sabato 24 agosto 2019

Come scrivere di ogni cosa 8. I bambini


Come scrivere i bambini

Ben ritrovati, cari lettori! I Cactus sono tornati con nuova ispirazione per voi calda calda di forno, e quest’oggi vi parliamo di una categoria di personaggi, potenzialmente interessanti ed unici che però, nella stragrande maggioranza della letteratura moderna, riescono a farsi valere praticamente solo nella sezione dei libri per infanzia, salvo i lavori di qualche genio illuminato. Quest’oggi, siori e siore, si parla di bambini.
Se nei libri per adulti talvolta appaiono come personaggi di contorno, generalmente scritti come pupazzi senz’anima, nei libri young adult è già una grazia che esistano. Questi ultimi sono infatti ambienti particolarmente insidiosi per crescere un personaggio bimbo, dato che gli ormoni adolescenziali dei protagonisti si spandono nell’aria come un veleno che stecchisce i bambini altrui a quattro a quattro. Questo meccanismo garantisce la sopravvivenza della prole della coppia principale, dato che gli unici frugoletti che riescono a fare la loro comparsa nello scritto sono quelli che verranno sparati a macchinetta dalla suddetta coppia dopo il loro sfarzoso matrimonio a sedici anni (siete liberi di pensare che qualunque riferimento alla saga di Twilight sia casuale).
Nota: questo meccanismo è abbastanza comune anche nelle fanfiction tratte da suddetti YA, telenovelas e, in generale, altri libri scritti male. Potrebbe da noi essere stato descritto in modo non del tutto realistico, ma quasi.
Spesso scartati in favore di personaggi che possono muoversi con una maggiore autonomia, che possano essere già induriti dalle loro backstory angosciose o che possano sbaciucchiarsi con il loro ammore etterno, i bambini sono in realtà una categoria di personaggi pieni di potenzialità che in tanti non sono in grado di sfruttare: ma niente paura, noi siamo qui proprio per insegnarvi come si fa!
Frenate i cavalli però, perché prima di tutto bisogna dare un’occhiata veloce agli errori più comuni, come facciamo sempre. Non vorrete mica informarvi per bene e poi cascarci sui fondamentali?
Ecco i tre errori più comuni da evitare quando scrivete i vostri pargoletti:
  1. Piccoli adulti crescono. Figurano in particolare nelle storie in cui si vede per breve tempo l’infanzia del protagonista, ma lo scrittore non ha alcuna intenzione di soffermarcisi; sono anche creati dalle penne di scrittori inesperti o che non hanno molti esempi nella vita reale di bambini a cui ispirarsi. Se ne escono con frasi ciniche e acide, parlano come piccoli avvocati sin dai quattro anni, fanno stunt, sanno come funziona la moneta locale ed estera e sono, insomma, un adulto. Però sono anche nani con la facciotta carina che ogni tanto fanno scivoloni grammaticali, non sanno cose di tutti i giorni e ti fanno sapere che amano le caramelle. Dei mostri. Attenzione, perché è facile cascarci!
    Non tutti i bambini devono per forza essere ingenui e sprovveduti, soprattutto se parliamo di quelli che già hanno superato i dieci anni, ma fare un bambino geniale o precoce alla Artemis Fowl non è facile come sembra e deve essere un’eccezione; rendere il “piccolo adulto” una consuetudine del proprio stile di scrittura è solo controproducente.
  2. Fatti di caramelle. Bambini che vivono per le caramelle, respirano caramelle, sniffano caramelle. Per coloro che li hanno scritti tutti così, sappiate che la maggioranza dei bambini non vive per le caramelle, ma ha anche altri impulsi. Se si sente solo, non basta lasciarlo chiuso in una stanza con una mou per risolvere, ci dispiace. Stupiti, eh?
    È vero che i bimbi siano più attratti dai sapori zuccherosi e grassi, ma non vuol dire che sia l’unica motivazione della loro vita: date delle passioni ai vostri bambini, non rendeteli stereotipi coi piedi!
  3. Più scemi di un ciocco di legno. Il contrario della gestione “piccoli adulti”. Questa situazione avviene purtroppo nei casi in cui la persona che scrive non abbia voglia di impegnarsi a scrivere un personaggio, che invece di essere un personaggio vero e proprio è solo una macchietta irritante al fianco del protagonista (molto raramente infatti i bimbi scemi come ciocchi saranno gli eroi del racconto) e reso bambino proprio perché fa sentire il creatore autorizzato a renderlo emotivamente spesso come una lamincard. Anche al di fuori del panorama letterario, i bimbi irritanti e scemi sono spesso affiancati ai protagonisti degli anime per essere sempre in pericolo, farsi salvare e/o come sketch comico ricorrente, messi lì perché vi facciano allegare i denti.
Nei due capitoli precedenti abbiamo parlato dei falsi miti su cani e gatti, ma, a ben pensarci, dovremmo essere un po’ più informati sui cuccioli della nostra stessa specie. Ci sarebbe ben poco da scrivere: possiamo passare tranquillamente oltre questa parte.
E… se invece vi dicessi che non fosse così?
A quanto pare c’è sempre spazio per l’ignoranza, quindi tre, due, uno, via!
  1. Troppi zuccheri rendono i bimbi iperattivi. Nope. Diversi studi riportano che lo zucchero non provoca iperattività nei bambini: vi basterà una controllatina veloce sul vostro motore di ricerca preferito per verificare. E se i vostri bambini emettono strida e giostrano per la stanza dopo una fetta di torta, beh, alcuni di quegli studi hanno evidenziato che l’atteggiamento dei bambini cambiava proprio perché i genitori si preoccupavano, modellandosi sulle loro aspettative.
    Anche questo ci insegna qualcosa di importante per scrivere i bambini: sono fortemente influenzati dal comportamento delle persone attorno, che lo sappiano o meno!
  2. Se tu senti freddo, il bambino sente freddo. E di conseguenza anche se tu senti il caldo il bambino sente caldo, tipo collegamento psichico: falso mito questo che viene detto di solito alle mamme con bambini molto piccoli, che non sono ancora in grado di vocalizzare i loro bisogni. Ricordate che ogni persona ha le proprie percezioni e necessità, anche quando è un bambolotto rugoso. Se un genitore molto accorto non se ne fosse ricordato, uno di noi Cactus non sarebbe tra noi oggi!
  3. Le punizioni aiutano i bambini a capire meglio le regole. Falso! Il rafforzo positivo – complimenti, coccole, regali – è un metodo molto più efficace di pestarli di botte, e il modo migliore per insegnare qualcosa ad un bambino è attraverso il gioco e dando l’esempio in prima persona, dato che, specie se molto piccoli, apprendono come comportarsi imitando i grandi.
    Le punizioni, sia violente che psicologiche, sono molto meno efficaci e finiranno sicuramente per creare sfiducia e insicurezza nel bambino. Perciò, NO.
  4. Bambini violenti se… Giocano ai videogiochi, vedono combattimenti in televisione, praticano arti marziali, ascoltano musica rock o metal. No. Lasciate in pace i piccoli rocker e i baby wrestler: sono solo gusti personali e, anzi, sfogando le loro energie e aggressività in modi innocui saranno quasi sicuramente pargoli più sereni.
  5. L’allenamento danneggia il fisico. Si dice che blocchi la crescita e logori le cartilagini, e, comunque non porti a risultati. Falso! Proprio come per un adulto, l’allenamento in età giovanile porta ad un aumento della forza, ma anche ad una maggiore padronanza del proprio corpo e previene sovrappeso e problemi nello sviluppo dello scheletro.
  6. Bambini bocca della verità. Risate, ah ah, sentiteci ridere. I bambini non sanno mentire, ma non vuol dire che non ci provino. Ci piacerebbe pensare che tutti quanti i più piccini agiscano naturalmente secondo morale, ma ovviamente non è così: è un comportamento che acquisiscono guardando le persone attorno a loro. Non vuol dire che non esistano bambini buoni, ma l’etica è un concetto che apprendono come lo conosciamo noi solo quando sono più grandicelli.
    Guardate, guardate come volano alti sopra la morale quei bambini! Riprendeteli, per favore.


