro di lui, che era stato preso di sorpresa e aveva allentato la presa. Esme era sul punto di ricominciare la sua corsa.
«Zafrina!» Gridò Edward.
Lo sguardo di Esme si fece vacuo e le sue grida belluine si trasformarono in gemiti, poi smise di fare resistenza
«Ridammi la mia vista» sibilò.
Disperatamente, ma con tutta la delicatezza di cui ero capace, resi lo scudo ancora più attillato attorno alle scintille dei miei amici. Garrett riprese il controllo, tenendo ferma Esme sulla neve.
«Se ti lascio alzare, mi atterri di nuovo, Esme?» Le sussurrò.
Per tutta risposta lei ringhiò, dibattendosi ancora come una forsennata.
«Ascoltami, ascoltami Esme» Disse Carlisle, in un sussurro colmo di rabbia e di tristezza «Al momento, vendicare nostra figlia non serve a niente. Rosalie non vorrebbe vederci sprecare così la nostra vita. Pensa a quello che stiamo facendo! Se li assali, moriremo tutti».
Esme, le spalle incurvate per il dolore, si appoggiò a Carlisle e lui e Garrett continuarono a cercare di consolarla con parole troppo pressanti per sembrare di conforto.
Tornai a rivolgere l'attenzione agli sguardi fissi che calavano pesanti sul nostro momenti di confusione. Con la coda dell'occhio vedevo che Edward e tutti gli altri, esclusi Carlisle e Garrett, avevano assunto di nuovo la posizione di guardia.
Lo sguardo più truce di tutti arrivava da Caius, che fissava incredulo Esme e Garrett a terra sulla neve. Anche Aro li guardava e sul viso gli si leggeva un'espressione incredula.
Il corpo di guardia dei Volturi non era più sull'attenti: erano accucciati, pronti a lanciare il contrattacco non appena avessimo agito.
Dietro di loro, quarantatré testimoni assistevano con espressioni molto diverse da quelle che avevano quando erano entrati nella radura. La confusione si era trasformata in sospetto. L'uccisione di Rosalie, veloce come la luce, li aveva scossi. Che male aveva fatto?
Senza la reazione immediata su cui Caius aveva contato per distogliere l'attenzione dal suo gesto sconsiderato, i testimoni dei Volturi si ritrovavano a chiedersi cosa stesse succedendo. Aro guardò di sfuggita alle sue spalle mentre lo osservavo e il suo volto tradì un barlume di contrarietà. Il suo bisogno di pubblico si era ritorto contro di lui.
Sentii Stefan e Vladimir mormorare esultanti per il disagio di Aro. Lui, ovviamente, era preoccupato di mantenere la sua patina di correttezza, come avevano detto i rumeni, ma non credevo che i Volturi ci avrebbero lasciati in pace solo per salvarsi la reputazione.
E all'improvviso udii gridare una voce conosciuta, chiara e cristallina, sovrastando qualunque altro rumore nella piana. La voce di qualcuno che non avrebbe dovuto trovarsi lì.
Alice. Alice era stata lì fin dall'inizio dell'attacco: era la piccola figura incappucciata che si aggirava fuori dalla formazione, quella specie di piccolo pariah che non conoscevo.
Ricordai improvvisamente che Edward era apparso confuso quando i Volturi erano arrivati, come se sentisse nella testa voci che non avrebbero dovuto esserci, come se fosse diventato più pazzo di quel che era. Ecco perché! Sentiva la voce di Alice, ma non riusciva a capire da dove veniva... o forse, semplicemente, si rifiutava di crederlo.
Alice urlò, con ira
«ARO! Avevi detto che la mia famiglia sarebbe sopravvissuta tutta! AVEVI DETTO CHE LI AVRESTI RISPARMIATI!».
«Alice» Sussurrò Esme, sconvolta.
Carlisle alzò la testa come se gli avessero dato la scossa elettrica
«ALICE?!» urlò, allargando le braccia «Alice!».
