giovedì 25 dicembre 2025

I racconti di Sangreal - Tubino di Natale

C'era una volta un piccolo occhi a tubo che non riusciva a trovare abbastanza da mangiare. Normalmente, gli occhi a tubo non hanno un nome, ma per ora lo chiamereno Tubino (perché sembrano tubi, oltre ad avere gli occhi a tubo).

Tubino era magro magro, e gli veniva difficile seguire la migrazione del plancton come tutti gli altri occhi a tubo facevano. Ogni volta che il Sole sorgeva, il plancton scendeva nelle profondità del mare, e ogni volta che il Sole tramontava, il plancton saliva fin quasi in superficie.

Il piccolo occhi a tubo inseguiva il plancton, notte e giorno, giorno e notte, ma era sempre troppo lento per raggiungerlo e a volte si confondeva anche: scendeva quando doveva salire e saliva quando doveva scendere. Non dormiva mai, perché aveva sempre fame, e il suo pancino vuoto lo spingeva a dare sempre la caccia al cibo.

Qualche volta riusciva a catturare, quasi per sbaglio, alcuni copepodi, ma la maggior parte delle volte filtrava l'acqua alla ricerca di piccoli crostacei e non trovava proprio niente.

Un giorno Tubino vide in lontananza un occhi a tubo gigantesco, così grande che non riusciva a vederne la punta della coda, anche se girava tutto su sé stesso, come una girandola.

Tubino si disse "Quello è un occhi a tubo veramente grande, di certo mi saprà dire come ha fatto a crescere così tanto!" e iniziò, faticosamente, a nuotare in direzione della sagoma bluastra in lontananza. Più si avvicinava, più ne vedeva la pelle argentea, le macchie scure che ne costellavano la pelle brillante, e si disse che non aveva mai visto un altro occhi a tubo così brillante.

«Amico, come fai a mangiare?» Chiese, ma l'altro occhi a tubo non lo capì, principalmente perché non era un occhi a tubo, ma un serpent rouge. Ma non era l'unico motivo: l'altro motivo era che Tubino stava parlando alla sua pancia, non alla sua faccia. E anche perché i due non parlavano la stessa lingua: Tubino comunicava muovendo il lunghissimo raggio della sua pinna come una frusta e gonfiando la sua bocca a forma di tubo (visto che era tutto a forma di tubo), mentre il serpent rouge parlava francese. Insomma, c'erano diversi motivi per cui i due non si capivano.

Ma guardando in basso, il serpent rouge vide Tubino e gli parve così buffo, ma così buffo, che iniziò a ridere.

«Che cosa sei, piccolo pesce?».

Tubino, che non parlava francese ma che finalmente aveva identificato la faccia del serpent rouge, nuotò verso l'alto. E che strana faccia, che incontrò! Era piatta, con due occhi frontali che non sporgevano dalla faccia, e sopra alla fronte (che fronte piatta e alta!) c'erano delle specie di "pinne" fitte, che coprivano il cranio. Oltre a non essere a forma di tubo, gli occhi erano anche molto grandi, rotondi, e di un azzurro chiarissimo e luminescente.

«Tu non sei un occhi a tubo!» Disse Tubino, sorpreso

«Che creatura strana e graziosa» rispose l'altro pesce

«E poi che razza di suoni fai? Perché mi fai questi suoni? Ma non stai mostrando le pinne minacciosamente, non mi vuoi mica spaventare! E allora perché fai suoni aggressivi?»

«Come mai ti muovi così, shakerandoti tutto? Che cosa adorabile!»

«Smettila di fare quei strani suoni!»

«Oh, ancora! Fallo ancora, fallo ancora!»

«Dimmi dove hai trovato da mangiare così tanto da essere diventato enorme! Ho fame!».

Il serpent rouge sollevò le mani per toccare Tubino. Tubino, però, non aveva mai visto delle mani, e men che mai aveva visto delle braccia: quelle del pesce-non-occhi-a-tubo erano lunghe più del corpo di Tubino (senza contare l'interezza del filamento della sua coda), diverse volte più spesse della sua circonferenza, e scintillavano d'argento.

«Ehi, ehi! Che cosa stai facendo, pesce gigante?!» Si lamentò Tubino

«Oh, sei felice? Sei eccitato? Chi è un bravo bambino!».

Il serpent rouge afferrò Tubino fra le mani, e a lui sentì di essere perduto per sempre... ma dopo un attimo, si accorse di non provare alcun dolore. Le dita spesse e forti del serpent rouge lo stringevano dolcemente.

«Ti porterò a casa, dalla mia amata. Lei ama le piccole cose graziose come te».

Tubino, che non mangiava da tanto tempo, si sentiva troppo debole per scappare dalle manone di quel serpent rouge gigantesco, e si fece portare via. Forse quel predatore lo voleva conservare e mangiare dopo? Voleva farlo a pezzi e prepararlo con delle alghe, oppure darlo da mangiare vivo ai suoi piccoli?

Ma Tubino si trovò inaspettatamente dentro ad una tana come non ne aveva mai viste: era costruita di plastica, quella sostanza strana, a volte rigida a volte simile a lunghe foglie scricchiolanti, che veniva abbandonata dalle navi di passaggio o che veniva trasportata dalle onde. Dentro, la tana era illuminata da decine di piccoli pesci lanterna, con le loro guanciotte che emettevano bagliori verde-azzurri. C'erano delle pietre di forma stranamente cubica impilate le une sopra le altre e in cima alcune gabbie fatte di filo finissimo, dentro a cui nuotavano minuscole creature.

Le pareti erano decorate da oggetti inchiodati e sospesi con l'ausilio di piccole corde fatte di fibra di kelp intrecciato, utensili di varie forme che Tubino non sapeva riconoscere.

In fondo alla casetta c'era un pesce che somigliava al mostrone che lo aveva catturato: lungo, argenteo, con la faccia piatta... ma con una differenza: il colore delle sue pinne non era di un rosso vivido, ma di un rosa spento.

«Amore mio» Disse il serpent rouge «Guarda cosa ti ho portato!».

La testa dell'altro esemplare si mosse lentamente, i suoi occhi come coperti da un velo. Quando vide Tubino, però, si illuminò immediatamente.

«Cos'è quello?»

«È un pesciolino che ho trovato fuori, mentre cercavo qualche gamberetto... è venuto da me e ha cercato di dirmi qualcosa»

«Oh... che adorabile creaturina! Ma che pancino magro!».

Il serpent rouge dagli occhi velati raggiunse una gabbietta, dentro cui nuotavano krill di tutte le dimensioni, la aprì, ci infilò dentro una mano e prese una manciata di minuscoli esemplari.

L'occhi a tubo scodò tutto eccitato: era cibo, quello.

«Fallo venire da me» Disse il serpent rouge dagli occhi velati, e il suo compagno aprì le mani, lasciando che Tubino andasse a mangiare i piccoli krill.

Le ore passarono, poi i giorni, poi i mesi, senza che nessuna di quelle creature sapesse che erano passati, poiché i serpent rouge non migrano fino a dove la luce del sole è visibile, se non durante il periodo riproduttivo, e Tubino non doveva più inseguire i copepodi durante la migrazione verticale, perché quei gentili giganti lo nutrivano con i crostacei più fini e nutrienti.

Piano piano, giocando con Tubino, il serpent rouge con gli occhi velati ritrovò la sua voglia di giocare e vivere, e anche la sua salute ritornò.

Un giorno (o forse era una notte) erano tutti a giocare nel giardino sul retro, costruendo pupazzi di sabbia, quando qualcosa iniziò a piovere dall'altro: erano fiocchi bianchi, che scendevano lentamente, ondeggiando nell'aria.

«È un miracolo!» Disse uno dei serpent rouge, alzando le mani.