Adesso che abbiamo dato un’occhiata ai cattivi esempi, è il momento tanto atteso: quello in cui siamo fedeli al nome della nostra guida e vi insegniamo come scrivere le cose!
Anzitutto, precisiamo che ci riferiamo qui ai bambini indicando giovani esseri umani che vanno dal neonato al dodicenne prepuberale, e perciò stiamo coprendo in realtà proprio quell’età critica in cui ogni giorno il vostro personaggio sarà un po’ diverso, ognuno con il proprio tempo. Per darvi una mano, ecco una ripassata veloce sulla crescita dei piccoli umani:

Neonato: il bambolotto rugoso. Non sa ancora fare niente, non sa muoversi, piange, dorme quasi sempre e ci vede male; è dipendente in tutto e per tutto dai suoi genitori e richiede l’attenzione costante dei genitori. Gioia.
Il primo anno della sua vita sarà quello in cui andrà incontro ai cambiamenti più drastici nel lasso di tempo minore, per poi rallentare attorno ai dodici mesi. Comincerà in questo anno a prendere coscienza del proprio corpo, partendo dal controllo della propria testa – nei primi tempi già sollevarla per guardarsi intorno è una gran conquista – e poi prendendo confidenza col resto. Più escono dallo stadio bambolotto più cresce la loro curiosità e voglia di esplorare, e il loro principale strumento per esaminare il mondo attorno a loro è la bocca, con gran terrore di mamme e papà germafobici. Attorno ai quattro-cinque mesi iniziano a spuntar fuori i primi dentini e si può partire con lo svezzamento. In media, a dieci mesi tentano impavidamente di ergersi in piedi (per poi ricadere puntuali sul sedere imbottito col pannolino), ma varia da bimbo a bimbo.
Un anno: il bambino è arrivato ad un livello di consapevolezza del mondo circostante maggiore, il che vuol dire guai in vista. Dato che iniziano sia a valutare le distanze che a testare le acque per capire quanto possono ottenere dai genitori con ricatti morali di ogni sorta, diventa un passatempo favorito per i piccoli geni del male scagliare ciuccetti e pupazzini lontano e piangere disperati perché mamma e papà li recuperino per loro. Se i genitori falliscono le sue diaboliche prove psicologiche, piangerà ad ogni ora del giorno e della notte fino a disseccarsi per avere ciò che vuole. Intorno al settimo mese inizia la lallazione, ovvero il periodo in cui fanno versetti a caso credendo di stare parlando, e imparano ad avere toni diversi. Associa ormai i nomi ai volti, inizia ad essere più autonomo nel mangiare e nel muoversi e la crescita rallenta. Dovrebbero avere gli incisivi, e iniziano a spuntare i molaretti da latte. Dorme meno, ma cammina.
Due anni: o “I Terribili Due”. Nonostante sia un cosetto carino e morbidino, il bambino ha realizzato con enorme stizza e sorpresa di non essere un oggetto, e ora gli tocca capire chi è e cosa gli piace. Così, per conquistare la sua indipendenza, dice NO. Dice no a tutto, che gli piaccia o meno. NO ad andare a trovare la zia che puzza di strano, NO a riordinare i giochi, ma NO anche al pane e Nutella, NO ai bacetti e NO a rivedere per la quindicesima volta Alla ricerca della Valle Incantata, anche se ha chiesto lui di vederlo quelle quattordici volte prima e gli piacerebbe un’altra. Ha imparato tante parole nuove, tra cui, occhio, potrebbero esserci un fracco di parolacce se non si sta attenti, perché assimilano e ripetono tutto. La dentizione da latte è completa, o quasi, quindi occhio che morde.
Dai tre ai quattro anni: buone notizie! Diventano capaci di interagire in modo responsabile con gli animali. La loro intelligenza cresce, perciò potrebbero cercare di giocare qualche colpo basso e, credendosi dei gran furboni, proveranno tecniche alternative di ricatto a quelle sperimentate qualche anno prima, tra cui: il Vomito Ricattatore, il Pianto Finto Senza Lacrime, le Urla al Supermercato e altre carognate. Purtroppo, variazioni delle furbonate potrebbero continuare a spuntare fuori anche fino ai primi anni delle elementari. Però sono affettuosi e più curiosi e riflessivi, tant’è che questa è chiamata anche età dei perché: fanno tante, tante, tante domande.
Cinque anni: altre buone notizie! Finalmente i vostri bimbi mosci possono iniziare a fare karate. Inoltre la sfera emotiva migliora, iniziano a capire che non solo loro non sono oggetti, ma neanche gli altri lo sono! Gli amici diventano importanti punti di riferimento oltre alla famiglia, e migliorano in tutte quelle piccole competenze personali e che gli serviranno per vivere nel mondo dei grandi: comunicazione, capire i giorni della settimana e le ore, distinguere la verità dalle menzogne ed empatizzare con gli altri.
Dai sei anni agli undici anni: l’età scolare, dove il giovanetto si scontra con il mondo reale e inizia a maturare non solo fisicamente, ma molto di più emotivamente. Può essere addirittura protettivo di creature più deboli di lui o di altri bambini, specie se più piccoli. Sviluppa il proprio senso dell’umorismo, mostra ambizioni per il presente ed il futuro, passioni e preferenze spiccate. È fantasioso e crede bene o male a tutte le storielle e le leggende che gli vengono dette.
Anche se il supporto familiare è fondamentale, è più autonomo e con un carattere ben definito, che comunque cambierà inesorabilmente col tempo.
Dodici anni: siamo in piena preadolescenza, soprattutto per le bambine che, si sa, maturano prima.
Difatti può presentarsi anche qualche avvisaglia di crisi adolescenziale tra le bambine, ma in generale tutti questi giovinotti, sia maschi che femmine, hanno tante energie da spendere e voglia di vedere le cose in modo più obiettivo di quello che hanno fatto finora. Siamo in una seconda età della curiosità, in cui il bambino forma gruppi e amicizie per rafforzare la propria identità e indaga il mondo con occhi nuovi. Può essere un periodo problematico o non esserlo affatto, dipende molto dalla persona e dalla crescita personale che ha intrapreso.
Ora di bambini ne sapete pure troppo! Potreste gestire un orfanotrofio, adottare quindici bambini di età diverse, occuparvi di baby parking o, se non siete ambiziosi, far la babysitter per i vicini.
Ma potreste scriverne in modo unico e convincente? Beh, per stare sul sicuro, armatevi dei consigli finali che vi stiamo per dare, esattamente quattro consigli, e diventate impeccabili scrittori di personaggi prepuberali!
1. Scrivete i vostri bambini con delle passioni.
Esattamente come per un personaggio adulto, dare una personalità e degli interessi al vostro bambino lo renderà molto più completo e divertente da seguire per il vostro lettore. Magari gli piace la medicina, o i dinosauri, vuole sapere tutto sulle costellazioni oppure è un grandissimo appassionato di lumache.
Un piccolo tip: rendete i loro interessi più specifici tanto più sono piccoli. Riprendiamo il nostro appassionato di lumache di cui sopra: magari ha incontrato una di queste graziose creaturine e se ne è innamorato, ma crescendo non è difficile immaginare che da quella passione si sia evoluto nello studiare altre creature simili, lumache di specie diversa, oppure altri piccoli animali dei giardini, anche se le lumache che si ricorda da quando era piccolo occupano un posto speciale nel suo cuore.
Ma fate anche il contrario! Fategli odiare qualcosa, l’infanzia è un’età di eccessi!
Qui anche il tip è al contrario: più piccoli sono, più cose ignoreranno e quindi ne saranno diffidenti, perciò potrebbero avercela con un’intera categoria di persone solo per colpa di una. Riprendendo il nostro piccolo amante delle lumache, magari ha sentito dire al vicino banchiere che lui usa i pesticidi nel suo giardino per ammazzare tutte le lumachine, quindi odia tutti i banchieri.
2. Do as I do.
I bambini sono fortemente influenzati dalle loro famiglie e dai loro affetti, e copiano tante piccole caratteristiche dai loro punti di riferimento, assorbendo tutto come spugnette. Se una bambina cresce in una famiglia in cui il babbo odia i danesi, è molto possibile che la bambina faccia lo stesso senza sapere davvero perché e continui a farlo finché non è grande abbastanza da chiedersi da dove diamine venga questo odio, o finché, da più grandicella, non incontrerà un danese e potrà farsene una sua idea personale. A meno che non li odi per tutta la vita, s’intende.
Questo vale nel caso in cui il piccolo si senta parte della famiglia; con i bambini maltrattati è un ginepraio tutto diverso.

