domenica 30 aprile 2023

Merfolk

 I merfolk o marini (Maregens sp.), talvolta impropriamente conosciuti come "sirene", sono un genere di creature senzienti acquatiche capaci di respirare sia sulla terraferma che sott'acqua, diffuse nelle acque marine e in quelle dolci delle zone temperate e di quelle fredde, ma del tutto assenti nella fascia polare. Sono immediatamente distinguibili da tutte le altre creature per via del loro torso di forma umanoide, con due braccia dotate di mani prensili e sensibili, che contrasta con la parte inferiore del corpo estremamente simile alla porzione posteriore di un pesce osseo, ovvero squamato e con pinne sostenute da raggi.

Sebbene non vi sia alcuna vicinanza filogenetica e la fisiologia sia molto differente, alcuni tendono ad accorpare merfolk e stregoni del mare; in realtà, come anticipato, fra le due specie non esiste alcuna parentela ed è impossibile per le due ibridarsi.

Un tempo si credeva erroneamente che anche le sirene abissali fossero dei Maregens, ma gli studiosi li hanno in seguito classificate all'interno del genere Abyssugens.

Aspetto e fisiologia


I merfolk sono caratterizzati da un peculiare aspetto eterogeneo: metà "umano" e metà "pesce".


"Torso" (Parte superiore del corpo)

La parte superiore del corpo, dalla testa alla vita, è umanoide, generalmente privo di peli se non per i capelli o, molto raramente, la barba. Sul collo presentano solitamente tre paia di aperture branchiali (ma alcune specie ne esibiscono fino a sei paia) non protette da alcun opercolo. Presentano arti superiori, detti braccia, ben articolati, capaci di ampi movimenti, e mani dotate di pollice opponibile e versatili nella loro prensilità, non dissimili da quelle umane, le cui dita possono essere palmate o separate fra loro.

La tonalità dei peli e della pelle è determinata dalla presenza di pigmenti chiamati melanine. Le tonalità possono variare da un marrone molto scuro a un rosa molto chiaro, mentre il colore dei capelli varia dal bianco al nero, passando per il biondo, il rosso e il castano. Non è raro che la pelle della faccia, del torso e delle braccia sia maculata o striata, con disegni che variano a seconda della specie, della sottospecie e dell'individuo.

Occhi

Come gli umani, i merfolk presentano occhi ravvicinati e visione binoculare, con un campo visivo ad alta definizione davanti alla loro testa, tipico dei predatori.

A causa dell'adattamento alla vita acquatica, il loro cristallino è però più simile a quello dei pesci che a quello degli esseri umani, rendendoli "miopi" al di fuori dell'acqua, con una capacità di vedere gli oggetti fino ad un massimo di trenta-quaranta metri di distanza; quando si trovano in immersione, non possono vedere cosa c'è oltre la superficie dell’acqua, anche a causa della rifrazione della luce.

Gli occhi dei merfolk possiedono due palpebre e una membrana nittitante, ma le ghiandole lacrimali sono assenti. L'occhio di un merfolk è simile a quello degli altri vertebrati, ma adattato ad un ambiente marino più scuro: presenta una membrana chiamata tapetum lucidum, che si trova dietro la retina e vi riflette una seconda volta la luce, in modo da migliorare la percezione luminosa e la visibilità nelle acque più oscure. L'efficacia del tapetum lucidum varia a seconda della specie e della sottospecie, ed è ottimizzata in quelle spiccatamente notturne o in quelle che vivono a profondità maggiori.

Il colore delle iridi varia enormemente a seconda dell'esemplare, della località, della specie e sottospecie, e può essere di qualunque tonalità, dal blu più cupo al rosso più brillante, e persino bianca o totalmente trasparente.

Petto

Muscolarmente, l'area pettorale dei merfolk è simile a quella degli umani, divisa in grande muscolo pettorale e piccolo muscolo pettorale. Poiché non sono mammiferi e non allattano i piccoli, sia i maschi che le femmine sono privi di capezzoli, anche se in alcuni esemplari può esservene un abbozzo non funzionale, caratteristica comunque rarissima e legata alla loro discendenza dagli esseri umani. Sempre per via della loro "parentela" con gli antenati primati, alcune femmine mostrano una peculiare disposizione adiposa, con accumuli di tessuto nell'area pettorale, che sembrano mimare le mammelle umane, ma che non hanno alcuna utilità se non, appunto, quella di accumuli di grasso; in ogni caso, gli accumuli adiposi sul petto delle femmine di merfolk non sono particolarmente voluminosi e danno solo una forma più sinuosa alla loro silhouette generale, senza sporgere troppo.

Talvolta, l'area pettorale è "decorata" da scaglie variamente colorate, di tipo cicloide o ctenoide, in un motivo estremamente variabile per forma e per grandezza, ma che generalmente copre il centro del petto e le clavicole.