Si trattava dei residui organici dell'immenso corpo di una balena morta, che stavano colando verso l'abisso, e che i due serpent rouge avrebbero potuto raccogliere ed utilizzare per nutrire i loro gamberetti.

Il più felice di tutti fu, ovviamente, Tubino: i due serpent rouge lo riempirono di coccole e di attenzioni, dicendogli che portava fortuna, e nei mesi avvenire lo rimpinzarono di un sacco di micro-crostacei.

Forse fu un miracolo di Natale. Non lo so. Credo di stare capendo a malapena che cos'è il Natale, ma sembra una cosa molto bella, piena di miracoli e di amore.

Ma da quello che ho capito, è un po' come la caduta di una balena, ma quando è inverno, e nel cielo c'è una stella cometa enorme (e facciamo finta che Tubino, che non è una stella, ma sembra una cometa, sia questa) e nasce un bambino magico (e sicuramente, ora che tutti e due i serpent rouge stavano bene, avrebbero avuto un sacco di avannotti, anche se non magici).

E questa è la mia storia sullo spirito del Natale che non è ambientata a Natale, ma che tutti i serpent rouge della mia zona conoscono fin da quando sono piccini.

Fine.

 

 


Tubino! È uno stylephorus chordatus.
Foto di Solvin Zankl/naturepl.com

NOTE PER I LETTORI (quelli che non vivono nelle profondità degli oceani): Tubino è uno Stylephorus chordatusun pesce molto particolare, con occhi di forma tubolare che esibiscono un curiosissimo colore verde fluo. 

Questi occhi incredibili gli permettono di vedere i colori anche nelle profondità marine (ed è così che per lui è possibile vedere le pinne rosse dei serpent rouge: per tutti gli altri, compresi i serpent rouge, il colore non è così ovvio.)

Lo sapevate, voi, che il rosso è il primo colore a scomparire, quando scendete in acqua e vi allontanate dalla luce solare? Fateci caso! 

Un saluto scientifico,

-Seraphin

domenica 7 dicembre 2025

[Character] Sangreal

(Ti sei perso, viaggiatore? Se stai cercando questa pagina in italiano, puoi trovarla qui!)
 

Full Name:
Sangreal
Species: Pistrix (Apocapisces regalecus)
Preferred Pronouns: He/him are the most commonly used for him, but he doesn't care about whatever pronoun.
Occupation: Shrimp farmer, fisherman, sea warlock's helper.
S.O.: Demisexual pansexual.
Nationality: French.
Weight: 300+ kg / growth indeterminate (in the future)
Length: 642 cm at first appearance / growth indeterminate
Physical Structure: Elegant, compact, the majority of body (especially the tail) is ribbon-like.
Smells of: Seaweed, shrimp.

Sangreal is a Pistrix, the co- protagonist of "Fish Don't Cry," the first book in the Odyssey saga.

Appearance

Sangreal is a relatively large Pistrix for its age, with a total length of six meters and forty-two centimeters. However, he's still young and could reach a length of thirteen meters. He has clear blue eyes, with an exceptionally high-performance tapetum lucidum that makes them highly reflective and gives it the characteristic "shiny" effect in dim light, even when the ambient light is very dim.

His body has an articulated, human-like torso, which is grafted onto a body that could be compared to that of an oarfish: very long, laterally compressed, and with a red dorsal fin that starts from the middle of its shoulder blades and ends just before the tip of its tail. Of the approximately 400 rays of the dorsal fin, the first six are elongated to varying degrees, forming a crest with diamond-shaped flaps of skin at the tips of the rays.

His mane is semi-stiff, with the tips always tending to point upward.

His skin is scaleless, and his body is covered with a layer of guanine that gives it a silvery, reflective appearance, almost mirror-like in its smoother areas.

Sangreal initially appears as a typical male pistrix, with a slender body and a thick, carmine-red beard, pigmented very similarly to its fins. Like all pistrix, he can change sex if its chosen mate is of the same sex and if it is the larger of the pair (it is always the larger individual that becomes, or remains, female, to maximize egg production), which is why his appearance changes slightly in the second half of his life.

He is fortunate enough to enjoy a plentiful, high-quality diet, so even during his female phase, he retains his full beard (which is generally minimal or almost absent in females), even as he grows in size and his muscles become more prominent, while his lower body becomes capable of storing fat.

Personality

Sangreal almost always appears calm, with a proud and elegant bearing, so much so that humans who encounter him often fail to understand his true nature.

In reality, Sangreal is enthusiastic about new things and full of joy over the little things in life, but the way he speaks and moves is influenced by his need to conserve energy, typical of his species that lives in the cold depths of the sea.

Like other specimens in his community, Sangreal speaks fluent French.

Despite his enthusiastic personality, his desire to be kind to everyone and meet new people, Sangreal feels terribly lonely, useless, and lacking in qualities. His species prioritizes pairing, but he has never been chosen by another individual, and at his age, it seems difficult, even impossible, to find someone to share the rest of his long life with.

Pistrix do not live in family groups, nor do they form lasting bonds of friendship beyond that of a pair. Instead, they begin testing each other from childhood, choosing a mate as soon as they reach adulthood, usually confirming the "special relationship" they began to form years earlier.

Sangreal, at the moment of his choice, was rejected by the young female with whom he had formed a special bond.

To avoid living alone, he was forced to live with his grandmother, a huge female pistrix who had lost her mate and who always encouraged him to stay home and help her. Although completely normal in other cultures, this coexistence caused Sangreal's reputation to plummet. He was unable to find another mate, mocked for his increasingly clumsy courtships. In fact, some females did find themselves interested in him, particularly because of his growing beauty, but by then Sangreal couldn't even perceive their advances, his self-esteem so shattered that he was convinced he was utterly repulsive and unworthy of the presence of other members of his species, and this believe was reinforced by his grandma.

Sangreal, no longer having to protect his offspring or spend time with his ideal partner, ended up focusing primarily on food, of which he became a connoisseur. Its ability to find high-quality krill, and even to farm some species of crustaceans with high nutritional and organoleptic value, has made him better fed than the average specimen of his species, resulting in his fins being particularly red (due to the carotenoids ingested and the general composition of its food) and his beard particularly developed, making it an aesthetically ideal specimen. I

His taste for food has only grown over time, but so has the "refinement" of his palate: Sangreal is particularly picky, unable to tolerate the taste of nutrient-poor foods, or those containing the wrong nutrients.

He likes to try everything, and is certainly interested in human food, but most cooked and/or fermented foods deeply disgust him.

He particularly loves foods rich in fat and protein, and his diet normally consists exclusively of highly nutritious crustaceans.

Sangreal also enjoys very much talking to open-minded, willing people who understand his complex and profound feelings, which to some humans can seem vaguely alien.

Trivia

  • Sangreal has had a passion for "sea monkeys" (Artemia salina) ever since Professor Seraphin Panorme showed him videos of them being raised.
  • Sangreal has difficulty telling male humans from female humans (although he is improving, he will probably never be able to tell 100% of the time).


Gallery (click to enlarge)
 
By Samifer
 colonna 3
Colonna 1Colonna 2colonna 3
Colonna 1Colonna 2colonna 3



🌵🎨 All the drawings on this page (and probably on the others too, unless otherwise specified) were made by our artists, Furiarossa e Mimma.🌵🎨.

venerdì 5 dicembre 2025

Personaggi - Molly Foster-Wolf

Nome completo: Molly Foster-Wolf of the Malanove pack
Specie: Lycanthrope (Homolupus homolupus)
Pronomi preferiti: Lei/Ella
Soprannomi: Hotshot, Moly, Mollica, Raggio di Sole (da suo marito Thomas), La Moglie (by Dr. Morte), Lucertola felice (da sua madre).
Occupazione: Proprietaria di un piccolo negozio di vestiti (precedentemente), politica.
Orientamento sessuale: Eterosessuale.
Nazionalità: Statunitense.
Peso: 69 kg
Altezza: 1,78 kg
Struttura fisica: corporatura media, spalle leggermente muscolose.
Odora di: sabbia, foglie di palma, pelo di cane, cocco. 
Appare in: Lo Spazioporto 

Molly è una donna lupo alfa, capo del branco delle Malanove insieme al suo celebre ed illustre marito, Thomas Wolf.

