venerdì 13 marzo 2020

Un boccaccio di Amuchina - 7. Sei un mago, Deku!


+ Sei un mago, Deku!, una storia di Emilia Appestati +

Ehm, ehm. D’accordo, allora io...
È consentito usare personaggi non originali purché la storia lo sia? Ah, sì? Perfetto, inizio subito allora!


Rating: storia per tutti.
Avvisi: la scrittrice ha deciso di non usare avvisi particolari.
Fandom: Boku No Hero Academia - My Hero Academia (anime), Harry Potter di J. K. Rowling.
Lingua: italiano.
Sei un mago, Deku!
Di EmiliaAppescati97
Sommario: nel mondo di Izuku Midoriya tutti quanti sembrano aver trovato il proprio Quirk unico, tranne lui. Ma lui è davvero un Quirkless, un ragazzo senza poteri?
Una scoperta sconvolgente cambierà per sempre la vita di Midoriya e di tutte le persone attorno a lui, facendo conoscere al giovane un mondo nascosto di cui nessuno sospettava l’esistenza, che vive nell’ombra proprio accanto a quello di heroes, villains e vigilantes!


Note: sarà una one-shot, però era uno di quei prompt che volevo raccontare assolutamente da tanto tempo! Spero tanto che il risultato non sia troppo frettoloso a leggersi. Dato che nessuno mi ha fatto da beta, considerate tutti gli errori grammaticali o di concetto che seguiranno colpa mia, scusate, non ho potuto rileggere! O riascoltare, insomma, in questo caso. Asterisco risata asterisco. Sì, lo so benissimo che sto dicendo tutto ad alta voce, ma come altro volete che imposti la storia? Metti caso che avessi dovuto mettere dei trigger warning?
Divertitevi, e vi prego di commentare! Accetto anche le critiche costruttive, ma per favore, non siate maleducati. Oh, e nessuno dei personaggi in questa storia mi appartiene, e se i concetti non sono miei sono pesantemente influenzati da altri, quelli dei rispettivi creatori: J. K. Rowling e Kohei Horikoshi.
Sì, sì, ho finito.



Izuku sapeva che a questo mondo non si nasce tutti uguali, ed era una verità che aveva appreso a quattro anni. Fu una delusione amara capirlo, ma nella sua vita sarebbero arrivate tante di quelle meraviglie – anche se Izuku non lo sapeva ancora – che presto una delusione del genere gli sarebbe parsa non essere mai esistita!
Ma procediamo con ordine.
Izuku era un bambino nato in Giappone, in un mondo in cui tutti quanti gli umani sembravano avere dei superpoteri di tanti tipi, tutti gli uni diversi dagli altri: chi sapeva illuminarsi e luccicare, chi era in grado di attirare a sé piccoli oggetti, come la mamma di Izuku, o chi nasceva con una faccia che non somigliava neanche lontanamente a quella di un essere umano, però almeno sapeva parlare con gli uccelli; insomma ce n’era davvero per tutti i gusti. Quantomeno, tutti tranne i suoi. Persino il suo vicino, un bambino della sua età che lui chiamava Kacchan, aveva appena scoperto il suo potere: quello di secernere dalle mani un sudore speciale che funzionava come nitroglicerina.
Kacchan poteva quindi fare delle esplosioni fighissime, mentre Izuku non poteva fare un bel niente.
Così il bambino passava le mattine, i pomeriggi e le sere a guardare al computer sempre lo stesso video di un supereroe che invece poteva fare un bel tutto: All Might, un giapponese muscolosissimo alto una cosa come due metri e venti che amava l’America e i cui poteri speciali lo rendevano incredibile ed in grado di salvare centinaia di persone senza neanche stancarsi, sorridendo sempre. Izuku aveva reso ricco il canale che aveva caricato il video del debutto solo con le sue visualizzazioni, e rischiato la salute dei suoi occhioni, perché amava vedere le gesta di questo supereroe che era diventato il suo modello di vita.
Da grande voleva diventare un eroe, per essere proprio come All Might!
Però il suo potere speciale, il suo Quirk, come venivano chiamati i poteri speciali da tutti, continuava a non manifestarsi. Alla sua età tutti i bambini della sua classe ne avevano uno, tutti tranne Izuku, così sua madre lo portò a fare una visita da un medico specializzato… e fu lì che Izuku Midoriya sentì il verdetto che lo avrebbe segnato a vita.