Le nixen, che possiedono scaglie placoidi (anche note come dentelli dermici), non presentano quasi mai i decori sul petto.

"Coda" (parte inferiore del corpo)

La parte inferiore del corpo, fusiforme e idrodinamica, presenta una linea laterale (un particolare sistema sensoriale che percepisce le vibrazioni a bassa frequenza e le onde di pressione generate dal moto di corpi solidi nell'acqua) e termina in una grande coda raggiata. Questi raggi (lepidotrichi) sono articolati a diversi elementi ossei o cartilaginei paralleli tra loro, detti radiali.

Altra caratteristica di questo genere è la presenza di una vescica natatoria, una grande sacca polmonare modificata contenente una miscela di gas, che consente una sofisticata regolazione dell'assetto idrodinamico, permettendo loro di emergere o di immergersi con disinvoltura, senza dover ricorrere alla forza muscolare, o all'uso di pesi esterni, come farebbero gli esseri umani.

Tutti i merfolk sono privi degli arti posteriori, di cui rimangono solo delle piccole ossa vestigiali all'interno del corpo che non sono collegate alla colonna vertebrale. Durante lo sviluppo embrionale, presentano però degli abbozzi di questi arti, che regrediscono spontaneamente con la crescita.

La parte inferiore del corpo degli esemplari mostra inoltre la presenza di un leggero e flessibile rivestimento di scaglie, costituite da sottili placche ossee variamente pigmentate. Oltre alla pinna caudale, necessaria per la propulsione e dunque lo spostamento, i merfolk possiedono altre quattro pinne fondamentali: una pinna dorsale, due pinne ventrali, una pinna anale.

Pinna dorsale

Quasi tutti i merfolk presentano sul dorso una pinna dorsale, la cui funzione è quella di dare stabilità al nuoto, evitando che l'esemplare possa capovolgersi durante gli spostamenti laterali veloci. Questa pinna è talvolta assente negli esemplari che vivono nelle regioni polari, poiché sarebbe d'intralcio nel nuotare sotto i ghiacci.

La pinna dorsale presenta forme e dimensioni differenti nelle varie specie e sottospecie di merfolk, una caratteristica utile per l'identificazione.

Pinna caudale

A differenza di quella dei pesci, nei merfolk questa pinna è disposta orizzontalmente e si muove dal basso verso l'alto. Questa caratteristica permette di riconoscere a prima vista la coda di un merfolk da quella di un pesce e la sua funzione è quella di agire da mezzo di propulsione tramite il suo movimento verticale.

Anche in questo caso forma e dimensione variano tra le diverse specie e quindi queste caratteristiche possono essere usate per l'identificazione, soprattutto delle specie di grandi dimensioni.

Pinna anale

Questa pinna, disposta non lontana dall'apertura cloacale, ha lo scopo di stabilizzare il nuoto, ma nei maschi di alcune sottospecie è grandemente sviluppata e colorata e viene dispiegata durante il corteggiamento per mostrare la salute dell'esemplare.

Pinne ventrali

Sono pinne accoppiate, cioè doppie, poste più in alto rispetto alla pinna anale, subito sotto la regione addominale. Hanno funzione stabilizzatrice e sono utilizzate per rallentare velocemente l'andatura tramite la loro flessione verso il basso.

Sistema muscolo-scheletrico

Poiché non sono deputate a sostenere il peso del corpo, le ossa dei merfolk sono leggere, se comparate con quelle di un essere umano, e spugnose. In esse è presente un'alta concentrazione di grassi, che li aiuta nel galleggiamento.

La gabbia toracica è costituita da un numero variabile di coste ed è molto flessibile, per permettere ai polmoni di collassare durante le immersioni profonde ed evitare l'accumulo di azoto nel sangue.

Il cinto pelvico (bacino) è assente.

I muscoli dei merfolk, per assicurarsi un buon rifornimento di ossigeno durante le immersioni, presentano concentrazioni di mioglobina da 3 a 10 volte superiori rispetto ai muscoli dei mammiferi terrestri.

Al di là di queste caratteristiche comuni, i merfolk si presentano con una ampia variabilità di forme e colori, ben distinti a seconda della sottospecie.

Comportamento

Socialità

Tutte le specie di merfolk sono gregarie e possono formare gruppi piccolissimi, da due a tre individui, chiamati shoal, oppure gruppi di media grandezza, da quattro a trenta, denominati plotoni, oppure banchi, che hanno un numero variabile da trentacinque a mille.

I banchi, che sono le più comuni aggregazioni di merfolk, possono essere stanziali e dare vita ai villaggi, oppure essere nomadi. Le nixen (Maregens pistrix) tendono per loro natura a rimanere solitarie o a formare piccoli gruppi nomadi, ma sono stati documentati casi in cui uno o più esemplari si sono fermati a vivere con banchi misti di diverse specie.