Aspetto

Il tatuaggio che Molly ha fra le scapole

Ha due tatuaggi: il primo rappresenta un cane da pastore maremmano felice con una corolla di petali intorno alla testa. Si trova sulla schiena, tra le scapole.

Il secondo è il simbolo del suo partito politico, l'Hornortable, tatuato sulla natica sinistra: un lupo argentato con le corna che tiene una rapa in bocca.

Nella sua forma ferale assomiglia un po' a un pastore tedesco (ha anche orecchie molto grandi! E porta gli orecchini su entrambe, anche in forma ferale). 

Carattere

Molly è una persona estroversa e sociale. È piuttosto semplice e diretta, anche se intelligente e risoluta, e ha un interessante senso dell'umorismo che la porta a scherzare molto e con tutti. È nata licantropo, quindi vive la sua "natura animale" con totale disinvoltura e, sebbene in quei momenti sia più istintiva, mantiene il completo controllo dei suoi pensieri e del suo corpo durante la luna piena.

Uno dei suoi complici preferiti è senza ombra di dubbio suo marito, anche se le loro personalità sono praticamente opposte in molte cose (lui è un introverso, impertinente e con una naturale propensione per il black humor, una personalità complessa che lo rende ostico da avvicinare per molte persone, lei è invece un'estroversa con un debole per l'umorismo nonsense e che ama la comunicazione lineare e semplice). Sono entrambi appassionati di pesca e cani, e lei è una delle poche persone capaci di fare emergere il lato "buffo" di lui.

Molly è la carismatica femmina alfa del branco delle Malanove, una madre amorevole e un'ottima combattente, capace di passare rapidamente da una forma all'altra quando serve. È pronta a chiudere un occhio su qualche comportamento "discutibile", se proviene dai suoi cari, per proteggerli. Può essere davvero dolce e comprensiva, ma cerca di mantenersi in controllo in ogni situazione.

La sua vittima preferita per scherzi e prese in giro era il Dottor Hannibal Morte, ma Michelle McRad potrebbe aver preso il suo posto ora. Entrambi, comunque, vengono continuamente vessati dai suoi scherzi e dai suoi commenti, nel bene o nel male.

Curiosità

  • Ha un popolare account TikTok su cui carica regolarmente video divertenti; è una delle sue cose preferite di Internet.
  • Molly odiava i gatti e soffriva di una lieve forma di ailurofobia, ma suo marito l'ha aiutata a superarla. Ora possiede una gatta nera di nome Birilla!
  • Nell'aprile 2021 ha fondato un partito politico chiamato "Hornortable" con i suoi amici Falco e colui che sarà conosciuto come il Secondo Presidente della Terra, che in seguito ha accolto anche Il Prisma.

 

Galleria di immagini (Clicca per ingrandire!)
 
Con Thomas
Con Thomas
Con il branco delle Malanove
Con i suoi amici
Con i suoi amici
Infastidendo un amico
Colonna 1Colonna 2colonna 3
Colonna 1Colonna 2colonna 3




🌵🎨 Tutti i disegni di questa pagina (e probabilmente anche delle altre, se non è diversamente specificato) sono stati realizzati dalle nostre artiste, Furiarossa e Mimma.
🌵🎨

La fanart del giorno 9. Pistrice (by Samifer)

Benvenute e benvenuti in questa rubrica in cui vi mostriamo le fanart dei nostri personaggi, disegnati da artisti talentuosi da tutto il mondo, e le commentiamo! Perché, insomma, un po' di fierezza ci vuole, no? Siamo fieri che le persone scelgano di disegnarli, e per dimostrarlo mettiamo i loro lavori sotto lo spotlight!

Questo bel bestione sarà il protagonista di una storia che stiamo pianificando, non ha ancora un nome preciso (solo un placeholder, Lysandre, come il personaggio di Pokémon XY che ha ispirato un paio di sue caratteristiche), ma ha tutta una storia già pianificata... onestamente è strano per noi non conoscere ancora il nome di un personaggio di cui abbiamo già delineato tutti gli altri tratti, ma speriamo di trovargliene uno fantastico al più presto!

Di solito il nome è la parte più facile e e divertente per noi, a volte creiamo personaggi a partire dal nome (e magari da una o due caratteristiche che vogliamo rappresentare proprio con quel nome). 

Ma quello da cui siamo partiti qui è il nostro pesce marino preferito, il regaleco! 

Il disegno di oggi l'ha realizzato un artista francese, Samifer.

  


 

E guardatelo. Oh, guardatelo! Le sue pinne sono così rosse, con un bel colore profondo, con ombre scure che sfumano facendole sembrare di seta. Pinne di un esemplare assolutamente sano (e attraente per la sua specie, uh uh, anche se ovviamente nella sua storia è un po' un "forever alone", perché, insomma, è divertente... personaggio con un aspetto eccezionale, che però non riesce a trovare qualcuno con cui condividere la sua vita, per motivi completamente scorrelati con il suo aspetto).

Samifer ha catturato perfettamente il suo aspetto inumano, alieno come può esserlo quello delle creature che vivono nelle profondità degli abissi, al contempo elegante e maestoso e... leggermente spaventoso. Il modo in cui l'occhio, per essendo perfettamente dettagliato, brilla in quel modo... wow.

L'unico piccolo "problema" del disegno è che le pinne decorative presenti sulle braccia dovrebbero essere sul retro degli avambracci, nella zona del gomito, e non di fronte (dove sarebbero, probabilmente, poco idrodinamiche durante il nuovo, ma non siamo esperti), ma a parte questa piccola discrepanza con il design originale, il resto è assolutamente fantastico.  


Questo grazioso signorino è un Pistrice, e se volete sapere qualcosa di più su di loro, eh, trovate qui la scheda della specie.

 


lunedì 1 dicembre 2025

Novembre 2025 - Cosa abbiamo creato?

Novembre 2025 è finito: Ecco cosa abbiamo postato online questo mese, grazie anche al supporto dei nostri beneamati patrons!


+++DISEGNO++++
 
Il Cammino delle Leggende (The Way Of Legends) / Nuovo mondo oscuro (New Dark World) OCs|
 
 
Schede dei personaggi, specie, luoghi e varie (Blog) 
 
   

Totale dei lavori pubblicati: 47

 
Allora, che ve ne pare? Siamo stati bravi? Supportateci su Patreon e aiutateci a creare cose ancora migliori e ad ampliare il nostro mondo! 
 
 


 

venerdì 28 novembre 2025

Lysande che piange 11. Sangue, parte 2

Nel buio dell'incoscienza, Lysandre vide Zygarde.

Il pokémon fluttuava in un mare di vuoto, nella sua forma perfetta, e i suoi occhi brillavano acuti. Emetteva un suono gentile, una specie di virazione bassa, come fusa di un litten ascoltate in una notte completamente silenziosa. Sembrava un dio, e forse lo era.

«Morire non sarebbe abbastanza per ripagare quello che ho fatto, non è vero, Zygarde?» Domandò l'uomo. La sua voce si espanse, ma riverberò, come se ci fossero pareti, come se il buio non fosse immenso, l'interno di una stanza con quattro mura.

Zygarde parlò, senza muovere la bocca.