«Nisba» disse il medico «Ha un pezzetto di dito in più nel mignolo del piede, come gli umani primitivi, quindi non ha un Quirk. Oppure il suo Quirk è avere un pezzettino di dito in più. Comunque non è una cosa tanto utile per fare il supereroe».
Sembrava che non avrebbe mai realizzato il suo sogno, dopotutto, e le persone intorno a quel bambino sfortunato si rassegnarono al fatto che non ce l’avrebbe mai fatta e che, alla fine, avrebbe dovuto rinunciare al suo sogno infantile per trovarsi una carriera più adeguata a lui.
Era ingiusto forse, crudele, chiedere ad un bambino di rendersene conto, ma che altra scelta c’era?
A sorpresa, però fu lui a non arrendersi.
Ogni eroe aveva un Quirk diverso, si disse, quindi non doveva essere il Quirk a fare di un vero eroe ciò che era. Cos’era che li accomunava, quindi? Il loro spirito indomito, il loro coraggio, la voglia di salvare le persone a costo del proprio sacrificio. Izuku sapeva di avere tutte queste cose in sé: dal suo punto di vista, la salita si era fatta più difficile, ma questo non voleva affatto dire che fosse finita.
Col passare degli anni, il distacco tra Izuku e il resto dei suoi compagni di classe divenne sempre più netto. Sua madre lo amava e lui teneva altrettanto a lei, ma il modo in cui lei guardava con pietà il suo sogno lo feriva, anche se lui lo teneva per sé. I compagni ridevano del suo sogno e Kacchan e la sua banda, che una volta gli erano amici, adesso avevano preso nota del suo carattere timido ed insicuro e della sua assenza di Quirk e non facevano altro che tormentarlo.
In effetti, fu proprio durante un confronto con Kacchan e i suoi che gli accadde la prima di una lunga serie di cose bizzarre.
Un attimo prima stava correndo via, cercando di evitare le botte che si sarebbe inevitabilmente preso per aver difeso un altro studente più giovane dal trio di bulletti, e un momento dopo si trovava sul tetto di una casa. Il cambio di scenario fu così repentino che il ragazzo rimase per un paio di secondi immobile a battere le palpebre, paralizzato come un cerbiatto dai fari di un auto.
Il suo cervello iniziò a girare a mille, cercando di capire come fosse potuto succedere. Dapprima si chiese se non fosse stato sbalzato via da una delle esplosioni di Kacchan, ma non sentiva male da nessuna parte e si sentiva in una posizione abbastanza stabile. A giudicare dal fatto che era ancora tarda sera e il sole non aveva smesso di tramontare, non poteva essere passato molto tempo dal “prima” al “dopo”.
«Deku! Dove sei, nerd sfigato?». Era la voce di Kacchan, così arrabbiato da farlo istintivamente rannicchiare per minimizzare il bersaglio, anche se era piuttosto sicuro che si trovasse qualche metro più giù. “Deku” era il nomignolo che lui aveva affibbiato ad Izuku, una parola che significava “manichino, buono a nulla”.
Proprio un bel modo di iniziare il suo compleanno, passare tutta la notte sul tetto di una casa che non era neanche la sua, pensò Izuku. A mezzanotte, all’arrivo del quindici luglio, il ragazzo avrebbe compiuto undici anni... ma non era sicuro che avrebbe fatto tutta questa gran differenza contro Kacchan e i suoi. L’idea di affrontarli gli faceva una paura cane, ma cosa doveva fare, lasciare che picchiassero quell’altro ragazzo?
Col cuore in gola, si sporse un poco oltre il bordo del tetto per valutare la situazione.
Era senza dubbio ancora nella strada in cui stava correndo prima, le case e i vicoli erano gli stessi anche se visti da una prospettiva diversa. Da lassù poteva vedere i capelli biondi ed ispidi del suo vicino, che faceva scoppiettare allegramente il sudore che aveva sulle mani per creare piccole esplosioni minacciose. I suoi scagnozzi, Kurab e Goiru, gli stavano dietro con dei sorrisetti malevoli, mentre i tre lo cercavano, chiamandolo come se si aspettassero davvero che sarebbe spuntato fuori da sé. Un gatto guardava una mappa all’angolo della strada sotto la luce di un lampione – un’altra cosa forse un po’ strana – e lui non aveva idea di come scendere senza disturbare i vicini o senza farsi prendere dai bulletti.