I villaggi di merfolk, costruiti sul fondo, sono sempre ben nascosti e curati per sembrare parte dell'ambiente circostante: le case, che spesso si estendono in grotte sotto le rocce, vengono ricoperte di spessi strati di alghe, di relitti, di pietre e di coralli, in modo da essere di difficile individuazione da parte degli esseri umani che potrebbero scandagliare la zona.

Politica

Alcune popolazioni di areali ristretti hanno sviluppato forme di governo, generalmente monarchiche.

Alimentazione

I merfolk sono onnivori a tendenza carnivora, adattati per essere formidabili cacciatori. Contrariamente a quanto narrato dalla maggior parte delle opere moderne, non sono in grado di parlare un linguaggio comune ai pesci e ai crostacei e non li considerano loro "fratelli", ma (al pari di come gli umani fanno con gli animali) bestiame, prede o più raramente compagni domestici o minacce.

Non hanno alcuna remora a nutrirsi della carne degli esseri umani, che reputano deliziosa, ma al fine di preservare i rapporti con questi e di non portare la guerra nei loro villaggi, molte comunità non cacciano attivamente gli umani, limitandosi a nutrirsene solo se ne trovano i corpi annegati.

Corteggiamento e riproduzione

I merfolk si riproducono durante uno specifico periodo dell'anno, conosciuto come "fregola". I maschi in fregola vanno incontro ad un cambiamento della loro livrea e corteggiano le femmine con danze, canti e mostrando i loro corpi variopinti con le pinne spiegate.

I ceasg o mersalmoni (Maregens salmo) vanno incontro ad una migrazione riproduttiva per accoppiarsi e deporre le loro uova in acqua dolce, risalendo i fiumi fino a raggiungere laghi adatti ad ospitarli.

Per i merfolk dalla forma più allungata e con maggiore flessibilità, l'accoppiamento prevede che il maschio arrotoli la parte interiore del suo corpo intorno al corpo della femmina, mentre nelle specie più grandi e meno flessibili, maschio e femmina nuotano paralleli uno all'altra finché il primo non inserisce uno dei due emipeni nell'ovidotto della femmina.

Gli emipeni sono normalmente coperti, all'interno del corpo, e sono scoperti per la riproduzione attraverso il tessuto erettile. Una particolarità dei merfolk è che l'erezione viene causata dal pompaggio dell'acqua dall'esterno all'interno del corpo, che un organo chiamato sifone introduce nei corpi cavernosi del tessuto erettile attraverso un orifizio apposito. Per un merfolk è perciò impossibile accoppiarsi fuori dall'acqua: non solo un'erezione sarebbe impossibile, ma anche l'espulsione dello sperma, dovuto all'inturgidimento di particolari strutture che lo pompano fuori, avviene grazie all'uso dell'acqua.

Ci sono numerevoli casi documentati di femmine di merfolk che hanno concepito prole senza accoppiarsi con un maschio, attraverso un processo noto come partenogenesi. Si tratta sempre tuttavia di partenogenesi telitoca, ovvero che dà origine esclusivamente ad altre femmine. Alcune piccole popolazioni stabili di merfolk oceanici sono composte esclusivamente da individui di sesso femminile che si riproducono per partenogenesi.

A seconda della specie, i merfolk possono essere vivipari, ovovivipari o ovipari. In quest'ultimo caso, il più raro, viene prodotto piccolo numero di uova di grandi dimensioni con molto tuorlo, per un massimo di otto. La nascita di otto gemelli sani da otto uova diverse viene considerata di ottimo auspicio e la madre che ha prodotto questa prole viene generalmente premiata dal dominante del suo banco.

Pesca

Le carni dei merfolk sono considerate deliziose e pregiate, ma raramente queste creature vengono pescate attivamente per il consumo umano.

Tuttavia vi sono testimonianze di come in passato i merfolk venissero braccati e uccisi da equipaggi specializzati, chiamati "cacciatori di sirene", che vendevano il preziosissimo bottino a cifre astronomiche in vari mercati del pesce e della carne, oppure direttamente a ricchi nobili che potevano permetterselo. Secondo le storie diffuse dai cacciatori di sirene, i merfolk erano creature malvagie, che cantando seducevano i marinai e facevano schiantare le loro navi contro le rocce, facendoli cadere in acqua ed annegare per poi divorarli, e dunque era più che giusto trattarle con lo stesso riguardo e cacciarle per mangiarle.

Anche se è vero che i merfolk consumano con piacere la carne umana, il loro canto non è in grado di ammaliare gli uomini tanto da far perdere loro il senno e farli suicidare contro gli scogli, si trattava perciò solo di scuse da parte dei cacciatori di sirene per soffocare i rimorsi della coscienza di chi acquistava da loro la carne dei merfolk. Queste dicerie sopravvivono ancora oggi.