3. Gerarchie da scalare.
I bambini hanno iniziato da poco ad affilare le loro skills sociali, quindi non interagiscono tra loro con tutte quelle cortesie che si riservano gli adulti, ed è anche da qui che viene il falso mito dei “bimbi bocca della verità”. Non è onestà, è faccia tosta.
Non è raro vedere un bambino più carismatico a cui gli altri si rivolgono quando si formano dei gruppetti, che siano club di classe di fan di Dragonball o amici che giocano insieme: bambini estroversi che fanno da collante per il gruppo e li coinvolgono nelle loro avventure. Più grandi saranno, più i contorni di queste “gerarchie” saranno sfumati, specie con l’avvento di amicizie più strette... ma intorno ai sei anni si comportano come branchi di lupetti. Eccezion fanno i bambini timidi o troppo maturi per la loro età.
Tip: dai quattro anni in su si accorgono di chi li tratta come poppanti. I bambini vogliono essere trattati come adulti, anche se non lo sono, e preferiscono chi li rispetta.
4. Ha capito tutto! E invece no.
Il bello di un personaggio bambino è poter esplorare il suo modo di vedere il mondo, che è innegabilmente diverso da quello di un adulto. Il pensiero critico sulle cose che impara si mette in moto solo più tardi, perciò non ha filtri sulle spiegazioni che riceve o che si dà ed è meno obiettivo di un adulto.
Quante volte da grandicelli vi siete trovati a pensare, divertiti: “Io da piccolo ero convinto che...” per poi scoprire che era una visione alla meglio scorretta della cosa? Un piccino molto fantasioso, poi, può partire dalla sua informazione sbagliata e costruirsi tutto un mondo di idee e teorie, altrettanto sbagliate, per spiegarsi il mondo su quella stessa falsariga. Questo, ve lo assicuriamo, può essere uno spunto perfetto per fare un po’ di commedia!
Ora sì che siete pronti! Ad ogni modo, prima di salutarci, vi lasciamo qui una piccola bibliografia utile con esempi di bambini ben scritti che può tornarvi utile:
  • Il sacrilegio (Francesca Bertuzzi): questo romanzo è un bel thriller che abbiamo pure recensito, avvincente e ben strutturato. La scrittura della piccola Emma, orfana per cui la protagonista si improvviserà mamma, è adorabile, con molta personalità e ci trasmette il senso di protezione che avverte la protagonista: un ottimo esempio di come scrivere i bambini. E poi ha una tartarughina trafugata.
  • La Cattedrale del Mare (Ildefonso Falcones): un romanzo storico, ben scritto, anche se con vicende che fanno venir voglia al lettore di rapire quei bambini scritti bene dalle pagine e metterli in qualche posto sicuro. È un romanzo di crescita, ma anche uno storico accuratissimo, consigliato a tutti gli appassionati del genere.
  • Stranger Things (Fratelli Duffer): Eh sì, nella nostra piccola lista c’è un intruso. Come molti di voi sapranno, nonostante siano recentemente usciti alcuni romanzi collegati alle ambientazioni di questa opera, Stranger Things non è affatto un libro, ma una serie televisiva targata Netflix che ha come protagonisti quattro bambini (più uno che è desaparecido e disperato per la maggior parte del tempo). Abbiamo adorato il modo in cui i personaggi più giovani sono gestiti, con caratterizzazioni ben distinte e divertenti.
  • Harry Potter e La Piera Filosofale (J. K. Rowling): anche questa è un’opera che abbiamo recensito sul nostro blog, è il primo libro di una serie che si è sempre distinta per la sua capacità di caratterizzare i suoi personaggi, che possano piacere o meno. Perché, in mezzo ad incantesimi, i tre piccoli protagonisti rimangono sempre molto umani, e magistrale è il modo in cui man a mano Harry, Ron ed Hermione crescono durante la saga.
  • Hunger Games (Suzanne Collins): distopico iconico, va assolutamente citato per personaggi come Prim, la sorellina della protagonista, e Rue. Se lo leggete e volete solo scrivere i bambini ma tanto siete dei misantropi va bene, ma se i bambini vi piacciono tenete dei fazzoletti pronti perché ci sono tante lacrime da versare.
  • L’uomo dei cimiteri (Cactus di Fuoco): una nostra opera, ebbene sì! L’uomo dei cimiteri è un fantasy gotico ambientato nell’Irlanda dell’800 che segue le avventure del giovane Rory Tad sin dalla sua nascita in una notte buia e tempestosa. E, tra padrini becchini, pecorai, leprecauni e circhi itineranti, di bambini ce ne sono diversi e ci abbiamo vinto un Premio Watty, quindi pensiamo di averlo scritto abbastanza bene.



Tutti i disegni in questa pagina (e molto probabilmente anche in tutte le altre pagine, se non diversamente specificato) sono stati realizzati dalle nostre artiste, Furiarossa e Mimma. Potete vedere altri loro lavori e/o supportarle (e supportare così anche tutti i Cactus di Fuoco ;)) sulla loro pagina Patreon. Diventate patroni delle arti!


venerdì 23 agosto 2019

ICDL illustrazioni - Draghi parte 3


Terza parte del nostro magico viaggio nel mondo di draghi e affini all'interno del Cammino delle Leggende!

1. Uno studio sull'anatomia dei draghi bianchi (potete leggere la loro scheda completa qui!), realizzato con una penna a sfera, che evidenzia anche il dimorfismo sessuale.
I draghi bianchi sono presenti principalmente all'interno di "Io sono il Drago", la storia di Ermes, ma potrete incontrarli anche in altri racconti e persino (più raramente) nella saga di Scontramondi.


2. Questo veloce sketch fatto con la penna biro risale al 2016 ed è uno dei rarissimi disegni che ritraggono Shadow (il drago di Mark, che compare per la prima volta nella nostra serie di romanzi non-canonici di "Scontramondi") arrabbiato. Vedrete raramente questo bestione arrabbiato! Ma se in una qualunque scena dovreste intuire che Shadow sta per scatenare la sua ira, sappiate che le sorti del conflitto stanno per essere inesorabilmente capovolte.


3. Questo vecchissimo disegno del 2006 (!) ritrae Aureo, il drago bianco figlio del re Orotagon, lottare contro una creatura di cui non ricordiamo neanche il nome. Sul suo dorso c'è Nadia Rondi, la sua dragoniera, che per la cronaca è ispirata ad una compagna di classe di una di noi (al tempo di questo disegno dovevano essere tutte e due piccoline!). Non è interessante come già tanto tempo fa fosse stato creato uno dei personaggi cardine nella cronologia delle nostre storie di draghi?
E soprattutto, la spada che la minuscola Nadia ha in mano è il leggendario Artiglio di Ermes... e voi sapete chi è Ermes, vero? (Ommioddio, Nadia sembra una cicciona in questo disegno. Vi assicuriamo che dovrebbe essere uno dei nostri personaggi più magri).

4. Un altro disegno vecchissimo, del 2006, e ancora una volta il protagonista è il giovane drago Aureo. Non è un granché, qui, sì... è brutto e strabico. E non ha neppure la stella sulla fronte, che più tardi sarebbe diventata il suo simbolo distintivo. Ma è la probabilmente la prima rappresentazione di un cucciolo di drago mai prodotta dalla nostra crew, quindi è prezioso!