«Non si trova» Sentì dire a Kurab
«Nerd idiota. Mi fa infuriare!» disse Kacchan
«E quando mai» fece Goiru, e si prese un colpo in testa dal biondino, così non aggiunse altro.
«Torniamo a casa» Ordinò Kacchan «Si è fatto tardi. La prossima volta che lo prendo gliene darò il doppio». E con questa promessa tutt’altro che rassicurante, il gruppetto si dileguò.
Almeno uno dei problemi si era risolto, si disse Izuku.
Però era ancora sul tetto.
Si guardò attorno, e si rese conto che, anche se fosse riuscito a raggiungere una delle finestre, le avrebbe trovate chiuse. Izuku non era un tipo particolarmente atletico, e a cadere da quell’altezza si rischiava grosso.
Si fece prendere dal panico per una decina di minuti, cercò di elaborare una strategia per un quarto d’ora borbottando tra sé e sé come un moscone, ma tra tutti i mirabolanti – forse anche troppo – piani che aveva escogitato, si era bloccato e non sapeva cosa decidere: se fare rumore e chiedere agli abitanti della casa di aiutarlo – senza sapergli spiegare tra le altre cose come fosse finito sul loro tetto – o rimanere a dormire fino al mattino successivo sul tetto, rischiando di morire assiderato e di far preoccupare la mamma, ma evitando l’imbarazzo di chiedere aiuto agli abitanti della casa.
In quel momento, accadde un’altra cosa che mai e poi mai Midoriya Izuku si sarebbe mai aspettato.
Udì una voce che rideva, ma non una voce qualunque: la conosceva bene quanto quella di sua madre, più della propria, e da un video a cui aveva dato da solo migliaia di visualizzazioni.
«AH AH AH! Non devi preoccuparti, giovane! Perché ora… ci sono io!».
Fu un altro “prima” e “dopo”, proprio come quando si era ritrovato improvvisamente sul tetto, ma per ragioni completamente diverse. Un attimo prima si era voltato – con aria un po’ ebete, andava ammesso – per capire da dove venisse la voce e se fosse davvero la sua, e un attimo dopo era tra le braccia di All Might, e stava atterrando al sicuro fino a terra.
Non era facilissimo capire quale fosse il Quirk di All Might, sembrava semplicemente avere una forza e una resistenza impareggiabili tra gli altri heroes: questo gli dava la possibilità di fare cose straordinarie come sferrare colpi di potenza inaudita, correre ad agilità incredibile e, talvolta, spiccare salti anti-gravità e riscendere come se niente fosse, come aveva fatto in quel caso per salvare quel ragazzino lentigginoso dal tetto.
«È tardi, i tuoi genitori saranno preoccupati. Meno male che c’ero io, e passavo di qui!» Gli disse, con un sorriso rassicurante. Il suo volto non era di per sé rassicurante: aveva sicuramente un aspetto energico, ma la mascella quadrata e le ombre profonde che i suoi tratti spigolosi gettavano sul suo viso avrebbero dato un’aria poco affidabile al suo sorriso… se non fosse stato All Might, naturalmente.
«Come sei finito lassù?» Gli chiese ancora, insistendo un poco per una risposta perché iniziava a preoccuparsi del fatto che il bambino lo fissava in silenzio e basta.
«Non ne sono sicuro» avrebbe voluto dirgli Izuku, e anche «Sono un tuo grande fan, è un piacere incontrarti! Da grande voglio diventare un hero come te, mi fai un autografo?», ma quello che disse in realtà fu:
«I-i-i-ah».
«AH AH AH» Rise l’eroe per rassicurarlo, ma in verità era un po’ una risata nervosa «Giovanotto, va tutto bene ora, ci sono io. Ora sei in salvo. Non dirmi che… volevi rimanere lassù?».
Finalmente Izuku riuscì a rispondere smettendo di palpare assente un bicipite di All Might, rivestito di un meraviglioso costume in stile Silver Age, ma si limitò a scuotere la testa.
«Bene! Allora, ce la fai a camminare da solo? Così, da bravo. Ora, come ti chiami?».
Il ragazzino rispose balbettando il proprio nome, imbarazzato ed emozionato quasi al punto da paralizzarsi. Non poteva crederci! All Might! Il vero All Might in carne, ossa, unghie, capelli, sangue, e tessuti organici di vario tipo! Davvero era appena stato salvato da lui?