La carne considerata più pregiata è quella dei ceasg, spesso paragonata per sapore a quella del temolo (Thymallus thymallus). Benché siano stati pescati più degli altri merfolk in passato, i ceasg rimangono comunque i più facili da avvistare nel loro genere, per via del loro peculiare rituale riproduttivo e delle loro personalità forti e temerarie, che li portano ad entrare facilmente in contatto con le altre specie.

Specie

Merfolk famosi

Curiosità

  • Le "sirene delle Fiji" non sono una vera specie di sirene, ma ibridi artificiali e mostruosi creati nel corso dell'Ottocento (prima in Europa e poi in America) per soddisfare il gusto per il bizzarro ed il grottesco dell'epoca, allo scopo di provare l'esistenza delle sirene. Per realizzarle, si utilizzavano parti di animali mummificati (in particolar modo pesci) e altri materiali, come cartapesta, pietra pomice e legno. Questi curiosi collage divennero molto popolari all'interno dei sideshow americani e delle collezioni pubbliche e private del tempo. La "sirena delle Fiji" fu resa famosa da Phineas Taylor Barnum, che la mostrò all'interno dei propri spettacoli.
  • I borsellini delle sirene (in inglese mermaids' purses) sono le sacche vuote delle uova schiuse di alcune specie di pesci cartilaginei (squali e razze) ritrovati arenate sulla battigia, così comunemente chiamate dagli esseri umani; i merfolk utilizzano realmente questi oggetti di origine organica come borse per trasportare piccoli oggetti.
  • Nel 1891 Oscar Wilde pubblicò Il pescatore e la sua anima, una fiaba che racconta di un pescatore che si innamora della sirena che ha pescato.
Galleria di immagini (Clicca per ingrandire!)
 
 
Un giovane catturato da uno stregone del mare
 
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🌵🎨Tutti i disegni in questa pagina (e molto probabilmente anche in tutte le altre pagine, se non diversamente specificato) sono stati realizzati dalle nostre artiste, Furiarossa e Mimma. Potete vedere altri loro lavori e/o supportarle (e supportare così anche tutti i Cactus di Fuoco ;)) sulla loro pagina Patreon. Diventate patroni delle arti!🌵🎨

giovedì 20 aprile 2023

Villa Palagonia: una guida

 «Giovi guardau da la sua reggia immensa / la bella Villa di Palagonia, / ùnni l'arti impetrisci, eterna e addensa / l'aborti di bizzarra fantasia. / "Viju - dissi - la mia insufficienza; / mostri n'escogitai quantu putìa; / là duvi terminau la mia putenza, / ddà stissu incuminciau Palagonia.»

- Giovanni Meli

Villa Palagonia è un meraviglioso edificio settecentesco situato a Bagherìa; eccentrica e misteriosa, è uno dei monumenti siciliani barocchi più iconici grazie alla presenza delle numerose statue grottesche che la sorvegliano dalle mura basse di cui è circondata.
Da qui viene il nome con cui è più ampiamente conosciuta, quello di "Villa dei Mostri".
L'edificio è attualmente di proprietà privata, passata alle mani della famiglia Castronovo nel 1885, dopo l'estinzione della famiglia principesca di cui era dimora, ma ancora in uso e visitabile.
All'interno c'è anche un'elusiva colonia felina, tra cui la mascotte della villa: un simpatico micione bianco e rosso che ha semplicemente il nomignolo di "Gattone"!

Locazione


Orario e contatti
 
♦ Da novembre a marzo
Aperto tutti i giorni
09:00 - 13:00
15:30 - 17:30

♦ Da aprile ad ottobre
Aperto tutti i giorni
09:00 - 13:00
16:00 - 19:00

(Ultimo ingresso mezz'ora prima della chiusura)
 
♦ Biglietti
Intero: €6,00
Ridotto: €3,00
 
♦ Contatti
Telefono: 091 932088
E-mail: villapalagonia@villapalagonia.it

Storia
 

La villa venne fatta costruire a partire da 1715 da Ferdinando Francesco I Gravina Cruyllas, IV principe di Palagonia, pari del regno, cavaliere del Toson d'oro (il tipo di personaggio di rilievo che in un fantasy sarebbe presentato con tremila nomi; nato dalla tempesta, primo del suo nome, il non-bruciato, padre dei draghi, figlio di Khmer della tribù di Ishtar... insomma, non era proprio l'ultimo dei gibboni).
Per la progettazione della villa fu incaricato il frate domenicano Tommaso Maria Napoli, con la collaborazione di un altro stimato architetto siciliano, Agatino Daidone; i due tornarono a lavoro sulla villa diverse volte, prima nel 1737 per lavorare sulle strutture basse nel giardino e nel 1749 per ultimare diverse decorazioni interne ed esterne, lavorando per conto anche del nipote.
Morto il fondatore nel 1737 gli succedette il figlio Ignazio Sebastiano, morto nel 1746, con cui erano però iniziati i lavori per la costruzione dei corpi bassi che circondano la villa.
E poi la villa passò in mano al Negromante.
Qui le cose si fanno interessanti. 
Lo scienziato scozzese Patrick Brydone ne scrive nel 1770, nel suo "Viaggio in Sicilia ed a Malta": 
 
"Il Palazzo Palagonia, per la sua bizzarria, non ha l’uguale sulla faccia della terra… Pare di essere capitato nel paese dell’illusione e dell’incantesimo."
 
