Undertaker scese dalla macchina con cautela e quando tirò con uno scatto indietro la testa il suo collo scricchiolò.
«Tutto ok?» Gli domandai
«Eh,
più o meno» lui continuava a passarsi la mano dalla nuca alla base del
collo, sotto i capelli lunghi «Almeno Jessica aveva ragione e non c'è
gente in giro»
«Capisco. Deve essere una seccatura essere famosi, eh?»
«Non proprio. Ma oggi non ho voglia di incontrare i miei fans, non sono... dell'umore» borbottò.
Entrammo nel cinema e Mike si approcciò all'annoiata ragazza orientale che se ne stava in biglietteria.
«Un biglietto» Disse, con un gran sorriso
«Ma siete in quattro» sbuffò la ragazza, con la faccia appoggiata ad una mano
«Abbiamo già tre biglietti. Ce ne serve solo uno, Carlie»
«Chi
è il bestione, Mike?» chiese a voce un po' più bassa la ragazza, mentre
stampava un biglietto con l'apposita macchinetta «Ha l'aria di essere
un motociclista assassino»
«È un wrestler» spiegò fiero Mike «Uno famoso»
«Ah. Ancora peggio» la bigliettaia passò il pezzetto di carta a Mike attraverso la fessura nel vetro «E ora sgancia i soldi».
Mike
si frugò nella tasca posteriore dei jeans e ne trasse alcune monete,
che diede alla ragazza, poi passammo attraverso l'ampio atrio e
risalimmo una scalinata.
«Sala tre» Fece Mike, indicandoci un cartello con entusiasmo «Entriamo».
Ci
infilammo fra cortine rosse di velluto pesante. Dietro di esse ci
attendeva un ometto magro e pelato con gli occhiali, che non appena ci
vide parlò come un automa.
«Biglietti, prego».
Mike
gli diede i biglietti e lui li ridusse in mille pezzi e se li infilò
nella tasca. Non mi risultava che si facesse così, ma non mossi alcuna
obiezione.
In sala c'erano esattamente quattro
persone, di cui due ragazze adolescenti, un uomo di mezz'età con i
capelli grigi e crespi e un ragazzo che sembrava la copia molto più
giovane del tizio che aveva fatto a pezzi i nostri biglietti.
«Prendiamo la prima fila?» Domandò Mike, entusiasta «Non c'è nessuno!»
«Fate voi» replicò sbrigativamente Undertaker «Io non posso stare in prima fila, sono troppo alto, ostruisco la visuale»
«Oh
andiamo!» Jessica fece un risolino, aggrappandosi al suo braccio senza
ritegno «Se non c'è nessuno dietro di te, non c'è nessuno a cui puoi
ostruire la visuale» e detto questo lo trascinò fino alla prima fila e
lo fece sedere accanto a lei.
«Cos'è questa
storia?» Mi disse fra i denti Mike, approfittando del fatto che eravamo
rimasti indietro «Come mai c'era... c'era... The Undertaker a casa tua?»
«Che c'è, sei invidioso?» sentivo un sorrisone disegnato sulla faccia
«Ma che sei diventata tonta, Belarda? Certo che sono invidioso! Come mai era a casa tua?»
«Che
fai, non gli credi? Te l'ha detto, l'hanno chiamato i Quileute. E
devono avermelo mandato a casa come una specie di... scherzo. Perché
sanno che ho un'adorazione per lui»
«Devo diventare il migliore amico dei Quileute, così mi faranno scherzi come li fanno a te»
«Guarda che ho ancora una scarpa sola» gli feci notare «Sono distrattissima quando c'è quello lì in giro».
Entrambi
abbassammo lo sguardo. Lui prese a ridere e dopo qualche istante non
potei fare a meno di accompagnarlo. Ridemmo fino alle lacrime, fino a
dover aggrapparci alle poltroncine. Come diavolo era possibile? Mi ero
dimenticata a casa una scarpa! Mi ero fatta tutto il tragitto da casa a
qui senza notare minimamente che mi ero scordata di mettere una scarpa!
Neanche Jessica, di solito attenta ai dettagli, l'aveva notato.
«Ci ha fatti scemi» Commentai, scuotendo la testa e cercando di rimettermi dritta.
Alla
fine riuscimmo a trascinarci fino alla prima fila. Mi sedetti accanto
ad Undertaker, che così era intrappolato fra me e Jessica. Mi sentivo
come se una di noi due dovesse prendergli la mano, come un'adolescente
con il fidanzatino, da un momento all'altro, e questa cosa faceva
montare nuove ondate di ilarità dentro di me, perciò continuavo a
sbuffare per trattenere le risate.
