Germoglietti, ma… ma è l’ora del fantasy!
*Coriandoli e ruggiti di drago*
Oggi trattiamo di un libro che, a modo suo, è riuscito a diventare un classico moderno del genere, il primo dei quattro libri del Ciclo dell’Eredità. Ci ha ispirati a scrivere le nostre prime storie di draghi, pensate! Ne sono passati di acqua sotto i ponti e di draghi in grafica 3D in televisione... Ma tornando al libro, l’abbiamo letto per la prima volta molti anni fa, quando alcuni di noi non erano altro che baby cactus, e ricordiamo di essere rimasti intrigati da questo libro… ma quanto bene regge Eragon alla prova del tempo? Le avventure del ragazzo con il nome da drago (è chiaramente Dragon ma con la E al posto della D) nel grande (si fa per dire) mondo di Alagaësia, oggi ci sembrerebbero tanto fighe tanto quanto ci sembravano da bimbi?
Per rispondere a questa domanda, abbiamo deciso di leggere nuovamente il libro e raccontarvi le nostre impressioni. Non ci siamo risparmiati, anzi: per essere precisi, siamo riusciti a ripescare in biblioteca la stessa, primissima copia che sia stata mai letta da qualcuno del gruppo. Era a pezzi, forse masticata da altri bambini avidi di lettura, ma era proprio lei.
L’abbiamo riletta, abbiamo ponderato, e siamo pronti a dirvi cosa ne pensiamo!
Oh, e per pura cattiveria, nel caso ve lo siate scordato o non lo sappiate, vi ricordiamo che da Eragon fu anche tratto un film trashissimo, che forse meriterebbe una recensione a parte. Qui il nome del regista, Stefen Fangmeier, non può essere pronunciato senza che partano occhiate di scherno e pietà tra noi, ai muri, al vuoto e verso gli animali domestici.
Il film fu un disastro tale che non solo non ci furono sequel, ma Fangmeier stesso non fu più regista di alcuna pellicola. Il film di Eragon è anche l’ultimo film di rilievo rilasciato per VHS in America, poi smisero di farli. Coincidenze? Non crediamo.
Ma ora basta cinecuriosità! Mettete su le vostre migliori scarpe d’avventura, nascondetevi dai nemici dell’Impero, rubate i viveri necessari al vostro vicino e preparatevi per un lungo viaggio di recensione, che parte proprio da…
1. La trama:
La nostra storia si svolge nell’immaginario continente di Alagaësia, dove troviamo deserti giganteschi, montagne gigantesche, foreste gigantesche e anche qualche isola e villaggio, ma di dimensioni adeguate. Ispirandosi al fantasy classico, a dividersi la mappa con gli esseri umani ci sono elfi, draghi e nani, ma in questa e nei sequel appariranno anche culture e creature nuove tipiche del mondo di Alagaësia.
La nostra storia parte in un bosco notturno, ove si aggira una figura flessuosa e pallidissima che ha occhi e capelli rosso vermiglio. È Durza lo Spettro, pronto all’agguato.
Durza lo Spettro è nervosetto: gli è stato affidato un compito dal potente Galbatorix, il tiranno che ha assoggettato un bel pezzo di Alagaësia, che è quello di recuperare un oggetto unico e importantissimo. Per ottenerlo, Durza dovrà acciuffare un’elfa ribelle che viaggia tra le montagne con il prezioso carico, ma il nostro creaturotto delle tenebre non è da solo: ai suoi ordini ha un manipolo di Urgali, mostroni umanoidi dotati di grandi corna, gambe storte e pelle grigia. Che belli. Ken il fidanzato perfetto.
Comunque al povero Durza non serve a niente essere spettrale e silenzioso se tanto gli Urgali pesticciano qualunque cosa possa scricchiolare e puzzano violentemente: l’elfa e le sue due guardie si accorgono di loro e cercano di fuggire, ma finiscono comunque nelle pallide grinfie di Durza che arresta la loro corsa appiccando un incendio magico alla foresta.