Fino a quel punto Villa Palagonia era stata magnifica, sì, ma "normale": la vera svolta avviene quando il terzo proprietario della villa, Francesco Ferdinando II detto il negromante, figlio di Ignazio Sebastiano e Margherita Alliata, ne entra in possesso: fu lui ad ideare le statue grottesche ed il bizzarro arredamento gli sono valsi l'appellativo di 'precursore dell'arte surrealista'.
 

 
 
Il 9 aprile 1787 la villa fu visitata dal poeta Johann Wolfgang von Goethe, che così descrisse la bizzarria dell'esterno dell'edificio nel suo memoriale "Viaggio in Italia": 
 
«Per trasmettere tutti gli elementi della pazzia del principe di Palagonia, eccone l'elenco. Uomini: mendicanti dei due sessi, spagnuoli e spagnuole, mori, turchi, gobbi, deformi di tutti i generi, nani, musicanti, pulcinella, soldati vestiti all'antica, dei e dee, costumi francesi antichi, soldati con giberne e uose, esseri mitologici con aggiunte comiche (...) 
Bestie: parti isolate delle stesse, cavalli con mani d'uomo, corpi umani con teste equine, scimmie deformi, numerosi draghi e serpenti, zampe svariatissime e figure di ogni genere, sdoppiamenti e scambi di teste. 
Vasi: tutte le varietà di mostri e di cartocci che terminano in pance di vasi e piedistalli. Immaginate tali figure a bizzeffe, senza senso e senza ragione, messe assieme senza scelta né discernimento, immaginate questi zoccoli e piedistalli e deformità allineate a perdita d'occhio: e proverete il penoso sentimento che opprime chi si trova a passare sotto le verghe da questa follia. (...) 
Ma l'assurdità di una mente priva di gusto si rivela al massimo grado nel fatto che i cornicioni delle costruzioni minori sono sghembi, pendono a destra o a sinistra, così che il senso dell'orizzontale o della verticale, che insomma ci fa uomini ed è fondamento di ogni euritmia, riesce tormentato e torturato in noi. E anche questi tetti sono popolati e decorati di idre di piccoli busti e di orchestre di scimmie ed altre dabbenaggini.»
 
Nonostante l'apparente disprezzo, lo scrittore ne rimase talmente impressionato che ne La notte di Valpurga del Faust tracciò la descrizione inconfondibile di un gruppo di mostri presenti nella villa, prendendoli come esempio del demoniaco, del caotico, del romantico.  
 
Architettura ed aspetto 

Il viale
Villa Palagonia ha, purtroppo, visto una riduzione importante della propria estensione: una volta arrivava a ridosso del corso Umberto a Bagheria, esattamente all'altezza dei due pilastri oggi inglobati nella trama urbana della città.
L'ingresso principale si trovava su corso Butera, ed era formato da un lungo viale (oggi diventato via Palagonia) al quale si accedeva tramite tre portoni.
Qui vi era il Grande Arco detto, appunto dei "Tri Portuni", ormai demolito.
Da qui si profilava il lungo viale adorno di una fitta schiera di statue di mostri, scolpite in calcarenite. Che vista doveva essere!
Questo viale era segnato a metà dall'arco trionfale tuttora esistente ed adorno di enormi statue, detto "arco del Padre Eterno", al quale i principi di ritorno a casa rivolgevano una preghiera di ringraziamento per essere arrivati alla meta.
Il viale, ora divenuto strada urbana, è stato spogliato delle tante statue che lo adornavano: delle schiere di mostri, che in origine sarebbero ammontate a circa duecento, ne sopravvivono solo sessantadue.
Sigh.
Ricostruzione del viale, apparsa nel film "Baarìa" di Giuseppe Tornatore

 
Era qui l'ingresso originale, sul lato settentrionale, ma al giorno d'oggi è stato spostato dalla parte opposta. Se avete fatto l'ingenuo errore di fidarvi di un Google Maps ingannevole e dispettoso, potrebbe capitarvi di essere ancora portati a quest'entrata ormai non più agibile, dove un paio di grandi figure di pietra, grottesche e umanoidi, fanno ancora da sentinelle a questo cancello. 
Niente paura: facendo il giro per affacciare su Piazza Garibaldi dovreste poter trovare l'entrata giusta, segnalata dalla presenza dei Pupi.