«Izuku, eh? È un bel nome, giovanotto. Vedo che sei un po’ confuso, quindi sarai più sicuro se ti riaccompagnerò io fino a casa. Ma guidami tu, mi raccomando! AH AH AH!».
Il ragazzino gli prese una mano con occhi adoranti e lacrimosi.
«C-certo! Conta pure su di me! I-io volevo dirti che...» Iniziò il ragazzino, ma una volta che si era sbloccato, il resto dei suoi pensieri si riversarono fuori dalla sua bocca come un fiume in piena.
Fecero gran parte del tragitto con Izuku che parlava a vanvera e non stop di ogni sorta di cose, da come avesse visto tutti i video visibili del suo eroe, di come sapesse su di lui dettagli di battaglie passate – che neanche All Might si ricordava più in effetti –, della grande ispirazione che era stato per lui nonostante fosse un bambino senza Quirk, di come questo lo avesse isolato e di come poco prima fosse stato inseguito proprio dalla banda che più gli dava il tormento a causa di questo, e di come si fosse trovato improvvisamente in un posto diverso senza rendersene conto.
«T-tu pensi che io… potrei essere un hero?» Concluse Izuku.
Era l’ultima cosa che poteva chiedergli, perché erano appena arrivati di fronte a casa sua e sua madre Inko li aveva avvistati dalla finestra. Se la conosceva – e la conosceva abbastanza bene –, si stava precipitando giù dalle scale ora per venirgli incontro.
All Might sembrò prendersi un momento per rispondergli seriamente, e un’ondata di gratitudine invase il petto del ragazzino, per poi raggelarsi alla prima frase del suo eroe.
«Normalmente ti direi di rinunciare. Un hero non può fare il proprio lavoro indifeso, sarebbe pericoloso non solo per i suoi compagni, ma anche per sé stesso. Ma!» e alzò un indice, poggiandogli una mano sulla spalla «Il tuo caso potrebbe essere particolare. Dopotutto, se nelle nuove generazioni possono esserci delle mutazioni che fanno sì che possano esistere dei Quirkless, il tuo potere potrebbe anche starsi manifestando molto tardi, giovane Midoriya. Stasera è successo qualcosa di strano, no?».
Izuku non avrebbe mai dimenticato quel momento. All Might era stato il primo a dargli speranza da quel momento in cui gli avevano rivelato che era un modello datato di essere umano, e gliela aveva data accucciandosi per guardarlo negli occhi, e sorridendo come se ci credesse con tutto sé stesso.
«Ti rivelerò un segreto. Anche se adesso è la norma che i Quirk si mostrino a quattro anni, nella mia generazione non era ancora così. Molti non li sviluppavano neanche, i loro Quirk, e tra i miei coetanei c’era chi nasceva con il Quirk già pronto e dei late bloomers. Io… alla tua età, io non avevo questo Quirk. Ma questo è un segreto che ti affido, mi raccomando».
Izuku annuì freneticamente, promettendo di tenere il segreto, ma la testa gli andava a mille. All Might aveva ricevuto il suo Quirk in ritardo? Possibile che anche lui allora…?
«Potresti rimanere un ragazzo Quirkless, e non dovresti vergognartene, ma in quel caso sarebbe meglio se tu considerassi carriere altrettanto nobili, ma più adatte, come il poliziotto. Se tu dovessi essere un late bloomer come me, però, sono sicuro che ci rivedremo giovane Midoriya. Comunque andranno le cose, ricordati che quando hai paura, quando ti senti stanco e i tuoi obiettivi ti sembrano ancora troppo lontani… è allora che devi ricordarti di sorridere!». Lo dimostrò indicandosi il volto sorridente, e, con gli occhi offuscati di lacrime d’emozione, Izuku lo imitò d’istinto.
La signora Midoriya arrivò di corsa, e riabbracciò il figlio, ringraziando profusamente l’hero e versando anche qualche lacrima perché, in fondo, era pur sempre la madre di Izuku.
All Might salutò e se ne andò, il mantello svolazzante alle sue spalle, glorioso. Più tardi scoprirono che gli aveva autografato la maglietta in qualche modo, cosa che provocò un’altra valanga di lacrime e reazioni da super fanboy da parte del fanciullo.
Ma, soprattutto, Izuku non smise di pensare a quello che gli aveva detto, nei giorni seguenti.
