giovedì 27 dicembre 2018

Sunset 92. Epilogo


Un nuovo anno è iniziato, qui nella piccola, verde e umida cittadina di Forks.
Ho smesso di frequentare regolarmente la scuola superiore di Forks, dimora degli spartani (o così dice il cartello), e mi sono diplomata con successo.
Sto decidendo con calma se mettermi un paio di anni di college alle spalle e qualche esperienza lavorativa alle spalle prima di provare ad entrare in accademia di polizia. Papà dice che aiutano con il curriculum, però mi prudono le mani dalla voglia di avere un distintivo mio, e non so se sarò abbastanza forte da resistere.
Sono passati già due anni da quando abbiamo affrontato i Volturi.
I Cullen hanno lasciato il paese subito dopo, portandosi dietro il loro Edward col cuore in frantumi. Mi sono lasciata alle spalle le cose brutte di quel periodo, e ne sono uscita più forte, più felice.
Jessica non ha ancora raggiunto la cintura nera, ma si sta impegnando. Da quando fa sport da combattimento è più tranquilla e serena. Non ho smesso di allenarmi con lei, anche se adesso siamo organizzate meglio: se desidero fare il poliziotto, non ho intenzione di essere debole.
Lei e Mike hanno continuato a lasciarsi e mettersi insieme fino al diploma, prima di rendersi conto di rendere meglio da amici. È solo che è un'amicizia così stretta che neanche loro hanno capito bene come comportarsi fino ad un certo punto. Ormai si sono messi l'anima in pace, e Jessica ha iniziato a frequentare un altro ragazzo.
Angela ha finalmente trovato il ragazzo-pertica dei suoi sogni, e su di lei l'interesse per i cristalli e l'occulto ha attecchito molto meglio che su Jessica: è interessata alle religioni pagane, ma ancora fa la vaga e cerca di nasconderlo.
Frequento regolarmente la riserva, e più di una volta ci ho trovato, con mia sorpesa, anche Mike. Lui e Jake hanno stretto amicizia sull'amore comune per i motori e per me (lo so, suona male, ma è così) che ancora prospera.
Andiamo spesso al cinema insieme, ma scegliamo i film a rotazione. Finiamo sempre per guardare qualcosa di violento in cui i protagonisti se le danno di santa ragione, comunque.
Harry Clearwater ha cinque gatti ora, ed è tutta colpa di papà.
Ha avuto un attacco di cuore qualche mese fa, ma si è ripreso in modo stupefacente. Papà sostiene che se non avesse avuto i gatti che gli regolavano la pressione sarebbe morto, ma dato che non abbiamo modo di saperlo resta una sua ipotesi.
Anche noi abbiamo dei nuovi gatti, ed è tutta colpa di papà.
Carlo Cigna ha acquistato il gattile di Forks che stava chiudendo a prezzo stracciato, in società con Billy Black (che più che metterci la grana se ne occupa, ed è giusto così visto che papà è molto impegnato), ed è l'uomo più felice della terra.
Di recente ha saputo che ho il numero di CM Punk e mio padre me lo ha rubato dal telefono. Temo che possa presto avere un micio senza piedi anche lui: papà è persuasivo.
Non tutti i licantropi hanno deciso di continuare a trasformarsi ora che non ce n'è necessità, e molti sono tornati alla loro vita normale. Leah è tra loro, così come Quil e Sam. Jake e Lara si aggrappano con grande entusiasmo alla loro natura di lupi giganti, e passano molto, molto tempo assieme.
Dicono che dalle nostre parti sono aumentati gli orsi, ma fidatevi, sono solo grossi lupi che si fanno scherzi di cattivo gusto.
In generale, le Ragazze del Tramonto non si sono sciolte. Giochiamo insieme a D&D, cercando di non pensare all'assenza di Aida. Fa ancora male.
Ho ancora quello strano libro con la signora inquietante sulla copertina. Non serve a niente e non fa niente. Credo che si sia allagata la biblioteca di Phoenix però.
Sono andata a visitare la piccola radura con i fiori baciata dal sole di recente, dove è stato sconfitto l'orso-vampiro e dove ho visto Isabella Swan, e mi ha dato da pensare.
È bello essere me.
Se passate da Forks, ragazzi, c'è un bel gattile che dovete assolutamente visitare. Sono certa che abbiano il gatto giusto anche per voi.

FINE




mercoledì 26 dicembre 2018

Sunset 91 - Final battle




I lupi non lasciarono che fossero i Volturi per primi ad attaccare: non gli avrebbero dato un solo briciolo di vantaggio. Con un ruggito collettivo che scosse la terra, i due branchi si slanciarono in avanti macinando metri, sollevando turbini di neve, implacabili e bellissimi. La luce riflessa dalla neve dava ai loro manti una patina argentea e cangiante e li faceva apparire sovrannaturali, spettrali, terribili.
Stringendo i denti, mi assicurai che lo scudo reggesse, che continuasse ad allungarsi insieme a Ayita e Sam: se avessi protetto loro, avrei protetto tutti.
Seth rimase accanto a me, ma ululando e ringhiando, incitando i suoi fratelli e le sue sorelle a combattere.
Quasi tutti i testimoni dei Volturi si diedero alla fuga, giustamente terrorizzati da quel fronte compatto di pelo, zanne e muscoli. L'intera azione, l'attraversamento del campo, non durò che un istante, ma l'adrenalina che avevo in circolo dilatò il tempo affinché potessi vedere ogni fiocco di neve, ogni gocciola di saliva. Dietro ai licantropi si lanciarono di corsa anche i vampiri. Edward rimase con me, ma tutti gli altri, anche quelli che avrebbero dovuto essere solo testimoni dei Cullen, presero a correre e urlare. Incredibilmente, era Esme a guidare quella carica, con i due rumeni strettamente alle sue calcagna che sghignazzavano follemente, pronti a uccidere... o a morire.
E poi i fronti si mischiarono, lupi e vampiri, amici e nemici, un rumore come un colpo di cannone accompagnò lo scontro e tutto divenne troppo veloce perché potessi distinguere chiaramente quello che avveniva. Avanzai di qualche passo e le mie guardie del corpo mi accompagnarono. Dovevo distinguere più chiaramente Ayita e Sam, altrimenti non avrei potuto proteggerli da Jane e Alec e allora sarebbe stata la fine. Strinsi gli occhi. Ecco Ayita, impegnata a fronteggiare due vampiri dai mantelli quasi neri contemporaneamente. Lanciai il mio scudo verso di lei ricoprendola di nuovo, poi avanzai ancora. Era quasi doloroso riuscire a coprirli tutti, ora che erano così lontani, ma dovevo farcela. Dovevo farcela. Non era ammesso perdere.
«Non...» le mie mani tremavano «... È...» Lo sguardo mi si sfuocava «...Ammesso...».
Ayita si liberò dai due che la marcavano stretta e si lanciò contro Aro, ruggendo. Aro la guardò abbassandosi, pronto a riceverla, sicuro della protezione dello scudo di Renata. Ma lo scudo non funzionò: scontrandosi con il mio, che avvolgeva come una pellicola Ayita, venne annullato. Tremando, sorrisi. Demetri cercò di prendere al fianco l'alfa delle lupe un secondo prima che toccasse Aro, ma Jacob e Sarah lo afferrarono con le zanne per le gambe e lo dilaniarono ferocemente nella neve.
Oh si, Demetri era finito!
Ayita atterrò Aro con ferocia e lo morse allo stomaco. Aro le diede un pugno alla spalla, spezzandole l'osso. Gridai. Tutt'intorno altri lupi venivano feriti dalle mani fredde e implacabili dei Volturi. Vidi Aida cadere a terra ed essere colpita dai colpi esperti, mirati, di un tizio smilzo e velocissimo che le spezzarono tutte e quattro le zampe.
Davvero, come Zafrina aveva detto, quei vampiri antichi e spietati erano combattenti abili, a tal punto da far sembra i Cullen dei ragazzini che tiravano pugni a vanvera. Renata, però, fu afferrata da Omaha in corsa e trascinata lontano. Udire le sue urla che si allontanavano così rapidamente era quasi comico. Aro, con voce strozzata, strillò qualcosa che non riuscii a sentire. Poi Ayita gli strappò via la testa con un morso.
«Aro è morto!» Gridai, pervasa di gioia «Aro è morto!».
Edward aggrottò le sopracciglia. Perché non sembrava felice? Non mi preoccupai troppo: di solito Capelli-pazzi aveva reazioni emotive inspiegabili e irrazionali.
Tutto il corpo di guardia si gettò improvvisamente su Ayita: smisero di difendere Marcus e Caius e pensarono solo a vendicare Aro. Gli altri due “capi” in realtà non contavano molto per loro, era ad Aro che andava la loro lealtà e ora Aro era morto.
Tutti i lupi balzarono a proteggere la loro alfa e Volturi e licantropi divennero per quasi cinque secondi una sorta di palla rumorosa e ondeggiante di pelo, mantelli, urla e ringhi che spruzzavano neve e sangue ovunque. Terrificante.
Il corpo di un giovane lupo che non conoscevo, dal pelo rosso e grigio, fu sbalzato fuori dalla calca e ricadde pesantemente al suolo con il collo spezzato e gli occhi rovesciati all'indietro. Mi premetti le mani sulla bocca per non urlare e mi imposi di non perdere il controllo sullo scudo.
Il guaito di Seth, impotente, mi spezzò il cuore. No, non dovevo essere triste. Era la rabbia che mi rendeva forte, che mi passava nelle vene come fuoco liquido e alimentava il mio scudo, rendendolo elastico ed efficace.
In quel momento, però, per coprire Ayita stavo difendendo buona parte anche del corpo di guardia dei Volturi: non ero in grado di modellarlo, specie a quella distanza, per avvolgere solo lei. Se qualcuno dei soldati vampiro nella mischia, in quei soli cinque secondi, avesse avuto dei poteri speciali e avesse deciso di usarli io non avrei potuto impedirlo.
Udii un suono alto e sonoro, a metà tra un ruggito ed un guaito, e un licantropo dalla pelliccia color cioccolato – Quil! – si fece indietro con un balzo e la mischia di morte si disperse, lasciando diversi resti (principalmente arti del corpo di guardia) a terra.
Caius, con la sua piccola moglie ancora alle calcagna, si era fatto avanti sparando una fiammata in mezzo al mucchio attraverso il suo strano bastone; le guardie erano scivolate via senza subire danni, ma non era stato così per tutti.
Il lato destro di Quil stava andando a fuoco, e le fiamme si propagavano in fretta sulla sua morbida pelliccia scura. Ululando di dolore il mutaforma rotolò sulla neve fresca freneticamente, cercando di spegnere le fiamme. Lara e Tia gli si affiancarono per proteggerlo in quel momento di vulnerabilità, facendo un baccano del diavolo con urla e ringhi.
Ayita fece un altro balzo indietro evitando l'attacco di uno dei mostri della guardia, il corpulento Felix, tenendo una delle zampe anteriori contratta perché non poggiasse a terra; fu attaccata alle spalle da una vampira dal mantello grigio scuro. Era bellissima, ma sembrò poco più di un pupazzetto quando Ayita fece perno sulle zampe posteriori per fronteggiarla, scrollandosela di dosso, e le serrò le fauci attorno ad una spalla.
Finalmente sia lei che Sam erano di nuovo abbastanza visibili perché io riuscissi a proteggerli.
Con una torsione del collo e una spinta delle zampe la femmina alfa proiettò la vampira in alto e lontano da sé; la guardia sembrava una bambola inerte quando fu intercettata da Jacob, che si alzò sulle zampe posteriori e le chiuse con precisione chirurgica il collo tra le fauci, scrollando la testa fino a spezzarglielo. Dopo averle staccato la testa, bagnandosi le fauci di sangue freddo, tornò a combattere insieme a Sam contro un vampiro dalla pelle scura che sembrava a riuscire a tenere testa ad entrambi.
Felix si avventò al collo che Ayita aveva lasciato scoperto nella manovra, ma lei s'impennò e lui le affondò i canini in petto, mancando di poco dei punti vitali. Quando ridiscese intrappolò il vampiro sotto di sé ed iniziò a dilaniarlo con i denti, costringendolo a staccarsi da lei e cercare di divincolarsi se voleva sopravvivere.
Aida aveva quello stesso vampiro smilzo che le aveva spezzato le zampe attaccato al collo, che la soffocava lentamente senza che lei riuscisse a toglierselo di dosso. Jared, massiccio e dal pelo castano e antracite, le si avvicinò in due balzi per aiutarla ma come una piccola onda due vampiri gli si gettarono contro con tale impeto da riuscire a bloccare la sua avanzata. Un terzo vampiro gli affondò i denti in una spalla, mentre gli altri due lo rovesciarono col ventre esposto all'aria, avventandosi dove era più vulnerabile; Jared non riuscì a difendersi. Sentii gli occhi diventare umidi, e mi sforzai di scacciare le lacrime battendo le palpebre.
Jared aveva Kim, la sua ragazza, ad aspettarlo a casa. Li avevo visti insieme solo un paio di volte, ma erano pazzi d'amore l'uno per l'altra. Io non...
Distolsi lo sguardo, tornando a concentrarmi su Quil.
Caius esclamò qualcosa che non riuscii a capire nel clamore della battaglia e puntò nuovamente il suo strano bastone verso Quil, Lara e Tia. Il lupo color cioccolato era riuscito a spegnersi, e per quanto la sua pelle si stesse rigenerando in fretta lo spettacolo delle sue ustioni era raccapricciante.
Lara si mise protettiva di fronte a Quil, sospingendolo col muso per farlo rialzare in fretta e Tia fronteggiò coraggiosamente Caius, scagliandoglisi contro. Un vampiro schizzò tra Tia e Caius proprio mentre, con uno scatto che io non riuscii ad udire, il vecchio faceva partire una fiammata verso la figura snella di Tia.
La nostra alleata si arrestò con urlo, coprendosi il volto con le braccia, ma inutilmente. Perché la fiamma non la colpì mai.