Uno dei due "Pupi di Palagonia"
I Pupi di Palagonia
Queste due statue di pietra accolgono i visitatori al cancello automatico, e sono il primo incontro che, almeno al giorno d'oggi, facciamo con gli abitanti di pietra della villa. 
Le proporzioni dei due Pupi di Palagonia (o “Palaunìa” per i locali) sembrano quelle di una creature molto più bassa della stazza che entrambi raggiungono (anche da lì il nome "Pupo", cioè pupazzo, giocattolo di forma umanoide); le statue guarderanno dall'alto qualunque visitatore, anche grazie al piedistallo di pietra su cui sono collocati, come tutte le altre sculture anticamente poste sul viale d'accesso.
Il loro abbigliamento insolito, l'aspetto iconico e l'espressività ne hanno fatto veri e propri simboli di Bagheria, tanto che è possibile ritrovarli sui loghi di panetterie, negozi, sui souvenir.

I Pupi di Palagonia hanno ormai trovato il loro posto nel lessico bagherese, indicando la passività delle persone che preferiscono fare poco o nulla e guardare piuttosto il passío (le persone che passeggiano) in piazza, discutendo con gli amici di qualunque cosa, dal pettegolezzo più frivolo al dilemma filosofico più difficile. 
 
Ingresso, foto di Antonio Pignato
 
Il cancello tra i due Pupi è automatico, e lo vedrete aprirsi solo quando sarà il momento di uscire. L'entrata è in realtà a destra del cancello, da cui potrete acquistare il biglietto e munirvi di eventuale guida.
Da lì, si potrà finalmente avere accesso al giardino dove (se si ha fortuna), si potrebbe incontrare qualcuno dei gatti che abita nella Villa. Come Gattone!
 
Il giardino
Anche il giardino è stato, purtroppo, notevolmente ridotto dalla stessa demolizione che ha eliminato il viale e buona parte delle statue dei mostri: quella che era un giardino padronale diviso in quattro corti, coronate dalle statue dei mostri in pietra tufacea d’Aspra, è ridotto ora a soli tre quarti di questo settore. 
È costruito sulla base di un semplice disegno geometrico che segue la forma delle corti, diviso simmetricamente in due aiuole per parte; queste hanno bordature di oleandri, ibisco e strelitzie, e all'interno delle aiuole si possono trovare principalmente limoni, aranci, cedri del Libano, araucarie, palme e fichi d'India, ma potrete imbattervi anche in piante più bizzarre, come monstera ed asparagi!
Esattamente come i suoi interni, il giardino della villa nasconde varie sorprese, come il piccolo giardino di piante grasse posto poco lontano dall'entrata vera e propria nell'edificio, o alcuni degli ornamenti marmorei, realizzato tra il 1770 e il 1780, che lo abbelliscono.
Tra questi troviamo sei sedili marmorei di gusto barocco, poggiati alle facciate e sormontati da rilievi... e, in tempi leggermente più recenti, il giardino si è ovviamente popolato dalle statue che danno il nome alla villa!
Tra le fronde, a sorpresa, ci si può imbattere in nanetti vestiti di tutto punto e figure mostruose e bizzarre a guardia dell'entrata secondaria, un enorme fonte dalla bizzarra scritta incisa "Magister salvator vinci prior ventus" e, ovviamente, i 62 mostri multiformi, tutti diversi tra loro, che sono sopravvissuti ai giorni nostri, appollaiati sulle mura a cantare, ballare, accogliere il visitatore nel loro vivo, grottesco mondo.
 
La Dama Misteriosa
La scoperta più recente sulla Villa è stata fatta in questo decennio dallo storico e ricercatore indipendente Mario Bonaviri (il che indica la concreta possibilità che, in effetti, non abbiamo ancora scoperto tutto l'esporabile nella dimora del Negromante); durante un sopralluogo, svolto per il suo progetto di censimento di tutte le manifestazioni grafiche in Sicilia dal Medioevo ad oggi, si è trovato faccia a faccia con una certa Dama.

La "Dama Misteriosa" si trova nel cortile orientale, nascosta in bella vista sull'intonaco di rivestimento dei corpi bassi della Villa. È stata così battezzata da Antonio Mineo, l'amministratore della Comunione Ereditaria Castronovo (proprietaria della Villa); rimasto nascosto per almeno cinquant'anni e potenzialmente di più, si tratta di un graffito realizzato con la tecnica del carboncino che traccia una figura evanescente, presumibilmente femminile, che rappresenta una donna con un lungo, ricco abito e i capelli acconciati in maniera elegante. I segni tracciati sono abbastanza sottili, quindi è facile non accorgersi della sua presenza; ma aguzzando lo sguardo, si può notare la Dama Misteriosa, tutelata da un vetro di protezione che la protegge dagli agenti atmosferici.
 