5. Un altro vecchio lavoro (2006) correlato alle storie di Horn Blu Island (adesso facenti tutte parte del grande ciclo del "Cammino delle Leggende"), ancora una volta con Aureo e Nadia (la ragazza disegnata, fra le altre cose, in una maniera raccapricciante XD), ma stavolta si aggiunge anche l'unicorno, simbolo di purezza e bla bla bla sapete già di che si tratta, no?
Insomma, i tre protagonisti "originali" delle storie leggendarie di Horn Blu Island, quelli che nelle nostre menti di bimbi avrebbero dovuto avere i riflettori puntati addosso.
È interessante vedere come, nell'evoluzione del Cammino delle Leggende, si sia passati da una visione luminosa e tradizionale del fantasy ad una trama molto più oscura e fantascientifica, con personaggi più complessi e notevolmente più "dark".
I personaggi luminosi, gli eroi buoni, sono stati eclissati...
Inoltre si sta gradualmente passando da draghi&creature mitiche di vario genere a cose ben più piccole e sfuggenti. Le cronache di Horn Blu cedono il posto ad un'ambientazione sempre più underground, con umani e licantropi, più "credibili" dei draghi, seppure i giganteschi e saggi bestioni non si estinguano del tutto; semplicemente, i draghi si ritirano sullo sfondo e tornano a ricoprire un ruolo molto più affascinante di quello di protagonisti: i grandi saggi, quasi creature divine, che sullo sfondo della vicenda continuano una vita arcana e tirano i fili della vicenda.
Insomma, all'inizio fra i protagonisti c'era un cavolo di unicorno!

6. Ancora un vecchio disegno, stavolta del 2011, con questo drago bruno che... aspettate. Le corna dorate, con le punte rivolte in avanti? Le punte sul dorso? Gli occhi verdi? Come mai questo drago bruno somiglia un po' a Ermes? Magari in origine avrebbero dovuto essere imparentati in qualche modo, chi lo sa... ma tutte le informazioni che avevamo su questo personaggio si sono perse nel tempo. Secondo voi chi dovrebbe essere?

7. Concludiamo con un altro disegno del 2011, tutto realizzato con la penna a sfera. Questo è un Tarephen Dracasti, un drago guardiano dell'Enigma, una delle specie più antiche e fiere di drago presenti sull'isola di Horn. Anche se il disegno è vecchio, il concept è buono: oggi i nostri Tarephen sono cambiati molto poco.

giovedì 22 agosto 2019

Recensione - Harry Potter e la Pietra Filosofale

E continua la rubrica delle recensioni... l'ultima volta ci siamo gingillati nella totale normalità umana, quindi adesso è il momento di immergerci in un mondo magico! Un mondo magico? Ma che abbiamo detto? Chiediamo perdono, volevamo dire "IL mondo magico". Perché questo, signore e signori, è il primo libro di una saga che ha riscritto il modo di vedere la magia... Harry Potter e la Pietra Filosofale, di J.K. Rowling!


Cominciate mettendo play a questo video e fatevi accompagnare durante la lettura dalla colonna sonora per un'esperienza... migliore. O anche solo perché le colonne sonore di Harry Potter sono splendide.



1. La Trama: Ci sono due mondi, anche se il pianeta è uno solo.
Da una parte i maghi, disordinati e fantasiosi, dall'altra i babbani, ordinati e pragmatici.
Con questa premessa inizia la nostra storia.

C'era una volta una famiglia, la più normale del mondo: i Dursley. Vernon (Dursley padre), corpulento e con grandi baffi a manubrio, Petunia (Dursley madre), secca secca con un collo lungo che usa per spiare i vicini oltre le siepi, e infine Dudley (il Dursley figlio), una rappresentazione esemplare dell'obesità infantile e dei bambini viziati abbestia.
I Dursley si amavano. I Dursley volevano solo essere normali e malsopportavano praticamente qualunque altro essere umano.
E poi, improvvisamente, nella loro famiglia arriva un bambino. No, non un fratellino per Dursley, ma un frugoletto orfano che viene affidato loro da un mago di nome Albus Silente.
Cioè, in realtà questo arrivo non è del tutto "improvviso": le avvisaglie di qualcosa di strano perseguitano per tutta la mattina il povero Vernon, che vorrebbe solo urlare contro i suoi sottoposti al lavoro (è il proprietario di una ditta che produce trapani, la Grunnings) e sentirsi normale e soddisfatto di sé stesso, ma che deve incontrare per strada degli strani tizi con tuniche e cappelli a punta. Aguzzando l'udito, Vernon li sente persino nominare i Potter (i parenti di sua moglie Petunia) e anche un certo bambino, Harry. Inoltre i cieli dell'intera Inghilterra sembrano essersi riempiti di gufi in pieno giorno, una cosa che non passa proprio inosservata, tanto che ne parlano pure i telegiornali... ma torniamo al bambino.
Il nome del pargoletto, un bebé con una strana cicatrice sulla fronte, è Harry Potter ed è destinato a diventare il mago più famoso di tutti i tempi! Peccato per lui che i Dursley non vogliono che diventi nemmeno un mago, figuriamoci famoso, e lo crescono come se fosse un... un... come niente dovrebbe essere cresciuto, neanche un coniglio mordace. Lo crescono come se fosse già cresciuto e fosse contemporaneamente un bestemmiatore, un ladro di meme, un plagiatore di romanzi, un postatore di arte senza link all'artista e un morsicatore di bambini: chiuso nel sottoscala, costretto a fare i lavori di casa, trattato come se fosse un procione idrofobico maligno, il povero Harry Potter cresce (stentatamente) e soffre con i suoi zii credendosi un bimbo come tanti altri (eccetto per il fatto che lo usano come schiavo).
Harry Potter è lì a farsi gli affari suoi (o meglio, le pulizie degli altri) quando all'improvviso un gufo gli lascia una lettera. Zio Vernon non vuole che lui abbia posta (anche perché quella lì è una lettera che proviene da una scuola di magia e si sa che i maghi sono stramboidi che possono rovinare la vita dei venditori di trapani!) così straccia la lettera e la butta nel fuoco, senza sapere che ha dato il via ad una catena di eventi, ad una valanga di gufi che buttano lettere dentro casa e a un tale disturbo della quiete familiare (ma i signori maghi non lo sanno che buttare un milione di lettere attraverso il camino di una casa è certamente ineducato? No? Ah, ok) da costringere i Dursley a fuggire di casa per non essere raggiunti dalle malefiche letterine e rifugiarsi in una catapecchia fredda e cadente su un isolotto. Un pochino drastico, ma il signor Vernon Dursley è uno con le idee chiare.
E poi, visto che come abbiamo già chiarito i maghi non hanno idea di cosa sia l'educazione, arriva un bestione gigantesco, peloso, barbuto e che parla sgrammaticato che butta giù la porta della catapecchia fredda: è Hagrid, il custode delle chiavi e guardacaccia di Hogwarts (che razza di scuola ha un guardacaccia?), un coso immenso che gira con un ombrello rosa e che regala a Harry Potter una torta su cui si è precedentemente seduto sopra. Hagrid fa crescere la coda di maiale a Dudley Dursley, insulta Vernon, rapisce Harry Potter e scappa, a riprova del fatto che i maghi non hanno educazione (ma che, in fondo in fondo, tutti vorremmo essere loro).
Ah, e soprattutto rivela a Harry la sua vera natura, il suo destino: essere un mago e studiare a Hogwarts, la migliore scuola di magia del mondo (che ha bisogno però di un guardacaccia che non sa parlare. Vabbuò: questo è un mistero che verrà chiarito più avanti nella saga).
Da quel momento Harry si immergerà in una nuova realtà, quella del mondo magico: fra negozi incantati, sport fantasiosi, libri pericolosissimi e altra roba letale, il piccoletto si ritroverà a vivere i migliori mesi della sua sfigatissima vita.
Poi però cercheranno di ammazzarlo.
Chi o cosa lo vuole fare fuori è spoiler (anche se in realtà lo sanno tutti, anche quelli che non hanno mai letto questa saga), perciò qui non lo mettiamo.
Riuscirà Harry a sopravvivere e scoprire i misteri che circondano la sua stessa esistenza? Riusciranno i suoi amici a non farlo ammazzare con idee bislacche?
Lo scoprirete solo leggendo...
Ma chi prendiamo in giro: lo sapete già tutti. È questo il problema con il recensire un libro così famoso.