Mike si sedette
accanto a Jessica e le prese immediatamente la mano. Bene. Adesso se lei
avesse afferrato la mano a Taker sarebbero sembrati la catenella degli
omini di carta meno regolari della storia degli omini di carta.
Questi
pensieri non avevano alcun senso, ma non riuscivo a fermarli e mi
veniva dannatamente da ridere. Per fortuna, quando iniziò il film
iniziarono a ridere tutti in sala, quindi riuscii a farlo anch'io senza
sembrare un'idiota.
L'unico che non rideva era
proprio Undertaker. Se ne stava con i pugni stretti, appoggiati sui
braccioli della sedia, e avrei giurato che stesse tenendo i denti
stretti e la mascella contratta, tipo Edward Cullen quando ci eravamo
incontrati durante il mio primo giorno di scuola. Il motivo non poteva
certo essere lo stesso, Taker non era un vampiro e non doveva essere
particolarmente interessato al mio sangue o a quello di chiunque altro
nella sala.
«Tutto ok?» Gli domandai sottovoce quando arrivò la pausa fra il primo e il secondo tempo
«Cosa?»
lui mi guardò come se si fosse appena svegliato «Ah, intendi... si,
tutto bene» sorrise fugacemente «Vado a prendere qualcosa da mangiare,
ho fame».
Si alzò e si allontanò. Mike e Jessica lo imitarono, lasciandomi sola.
Era
un bravo bugiardo, non c'era che dire: se non mi fossi accorta del suo
disagio continuato durante tutto il primo tempo, con le parole l'avrebbe
dissimulato senza impegno. Non me la contava.
Quando
ritornò, a tempo record, teneva in braccio il più grosso cartoccio di
pop-corn che avessi mai visto fino a quel momento e si era legato i
capelli in una coda. Si risedette accanto a me.
«Scusa»
Mi disse, sbrigativo e complice insieme «C'erano i tuoi amici, non
potevo dire niente, li avrei mandati nel panico. Ora siamo soli noi due»
«Ah. Certo. Quindi...»
«Vedi quelle due ragazzine laggiù?».
Mi
sporsi a guardarle: erano normali adolescenti, che stavano
approfittando della pausa del film per spettegolare e mostrarsi dei
messaggini sui telefoni.
«Si, le vedo»
«Ecco, hanno almeno duecento anni ciascuna e sono vampiri»
«Oh cavoli!» esclamai
«Shhh!»
mi intimò lui, poggiando l'enorme cesto di pop-corn sul bracciolo fra
di noi «Mangia e fai finta di niente. Non le guardare più»
«Vabbé, sono vampiri, ma... ci dobbiamo preoccupare?»
«Sono spie dei Volturi. Diranno loro che sono qui e i Volturi si attrezzeranno di conseguenza»
«Come fai a sapere che sono spie dei Volturi?»
«La
loro macchina è parcheggiata qui fuori, ha una targa italiana e due
mantelli neri ripiegati sul sedile posteriore. Sono delle idiote, ma
vanno alla grande per la loro funzione: spiarti»
«Sono... italiane?»
«No.
Vengono dall'Italia, ma non so se sono italiane. Le hanno mandate i
Volturi e sono sicuro che se hanno mandato degli... degli scarti come
loro... allora vuol dire che ne hanno mandati tantissimi. Avranno occhi e
orecchie dappertutto. Non mi dirai che nessuno di voi li aveva notati,
vero?»
«No, nessuno di noi» dissi, reprimendo un brividino «Siamo tutti stupidi...»
«Non
siete stupidi, è solo che non siete allenati» mangiò una manciata di
pop-corn e rimase in silenzio, a rimuginare per un po', prima di
proseguire «Le voglio catturare. Magari sanno qualcosa sulla posizione
delle altre spie. O magari no, ma ne vale sempre la pena»
«Come pensi di fare?»
«Mi offrirò come preda»
«In che senso?» aggrottai le sopracciglia.
Lui si strinse nelle spalle
«Tu non preoccuparti».
Oh,
mi preoccupavo invece, eccome se mi preoccupavo. Ma ecco tornare
Jessica e Mike, con un pacco di patatine ciascuno, chiacchierando fra
loro e sputacchiando per quanto ridevano. Loro non avevano la benché
minima percezione delle due assassine vampire travestite da adolescenti
presenti nella sala ed era giusto che fosse così. Dopotutto quelle due
vampire non erano lì per loro...
Il che mi faceva dedurre che erano lì per me. Avevo i brividi dappertutto.
Jessica
e Mike si sedettero ai loro posti e, dopo pochi istanti, le luci in
sala si abbassarono. Poi il film riprese e io inizia a mangiare
nervosamente pop-corn, uno alla volta. Poiché condividevamo il
pacchettone, una quantità spropositata di volte la mia mano toccò quella
di Undertaker. La prima volta gli diedi praticamente un pugno sulle
dita, tanto rapidamente tuffavo il braccio per acchiappare i pop-corn,
ma lui non ci badò affatto. Le volte successive fui più cauta e lenta e
il tutto si ridusse a casuali sfioramenti in cui la mia mano tremava
come quella di una vecchia demente che aveva preso la scossa elettrica.