La Sala delle Fatiche di Ercole
Si accede al piano nobile attraverso uno scalone a doppia rampa realizzato in prezioso marmo di Billiemi sotto il fastoso, principesco stemma della famiglia Gravina. 
Appena raggiunto il portone del secondo piano, subito ci s'imbatte in un vestibolo ellittico fatto affrescare con scene raffiguranti le ''fatiche di Ercole'', in omaggio al nuovo gusto di fine '700. Da qui, andando dritto si raggiunge una piccola cappella, a destra si è il portale che conduce dentro la Sala degli Specchi.
 
La Sala degli Specchi
«Specchiati in quei cristalli e nell'istessa magnificenza singolar contempla di fralezza mortal l'immago espressa.» 
 
Questa è la scritta, in endecasillabi, che campeggia ancora all'entrata del Salone degli Specchi della Villa dei Mostri. 
Il meraviglioso salone dei ricevimenti, di pianta quadrata, è decorato lussuosamente con marmi di svariato colore e vetri lucidi, dipinti per apparire marmo, mentre il tetto è interamente coperto di specchi di base argento che deformano, moltiplicano e deridono le figure riflesse, tenuti insieme da una lega di ferro. 
Sui muri campeggiano medaglioni e busti artistici raffiguranti il principe e persone della sua famiglia famiglia, scolpiti nel marmo dal Gagini.
 
I Salottini (La sala dei filosofi, la sala da tè/del biliardo)
 
Un tempo questi ambienti erano riccamente arredati, ed anche gli interni non mancavano di stranezze: i piedi di alcune sedie erano segati in maniera diseguale così che rimanessero zoppe, mentre altre erano talmente inclinate in avanti che bisognava fare molti sforzi per non scivolare e cadere, ed anche i velluti delle sedute spesso celavano delle piccole, dolorose sorprese. Talvolta, queste sedute erano disposte in cerchio in modo da darsi le spalle, in modo che i vari interlocutori non potessero guardarsi in volto mentre conversavano. 
Così ce lo riporta Goethe:
 
«I piedi delle sedie sono segati inegualmente, in modo che nessuno può prendere posto e, davanti all'entrata, il custode del palazzo invita i visitatori a non fidarsi delle sedie solide perché sotto i cuscini di velluto nascondono delle spine.»
 
Un viaggiatore del periodo aggiunge: 
 
«L'orologio a pendolo è sistemato dentro il corpo di una statua: gli occhi della figura si muovono col pendolo, e roteano mostrando alternativamente il bianco e il nero. L'effetto è orribile. La camera da letto del proprietario e del suo spogliatoio sembrano due scomparti dell'arca di Noè. Non v'è bestia, per vile che sia, che non compaia lì dentro; rospi, ranocchi, serpenti, lucertole e scorpioni, tutti scolpiti in marmo di colore adatto. Ci sono anche moltissimi busti altrettanto stravaganti. In alcuni si vede da una parte un bellissimo profilo, le giri dall'altra e ti si presenta uno scheletro. Oppure vedi una balia con un bambino in braccio; il corpo è esattamente quello di un infante, ma la faccia è quella di una vecchia grinzosa di novant'anni.»
 
Leggende sulla Villa 
 
Con un'atmosfera tanto intensa, era impossibile che non si creassero leggende attorno alla Villa dei Mostri!
Una di queste, diffusa anche al tempo, voleva che la presenza nefasta della "Corte dei Mostri" potesse provocare aborti o nascite deformi nelle donne gravide che si trovavano al loro cospetto.
C'erano anche una serie di voci sulla presunta follia del "Negromante", alimentate dalla stravaganza delle opere di cui si circondava e di cui si sospettava una natura nefasta; voci, tuttavia, smentite dal ritratto storico che ne si ha attraverso testimonianze e documenti: quello di un uomo che ricoprì cariche politiche di notevole responsabilità, come già il nonno, e che, nella vecchiaia, si occupò di opere misericordiose. Il conte di Borch lo stimò così: 
 
«Sono stato veramente meravigliato dal suo tratto e dal modo giusto e corretto con cui ragionava di ogni cosa». 
 
Goethe ce ne da un ritratto ancora più carismatico e facile da immaginare: 
 
«Pettinato e intalcato, il cappello sottobraccio, vestito di seta, la spada al fianco, calzato elegantemente con scarpine ornate da borchie e pietre preziose. Così il vecchio incedeva con passo solenne e tranquillo; tutti gli occhi erano appuntati su di lui».
 