Ma la sua figliola adottiva lo ignorò completamente.
«Mi avevi detto, Aro, mi avevi detto che non avresti ucciso nessun Cullen se avessi fatto in modo di riunire tutti i migliori vampiri qui per te! Io l'ho fatto! E tu hai ucciso mia sorella, bastardo!»
«Pace, Alice!» Aro alzò una mano «Io ho mantenuto la promessa. È stato Caius a...».
Alice corse verso di lui, ma ancora una volta non riuscì ad attaccarlo, cambiando direzione all'ultimo momento. Capii immediatamente che era lo scudo di Renata che la respingeva.
Caius schioccò le dita e disse solo «Jane».
Alice ebbe uno spasmo e il cappuccio le cadde all'indietro, rivelando che era davvero lei, poi iniziò ad emettere una sorta di squittio terrificante mentre finiva in ginocchio sulla neve e tremava rannicchiandosi. Jane la stava attaccando senza pietà, torturandola.
«Alice!» Gridò Edward «Perché? Perché? PERCHÉ?!»
«Edward, calmati» gli intimò Carlisle, che però tremava quasi quanto sua figlia nel tentativo di darsi un contegno.
Alice aveva organizzato tutto per permettere ai Volturi di uccidere o incorporare tutti i migliori vampiri del mondo? Alice ci aveva traditi tutti? Non ero sorpresa. Ma quella rivelazione faceva male lo stesso. Quella pazza malvagia si meritava di essere torturata, si meritava le stilettate di atroce dolore che stava provando, ma temevo che quella tortura avrebbe provocato qualcosa di più grande.
E avevo ragione.
Esme prese a piangere forte, le sue grida che facevano eco a quelle più stridule della figlia adottiva. La tortura non accennava a smettere.
Garrett, nel momento in cui avrebbe dovuto stringere più forte Esme, si alzò in piedi lasciandola andare. Alzò il mento con fierezza, gettò lo sguardo sulla massa accalcata in fondo al prato e si rivolse direttamente ai testimoni dei Volturi.
«Sono venuto qui su richiesta di Carlisle, come gli altri, per fare da testimone» Disse, la voce alta e chiara, infervorata «Il che di sicuro non si rende più necessario, visto che nessuna legge è stata infranta, come tutti potete vedere» puntò il dito verso i vampiri diffidenti «Conosco almeno due di voi, Makenna e Charles, e vedo che molti altri sono girovaghi, vagabondi come me. Che non rispondono a nessun padrone».
Alice smise di urlare, ma solo perché non aveva più aria nei polmoni, e giacque sulla neve, rannicchiata con le mani fra i capelli e i muscoli contratti allo spasimo. La sua faccia era il ritratto del dolore.
«Riflettete attentamente su quello che vi dico ora!» Gridò ancora Garrett «Questi anziani non sono venuti qui in cerca di giustizia come vi hanno detto. Noi l'avevamo già sospettato e ora ce ne danno la prova. Sono arrivati qui fuorviati, eppure con una scusa valida per l'azione che avevano in programma. Ora siate testimoni che cercano scuse deboli per proseguire con la loro vera missione. Siate testimoni del fatto che si sforzano di trovare una giustificazione per il loro vero scopo: distruggere questa famiglia» con un cenno indicò Carlisle ed Esme «I Volturi sono venuti a eliminare quelli che percepiscono come rivali. Forse anche voi, come me, guardate gli occhi dorati dei membri di questo clan e ne restate stupiti. È vero, è difficile capirli. Ma gli anziani guardano e vedono qualcosa al di là della loro strana scelta. Vedono il potere».
E io vedevo il potere nel discorso di Garrett, che si stava trasformando in un crescendo, sottolineato dal pianto disperato di una madre. Se all'improvviso tutti i testimoni fossero stati dalla nostra parte, c'erano buone probabilità che i Volturi ci avrebbero davvero lasciati in pace e se ne sarebbero tornati in chissà quale buco sudicio e insanguinato da cui provenivano.