Durzettino brucia gli alberi, perciò è un infame. Ma tu lo sai quanti ettari di boschi vengono bruciati all’anno dagli incendi dolosi, brutto infame? Ah no? A ‘nfame!
Le due guardie elfiche periscono nell’attacco, ma l’elfa capo, chiamando a raccolta le proprie energie, lancia un incantesimo che teletrasporta l’oggetto che stava proteggendo lontano dal campo di battaglia prima di svenire, rimanendo addormentata e in mano al nemico.
Durzettino è triste. Un infame triste.
Cambio scena e finalmente facciamo la conoscenza del nostro vero protagonista, colui che da il nome al libro: Eragon! Eragon è un quindicenne illetterato che divide il proprio tempo tra aiutare lo zio e il cugino a coltivare la verzura e la brassica e cacciare sulla Grande Dorsale, che è una catena montuosa dove nessun altro sale perché si dice ci siano gli spiriti, il malocchio, la morte, una misteriosa copia del film che sarà tratto da questo libro e ogni cosa brutta.
In effetti neanche una scena fa c’erano uno stregone non-morto e dei cornutoni assassini che giravano impuniti, quindi forse un fondino di verità, nel fatto che la Grande Dorsale possa essere pericolosa, c’è. Eragon però non ha paura, e poi sono giorni che segue le tracce di una femmina di cervo ferita ad una zampa ed è ormai deciso a prenderla.
Il giovane raggiunge la cerva, che si è riunita al suo branco… gli animali stanno tutti dormendo, vulnerabili alle sue frecce. Ora, Eragon non ha studiato, e quindi si guarda bene bene intorno e decide che la più bella idea è mirare alla femmina brutta zoppa che è pure lontana da lui, anche se potrebbe prendere più facilmente un maschio grosso e in salute che gli è vicino.
In fin dei conti, però, non prenderà nessuno dei due, perché proprio mentre scocca la sua freccia c’è un’esplosione di calore e luce che lo acceca e fa fuggire gli animali. Davanti a lui si è appena materializzata… una… ehm, una… una pietra! Evviva!
Sembra proprio essere una grossa pietra ovale, pesante e color blu zaffiro, forse una pietra magica.
Eragon la prende con sé e la porta al villaggio, sperando che almeno sia preziosa per poterla vendere, perché lui vuole mangiare, non vuole una pietra blu, ma dato che nessuno capisce cos’è (e viene per giunta dal posto brutto e malvagio), nessuno vuole comprargliela. Eragon chiede in giro, litiga con un macellaio, domanda a dei mercanti che vengono da lontano, ma niente da fare.
Apprende solo che non si capisce che pietra sia, che è più dura del diamante, e che gli tocca tenersela.
Nel frattempo a Carvahall (il villaggio dove abita Eragon) si sono presentati degli stranieri affiliati all’Impero. Tanto per farsi riconoscere subito come i cattivi si coprono il viso, fanno paura alla gente e puzzano. No, non sono Urgali, ma in questo libro c’è un sacco di gente fetente.
Sembra che i due stranieri stiano cercando informazioni su qualcosa di insolito avvenuto a Carvahall ma i cittadini, omertosi, tacciono. Eragon intuisce che avere una pietra magica apparsa dal niente potrebbe attirare l’attenzione degli stranieri, che non sono gente proprio tranquillissima… meglio stargli alla larga.
Una notte, però, qualcosa di straordinario accade: la sua pietra infrangibile inizia a rompersi, tremare, scuotersi. Una ragnatela di crepe si forma sulla superficie, poi da dentro l’oggetto spunta una testolina… è la testa di un piccolo drago, e la pietra blu è sempre stata un uovo!
Eragon è affascinato, ma non è certo di cosa fare. Quando prova ad accarezzare la creatura, però, accade un nuovo prodigio: Eragon viene percorso da un dolore terribile e c’è un lampo di luce, e, laddove la sua pelle ha toccato il draghetto, è rimasto un ovale argenteo che gli colora il palmo.