«TU NON HAI FATTO NIENTE, UMANO, CHE NON POSSA ESSERE PERDONATO».

Ogni lettera enunciata era chiara, come se fosse fatta di fuoco e alta cinque metri. Lysandre poteva vedere quelle lettere bruciarsi nel fondo della sua retina, flash di luce, fulmini in un cielo di piombo, che gli entravano nei nervi.

«Un ragazzo è morto, per colpa mia» Rispose, colpevole

«AL CONTRARIO, È VISSUTO PER MERITO TUO»

«Si è suicidato quando il suo sogno è andato in frantumi. Sono stato io a frantumare quel sogno»

«QUEL RAGAZZO VOLEVA MORIRE. IL TUO SOGNO LO HA FATTO VIVERE ANCORA UN PO'. GLI HAI DATO LA VITA, ANCHE SE NON HA FUNZIONATO PER SEMPRE»

«Avrebbe dovuto funzionare per sempre»

«NON CAPISCI?»

«No!»

«È PERCHÈ HAI VOLUTO PUNIRE TE STESSO, CHE NON HA FUNZIONATO!».

Lysandre sentì la voce di Zygarde che gli penetrava nelle ossa, facendogli battere i denti. Non era sicuro di come questo fosse possibile: sapeva che non si trovavano nel mondo reale, che il suo corpo non era davvero di fronte a quello del pokémon, immersi nelle tenebre.

«Cosa vuoi dire, Zygarde?».

Il tetto della stanza, all'improvviso, si aprì, come il coperchio di una scatola, senza fare alcun rumore. Fuori, sulle loro teste, si estendeva un cielo stellato che li bagnò di una luce cangiante.

Zygarde afferrò Lysandre nello stesso modo in cui una bimba potrebbe afferrare un pupazzo di pezza, e fluttuando salì in alto, uscendo dai confini neri della scatola, più su, fra le stelle, nel cielo aperto ed infinito. La luce si fece sempre più forte, sempre più calda, man mano che si avvicinavano ad una sfera celeste di dimensioni così grandi che Lysandre si chiese se fosse possibile immaginarle, usando solo la propria mente, senza l'aiuto di Zygarde. Come poteva esistere qualcosa di così grande? Riempiva tutto il cielo, la sua superficie ribollente così luminosa che era possibile vederla anche con gli occhi serrati, quasi con la stessa chiarezza di quando erano aperti.

«IL SOLE» Disse Zygarde «IL MIO NUTRIMENTO»

«Tu fai la fotosintesi» commentò Lysandre

«IL SOLE È IL NUTRIMENTO DI OGNI ESSERE VIVENTE, QUALUNQUE SIA IL LORO CIBO. TU ERI IL SOLE, PER LORO» 

«E li ho delusi tutti»

«QUANDO IL SOLE SPLENDE, NON SI AFFATICA. LA SUA LUCE NUTRE, MA NON LO SPEGNE».

Le lacrime che scendevano lungo le guance di Lysandre, si asciugavano istantaneamente. Quel calore era la cosa più bella che Lysandre avesse provato da che ne aveva memoria, ma dentro di sé sentiva comunque quel marcio freddo, troppo gelido e oscuro per essere ignorato. Come poteva essere grato per il Sole, se la morte era nel suo cuore?

«GUARDA».

Nel cielo variopinto, le sfere celesti roteavano. Erano lontane, così tanto da apparire come pallini circonfusi da aloni di luce, eppure Lysandre riusciva a percepirne in modo sovrannaturale la velocità, la forza, il peso: ogni pianeta era una creatura mostruosa nella sua taglia, angelica nella sua natura, ed esprimeva un canto unico. C'era un'armonia nel movimento di quelle sfere, nel modo in cui sferzavano lo spazio aperto, rapidash indomabili con code di satelliti, con criniere di asteroidi.

E fra tutte le sfere celesti, ce n'era una che cantava con voice unica: la Terra. Sulla sua superficie azzurra, striata del bianco delle nuvole, la vita gremiva con miliardi di luci di città, e miliardi di zampette e di pinne e di occhi, e chiome di alberi che stormivano nel vento, un miracolo di bellezza così immensa che la mente umana ne sarebbe stata sopraffatta, se solo per un millesimo di secondo ne avesse visto l'interezza.

Lysandre, in effetti, ne fu sopraffatto. Aggrappato con tutte le sue forze alle dita di Zygarde, singhiozzava senza riuscire a frenarsi. Lui era vissuto su quel pianeta? Aveva camminato sull'erba, su fili verdi viventi capaci di respirare, di crescere, di fiorire, che ricoprivano distese baciate dal sole? Aveva respirato? Come aveva potuto credere, anche per un solo istante, che la Terra non fosse già bellissima? Cangiante e splendente! Tonante nel suo moto perenne! Baciata dalla Luna, colonizzata dalla vita! Ah, la Terra, la Terra, la Terra...

«SE IL SOLE IMPLODE, LA TERRA CADE CON LUI» Disse Zygarde.

La luce sfarfallò. Lysandre urlò, quando capì cosa stava per succedere, le braccia tese verso l'astro diurno. Il Sole, da gentile e potente palla di luce, divenne rosso, poi bruno, poi nero. Si accartocciò su sé stesso, come un fiore morente, mutando in un pezzo di carbone spento.

La Terra morì con lui. Milioni di anni di vita perirono nei ghiacci perenni, le civiltà che avevano prodotto merletti e poesie, scarpe e dipinti, ora immobili, defunte, niente più, niente più

«È GRAZIE AL SOLE, SE LA TERRA HA VISSUTO» Disse Zygarde.

Lysandre non riusciva a respirare, tale era il peso del dolore sul suo petto. Tutta quella bellezza... andata. Andata per sempre.

«NON CAPISCI?».

Un batter di palpebre, e non erano più nel cielo, ma sotto Geosenge Town, fra le macerie causate dallo sparo dell'Arma Finale.

«QUEL GIORNO» Disse Zygarde «HO DECISO DI NON FARE SPEGNERE IL SOLE. ERA ANCORA TROPPO PRESTO».

Lysandre vide Zygarde che sollevave le macerie, per sollevare il suo corpo martoriato. Chiuse gli occhi, li riaprì. Vide il Sole tornare indietro, da pezzo di carbone spento a stella bruna, poi rossa, poi di nuovo la più grande luce del cielo. Era bello. Non come la Terra, quello no, ma era puro nel suo intento: essere energia, fonte di vita. Essere la luce. 

«Io non sono il Sole» Mormorò Lysandre, debole, stanchissimo

«PER LEI LO SEI».

Un volto emerse appena dalle tenebre, fra le palpebre dischiuse di Lysandre. Questa volta era reale, non frutto della sua immaginazione: una faccia gentile e preoccipata, con gli stessi occhi blu che lui aveva avuto prima di quel fatidico giorno.

«SEI PRONTO PER ANDARE DA LEI?»

«Chi è?»

«NON POSSO PERMETTERTI DI RICORDARLA, SE NON SEI PRONTO»

«Cosa devo fare?»

«DEVI ACCETTARE IL TUO RUOLO»

«Quale?»

«DEVI AMARTI. AMARE TE STESSO PIÙ DI QUANTO POSSANO AMARTI GLI ALTRI. LIBERARTI DEI GIUDIZI CHE NON TI CONCERNONO. SOLO SE FAI CIÒ CHE AMI PER TE, NON PER GLI ALTRI, LA TUA LUCE POTRÀ RISPLENDERE. E IL MONDO VIVRÀ»

«Non so se posso farlo»

«NON POSSO PERMETTERTI DI TORNARE DA LEI, ALLORA»

«Chi è lei?»

«LA VUOI CONOSCERE?».