Benjamin stava a braccia spalancate di fronte alla compagna, le spalle tese e il mento alto, e la fiamma bruciava a pochi centimetri dal suo volto senza raggiungerlo, le lingue fiammeggianti che si accavallavano come un banco impazzito di pesci. Poi il vampiro richiuse le braccia fino a battere le mani l'una contro l'altra, e in accordo la fiamma mandò una vampata e tornò al mandante a velocità folle.
Caius fu spinto via un attimo prima di essere colpito in volto dal suo stesso attacco da una tizia bellissima (ommioddio, perché pensavo che fosse bellissima?) che ebbe appena il tempo di cacciare un urlo stridulo che mi ghiacciò il sangue nelle vene prima di avvampare.
Caius si spogliò in fretta del mantello che aveva preso fuoco, gettandolo lontano da sé, senza voltarsi un secondo a guardare le ceneri della vampira che si era sacrificata per lui, e si allontanò in fretta da Benjamin sbraitando qualcosa.
Kate e Garrett lavoravano in coppia, con Senna e Zafrina a coprire loro le spalle. Le due amazzoni combattevano in modo esperto e addirittura affascinante, con movimenti tanto fluidi da risultare sorprendenti nei loro esiti brutali. Bastava un tocco di Kate perché qualunque nemico sulla loro strada cadesse a terra paralizzato, senza poter evitare il tocco della vampira perché privato della vista da Zafrina, e Garrett lo finiva in modo pulito e preciso, decapitandolo e scagliando la testa più lontano possibile.
Io ed Edward ci scansammo appena in tempo per evitare la testa volante di una vampira con i capelli corti, bellina. Beh, per quanto poteva esserlo una testa mozzata.
Un gruppo di almeno cinque vampiri nemici si avventò contro di loro, oscurandoli alla mia vista, ma stavolta avevo una presa ferrea sulle loro “aure” (non sapevo come definire quel sapore unico che mi sentivo sotto il mio scudo) e non li mollai anche se non riuscivo a vederli.
Il mio scudo era continuamente martellato di attacchi di Jane e Chelsea, Alec, e altri che non sapevo identificare. Due nomadi, Mary e Peter, furono macellati in uno scontro con due vampiri pallidi, un maschio e una femmina, dalla tecnica impeccabile.
Alice cercò di avvicinarmisi, ma Seth ed Edward la scacciarono come promesso.
«Usa il tuo dono!» Le intimai «Se sei in grado di vedere il futuro, perché non ci stai aiutando?»
«Non posso» gemette lei, lanciandomi un'occhiata di fuoco «Tutti stanno decidendo sul momento, non posso. So solo che hai portato la morte, e come l'ho visto io, adesso puoi vederlo anche tu».
L'odio nei suoi occhi era l'ultima cosa di cui avessi bisogno per non distrarmi, così mi voltai, appena in tempo per vedere Maggie messa alle strette tra quattro vampiri. Siobhan e Liam si scontrarono con due di loro, riempiendo la radura del suono di due grossi massi scagliati gli uni contro gli altri, lasciando la piccola mentalist a fronteggiare due nemici contemporaneamente. Non ce la poteva fare: uno dei due le strisciò dietro e le immobilizzò le braccia dietro la schiena con così tanta forza da disarticolarle, lasciandola vulnerabile all'attacco del compagno.
Eppure erano due figure piccole, esattamente come Maggie, ma la tecnica dei due era infinitamente superiore. Erano Alec e Jane.
Siobhan e Liam non glieli strapparono di dosso abbastanza velocemente, e la gola di Maggie fu squarciata dalle zanne della piccola gemella stregata, lasciandola sul terreno con occhi vacui. Mi chiesi se quella fosse una ferita mortale per un vampiro, se ci fosse qualcosa che era possibile fare per lei.
Alec fronteggiò Liam e Siobhan si accanì su Jane, mentre venivano superati in corsa dal gruppo di Garrett, Kate, Zafrina e Senna.
Quil si era riunito a Sam e Jacob, mentre Lara e Omaha si erano riavvicinate alla loro alfa per finire Felix. Il grosso vampiro, pur se in inferiorità numerica e già privo di diversi pezzi e brani di pelle, si rifiutava di arrendersi. Era orribile a vedersi, disturbante. Lottava ancora in qualunque modo, frenetico, per difender una vita che era finita da tempo: usava tutto ciò che aveva a disposizione, compresi unghie e denti.
Omaha cercò di decapitarlo con un morso, ma Felix liberò il braccio destro da sotto le zampe di Ayita e fece scattare la mano insanguinata verso il muso di Omaha. Dalla mia visuale era difficile capire cosa stesse accadendo, ma un fiotto di sangue schizzò dal muso della lupa bagnando la bella pelliccia delle sue guance e la lupa si fece indietro con un urlo quasi umano. Lara scattò in avanti e con una torsione spezzò il polso di Felix, poi si mise a tirare finché non riuscì a strappare il braccio dell'energumeno.
Felix morse lo zigomo di Ayita anche mentre lei chinava il muso per rompergli l'articolazione del collo con le gigantesche fauci calde, e il suo corpo si rifiutò di lasciare la presa anche dopo che la consapevolezza ebbe abbandonato i suoi occhi rossi per sempre.
«No!» Gridò Edward, poi si mise le mani a coppa intorno alla bocca «Fermateli! Fermateli! Stanno recuperando i resti di Aro!».
Ah, ecco perché Capelli-pazzi non aveva immediatamente esultato! Quasi mi dimenticavo che i vampiri si possono ricomporre anche se li fai a pezzi e che per finirli davvero devi spappolargli il cervello (come l'orso vampiro aveva fatto con Randall) oppure bruciarli.
E quei cretini dei Cullen avevano portato con sé del fuoco? No, ovviamente no. Perché erano degli scemi cretini deficienti che in un'epica e terrificante battaglia finale in cui si può vincere solo bruciando il proprio avversario loro non avevano minimamente pensato di portarsi in tasca degli accendini, mentre Caius sparava fiamme come un pazzo e da solo teneva lontani dieci vampiri e feriva i lupi.
Guardai la tasca del mio cappotto, dalla quale sporgevano bombolettone di lacca per capelli.
«Edward» Dissi «Devi andare»
«Io non vado da nessuna parte!» quasi gridò lui
«Devi salvare i tuoi compagni. La tua famiglia» gli porsi la bomboletta di lacca e il mio accendino «Io verrei fatta a pezzi lì in mezzo. Ma tu puoi farlo. Porta loro questi e poi, se vorrai, potrai tornare indietro»
«Non ti lascio neanche per un istante!»
«E invece devi. Per un istante. Porta questi alla tua famiglia: devono bruciare i resti dei Volturi che fanno a pezzi, altrimenti si ricomporranno. Fallo»
«No»
«Edward!» abbaiai seccamente «Per una volta, una sola volta, renditi davvero utile. Vai».
Lui mi guardò negli occhi. Io lo guardai negli occhi e se si trattava di una gara a chi abbassava prima lo sguardo lui avrebbe avuto una brutta sorpresa, perché non ero decisa a lasciarlo vincere.
«Perché non può andarci Seth?» Chiese lui, lamentoso
«Perché ho paura. È un ragazzino, Edward. Tu sei un vampiro adulto, sei più veloce e sei anche più piccolo di lui, quindi un bersaglio meno afferrabile. Devi salvarci, Edward. Vai».
Lui sospirò e strinse i denti, ma prese dalle mie mani la bomboletta di lacca e l'accendino. Per fortuna ne avevo altri in tasca.
«Va bene» Disse infine «Ma torno subito»
«Oh, certo».
E sfrecciò immediatamente come un razzo, una macchia confusa verso la battaglia sanguinosa. Poi accadde tutto troppo rapidamente perché potessi reagire.
Seth si accasciò accanto a me con un guaito. Abbassai lo sguardo giusto in tempo per vederlo riverso sulla neve calpestata: ancora vivo, perché il sollevarsi e abbassarsi ritmico del suo petto era troppo vigoroso per non essere notato, ma svenuto. Con un piede sulla sua spalla c'era Alice. Battei le palpebre e in un attimo lei mi fu addosso, troppo vicina perché potessi spararle in faccia con i miei lanciafiamme artigianali.
Mi abbrancò con le braccia e iniziò a correre velocissima verso la foresta.
«Lasciami andare, pazza!» Le intimai «Tuo fratello sentirà i tuoi pensieri, ti raggiungerà e ti ucciderà per questo!»
«Mio fratello non mi ucciderà» rispose lei, con una nota esaltata nella voce mentre correva (e a me veniva la nausea) evitando gli alberi «Mi vuole troppo bene. E poi non mi prenderà, perché stiamo per tornare indietro nel tempo»
«Cosa?».
Credetti che Alice fosse davvero impazzita a causa della tortura inflittale da Jane. Tornare indietro nel tempo per sfuggire a suo fratello? E come? Chiusi gli occhi, soffocando l'impulso di vomitare pure l'anima addosso ad Alice.
E all'improvviso ci fermammo. Aprii gli occhi: eravamo al chiuso, in una piccola casetta lunga e stretta, e potevo vedere la neve nella foresta fuori dalla finestra. Di fronte a noi, seduta su una seggiola di legno chiaro, c'era una figura incappucciata, uno dei Volturi, che attendeva.
«Mia Signora! Sulpicia!» Disse Alice, ancora più esaltata «Te l'ho portata! Ti ho portato Belarda Cigna!».
La vampira incappucciata si alzò in piedi e riuscii a vedere sotto il suo cappuccio. Aveva lunghi capelli di un castano scuro e i suoi occhi rossi erano ricoperti dallo stesso strato opaco del trio a capo dei Volturi. Doveva essere una vampira molto, molto antica. Ci guardò con solennità, poi accennò un sorriso leggerissimo, quasi impercettibile.
«Bel lavoro, Alice» Disse
«Mi ucciderai?» chiesi di getto
«Si» rispose Sulpicia, con voce stranamente umana, priva di quelle note melodiose che di solito distinguevano le voci delle vampire «Ma per uno scopo più alto. Uno scopo più nobile»
«Perché non mi hai fatta ammazzare direttamente da Alice?» ringhiai
«Te l'ho detto, morirai per uno scopo nobile. Non sono molti gli umani a cui è concesso di fare quello che farai tu».
Alice mi lasciò andare, ma prima che potessi raggiungere con la mano uno dei miei accendini di riserva, mi strappò via il cappotto e lo gettò in un angolo della stanza. Ora ero infreddolita e inerme di fronte a una vampira che non conoscevo, ma che era antica quanto i Volturi e voleva ammazzarmi.
Non avevo mai pensato seriamente alla mia morte, perché è quello che i ragazzi giovani e fortunatamente non depressi fanno, no? E comunque non l'avrei immaginata così.
Con il fiato sospeso, fissavo gli occhi scuri da cacciatore, dall'altra parte della stanza lunga e stretta, e questi ricambiavano con uno sguardo garbato.
Era la maniera di morire più inutile di sempre, trascinata in quel putiferio da vampiri che per me potevano anche marcire all'inferno. Non avrei salvato nessuno, se fossi morta qui, e il mio scudo non stava più coprendo i miei amici che erano ora esposti agli attacchi di Alec e Jane. Ma non era colpa mia. Conterà pur qualcosa.
Non sapevo che se fossi andata a Forks mi sarei trovata di fronte alla morte. Andiamo, forse a Providence con i polpi alieni, forse a New York con un borseggiatore, ma non a Forks!
Per quanto fossi terrorizzata, però, non riuscivo a pentirmi di quella scelta. Se la vita ti offre un sogno che supera qualsiasi tua aspettativa, non è giusto lamentarti perché alla fine si conclude. Però è giusto provare a farlo durare quanto più a lungo possibile.
La cacciatrice fece un sorriso amichevole e si avvicinò con passo lento e sfrontato, pronta ad uccidermi.
Beh, io ero pronta a combattere.
«Sarai sacrificata» Mi spiegò Alice, mentre serravo i pugni e mi chiedevo se avrei potuto ferire la pelle, all'apparenza fragile, di Sulpicia «Per tornare indietro nel tempo. È il potere di Sulpicia, un potere così grande che nessuno deve conoscerlo. I Volturi non ne parlano mai e lei lo può usare solo dopo intervalli lunghi anni interi. Ma in qualunque pasticcio si caccino, ne usciranno sempre fuori perché Sulpicia riporterà indietro il tempo e distruggerà alla fonte il pericolo».
Alice era come i cattivi dei film di serie B: parlava, parlava, parlava. Ma io non mi sarei certamente lamentata, visto che chiaramente spiegarmi il piano dei cattivi mi sarebbe tornato utile (e poi, anche se stavo per morire, ero pur sempre curiosa del perché mi volessero fare fuori).
«È qual'è il pericolo alla fonte?» Domandai, con voce bassa e carica di minaccia
«Tu, ovviamente» rispose Sulpicia, fermandosi a meno di un metro da me «È per questo che ritornerò indietro nel tempo e ti ucciderò quand'eri ancora una bambina».
Oh, caspita. Questo era, effettivamente, un buon piano per cambiare le sorti della guerra: senza di me i Cullen si potevano scordare uno scudo per proteggerli, il vantaggio delle telecamere e magari anche l'aiuto dei ragazzi-lupo... forse, a ben vedere, senza di me Rosalie non avrebbe mai perso Emmett e i Cullen non si sarebbero mai organizzati per rispondere all'attacco dei Volturi, che a loro volta non avrebbero mai saputo dei licantropi di La Push. Insomma, invece di una guerra ci sarebbe stato solo uno sterminio e una conseguente annessione dei migliori al corpo di guardia dei Volturi, perché è ovvio che avrebbero trovato un'altra scusa per venire in America e rompere le scatole ai Cullen. Ma questa volta i Volturi avrebbero vinto facilmente.
Alice aveva ragione, io ero il cuore di quella guerra, io ero il motivo stesso di quello scontro... ma ne ero fiera. Combattevamo per la libertà, per evitare stragi inutili, per dimostrare ai potenti che non li temevamo.