Poi
sentii un fruscio. Oh mio Dio. Con la coda dell'occhio vidi le due
ragazzine (che ora sapevo essere delle vampire) che si erano sedute
nella fila dietro la nostra, così rapidamente che nessuno sembrava
essersene accorto.
Rovesciai per sbaglio la confezione di pop-corn, sobbalzando.
«Scusa
scusa scusa» Bisbigliai concitata, chinandomi in avanti d'istinto per
cercare di acciuffare il cartoccio al volo. Riuscii ad afferrarne il
bordo all'ultimo secondo, impacciata, ma una cascata salata di pop-corn
aveva avuto tutto il tempo di rovesciarsi sul tappetino rosso e grezzo
del cinema.
Mi sentii avvampare nel buio, sbirciando dentro il cartoccio per valutare i danni. Dovevo avere lo stesso colore del tappeto.
Un
po' del contenuto era riuscito a salvarlo; rimisi la confezione dov'era
prima lentamente e mi strinsi sul sedile, senza osare girarmi né verso
le occupanti dei posti alle mie spalle, né verso il Guardiano Nero.
Avevo buttato i pop corn di Undertaker. Avevo buttato i pop corn di
Undertaker!
«Belarda!» Esclamò Jessica, cercando di tenere il tono di voce basso «Ti aiuto, dai».
Annuii,
apprezzando il suo aiuto, anche se in realtà non avevo idea di cosa
fare. Non avevo mai buttato cibo sul pavimento di un cinema, ma c'era da
aspettarselo con la mia goffagine.
«Torniamo subito,
ragazzi, teneteci i posti» Disse Jessica prendendomi per mano e
sgusciando tra le file «Non vorremmo mai che degli avidi fan ce li
rubino».
Sbuffai una mezza risata, anche se sentivo
gli occhi delle due vampire sulla schiena come puntatori laser. Non
sapevo se Jessica conoscesse il posto o fosse prassi comune, ma la mia
amica mi condusse fino ad una tendina semi-nascosta nel buio, che se
spostata rivelava la porta d'ingresso ai bagni delle ragazze. Sopra la
tenda c'era un'insegna bianca con sopra la scritta “toilette” e la
sagoma di un omino con la gonna in blu. Immaginai che sarebbe stato
difficile trovare i bagni altrimenti, dietro le tende e tutto.
Ce
n'era una proprio dall'altro lato della sala a guardare bene, e anche
se da dove ero io non si leggeva, immaginai che avesse su un'insegna
bianca con un un omino blu sopra.
Dentro Jessica
trovò senza esitazione una scopa dal manico di plastica rosso, poggiata
proprio vicino alla porta, ed un cestino dei rifiuti ancora vuoto, poi,
ficcatami di forza la scopa tra le mani, mi fece segno di tornare a
raccogliere i pop-corn. Ubbidii come un'automa, e Jessica mi tenne
dietro con il cestino in mano.
Ero entrata solo un'altra volta nel bagno di un cinema, e non riuscivo a ricordare o no se in tutti ci fossero delle scope.
Quando tornammo di là, sia Undertaker che le due teenager erano spariti.
Battei
le palpebre, cercando di rimanere calma, anche se non lo ero
moltissimo. Sullo schermo stavano accadendo cose di cui non riuscivo
neanche davvero a capacitarmi, e degli attori espressivi come pezzi di
legno verniciati di grigio stavano parlando con altri attori dalle
simili abilità, che forse interpretavano degli Zulu.
«Mike!» Sibilò Jessica. Dovette chiamarlo due volte perché lui si girasse, chiaramente impaziente di tornare a guardare il film.
«Dov'è Undertaker?»
«Ah»
Disse lui, guardando il posto, ora vuoto, del wrestler «Aveva detto che
si allontanava a prendere altri pop corn, visto che Belarda ha buttato
quelli che aveva preso prima. Dovrebbe tornare tra poco».
Jessica
parve placata dalla risposta, anche perché Mike non era disposto a
chiacchierare ancora, ma io non ero altrettanto tranquilla. Per prima
cosa, perché Micolo era stato così gentile da ricordarmi che avevo
buttato all'aria i pop-corn del mio idolo.
Idolo che era sparito con spie vampire bicentenarie. Andare a cercarlo o no? Non gli sarei stata comunque di grande utilità, no?
