lunedì 2 aprile 2018

Sunset 24. Il corgi e l'orso

 

Le ragazze-lupo mi guardarono come si guarda un pasticcino che credi essere alla crema, ma a cui dai un morso e scopri che il ripieno è in realtà al cioccolato. Insomma, c'era scritto nei loro occhi, sempre roba buona, ma non quello che ci eravamo aspettate.
«Non è Edward?» Domandò, un po' titubante, Lara.
Richiuse il sacco, mentre annuivo, e lo gettò in un angolo della stanza, dove rimase dibattendosi.
«Come fa ad essere ancora... tipo... vivo?» Domandai
«Sono fatti così» rispose Sarah, stringendosi nelle spalle «E se gliene dessimo la possibilità si ricomporrebbe. Per questo quando li smembriamo mettiamo le parti in sacchi diversi, così non hanno la possibilità di rimettersi assieme».
Mi risedetti al tavolo, con un'espressione disgustata, congiungendo le dita. Dovevo ancora capire bene tutta questa storia dei vampiri e mi si stava iniziando a rivoltare un po' lo stomaco all'idea di tutte le cose disgustose e innaturali che quei mostri potevano fare.
Le ragazze-lupo mi spiegarono meglio come funzionava: i vampiri, se fatti a pezzi, tendono a ritornare insieme, le loro parti mutilate strisciano le une verso le altre e il corpo si rimette a posto. Però, benché possano rimettersi insieme, non possono rigenerarsi: se per esempio riuscissi a strappare un pezzo di pelle ad Edward e a bruciarlo, quello non ricrescerebbe mai più ed Edward avrebbe una chiazza senza pelle per sempre.
I vampiri non erano esseri viventi, quindi le loro cellule non potevano replicarsi: in tal modo era impossibile per loro avere figli, visto che per formarsi un embrione c'è bisogno di un bel lavoro di replicazione cellulare, e il loro unico modo di riprodursi era quello di mordere un essere umano per trasformarlo a sua volta in un vampiro.
«E poi non gli batte il cuore» Scherzò Sarah, facendomi l'occhiolino «Quindi i maschietti non possono combinare, se capisci cosa intendo, eh!».
Capivo perfettamente che cosa intendeva.
Un'altra caratteristica dei freddi era che brillavano al sole. Quando me lo dissero, scoppiai nervosamente a ridere
«Mi state prendendo in giro?» domandai «In che senso brillano al sole?»
«Non si squagliano» Lara si strinse nelle spalle «Però brillano»
«E perché mai?»
«Boh. Non ha nessun senso. Però li vedi meglio da lontano e li puoi azzannare più facilmente. Sono tipo... tipo catarifrangenti. Quando c'è una luce forte loro la...» fece un gesto con la mano, aprendo velocemente tutte le dita «...Rimandando indietro. Flash!».
Mi spiegarono che il loro odore era spesso attraente per gli esseri umani e che c'era una vaghissima possibilità che anche il loro brillare potesse esserlo, anche se non capivano bene come. Ma la cosa più pericolosa dei vampiri era la loro velocità, superiore a quella di un ghepardo, che permetteva loro di azzannarti prima ancora che tu potessi fare il primo passo per scappare.
Inoltre avevano una forza ed una resistenza altissimi e potevano essere neutralizzati definitivamente solo in un modo: bruciandoli.
«Se li bruci» Mi disse Sarah, guardandomi dritta negli occhi «Hanno smesso di far tanto i brillanti».
Risero tutte alla sua battuta, tranne me. Io ero solo spaventata... come avrei fatto a neutralizzare Edward? Come avrei fatto a bruciarlo?
«Che hai? Ti abbiamo spaventata?» Domandò Aida, premurosa
«No, non voi» scossi la testa «Edward... io... come faccio a bruciarlo? Voglio dire...»
«È semplice» Aida si alzò e andò a prendersi una birra nel cucinino «La vedi questa?»
«Si... è una birra...».
Afferrai al volo quello che voleva spiegarmi, ma la lasciai comunque continuare.
«La prossima volta che ti importuna» Spiegò lei «Rovesciagli dell'alcool addosso. Anche una birra va benissimo. E poi dagli fuoco. Porta con te un accendino o un fiammifero... hai detto che non può leggerti nel pensiero, giusto? Ammazzalo»
«E se gli do fuoco e lui non muore e si arrabbia...»
«Morirà» tagliò corto Aida «Lui non è come me o come te. Se prende fuoco fa un falò pazzesco, sono altamente combustibili. Diventerà un mucchietto di cenere sul pavimento! Birra in faccia e accendino contro il grugno. Bam! L'hai ucciso»
«Non dirle queste cose!» si intromise Sarah «Lei è umana, non è suo compito combattere contro i vampiri, è compito nostro».