Poteva davvero avere un Quirk nascosto? E cosa avrebbe potuto essere? Ogni cosa inusuale che avesse a che fare con lui era potenzialmente un indizio.
I suoi capelli erano sempre stati indomabili, e non ne volevano sapere né di essere tagliati né di essere pettinati, per quanto sua madre avesse tentato innumerevoli volte di dare una regola a quel suo aspetto trasandato. Apparentemente non aveva un Quirk, mentre tutti quanti nella sua famiglia ne avevano uno. A volte degli oggetti che sembravano scomparsi riapparivano come per magia accanto a lui, e di recente si era smaterializzato ed era comparso da un’altra parte.
Ma in un mondo in cui la stranezza era l’ordinario, come faceva a capire se tutte quelle cose – e molte altre – erano davvero fuori dall’ordinario? Era possibile che lui, Izuku Midoriya, bambino Quirkless, fosse davvero qualcosa di speciale?
Da allora, si mise attivamente a concentrarsi per capire quale fosse il suo potere, infuse la sua forza di volontà in ogni azione, attinse a piene mani ai suoi sentimenti. A furia di provare e riprovare, incaponirsi nonostante gli errori e i fallimenti, scoprì qual era il suo vero potenziale.
E scoppiò il caos.
I suoi capelli divennero lunghissimi, e se venivano ritagliato ricrescevano nel giro di una mezz’ora alla lunghezza precedente; faceva sbocciare i fiori a comando, spostava le cose col pensiero, e durante un confronto il bulletto Kurab si gonfiò come un dirigibile e volò lontano da lui – per fortuna Goiru aveva come Quirk quello di avere sin dalla nascita un paio di ali funzionali che gli spuntavano dalla schiena, così poté andare a recuperarlo – lasciando Kacchan del tutto sbigottito e furioso.
Quando il ragazzino cercò di attaccarlo, Izuku si gonfiò e volò via a sua volta.
Da ragazzino che non aveva nessun Quirk, sembrava che ne avesse sviluppati a centinaia nel giro di una settimana! In particolare, era la disperazione dei grandi nella sua vita perché, come un gatto, continuava a comparire sui tetti e poi non riusciva a scendere per l’ansia.
Tempo nove giorni, All Might mantenne la promessa e incontrò di nuovo il giovanotto.
Bussò alla residenza Midoriya, e quando Inko, sfinita dall’ennesimo recupero del figlio undicenne dal tetto, gli aprì la porta, madre e figlio si ritrovarono senza parole.
«Giovane Midoriya» Gli disse «Tu sei un mago».
Il mondo di Izuku fu messo di nuovo sottosopra dalle rivelazioni che quella visita comportò.
All Might gli spiegò molte cose, una volta che fu invitato dentro da Inko a prendere un tè e parlarne con calma: il mondo non era quello che pensavano! La società dei superuomini, in realtà viveva tutti i giorni schiena a schiena con un’altra società, ancora più antica… quella dei maghi!
Questa società era rimasta segreta dai tempi in cui i superumani ancora neppure esistevano, e anche adesso che tutti erano speciali sembravano non essere interessate ad uscire allo scoperto. Ecco perché in molti avevano fatto pressioni perché Izuku fosse contattato al più presto, dato che il suo modo sconsiderato di esplorare i propri poteri stava esponendo l’esistenza della magia a tutti, ma proprio tutti, rompendo qualcosa che si chiamava Statuto di Segretezza.
All Might aveva potuto contattarlo perché si stava accingendo a fare l’insegnate di Babbanologia – una materia che studiava le persone normali, anche se aveva tenuto un nome antiquato dei tempi in cui gli umani non avevano quirk – in una vicina scuola di magia, sebbene lui non fosse un mago vero e proprio. Però i suoi poteri straordinari e l’essere il simbolo della pace gli consentivano dei privilegi anche tra il popolo magico.
I maghi erano persone dotate di un Quirk speciale, la magia, che consentiva di fare tutta una serie di cose mirabolanti, come Izuku aveva provato sulla propria pelle, ma che poteva diventare molto pericoloso se non veniva disciplinato.
Per questo esistevano delle scuole in cui i giovani maghi potevano essere educati ed addestrati ad usare il proprio Quirk, che poteva comparire anche molto più tardi come era successo a Izuku, in modo da essere guidati da persone più esperienti e non far del male a nessuno.