«Con i miei occhi sono stato testimone dei legami che corrono fra i membri di questa famiglia: e dico famiglia, non congrega. Questi strani vampiri dagli occhi dorati rinnegano la loro stessa natura. Ma in cambio hanno forse trovato qualcosa che vale più della semplice gratificazione del desiderio? Nel tempo passato qui, li ho studiati un pochino e mi sembra che la qualità intrinseca di questi intensi legami di famiglia, anzi, ciò che li rende possibili, sia il carattere pacifico di una vita fatta di sacrifici. Qui non ci sono aggressioni come abbiamo osservato tutti nei clan meridionali, cresciuti e diminuiti rapidamente a furia di faide selvagge. Non c'è sete di dominio. E Aro lo sa meglio si me».
Osservai il viso di Aro mentre le parole di Garrett lo accusavano, in preoccupata attesa di una reazione di qualche tipo. Ma Aro aveva un'espressione di gentilezza divertita, come se esercitasse la pazienza perché il bambino capriccioso si accorgesse che nessuno prestava attenzione alla sua scenata. In effetti mi preoccupava... perché lo lasciava parlare così liberamente? Aro era in una posizione di potere, donatagli dalla sua natura “nobile” e dalla presenza del suo corpo di guardia, per non parlare dell'ostaggio (Alice) che avevano e che stavano torturando, perciò se avesse voluto avrebbe potuto far stare zitto Garrett. Forse non lo riteneva una minaccia e questo mi preoccupava non poco.
«Carlisle ha garantito a noi tutti, quando ci ha detto cosa ci aspettava, che non ci aveva chiamati qui per combattere. Questi testimoni» Garrett indicò Siobhan e Liam «Hanno accettato di fornire le prove, di rallentare l'avanzata dei Volturi con la loro presenza, così che Carlisle potesse avere modo di perorare la sua causa. Ma alcuni di noi si sono chiesti» e qui scoccò un'occhiata al viso di Eleazar «Se il fatto che Carlisle avesse la verità dalla sua potesse bastare a fermare la cosiddetta giustizia. I Volturi sono qui per proteggere la sicurezza del nostri segreto, o per proteggere il loro potere? Sono venuti a distruggere una creazione illecita, o uno stile di vita? Non potrebbero accontentarsi del fatto che il pericolo si è rivelato un semplice malinteso? Oppure procederanno anche senza la scusa di fare giustizia? Abbiamo già le risposte a tutte queste domande. L'abbiamo sentite nelle parole mendaci di Aro, poiché una dei nostri ha il dono di sapere per certo chi mente, e ormai le vediamo nel sorriso impaziente di Caius. Il loro corpo di guardia è soltanto un'arma priva di intelligenza, uno strumento della sete di dominio assoluto dei loro padroni. Ora, dunque, ci sono altre domande cui voi dovete assolutamente rispondere. Chi vi comanda, nomadi? Rispondete alla volontà di qualcun altro, oltre alla vostra? Siete liberi di scegliere la vostra strada, o saranno i Volturi a decidere delle vostre vite? Io sono venuto per testimoniare. Ora rimango per combattere. Ai Volturi non importa niente che muoiano i mutaforma, o quella bambina umana» mi indicò e io mi impettii fiera, anche se mi aveva definito “bambina” «Vogliono che muoia il nostro libero arbitrio».
Guardò di nuovo verso i testimoni dei Volturi, scrutando ogni viso a fondo. Fui sollevata di vedere che il potere delle sue parole era evidente nelle loro espressioni. «Potreste pensare di unirvi a noi. Se credete che i Volturi vi lasceranno restare vivi a raccontare ciò che è successo qui, vi sbagliate. Potremmo essere tutti annientati» disse alzando le spalle «Oppure no. Forse le nostre forze sono meno impari di quanto credono. Forse i Volturi finalmente hanno trovato qualcuno in grado di tener loro testa. In ogni caso, vi prometto questo: se noi cadremo, sarà lo stesso per voi».