Le due si guardarono in faccia con aria di sfida. Sarah strinse un pugno e lo posò con molta lentezza sul tavolo.
Aida scoprì i denti in un mezzo ringhio
«Deve sapere come difendersi» replicò, cupamente, con la voce che le vibrava in gola come il ringhio di un cane che difende il cibo «Se dovesse trovarsi di nuovo da sola con lui»
«Ma da come l'hai detto sembrava quasi che tu volessi mandarla ad ucciderlo da sola. No. Non lo deve fare, è pericoloso!».
Le due iniziarono a battibeccare su questa cosa, incredibilmente. Le altre ragazze non cercarono affatto di fermarle, si davano piccole gomitate e ridacchiavano fra loro.
«Basta!» Esclamai «Vi prego, no! Tranquille io... non cercherò di uccidere Edward se non sarò proprio proprio alle strette. Così siete d'accordo, no?».
Le due si lanciarono un'ultima occhiata torva di sfida, poi annuirono nella mia direzione.
«Ti accompagniamo alla tua auto, Belarda» Disse Lara, piano «Fra poco dovremo uccidere il vampiro e... e poi c'è una riunione speciale... e...»
«Ho capito» dissi «Non c'è problema. E comunque dovevo tornare a casa».
Le ragazze misero i sacchi con dentro i pezzi di vampiro ben lontani fra loro all'interno della stanza e lasciarono Ayita a fare la guardia mentre mi scortavano attraverso il bosco fino al mio Chevy.
«Grazie per la bellissima mattinata» Ringraziai «Per la partita a Dungeons and Dragons e per... per tutto...»
«Per averti terrorizzata» ridacchiò Sarah «Con pezzi di succhiasangue»
«Figurati, quello è l'ultimo dei miei problemi...»
«A proposito di quello!» esclamò lei «Prendi i nostri numeri di telefono! Se hai bisogno... o se abbiamo bisogno noi... ci puoi chiamare!».
Annuì felice dell'idea, e li memorizzai velocemente in rubrica. Oh, avevo quel telefono da così poco e già quanti bei numeri avevo collezionato! Mi sentivo quasi fiera di me.
«Grazie allora» Dissi, timidamente
«Grazie a te per le informazioni»
«Un'ultima cosa» aggiunsi, e lei mi guardò incuriosita, facendomi cenno con la testa di continuare «Voi sapevate che ci sono i Cullen, che sono i freddi... Ma non sapevate che non erano neri? Cioè, quel tizio era scuro di pelle, e pensavate che fosse Edward, e aveva gli occhi rossi»
«Edward non ha gli occhi rossi?»
«No. Sono tipo... giallini»
«Giallini?» Sarah aggrottò le sopracciglia «E perché?»
«Non lo so. So che diventano più scuri quando ha fame e più chiari quando non ce l'ha»
«Ah» Sarah si fregò le mani l'una contro l'altra «Non so, finora avevo sempre pensato che gli occhi dei vampiri fosse rossi perché irrorati di sangue o una cosa del genere. Se lui ce li ha gialli non oso pensare di cosa si sostenta»
«Magari solo plasma, no?» chiesi
«E come cavolo fa?»
«Boh. In effetti mi pare strano, anche perché non ha senso che setacci il sangue. Forse sono rossi per un altro motivo, magari è la varietà del vampiro oppure indica se è giovane o anziano o queste così»
«Okay, ne parlo con le altre, tanto siamo arrivate al tuo scassone»
«Il mio bellissimo Chevy, intendi»
«Proprio quello. Ci salutiamo qui?».
Io e Sarah ci congedammo l'una dall'altra con tante cose a cui pensare, ma più tranquille. O perlomeno io ero più tranquilla, sapendo che non ero destinata a soccombere senza via d'uscita ai capricci di un vampiro sberluccicante.
Che bello.
Dracula saltò sul pick-up come avevo visto fare solo a certi cani che volevano accompagnare i padroni ad una battuta di caccia, e si acciambellò sul volante. Sfidava le leggi della fisica, ma era un gatto e ai gatti non importa delle leggi della fisica, e arrivano a fare cose come esistere e non esistere nelle scatole al tempo stesso. Comunque lo spostai sul sedile di fianco, mentre lui faceva un miagolino di protesta: avevo bisogno di avere il volante libero.
Il viaggio di ritorno fu tranquillo, e quando ero quasi già arrivata a casa mi ricordai che mi ero ripromessa di fare un saluto a Billy, ma non sapevo se era tornato dalla pesca, e comunque ero quasi rientrata a casetta.
Così parcheggiai nel vialetto, aprii e rientrai a casa, confortata dal fatto che avevo tante cose da fare adesso: era passato già parecchio tempo tra tutte queste rivelazioni sovrannaturali, e fare qualcosa di tanto terreno e rilassante come fare le pulizie e cucinare mi rilassava.