Non
appena finii di ripulire il disastro che avevo combinato mi presi
qualche secondo per ragionare davvero su cosa fare. Non gli sarei stata
di nessuna utilità in combattimento, mi dissi, ma se avesse avuto
qualche ferita magari avrei potuto fare qualcosa.
Ad essere sincera, per quanto irrazionale potesse essere, volevo esserci per lui.
«Vado a mettere questo a posto e a cercare Undertaker» Bisbigliai verso Jessica.
Lei
mi sorrise, la luce del grande schermo riflessa nei suoi occhi vivaci.
Vidi che stringeva un po' di più la mano di Mike e, nonostante lui
sembrasse assolutamente preso dalla pellicola, ricambiò la stretta.
«Sicuro» Mi disse lei in un sussurro «Vuoi che venga con te?»
«No, grazie, Jess. Fai compagnia a Mike, ha bisogno di qualcuno a cui fare i commenti».
Jessica
ridacchiò a bassa voce ed io con lei, perché entrambe sapevamo quanto
fosse chiacchierone Mike durante i film che lo entusiasmavano. Non avevo
mai visto qualcosa a cui tenessi davvero insieme a lui, ma immaginai
che sarebbe stato infernale.
«Okay» Bisbigliò, e tornò a guardare lo schermo soddisfatta.
«A dopo».
Mi
alzai e sgattaiolai via con una scopa ed il cestino, ora pieno. Mi
dispiacque tantissimo di dover buttare via i pop-corn, ma, in effetti,
avevo cose più importanti a cui pensare.
Trovai di
nuovo la tenda che celava il bagno delle ragazze ed entrai in fretta. Il
bagno era illuminato di una luce tanto bianca da essere cruda, e
nell'aria c'era un profumo piacevole ma pungente, con un che di
familiare. Sapeva di ibisco messo a macerare e poi congelato.
Che diamine di detersivo aveva un odore del genere?
Rimisi
a posto cestino e scopa, e le mie orecchie furono trapanate da una
risatina acuta, il terribile squillare di una fila di campanellini.
«Queste
lenti a contatto sono una rottura» Disse una voce giovanile, femminile,
delicata, acuta come se fosse stata ritoccata al computer. Era
vivacizzata da dei picchi di volume che gli davano un'impressione di
allegria costante, forse un po' sfottente.
«A chi lo
dici, non durano niente» Sbuffò l'altra voce. Anche questa era
melodiosa, ma compresa in un registro normale. Avrebbe potuto
appartenere ad una teenager qualunque.
«Che ci vuoi fare. Sai com'è. Su di noi non durano mai» Rispose la prima voce più abbattuta, senza la stessa baldanza.
«Tutto bene?».
Mi
resi conto che si stava rivolgendo a me solo dopo qualche secondo.
Inspirai e mi voltai verso di loro, aggiustandomi una ciocca di capelli
dietro le orecchie.
Dovevo rimanere calma. Dovevo
rimanere calma e dissimulare tutto, anche se davanti a me c'erano le due
vampire che avevano preso posto dietro di noi.
Almeno sapevo che Undertaker non si era messo ad affrontarle da solo.
Mi
aprii in un sorriso, ma sapevo benissimo che tutto il mio nervosismo
traspariva facilmente. Se me la giocavo abbastanza bene, però, potevo
camuffarlo come semplice imbarazzo.
«Ehm, si» Dissi, intrecciando le dita davanti a me per non farle tremare «Qualcuna delle due deve usare il bagno?»
«Siamo
qui solo per rifarci un po' il trucco, tesoro» disse la seconda
vampira, rimettendo una scatoletta nella borsetta nera e lucida che
aveva a tracolla «Vai pure, sono tutti liberi»
«Tu
che ci fai con la scopa in mano?» chiese la prima vampira, ravvivandosi
la chioma bionda, guardandomi come se trovasse la cosa incredibilmente
buffa.
Era strano, però. Con duecento anni sulle
spalle potevano benissimo essere delle brave attrici tutt'e due, ma non
sembrarono riconoscermi. Battei le palpebre.
La mia
bocca farfugliò qualcosa a proposito della mia goffaggine e del fatto
che non potevo lasciare le schifezze per terra, mentre il resto di me si
chiedeva che senso avesse pedinare proprio me. I Volturi sapevano
dell'umana che aveva infranto il loro regolamento, venendo a parte di
segreti inaccessibili a quelli della sua specie sulle loro non-vite
immortali? E in quel caso, perché non mi avevano ancora trasformata o
uccisa, visto che era tanto semplice seguirmi?
C'era
la concreta possibilità che sapessero di me, visto che la testimonianza
che li aveva fatti muovere veniva direttamente dai ricordi di Rosalie.
Quindi dovevo agire dando per scontato che fossero un pericolo per me
più che per altri.