2. La copertina: Ci sono un mucchio di copertine diverse che si sono susseguite per questo libro, versioni di paesi stranieri, versioni "per adulti" (insomma, quelle seriose), versioni moderne, versioni illustrate... noi abbiamo il mega librone illustrato da Jim Kay (che è bello bello bello), con l'espresso per Hogwarts in copertina insieme a quell'Harry Potter sopreso con bagagli che ci riporta tutti alla nostra infanzia, quando abbiamo scoperto il mondo fantastico della magia.

Ma alcune delle copertine più famose (e qualche chicca fra le nostre favorite) comprendono:

1. La copertina "originale" italiana, dove Harry ha degli occhi orribili e minuscoli e per qualche motivo sconosciuto ai più lui e Ron (è Ron l'altro? Non vediamo la faccia, potrebbe anche essere Albus Silente da quel che possiamo intuire) indossano dei costumi da topo mentre giocano a scacchi con pedine prive di volto.
E dire che da bambini questa roba ci sembrava pure carina, eh. Avevamo il gusto dell'orrido.
Hey, Harry, vestiamoci da topi, dai! No, non ci prenderanno per pazzi.
3. La minimale e suggestiva copertina moderna degli e-book, con un gufo che regge nel becco la lettera di ammissione a Hogwarts mentre cavalca... un fulmine. (?)
Sono la civetta del tuono!
4. La magica, coloratissima, copertina svedese creata dall'illustratore Alvaro Tapia. Vi consigliamo di andarvi a cercare tutta la serie di cover, perché sono una più bella dell'altra! (Ma perché a noi italiani c'è capitata la copertina con i topovestiti? PERCHÈ?!).
Hey! Sto volando di fronte a tutti questi sconosciuti!
5. Un'altra copertina usata in un'edizione italiana, sicuramente più bella di quella con i cappelliditopo, ma secondo noi ancora non ci siamo... apprezziamo comunque molto i colori del cielo.
Un piede del protagonista.
6. Versione in bianco e nero, bellissima, con molti momenti salienti della narrazione. Però, per qualche motivo, ci sembra più una (straordinaria) fanart che una copertina ufficiale... ancora non ci siamo.
Strangolato da ricordi e serpenti.
7. Ora ci siamo. ORA CI SIAMO. Questo è Harry Potter, il nostro Harry Potter, un mondo ricco fin quasi a sembrare troppo carico, le luci delle finestre che punteggiano Diagon Alley, le candele, i gufi viaggiatori... abbiamo la pelle d'oca solo a guardare questa cover incredibile.
*Insert Hedwig's theme*
8. Concludiamo (anche se potremmo andare avanti per sempre con le copertina di Harry Potter e la Pietra Filosofale, ce ne sono davvero decine!) con questa versione che è stata pensata per permettere agli adulti di leggere Harry Potter in pubblico senza doversi vergognare di star leggendo un libro per bambini, visto che ha una copertina più "matura"... ma anche notevolmente più brutta. Noi preferiremmo farci vedere in giro con un magico pezzo d'arte, piuttosto che con questo coso dove una torre con le braccia vuole decapitare un cavaliere a cavallo vestito da cavallo. Poi, beh, son gusti.



2. Cosa ci è piaciuto: "Per il sole splendente, per il fior di corallo, stupido topo diventa giallo!".
Harry Potter e la Pietra Filosofale regala risate di cuore a grandi e piccini, dipingendo il mondo dell'infanzia in modo assolutamente mirabile, ma iniziando (in sordina, per ora) a introdurre temi più adulti, come l'inclusione sociale, il razzismo, la dittatura. Ovviamente è un libro per bambini, che potrebbe far storcere il naso ai puristi della letteratura, con qualche buco di trama, qualche "stupidaggine da piccoli", ma è proprio questo che lo rende così perfetto: è un libro per bambini scritto comprendendoli e permettendogli di comprendere. Il resto della saga è più maturo, un pezzettino alla volta, da leggere man mano che si cresce per apprezzarla al massimo, perciò è logico che questo primo volume sia (deliziosamente) infantile.
Sebbene sia un libro breve (e poi si finisce pure per mangiarselo in poche ore, perché è davvero bello), c'è tanto da dire, tanto da leggere, tanto da apprezzare. Il worldbuilding è supremo: potete proprio annusare i dolci, vedere i mattoni dei negozi, sentire la stoffa delle divise sotto le vostre dita. È tutto caotico, ma nel modo giusto: pieno di personaggi pieni di personalità, di creature magiche, di incantesimi e misteri. Fa persino un po' paura, in certi passaggi, dandovi quei brividini buoni che vi fanno sogghignare soddisfatti mentre un filo di pelle d'oca si alza sui vostri avambracci... niente di eccezionale, ma è pur sempre letteratura per i piccoli.

3. Cosa non ci è piaciuto: Ron Weasley. Ron Weasley non ci è piaciuto. Ma questa è solo un'opinione personale e concordiamo tutti nel dire che in realtà è importantissimo per la trama. Però, dai, un po' meno tonto? Un po' meno insensibile no? No, ok. Se Ron la smettesse di maltrattare Hermione, magari... e se Hermione gliela facesse pagare, magari... magari...
Oh, un'altra cosa che non amiamo troppo è che il libro finisce subito. È brevissimo. Comprendiamo che si tratta di una cosa che deve essere leggera, così i bimbi non si stancano a leggere, ma anche da piccoli noi lo trovavamo troppo breve. Anche questo è un punto del tutto soggettivo, ma noi avremmo preferito seicento pagine con le descrizioni di ogni singola lezione di magia. Dateci le lezioni di magia! *in coro* Lezioni di magia, lezioni di magia, lezioni di magia!

Voto complessivo: 90 su 100. Non è il voto più alto mai preso da un libro in una nostra recensione, ma è comunque veramente alto. Va da sè che sei stato promosso, Harry!

A chi lo consigliamo? A chiunque sia disposto a mettere da parte per un po' il giudizio critico e buttarsi a pesce in un mondo diverso dal nostro, con leggi diverse dalle nostre, che lo cattureranno e affascineranno. Va da sé che se siete persone che leggono solo romanzi storicamente accurati e urlano terribili anatemi allo scrittore che non ha azzeccato la forma dell'elmetto del condottiero Piripillo o che leggono solo saggi e autobiografie politiche, questo libro vi farà un po' schifo. Mettete da parte i pregiudizi, prendete un profondo respiro, e tornate bambini dentro: questa è la ricetta per godersi Harry Potter!


Dove potete comprare il libro? Direi... dove vi pare! Non c'è libreria al mondo che non abbia una copia di Harry Potter e la Pietra Filosofale, ma se volete una copia ebook la potete beccare... dove vi pare. Amazon, Kobo, IBS, non c'è un negozio online che non abbia questo libro. E poi lo troverete sicuramente anche gratis nella biblioteca del vostro comune, quindi proprio non avete scuse!


Fateci sapere che cosa ne pensate del libro! Siete d'accordo con noi su tutto o siamo stati troppo indulgenti? E alla prossima recensione!