In verità papà era quello che si occupava del giardino e di pulire buona parte della casa, mentre io facevo il bucato e cucinavo, ma avevo questa segreta fissazione di ripulire la cucina prima e dopo averla usata senza fidarmi del tutto del lavoro di mio padre.
Regola numero uno dell'artista della cucina: tenere il piano di lavoro in ordine.
Regola numero due della figlia in cucina: se tuo padre ha paura di piatti fantasiosi e fa le facce buffe quando gliene presenti uno, ma si ostina a rifornirti degli stessi due ingredienti, fai piatti dal nome o dagli ingredienti "minacciosi".
Iniziai a radunare gli ingredienti per fare delle polpettine di pesce e ricotta e della pasta alla gricia (se solo avessi potuto fare pasta alla spirulina, allora si che avrei avuto la mia gustosa vendetta sull'ispettore capo Carlo Cigna) quando il mio smartphone si mise a squittire penosamente.
La chiamata era di Mike. Ah già, ad ultima ora c'era il professor Banner. Era conosciuto in tutta la scuola per la sua one-track mind, la sua capacità di fare lezione senza accorgersi di praticamente nulla di quello che accadeva in classe. Dopotutto era l'uomo che non si era accorto di Eduardino che faceva a pezzi il banco, per non parlare dei due ragazzi che facevano il test con il libro al contrario sotto il banco.
Se qualcuno aveva qualcosa da fare l'ora del professor Banner era un paradiso di chiacchierate libere e smessaggiamenti selvaggi.
Mi resi conto che stavo lasciando il telefono a squillare da troppo tempo e mi affrettai a rispondere:
«Ciao Mike»
«'Giorno, Belarda» disse il mio amico. Aveva un tono strano, quasi rassegnato «Come stai? Jessica mi ha detto che non stai bene»
«Oggi ho deciso di prendermi una pausa» risposi senza sbilanciarmi
«Com'è andata a Port Angeles?»
«Avete Banner vero?»
«Si, possiamo parlare, tranquilla. Vuole mettere un film così può mettersi a leggere riviste dietro lo schermo o negli angoli come al solito»
«È andata...» non sapevo come fare un resoconto che fosse insieme breve e sincero, così conclusi goffamente «... Benone. Jessica ha comprato un vestito davvero carino, e anche Angela. Io ho preso libri e scarpe»
«Benone? Jessica mi ha raccontato del kung fu!»
«Oh. Allora sai com'è andata a Port Angeles»
«Ma seriamente avete fatto quelle cose fichissime, o Jessica ha esagerato? E veramente sono successe quelle cose con... uh... Cullen?» sussurrò pianissimo l'ultima parola
«Abbiamo fatto cose davvero davvero fiche, Mike-san, quindi, non sono sicura di a cosa tu ti stia riferendo ma si. Ed Edward è pazzo, però per adesso non c'è di che preoccuparsi. Non è a scuola?»
«Si, si lo è. Ah, un'ultima cosa»
«Spara»
«Jessica ha detto qualcosa a proposito di lunedì sera?» chiese lui, e potevo sentirlo sorridere dall'altro lato della cornetta, il suo viso illuminato in quel modo adorabile
«Ha detto che si è divertita molto» dissi, per rassicurarlo
«Davvero?» domandò impaziente
«Dipende. Stiamo parlando del lunedì in cui avresti dovuto fare i compiti? Non ricordo tanto bene»
«Ciao, Belarda!».
La chiamata si chiuse.
Scossi la testa con un sorriso affettuoso, come se quello scemo potesse vedermi, e purtroppo finii quei piatti che avevo immaginato mi avrebbero preso molto più tempo in un men che non si dica. Erano ricette abbastanza semplici, e la preparazione di entrambi poteva avvenire quasi contemporaneamente sfruttando i momenti di pausa tra l'uno e l'altro. Meditai se fare o meno un dolce, occhieggiando dubbiosa l'orologio.
Dracula venne a miagolare e strusciarsi contro le mie gambe, l'infingardo, senza riuscire a resistere all'odore di ricotta e pesce insieme. Beh, non avevo mai fatto quel piatto prima di avere un gatto: se fosse stato un fiasco sapevo perfettamente chi avrebbe gradito.
Rimisi tutto in ordine, mi lavai le mani e offrii una polpettina a Dracula.
«Ti do la polpettina se mi dai la zampina. Polpettina per zampina» Dissi, concentratissima. Non conosceva quel comando (né comandi in generale) perciò reagì alla mia mano tesa battendo le palpebre e poggiandoci il naso, strusciandosi ferocemente.
«Tieni, mangia tutto!» Mi arresi immediatamente e Dracula miagolò forte in ringraziamento.