«Poverina, non temere» Rise la prima vampira, che aveva nascosto il rosso dei suoi occhi sotto un paio di lenti a contatto verdi
«D'accordo,
grazie. Allora io vi...» iniziai ad incamminarmi verso la porta, quando
la seconda vampira, voltando la testa a destra e a sinistra per
osservarsi scrupolosamente il viso nello specchio, mi fermò sui miei
passi:
«Ti sta piacendo il film?»
«Ehm, non è il mio genere» ammisi, sincera «Non so se è il genere di nessuno».
La prima vampira rise ancora. Tutto quel ridere stridulo mi faceva sentire il cervello trapanato da parte a parte.
«Allora
io vi lascio al vostro trucco. Ciao» Dissi, riuscendo a mantenere un
tono cortese. Solo la vampira numero uno rispose al mio saluto, mentre
l'altra era troppo impegnata a battere le ciglia allo specchio per
notare che me ne stavo andando.
Caspita, erano brave:
da sola non avrei mai notato che erano due vampire. Posai la scopa
fuori da uno dei cubicoli dei bagni, poi ci entrai dentro. Le vampire
dovevano avere un super udito, perciò l'avrebbero saputo se non avessi
fatto pipì, così fui costretta ad usare la tazza per il suo scopo
originario... non che non mi scappasse, eh! Ero spaventatissima.
Poi
uscii dal cubicolo. Mi lavai le mani. Mi diressi verso l'uscita dei
bagni lentamente e vidi le due adolescenti vampire uscire. Tirai un
sospiro (che non era di sollievo, era semplicemente un sospiro) e le
seguii sperando di non sembrare troppo sospetta. Poi mi fermai.
Le
due erano uscite per parlare con qualcuno e quel qualcuno era Taker,
che aveva comprato sul serio degli altri pop-corn e glieli stava
offrendo con candore.
«Come accettati» Disse la
vampire numero uno, con un risolino stridulo «Non posso mangiarli, mi
rovinerebbero la linea! E sai quanto ci ho messo per raggiungere questa
forma invidiabile?»
«Almeno cent'anni dentro e fuori
dalle palestre» disse noncurante il wrestler, ficcandosi in bocca un
paio di pop-corn «Io però non direi che hai più di cent'anni, ne
dimostri tutt'al più una cinquantina. Portati bene, si intende»
«Sei un tipo spiritoso» altro risolino stridulo «Non sembri uno di queste parti, da dove vieni?»
«Texas»
«Sei poco abbronzato per essere un texano» si intromise la vampira numero due
«Guardate
lei» Taker mi indicò e io mi raggelai sul posto, a tre metri di
distanza da loro «Lei è di Phoenix e sembra nata a Forks»
«Ah ah» dissi, nervosa e poco convincente «Team pallidoni alla riscossa!».
Le
due vampire mi guardarono esattamente come due teenager ricche
guarderebbero una persona sfigata fatta di gelatina tremolante. Erano
delle attrici impressionanti. Cercai di sorridere.
«Vi conoscete?» Domandò la vampira numero due, girandosi verso di lui
«Altroché»
lui annuì «È mia figlia. Cioè, in realtà non ci conosciamo troppo bene,
sono venuto qui perché prima non conoscevo affatto la sua esistenza, ma
recentemente sua madre mi ha chiamato e mi ha detto di lei, così sono
corso a fare il padre. Spero di recuperare meglio che posso» sorrise con
il giusto mix di vergogna e felicità e per un millisecondo sembrò uno
sfigato peggio di me, stringendosi al petto i pop-corn
«Beh,
di certo non hai scelto un bel film per passare il tempo assieme, eh?»
disse la vampira numero uno «Se siamo tutti qui fuori a parlare
piuttosto che tornare dentro»
«Oh, non ho scelto io
il film, sono stati i suoi amici» Taker mi indicò con un mignolo e io
tremolai e sorrisi come un amichevole omino di gelatina «Voi, piuttosto,
perché siete qui?»
«Siamo venute perché ci avevano
invitato due ragazzi» si lagnò la vampira numero uno «Ma ci hanno dato
buca, i bastardi. Scusa il linguaggio, mister...»
«Pink. Phillip Pink»
«Mister Pink. Bel cognome»
«Ora,
se volete scusarci, torniamo a guardare il film. È stato un piacere,
ragazze» Undertaker sorrise tenuemente, diede le spalle alle vampire e
mi si avvicinò goffamente, camminando come un orso a cui si era
rigenerata male una frattura a un piede.
Mi guardò
con aria complice. Con una mano stringeva la confezione di pop-corn, ma
l'altra, penzolante lungo il fianco, si alzò appena mostrandomi tre dita
alzate, che una dopo l'altra abbassò, come in un conto alla rovescia.
Uno, due, tre.