P.S. Suggeriteci libri da recensire che vi piacciono! (Meglio se sono gratis, che siamo senza soldi. Ma accettiamo di tutto).
La cosa migliore sarebbe suggerircene uno, magari che avete già letto o che volete leggere, da questa lista che è quella della nostra biblioteca comunale di fiducia! Così lo troveremo gratis di sicuro ;)

mercoledì 14 agosto 2019

Come scrivere di ogni cosa 7. I gatti



La gloriosa Morrighan
Come scrivere i gatti

Questi misteriosi felini affascinano la mente umana con movenze sinuose, occhi grandi e brillanti, e gli artigli nascosti nelle loro zampe di velluto, pronti a scattare per ghermire la preda. Amati e odiati, perseguitati o venerati, i gatti sono stati intensi protagonisti della storia, sebbene la loro domesticazione sia molto più recente di quella dei cani.
Sono i compagni delle streghe, i protettori della notte, i personaggi di fiabe dell’orrore, ma anche (più recentemente) strumenti di redenzione e portatori di amore.
E quasi nessuno è capace di scriverli nel modo giusto.
Quello dei gatti scritti male è un mondo a sé stante, vastissimo, che conta decine e decine di libri e persino di film, di cartoni, di anime e manga giapponesi… insomma, pare proprio che i gatti non li capisca nessuno! Ed è qui che vengono in vostro aiuto i Cactus di Fuoco, che con i loro studi e le loro osservazioni sul campo (sì, abbiamo cani e abbiamo gatti e non ci fermiamo certo qui…) sono pronti a portarvi una breve ma succosa guida su come parlare dei nostri amici mici.
Cominciamo come al solito con una lista di tre cose sbagliate, errori da evitare assolutamente quando scrivete di un gatto:
  1. L’umanizzazione. Se umanizzare il comportamento di un animale, facendo somigliare i suoi valori morali ai nostri, è già brutto per un cane, sappiate che è più che sbagliatissimo per un gatto. I gatti non condividono la nostra socialità, il nostro modo di pensare, il nostro senso estetico (e sì, alcuni studi rivelano che i gatti potrebbero avere un senso estetico… che c’è, non lo sospettavate già?). Per loro è normale torturare e uccidere altri animali, è proprio da lì che viene il detto “giocare come il gatto col topo”. Per loro è normale avere partner multipli: le femmine si accoppiano con diversi maschi, i maschi con diverse femmine. Per loro il concetto di famiglia, inteso come “mamma, papà e figli” è sconosciuto e in natura anche i piccoli devono allontanarsi dalla tana materna non appena sono più grandicelli. I gatti sono più ferali dei cani, più ancestrali, e per loro è normale essere splendidi cacciatori crudeli, ma è anche per questo che li amiamo, no? Perciò evitate di descriverli come se fossero piccole persone in un costume di peluche, per l’amor del cielo: non sono umani e non lo saranno mai.
  2. La cattiveria. Anaffettivi? Affettatori di mani? Odiatori di persone? Ehm… quante volte avete incontrato questo stereotipo per i poveri micini? Purtroppo ancora oggi sono molte le persone che confondono la loro feralità, il loro essere meravigliosamente ancestrali, con l’essere creature incapaci di amare. È un po’ la stessa cosa che accade ai lupi: poiché sono predatori la gente crede che siano crudeli e che non formino legami duraturi e di sincero affetto. Niente di più sbagliato! I gatti sono infatti in grado di stringere relazioni sincere sia con gli altri gatti, che con gli umani e persino con altri animali. Ovviamente vanno trattati bene: se li prendete a calci nel sedere non ci pensano neanche a rimanere con voi e poi cavoli vostri se pensate che sono cattivi. Non vi meritate neanche un gatto di peluche.
    Morrighan a nanna fra le braccia di uno dei suoi umani preferiti.
  3. Gatti intelligentissimi. In molte storie, i gatti vengono visti come superiori ai cani e persino alla maggior parte degli altri animali. Un po’ snob, distaccati, con un intelletto eccelso che è causa della loro disobbedienza, del tipo “umano, essere inferiore, portami il cibo in scatola orsù che ho appetito”. Chiunque abbia avuto un gatto, sa che a volte queste bestiole ci sanno sorprendere con comportamenti intelligenti. A volte. Ci sorprendono. E questa è proprio la chiave: i gatti non sono così brillanti come ce li dipingono. Non è neanche vero che cadono sempre in piedi! Ma non è neanche vero che si accorgono sempre di stare cadendo! Alcuni gatti sono così stupidi… o dovremmo dire sbadati… no, no, stupidi è la parola giusta, ecco così stupidi da spaventarsi per un cetriolo o una zucchina. Alcuni hanno paura dei peluche. Altri urlano alle loro prede come se questo li potesse aiutare a farle tornare indietro. “Ehi, uccellino, vieni giù che ti mangio!”. E si aspettano pure che l’uccello gli risponda “Va bene, dai, ma solo per stavolta”. È quindi chiaro che non sono tutti dotati di chissà quale mastermind criminale e la maggior parte di loro è guidata dall’istinto (e dalla continua ricerca di coccole e divertimenti). Quindi potete scrivere di un gatto terribilmente intelligente (dopotutto potrebbe essere parte della trama della storia! Potrebbe essere un libro che parla di una gatta geniale che con le sue trame oscure diventa padrona di una federazione di wrestling e… oh no, questo è spoiler. È una nostra storia. Dimenticate tutto!), ma non potete farne una consuetudine, un intero romanzo in cui sembra del tutto normale che i gatti siano creature superiori agli altri animali, specie ai cani. Sì, in genere i cani sono più “skillati”, soprattutto nell’interazione sociale e nelle azioni di branco, che i gatti quasi non comprendono. Qualcuno dice che i gatti sono più intelligenti perché hanno 300 milioni di neuroni contro i soli 160 milioni dei cani, ma la qualità batte la quantità… Chaser il border collie aveva imparato i nomi di più di mille oggetti e dimostrava di saperne riconoscere forma e funzione, ma, senza dover andare lontano a pescare esempi eccellenti, noterete che le capacità di risoluzione dei problemi di un cane medio sono molto superiori a quelle di un gatto medio, senza niente togliere a questi affascinanti felini.
E ora, per vostro e nostro ludibrio… i falsi miti sui gatti, che forse sapete già e forse no, ma nel dubbio includiamo per farci due risate e per mettervi in guardia: se scrivete questa roba nel vostro libro siete dei puzzoni calciatori di gatti. Ovviamente saranno molti meno falsi miti di quelli che esistono intorno al mondo cinofilo, ma qualche bella sciocchezza c’è anche qui. Cominciamo!
  1. I gatti si affezionano alla casa, non al padrone. Che? Come, cosa, quando? I gatti sono effettivamente animali abitudinari, che tendono a vivere in un solo territorio e a difenderlo, ma sono altrettanto disposti a cambiare casa per seguire il loro padrone! Non avete mai visto quei gatti “giramondo” che fanno trekking (o surf o climbing o, boh, paracadutismo) insieme ai loro umani del cuore? E poi, sul serio, i gatti amano la casa? Provano amore per una cosa inanimata e ne provano più di quanto ne provino per noi? No way. Siete complessati, figliuoli, se pensate che pure la casa vi possa rubare l’affetto di qualcuno.
  2. I gatti vedono in bianco e nero. Quest’idea ce l’hanno rifilata anche con i cani, ma è una sciocchezza bella e buona. I gatti percepiscono bene colori come giallo, violetto, blu e verde, hanno invece più difficoltà (diciamo pure che non li vedono, và) con i colori caldi come il rosso, l’arancione e il marrone. La zona centrale della retina dei gatti ha un numero inferiore di cellule specializzate nella percezione cromatica, ma questo non significa che vedano in bianco e nero! E no, neanche le tartarughe vedono in bianco e nero. Neanche gli uccelli. Neanche gli insetti, porca miseria (anzi, le api vedono pure colori che noi non vediamo), quindi smettetela con questo falso mito che tutti gli animali vedono in bianco e nero. In realtà esistono animali che vedono in bianco e nero, come i cetacei, un tipo di scimmia notturno e… gli umani, quando soffrono di achromatopsia, conosciuta anche come “total color blindness”.
  3. I gatti neri portano sfortuna. Da un’esperienza personale, NO. Anzi, portano una fortuna pazzesca. Anche se tendiamo a non credere a tutto questo ambaradan di sfiga e non-sfiga, di amuleti della zingara che ti fanno trovare cinquecento euro a terra e di “Mago de Simone che non c’è paragone”, vediamo un bel miglioramento della nostra qualità di vita da quando ci siamo messi in casa (beh, non viviamo tutti nella stessa casa, ma avete capito il concetto) una gatta nera. Sarà pure una coincidenza, ma sfata con sicurezza il mito che possano portare sfortuna.
  4. La gatta frettolosa fa i gattini ciechi. Beh, ma anche la mamma calma: tutti i gattini nascono ciechi e i loro occhi si aprono solo dopo dieci giorni.
  5. I gatti non si possono addestrare. Falso, falso, falso, falso! In totale, noi Cactus di Fuoco abbiamo quattro gatti. Ebbene, possiamo dire che tutti loro siano addestrabili, anche se ci siamo concentrati a insegnare più cose a quelli che sembravano gradire di più questo tipo di interazione. Innanzitutto, tutti i nostri gatti sanno andare al guinzaglio (e fanno schiattare di invidia i proprietari di cani locali, visto che i nostri mici sono più educati dei loro cani). Seduto, zampa e il richiamo (cioè venire quando si dice il loro nome) sono basic, insegnati a tutti. Qualcuno dice che i gatti si possono solo educare (tipo quando gli insegnate che non deve mordere le poltrone, sedersi sul tavolo e fare pipi sulla tv) e non addestrare, ma noi riteniamo che siano tutti addestrabili e che ci si possano pure divertire! Il metodo non è diverso da quello usato per i cani. Ovviamente i cani sono più ricettivi (e più svegli, scusate cat lovers, amiamo anche noi i micini pucciosi, ma è chiaro che, in genere, non siano altrettanto brillanti), ma i gatti possono imparare dignitosamente e con gran classe. Lo sapevate che esiste persino un circo di gatti?
    Morrighan&Lucha squad, pronte per andare a funghi!