«Non capisco ancora perché non sono morta» Dissi «Tornate indietro. Uccidetemi da bambina. Non capisco perché non l'avete ancora fatto»
«Perché abbiamo bisogno di un sacrificio umano» spiegò Alice, afferrandomi una spalla e stringendomi dolorosamente l'osso «Una vita da consumare nel processo. Sai, è un viaggio che richiede molta, molta energia. E ci sembra giusto che sia tu a pagare per quello che hai fatto».
Sulpicia allungò verso di me la sua mano dalle dita polverose. Mi sottrassi, ma Alice mi impedì di fuggire.
«Morirai, che tu lo voglia o no!» Mi strillò in un orecchio la piccola Cullen.
Con tutta la forza che avevo, diedi un pugno in faccia a Sulpicia, dal basso verso l'alto, diretta al naso. Glielo spezzai e lei fece un verso come quello di un cane a cui avessero schiacciato la coda. E così i vampiri antichi non erano resistenti come quelli giovani...
Alice mi schiaffeggiò. Per mia fortuna lo fece piano, perché altrimenti mi avrebbe certamente uccisa, ma finii comunque distesa a terra, con la faccia che mi bruciava e il sapore del sangue in bocca. Tossendo, rotolai carponi e sentii qualcosa rotolarmi in bocca. Sputai un dente e un grumo rosso.
«Sulpicia!» Disse Alice, apprensiva «Ti sei fatta male?».
Gattonai più rapida che potevo verso il mio cappotto. Presi un accendino e me lo infilai in tasca, poi cercai di alzarmi in piedi. Ero certa che avrebbe fatto malissimo, domani, ma adesso ero troppo piena di rabbia e adrenalina. Vidi Alice che cercava di prendersi cura di Sulpicia, controllandole la faccia, e le aggiustava il naso usando le mani per rimettere a posto la cartilagine. Anche se era antica, persino Sulpicia aveva un incredibile potere di rigenerazione e la sua faccia tornò come nuova in pochi istanti. Le due vampiri mi guardarono e io mi misi in posizione di guardia
«Sono pronta a suonartele di nuovo, vecchiaccia» biascicai, con il sangue che mi colava giù per il mento.
Alice si leccò le labbra
«Sei fortunata che servi alla Signora» mi disse «Perché sembri assolutamente deliziosa così».
Stavo sanguinando davanti a due vampiri. Non me ne importava niente, non sarei morta senza opporre la più fiera resistenza... ma ero solo umana e Alice mi afferrò le braccia e me le piegò entrambe dietro la schiena con la sua forza mostruosa, rendendomi impossibile colpire di nuovo Sulpicia. Ghignai, contenta che nessuna delle due si fosse accorta del fatto che mi ero impossessata di nuovo di un accendino.
«Stai ferma, Bella!» Mi sussurrò in un orecchio Alice «O dovrò spezzartele queste braccia. E tu non vuoi, vero?»
«Certo che no» risposi, poi le sputai saliva e sangue in faccia «Starò ferma».
Alice sibilò, ma non fece nient'altro. Sulpicia mi si avvicinò e io presi in considerazione la possibilità di colpirla con un calcio, ma non volevo che Alice mi spezzasse le braccia o non sarei stata in grado di usare l'accendino.
«Mio marito sarebbe affascinato da te» Disse Sulpicia, inclinando la testa da un lato e toccandomi la fronte con un dito
«Ah, sei pure sposata? E con chi?» domandai, fingendo interesse
«Aro» fu il suo turno di ghignare
«Aspetta, non eri morta? Non era sua moglie quella che gli andava sempre dietro...»
«Quella è Renata»
«E quell'altra che gli sta intorno...?»
«Non ero io. Io sono la regina dei Volturi, la consorte di Aro» c'era un'inimmaginabile fierezza nella sua voce mentre affermava la sua identità
«Ottimo» risposi, tirando su col naso «Perché l'ho appena visto fatto a pezzi sulla neve»
«Non importa. Ritornerò indietro e lui non avrà mai sofferto».
Chiuse gli occhi. In quel momento la stanza intorno a me iniziò a sfarfallare, come se fosse un'immagine proiettata su uno schermo e ci fossero decine di interferenze. Respirai a fondo dalla bocca aperta e sentii l'aria nella cavità sanguinolenta del dente caduto. Poi non sentii più le mani di Alice Cullen e non riuscii nemmeno a vederla con la coda dell'occhio. Evidentemente Sulpicia non era capace di trasportarci tutte e tre indietro nel tempo.
Avevo ancora il suo dito puntato sulla fronte e iniziai a sentirmi più debole: probabilmente era quel contatto che mi stava prosciugando, così indietreggiai, ma lei fu fulminea nell'acchiapparmi per le spalle (anche lei era incredibilmente forte, seppure non dava l'idea di esserlo quanto un vampiro giovane) e posare la sua bocca sulla mia. Scalciai con forza. Ommioddio, una vampira mi stava baciando e con quel bacio mi strappava energia vitale dritta dalla bocca. Sulpicia fu irremovibile e mi teneva troppo forte, stretta contro il suo corpo.
La stanza intorno a noi divenne un vortice luminoso ed ebbi l'impressione che stessimo sfrecciando ad una velocità folle, anche se i nostri corpi erano immobili in mezzo a quella follia vorticante. Uno strano rumore, come di tubi di rame colpiti dal vento, mi riempì le orecchie.
Urlai, dritta nella bocca di Sulpicia. Mi sentivo debole, le braccia perdevano vigore, le gambe non mi avrebbero retta ancora a lungo, gli occhi si chiusero di scatto. Avevo la mente annebbiata e l'adrenalina si stava abbassando bruscamente.
Sarei morta. Sarei morta. Oh no, sarei morta.
Come poteva esistere questa Sulpicia? I suoi poteri andavano davvero aldilà di ogni immaginazione, davvero poteva viaggiare nel tempo? Mi sentivo come se mi trovassi dentro la punta di un trapano che girava alla velocità massima, quel rumore strano di vento nelle tubature mi riempiva le orecchie più forte, sempre più forte.
Aprii gli occhi. E poi, in un barlume di chiarezza in mezzo a quella follia, mi ricordai che avevo un accendino in tasca e lo afferrai. Cercai di far scattare la rotellina, ma il mio movimento fu troppo debole. Forse avrei dovuto arrendermi.
L'oscurità sembrava così confortevole. Finalmente avrei avuto pace, avrei avuto silenzio. Niente più vampiri, niente più guerre... niente più gatti. Un musino nero mi attraversò la mente come un flash. Dracula mi aspettava a casa! Papà mi aspettava a casa! Non potevo, non dovevo morire per nessuna ragione al mondo.
Feci scattare di nuovo la rotellina dell'accendino, con tutta la potenza e la velocità che mi era rimasta nelle dita stanche, e Sulpicia si staccò immediatamente da me, sibilando infastidita e cercando di spegnere le fiamme che avevo fatto attecchire alla sua veste nera e che l'avrebbero uccisa se solo le avessero sfiorato la pelle: una volta acceso, un vampiro diventa un rogo inestinguibile che si consuma da sé anche in assenza di ossigeno.
Il mondo smise di vorticare e ricaddi seduta a terra, ansimando. Non mi trovavo dentro la casetta, non più, perché una luce diurna ed estiva mi scaldava la testa.
Sulpicia colpì le fiamme con la mano aperta, nel tentativo di estinguerle, ancora una volta, ma fu quello che le costò la vita: il fuoco attecchì sulla pelle delle sue dita e iniziò a bruciarle il braccio, risalì fino alla spalla, si aggrappò alla sua faccia e ai suoi capelli, trasformandola in un paio di secondi in una fiaccola urlante.
Mi girai a guardare alle mie spalle e la luce mi ferì gli occhi, costringendomi a stringere le palpebre. Ero in una piccola radura che mi parve di conoscere, in qualche modo: piccola e perfettamente circolare, piena di fiori di campo viola, gialli e bianchi. Si sentiva anche la musica scrosciante di un ruscello, nei dintorni.
Sedute sull'erba c'erano due persone: una era Edward Cullen, l'altra era una ragazza che in qualche modo somigliava a me, ma più magra, però non ero io. Alla luce del sole Edward era quasi sconvolgente: la sua pelle era come ricoperta di piccoli diamanti. Se ne stava perfettamente immobile nell'erba, con la camicia aperta sul petto iridescente e scolpito, le braccia nude e sfavillanti. Una statua sbozzata in una pietra sconosciuta, liscia come il marmo, lucente come il cristallo.
Ricordavo che la mia mente aveva composto immediatamente questo paragone perché lo aveva già usato, ma in quel momento ero troppo confusa per capire per chi.
«Isabella» Pronunciò il nome della ragazza con attenzione, poi con la mano libera giocò con i suoi capelli, scompigliandoli «Bella, arriverei ad odiare me stesso, se dovessi farti del male. Non hai idea di che tormento sia stato» abbassò gli occhi intimorito «Il pensiero di te immobile, bianca, fredda... di non vederti più avvampare di rossore, di non poter più cogliere la scintilla del tuo sguardo quando capisci che ti sto prendendo in giro... non sarei stato in grado di sopportarlo» fissò la ragazza con occhi angosciati «Ora sei la cosa più importante per me. La cosa più importante di tutta la mia vita»
«Sai già cosa provo, ovviamente» Rispose la ragazza, con una voce debole e straordinariamente delicata «Sono qui, il che in parole significa che preferirei morire piuttosto che rinunciare a te» abbassò lo sguardo «Sono un'idiota».
Nessuno dei due sembrava essersi accorto che c'ero io, una ragazza con la faccia insanguinata, a neanche tre metri da loro. Non sapevo dire se erano troppo presi l'uno dall'altra, se erano stupidi o se invece ero io ad essere invisibile, comunque sembravano molto innamorati fra loro. Mi si contorse lo stomaco a sentirla chiamare “Bella”. Era così che mi chiamava Capelli-pazzi. Quella ragazza era me, in qualche modo, in un altro mondo.
Dove mi trovavo? Dove diavolo mi aveva portata Sulpicia, in quale strano passato o mondo alternativo?
Non avrei mai avuto risposta, perché non appena la moglie di Aro si accasciò al suolo, ormai ridotta al silenzio della cenere, il mondo ricominciò a vorticare intorno a me e svenni. Non avrei rivisto mai più Isabella, la ragazza di Edward Cullen in un altro mondo.
Ci furono molte altre cose che non ebbi modo di vedere, alcune belle, altre brutte.
Non mi risvegliai abbastanza in fretta per vedere gli scontri estinguersi nel sangue, ed una delle due parti ergersi vittoriosa sull'altra.
Non vidi Marcus spalancare le braccia quando Jacob si gettò verso di lui per ucciderlo, non udii il suo fioco “Finalmente” e il modo in cui cadde praticamente senza combattere. Marcus aveva sofferto abbastanza da decidere di smettere di vivere, anche mentre la sua carcassa continuava ad ostinarsi a trascinare sulla terra.
La battaglia continuò, ma a questo punto era solo questione di tempo: tutti avevano capito quali erano gli ultimi bersagli a cui puntare: Alec, Jane e Caius.
Caius continuava a nascondersi dietro le poche guardie rimaste, ma non poteva nascondersi a lungo. Licantropi e vampiri si riunirono in un fronte compatto per scacciare le guardie dai resti di Aro, che Edward bruciò con il mio lanciafiamme artigianale. Caius non si premurò di difenderlo con la forza con cui ci si poteva immaginare: probabilmente contava ancora sull'aiuto di Sulpicia, dato che la situazione era assolutamente disperata. Che illuso.
Paradossalmente, i gemelli stregati non utilizzarono i loro doni perché credevano che sarebbe stato inutile e non si erano ancora accorti della mia assenza. Anche se mi sarebbe tornato parecchio utile averlo accanto di nuovo, neppure Edward se ne rese conto, perché tanto non aveva mai potuto leggermi nel pensiero.
Erano rimaste solo cinque vampiri del corpo di guardia dei Volturi, più Alec, Jane, Caius e Athenodora, sua moglie. Senza Chelsea a legarli ad Aro con il suo potere e il pericolo incombente, due delle guardie se l'erano data a gambe, fuggendo nel bosco.
Caius li incenerì mentre cercavano di scappare, accusandoli di alto tradimento, e questo bastò a convincere gli altri a restare.
I vampiri dalla nostra parte si occuparono di ghermire e portare le guardie una ad una lontano da Caius e dalle sue fiamme in gruppi numerosi, così da poter soffocare anche la resistenza fisica non indifferente dei combattenti, come in uno sfiancante gioco di scacchi, per poi distruggerle grazie all'ausilio di un poco della mia lacca e del mio fido accendino.
Bastavano pochi secondi per ridurli in cenere, soprattutto perché Zafrina li aveva privati tutti della loro vista, dunque non sapevano da dove aspettarsi il prossimo attacco, e bastava che Kate li toccasse perché non riuscissero più a reagire.
Il giochetto funzionò per due volte: per una guardia dal mantello grigio e, infine, per Alec. A quel punto Jane provò nuovamente ad usare il suo potere, furiosa, e scoprì con gioia di riuscire nuovamente a bersagliare i suoi nemici.
Caius approfittò del momento per passare attraverso la calca che si era formata attorno a loro sparando fuoco nella folla a casaccio, colpendo Tanya e Vladimir prima che il liquido infiammabile contenuto nel suo strano bastone si esaurisse.
Questo bastò a rompere la concentrazione di Zafrina, facendo tornare la vista ai nemici, ma Caius era praticamente senza difese ora e neppure Jane poteva imporre il proprio potere su un gruppo così folto contemporaneamente.
Furono i Cullen ad abbattere Caius e Athenodora, nonostante la loro resistenza strenua e frenetica. La moglie cercava di mordere come un animale rabbioso per proteggere il compagno, e riuscì ad affondare i denti a fondo nella carne (se di carne si può parlare, per un vampiro brillarello) di Edward. Caius lottò contro Esme, facendola lentamente a pezzi, ma Carlisle si gettò in difesa della compagna mentre Edward se la vedeva con Athenodora.
Esme fu rimessa a posto. I vampiri funzionavano in modi misteriosi e inquietanti.
Dei Volturi, e delle loro compagne, rimasero solo ceneri.