Alla fine cercai di proposito su Internet un dolce strano da accompagnare alle pietanze di oggi; purtroppo non avevo gli ingredienti per un Ais Kagang malese che avrebbe sicuramente fatto battere il cuore in petto a mio padre – segnato, per la prossima volta pasta alla spirulina e Ais Kagang – e così optai per il Tavuk gogsu, un dolce turco a base di pollo addolcito con latte, zucchero e cannella.
Finii di prepararlo giusto quando mio padre rientrò a casa, e proprio come speravo, a pranzo fece molte facce buffe.
Sebbene anche io avessi dei piccolissimi dubbi, mangiammo bene e probabilmente avevamo fatto una scorta di proteine che ci sarebbe bastata da tre anni a quella parte; poi ci rilassammo, io, papà e Dracula davanti alla TV, fin quando non venne l'ora di fare i compiti per me e di occuparsi da cose di sceriffo di Forchette per lui, e invitai Angela e Jessica da me.
Finimmo pochissimi compiti, che per fortuna erano pochissimi, e chiacchierammo tantissimo di cose che non avevano nulla a che vedere con la scuola.
Parlammo del fatto che c'era un tizio che piaceva ad Angela di cui, con la mia memoria esemplare, memorizzai solo che era un maschio e che le piaceva, parlammo di Dracula, del corso di arti marziali di Jess, finendo per stuzzicarla sul fatto che le piaceva Mike.
Io e Angela scoprimmo a nostre spese che Jess era instuzzicabile, e che percepiva le frecciatine maliziose come carburante per auto-adulazione e chiacchiere su quanto le migliori caratteristiche di Newton fossero "i suoi capellini" e il suo "sederino da cane Corgi".
«Ma i cani Corgi non sono quelli con le gambe piccole piccole e il sedere grosso, tipo tondo?» Chiesi io, sgranocchiando biscotti. Jess annuì entusiasticamente. Beh, non ci avevo fatto caso.
«Non è irrispettoso parlare così di una persona che non è presente?» Suggerì sommessamente Angela, e Jessica si mise a ridere.
«Poi glielo diciamo» Risolse, e io ridacchiai sotto i baffi.
Procedemmo a fare uno scherzo telefonico ad Eric, che non ci riconobbe e che fermammo prima che andasse davvero a controllare se gli stavano portando via l'auto con il carro attrezzi.
Mi sentii cattiva ma potente; per fortuna c'era Angela con noi che fermava il nostro vandalismo interiore dal fiorire, e di cui lei sembrava fortunosamente sprovvista.
Al calare della sera le riaccompagnammo ognuna a casa sua con l'auto della polizia e papà, imbarazzato ma che cercava di non farlo vedere giocando il personaggio del poliziotto duro – che il cielo lo benedica – , lasciò che Jessica accendesse la sirena.
Quella notte mi sdraiai sul letto calda dell'acqua della doccia, nel mio comodo pigiama. Dracula si sdraiò lascivamente accanto a me e guardai attraverso la finestra con le tendine spalancate, con la luce lunare lattescente che la attraversava e mi accarezzava i capelli e la pelle disegnando bellissime strisce brillanti sui minuscoli peli chiari delle mie braccia e della mia chioma, e sorrisi nel sapere che quella notte la luce sarebbe rimasta tale senza inquietanti ombre ad oscurare i miei sogni.
Nel dubbio, avevo portato con me una birra ed un accendino.
Era stata una bella giornata, non per il cielo che era rimasto scuro tutto il giorno ma per ciò che era successo: era volata in un lampo.
Che bello.
Quella notte sognai qualcosa a proposito di Edward che voleva essere il mio ragazzo e accompagnarmi a Seattle, ma il sogno si tramutò presto in un'avventura magica e avvincente con un una squadra di ragazze-lupo e il loro Corgi Mike con il compito gravoso e preciso di sconfiggere un tonno gigantesco.
Di entrambi i sogni l'unica cosa precisa che mi era rimasta erano le frasi, che ero abbastanza sicura di aver rivolto all'Edward del mio sogno, "Non c'è niente di più divertente di un grizzly irritato, in effetti" e "Anche tu somigli ad un orso?".
Uscii di casa che ancora ridevo.
Solo gli orsi vampiri mi mancavano, certo.

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Note degli autori: Le frasi che Belarda sogna "Non c'è niente di più divertente di un grizzly irritato, in effetti" e "Anche tu somigli ad un orso?", nel capitolo originale di Twilight Bella Swan le dice davvero. La seconda la dice ad Edward. Non stiamo scherzando, andate a pagina 186: Bella Swan chiede a Edward Cullen se lui somiglia ad un orso.
Ci chiediamo ancora che senso abbia.




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 Aggiorneremo la storia su questo blog un pò più lentamente che su wattpad, quindi se avete la app di wattpad, oppure vi piace leggere direttamente da quel sito, continuate a leggere la storia da qui

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