  6. Ai gatti va messo un collare con il campanellino. No. No, per l’amor del cielo, quel coso gli da un fastidio bestiale! Il suono continuo disturba le loro sensibilissime orecchie e li porta all’esaurimento. Sono ‘sti poveri gatti col campanellino che diventano i “cattivi”, quelli che graffiano e mordono e che non vogliono essere toccati, e c’hanno pure ragione! Ovviamente esistono gatti capaci di tollerare il campanellino, perché hanno una soglia di sopportazione più alta, ma non illudetevi: nessuno di loro ne sarà felice.
  7. I gatti ci portano le prede perché ci vedono come dei cuccioli. Qualcuno dice che i nostri amici felini ci vedono goffi e lenti e incapaci di cacciare, perciò ci portano le prede, ma in realtà è una sciocchezza e basta pensare che nella maggior parte dei casi siamo noi a portare loro il cibo e in quantità assai maggiori di quelle che loro potrebbero procurare a noi e dunque, non conoscendo il concetto di supermercato, i gatti ci vedono come predatori grandi e assai più abili di quanto loro possano mai essere. Se ci portano un dono che loro stessi hanno cacciato è un pegno di stima e affetto nei nostri confronti e non di pietà!
(Lily e Lucha, una gattina e una maremmana, che mangiano nella stessa ciotola. Anche l'inimicizia storica fra i cani e i gatti è un "falso mito")

E ora passiamo alla parte che tutti stavate aspettando, ovvero come scrivere un gatto. Ecco un elenco di cose utili da tenere a mente quando state modellando il vostro personaggio felino:
  1. Il modello estetico dei gatti sono i gatti stessi. E più in particolare, ogni gatto ama sé stesso. Sappiamo che siete tentati di descrivere un umile micino, ma la verità è che anche il più brutto dei persiani atipici, con il muso incassato fra gli occhi strabici, sentirà sé stesso come massimo modello estetico e dunque preferirà la compagnia di chi gli somiglia. Ovviamente, essendo i miciuzzi anche degli opportunisti (nel senso più buono possibile, eh!), si affezioneranno a chiunque li coccoli e nutra e rispetti, indipendentemente dall’aspetto.
  2. Non esistono due gatti uguali dal punto di vista comportamentale. Se per i cani si possono tracciare delle grandi linee guida in base alla morfologia e, spesso, alla razza, per i gatti proprio non si può: ogni felino ha un carattere forte e ben differenziato dagli altri. Persino i fratelli di una stessa cucciolata tenderanno a fare ognuno di testa propria, a non emulare gli altri e a essere sé stessi! Questa è una cosa che dovremmo imparare dai gatti. Attenzione: in realtà esisterebbero, teoricamente, dei caratteri associati a ogni razza felina, ma per la maggior parte sono “gatto dolce” o “gatto dolce e giocherellone” o “gatto dolce ma che non fa niente”. Secondo gli standard, tutti i gatti sono dolci e amichevoli. Nella realtà, ognuno fa un po’ come gli pare. Però in genere i persiani sono pigri, questo glielo concediamo. E i gatti orientali urlano.
  3. I gatti sono predatori. Questo, è ovvio, significa che non possono in alcun modo sopravvivere di verdurine e frutta (mi raccomando, non comprate mangimi vegani per i gatti, a prescindere dalla vostra scelta personale. Uccidereste i vostri compagni a quattro zampe!), ma che possono nutrirsi solo di carne. Esistono gatti a cui piacciono altri cibi, ma si tratta solo di integrazioni, mai della base della loro dieta. Inoltre l’essere predatori porta con sé tutto un bagaglio di comportamenti che non vanno mai trascurati: l’istinto a inseguire tutto ciò che si muove rapidamente (che sia vivo o meno), quello a rimanere immobili quando si sente un odore “interessante” e l’istinto all’agguato. I gatti non sono predatori che inseguono la preda, ma si nascondono e aspettano il momento propizio per balzare e acciuffare la propria vittima! Quindi ci raccomandiamo con voi di non scrivere quelle scene ridicole in cui un gattino fa come un ghepardo e corre dietro a un topo per tutta la casa. Tom&Jerry è divertente, ma come avrete ben capito non è realistico.
  4. Come tigri in un salotto. Pigri o attivi, curiosi o disinteressati, stoici o sempre spaventati, i gatti sono tutti diversissimi fra loro, come abbiamo già detto, ognuno con i suoi vizi, le sue manie, i suoi gesti tipici, ma se possiamo darvi un consiglio su qualcosa che li accomuna tutti (e qualcosa che i vostri lettori ameranno visualizzare nella vostra storia) è l’impressione che si tratti di piccole tigri in un salotto. Quando si sta vicini ad un gatto, la sensazione di poter toccare qualcosa di selvatico è sempre fortissima… saranno gli occhi, sarà il loro portamento, i loro movimenti regali, ma davvero trasmettono l’idea di essere creature preziose che vengono da un mondo distantissimo dal nostro. Se riuscirete a convogliare questo concetto, questa sensazione, nelle vostre descrizioni allora avrete fatto centro!

Poiché i gatti, ahinoi, sono molto, ma moooolto, meno rappresentati dei cani nei film e nelle serie tv (un po’ di meno nei romanzi, per fortuna, ma per sfortuna la maggior parte dei romanzi sui gatti sono brutti), la mimica corporea dei gatti viene ancora scritta e interpretata in modo sbagliato da moltissimi autori indipendenti (e fossero solo loro…). I gatti non sono cani, non sono umani, non sono Harry Styles e non sono Harry Potter, quindi si muovono in maniera diversa da tutti questi soggetti. Si, si muovono anche in modo diverso dagli youtubers (tranne che i vostri youtuber non siano gatti), quindi non ispiratevi a loro. Siccome non ne parla mai nessuno, vi facciamo un mini-dizionario gattese, così non sbagliate più, ok?