L'ultima guardia fuggì nella direzione in cui erano scomparsi i testimoni, mentre Jane fu vittima dell'ultima, strana risorsa di Benjamin: indirizzò tutte le pietre che aveva posto prima dello scontro nella radura scagliandogliele addosso. Come previsto, non la danneggiarono. Però la distrassero.
Appena smise di usare il suo potere, anche per quell'istante, i lupi erano pronti, e lei no; così Jane cadde. Lupi e vampiri continuarono a guardarsi attorno alla ricerca di nemici da abbattere, pronti a difendere il proprio diritto di esistere con le unghie e con i denti, ma continuavano a voltarsi e vedere facce amiche.
Avevamo vinto.
Non vidi il momento in cui la gente capì, e gli ululati di trionfo e le grida di giubilo dei vincitori riempirono la radura come se l'inferno stesso si fosse rovesciato sulla neve quel giorno. Non vidi i gesti d'affetto, e le risa, e le dichiarazioni che ne seguirono.
Non vidi Alice tornare tra loro attendendo di vedere come tutto il mondo si sarebbe rimescolato grazie alla mia morte, e la delusione e l'angoscia dipingersi sul mio volto.
Tutte queste cose mi vennero raccontate in un secondo momento da qualcun altro, con perizia ed emozione tale che le immaginai nitidamente come se fossi stata lì.
Il giovane Seth aveva un bel talento a raccontare, proprio come la sua mamma. Speravo sinceramente che lo avrebbe coltivato.
La felicità della vittoria era qualcosa su cui concentrarsi, per offuscare la tristezza inevitabile delle perdite in questa battaglia.
Rosalie, Jared, Tanya, Peter, Mary, Aida, Vladimir. I nomi delle persone morte nello scontro mi rimasero impressi a fuoco, compresi Charlie e Gregory: i nomi di due giovani mutaforma periti nel confronto, unitisi giovanissimi al branco.
I poteri dei licantropi gli consentivano di guarire in fretta e bene, ma neppure loro potevano fare miracoli. I corpi di tutti i membri del branco rimasero segnati da cicatrici di varia portata. Paul perse diverse dita della mano destra nello scontro; Omaha perse l'occhio destro, mentre Quil avrebbe avuto bisogno di settimane per tornare come prima.
Io persi un dente, uno dei molari superiori a sinistra. Avrei potuto rimetterlo a posto, se lo avessimo recuperato, ma non potevano saperlo e mi avevano portata via. Mi sarebbe bastato fare sorrisi un po' più stretti se avessi voluto nasconderlo, niente di terribile.
Mi avevano ritrovata, per ironia della sorte, proprio grazie ad Alice: Edward aveva letto nei suoi pensieri ciò che era accaduto e si era precipitato a salvarmi. Ero accasciata immobile sul pavimento quando Edward era entrato, accanto ad un mucchietto di ceneri. In qualche modo il fuoco che aveva ucciso Sulpicia si doveva essere spento durante il viaggio spazio-temporale, altrimenti, con tutto quel legno attorno ed io incosciente, sarei stata davvero nei casini.
Ci furono molte altre cose che non ebbi modo di vedere, alcune belle, altre brutte.
Quello che invece vidi, quando ripresi conoscenza, furono i bellissimi occhi rossi e le zanne affilate che amavo alla follia, sul più bel musetto nero del mondo.
Avevano lasciato venire Dracula al pronto soccorso!
Eh si, perché ero stata ricoverata brevemente.
Carlisle aveva assistito personalmente tutti i licantropi nella loro guarigione, per evitare che una decina di adolescenti dovessero presentarsi senza spiegazioni all'ospedale conciati come dopo una guerra (beh...), ma io non figuravo tra i pazienti personali di Carlisle. Ero stata ammessa brevemente all'ospedale di Forks per uno svenimento improvviso che avevo ufficiosamente avuto a casa di Ayita.
Allo sguardo pieno di tradimento che rivolsi a Carlisle Cullen, in camice e con l'aria più mortificata che avessi mai visto su faccetta di non-morto, mi spiegò che era perché non sapeva quanta energia mi avrebbe preso quello che era successo con Sulpicia (le informazioni erano diventate di dominio pubblico dopo che Edward aveva letto tutto nella mente della sorella traditrice), quindi ero l'unica in prognosi riservata con un genitore che non sapeva nulla del nostro mondo sovrannaturale. Non potevano mica nascondermi nello scantinato per giorni.
A papà avevano detto che ero fortemente anemica e avevo il ferro sotto le scarpe, di monitorarmi, darmi delle pilloline di ferro (che il dottor Cullen mi diede davvero, anche se non sapevo di averne bisogno), ma di non preoccuparsi, che sarebbe passato tutto.
Approfittando del fatto che papà stava firmando qualcosa per farmi uscire e il dottor Cullen lo stava trattenendo a chiacchiere, Edward e Seth erano entrati nella mia stanza per ragguagliarmi sul punto della situazione.
Mi dispiaceva un po' essere stata assente nella battaglia finale, ma adesso... non volevo pensare alle cose brutte. Non volevo incolparmi per chi poteva essere morto per la mancanza del mio scudo. Non volevo piangere per Aida, anche se solo pensare a quelle quattro letterine mi faceva pizzicare gli occhi.
«E quindi alla fine ha agito una combinazione di fattori, ma se bisogna sintetizzare è stata... Bella» Disse Edward
«Hanno staccato due volte il braccio a Kate e se lo è riattaccato, poi ha continuato come niente fosse» Mi disse Seth allegramente, sottovoce «Anche lei ha fatto la sua parte, dai»
«Se Aro non fosse stato terrorizzato da Bella, sarebbe andato tutto in modo diverso»
«Se proprio vogliamo dare qualche bel merito» dissi io «Direi che è difficile sentirsi sicuri quando si è circondati da lupi grossi come cavalli, e si è vampiri vecchiacci, vero Seth?».
Lui ridacchiò.
«Dove sono gli altri?» Chiesi, curiosa
«Giù a La Push i lupi» mi rispose Seth «Mentre Stefan se n'è svanito prima ancora che potessimo festeggiare. Benjamin e Tia hanno seguito le orme di Amun e Kebi, e pure Charlotte è sparita veloce come il lampo. Le amazzoni si stanno preparando per andare a cercare Kachiri, sai, la loro altra amica amazzone, e tornare nella foresta amazzonica. Gli irlandesi rimangono ancora un po', poi vanno anche loro. Mi sa che i Denali se ne vanno pure loro, perché lì si sta a fare ancora festa e però il clan ha perso Tanya, sono a lutto. Però ha guadagnato Garrett»
«Garrett?»
«Si, sai. Garrett e Kate cuore a cuore, si baciano per ore e ore...» cantilenò Seth
«Ugh, davvero?»
«No, per fortuna, però è ovvio che si piacciono. Secondo me è una cosa permanente, l'unirsi ai Denali».
Fu in quel momento che mi accorsi di qualcosa di strano. Dracula non stava soffiando verso Edward. Com'era possibile? Lui detestava i vampiri, e lo aveva fatto capire chiaro e tondo anche contro il dottor Cullen, che era il succhiasangue più gentile che avessi notato.
«Hai le guance rosa» Sbottai all'improvviso, guardando a bocca aperta Edward. Lui sembrò preso in contropiede, irrigidendosi, poi mi sorrise.
«Non te ne ho parlato, è vero...»
«Ti trucchi?»
«... E forse è il caso di farlo, prima che tu esca quella porta, perché... non ci vedremo più»
«Ssè, magari!»
«No, è vero» intervenne Seth «Dopo la battaglia i Quileute e gli altri clan volevano giustiziare Alice, ma i Cullen l'hanno protetta. Così, come punizione per aver attirato qui i Volturi, creato l'orso-vampiro, rotto il patto, non aver punito Alice eccetera eccetera, saranno costretti a trasferirsi e andarsene lontano da Forks, vero Edward?»
«Vero». Lui annuì, con aria solenne «È per questo che, prima di andare, devi sentire una cosa Bella».
Come lo scimmio che era mi agguantò un polso e se lo poggiò sul petto. Anche stavolta lottai, ma mi immobilizzai appena sentii qualcosa sotto il mio palmo.
«Tu... è un trucco» Boccheggiai, incredula
«No, non lo è» disse Edward, quasi tristemente «Quello che hai sentito è il mio cuore che batte. È stato estremamente doloroso farlo ripartire. È iniziato tutto dal morso di Athenodora, è come se la vita si fosse propagata da qui». Si sbottonò i primi bottoni della camicia per farmi vedere il punto in cui i canini della vampira erano affondati, due piccole cicatrici circolari sul muscolo trapezio. Cicatrici?
«Aspetta, frena» scossi la testa, riuscendo a riprendermi la mia mano «Mi stai dicendo che... stai tornando umano?».
Di nuovo il sorriso triste. «I Volturi potevano solo avere compagne dai talenti straordinari. Didyme, la compagna di Marcus, era in grado di donare la gioia. Sulpicia, la compagna di Aro, era in grado di riparare agli errori commessi nel passato. Apparentemente, Athenodora, la compagnia di Caius, era in grado di ridare la vita ad un vampiro, per una sola volta. L'ho letto nella sua mente, è la verità»
«Tu. Edolo Culeno. Umano»
«È stato estremamente doloroso» ripeté lui «Ma di questo dolore non mi pento perché mi ha dato una nuova possibilità» e i suoi occhi, castano chiaro, brillarono di speranza «Sto perdendo i miei poteri, sto perdendo la mia capacità di leggere nel pensiero, ma con te non funzionerebbe comunque. Con te, sarebbe tutto come prima per me, ma per te no, perché finalmente ho smesso di essere un mostro, Belarda. Sarei un umano, con te e per te, per te farei qualunque cosa ti proteggerei da tutto. Belarda, prima di te la mia vita era come una notte senza luna. Così oscura, ma c'erano delle stelle - punti di luce e ragione. E poi hai attraversato il mio cielo come una meteora. All'improvviso tutto era in fiamme, c'era splendore, bellezza. Quando te ne sei andata, quando la meteora è sparita oltre l'orizzonte, tutto è diventato nero. Ma io ero accecato, non potevo più vedere la bellezza delle altre stelle... Belarda, ora che sono un mortale come te: vuoi uscire con me?»
«No. Sei un cretino in tutte le specie. Hola. Ci becchiamo in giro Seth»
«Ci becchiamo» contraccambiò Seth.
Mi alzai dal letto, con il mio gatto sottobraccio, e andai a raggiungere papà.
«E così non mangi abbastanza carne» Mi accolse lui
«Eh già. Troppo pesce»
«Ma non c'è ferro nel pesce?»
«Ehhh» feci segno di “così così” con la mano, anche se in effetti non sapevo quanto ferro ci fosse in un pasto a base di pesce. Lui mi abbracciò e accarezzò Dracula, ma non mi disse mai a parole quanto si era preoccupato.
Grazie a Dio non mi avevano fatto cambiare in camicioni da paziente, perciò potei direttamente salire nella macchina della polizia del bravo detective Cigna e rilassarmi sul sedile.
Per due secondi.
«Potrei aver telefonato a Renèe...» Esordì papà, titubante. Inspirai rumorosamente.
«L'hai detto alla mamma!» Lo accusai, tradita.
Lui incassò la testa tra le spalle «Aveva il diritto di saperlo. Non sapevo se ti era successo qualcosa...»
«Papà!»
«Okay, Bells, lo ammetto, ho sbagliato. Mi dispiace».
Sbuffai, ma non potevo davvero arrabbiarmi con papà. Abbozzai un sorrisetto per fargli capire che tanto lo avrei perdonato, evitando di mostrargli il mio dente mancante. Lui mi imitò ed entrambi fissammo la strada.
Fu un viaggio tranquillo: Lillo si sdraiò sul cruscotto con tutta la calma del mondo e Dracula si accoccolò sulle mie gambe, facendo le fusa.
Mi sentii veramente serena per la prima volta da settimane. In un modo o nell'altro era finita. Era finita finalmente.
Quando arrivammo non mi precipitai dentro: alzai la testa per guardare sorridendo casa Cigna, i piedi fermamente piantati sul tappeto, mentre papà mi precedeva ed entrava. Mi aspettavano giorni duri di mamma che piombava nel mio angolino di pace con la sua ansia, e di telefonate di amici, e di compiti per le vacanze che non avevo assolutamente fatto.
Ma che cosa poteva mai essere in confronto ad una guerra sovrannaturale? Li avevo affrontati. Li avevo battuti. Ed ero sopravvissuta.
Sarei riuscita sicuramente a superare la preoccupazione di una mamma svampita.
«Meow!»
Giusto Dracula. Insieme.
Drizzai le spalle e andai incontro alla mia sorte, confortata dal destino coi baffi che mi camminava al fianco.



lunedì 24 dicembre 2018

Sunset 90 - Il potere e gli stratagemmi



Arretrammo spediti, senza distogliere lo sguardo dalla minaccia che si avanzava. Jacob fu il più lento e rinunciai a tirarlo: aveva il pelo ritto sulle spalle e mostrava le zanne ad Aro. Raggiungemmo la nostra famiglia nello stesso momento in cui i mantelli scuri tornarono a circondare Aro come onde di un mare notturno.
Restavano solo cinquanta metri a dividerci: la distanza che molti dei presenti poteva superare in un paio di balzi.
Caius cominciò subito a litigare con Aro, a voce così alta che era impossibile non sentirli anche da quella distanza. Meno male che dovevamo scusarli perché andavano a “conferire”, eh.
«Come fai ad accettare questa ignominia? Perché restiamo impotenti davanti a crimini così scandalosi, coperti da un inganno tanto ridicolo?». Ma di che cavolo stava parlando? Quale inganno?
Teneva le braccia rigide sui fianchi, le dita chiuse come artigli. Mi chiesi perché non si limitava a toccare Aro per comunicargli la sua opinione. C'era già una divisione nei loro ranghi? Eravamo così fortunati?
No. No... ci doveva essere qualcos'altro. Perché gli interessava che li sentissimo?
