I cardini delle porte, le assi di legno, scricchiolavano leggermente, come cuoio, sotto la sferza ululante del vento.
Poi il lampo squarciò il cielo, rendendolo bianco per un solo, terrificante istante, e le nubi aprirono le loro pance scure e vorticanti. Ogni canto divenne grido mentre tonnellate di acqua densa e fredda si sfracellavano al suolo, trasformando l'orchestra in un coro selvaggio di furia battente.
La notte in cui il bambino nacque fu una notte di tempesta.
I muri della casa, fragili, tremavano sotto la potenza dell'acqua.
La luce delle candele di sego lanciava ombre tremolanti sulle pareti, disegnando le forme danzanti degli utensili appesi. Al centro dell'unica cameretta da letto c'era una branda sulla quale giaceva distesa una donna. Inginocchiato fra le sue gambe c'era un uomo il quale stava estraendo da lei una creaturina che si contorceva debolmente.
Il bambino era paonazzo in volto, deliziosamente paffuto, bagnato e rosso. Piangeva a pieni polmoni, alla ricerca di aria. Quando suo padre lo prese in braccio e si alzò, avvolgendolo in un panno bruno, socchiuse gli occhi e cercò di trattenere un grido di gioia. Un maschio, il suo primo figlio era un maschio!
«Roisin, tesoro … tesoro! Nostro figlio … è un maschio, tesoro!».
La madre alzò la testa dal cuscino, ansimando, e una ciocca di capelli gli sfuggì dall'acconciatura e le finì sul volto madido di sudore. Era una donna robusta, con belle mani grandi e rosee, gli occhi verdi come due smeraldi, felini.
«Un maschio, Kieran?» Chiese, con la voce arrochita
«Si, un maschio» l'uomo si sedette accanto a lei, sul bordo del letto, e le porse il bambino «Un bellissimo, piccolo maschietto»
«Oh … » Roisin strinse fra le braccia il bambino, come se fosse un piccolo tesoro «Non ho mai visto qualcosa di più bello in tutta la mia vita».
Il bambino chiuse la bocca dopo aver ripreso fiato e mosse i piccoli pugni arrossati nell'aria. Il padre si lasciò sfuggire un ampio sorriso da sotto la barba bruna
«Guardalo! Un piccolo guerriero!»
«Un dolce, piccolo guerriero».
La madre si strinse al petto il bambino: in quel momento non c'era niente di più importante di quella minuscola e fragile creatura, niente in tutto il mondo che valesse quella vita. Poco importava che fosse nato in una casupola cadente, che la sua famiglia fosse povera e che il suo destino sarebbe stato quello di coltivare la terra fino alla morte o badare alle pecore e ai buoi, spaccarsi la schiena e farsi venire i calli alle mani. I suoi genitori sapevano che non sarebbe stato un re, che non sarebbe stato un guerriero o un grande maestro, ma avevano deciso per lui che sarebbe vissuto e che un giorno sarebbe diventato come suo padre, un uomo grande, onesto e forte, un uomo dignitoso e buono.
«Come si chiamerà?» Chiese Roisin
«Guarda, ha i tuoi occhi» mormorò Kieran, con voce bassa e tremante «E i tuoi bellissimi capelli. Ti somiglia molto»
«Che ne pensi di Rory?»
«Rory?»
«Il re rosso. Rory».
Kieran rimase in silenzio per qualche istante, contemplando il neonato. Si, sembrava proprio un piccolo Rory, con quel ciuffetto rosso e la faccina tonda e arrabbiata, anche se non sarebbe mai stato un re.
«Allora?» Volle sapere Roisin
«Rory» Kieran annuì «Rory Tad. Suona bene».
Qualcuno bussò alla porta, producendo un tonfo sordo. Roisin sbuffò e fissò per un istante il soffitto, sorridendo
«Hai chiuso bene?»
«Si. Ho assicurato la porta con il catenaccio»
«E allora come diavolo succede che il vento la sbatte in quel modo?».
Kieran prese una candela, si alzò e andò a controllare. Il rumore si fece udire di nuovo. Possibile che a quell'ora della notte, con un simile tempo, qualcuno stesse bussando alla loro porta?
Sospettoso, Kieran sganciò il catenaccio e tirò forte per disincagliare la porta che era stata opportunamente incastrata per non cigolare durante la tempesta.
Sull'uscio si stagliò la figura di un ometto piccolo e tondo, accompagnato da una donna che lo sovrastava di quasi tre piedi, entrambi incappucciati. Kieran socchiuse gli occhi e indietreggiò di mezzo passo
«Buona sera. Desiderate qualcosa?»
«Si» disse l'ometto, con voce acuta, quasi infantile «Veramente qualcosa ci sarebbe ...»
«Paul?» Kieran fece per chiudere la porta «Riconoscerei la tua dannata voce infernale persino in punto di morte, maledetto stregone!».
La donna distese una mano per fermare la porta e Kieran puntò i piedi per terra e spinse più forte con la spalla
«Andate via!» gridò «Via da qui!»
«Dobbiamo parlare» mormorò l'ometto grasso
«Andate via!» ripeté Kieran «Non ho niente per voi, becchini! Stasera non è morto nessuno!»
«Noi non vogliamo qualcuno che è morto» mormorò Paul.
Kieran smise per un attimo di spingere e boccheggiò come se fosse stato colpito allo stomaco. La donna enorme avanzò, continuando a spingere la porta con il braccio teso.
«Chi è, Kieran?» Domandò Roisin, ad alta voce
«Paul! Lo stregone!» ringhiò Kieran «Vuole entrare in casa!»
«Fallo entrare».
Paul entrò nella casupola, lasciando dietro di se due strisce di impronte fangose che Kieran guardò con disgusto. La donna incappucciata lo seguì senza dire nulla dopo aver chiuso la porta dietro di se.