Appena ebbe abbassato il terzo dito, la vampira numero due cinguettò
«Un
attimo! Quel film è davvero terribile... forse abbiamo qualcosa di
meglio da offrirvi. Qualcosa che può interessare anche ad una ragazza
adolescente, signor padre appena ritrovato!».
Lui si girò
«Sarebbe... sarebbe niente male. Grazie. Cosa volete...»
«Salite
con noi in macchina!» esclamò la vampira numero uno, squittendo
eccitata «Un nostro amico ha aperto da poco un centro benessere, una
specie di spa, e dopo il film saremmo dovute andare lì con i nostri
ragazzi. Ma quelli, come vi abbiamo detto, non si sono presentati.
Magari potremmo dare a voi i loro posti» si strinse nelle spalle
«Sembrate persone perbene. E poi a me piace lei» mi indicò «Magari
potremmo fare amicizia».
Feci un sorriso
forzatissimo. Oddio, quella era una spia dei Volturi che forse mi voleva
uccidere o forse mi voleva portare dai suoi orribili padroni assassini.
«Io ci sto» Disse Undertaker «E vi ringrazio davvero» chinò un poco la testa «Non sapete che favore mi state facendo»
«Di
niente» dissero le due vampire, quasi contemporaneamente, per poi
emettere una serie di risatine stridule che le facevano somigliare a
strani uccelli.
«Tu ci stai, bambina?» Taker mi
guardò, poi aggiunse a bassa voce e in tono più serio «Se non te la
senti puoi rimanere qui, davvero»
«No, no!» mi affrettai a dire «Ci vengo. Se per te va bene, sempre»
«Per me va bene» mi tese la confezione di pop-corn «Ne vuoi?»
«Uhm, no grazie. Ho lo stomaco chiuso».
Le
due vampire adolescenti ci fecero strada fino al loro automezzo, un
impressionante Dodge Ram rosso fiammante, un pick up persino più bello
del mio Chevy e sicuramente più pulito.
«Bello»
Commentò Taker, sparando poi una balla colossale con disinvoltura «Io
non potrei mai permettermelo uno così. È un bestione!»
«Vero?»
la vampira numero uno gli fece l'occhiolino «Ma quando hai un papà con
tanti soldi e tanta voglia di fare felice la sua bambina, anche i sogni
si avverano».
Non potei fare a meno di immaginare che questo papà con tanti soldi fosse in realtà Aro.
Ci
fecero salire dietro. Taker stava più comodo che nella macchina di Mike
e continuava a mangiare pop-corn. La macchina partì. Un pensiero più
che sgradevole mi attraversò la testa: non potevo credere di star
bidonando di nuovo il mio migliore amico! E nel bel mezzo del film, per
giunta.
Il pick-up fendeva il buio, con potenti fari abbaglianti.
«Dov'è questo centro di bellezza?» Mi azzardai a domandare.
La
vampira numero due, che non guidava, si girò a guardarmi e mi sorrise. I
suoi denti bianchissimi scintillavano tenuemente nella penombra
«È una sorpresa» disse, poi si portò un dito alle labbra.
Ben presto il pick-up svoltò per una stradina malmessa e finimmo in una piazzola grigia, circondata di alberi spelacchiati.
«Ma non c'è niente qui» Disse Taker, (fintamente) sorpreso
«Ma no, scendete!» replicò la vamp uno, slacciandosi la cintura di sicurezza.
Le adolescenti immortali scesero. Fuori non c'erano altre luci se non quelle dell'auto e delle stelle.
«Che vogliono?» Domandai sottovoce
«Uccidermi» rispose Taker, facendomi l'occhiolino e dandomi la confezione di pop-corn «Tu rimani qui e proteggi questa».
Anche lui scese. Le due vampire gli si avvicinarono.
«Non c'è niente qui» Ripeté lui, allargando le braccia
«L'auto
è in panne» mentì la vampira numero due, civettuola «Vuoi provare ad
aggiustarla? Hai l'aria del maschio alfa che lo saprebbe fare...»
allungò una mano per toccarlo sul petto, ma lui gliela afferrò con un
gesto fulmineo e le spezzò il braccio.
Quando dico
che glielo spezzò, non intendo che le fratturò il braccio, intendo che
glielo spezzò proprio di netto, come si potrebbe fare con un gessetto, e
lo lanciò per terra. Non c'era più alcuna traccia di imbarazzo, di
inadeguatezza o di qualsivoglia normalità nella sua espressione
facciale: quello era l'Undertaker che ero abituata a vedere sul ring e
mio malgrado provai una scintilla di esaltazione. Il mio eroe in azione
dal vivo per la seconda volta! E stavolta contro due mostri
sovrannaturali.