I Volturi facevano tutto per il loro pubblico. Se stavano mostrando qualcosa di trasparente come il discutere delle proprie opinioni di fronte a tutti, quando avrebbero avuto mezzi più discreti per appianare le loro divergenze, era per nascondere qualcos'altro di losco.
«Ti assicuro che i Cullen hanno spiegato tutto al meglio. Non ci sono infrazioni da punire» Disse Aro calmo «È tutto vero, ogni singola parola»
«Ci sono poche regole che sono state poste a tutela di tutti i vampiri» replicò Caius, come se non fossero stati loro a deciderle «Tra queste, i vampiri non devono farsi notare con cacce continue, e devono essere intelligenti abbastanza da proteggere il segreto. Un orso di certo non è in grado di svolgere questo compito tanto delicato»
«Ma Caius» ribatté Aro, delicato come una primula ghiacciata «Hai visto quanti testimoni sono pronti a confermare che quell'orso miracoloso è stato abbattuto. Non sarà più in grado di tradire il nostro segreto, anche grazie ai simpatici protettori pelosi» e li indicò con un gesto ampio e teatrale. Non c'erano più dubbi che volessero farsi vedere da tutti, andiamo.
Caius reagì in modo strano alle parole rasserenanti di Aro, sussultando lievemente nel sentire la parola “testimoni”. La rabbia svanì dai suoi lineamenti, sostituita da una freddezza calcolatrice. Fissò i testimoni dei Volturi con espressione che sembrava vagamente... nervosa.
Anch'io fissai la marmaglia inferocita e vidi subito che non si poteva più descrivere come tale: la frenesia di agire si era trasformata in confusione. Fra la folla ribollivano conversazioni sussurrate che cercavano di dare un significato a quanto stava accadendo.
«Ma sempre secondo le nostre leggi» Tornò alla carica Caius, accigliato «Le azioni dei vampiri neonati sono anche responsabilità del loro creatore. L'orso è stato distrutto, ma che mi dici del suo creatore? Non ne pagherà le conseguenze?»
«Pace, fratello. Sai che non è possibile mentirmi, e so con certezza dal mirabile Edward che la creazione dell'orso vampiro è accaduta in modo del tutto accidentale ad opera di uno dei suoi fratelli, il peculiare Jasper Cullen, che però è lontano dalla sua famiglia ormai da molto tempo. Temo che non potremo punirlo rimanendo qui»
«Forse è morto» borbottò Caius, e la figuretta incappucciata si immobilizzò sul posto come se avesse messo radici a rapidità incredibile.
«Può essere» Ammise Aro, dispiaciuto «Non abbiamo modo di saperlo»
«Ma se fosse morto, quale sarebbe la causa? Potrebbero essere i licantropi, come per il compagno della nostra informatrice»
«Ah, fratello...» Aro rispose alla frase di Caius con uno sguardo addolorato
«Difenderai anche quell'alleanza, Aro?» chiese perentorio Caius «I Figli della Luna sono nostri nemici giurati dai tempi dei tempi. Li abbiamo cacciati fin quasi a farli estinguere in Europa e in Asia. Eppure Carlisle incoraggia un rapporto familiare con questi parassiti, senza dubbio nel tentativo di spodestarci. Per meglio proteggere il suo guasto stile di vita».
Edward si schiarì la voce rumorosamente e Caius lo guardò torvo. Aro si mise una mano sottile e delicata sul viso, come fosse imbarazzato per l'altro anziano.
«Caius, è pieno giorno» Fece notare Edward indicando Jacob, alzando appena la voce per farsi sentire chiaramente da tutto il campo (che comunque aveva i super-sensi) «Questi non sono Figli della Luna, è chiaro. Non hanno alcun rapporto con i tuoi nemici dall'altra parte del mondo».
Avevo iniziato a sospettare che Aro e Caius stessero giocando al poliziotto buono e il poliziotto cattivo. Ma ora cominciavo a convincermi che la strategia di Caius per distrarci fosse sembrare uno scemo non azzeccandone una.
«Allevate dei mutanti qui in zona» Gli ribatté Caius. Santo cielo, non ci credevo che aveva risposto questa cosa.
Edward contrasse la mascella e poi la rilassò, infine rispose pacato: «Non sono nemmeno licantropi. Aro ti può raccontare tutto se non mi credi».
Non erano licantropi? Lanciai un'occhiata disorientata a Jacob. Sollevò le spalle enormi, poi le lasciò cadere: il suo modo di fare spallucce. Neanche lui sapeva di cosa parlava Edward.
«Caro Caius, ti avrei chiesto di non insistere su questo argomento se mi avessi messo a parte dei tuoi pensieri» fece Aro «Anche se quelle creature si ritengono dei licantropi, non lo sono. Il termine più appropriato per definirli sarebbe “mutaforma”. La scelta della forma di lupi è stata un puro caso. Poteva benissimo essere un orso, un'aquila, o una pantera, quando accadde la prima mutazione. Queste creature non hanno proprio nulla a che vedere con i Figli della Luna. Hanno ereditato dai loro padri sono la capacità di mutare. È genetica: non continuano la loro specie infettando altri, come i veri licantropi».
Caius guardò Aro torvo, con rabbia e anche qualcosa di più: un'accusa di tradimento, forse.
«Conoscono il nostro segreto» Disse con voce incolore.
Edward sembrava sul punto di rispondere a quell'accusa, ma Aro lo anticipò. «Sono creature del nostro mondo soprannaturale, fratello. Forse sono ancora più legati di noi alla segretezza: è altamente improbabile che ci denuncino. Stai attento, Caius. Le accuse pretestuose non ci portano da nessuna parte».
Caius respirò a fondo e annuì. Si scambiarono uno sguardo lungo ed espressivo.
Credevo di avere capito ciò che stava dietro le parole formulate con tanta attenzione di Aro: una cavolo di perdita di tempo. Le false accuse non avrebbero contribuito a convincere i testimoni presenti, da nessuna delle due parti: Aro stava esortando Caius a passare alla strategia successiva. Caius considerava probabilmente il massacro imminente molto più essenziale di una reputazione immacolata, e stava al gioco di Aro tenendogli il muso, dato che in realtà non ci stava.
Quanto erano patetici? Quelli erano la nobiltà dei vampiri? Stavano letteralmente provando qualunque strategia gli passasse per la mente davanti al nemico. Mi stavo ghiacciando le chiappe perché loro non erano neanche in grado di trovare un pretesto decente per fare a pezzi i loro nemici.
Questo non era epico. Questo era stupido. Ero pronta a combattere e dare la vita per i miei amici, ma non avevo intenzione di partecipare a questo stupido teatrino ed aspettare che gli venisse una buona idea.
Non so cosa avrei fatto se in quel momento non avessi colto con la coda dell'occhio un piccolo particolare. Rispetto a me era davvero piccolo: a questa distanza potevo indovinare più che vedere chiaramente le espressioni sul visetto del corpo di guardia, ma in quel momento mi parve cristallino che Jane mi stava fissando con sdegno e poi mi sorrise, snudando le zanne.
Fu quel sorrisetto insolente la goccia che fece traboccare il vaso.
Quella gente era assolutamente patetica, agiva sfruttando i propri poteri per comportarsi come bulletti di terza elementare, credevano che qualunque cosa gli fosse dovuta. Io avrei dovuto essere una preda per Jane. Che l'essere comparata a me l'avesse fatta irritare e spinta a farmi le boccacce da lontano mi fece infuriare: era così meschina da sentirsi messa in ridicolo da una ragazza che non conosceva, e perdere tempo e dignità mentre noi eravamo riuniti per combattere lì per la vita.
Se avesse usato il suo potere su di me o sui miei amici non sarebbe stato per un ideale di giustizia in cui credeva o per sopravvivere, ma per dimostrare al suo signore che era più brava e carina di Belarda Colazione Cigna.
La mia ira raggiunse l'apice, superò la furiosa sete di sangue che avevo provato nel momento in cui i lupi si erano impegnati in questo scontro dall'esito tragico. Sentivo fluire la furia come un'ondata, facendomi stringere la lingua tra i denti come se avessi dovuto mettermi a ringhiare come un lupo da un momento all'altro. Avevo i muscoli contratti, agivo per automatismi. Scagliai il mio scudo con tutta la forza che avevo nella mente, lo gettai come un giavellotto al di là della distesa immensa del campo, una lunghezza impossibile, dieci volte la distanza migliore che avessi mai raggiunto. Il respiro mi uscì rapido, sbuffando, per lo sforzo.
Lo scudo fuoriuscì da me in una bolla di energia pura, un fungo atomico di acciaio liquido, silenzioso e gonfio. Pulsava come una creatura vivente: lo sentivo alla perfezione, dalla sommità fino ai bordi.
Il tessuto elastico non subì alcun contraccolpo: in quell'istante di forza cruda capii che il rinculo che vi era stato in altre occasioni era colpa mia, che mi ero aggrappata a quella parte invisibile di me per autodifesa, rifiutando di lasciarla libera nel mio inconscio. In quel momento la sprigionai tutta e lo scudo esplose a una cinquantina di metri da me con un piccolo sforzo, prendendosi solo una minima parte della mia capacità di concentrazione. Lo sentivo flettersi, un muscolo come tanti che obbediva alla mia volontà, e mi sentii forte. Lo spinsi e gli diedi la forma di un lungo ovale appuntito, inglobando i miei alleati sotto la sua pellicola protettiva. Non era solo un metodo di difesa, ma c'era qualcos'altro: era insieme un muscolo ed un senso del tutto nuovo, con cui percepivo la diversità delle persone che entravano sotto il mio scudo come avrei potuto assaggiare sapori diversi. Avrei potuto imparare a riconoscerli se li avessi assaggiati uno ad uno, ma la portata del mio scudo faceva si che divenissero un cicaleccio di aure indistinto, confuso, corposo. Improvvisamente tutto quello che si trovava sotto lo scudo di ferro flessibile era diventato parte di me: sentivo la forza vitale di tutto ciò che copriva sotto forma di punti di calore luminoso, scintille di luce abbagliante che mi circondavano.
Mi sembrava che le più forti fossero quelle dei licantropi, come nella vita reale erano i più grandi e i più caldi. Non sapevo in base a cosa variasse la mia percezione di quelle lucine e cosa davvero rappresentassero, ma mano a mano che il bordo argenteo del mio scudo divorava metri velocemente e copriva in fretta i lupi, mi accorsi con stupore che nel momento in cui avvolse Sam e Ayita sotto la copertura, tutte le scintille dei lupi brillavano anche mentre erano fuori dalla portata di quel mio nuovo senso, fuori dalla cupola.
A quanto pareva, la loro mente era molto più interconnessa di quanto immaginassi. Se l'alfa era all'interno del mio scudo, la mente di tutti gli altri era altrettanto protetta.
Era passato si e no un secondo. Tutto era cambiato, ma nessuno si era accorto dell'esplosione, a parte me. Dalle labbra mi uscì una breve risata, intervallato da piccoli accessi di risa silenziosi. Nonostante questo, non sentivo la mia rabbia svanire.
Ma era controllata, infusa nel mio sforzo, un motore bruciante che rafforzava il mio autocontrollo e mi faceva sentire ebbra e viva.
Vidi gli altri che mi fissavano e gli occhi scuri di Jake e Seth che mi guardavano, il primo come se fossi impazzita, l'altro con preoccupazione.
Mi fece venire voglia di ridere ancora.
«Voglio parlare con l'informatrice» Annunciò Caius all'improvviso, rivolgendo lo sguardo verso Rosalie.
Rosalie non stava prestando attenzione alla conversazione fra Caius e Aro: aveva il viso contratto per la sofferenza, gli occhi fissi sulla sua famiglia, allineata e pronta a morire. Le si leggeva in faccia il rimpianto totale per aver mosso l'accusa.
Mi distrasse un'improvvisa pressione che picchiettava contro l'esterno del mio scudo. Non capivo da dove venisse, ma sembrava diretta verso gli estremi del nostro gruppo, in particolare Siobhan e Liam. La pressione non creò danni e poi sparì.
Non c'era stato alcun segno delle mani sfarfallanti di Aro oppure un cenno marziale di Caius. Se Marcus si era mosso dall'inizio del confronto, mi era sfuggito.
«Rosalie» abbaiò Caius, infastidito dal fatto di doverne richiamare l'attenzione.
Lei alzò lo sguardo, scossa e istantaneamente impaurita.
«Chelsea sta cercando di rompere i nostri legami» Sussurrò Edward, osservando con attenzione e quella che mi parve genuina preoccupazione la sorella «Ma non riesce a trovarli. Non ci sente...». Spostò lo sguardo su di me, incredulo. «Sei tu con il tuo scudo?».
Gli sorrisi risoluta, sicura di sembrare un po' insana: «Sto dominando tutta la situazione». Edward si sporse improvvisamente verso Carlisle. Al tempo stesso, accusai una stoccata più forte contro lo scudo, nel punto in cui avvolgeva protettivo la luce di Carlisle. Non fu dolorosa, ma nemmeno piacevole. Mi ricordava l'elettricità frizzante di quegli aggeggini per scherzi che davano la scossa, che durava solo pochi secondi alla volta.
«Carlisle? Tutto bene?» Gli chiese Edward angosciato
«Si. Perché?»
«Jane» Rispose Edward.
Caius schioccò le dita. Esitante, Rosalie si spostò dalle frange esterne della nostra formazione per trovarsi di nuovo in piedi davanti a Caius.
Riusciva a mantenere una certa grazia anche nella sua angoscia, tormentandosi le mani che giungeva rispettosamente di fronte a sé, come se fosse stata pronta a fare un inchino da un momento all'altro.
Nel momento stesso in cui Edward pronunciò il suo nome, Jane lanciò una dozzina di attacchi acuminati nel giro di un secondo martellando la superficie elastica dello scudo, diretti verso dodici punti luminosi diversi. Appena mi resi conto che la prima scarica era finita, allentai la presa in fretta per verificare che lo scudo non avesse subito danni. A quanto pareva, Jane non era stata in grado di perforarlo. Mi guardai intorno rapida; stavano tutti bene.
«E così, a quanto pare, le tue accuse erano alquanto infondate»> Esordì Caius.