Terminò il suo discorso accalorato facendo un passo indietro per tornare al fianco di Esme, poi saltò di nuovo avanti e si rannicchiò in guardia, pronto al massacro.
Dietro di noi, i lupi ringhiarono tutti insieme e la piana si riempì di quel ruggito che sapeva di gloria.
Aro sorrise e non so proprio come fece, perché se fossi stata in lui me la sarei fatta addosso dalla paura «Proprio un bel discorso, mio rivoluzionario amico».
Garrett rimase in posizione di attacco.
«Rivoluzionario?» Ruggì «Contro chi mi starei ribellando, se è lecito chiederlo? Sei forse il mio re? Vuoi che ti chiami Signore anch'io, come quei leccapiedi delle tue guardie?»
«Pace, Garrett» disse Aro, tollerante, ma il resto delle sue parole furono inudibili, inghiottite dagli ululati dei lupi.
Il capo dei Volturi continuò a parlare, a gesticolare, ma sono certa che a parte i più vicini a lui nessuno poteva udire le sue parole. I lupi lo stavano sfidando apertamente, adesso, gli stavano mancando di rispetto, ma Aro aveva troppa paura, sotto la recita di tolleranza e superiorità, per contrattaccare.
Quando finalmente, dopo cinque minuti di ululati, calò di nuovo un quasi-silenzio (Esme singhiozzava ancora per Alice, che continuava ad essere torturata e forse sarebbe impazzita), Aro disse:
«Chiediamolo ai nostri testimoni. Ascoltiamo i loro pensieri, prima di prendere una decisione. Dite, amici» ci diede le spalle con naturalezza, avanzando di qualche metro in direzione della massa di osservatori nervosi, che ondeggiava sempre più vicina al limitare della foresta «Cosa ne pensate di tutto ciò? Posso garantire che i lupi non sono ciò che temevamo. Ci assumiamo il rischio di lasciarli sopravvivere? Mettiamo in pericolo il nostro mondo per conservare intatta la loro famiglia? Oppure ha ragione lo schietto Garrett? Vi unirete a loro per contrastare la nostra improvvisa sete di dominio?».
I testimoni incrociarono il sguardo con espressioni caute. Una donna minuta dai capelli neri diede un'occhiata fugace all'uomo biondo scuro che le stava di fianco.
«Queste sono le uniche scelte che abbiamo?» Chiese d'un tratto «Dichiararci d'accordo con te o combattere contro di te?».
I lupi scoppiarono di nuovo in ringhi e ululati di protesta, per sottolineare quella domanda prima che Aro potesse rispondere. Allora presi tutto il coraggio che avevo e avanzai. Non avevo più paura per me, neanche un briciolo, ma adesso avevo anche un'idea.
«Vampiri testimoni!» Gridai e i lupi si zittirono tutti contemporaneamente «Aro dice un mucchio di putride stupidaggini e domande retoriche!».
Sapevo che tutti avevano un udito abbastanza buono da sentirmi. Aro non mi guardò con divertimento: era sbigottito. Come si permetteva una semplice umana a sfidarlo così apertamente?
«E così io direi stupidaggini, mia piccola umana?» Mi domandò, avvicinandosi per quanto glielo permise il suo stesso corpo di guardia «E di quali affermazioni stai parlando?»
«È chiaro» risposi, determinata «Le tue insinuazioni non hanno alcun fondamento. VOI potreste mettere in pericolo l'esistenza dei vampiri e dei lupi Quileute tanto quanto loro, anzi, molto di meno. E sapete perché? Perché i lupi Quileute esistono da molto prima di voi e non si sono certo lasciati scappare il segreto. Perché i lupi Quileute non hanno ancora sterminato i vampiri come invece avrebbero dovuto fare. Perché i lupi Quileute non hanno messo in piedi questa sceneggiata con tutti quei testimoni e il corpo di guardia, una sceneggiata che potrebbe rivelare a un sacco di gente l'esistenza dei vampiri» sospirai «E che in effetti lo sta facendo».