La vampira mutilata soffiò e si chinò
per raccogliere il proprio braccio, Taker ne approfittò per colpirla
con il tacco dello stivale alla nuca e schiacciarla al suolo, dove la
tenne piantata con la sola forza della gamba.
«Credete che sia stupido?» Disse «Il vostro furgoncino funziona benissimo».
La vampira numero uno indietreggiò di due metri con un saltello. Impressionante.
«Chi sei?» Sibilò, abbassandosi e contraendo le mani come artigli
«Qualcuno
che non ha intenzione di diventare la vostra sacca di sangue»
Undertaker premette più forte con il tacco della scarpa contro la nuca
della vampira due «Che è quello che volevate, no? Questo è grosso, ha un
sacco di sangue ed è stupido» sorrise molto lentamente «È quello che
avete pensato»
«Certo» la vampira uno si abbassò ancora, acquattandosi pronta a balzare «E non abbiamo mai smesso di pensarlo, idiota».
La
vampira saltò, ma fu intercettata dalla mano di Undertaker, che la
afferrò a mezz'aria dalla gola. Tuttavia lo slancio era tale che lo
aveva sbilanciato e aveva fatto scricchiolare l'osso della sua spalla.
La vampira numero due si era liberata da sotto il suo piede,
approfittando di quell'istante, e stava correndo verso di me.
Io urlai, o almeno ci provai perché quella era così veloce che mi fu
addosso in un'istante, infilandosi nell'auto come un proiettile, e mi
mise una mano sulla bocca.
«Fai una mossa falsa, Phillip, e la tua bambina muore!».
Quello che successe dopo mi lasciò alquanto stranita. La vampira, senza
che nessuno di visibile la toccasse o la spingesse, cadde all'indietro
fuori dall'abitacolo, e lui le premette di nuovo il piede sulla gola.
Adesso le tratteneva entrambe, una con il braccio e l'altra sotto il
piede.
Eppure erano due vampire, impossibilmente
forti, impossibilmente veloci. Lui non poteva essere più forte di loro,
prima era riuscito a malapena a non farsi staccare il braccio
dall'impeto di un semplice salto! E poi che cavolo era successo, adesso?
Un attimo prima la vampira numero due mi aveva in pugno e l'attimo dopo... si era sabotata da sola, saltando all'indietro?
«Hai da accendere?» Domandò Undertaker, tranquillo
«Si, si certo» mi affrettai a dire. Avevo sempre da accendere.
Lui si abbassò per afferrare dalla gola anche la vampira a terra e
trascinò entrambe le succhiasangue lontane dalla macchina. Io scesi,
l'accendino in mano.
«Attenta a non bruciarti» Disse lui «Dai loro fuoco»
«Nooo! Nooo!» Gridarono quelle, agitandosi troppo debolmente «Cosa vuoi? Cosa vuoi? Te lo daremo! Qualunque cosa!»
«Cosa vogliamo?» mi chiese Undertaker «C'è qualcosa che desideri? Qualunque cosa. Loro te la daranno».
Strinse l'accendino nel pugno.
«Voglio sapere quanti di voi ci stanno spiando» Dissi
«Spiando?» la vampira numero uno sbarrò gli occhi «Perché dovremmo spiarti? Chi sei tu?»
«Non fare la finta tonta! Sono la ragazza che fa da tramite ai Quileute e ai vampiri! So chi siete e cosa volete!»
«Sei tu?!» «È lei davvero!» esclamarono le due, lanciandosi occhiate terrorizzate
«Quanti siete?» rincarai, facendo scattare la rotellina dell'accendino così che apparisse una fiammella «E dove siete?»
«Non possiamo. Non sappiamo dove sono gli altri, non possiamo!»
«E allora morite!»
«No, no! Aspetta! No! Ti preghiamo!» «Si, ti preghiamo!» «Abbiamo altro da offrirti. Informazioni! Informazioni!»
«Non hanno niente» disse serio Undertaker, il tono pacatamente minaccioso «Uccidile».
E io non me lo feci ripetere: passai l'accendino sul mento della prima
vampira, poi su quello della seconda. Il fuoco si propagò in fretta.
Undertaker le lasciò per non bruciarsi le mani e le guardammo urlare e
contorcersi e cercare di fuggire: riuscirono a correre per quasi
duecento metri prima di cadere afflosciate in un mucchio di membra
fiammeggianti. Non provavo alcun rimorso: quelle non erano persone. E
poi mi volevano morta.
Undertaker camminò lentamente
fino alle piccole pire fatte di vampiro che si andavano gradualmente
esaurendo e spense le fiammelle che erano attecchite sugli aghi di pino
per evitare che si propagassero, schiacciandole con le suole delle
scarpe.