Kieran li precedette fino alla camera dove riposava Roisin
«Cara, ci sono i becchini ...»
«Cosa volete?» chiese lei, rivolgendosi direttamente all'ometto grasso che stava entrando nella stanza
«Congratularci» rispose Paul, in tono gioioso
«E avete fatto tutta questa strada per congratularvi?»
«Fuori di qui!» ringhiò Kieran, ancora una volta «State portando la sventura in casa mia!»
«Oh, le superstizioni ...» sbuffò l'ometto, quasi noncurante «Sono quelle la maledizione di voi villici»
«Non fare il testa piena con me, becchino! E non stare a testa coperta di fronte a me in casa mia!»
«Basta chiedere».
L'ometto grasso si tolse il cappuccio con un movimento rapido, mostrando i capelli neri e ben pettinati che risplendevano alla luce delle candele come se fossero stati ricoperti di una qualche sostanza unticcia. Aveva il doppio mento e sopracciglia spesse, ben disegnate, nere come il carbone.
«Contento, Kieran?»
«Perché sei qui, Paul?» domandò Roisin «Non potevi sapere che nostro figlio sarebbe nato questa notte … non sei qui per congratularti. Sei qui per conto di McIntyre, giusto? Beh, sappi che non avrà più niente da noi. Abbiamo pagato le tasse»
«Oh no, McIntyre non vuole niente da voi» Paul rise, un suono che somigliava vagamente ad uno scampanellio «Diciamo pure che l'ho convinto a lasciarvi in pace in cambio di una modica somma ...».
Kieran sbarrò gli occhi: perché il becchino avrebbe dovuto fare loro quel favore? Non c'era nessun motivo al mondo per cui dovesse voler del bene a loro, che si erano sempre tenuti a distanza da lui e che lo chiamavano “lo stregone”. Ma forse era solo pazzo…
«Perché?» Chiese Roisin, i pugni stretti
«Per vostro figlio» rispose Paul, serio
«Nostro figlio?»
«Oh si. Il piccolo Mark»
«Non si chiama Mark» sbuffò Roisin, risentita «Lui è Rory»
«R-Rory?» il becchino parve sorpreso, contrariato, e si strinse nelle spalle come per pararsi da un colpo «Perché Rory?»
«Perché ha i capelli rossi»
«Oh. Posso vederlo?» una strana bramosia trapelava dalla sua voce
«Non toccherai mio figlio!» ruggì Kieran, frapponendosi con la sua mole tesa di rabbia e possente fra l'ometto e la moglie «Non lo sfiorerai neanche con un dito, stregone!»
«Sono qui per darvi una cosa» disse il becchino, senza scomporsi, poi si infilò una mano sotto la mantella nera e ne estrasse una scatoletta d'oro «Prendetela. Vi servirà».
Kieran guardò l'oggetto come se fosse fatto di fuoco, poi allungò le dita e lo toccò. Non accadde nulla.
«Ti aspettavi di morire fulminato, eh?» Ridacchiò Paul «Non temere. Non lo faccio per voi»
«E allora per chi?» chiese il neo-padre, afferrando saldamente la scatoletta d'oro «Questa è una vera e propria fortuna...»
«Per vostro figlio. Sono qui per lui. I debiti saldati sono per lui. La scatola è per lui. E anche questa è per lui».
La donna incappucciata si fece avanti. Kieran strinse i denti, ma non reagì, quando lei estrasse dalla manica del giubbotto un pugnale strano, dalla lama serpeggiante.
«Cosa diavolo è?» Chiese Roisin, cercando di distinguere qualcosa nella semioscurità
«Un'arma, tesoro» spiegò Kieran «Non so perché ce la danno»
«Per il bambino» ripeté ancora una volta il becchino, con calma
«Cosa volete?»
«Niente»
«Ve lo ripeto per l'ultima volta. Che cosa volete?»
«Che lui non abbia paura di noi. Sarete ricchi, se lascerete che giochi da noi, giù in paese, al negozio. Non chiediamo nient'altro, ma avrete in cambio molte più ricchezze di quante ne potete immaginare»
«Perché?»
«Eh… ormai non sono più molto giovane. E adoro i bambini. Ho due figli, ma sono grandi e sono lontani da me. Quello che vorrei… che vorremmo… è un bambino. Voglio essere suo zio. Crescerlo, viziarlo. Non penso che dobbiate avere nulla in contrario»
«Dicono che sei uno stregone» ribatté Roisin «E che le tenebre ti obbediscono»
«Ma vi paio uno stregone? Oh!» Paul scoppiò di nuovo a ridere «Sono solo un vecchio uomo grasso. Non saprei uccidere neppure un uccellino, figuriamoci un uomo!»
«E lei?» Kieran indicò la donna «Non mi fido di chi non parla»
«Sheridan. Parlagli» ordinò il becchino, in tono autoritario.
La donna incappucciata si avvicinò a Kieran e gli sussurrò qualcosa in un orecchio. L'uomo rimase come paralizzato mentre lei continuava a parlare piano, sottovoce. Quando lei si ritrasse, Kieran era scosso da brividi, come se fosse stato immerso in una tinozza piena di ghiaccio.
«Andiamo» Disse Paul, rivolto a Sheridan, ed entrambi uscirono da quella casa.
Kieran cadde in ginocchio sulle nude assi del pavimento, spaventato, guardandosi intorno. Ciò che vedeva e sentiva era per lui e per lui soltanto. Si mise le mani sulla testa, proteggendosi da un’invisibile nemico
«Le ombre!» ansimò
«Che cosa c'è?» gli domandò Roisin, impaurita quasi quanto lui
«Non le vedi? Le ombre!».
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