Tanya, Kate e Carisle si sporsero in avanti, ansiosi.
Edward riservò un'occhiata apprensiva alla sorella, ma i pensieri del corpo di guardia sembrarono catturare immediatamente la sua attenzione, e il suo sguardo ambrato si affilò nuovamente. «Incredibile» Disse.
«Ma perché non aspettano un verdetto?» Sibilò Tanya «Stanno ancora interrogando l'informatrice, perché ci attaccano ora?»
«È la loro procedura normale» rispose brusco Edward «Di solito rendono inoffensive le persone sotto processo, in modo che non possano fuggire».
«Mi dispiace» Disse Rosalie. C'era un'esitazione nella sua voce femminile e nitida, simile all'inflessione di una persona che sussurri, ma parlava a volume abbastanza alto perché persino io riuscissi a sentirla con chiarezza «Avrei dovuto verificare meglio ciò che vedevo. Ma in quel momento io ero...». Fece un gesto debole nella nostra direzione, ma sembrò perdere la forza mentale per completare la frase.
Guardai dalla parte di Jane, che fissava il nostro gruppo furiosa ed incredula. Ero piuttosto sicura che, a parte me, non avesse mai visto nessuno restare in piedi dopo un suo attacco feroce.
Probabilmente il mio non fu un gesto molto maturo. Ma immaginai che Aro ci avrebbe messo un secondo a fare il collegamento appena si sarebbe reso conto di ciò che era successo, e avrebbe capito che il mio scudo era molto più potente di quanto Edward stesso avesse pensato pochi secondi prima: avevo già un bersaglio gigantesco disegnato sulla fronte per il mio essere umana, e non c'era più motivo per cercare di mantenere segreto quello che ero capace di fare. Quindi scoccai un sorriso compiaciuto in direzione di Jane (più un ghigno, pensai, rendendomi conto distrattamente di stare mostrando troppi denti).
Lei strinse gli occhi e sentii un'altra fitta di pressione, questa volta diretta in particolare a me.
Quando non ebbe effetto, Jane si fece sfuggire un grido acuto misto ad un ringhio. Tutti sussultarono, persino il disciplinato corpo di guardia. Ma non gli anziani: Caius sembrava del tutto disinteressato alla rabbia della loro accolita, mentre Rosalie si era ingobbita istintivamente, quasi preparandosi a combattere. Alec trattenne la gemella per il braccio mentre si accucciava, pronta a balzare.
I rumeni cominciarono a sghignazzare maligni, pregustando quello che sarebbe successo.
«Te l'ho detto che questa era il nostro momento» Disse Vladimir a Stefan
«Guarda un po' che faccia fa quella strega» ridacchiò Stefan.
Alec confortò la sorella con una pacca sulla spalla, poi la prese sottobraccio, mentre Caius attirava nuovamente l'attenzione di Rosalie schioccando le dita irritato. Alec si girò verso di noi, imperturbato, con aria angelica.
Mi aspettavo una pressione, un qualche segno del suo attacco, ma non avvertii nulla. Continuava a fissare nella nostra direzione, con il bel viso inalterato. Ci stava attaccando? Stava perforando il mio scudo senza che neppure me ne accorgessi?
La reazione esagerata della “gemella stregata” non fermò il processo, mentre Aro interveniva schierandosi ancora una volta contro il fratello, sempre con quel suo tono bonario e allegro. «Caro Caius, come credi che potesse comprendere una situazione così strana? Noi possiamo certamente vantare più esperienza, ma sul momento avremmo tratto le stesse conclusioni. Credo che abbia comunque compiuto il suo dovere nell'avvisarci».
Caius schioccò le dita in direzione di Aro per zittirlo, brusco.
Era così: Aro sfarfallava le mani e Caius schioccava le dita. Mi chiesi se Marcus avesse avuto anche lui qualche gesto-simbolo prima di cadere in stato catatonico. Magari faceva un balletto o qualcosa del genere.
«Sappiamo tutti che hai fatto un errore» Disse imperterrito l'anziano «Intendevo parlare delle tue motivazioni».
Rosalie aspettò nervosa che continuasse, ma, quando fu chiaro che non lo avrebbe fatto, ripeté: «Le mie motivazioni?»
«Si, anzitutto cosa ti ha spinto ad agire all'insaputa del resto della tua famiglia».
Rosalie sussultò sentendo le parole “all'insaputa”.
«Eri in contrasto con i tuoi familiari?».
Lei guardò Carlisle con occhi disperati. «No. Amavo e amo ancora la mia famiglia, ma sapevo che avrebbero cercato di fermarmi, non mi avrebbero capita»
«Perché?» la incalzò Caius
«Perché credevo che i licantropi avessero ucciso il mio compagno» sussurrò «E i Cullen, la mia famiglia, non si sarebbero fatti da parte per lasciarmelo vendicare»
«I mutaforma, si chiamano» la corresse Aro con gentilezza
«Quindi i Cullen si sono alleati con i mutaforma contro quelli della nostra razza, persino contro il compagno di una dei loro stessi membri, cioè, contro un altro dei loro stessi membri» sintetizzò Caius.
Sentii Edward che emetteva un suono nauseato sottovoce, e per una volta fui d'accordo con lui. Quell'accusa traballava peggio di un elefante su una fune. Caius stava spuntando una voce della sua lunga lista di scuse che traballavano come elefanti su una fune, cercando un'accusa che resistesse.
Rosalie irrigidì le spalle. «Io la vedo così».
In quel momento, Edward sibilò e sussurrò verso di me, in tono stranamente asciutto:
«Il suo dono è più lento di quello di Jane. Avanza strisciando. Ci raggiungerà fra qualche secondo». Capii immediatamente quello a cui si riferiva. Alec.
Fu allora che la vidi, quando seppi cosa dovevo cercare.
Sopra la neve fluiva lentamente una strana foschia limpida, quasi invisibile sullo sfondo bianco, dalla qualità sottile come filamenti densi, tentacoli sottili. Mi ricordava un miraggio: una lieve distorsione della vista, un barlume. Volevo allargare lo scudo oltre Carlisle e il resto della nostra prima linea, perché temevo la vicinanza di quella foschia furtiva nel momento in cui avrebbe avviluppati. Scoprii con una fitta gelida di non riuscire ad allargarlo più di così senza che i suoi bordi iniziassero a vacillare e tremare, esattamente come un muscolo inizia a tremare e a rispondere male quando contorto in una posizione innaturale. Ero al mio limite, non potevo fare più di così.
Un brontolio basso attraversò il terreno sotto i nostri piedi e una folata di vento soffiò via la neve in turbini improvvisi nello spazio fra la nostra postazione e quella dei Volturi. Benjamin aveva visto la minaccia strisciante e stava cercando di dirottare la foschia lontano da noi, con sferzate di vento che sollevavano la neve in turbini imprecisi, che rendevano facile capire da dove quello stesso vento provenisse.
Il potere di Alec allora poteva essere percepito anche dagli altri, al contrario di quello di Jane. Tuttavia la nebbia non reagiva in nessun modo alle interferenze frenetiche di Benjamin, come se non fossero sullo stesso piano fisico, o la nebbia fosse solo stata un'illusione ottica.
La formazione dei due anziani che fronteggiavano Rosalie e il loro colloquio fu spezzato quando, con un atroce cigolio, in mezzo alla radura si aprì una faglia profonda e stretta, una lunga linea a zigzag. Per un attimo la terra mi tremò sotto i piedi. Le folate di neve precipitarono nel buco avvitandosi, ma la foschia riuscì a passarci sopra, immune alla gravità come lo era al vento.
Aro e Caius spalancarono gli occhi nel vedere la terra che si apriva. Marcus, invece, ancora non tradiva alcuna emozione.
Tacquero, in evidente attesa che la foschia ci raggiungesse. Il vento sibilava più forte, ma non cambiava il percorso della nebbia. Ora Jane sorrideva di nuovo.
Poi la foschia si raggrumò intorno ad un confine invisibile a mezz'aria, turbinando dolcemente come un'onda marina pronta a ritirarsi nuovamente nell'oceano.
Ne sentii il sapore appena toccò il mio scudo: aveva un gusto denso, dolce, stucchevole. Mi ricordava vagamente la novocaina quando mi desensibilizzava la lingua.
La foschia si arricciò verso l'alto, cercando una falla, un punto debole. Non ne trovò.
Le dita della nebbia perlustrarono in alto e intorno a sé, cercando un modo per entrare, alzandosi sempre di più come un muro che bloccava il riverbero della neve e bloccava parzialmente la luce dal colpirci. Il muso di Jacob si voltò a fissarmi stupito, mutando velocemente colore man a mano che il potere di Alec si innalzava sul mio scudo, come se le nuvole avessero coperto il sole.
La nebbia generata da Alec comunque non era abbastanza densa da impedirci del tutto la visuale, ed aveva un'estensione limitata. Si fermò, aderendo ai bordi del mio scudo come in un ultimo disperato tentativo di penetrarlo, e nel farlo evidenziò le proporzioni incredibili di quello schermo protettivo.
Da entrambi i lati dello squarcio creato da Benjamin la gente rimase a bocca aperta.
«Bel colpo, Belarda!» Esultò Benjamin a voce bassa.
Mi ritornò il sorriso.
Vedevo gli occhi socchiusi di Alec, il dubbio dipinto per la prima volta su quei lineamenti, mentre la sua foschia mulinava innocua intorno ai bordi del mio scudo.
E fu allora che capii che ce la potevo fare. Ovvio, sarei diventata l'obiettivo numero uno, la prima a dover morire, ma finché resistevo eravamo in gara contro i Volturi. Noi avevamo ancora Benjamin e Zafrina, mentre finché io reggevo avevo reso i loro gemelli stregati praticamente inutili.
Un'altra delle strategie sceme dei Volturi che potevano andare a farsi benedire.
Caius aspettò di nuovo, calcolando la situazione, lambiccandosi un po' il cervello, ed infine imbeccando Rosalie che era ancora in attesa: «Se volessi fare un reclamo formale contro i mutaforma, o contro i Cullen per averli sostenuti, questo sarebbe il momento opportuno». Fece un sorrisino crudele, in attesa che Rosalie gli fornisse la sua prossima scusa.
Potevo odiare a morte i Cullen quanto mi pareva e piaceva, ma era innegabile che quello tra loro fosse un legame forte e protettivo degno di quello di una vera famiglia. Anche una famiglia di pazzi con capelli di dubbio gusto rimaneva pur sempre tale.
Caius stava sottovalutando questo legame, o forse non riusciva proprio a capire le vere famiglie, i rapporti basati sull'amore e non sull'amore per il potere. Forse aveva sopravvalutato la forza trascinante della vendetta.
Rosalie alzò di scatto la mascella richiudendo la bocca con un netto clac dei denti gli uni contro gli altri, e raddrizzò le spalle.
«No, non ho reclami da fare contro i lupi né contro i Cullen. Oggi voi siete venuti per distruggere un orso vampiro. Ma non esiste più nessun orso vampiro, né il suo creatore. Siete venuti a distruggere Figli della Luna, ma qui non vi sono Figli della Luna. È stato un mio errore e me ne assumo completamente la responsabilità. Ma la mia famiglia è innocente e non avete più motivi validi per la vostra presenza qui».
Me ne sentii toccata. Rosalie – che se ne rendesse conto o meno, ma credevo che fosse di proposito – con quell'ultima frase aveva cercato di proteggermi. Io ero un'infrazione alla legge bella e buona, anche se non degna dell'intero corpo di guardia, mogli, animali domestici e cugini dall'Australia perduti da tempo dei Volturi.
In effetti, mi chiedevo perché stessero ignorando un argomento così valido come la mia presenza in favore di tutte quelle altre stupidaggini.
Rosalie sorrise verso di noi, i capelli di un biondo splendente, che sembravano un'aureola attorno al bel volto pallidissimo.
Mentre lei parlava Caius alzò la mano. La lunga manica scura dell'anziano e la lontananza non mi avevano consentito di accorgermene, ma reggeva uno strano oggetto di metallo, inciso e decorato, simile ad una specie di piccolo bastone tozzo con un'estremità tondeggiante.
Era un segnale. La reazione fu talmente veloce che non ebbi tempo di elaborare cosa provassi in merito; finì prima ancora che ci fosse il tempo di reagire.
La figura fuori dalla formazione cacciò un urlo di rabbia e paura e si scagliò contro Caius, ma come se fosse rimbalzata su un cuscinetto d'aria si allontanò improvvisamente, tornando indietro e venendo abbrancata da due soldati dei Volturi ai suoi fianchi. Tre soldati dei Volturi fecero un balzo in avanti e Rosalie fu completamente oscurata dai loro mantelli grigi. Nello stesso istante, dalla radura si levò un orribile stridore metallico. Caius entrò strisciando al centro della mischia grigia, e quel grido stridulo e sconvolgente esplose subito in un sorprendente geyser di scintille e lingue di fuoco, mischiandosi alle urla della figura incappucciata che si dibatteva.
I soldati arretrarono con un balzo da quell'inferno improvviso, riprendendo subito i propri posti nella linea perfettamente retta del corpo di guardia.
Caius restò solo a fianco dei resti ardenti di Rosalie e l'oggetto di metallo che teneva in mano emanava ancora una densa fiammata in direzione della pira.
Con un lieve scatto, il getto di fuoco che usciva dalla mano di Caius sparì. Dalla massa di testimoni dietro ai Volturi si levò un rantolo.
Noi eravamo troppo sbigottiti per fare alcun rumore. Vedere la cenere scura sparsa sul freddo della neve, che si stava sciogliendo e annacquando, mischiando con quella stessa cenere, e conciliarlo con la nostra alleata era davvero, davvero difficile.
In quell'attimo capii che Caius non aveva mai sottovalutato il legame di una vera famiglia. Era questo lo stratagemma, non altri. Non voleva il reclamo di Rosalie: voleva la sua sfida. Una scusa per distruggerla, per scatenare la violenza che riempiva l'aria come una foschia spessa e combustibile.
Lui aveva gettato il fiammifero.