La migliore tra tutte le scuole era considerata Hogwarts, una scuola che si trovava al di là del mare, nella lontana Gran Bretagna. Da lì erano usciti molti maghi famosi, come Merlino e Voldemort, ma Inko si oppose appena sentì dell’idea di spedire suo figlio così lontano.
«Non ci sarebbe qualcosa di più vicino?»
«Beh» disse All Might «Ci sarebbe una scuola giapponese qui vicino, poco lontano dai territori dello Yuei, la scuola per heroes… è fortemente ispirata a quella britannica, dato che sembra essere un sistema efficace per crescere dei pulcini di mago»
«E come si chiama?»
«Chogborts».
E fu così che Midoriya si preparò per andare a Chogborts.
La scuola sarebbe iniziata solo a settembre, perciò passò i mesi successivi a non usare più i propri poteri magici così scelleratamente, ma convinse tutti che il suo Quirk fosse il teletrasporto, dato che le sue gesta sopra le case erano diventate un po’ troppo popolari tra i suoi conoscenti per insabbiare il tutto. E così i mesi passarono…
Chogborts si raggiungeva in un treno, che però era un treno magico e non ti lasciava godere il viaggio perché andava davvero troppo veloce.
Il giorno della partenza, Izuku abbracciò la sua mamma in lacrime e le promise di comportarsi bene e di non apparire sul tetto del treno in corsa. Era spaventato da questa nuova avventura, ma anche fiducioso ed estremamente eccitato alla prospettiva di andare ad una scuola di maghi vera! Da grande aveva sempre voluto entrare allo Yuei, l’istituto per heroes più prestigios del Paese, ma… a Chogborts insegnava All Might. E poi ora era un mago.
Sul treno si sedette accanto ad una bambina dalle guance rosse, di nome Ochaco, che continuava a levitare per tutto lo scompartimento e a chiacchierare con lui come se niente fosse.
Izuku era un ragazzino molto introverso, ma la compagna di Ochaco gli piaceva: era sincera, forse un po’ troppo, ma gentile e carismatica. Il treno partì all’improvviso, spiaccicando Ochaco contro la parete, e poi si fermò di botto.
Zooom!
Erano arrivati. E tutti i bambini giù a vomitare.
Presto fu chiaro che non era l’unico problema di una scuola che non aveva una propria identità ma cercava di copiare, a modo suo, una lontana scuola illustre della Gran Bretagna.
Il castello di Chogborts era enorme, maestoso a vedersi nel coprire un’enorme areale con la sua austera mole, ma non sembrava che i materiali di cui fosse costruito fossero di primissima qualità. La sua particolare architettura faceva sì che sembrasse progettato lanciando dei Lego su una duna di sabbia, e che si tenesse su per sputo e magia... cosa che, forse, non era troppo lontana dalla realtà.
Per arrivare al castello bisognava pagaiare in un lago gelido abitato dal Kraken, che si divertiva apposta a cercare di rovesciare i barchini di noce (il guscio, non il tronco dell’albero) e a cui All Might doveva dare sberle ai tentacoli per farlo desistere. Per fortuna, l’eroe del cuore di Izuku era con loro e sorridendo ed incoraggiandoli, li difese fino a portarli all’altra sponda del lago, fino al ponte levatoio abbassato del grande castello di Chogborts.
«Benvenuti!» Esclamò «AH AH AH!». Rideva, ma sembrava un pochino in sofferenza ad un occhio esperto.
Dopo gli eventi traumatici dell’arrivo, ai bambini fu consentito di mangiare a sazietà e riposare con una coperta termica sulle spalle per un po’ – almeno il cibo era buonissimo – prima di proseguire con la cerimonia di Smistamento. Apparentemente anche questa era una cosa che avevano copiato dalla scuola bretone, ma per non andarci giù troppo pesante, avevano cambiato un pochetto i nomi.
A quanto pareva i giovani maghi venivano separati a seconda della loro indole, e di loro veniva incoraggiato solo un tratto caratteriale alla volta. Le Case erano quattro, una per ognuna di queste virtù da incoraggiare: c’era Leongiallo per i coraggiosi, Bisciasmeraldo per gli ambiziosi, Procione per i leali e Cornacchionice per gli arguti.