La mia arma segreta. L'arma segreta di cui non avevo parlato a nessuno. L'avevo preparata in questi mesi e avevo evitato persino di pensarci fino a quel momento. Era stato facile escluderla dai miei pensieri: non volevo pensarci, perché era un azzardo, un piano con troppe falle, ma poteva funzionare alla grande.
«Cosa vuoi dire, giovane umana Belarda?» Domandò Aro, fingendosi divertito
«Voglio dire che ti sto riprendendo, pezzo di idiota. E sto riprendendo tutti voi. E sto inviando le immagini a un cloud online, in pratica non potete fermarmi né recuperare i filmati neanche se mi fate fuori. Potrei trasmettere in tempo reale su internet, se volessi».
Avevo rubato i soldi per comprare l'apparecchiatura ai Cullen, tanto stavo un sacco di tempo in casa loro e Edward non poteva leggermi nel pensiero. A dire il vero Carlisle mi aveva beccata (non ero la miglior ladra del mondo e lui aveva i super sensi) ma quando gli avevo detto che avevo bisogni di denaro e che avevo paura di chiederlo perché c'erano troppi vampiri spaventosi in casa (balle, ma poteva funzionare), lui mi aveva dato spontaneamente il triplo della cifra di cui avevo bisogno. Ah, avere amici ricchi da far schifo! E io avevo installato delle telecamere wireless nella radura, attaccate ad alcuni alberi. Era stato un inferno e non avevo potuto dirlo assolutamente a nessuno, neanche a Jacob che avrebbe potuto risparmiarmi un sacco di pena visto che ero negata a installare roba, ma forse avevo fatto la mossa vincente. Mi concessi finalmente di pensarlo. Di dirlo. Di vantarmi. Forse un piccolo gesto umano poteva terrorizzare i vampiri più antichi in circolazione.
«È un bluff» Abbaiò Caius
«No» risposi «Non lo è. Le telecamere sono puntate proprio su di voi. Voi state rivelando, con tutto il vostro assembramento, la presenza dei vampiri al mondo intero. Invece i licantropi non sono neanche in inquadratura» sorrisi «E in ogni caso, anche se ci entrassero, io li farei cancellare in fase di post-produzione prima di pubblicare il filmato online. Solo voi sareste visibili»
«Le tecnologie degli umani hanno fatto passi da gigante» mi fece notare Aro «Nessuno crederà che siamo vampiri veri»
«Lo so» annuii «Ma Cosa ne pensate di tutto ciò? Posso garantire che i Volturi non sono ESATTAMENTE ciò che temevamo. Ci assumiamo il rischio di lasciarli sopravvivere? Mettiamo in pericolo il nostro mondo per conservare intatta la loro famiglia?» scimmiottai il tono di Aro e mi complimentai mentalmente con me stessa perché mi stava anche venendo bene «Non avete niente in mano. O ve ne andate» feci il gesto del tagliagole, lentamente «O perite. In ogni caso non avete ragione e chiamatemi petulante, ma, oh beh, è una gran soddisfazione».
Ormai i testimoni non erano più dalla loro parte, ero sicura che anche Aro lo avesse compreso. Distolse lo sguardo da me (avevo appena insultato, scimmiottato, disprezzato il capo dei Volturi e me la cavavo così? Wow) e tornò dal suo corpo di guardia a passi lunghi e misurati. Si fermò davanti a loro e li arringò con voce limpida.
«Siamo in minoranza, carissimi» Disse «Non possiamo aspettarci nessun aiuto dall'esterno».
Risi, sollevata, e sentii i lupi sbuffare dietro di me. Aro lo aveva pubblicamente ammesso! Tutti se n'erano accorti, finalmente, e non lo si poteva più nascondere.
«Dobbiamo lasciare la questione irrisolta per salvarci la vita?»