Per qualche motivo, la visione di quel volto aveva riempito il cuore di Lysandre dello stesso amore che aveva provato per l'immensità del Pianeta Terra, poco prima. Com'era possibile, che amasse una persona sola quanto il mondo intero?

«Sì»

«ALLORA NON HAI ALTRA SCELTA: DEVI AMARE TE STESSO».

E davvero non aveva altra scelta. «Va bene, Zygarde».


-----------------------------------------------


Paxton guardò preoccupato il volto di L, che riposava nel lettino con aria corrucciata, un cerotto sul naso e un occhio nero che si espandeva fin quasi allo zigomo. L'infermiera era uscita da poco dalla stanza, dopo aver fatto il possibile per rappezzarlo, ma aveva detto che era necessario tenerlo lì in osservazione per un po' di tempo. "Un po' di tempo", dal punto di vista di Paxton, era davvero il minimo dopo quello che era successo.

«Davvero non ti ricordi chi è?» Domandò a Taunie, che stava giocherellando con il suo rotomphone «L'hai visto al torneo di Jacinthe, quella volta... con Zygarde...».

La ragazza lo guardò con un occhio chiuso. «Ah ah, non mi ricordo niente» Rispose, scuotendo la testa «Me lo ricorderei, se avessi visto un uomo del genere»

«Ma sei sicura sicura? Ha interrotto il torneo!»

«Ti dico che non l'ho notato!»

«Che hai all'occhio?»

«Uh?» Taunie si sfregò la palpebra con il pollice «Niente, mi ci sarà entrato qualcosa...»

«Ora che ci penso... anche l'altra volta hai fatto così...»

«L'altra volta quando?»

«Dopo il torneo di Jacinthe»

 «Sarò allergica a questo tizio» scherzò la ragazza, sorridendo «Davvero, non riesco neanche a guardarlo. Deve avere addosso qualcosa che...»

«È strano che non te lo ricordi. Ora che ci penso, in effetti quel giorno non hai commentato»

«Cosa avrei dovuto commentare?»

«Voglio dire, non hai detto proprio niente! Dal momento in cui lui è comparso» Paxton indicò L «Tu sei rimasta in silenzio totale. Non hai detto niente riguardo a lui, è come se non l'avessi notato affatto»

«Te l'ho detto, non l'ho notato» Taunie strizzò ancora più forte l'occhio, con aria sofferente, una piccola ragnatela di piegoline che si formava all'angolo della palpebra «Ah, dannazione...»

«Che succede?»,

Taunie si sfregò le fraccia, scosse la testa, poi rialzò lo sguardo per guardare il suo amico. Anche se aveva ancora l'occhio chiuso, la sua espressione era molto più rilassata, un sorrisetto leggero sulle sue labbra.

«Cosa stavi dicendo, Pax?».

Paxton aggrottò le sopracciglia. Magari si sbagliava, ma gli sembrava proprio che ci fosse qualcosa che non andava nella sua amica...

«Buongiorno» Disse flebilmente Lysandre.

Paxton si avvicinò al letto, sorridendo.

«L! Sei sveglio! Come stai?»

«Sono stato meglio, ad essere sincero» Lysandre provò a sorridere di rimando, anche se la sua faccia era indolenzita «Però sono stato anche peggio»

«Temo che quando l'effetto degli antidolorifici sparirà, non penserai più di essere stato peggio di così»

«Come sei ottimista, ragazzo»

«Scusami... sono solo... realista. Sai, non è un bello spettacolo... quei vigliacchi... se non avessimo dovuto soccorrerti...» Paxton strinse i pugni, spingendoseli contro i lato delle cosce «Gli avremmo dato una bella lezione»

«No no no, la vendetta non è una buona idea» Lysandre provò a muovere la testa in un cenno di diniego e trovò che anche quello gli faceva male «E poi, tranquillo, in qualche ora sarà come nuovo»

«Hai un sacco di fratture»

«Anche quelle guariscono»

«In qualche ora?» Paxton rise nervosamente 

«Sì, in qualche ora»

«Tu che dici Taunie? Taunie? Ehi?» Paxton schioccò le dita in direzione della sua amica.

Taunie stava guardando (con un solo occhio aperto) fuori dalla finestra, come se la conversazione di altri due esseri umani nella stessa stanza in cui si trovava lei non le interessasse minimamente.

«Cosa hai detto, Paxton?»

«Ho detto... aspetta, ma stai bene? Hai visto, il signor L si è svegliato!»

«L? Chi è L?»

«Ne abbiamo parlato... prima... ne abbiamo parlato prima, qualche secondo fa, non ti ricordi più?».

Lysandre rise (anche se gli faceva male farlo).

«Temo che sia... in parte... colpa mia» Spiegò «Della mia missione»

«Tu stai facendo questa cosa a Taunie?» la voce di Paxton suonò allarmata

«Non esattamente io. No. Zygarde».

Paxton si voltò di scatto, a guardare il cane nero e verde seduto in un angolo, silenzioso, con i suoi occhi bianchi che brillavano fiocamente. Zygarde sbadigliò.

«Zygarde?»

«Zygarde sta facendo la stessa cosa a me, temo» continuò Lysandre «Non riesco... non riesco a concentrarmi su di lei, sulla tua amica»

«Perché?»

«Non lo so. Deve avere un senso, ovviamente, ma non posso ricordarlo, perché non ricordo niente di lei».

Taunie guardava di nuovo fuori dalla finestra, giocando distrattamente con i propri pollici. Avrebbe potuto guardare il proprio cellulare, oppure uscire dalla stanza, ma non si stava comportando in modo razionale: era come se il suo corpo volesse semplicemente evitare la vista dell'uomo nel letto.

«Quindi Zygarde sta facendo in modo che non possiate ricordarvi l'uno dell'altra?» Domandò Paxton, mettendo una mano sulla testa del pokémon «Ma non abbiamo idea di come fare smettere questa cosa?»

«In realtà so come farlo smettere» rivelò Lysandre, con un filo di voce

«Ah»

«Mi dispiace, te l'ho detto che è parzialmente colpa mia. Temo di aver avuto troppa paura. Zygarde, per assicurarsi che avrei fatto il mio dovere, ha dovuto aggiustare qualcosa nella mia testa, farmi dimenticare dei pensieri che mi avrebbero distratto» Lysandre si portò un dito alla tempia sinistra e ci picchiettò contro un paio di volte «Posso decidere, se voglio, di farlo smettere»

«Se ho capito bene, con "farlo smettere" intendi che smetterà di combinare qualsiasi cosa stia combinando al cervello di Taunie, giusto?»

«Sì, esatto. E anche al mio»

«E allora cosa aspetti?».

Lysandra chiuse entrambi gli occhi. "Che cosa aspetti?". Era stato bene, senza memoria. Non benissimo, no, ma aveva l'impressione che avrebbe sofferto pene inimmaginabili, se avesse aperto i cancelli della memoria. Non voleva essere il mostro che era stato un tempo.

Guardò Zygarde. Il muso del pokémon era rilassato, non si sarebbe potuta intuire l'acuta intelligenza che brillava dentro quel cranio. «TU NON HAI FATTO NIENTE, UMANO, CHE NON POSSA ESSERE PERDONATO».

Lysandre sentì le parole riverberargli dentro la testa, nello stesso modo in cui era accaduto nel sogno. La scatola nera in cui erano stati intrappolati era quella del suo cranio.

«Voglio ricordare tutto, Zygarde» Disse l'uomo, annuendo appena «Per favore».

Visto da fuori, non accadde nulla. Lysandre sentì qualcosa muoversi nel suo teschio, poco dietro l'occhio annebbiato, come un vermetto appiccicoso che indietreggiava e se ne andava chissà dove. Non successe nient'altro.