Come farà mai il nostro eroe a nascondere il marchio magico? Metterà un paio di guanti? Parlerà alla gente con le mani in tasca, come un ragazzo cool? Ma no, il nostro Eragon è un ragazzo molto più ingegnoso di così. La soluzione è: “non mi lavo più le mani” e “rimango zozzo”. Ah. Beh… stare con le mani sporche quando lavori tutto il giorno con gli animali e la terra e i fertilizzanti… sì, non c’è problema.
Attento Eragon, che mi diventi un servo dell’Impero, vediamo i primi segni.
Eragon decide di prendersi cura dell’adorabile creatura ma, anche se gli piange il cuore, non può farlo nella fattoria perché ha paura della reazione di zio Garrow. Crea un rifugio al piccolo nel bosco, dove va a trovarlo, portandole da mangiare regolarmente.
Nutrendolo a carne e necessità di trama, il draghetto – che si rivelerà essere una draghetta! – cresce a velocità record, per essere pronta prima possibile ad affrontare le avventure che verranno.
Più passa il tempo più si scopre che la sua intelligenza sorpassa quella di un comune animale e che tra lei ed Eragon si sta formando un legame speciale, che gli consente di comunicare con la mente e di farlo in maniere sempre più complesse man a mano che lei cresce. L’essere una creatura dignitosa e senziente però non impedisce alla draghetta di fare un sacco di cacca ovunque, lasciando il suo umano a pulirla per celare la presenza della sua amica finché, giuriamo, non è così tanta che Eragon alza le mani e si arrende, del tipo “se ci scoprono ci scoprono, io non ce la faccio più”.
Preoccupato del fatto che la dragonessa stia diventando così grande da rendere difficile nasconderla, Eragon va a chiedere informazioni all’anziano cantastorie della città, tale Brom, sul conto dei draghi e dei Cavalieri dei Draghi, guerrieri leggendari che si diceva combattessero per mantenere l’ordine in Alagaësia. Però Brom si insospettisce, perché Eragon è al livello di dissimulazione di qualcuno che domanda “Come posso chiamare il mio drago? Chiedo per un amico”. Brom lo rintrona con due storie e un po’ di biologia, gli svela che gli stranieri sono Ra’Zac, dei sicari dell’Impero, ed Eragon torna a casa per condividere ciò che ha appreso con la dragonessa. Lei sceglie di chiamarsi Saphira, usando uno dei nomi da drago che Brom ha snocciolato ad Eragon. Cioè, siccome è blu zaffiro, si chiama Saphira, fosse stata marrone si sarebbe chiamata Nocciolosa o qualcosa del genere, no?
Nel frattempo, però, gli stranieri li trovano davvero: cercando di distruggerlo i due mostri fanno esplodere la fattoria di Garrow. Sia Roran che Eragon erano fuori quando il fatto avviene, ma il povero zio rimane gravemente ferito per poi, ahimè, spirare a causa delle complicanze.
È per vendicare lo zio che Eragon, ormai senza casa, intraprenderà un viaggio per trovare i Ra’Zac e ucciderli. Ad accompagnarlo, la sua amata Saphira e Brom, che si farà avanti come suo mentore e maestro per renderlo un vero Cavaliere dei Draghi, insegnargli l’arte della magia e della spada e portarlo alla vittoria.
Ma qualcosa di molto più grande di Eragon si è appena messo in moto, e questo è solo l’inizio…
2. La copertina:
Okay, lo ammettiamo, prima di preparare questa recensione pensavamo che, bene o male, Eragon avesse delle copertine molto simili in tutto il mondo. Noi abbiamo sempre visto la copertina “classica”, quella pubblicata in America con l’illustrazione di John Jude Palencar che ritrae la testa di Saphira. E invece… invece no.