«No, Signore» Dissero le guardie, all'unisono
«La protezione del nostro mondo può valere la probabile perdita di alcuni di noi?»
«Si. Non abbiamo paura».
Aro sorrise (com'è che non gli si era spezzata la faccia a furia di sorridere?) e si girò verso i suoi compagni nerovestiti.
«Fratelli» Disse cupo «Ci sono molti fattori da valutare»
«Consultiamoci» disse ansioso Caius
«Consultiamoci» ripeté Marcus, in tono indifferente.
Aro ci voltò di nuovo le spalle, rivolgendosi verso gli anziani. Si presero per mano e formarono un triangolo avvolto di nero. Mi sembrarono sempre più infantili.
Non appena l'attenzione di Aro fu catturata da quel muto consulto, alcuni testimoni si dileguarono in silenzio nella foresta. Per il loro bene sperai che fossero molto veloci.
«L'hai fatto davvero?» Mi domandò Edward, deglutendo
«Si» alzai ancora di più il mento «Ho davvero installato delle telecamere nella radura. Ho davvero sfidato Aro. L'ho davvero messo in difficoltà e, grazie al supporto del discorso di Garrett, ho aperto gli occhi dei suoi testimoni».
Sentimmo una sorta di urlo sollevato, quasi di gioia, ed entrambi ci voltammo a guardare Esme, che aveva smesso di lamentarsi e aveva aperto le braccia. Alice, dall'altro lato del campo, si stava lentamente alzando in piedi: la tortura era finita. Forse avevano capito che, visto che eravamo così tanto in superiorità, li avremmo attaccati alla prima occasione di sfida e continuare a fare del male ad una Cullen poteva essere considerato un gesto abbastanza di sfida in effetti.
Alice si avvicinò a noi, l'espressione vuota.
«È lei» Disse, quando Esme la abbracciò, guardandomi da sopra la spalla di sua madre con quegli occhi vacui «È lei che cambia le sorti delle guerre»
«Lo so» sollevai il pollice in segno di trionfo.
Inaspettatamente, il volto di Alice fu stravolto da un'espressione d'ira
«Ti avevo mandato da Jenks! Ti avevo mandato da lui perché te ne andassi!»
«Cosa?» scossi la testa «Cioè, lo so, ma...»
«E poi sono fuggita. Sono fuggita perché Edward non sapesse che ti avevo mandata via. Pensavo che saresti stata furba, che avresti fatto i documenti falsi, che ti saresti dileguata...»
«Alice, di cosa stai parlando?» le domandò Edward, avvicinandosi a lei e passandole con delicatezza una mano fra i capelli scompigliati da folletto
«Di lei» la voce di Alice era quasi un singhiozzo «Dovete ucciderla. È pericolosa. È pericolosa per tutti i vampiri. Porterà la guerra e la morte... ho provato a mandarla via, le ho lasciato dei messaggi, ma non ha funzionato. Dovete ammazzarla».
Edward mi guardò. Era chiaro nei suoi occhi che non aveva alcuna intenzione di uccidermi e che mi avrebbe anzi protetta.
«Alice, sei sconvolta, tesoro» Mormorò Esme «Hai sofferto tanto, magari...»
«No, mamma!» ringhiò la chiaroveggente «L'ho visto nel futuro. Porterà la guerra. Dovete ucciderla, adesso».
Io non dissi niente, ma rimisi in silenzio tutti i pezzi di quel puzzle al loro posto. Non ero io il problema, non lo ero mai stata. Alice era una traditrice e il suo piano mi si mostrava davanti agli occhi come se lo stessi vedendo illustrato su un poster gigante.