«Allora, ti ricordi niente?» Volle sapere Paxton

«No, non credo» Lysandre guardò il giovane, e il suo volto, il suo taglio di capelli, il colore dei suoi occhi gli rievocarono istantaneamente il profumo della lavanda, poi un altro volto, simile e diverso, più anziano, oh, quegli stessi occhi grigi!

Nessun essere umano, pensò, ricorda ogni cosa nello stesso momento. Che posto orribile in cui vivere sarebbe il proprio cervello, se per ogni secondo si dovesse rivivere ogni canzone, ogni scritto, ogni urlo, ogni secondo di dolore! È così che funzionano i ricordi: interconnessi fra loro e con il mondo circostante, una catena che ci tiene ancorati a chi siamo.

Lysandre deglutì. Ricordava così tante cose adesso... se solo si concentrava per richiamarle alla mente. Ciò che era stato un tempo non poteva cancellare quello che era diventato adesso, e questo era per lui, a dir poco, un sollievo. Non ci fu disperazione, né dolore, nè il desiderio folle e disperatissimo di cambiare il mondo, forse perché ciò che lui aveva imparato in quegli ultimi anni non poteva andar via.

Che persona era diventato, adesso? Una... normale. Era normale, normalissimo. Ricordava le password dei propri account sui social media e il numero della sua pizzeria preferita. Ricordava il nome di sua madre, quello della sua scuola, quello del suo migliore amico (Augustine). Ricordava di essere morto, schiacciato da tonnellate di rocce, e di essere risorto, di aver visto l'impossibile, di aver parlato con i pokémon leggendari, di aver vissuto per strada, di aver fatto la fame, di aver fatto amicizia con i trubbish, di aver raccolto le cellule di Zygarde. Ricordava tutto. Ma solo se voleva farlo.

«Peccato» Disse Paxton, stringendosi nelle spalle.

Lysandre non lo ascoltò. Il suo sguardo era posato sullla fanciulla vicina alla finestra. Taunie. Taunie.

«TAUNIE!» Gridò. Lacrime gli rigarono il volto, perdendosi nella sua barba.

Taunie si avvicinò al letto così in fretta da inciampare, roteando le braccia in aria per mantenere l'equilibrio.

«Non cadere, non cadere, bambina mia» Rise fra le lacrime Lysandre, mettendosi seduto

«Papà! Papà... ti ho... ti ho cercato dappertutto!» lei gli strinse un braccio (quello che lui aveva teso, come se avesse potuto acchiapparla se davvero fosse caduta) «Ho pagato una detective! Dove eri finito?»

«Sono stato in giro, tesoro mio. Guardati. Oh guardati... mi sono perso tante cose... tutto... sei cresciuta tantissimo! Sei...».

Taunie si buttò in avanti, contro il suo petto, stringendolo più forte che poté. Lysandre non sentì il dolore alle costole, né tantomeno quello al braccio, la voce tagliata dall'emozione, mentre stringeva fra le braccia sua figlia.

E per un istante, uno solo, per la prima volta nella sua vita, credette di sapere come si sentiva il Sole, quando dava la sua luce per nutrire la meraviglia della Terra. 


 

 


- Altre mini-scene di Lysandrino che piange qui -

(Ci piace scrivere gli omoni fieri che piangono. C'è una catarsi in questo. Andate a leggerne altre.) 


lunedì 24 novembre 2025

Lysande che piange 10. Sangue, parte 1

Lysandre si sedette su una delle panchine, a meditare. Stava scendendo la sera e doveva iniziare a pensare se era sua intenzione tornare all'Hotel Z, e dormire nella stanza che Lida gli aveva assegnato (e che lui aveva l'impressione che quella fosse stata non molto tempo prima la stanza di AZ), oppure andare a dormire da qualche altra parte. Il tempo era sereno abbastanza da permettergli di riposare in un sottopassaggio, sempre se avesse trovato qualche cartone da stendere a terra per creare uno strato di isolamento, e non perdere tutto il proprio calore corporeo durante il sonno...

Guardò di lato e in basso, verso la panchina. Sarebbe stato carino, dormire lì, sollevato da terra, ma c'erano quegli antipatici pezzi di ferro, come delle piccole maniglie, che spuntavano ad intervalli regolari. Una volta aveva provato a stendersi, e una di quelle cose gli si era conficcato così dolorosamente nel costato che era stato costretto ad alzarsi e andare via dopo neanche dieci minuti. Era una tortura. Perché avevano costruito panchine del genere, con i divisori? L'utilità di un oggetto simile era una di quelle cose che lui non riusciva a ricordare, ma di certo doveva averne una, no? Nessuno costruisce pezzi extra per l'arredo urbano così, tanto per, perché da quel che ne sapeva lui produrre gli oggetti costava soldi, e la gente odiava usare i propri soldi senza ottenere niente.

Lysandre prese un profondo respiro. Poteva andare a dormire da Diantha, dopo che avevano parlato lei gli aveva detto che poteva stare, se non aveva un posto dove andare, e persino occupare la casa quando lei sarebbe andata via per tornare sul set del prossimo film a cui avrebbe lavorato.

«Ho bisogno di qualcuno che si occupi di tenere questo posto pulito e che dia l'acqua alle piante» Gli aveva spiegato «Ho un'amica che lo fa, ma ho l'impressione che le leverei un grosso peso dalla schiena, se lo facessi tu al posto suo. Perciò, se vuoi stare qui, posso lasciarti le chiavi quando me ne vado».

Lui le aveva detto che ci doveva pensare. Probabilmente, ora che ci pensava davvero, non lo avrebbe fatto. Diantha era già stata fin troppo gentile, lo aveva insultato solo un paio di volte (una per aver fatto quell'enorme sciocchezza, anche se lei non aveva usato una parola carina come "sciocchezza", del provare a far fuoco con l'arma finale, l'altra per non essersi fatto vedere in anni, facendole credere che fosse morto) e gli aveva persino offerto un caffè, perciò Lysandre non aveva la benché minima intenzione di approfittarsi ulteriormente della sua angelica gentilezza.

Tornare all'Hotel Z sembrava la cosa più normale, ma non era sicuro di volere dormire lì. Continuava a pensarci... il cuscino dove posava la testa, era anche lo stesso dove AZ morente aveva esalato il suo ultimo respiro? Non lo conosceva molto, ma da quel poco che sapeva di lui, probabilmente si era "preparato" per farsi trovare in modo dignitoso, stendendosi nel letto, incrociando le mani sul petto, decidendo di controllare il modo in cui si sarebbe mostrato a quei poveri ragazzi che avrebbero trovato il suo corpo, per non sapevntarli, e al contempo per darsi un finale che fosse degno di un re. Si era persino fatto mettere come pietra tombale il suo enorme trono di pietra! Aveva predisposto tutto.

E Lysandre sapeva che la stanza in cui era ospitato aveva la particolarità di un letto particolarmente... comodo. Un po' troppo comodo, considerato quanto lui stesso fosse alto.

Un'altra parte di lui, voleva minimizzare il tutto: cosa importava, se il letto in cui dormiva adesso era lo stesso in cui il vecchio immortale aveva incontrato finalmente il suo eterno riposo? Era calso, aveva lenzuola pulite, quadri relativamente belli alle pareti, un bagno, e non erano forse queste le uniche cosa che contavano? Al momento lui era senza casa, e per giunta stava cercando di fare penitenza, perciò lamentarsi della bella stanza d'albergo che gli avevano dato gratuitamente gli sembrava una mossa da vero nobiliastro viziato, non poteva farlo.

Si posò le mani sul volto. La stanza in cui dormiva di solito odorava di chimico, come se qualcuno avesse spruzzato una quantità esagerata di deodorante, e poi avesse aperto la finestra, lasciando andar via la maggior parte dell'odore, ma non tutto, con il risultato che quel profumo era ancora lì, aggrappato alle superfici porose, sui quadri, sulle tende... non si sentiva sempre, era un po' come vedere qualcosa con la coda dell'occhio.