Addirittura ci fu un’edizione italiana di Eragon la cui copertina era tutta rossa per qualche motivo che non si capisce (anche perché è Eldest, ovvero il secondo libro, che dovrebbe essere in rosso, e questo genererebbe un po’ di confusione…), ma tralasciamo questa particolare scelta dubbia e scopriamo insieme le copertine di Eragon around the world!
1. Classica
Iniziamo subito con la copertina che probabilmente tutti quanti conoscete: l’abbiamo vista forse con l’immagine più grande o più piccola, con un taglio leggermente diverso, ma è la più comune.
È anche quella uscita nella prima edizione, quella americana!
Saphira non è convinta. Saphira ti giudica. |
Di tecnica ce n’è, e, che siate o meno d’accordo col fatto che Saphira abbia il muso da cavallo, delle antenne mai descritte in quattro libri e che le sue squame si “comportino” come strane piume piatte, non c’è dubbio che questa illustrazione di Palencar sia la più popolare dell’intero Ciclo dell’Eredità.
Noi continuiamo a non immaginarci Saphira così anche dopo aver visto questa illustrazione sin da baby cactus, però fa niente.
2. L’occhio di iguana
Graphic design over nine thousaaaand! |
Massì, ma chissenefrega di chiamare un illustratore serio, in fondo? Un drago è tipo… un rettile, no? Tipo una lucertola! I graphic designer di questa edizione inglese hanno pensato bene che un’iguana sovraesposta su sfondo bianco sia una scelta appropriata per un fantasy.
Sarebbe l’occhio di Saphira, giusto? Noi non ce la immaginavamo proprio così, a dire la verità.
Copertina bocciatissima.
3. Edizione spesciale
È il Lagiacrus! |
Questa è la copertina ideata per un’edizione da collezione nata per celebrare il decimo anniversario dell’uscita di Eragon.
Bel progetto grafico, con il blu e l’oro e le linee intricate sul fondo in simil pelle, secondo noi la composizione funziona bene. Qualcosa in questa copertina però si allontana un po’ dal sentore organico e ormai familiare di Alagaësia e ci ricorda invece le illustrazoni per Monster Hunter.
Comunque bella, per carità.
4. La Svedese
La faccia di Eragon manco si vede bene, ma, mentre si prepara all’avventura, si intuisce comunque l’espressione da “Ma chi me l’ha fatto fa’?”. |
I font non ci entusiasmano, ma l’illustrazione è azzeccata, molto fantasy.
Belli alcuni dettagli, come il fatto che la luce passi parzialmente attraverso la membrana delle ali di Saphira. Non troppo bello invece il fatto che la testa di Saphira sembri ritagliata male col mouse, basta dare un’occhiata a quei contorni tutti tremolanti e frastagliati.
Una curiosità: tra le internazionali, le copertine svedesi sono proprio le preferite dell’autore!
5. Nani?!
Questa copertina speciale è da sola il motivo per cui dovevamo mostrarvi le varianti internazionali di Eragon. Siete pronti a vederla?
SIETE PRONTI?
Eh. Eccola.
Quell’espressione, il rendering brutto del disegno di Palencar… niente, vederla ci ha un po’ spezzati. Dovevamo assolutamente mostrarvi la risposta giapponese alla copertina americana, perché sembra un poster strano per l’adattamento live action di un manga.
Tra l’altro ci sono anche delle varianti di questa, che sono semplicemente questo modello 3d ruotato per mostrare il profilo o il tre quarti un po’ più storto.
Meraviglioso. Spazzatura di qualità, copertina promossa già solo per il suo nipponico trash.
Oltre a queste ci sarebbero anche altre cover degne di nota, come quella ucraina che ha un’illustrazione adorabile da cartone animato in copertina o alcune recenti edite in Germania, ma dato che la recensione comincia a diventare lunghetta già così vi invitiamo a cercarle in solitaria se vi abbiamo suscitato un po’ di curiosità!