Quindi ecco cosa era successo: dopo la morte di Jasper, Alice era fuggita, perché aveva appena scoperto che i Volturi stavano venendo a prenderci (principalmente per colpa del suo ragazzo morto, che aveva creato così, per svago, un cavolo di orso vampiro che se ce lo avessi avuto sottomano in quel momento glielo avrei tirato in questa). Durante il viaggio aveva probabilmente scoperto in qualche modo che io e Undertaker eravamo i responsabili della morte del suo amato Jasper, così era passata dalla parte dei Volturi per vendicarsi di noi. Con la scusa di fare da “testimoni” ai Cullen, Alice aveva viaggiato per mandarci tutti i vampiri, per radunare i migliori talenti ancora liberi del mondo, avendo promesso ai Volturi di consegnarglieli tutti per ucciderli a loro piacimento oppure reclutarli nella guardia. I Volturi ovviamente desideravano che i “talentuosi” fossero tutti in un solo punto perché sapevano che, se fosse sembrato che si stesse organizzando una rivolta, di certo sarebbero stati coinvolti anche i vampiri rumeni che i Volturi volevano distruggere una volta per tutte.
Alice avevo però visto (possa essere maledetta la sua chiaroveggenza!) che il mio contributo alla guerra avrebbe cambiato il corso degli eventi e consegnato la vittoria a Quileute e Cullen. Lei però non poteva farmi fuori direttamente poiché ero ben protetta (c'era anche Taker in giro a quel tempo e non credo che Alice avrebbe avuto molte possibilità contro di lui, specie perché stava allenando un branco di lupi mutanti che hanno fatto fuori un orso vampiro). Allora mi aveva dato possibilità di fuggire con l'espediente dell'avvocato J. Jenks, senza sapere che sarei invece (per fortuna) rimasta a combattere a fianco dei miei amici, cambiando tutte le sorti della battaglia.
«Traditrice» Sibilai «Hai venduto i lupi e tutti i vampiri ai Volturi». Se il mio scudo magico avesse potuto soffocare, la avrei avvolta come mia madre avvolgeva i vecchi cappotti nel cellophane: molto, molto stretta.
«È questo che mi tenevi nascosto?» Sussurrò Edward, rivolto ad Alice. Sul suo viso si dipinse una dolorosa smorfia di comprensione, forse la stessa che era apparsa sul mio volto quando avevo collegato tutti gli indizi forniti da sua sorella.
Jacob ringhiava piano, un suono stridulo e basso, ma regolare e ininterrotto come se stesse facendo le fusa. Aveva il pelo del collo ritti e i denti scoperti. Vicinissimo a me, Seth era incredulo e non riusciva neppure ad essere arrabbiato.
Alice afferrò una mano di Edward
«L'ho fatto per noi, fratello» disse «Per proteggere la nostra famiglia».
Esme respirava a fatica. Mi passò davanti, sfiorandomi il viso con una carezza, per poi andare a mettersi a fianco di Carlisle e stringergli la mano.
In lontananza, sembrava che qualcosa stesse succedendo, che i Volturi si stessero muovendo. Il loro piccolo concilio stava per finire.
Di colpo fummo circondati di mormorii di addio e dichiarazioni di affetto.
«Se sopravviviamo a tutto questo» Sussurrò Garrett a Kate «Ti seguirò ovunque, donna»
«Adesso si è deciso a dirmelo» borbottò lei.
Tia accarezzò Benjamin sul viso. Lui ricambiò il sorriso, sereno, trattenendo la sua mano contro la guancia.
Non vidi tutte le espressioni di amore e di dolore. Mi distrasse un'improvvisa pressione che picchiettava contro l'esterno del mio scudo. Non capivo da dove venisse, ma sembrava diretta verso gli estremi del nostro gruppo, in particolare Siobhan e Liam, nuovamente. E nuovamente, la pressione non creò danni, limitandosi a sbatacchiare contro lo scudo e poi sparire.
Non ci fu nessun altro mutamento nelle forme silenziose e immobili degli anziani a consiglio. Ma forse qualche segnale mi era sfuggito.
«State pronti» Sussurrai agli altri «Si comincia. E per l'amor del cielo, tenetemi lontana Alice».




CAPITOLO SUCCESSIVO >


Nessun commento:

Posta un commento

Lettori fissi