E Lysandre si chiedeva se fosse quell'odore che, inconsciamente, lo aveva fatto stare male. Quando usciva dalla doccia, e rientrava nella camera da letto, gli veniva da piangere, e si odiava, e pensava che sarebbe dovuto morire lui. Che fosse quell'odore a ricordarglielo? Magari il suo cervello aveva sempre processato in silenzio l'idea che qualcuno aveva spruzzato il deodorante dopo la morte di AZ, per eliminare l'odore della sua salma. Lysandre sapeva che i morti puzzano, anche quelli freschi. Non come quelli lasciati a marcire, quelli no, quelli mai, ma... i morti puzzano.

E qualcuno, ovviamente, aveva pulito la stanza. Il cervello di Lysandre aveva sempre connesso quel tenue odore chimico alla morte di AZ, forse rendendolo causa di quelle visioni moleste, di quella tristezza inenarrabile. La fine sarebbe arrivata, anche per lui... sarebbe riuscito a fare meglio di AZ? Sarebbe riuscito a non morire da solo, senza essere mai riuscito a costruire legami duraturi con gli altri, senza aver mai pagato davvero quello che aveva fatto?

«Hey, pezzo di merda!».

Lysandre alzò la testa, guardando verso la persona che lo aveva appena apostrofato in modo così poco educato: era un uomo corpulento, con i capelli corti, vestito con una tuta da lavoro grigia, e si stava avvicinando a passo lento, ma inesorabile, insieme ad altri tre uomini tutti un po' più magri di lui, ma tutti con l'identica espressione sul volto. Uno di loro aveva in mano un tubo di metallo, un altro un martello tenuto per la testa, in modo che il manico penzolasse dalla sua mano, oscillando ad ogni passo.

«Posso aiutarvi?» Domandò mitemente Lysandre, senza alzarsi, ma facendosi anzi più piccolo per minimizzare la massa del suo corpo

«Chiediti se qualcuno può aiutare te!» ribatté l'uomo, afferrandolo per il bavero della giacca.

Lysandre sentì il cuore accelerare, il sangue che gli prendeva fuoco nelle vene, e dovette tenere a bada l'istinto di colpire l'uomo. Sapeva che gli avrebbe fatto male, molto male, se lo avesse preso in faccia.

«Cosa ho fatto?» Sospirò mestamente

«Cosa hai fatto? Mia figlia è in prigione per colpa tua, pezzo di merda!» l'uomo lo scosse con violenza, i denti digrignati «Perché le hai messo in testa quelle cazzate sul mondo perfetto e l'hai mandata a rubare pokéball!».

Lysandre distolse lo sguardo: come poteva guardare quell'uomo negli occhi, anche se erano così vicini? E quindi, era così, eh... c'era un tempo in cui lui aveva mandato le persone a rubare. Bel mondo che aveva sognato! Uno dove i ladri sopravvivono e i cittadini onesti periscono.

Le persone che si erano fidate di lui stavano pagando per le sue colpe, adesso. In prigione! Per aver rubato delle pokéball! E lui era lì, libero, a domandarsi pigramente dove avrebbe dormito quella notte, tante erano le sue opzioni...

«Mi stai ascoltando, stronzo?!» Ringhiò l'uomo in tuta

«Come si chiamava, tua figlia?» domandò Lysandre

«Non ti ricordi neanche come si chiamava!» la voce dell'assalitore si spezzò per un istante «Eri tutto per lei, e manco ti ricordi come si chiamava!»

«Mi dispiace, io...».

Il pugno arrivò con una precisione e una rapidità terribili. Lysandre sarebbe finito a terra, se l'uomo che l'aveva colpito non lo avesse trattenuto per la giacca.

«Devi ricordarti il suo nome! RICORDATI IL SUO NOME, PEZZO DI MERDA!» Urlò l'assalitore «Non me ne andrò da qui finché non l'avrai detto!»

«Allora rimarrai molto a lungo, amico mio» rispose Lysandre

«Ti prendi gioco di me? Eh? EH?!».

Un secondo pugno, meno cattivo del prima, ma comunque doloroso, direttamente sulla stessa area già pesta della sua faccia. Lysandre sentì il sangue che gli colava dall'angolo della bocca. Non rispose.

«Antoine» Disse l'assalitore, la voce bassa, scura.

Antoine doveva essere l'uomo con in mano il tubo di metallo, perché fu lui a farsi avanti.

«Pensavi che non ti avremmo riconosciuto» Disse, con una calma quasi spettrale «Lysandre. Hai perso tutto pagando gli sbirri perché ti tenessero fuori dal carcere, non è così? Guardati. Guardati! GUARDATI!».

Lysandre non sapeva esattamente come dovesse guardarsi, così si fissò le gambe. Una goccia di sangue cadde dalla sua faccia e creò una macchiolino, perfettamente rotonda, sulla stoffa grigia dei pantaloni.

«Sai cos'è successo a mio figlio, Lysandre?» Continuò Antoine, e c'era un tale veleno nella sua voce, che per un attimo Lysandre se lo sentì addosso, bruciante e appiccicoso.

Che cosa aveva fatto, al figlio di quell'uomo? Aveva fatto andare in prigione anche lui? Lo aveva reso un pariah agli occhi della società? No, la voce di Antoine sembrava sottintendere qualcosa di molto, molto peggiore.

Una seconda macchiolina, più chiara, si formò sulla stoffa dei pantaloni di Lysandre. Poi una terza. Fu in quel momento che lui si accorse di stare piangendo.

«È morto» Sussurrò, la voce rotta, il grosso in gola grosso come una baccamela «Tuo figlio è morto. Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace...»

«Dispiacerti non lo riporterà indietro» Antoine alzò il tubo metallico in alto, pronto a colpire.

Anche Lysandre alzò la testa, guardando la mano levata su di lui.

«Come è morto?» Domandò

«Non lo sai neanche?» Antoine spalancò gli occhi, due cerchi perfetti pieni di furia.

Lysandre non riuscì a rispondere con la voce, perciò si limitò a scuotere la testa, mentre stringeva i pugni contro le proprie ginocchia.

Antoine abbassò un poco il tubo, ma la sua spalla rimase tesa. «Si è ammazzato» Disse «Perché il mondo in cui credeva per colpa tua non sarebbe mai esistito».

Lysandre singhiozzò. Non provò neanche a nascondere la faccia dietro le mani, allargò le braccia, reclinò un po' la testa all'indietro.

«Puniscimi» Disse «Fai quello che devi»

«Ti ammazzerò, lo sai?»

«Non lo farai. Puniscimi, Antoine, ti prego».

Gli uomini dietro Antoine mormorarono, sussurrarono, parlarono. «Che freak» «Un'idiota» «Anche noi siamo qui per questo» «Tocca a me, non ammazzarlo con un colpo solo» «Non con un colpo solo» «No, infatti, non uno solo».

Lysandre annuì.

«Non un colpo solo, Antoine» Disse, la voce resa flebile dal pianto «Fai come dicono».

E il colpo arrivò, con una violenza che Lysandre non credeva di aver mai sperimentato da parte di un essere umano. Il metallo gli si abbatté fra la spalla e il collo, piegandolo in due istantaneamente, strappandogli un gemito di dolore e, ancora più inaspettatamente, di paura. Non riusciva a respirare.

Sentì qualcuno che lo afferrava per un braccio, trascinandolo a terra, e un piede che gli schiacciava le costole. Crash. Doveva essere così che si sentivano le bottiglie, quando venivano schiacciate prima di essere riciclate... stupidaggini... stupidaggini, le bottiglie non avevano un milione di terminazioni nervose che urlavano, e organi interni che potevano essere spappolati, e vasi sanguigni che potevano essere spaccati. Stupidaggini, stupidattini... a cui Lysandre pensava per rimanere cosciente.