Caius sorrise, freddo. «Finalmente si è assunta tutta la responsabilità delle sue azioni».
Il suo sguardo balenò sulle nostre linee, soffermandosi rapidamente sulle sagome immobili di Carlisle ed Esme.
«Fermatela!» Gridò Edward, precipitandosi ad afferrare per un braccio la sua madre adottiva, mentre lei saltava verso Caius con un folle grido di rabbia cruda. Non riuscì a scrollarsi di dosso Edward solo perché Carlisle le aveva stretto le braccia intorno alla vita.
«È troppo tardi per aiutarla, mamma» Rifletté pressante mentre lei si dibatteva «Non dargli quello che vuole!».
Esme si fermò, annuendo, con il volto distrutto, le braccia che si stringevano l'una all'altra, respirando pesantemente anche se era chiaro che non aveva bisogno di ossigenarsi. Vecchi strascichi di abitudine da una vita passata. Carlisle la lasciò andare immediatamente, ma Edward gridò «NO!».
Quella di Esme era una finta. Si lanciò nel primo passo dell'attacco che sarebbe potuto finire con la morte di tutti. Garrett le si avventò addosso, atterrandola, la strinse con le braccia, serrando le mani intorno ai suoi polsi. Esme lo morse. Non avevo mai immaginato che tanta furia potesse esistere in un corpo così piccolo, dietro un faccino così dolce. Vidi Garrett percorso da spasmi di dolore mentre lei si ribellava contro di lui, che era stato preso di sorpresa e aveva allentato la presa. Esme era sul punto di ricominciare la sua corsa.
«Zafrina!» Gridò Edward.
Lo sguardo di Esme si fece vacuo e le sue grida belluine si trasformarono in gemiti, poi smise di fare resistenza
«Ridammi la mia vista» sibilò.
Disperatamente, ma con tutta la delicatezza di cui ero capace, resi lo scudo ancora più attillato attorno alle scintille dei miei amici. Garrett riprese il controllo, tenendo ferma Esme sulla neve.
«Se ti lascio alzare, mi atterri di nuovo, Esme?» Le sussurrò.
Per tutta risposta lei ringhiò, dibattendosi ancora come una forsennata.
«Ascoltami, ascoltami Esme» Disse Carlisle, in un sussurro colmo di rabbia e di tristezza «Al momento, vendicare nostra figlia non serve a niente. Rosalie non vorrebbe vederci sprecare così la nostra vita. Pensa a quello che stiamo facendo! Se li assali, moriremo tutti».
Esme, le spalle incurvate per il dolore, si appoggiò a Carlisle e lui e Garrett continuarono a cercare di consolarla con parole troppo pressanti per sembrare di conforto.
Tornai a rivolgere l'attenzione agli sguardi fissi che calavano pesanti sul nostro momenti di confusione. Con la coda dell'occhio vedevo che Edward e tutti gli altri, esclusi Carlisle e Garrett, avevano assunto di nuovo la posizione di guardia.
Lo sguardo più truce di tutti arrivava da Caius, che fissava incredulo Esme e Garrett a terra sulla neve. Anche Aro li guardava e sul viso gli si leggeva un'espressione incredula.
Il corpo di guardia dei Volturi non era più sull'attenti: erano accucciati, pronti a lanciare il contrattacco non appena avessimo agito.
Dietro di loro, quarantatré testimoni assistevano con espressioni molto diverse da quelle che avevano quando erano entrati nella radura. La confusione si era trasformata in sospetto. L'uccisione di Rosalie, veloce come la luce, li aveva scossi. Che male aveva fatto?
Senza la reazione immediata su cui Caius aveva contato per distogliere l'attenzione dal suo gesto sconsiderato, i testimoni dei Volturi si ritrovavano a chiedersi cosa stesse succedendo. Aro guardò di sfuggita alle sue spalle mentre lo osservavo e il suo volto tradì un barlume di contrarietà. Il suo bisogno di pubblico si era ritorto contro di lui.
Sentii Stefan e Vladimir mormorare esultanti per il disagio di Aro. Lui, ovviamente, era preoccupato di mantenere la sua patina di correttezza, come avevano detto i rumeni, ma non credevo che i Volturi ci avrebbero lasciati in pace solo per salvarsi la reputazione.
E all'improvviso udii gridare una voce conosciuta, chiara e cristallina, sovrastando qualunque altro rumore nella piana. La voce di qualcuno che non avrebbe dovuto trovarsi lì.
Alice. Alice era stata lì fin dall'inizio dell'attacco: era la piccola figura incappucciata che si aggirava fuori dalla formazione, quella specie di piccolo pariah che non conoscevo.
Ricordai improvvisamente che Edward era apparso confuso quando i Volturi erano arrivati, come se sentisse nella testa voci che non avrebbero dovuto esserci, come se fosse diventato più pazzo di quel che era. Ecco perché! Sentiva la voce di Alice, ma non riusciva a capire da dove veniva... o forse, semplicemente, si rifiutava di crederlo.
Alice urlò, con ira
«ARO! Avevi detto che la mia famiglia sarebbe sopravvissuta tutta! AVEVI DETTO CHE LI AVRESTI RISPARMIATI!».
«Alice» Sussurrò Esme, sconvolta.
Carlisle alzò la testa come se gli avessero dato la scossa elettrica
«ALICE?!» urlò, allargando le braccia «Alice!».
Ma la sua figliola adottiva lo ignorò completamente.
«Mi avevi detto, Aro, mi avevi detto che non avresti ucciso nessun Cullen se avessi fatto in modo di riunire tutti i migliori vampiri qui per te! Io l'ho fatto! E tu hai ucciso mia sorella, bastardo!»
«Pace, Alice!» Aro alzò una mano «Io ho mantenuto la promessa. È stato Caius a...».
Alice corse verso di lui, ma ancora una volta non riuscì ad attaccarlo, cambiando direzione all'ultimo momento. Capii immediatamente che era lo scudo di Renata che la respingeva.
Caius schioccò le dita e disse solo «Jane».
Alice ebbe uno spasmo e il cappuccio le cadde all'indietro, rivelando che era davvero lei, poi iniziò ad emettere una sorta di squittio terrificante mentre finiva in ginocchio sulla neve e tremava rannicchiandosi. Jane la stava attaccando senza pietà, torturandola.
«Alice!» Gridò Edward «Perché? Perché? PERCHÉ?!»
«Edward, calmati» gli intimò Carlisle, che però tremava quasi quanto sua figlia nel tentativo di darsi un contegno.
Alice aveva organizzato tutto per permettere ai Volturi di uccidere o incorporare tutti i migliori vampiri del mondo? Alice ci aveva traditi tutti? Non ero sorpresa. Ma quella rivelazione faceva male lo stesso. Quella pazza malvagia si meritava di essere torturata, si meritava le stilettate di atroce dolore che stava provando, ma temevo che quella tortura avrebbe provocato qualcosa di più grande.
E avevo ragione.
Esme prese a piangere forte, le sue grida che facevano eco a quelle più stridule della figlia adottiva. La tortura non accennava a smettere.
Garrett, nel momento in cui avrebbe dovuto stringere più forte Esme, si alzò in piedi lasciandola andare. Alzò il mento con fierezza, gettò lo sguardo sulla massa accalcata in fondo al prato e si rivolse direttamente ai testimoni dei Volturi.
«Sono venuto qui su richiesta di Carlisle, come gli altri, per fare da testimone» Disse, la voce alta e chiara, infervorata «Il che di sicuro non si rende più necessario, visto che nessuna legge è stata infranta, come tutti potete vedere» puntò il dito verso i vampiri diffidenti «Conosco almeno due di voi, Makenna e Charles, e vedo che molti altri sono girovaghi, vagabondi come me. Che non rispondono a nessun padrone».
Alice smise di urlare, ma solo perché non aveva più aria nei polmoni, e giacque sulla neve, rannicchiata con le mani fra i capelli e i muscoli contratti allo spasimo. La sua faccia era il ritratto del dolore.
«Riflettete attentamente su quello che vi dico ora!» Gridò ancora Garrett «Questi anziani non sono venuti qui in cerca di giustizia come vi hanno detto. Noi l'avevamo già sospettato e ora ce ne danno la prova. Sono arrivati qui fuorviati, eppure con una scusa valida per l'azione che avevano in programma. Ora siate testimoni che cercano scuse deboli per proseguire con la loro vera missione. Siate testimoni del fatto che si sforzano di trovare una giustificazione per il loro vero scopo: distruggere questa famiglia» con un cenno indicò Carlisle ed Esme «I Volturi sono venuti a eliminare quelli che percepiscono come rivali. Forse anche voi, come me, guardate gli occhi dorati dei membri di questo clan e ne restate stupiti. È vero, è difficile capirli. Ma gli anziani guardano e vedono qualcosa al di là della loro strana scelta. Vedono il potere».
E io vedevo il potere nel discorso di Garrett, che si stava trasformando in un crescendo, sottolineato dal pianto disperato di una madre. Se all'improvviso tutti i testimoni fossero stati dalla nostra parte, c'erano buone probabilità che i Volturi ci avrebbero davvero lasciati in pace e se ne sarebbero tornati in chissà quale buco sudicio e insanguinato da cui provenivano.
«Con i miei occhi sono stato testimone dei legami che corrono fra i membri di questa famiglia: e dico famiglia, non congrega. Questi strani vampiri dagli occhi dorati rinnegano la loro stessa natura. Ma in cambio hanno forse trovato qualcosa che vale più della semplice gratificazione del desiderio? Nel tempo passato qui, li ho studiati un pochino e mi sembra che la qualità intrinseca di questi intensi legami di famiglia, anzi, ciò che li rende possibili, sia il carattere pacifico di una vita fatta di sacrifici. Qui non ci sono aggressioni come abbiamo osservato tutti nei clan meridionali, cresciuti e diminuiti rapidamente a furia di faide selvagge. Non c'è sete di dominio. E Aro lo sa meglio si me».
Osservai il viso di Aro mentre le parole di Garrett lo accusavano, in preoccupata attesa di una reazione di qualche tipo. Ma Aro aveva un'espressione di gentilezza divertita, come se esercitasse la pazienza perché il bambino capriccioso si accorgesse che nessuno prestava attenzione alla sua scenata. In effetti mi preoccupava... perché lo lasciava parlare così liberamente? Aro era in una posizione di potere, donatagli dalla sua natura “nobile” e dalla presenza del suo corpo di guardia, per non parlare dell'ostaggio (Alice) che avevano e che stavano torturando, perciò se avesse voluto avrebbe potuto far stare zitto Garrett. Forse non lo riteneva una minaccia e questo mi preoccupava non poco.
«Carlisle ha garantito a noi tutti, quando ci ha detto cosa ci aspettava, che non ci aveva chiamati qui per combattere. Questi testimoni» Garrett indicò Siobhan e Liam «Hanno accettato di fornire le prove, di rallentare l'avanzata dei Volturi con la loro presenza, così che Carlisle potesse avere modo di perorare la sua causa. Ma alcuni di noi si sono chiesti» e qui scoccò un'occhiata al viso di Eleazar «Se il fatto che Carlisle avesse la verità dalla sua potesse bastare a fermare la cosiddetta giustizia. I Volturi sono qui per proteggere la sicurezza del nostri segreto, o per proteggere il loro potere? Sono venuti a distruggere una creazione illecita, o uno stile di vita? Non potrebbero accontentarsi del fatto che il pericolo si è rivelato un semplice malinteso? Oppure procederanno anche senza la scusa di fare giustizia? Abbiamo già le risposte a tutte queste domande. L'abbiamo sentite nelle parole mendaci di Aro, poiché una dei nostri ha il dono di sapere per certo chi mente, e ormai le vediamo nel sorriso impaziente di Caius. Il loro corpo di guardia è soltanto un'arma priva di intelligenza, uno strumento della sete di dominio assoluto dei loro padroni. Ora, dunque, ci sono altre domande cui voi dovete assolutamente rispondere. Chi vi comanda, nomadi? Rispondete alla volontà di qualcun altro, oltre alla vostra? Siete liberi di scegliere la vostra strada, o saranno i Volturi a decidere delle vostre vite? Io sono venuto per testimoniare. Ora rimango per combattere. Ai Volturi non importa niente che muoiano i mutaforma, o quella bambina umana» mi indicò e io mi impettii fiera, anche se mi aveva definito “bambina” «Vogliono che muoia il nostro libero arbitrio».
Guardò di nuovo verso i testimoni dei Volturi, scrutando ogni viso a fondo. Fui sollevata di vedere che il potere delle sue parole era evidente nelle loro espressioni. «Potreste pensare di unirvi a noi. Se credete che i Volturi vi lasceranno restare vivi a raccontare ciò che è successo qui, vi sbagliate. Potremmo essere tutti annientati» disse alzando le spalle «Oppure no. Forse le nostre forze sono meno impari di quanto credono. Forse i Volturi finalmente hanno trovato qualcuno in grado di tener loro testa. In ogni caso, vi prometto questo: se noi cadremo, sarà lo stesso per voi».
Terminò il suo discorso accalorato facendo un passo indietro per tornare al fianco di Esme, poi saltò di nuovo avanti e si rannicchiò in guardia, pronto al massacro.
Dietro di noi, i lupi ringhiarono tutti insieme e la piana si riempì di quel ruggito che sapeva di gloria.
Aro sorrise e non so proprio come fece, perché se fossi stata in lui me la sarei fatta addosso dalla paura «Proprio un bel discorso, mio rivoluzionario amico».
Garrett rimase in posizione di attacco.
«Rivoluzionario?» Ruggì «Contro chi mi starei ribellando, se è lecito chiederlo? Sei forse il mio re? Vuoi che ti chiami Signore anch'io, come quei leccapiedi delle tue guardie?»
«Pace, Garrett» disse Aro, tollerante, ma il resto delle sue parole furono inudibili, inghiottite dagli ululati dei lupi.
Il capo dei Volturi continuò a parlare, a gesticolare, ma sono certa che a parte i più vicini a lui nessuno poteva udire le sue parole. I lupi lo stavano sfidando apertamente, adesso, gli stavano mancando di rispetto, ma Aro aveva troppa paura, sotto la recita di tolleranza e superiorità, per contrattaccare.