Izuku continuava a guardarsi intorno e ad analizzare tutto a bassa voce, ronzando come un moscone e disturbando chiunque gli fosse vicino, ma gli interni di Chogborts – che non combaciavano alla forma che si vedeva all’esterno del castello, ed erano in stile europeo medievale – e il sistema di Smistamento gli parvero così singolari che non ebbe tempo né di prepararsi ad essere chiamato per essere Smistato, né di dare un’occhiata agli insegnanti, che erano seduti allineati ad un lungo tavolo in fondo alla sala, prima che chiamassero il suo nome.
«Midoriya Izuku!».
Incoraggiato da un sorriso di All Might, il giovane si fece avanti.
Il metodo di Smistamento consisteva nel mettersi in testa un artefatto magico, detto Copricapo Cianciante, che poteva leggere tutti i pensieri nella mente dei bambini e decidere in quale Casa sarebbero andata. Che un cappello con la faccia gli leggesse i pensieri mise non poca ansia nel cuore del giovane Midoriya, che andò a sedersi sullo sgabello a tre piedi apposito tremando un po’.
E poi quel coso gli venne calcato in testa.
«Vedo grande ambizione e lealtà nel tuo cuore, ma non manchi certo né di intelletto né di coraggio, anzi. Possiedi qualità che ti renderebbero un membro bene accetto di qualunque Casa...» sussurrò il Copricapo Cianciante, borbottando. Midoriya non era sicuro di cosa pensare di un cappello che parlava, così si mise a pensare fortissimo a cose che non c’entravano niente. «Ma io ti posso mettere in una sola» Proseguì il Copricapo «In quale ti metto? Vuoi coltivare la tua ambizione, misurandoti con persone che puntano a diventare i numeri uno, proprio come te? Vuoi entrare a Bisciasmeraldo?>.
No, non a Bisciasmeraldo” Pensò lui, e subito quello gli lesse i pensieri e lo mise a disagio.
«Ah, Bisciasmeraldo no. Bene bene. E che mi dici di Cornacchionice?»
Potrei sapere in che Casa è andato All Might? Voglio andare nella casa di All Might”
«Ah, è così. Neanche Cornacchionice ti piace, bambino ingrato. All Might non è andato in nessuna Casa, ma sei fortunato, perché sarà il responsabile di una delle vostre Case, quella dei maghetti coraggiosi. Ma sei sicuro sicuro? Perché a me sembri tantissimo un Cornacchionice».
Ma dal cervello di Izuku uscì una tale sfilza di ragionamenti uno appresso all’altro che il Copricapo decise che non valeva la pena leggerli tutti, ed esclamò «Leongiallo!».
Izuku era raggiante, felicissimo di essere finito sotto la giurisdizione del suo eroe favorito! Quanta strada aveva fatto in pochi mesi!
Proprio quando si andava a sedere tutto felice al tavolo con i colori rosso e oro, dette finalmente una bella occhiata al tavolo degli insegnanti, che sembravano tutti loschi figuri.
«Il preside Arubus sta per fare il suo discorso» Gli disse un ragazzo a fianco a lui, alto quanto un soldo di cacio. Il suo nome era Mineta, ma lo chiamavano anche “Minus” perché somigliava al suo nome e si riferiva a quanto fosse piccino e in realtà andava a Bisciasmeraldo, ma si era intrufolato al tavolo dei Leongiallo solo perché voleva stare vicino ad una ragazza carina.
Il preside si mise su una pedana, osservando i suoi studenti con aria seria ed intelligente.
Aveva i capelli mossi e una barba lunghissima, infilata nella cintura della veste da mago, le lentiggini e grandi occhi verdi solenni.
«Izuku» Disse, rivolgendosi proprio a lui «Io sono tuo padre».
E tutto quello che era successo fino a quel momento, era stato solo un emozionante preludio a quello che sarebbe seguito: la storia di come Izuku Midoriya avrebbe raggiunto la vetta…
Perché un giorno, sarebbe diventato il number one wizard di tutto il Giappone.
The end!
Note finali: e questo era solo per giocare un po’ con quel prompt che avevo in mente. Per ora è solo una one-shot, però tante idee continuavano a venirmi in mente mano a mano che scrivevo la storia e potrei decidere di esplorarle in un eventuale proseguo se vi interessasse un seguito!
Potrei anche decidere di renderlo un crossover ancora più ambizioso, in effetti…
Che ne dite? Siete interessati ad un multi-capitolo? Fatemelo sapere nei commenti, lasciate una stellina e grazie per aver letto – ehm, ascoltato – la mia storia!




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