Il suo campo visivo si stava restringendo, i bordi del mondo che diventavano neri. L'albero e il pezzo di selciato che prima riusciva a vedere con chiarezza, adesso semplicemente non esistevano più. C'era stato un kakuna, su quell'albero, o era stato uno scherzo della sua immaginazione?

Gli presero la giacca, ridendo. «Degna di un principe, eh! Specie le toppe!». Qualcuno gli schiacciò l'inguine con il tacco della scarpa.
«Questo è per Wassim!» Urlò una voce rabbiosa nel suo orecchio, poi Lysandre si ritrovò con la faccia sul selciato, ad ansimare pesantemente, con il sangue che gli usciva a fiotti dalla narice destra.

«Youssef, non ammazzarlo davvero, oppure in prigione ci finiamo noi»

«Deve pagare! Deve pagare! Questo non è un uomo, questo è un pezzo di sterco di trubbish!»

«Youssef, non vale la pena di finire in prigione per lui!».

Lysandre alzò appena lo sguardo, abbastanza per incotrare quello di Youssef, che arricciò le labbra in una smorfia di disgusto, inspirò con forza e poi lo sputò.

«Non vale neanche la pena di ammazzarti, verme»

«Lo so, lo so» Lysandre si sollevò su un gomito «Non sei l'unico che la pensa così».

Si sorprese nell'udire la voce che usciva dalla sua bocca: non sembrava neanche lontanamente la sua. Era gutturale, spezzata, grottesca. Gorgogliò una piccola bolla di sangue, poi si asciugò lentamente la bocca, ogni micro-movimento una cucchiata di dolore presa volontariamente e ingoiata.

«Sei più robusto di quello che credevo» Commentò con disprezzo Antoine «Parli ancora»

«Fammi tacere».

Lysandre era riuscito a rialzarsi abbastanza da mettersi in ginocchio. Gli faceva male tutto, ma in particolar modo quel primo colpo, quello fra la spalla e il collo: sentiva il braccio da quel lato del corpo infiammato e rigido, anche il minimo movimento delle dita gli mandava fitte di dolore fino alla schiena, e quando i muscoli del suo collo si muovevano, il dolore era tale che quasi avrebbe voluto gridare. Ma non gridò.

C'era qualcosa di sacro nel perdersi in un dolore del genere, qualcosa di euforico. L'interno della sua bocca, tagliato dall'impatto contro i suoi denti, riusciva a non farlo pensare. Il dolore sordo, pulsante, delle suo costole riusciva a non farlo pensare. Tutta la sua concentrazione era devota al non urlare, al non scappare, al non ritrarsi, una forma di meditazione che lo estraneava dal pensiero che ci fosse qualcuno che era morto per colpa sua.

Antoine lo afferrò per i capelli, bruscamente, chiudendo il pugno sui ciuffetti che crescevano sopra la sua fronte. Lysandre, di riflesso, aprì quell'occhio che teneva sempre chiuso, e attraverso il fitto velo bianco vide Antoine, finalmente con entrambi gli occhi, come un angelo vendicatore circonfuso di luce, pronto ad abbattersi su di lui.



«Che cazzo è quello?» Domandò il primo degli uomini, quello in tuta da lavoro. C'era quasi paura nel suo tono, ma la rabbia era comunque più forte, più alta.

«Dev'essere una protesi» Spiegò tranquillamente Antoine «Probabilmente ha perso l'occhio nel crollo di cinque anni fa. E siccome i ricchi non hanno gusto, se l'è fatto sostituire con una lampadina».

Lysandre batté le palpebre lentamente, cercando di respirare. Quasi voleva che lo picchiassero fino all'incoscienza, così quel dolore sarebbe scomparso per un po', così come i pensieri, ma sapeva che non poteva farla franca così facilmente.

«Mi spiace davvero per l'infermiera che dovrà ricucirti» Disse Antoine «Ma non vedo alternative»

«Lo capisco» rispose Lysandre, in un sibilo affaticato.

I secondi successivi furono brutali. Lysandre dovette serrare la mascella per non gridare, ma una serie di gemiti penosi gli sfuggirono comunque, anche se da dietro labbra chiuse. Uggiolando, sentì la propria bocca riempirsi di sangue. Non riusciva più a distinguere quali fossero stivali e quali pugni, quale fosse il manico del martello e quale il tubo di metallo. Sapeva di avere le costole rotte. Sapeva che una delle sue braccia era inservibile, che le dita della sua mano sinistra erano appena state spezzate.

Sputò una boccata rossa di saliva e sangue.

«ZEH!».

Lysandre, raggomitolato per terra su un fianco, tremante, piangente, incapace di alzarsi, mosse appena la testa per incontrare con lo sguardo le zampe di Zygarde.

«Che pokémon é?» Chiese uno degli uomini «Mai visto prima»

«Un furfrou pelato, probabilmente» interloquì Youssef, quasi ridendo, in quel modo selvatico e acido di chi è nervoso.

Ancora dei passi, ma stavolta umani, che si avvicinavano rapidamente.

«HEY! Che cosa gli state facendo?! Lasciatelo stare! Lasciatelo stare immediatamente!» Tuonò la voce di Paxton.

Lysandre si chiese se sarebbe riuscito a morire di imbarazzo, se l'avesse voluto. Farsi salvare da Paxton? Dopo tutto il lavoro che gli aveva già dato da fare? Provò a dire qualcosa, ma stavolta non gli uscì niente dalla bocca, neanche un gorgoglio: era come se le sue corde vocali si fossero inceppate.

«State picchiando un senzatetto, ragazzi? Dovreste vergognarvi!» Esclamò un'altra voce, quella di una giovane donna. Lysandre non la riconobbe, ma al tempo stesso gli parve stranamente familiare.

Lysandre sentì le forze che lo abbandonavano. Forse non era il momento giusto di svenire, ma che scelta aveva? Si stava dissanguando sul cemento, e l'incoscienza sembrava tanto meglio della veglia... vide due cellule di Zygarde, o due cose con una forma un po' troppo simile a delle cellule di Zygarde, che strisciavano a meno di un metro da lui. Forse era una visione. Non c'era motivo per cui quelle cellule se ne stessero andando in giro senza... senza...

Lysandre appoggiò la testa a terra e perse i sensi.

«Andiamocene» Disse Antoine, gesticolando «Abbiamo fatto quello che dovevamo»

«Non c'è mai la polizia quando serve!» si lamentò Paxton, correndo a soccorrere il ferito «Oh no! No no no, è L»

«L?» domandò la voce femminile «Chi è?»

«Oh, Taunie, è un mio amico. Un mio caro amico, senza di lui non avrei Zygarde... senza di lui... chissà cosa sarebbe successo a questa città. E quegli idioti lo hanno conciato per le feste! Respira ancora, per fortuna, ma devi chiamare un'ambulanza, deve essere soccorso al più presto».

Taunie tirò fuori il rotomphone. Guardò a terra, verso il corpo di quell'uomo abbandonato sul cemento, e spalancò gli occhi.

«Papà?».

Paxton alzò lo sguardo e vide la sua amica che si strofindava un occhio, come se ci fosse entrato dentro qualcosa, la testa piegata da un lato.

«Scusa, cosa hai detto Taunie?»

«Niente» rispose lei, smettendo di tormentarsi la palpebra, ma tenendo l'occhio sinistro chiuso «Sto chiamando l'ambulanza».


 

- Altre mini-scene di Lysandrino che piange qui -

(Ci piace scrivere gli omoni fieri che piangono. C'è una catarsi in questo. Andate a leggerne altre.) 

Lettori fissi