Carismatico, intelligente, misterioso, il nostro Negromante non era tuttavia considerato essere di bell'aspetto; alcuni psicologi che si interessarono alla sua figura, come Helen Fisher, Wilhelm Weygandt ed Emil Kraepelin, provarono ad imputare il suo amore per un'estetica grottesca ad una sorta di folle rivincita contro il destino attraverso cui il Principe, fabbricandosi degli amici altrettanto brutti, avrebbe potuto trovare il proprio posto.
Tuttavia non aveva affatto problemi fisici manifesti ed è sempre descritto da chi lo incontrò in vita come una persona posata ed elegante e, al di là dello zelo del primo periodo di studio freudiano, si potrebbe essere individuato un simbolismo ben diverso dietro la costruzione della villa: recenti studi ipotizzano una precisa matrice alchemica del XVIII secolo (come per altre ville bagheresi) alla base di questo edificio. La ripartizione dei cosiddetti mostri in due settori laterali della villa (musicanti da una parte e creature deformi dall'altra, con la costante presenza del dio Mercurio, fautore della trasmutazione della materia) significherebbe la ricerca dell'armonia partendo dalla musica (Nigredo) sino alla materia (Rubedo).
Le parole dello stesso principe  confermare l’impostazione misterica dell’intera villa contribuirebbero le parole dello stesso principe di Palagonia: 
 
«Ho completato la creazione, dopo i sei giorni biblici di Nostro Signore, ispirandomi a Diodoro Siculo, secondo il quale l’azione magica del sole sul limo fertile d’Egitto non cessa di far nascere animali strani».
 
Più modernamente, la villa ha la reputazione di essere infestata da misteriose presenze, fama alimentata dalla testimonianza di alcuni ragazzi che hanno asserito di aver assistito, durante una visita, al portone d'ingresso nella Sala degli Specchi chiudersi a chiave da solo, dall'interno.
 
 📸 Le immagini che hanno illustrato questa pagina vengono dal sito Pixabay, a meno che non sia diversamente specificato in didascalia.

mercoledì 12 aprile 2023

Character - Osvald Lob Burnett


(Ti sei perso, viaggiatore? Se stai cercando questa pagina in italiano, puoi trovarla QUI)

Complete name: Osvald Lob Burnett-Bennu
Species: New Human? (Homo Sapiens excitavit)
Gender: Masculine
Preferred pronouns: He/Him
Occupation: Prison director
S.O.: Asexual
Eye color: Light blue

Weight: 95 kg
Height: 1,84 m
Body type: Lifter/dancer, broad shoulders but narrow waist. He weighs much more than it looks, his muscles are particularly hard to the touch and give an impression of compactness. Someone described the feeling of touching him as "feel a marble statue come to life"
Smells like: Pansies, orange blossom, honeysuckle, wildflowers


A metaphorical ice man with a real secret.
Sometimes he's a cat.
Sometimes he's an anthropomorphic abomination. 
 
 


Formal

When in human form, Osvald is always very controlled. And above all, impeccably dressed. He doesn't dress extravagantly, no floral suits and no eyed ties, but he's not boring enough to always wear the same gray suit either. He has a "serious" but variable style, countless ties, and all his suits are always well pressed. His posture is also precise and straight, so much so that it can look like that of a robot.

Big kitty

We bet you've often seen people who transform into wolfish and anthropomorphic beasts, but how many of them can also transform themselves... into a cat? The transformation into a cat is extremely flashy and terrifying: his body disintegrates, there are shreds of flesh and blood everywhere and... from the pile of tissue he emerges, the adorable cat! This is because his body cannot transform all of its mass into that of a much smaller animal, so he "gets rid of" it by destroying it. The result is this adorable little creature, a colourpoint cat that looks like a longhair oriental. A BIG oriental cat: he is about fifty centimeters tall, more than the biggest Maine Coon.

Trivia: 

  • His last name, Burnett, is a sort of tribute to the character of Owen Burnett from the Disney Series "Gargoyles", with whom he shares some similarities in appearance. Owen's surname was instead chosen as a tribute to Batman the Animated Series producer, Alan Burnett.

Moodboard


 


Likes
 Dislikes
 ❤ Cats
 ❤ Relaxing activities
 ❤ Tea-sipping, soup-sipping, sipping
 ❤ His girlfriend/wife, Bennu
 ❤ Scented candles
 ❤ Baked goods (hot ones)
 ❤ Second chances
 ❤ Paperwork
 ❤ Being brushed
 ❤ Clowns
 ❤ Herbal teas
 ❤ Cartoons with dark anti-heroes
 💔 Sudden strong noises
 💔 Screaming people
 💔 His own mother
 💔 Umbrellas
 💔 People trying to seduce him
 💔 Being away from Bennu
 💔 Dr. Sevvy

 
Galleria di immagini (Clicca per ingrandire!)
 

 
With Bennu, Art by Chandiamelon


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by ilooklikebingus
by RedlaSunShowers029
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