Quando finalmente, dopo cinque minuti di ululati, calò di nuovo un quasi-silenzio (Esme singhiozzava ancora per Alice, che continuava ad essere torturata e forse sarebbe impazzita), Aro disse:
«Chiediamolo ai nostri testimoni. Ascoltiamo i loro pensieri, prima di prendere una decisione. Dite, amici» ci diede le spalle con naturalezza, avanzando di qualche metro in direzione della massa di osservatori nervosi, che ondeggiava sempre più vicina al limitare della foresta «Cosa ne pensate di tutto ciò? Posso garantire che i lupi non sono ciò che temevamo. Ci assumiamo il rischio di lasciarli sopravvivere? Mettiamo in pericolo il nostro mondo per conservare intatta la loro famiglia? Oppure ha ragione lo schietto Garrett? Vi unirete a loro per contrastare la nostra improvvisa sete di dominio?».
I testimoni incrociarono il sguardo con espressioni caute. Una donna minuta dai capelli neri diede un'occhiata fugace all'uomo biondo scuro che le stava di fianco.
«Queste sono le uniche scelte che abbiamo?» Chiese d'un tratto «Dichiararci d'accordo con te o combattere contro di te?».
I lupi scoppiarono di nuovo in ringhi e ululati di protesta, per sottolineare quella domanda prima che Aro potesse rispondere. Allora presi tutto il coraggio che avevo e avanzai. Non avevo più paura per me, neanche un briciolo, ma adesso avevo anche un'idea.
«Vampiri testimoni!» Gridai e i lupi si zittirono tutti contemporaneamente «Aro dice un mucchio di putride stupidaggini e domande retoriche!».
Sapevo che tutti avevano un udito abbastanza buono da sentirmi. Aro non mi guardò con divertimento: era sbigottito. Come si permetteva una semplice umana a sfidarlo così apertamente?
«E così io direi stupidaggini, mia piccola umana?» Mi domandò, avvicinandosi per quanto glielo permise il suo stesso corpo di guardia «E di quali affermazioni stai parlando?»
«È chiaro» risposi, determinata «Le tue insinuazioni non hanno alcun fondamento. VOI potreste mettere in pericolo l'esistenza dei vampiri e dei lupi Quileute tanto quanto loro, anzi, molto di meno. E sapete perché? Perché i lupi Quileute esistono da molto prima di voi e non si sono certo lasciati scappare il segreto. Perché i lupi Quileute non hanno ancora sterminato i vampiri come invece avrebbero dovuto fare. Perché i lupi Quileute non hanno messo in piedi questa sceneggiata con tutti quei testimoni e il corpo di guardia, una sceneggiata che potrebbe rivelare a un sacco di gente l'esistenza dei vampiri» sospirai «E che in effetti lo sta facendo».
La mia arma segreta. L'arma segreta di cui non avevo parlato a nessuno. L'avevo preparata in questi mesi e avevo evitato persino di pensarci fino a quel momento. Era stato facile escluderla dai miei pensieri: non volevo pensarci, perché era un azzardo, un piano con troppe falle, ma poteva funzionare alla grande.
«Cosa vuoi dire, giovane umana Belarda?» Domandò Aro, fingendosi divertito
«Voglio dire che ti sto riprendendo, pezzo di idiota. E sto riprendendo tutti voi. E sto inviando le immagini a un cloud online, in pratica non potete fermarmi né recuperare i filmati neanche se mi fate fuori. Potrei trasmettere in tempo reale su internet, se volessi».
Avevo rubato i soldi per comprare l'apparecchiatura ai Cullen, tanto stavo un sacco di tempo in casa loro e Edward non poteva leggermi nel pensiero. A dire il vero Carlisle mi aveva beccata (non ero la miglior ladra del mondo e lui aveva i super sensi) ma quando gli avevo detto che avevo bisogni di denaro e che avevo paura di chiederlo perché c'erano troppi vampiri spaventosi in casa (balle, ma poteva funzionare), lui mi aveva dato spontaneamente il triplo della cifra di cui avevo bisogno. Ah, avere amici ricchi da far schifo! E io avevo installato delle telecamere wireless nella radura, attaccate ad alcuni alberi. Era stato un inferno e non avevo potuto dirlo assolutamente a nessuno, neanche a Jacob che avrebbe potuto risparmiarmi un sacco di pena visto che ero negata a installare roba, ma forse avevo fatto la mossa vincente. Mi concessi finalmente di pensarlo. Di dirlo. Di vantarmi. Forse un piccolo gesto umano poteva terrorizzare i vampiri più antichi in circolazione.
«È un bluff» Abbaiò Caius
«No» risposi «Non lo è. Le telecamere sono puntate proprio su di voi. Voi state rivelando, con tutto il vostro assembramento, la presenza dei vampiri al mondo intero. Invece i licantropi non sono neanche in inquadratura» sorrisi «E in ogni caso, anche se ci entrassero, io li farei cancellare in fase di post-produzione prima di pubblicare il filmato online. Solo voi sareste visibili»
«Le tecnologie degli umani hanno fatto passi da gigante» mi fece notare Aro «Nessuno crederà che siamo vampiri veri»
«Lo so» annuii «Ma Cosa ne pensate di tutto ciò? Posso garantire che i Volturi non sono ESATTAMENTE ciò che temevamo. Ci assumiamo il rischio di lasciarli sopravvivere? Mettiamo in pericolo il nostro mondo per conservare intatta la loro famiglia?» scimmiottai il tono di Aro e mi complimentai mentalmente con me stessa perché mi stava anche venendo bene «Non avete niente in mano. O ve ne andate» feci il gesto del tagliagole, lentamente «O perite. In ogni caso non avete ragione e chiamatemi petulante, ma, oh beh, è una gran soddisfazione».
Ormai i testimoni non erano più dalla loro parte, ero sicura che anche Aro lo avesse compreso. Distolse lo sguardo da me (avevo appena insultato, scimmiottato, disprezzato il capo dei Volturi e me la cavavo così? Wow) e tornò dal suo corpo di guardia a passi lunghi e misurati. Si fermò davanti a loro e li arringò con voce limpida.
«Siamo in minoranza, carissimi» Disse «Non possiamo aspettarci nessun aiuto dall'esterno».
Risi, sollevata, e sentii i lupi sbuffare dietro di me. Aro lo aveva pubblicamente ammesso! Tutti se n'erano accorti, finalmente, e non lo si poteva più nascondere.
«Dobbiamo lasciare la questione irrisolta per salvarci la vita?»
«No, Signore» Dissero le guardie, all'unisono
«La protezione del nostro mondo può valere la probabile perdita di alcuni di noi?»
«Si. Non abbiamo paura».
Aro sorrise (com'è che non gli si era spezzata la faccia a furia di sorridere?) e si girò verso i suoi compagni nerovestiti.
«Fratelli» Disse cupo «Ci sono molti fattori da valutare»
«Consultiamoci» disse ansioso Caius
«Consultiamoci» ripeté Marcus, in tono indifferente.
Aro ci voltò di nuovo le spalle, rivolgendosi verso gli anziani. Si presero per mano e formarono un triangolo avvolto di nero. Mi sembrarono sempre più infantili.
Non appena l'attenzione di Aro fu catturata da quel muto consulto, alcuni testimoni si dileguarono in silenzio nella foresta. Per il loro bene sperai che fossero molto veloci.
«L'hai fatto davvero?» Mi domandò Edward, deglutendo
«Si» alzai ancora di più il mento «Ho davvero installato delle telecamere nella radura. Ho davvero sfidato Aro. L'ho davvero messo in difficoltà e, grazie al supporto del discorso di Garrett, ho aperto gli occhi dei suoi testimoni».
Sentimmo una sorta di urlo sollevato, quasi di gioia, ed entrambi ci voltammo a guardare Esme, che aveva smesso di lamentarsi e aveva aperto le braccia. Alice, dall'altro lato del campo, si stava lentamente alzando in piedi: la tortura era finita. Forse avevano capito che, visto che eravamo così tanto in superiorità, li avremmo attaccati alla prima occasione di sfida e continuare a fare del male ad una Cullen poteva essere considerato un gesto abbastanza di sfida in effetti.
Alice si avvicinò a noi, l'espressione vuota.
«È lei» Disse, quando Esme la abbracciò, guardandomi da sopra la spalla di sua madre con quegli occhi vacui «È lei che cambia le sorti delle guerre»
«Lo so» sollevai il pollice in segno di trionfo.
Inaspettatamente, il volto di Alice fu stravolto da un'espressione d'ira
«Ti avevo mandato da Jenks! Ti avevo mandato da lui perché te ne andassi!»
«Cosa?» scossi la testa «Cioè, lo so, ma...»
«E poi sono fuggita. Sono fuggita perché Edward non sapesse che ti avevo mandata via. Pensavo che saresti stata furba, che avresti fatto i documenti falsi, che ti saresti dileguata...»
«Alice, di cosa stai parlando?» le domandò Edward, avvicinandosi a lei e passandole con delicatezza una mano fra i capelli scompigliati da folletto
«Di lei» la voce di Alice era quasi un singhiozzo «Dovete ucciderla. È pericolosa. È pericolosa per tutti i vampiri. Porterà la guerra e la morte... ho provato a mandarla via, le ho lasciato dei messaggi, ma non ha funzionato. Dovete ammazzarla».
Edward mi guardò. Era chiaro nei suoi occhi che non aveva alcuna intenzione di uccidermi e che mi avrebbe anzi protetta.
«Alice, sei sconvolta, tesoro» Mormorò Esme «Hai sofferto tanto, magari...»
«No, mamma!» ringhiò la chiaroveggente «L'ho visto nel futuro. Porterà la guerra. Dovete ucciderla, adesso».
Io non dissi niente, ma rimisi in silenzio tutti i pezzi di quel puzzle al loro posto. Non ero io il problema, non lo ero mai stata. Alice era una traditrice e il suo piano mi si mostrava davanti agli occhi come se lo stessi vedendo illustrato su un poster gigante.
Quindi ecco cosa era successo: dopo la morte di Jasper, Alice era fuggita, perché aveva appena scoperto che i Volturi stavano venendo a prenderci (principalmente per colpa del suo ragazzo morto, che aveva creato così, per svago, un cavolo di orso vampiro che se ce lo avessi avuto sottomano in quel momento glielo avrei tirato in questa). Durante il viaggio aveva probabilmente scoperto in qualche modo che io e Undertaker eravamo i responsabili della morte del suo amato Jasper, così era passata dalla parte dei Volturi per vendicarsi di noi. Con la scusa di fare da “testimoni” ai Cullen, Alice aveva viaggiato per mandarci tutti i vampiri, per radunare i migliori talenti ancora liberi del mondo, avendo promesso ai Volturi di consegnarglieli tutti per ucciderli a loro piacimento oppure reclutarli nella guardia. I Volturi ovviamente desideravano che i “talentuosi” fossero tutti in un solo punto perché sapevano che, se fosse sembrato che si stesse organizzando una rivolta, di certo sarebbero stati coinvolti anche i vampiri rumeni che i Volturi volevano distruggere una volta per tutte.
Alice avevo però visto (possa essere maledetta la sua chiaroveggenza!) che il mio contributo alla guerra avrebbe cambiato il corso degli eventi e consegnato la vittoria a Quileute e Cullen. Lei però non poteva farmi fuori direttamente poiché ero ben protetta (c'era anche Taker in giro a quel tempo e non credo che Alice avrebbe avuto molte possibilità contro di lui, specie perché stava allenando un branco di lupi mutanti che hanno fatto fuori un orso vampiro). Allora mi aveva dato possibilità di fuggire con l'espediente dell'avvocato J. Jenks, senza sapere che sarei invece (per fortuna) rimasta a combattere a fianco dei miei amici, cambiando tutte le sorti della battaglia.
«Traditrice» Sibilai «Hai venduto i lupi e tutti i vampiri ai Volturi». Se il mio scudo magico avesse potuto soffocare, la avrei avvolta come mia madre avvolgeva i vecchi cappotti nel cellophane: molto, molto stretta.
«È questo che mi tenevi nascosto?» Sussurrò Edward, rivolto ad Alice. Sul suo viso si dipinse una dolorosa smorfia di comprensione, forse la stessa che era apparsa sul mio volto quando avevo collegato tutti gli indizi forniti da sua sorella.
Jacob ringhiava piano, un suono stridulo e basso, ma regolare e ininterrotto come se stesse facendo le fusa. Aveva il pelo del collo ritti e i denti scoperti. Vicinissimo a me, Seth era incredulo e non riusciva neppure ad essere arrabbiato.
Alice afferrò una mano di Edward
«L'ho fatto per noi, fratello» disse «Per proteggere la nostra famiglia».
Esme respirava a fatica. Mi passò davanti, sfiorandomi il viso con una carezza, per poi andare a mettersi a fianco di Carlisle e stringergli la mano.
In lontananza, sembrava che qualcosa stesse succedendo, che i Volturi si stessero muovendo. Il loro piccolo concilio stava per finire.
Di colpo fummo circondati di mormorii di addio e dichiarazioni di affetto.
«Se sopravviviamo a tutto questo» Sussurrò Garrett a Kate «Ti seguirò ovunque, donna»
«Adesso si è deciso a dirmelo» borbottò lei.
Tia accarezzò Benjamin sul viso. Lui ricambiò il sorriso, sereno, trattenendo la sua mano contro la guancia.
Non vidi tutte le espressioni di amore e di dolore. Mi distrasse un'improvvisa pressione che picchiettava contro l'esterno del mio scudo. Non capivo da dove venisse, ma sembrava diretta verso gli estremi del nostro gruppo, in particolare Siobhan e Liam, nuovamente. E nuovamente, la pressione non creò danni, limitandosi a sbatacchiare contro lo scudo e poi sparire.
Non ci fu nessun altro mutamento nelle forme silenziose e immobili degli anziani a consiglio. Ma forse qualche segnale mi era sfuggito.
«State pronti» Sussurrai agli altri «Si comincia. E per l'amor del cielo, tenetemi lontana Alice».




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