3. Cosa ci è piaciuto:
Lo stile di scrittura è semplice ma efficace nel descrivere le azioni e i sentimenti dei personaggi, che sono tutti diversi e ben distinguibili. Alagaësia ha un feeling unico e ben riconoscibile che è per metà una bella sensazione di fantasy nostalgico e dall’altra qualcosa di tutto suo, che puoi sperimentare quando ti rituffi nella lettura di uno dei libri della saga.
Parte di questo feeling è merito anche del fatto che lo scrittore si cimenti nel creare creature, culture, tradizioni e persino lingue nuove nei confini del continente di Alagaësia, da cui però non esce mai. Anzi, lo scrittore diventa spesso tecnico nelle sue descrizioni… che può essere un bene o un male, dipende dal tipo di lettrice/lettore che siete, ma a noi è piaciuto il suo entusiasmo.
Oh, ma spendiamo due parole sui draghi! Va detto che ci è piaciuto tanto tanto l’approccio di Paolini alla figura dei draghi, che li inquadra come creature di grande potere, intelligenti al pari (se non, molto spesso, decisamente di più) delle loro controparti umane. Gli dà dignità e potere, rendendo un piacere leggere di questi animali.
4. Cosa non ci è piaciuto:
Purtroppo molti degli eventi che accadono, soprattutto all’inizio, sembrano dipanarsi solo allo scopo di far proseguire la trama anziché accadere naturalmente. La crescita velocissima di Saphira, la morte di zio Garrow, il fatto che i Ra’Zac se ne vadano senza aver preso l’uovo, né Eragon, né essersi assicurati della sua morte, sembrano tutti pretesti per poter continuare la storia e mettere Eragon in viaggio.
Alcune delle descrizioni non sono chiarissime, come quella degli Urgali che all’inizio danno l’impressione di essere semplicemente tizi con le corna e poi diventano più bestiali man a mano che il libro prosegue.
Oh – e questa è una considerazione del tutto personale – ma quando compaiono, i cani vengono trattati in maniera un po’ strana. Sembrano delle macchine per abbaiare e mordere, non animali. Paolini è una persona da gatto e si nota (di gatti ben scritti ce ne sono), ma ci dispiace un po’ perché a noi, invece, i cani piacciono parecchio.
Voto complessivo: 71 su 100. Complimenti, hai passato il test, libro bello!
A chi lo consigliamo:
A chi ama il fantasy!
Se volete leggere storie di maghi mentori, di draghi sputafuoco, di ambientazioni medievali con un twist, di contadini che hanno un glow up pazzesco e imparano a leggere (ma diventano anche cavalieri, eh), allora dovreste assolutamente provare a leggervi il Ciclo dell’Eredità.
Dove potete comprare il libro?
È un libro che è stato pubblicato un po’ di tempo fa, perciò, per quanto sia popolare, non è detto che riuscirete a trovarlo in un negozio fisico che non sia veramente ben fornito.
Dovreste avere molta più fortuna cercando online, dove sicuramente riuscirete a trovare quel che cercate, che sia un ebook o un libro cartaceo.
Caso vuole che noi Cactusini abbiamo anche un’affiliazione con Amazon, perciò se vi salta il ghiribizzo di volere in casa un libro con una dragonessa che ha qualche dubbio in copertina, potreste dare un’occhiata all’inserzione dal link che vi lasciamo qui! Voi pagate proprio gnente in più, quindi a voi non cambia nulla, tranne che è più comodo perché vi basta cliccare il link che vi lasciamo, mentre noi ci guadagniamo un paio di centesimi. Consideratelo.
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Se volete leggerlo prima di comprarlo, invece di piratarlo, non dimenticate di provare a fare un salto in biblioteca! Date amore alle vostre biblioteche!
Che cosa ne pensate del libro? Siete d'accordo con noi su tutto, siamo stati troppo cattivi (perché un po' cattivi lo siamo sempre, è normale nelle recensioni spinose) o siamo stati troppo indulgenti? Fateci sapere, e alla prossima recensione!