Lo raggiunsi, stordita. Lui mi guardò
«Non avevano molto da offrirci» disse, stringendosi nelle spalle «Dove hai lasciato i pop-corn?»
«Oh. Credo che mi siano caduti di mano, io... credo... quando la vampira mi ha attaccato»
«Non è colpa tua»
«Lo... lo so. Come fai?»
«A fare cosa?»
«Le hai fermate. Con le mani, voglio dire, i vampiri sono... sono
fortissimi» tossicchiai e guardai altrove «Non sto dicendo che tu non
sei fortissimo. Sto dicendo che loro sono veramente tosti e... tu...»
«Sono un negromante» lui prese a camminare verso il pick-up «I vampiri
sono morti a metà e vivi a metà. Posso controllare la loro metà morta»
«Quindi puoi... fargli fare quello che vuoi?» battei le palpebre, cercando di tenere il passo con le sue gambe lunghe
«No, purtroppo. Come ho già detto, sono morti a metà, quindi non ho un
controllo completo su di loro. È abbastanza per indebolirli quando li
tocco, però, perciò finché ho un qualche tipo di contatto con loro,
diventano deboli come esseri umani della stessa taglia»
«Su-sul serio?» mi venne da ridere per la felicità.
Mi ero preoccupata non poco per il suo coinvolgimento in questa guerra
di sovrannaturali, ma a quanto pare possedeva un potere capace di
riequilibrare tutto. Ero davvero felice di saperlo.
«Si, sul serio. E posso anche controllarli mentalmente per brevi istanti»
«È quello che hai fatto per salvarmi, prima?»
«Non sei mai stata in pericolo. Non lo permetterei»
«Grazie» cercai di farlo suonare più sincero possibile, di farlo uscire da dentro il cuore
«P-prego» non mi guardava in faccia e si sedette al posto di guida «Prendi il sedile passeggero?»
«Sissignore!»
«Torneremo dai tuoi amici».
Così non avrei neppure bidonato Mike! Non potevo credere alla mia fortuna.
«Che figata» Dissi, sorridendo e agganciandomi la cintura di sicurezza «Sei un negromante»
«Già» accese il motore e controllò tutte le spie nel quadrante pur di non guardarmi in faccia
«Non me l'aveva detto nessuno, alla riserva. Sono tutti vaghi suoi tuoi
“poteri”» risi «E quando gli ho chiesto di più, mi hanno detto che non
sanno cosa sei»
«I negromanti non vengono visti di buon occhio da nessuno. Per favore, non raccontarlo in giro»
«Ma perché? Voglio dire, è una cosa fighissima. E poi è esattamente il
potere che tutti si aspetterebbero da te!» blateravo come un bimba di
dodici anni che ha appena incontrato tutte le Winx all'uscita da scuola
«Avere il potere di controllare i morti, insomma, potresti tipo evocare
un esercito di morti? Come Aragorn del Signore degli Anelli?»
«In teoria»
«E potremmo usarli contro i vampiri?»
«Non servirebbero a molto. I vampiri sono troppo più forti»
«Ma potrebbero spaventarli! Probabilmente non hanno mai visto qualcosa del genere!»
«E non l'hai mai vista neanche tu» disse divertito, senza staccare gli
occhi dalla strada che scorreva «Non ti piacerebbe. Non piacerebbe a
nessuno. E i morti vanno rispettati, non risvegliati: non se lo
meritano»
«Quindi, tu per cosa li usi questi
poteri?» feci una pausa, accorgendomi immediatamente di quanto quella
domanda potesse sembrare invasiva «Intendo, se si può... se non è una
cosa che ti da fastidio dire...»
«Lo sai che la
negromanzia non controlla solo i morti, vero? La gente confonde
“necromanzia”, che è la magia operata sulla morte, e la “negromanzia”,
che è un calco latino con la parola niger, nero. La negromanzia è magia
oscura, è un termine ombrello che comprende anche la necromanzia.
Sono un necromante, ma principalmente un negromante, un mago nero, che è
una cosa molto meno orribile di quanto la maggior parte della gente si
immagini» stavolta mi guardò per un istante, con un'espressione
tranquillamente soddisfatta «Scusa se ti annoio»
«No no, è una cosa che mi interessa»
«Sul serio?»
«Sul serio sul serio!»
«Di solito alla gente non interessano queste sottigliezze. E se dico
che sono un negromante rischio di prendermi un esorcismo in faccia.
Quindi non dirlo a nessuno»
«E se qualcuno dovesse chiedermi o chiederti come fai a fermare i vampiri, che gli rispondiamo?»
«Poteri divini?»
«Ok. Poteri divini».
Poteri divini suonava più che ragionevole. Ritornammo al parcheggio,
scendemmo dall'auto delle vampire e ci infilammo di nuovo dentro il
cinema. Il film non era ancora finito.