Dizionario gattese-umano, con esempi presi dall’esperienza gattofila dei Cactus di fuoco:

Orecchie dritte e ben distese, rivolte in avanti: esprimono curiosità. Un
esempio tipico di situazione in cui vedrete questa mimica è quando il vostro gatto vede una mosca passare e poco dopo vi salterà per tutta la casa urlando “mromramaramau” e cercando di acchiappare l’insetto.
Orecchia piegate all’ingiù: esprimono aggressività. Un tipico esempio è quando il vostro gatto è di fronte a un altro gatto che non conosce, ma non si trova troppo vicino ad esso, e vuole comunicargli “ora ti ammazzo a te e a tutti i tuoi figli non ancora nati”.
Orecchie piegate all’indietro: esprimono paura o prontezza all’aggressione. Un tipico esempio è quando il vostro gatto è troppo vicino all’altro gatto che non conosce e in 0.1 secondi gli salta addosso per ucciderlo e far volare peli dappertutto.
Orecchie inclinate in avanti: esprimono rilassamento. Di solito le vedete quando state coccolando il vostro gatto dietro le orecchie e quello fa le fusa a tutto volume, ma sono comuni anche quando il vostro gatto ha sonno.
Coda tenuta tra le zampe posteriori: esprime uno stato di paura, proprio come nei cani. È un gesto piuttosto raro, visto che di solito i gatti esprimono la paura con l’aggressione, quindi sarebbe il caso di dire che esprime più il terrore che la paura. Vi auguriamo di non vedere mai questo gesto eseguito dal vostro gatto. Ai nostri non è capitato mai.
Coda tenuta dritta all’insù: esprime uno stato di rilassata felicità ed è un segno di saluto. Sapete che il gatto è l’unico felino capace di tenere la coda così? Un esempio tipico in cui potete scorgere questo segno è quando il vostro miciuzzo viene a salutarvi perché siete appena rientrati in casa.
Coda tenuta verso il basso, quasi strisciante: esprime stanchezza, come quando gli umani trascinano le braccia e dicono al rallentatore “sono staaaancooo”. Un tipico esempio è quando siete appena rientrati con la vostra gatta da tre ore di trekking sull’Aspromonte e lei varca la porta di casa senza più forze.
Coda tenuta gonfia e inarcata: esprime uno stato di paura assai più lieve di quello in cui la coda è tenuta fra le gambe. Un tipico esempio si verifica quando la banda di paese passa con tutti i tamburini e i tamburelli accanto alla vostra porta e il vostro gatto comincia a correre in giro con la coda che pare un piumino.
Coda mossa a scatti da un lato all’altro: esprime uno stato di estrema concentrazione, di solito un istante prima di un attacco, o di collera. Questo gesto viene chiamato anche “frustare i fianchi” e potete vederlo eseguito anche dai grandi felini, come tigri o leoni. Un tipico esempio per il vostro gatto può essere quando stanno per balzare sui vostri pesci rossi anche se li avete spinti via duecentotrenta volte.
Coda mossa lentamente da un lato all’altro: esprime concentrazione, ma non prontezza all’attacco. Di solito avviene quando il vostro gatto vede una preda, tipo un uccellino, che è ancora troppo lontana per poterla ghermire con un balzo.
Coda tenuta “morbida” con la sola punta che si muove: esprime una rilassata felicità ed è simile allo scodinzolare dei cani. Potreste vedere questo comportamento mentre tenete il vostro gatto in braccio e gli accarezzate la testa, magari accompagnato dalle fusa.
Coda tenuta rigida, con la sola punta che si muove: esprime fastidio, stizza. La potete vedere quando il vostro gatto non ne può più di essere accarezzato sulla testa (ricordate che i gatti hanno una pelliccia molto sensibile e che troppe coccole possono risultare fastidiose).
Mromaramau mroo mroo: verso felino giocoso che può significare “vieni a prendermi” o “sono velocissimo!”. Sembra una sorta di borbottio veloce ad alto volume e può essere interscambiato anche con i versi “mruu mruu”, “mraooo” e ogni sorta di borbottosa combinazione urlata. Avviene spesso quando un gatto vuole giocare a fare gli agguati o quando ha molta energia da scaricare distruggendovi la casa o acchiappando le mosche.
Il canto della gatta in amore: verso felino con cui la femmina dichiara la sua disponibilità ad accoppiarsi. Chiamarlo “canto” è un eufemismo bello e buono, perché si tratta di una serie di miagolii insistenti e acuti, percepibili a grandi distanze, che vi distruggeranno i timpani e la pazienza. Alcune gatte urlano più di altre.
Miao: verso felino che significa che il gatto vuole qualcosa da vuoi. Cosa? Lo dovrete scoprire. Magari ha fame, ha sete, vuole che lo guardiate o vuole essere toccato o vuole che gli apriate una porta chiusa o vuole che facciate tutte queste cose contemporaneamente. I gatti usano un sacco il “miao” per comunicare con gli esseri umani, tanto che si pensa che questo verso sia stato inventato solo ed esclusivamente per comunicare con noi: infatti in natura i gatti non miagolano!
Miao. MAO. Miao.
Mou/mmu: verso felino di fastidio lieve che il gatto emette quando lo state strizzando perché è davvero un cosetto adorabile, ma lui preferirebbe non essere abbracciato così tanto o così forte.
Nonononononono: verso felino di paura e minaccia, spesso alternato da sputi e soffi. Se un gatto vi dice “nonononono” vuol dire esattamente quello che sembra, ovvero NO! Non toccatelo se vi dice di no. Rispettate il gatto. E smettetela di spaventarlo con quella maschera da mostro di Frankenstein, per l’amor del cielo, che il gatto sta per farsela addosso dentro casa vostra.
Fusa: verso felino di conforto e amore. Di solito viene utilizzato per comunicare questo conforto e amore agli umani, ma talvolta i gatti lo fanno anche per loro stessi, quando sono malati o stanno soffrendo. Un tipico esempio di questo verso è quando il vostro gatto e a pancia all’aria in una scatola e gli state dolcemente grattando il mento.
Mio e le sue dolci fusa.
Leccare i capelli: comportamento felino di toelettatura verso coloro i quali considera parte della vostra famiglia. Significa che il vostro gatto vi ama! Anche se dopo avrete i capelli che puzzano di scatoletta di tonno. O di scatoletta di manzo. O di croccantino, dipende.
Leccare le mani/i piedi: idem come sopra. Alcuni gatti hanno una strana passione per i piedi, però. Altri invece li odiano e li graffiano. Gatti, rispondeteci voi, ma che avete con ‘sti piedi?
Morso: comportamento del gatto quando vi vuole mordere perché siete degli idioti che lo infastidiscono. Oppure perché l’idiota è lui: può capitare. Ci sono molti gatti idioti là fuori.
Morso leggero: comportamento giocoso di un gatto per invitarvi a “fare la lotta” per finta. Di solito è affettuoso e solleticoso e può avvenire in qualunque momento della giornata il vostro gatto reputi di dover giocare. (Si, perché i gatti non desiderano una cosa, loro “reputano di doverla fare”).
Occhi ben aperti: indicano curiosità e allegria. Se siete dei bravi padroni, i vostri gatti staranno così per la maggior parte del tempo in vostra presenza (quando non stanno dormendo).
Occhi socchiusi: sonnolenza o totale rilassamento. Quando i vostri gatti tengono gli occhi così, sono pronti ad addormentarsi con qualche carezza.
Carezzami il pancino mentre mi addormento.
Occhi con pupille dilatatissime: tranne che non sia buio, questo comportamento indica paura e/o aggressività. Accade spesso quando i gatti, per nessuna ragione al mondo, diventano delle gnaulanti macchine da combattimento (tranquilli, dopo pochi minuti tornano normali) e in tal caso vi consigliamo di non offrire loro le mani o vi ritroverete così pieni di graffi da sembrare di ritorno da una battaglia fra highlanders. Se poi il gatto si trova in una scatola e vi guarda con quegli occhi (i padroni dei gatti sanno di cosa stiamo parlando) come se fossero dei matti strafatti, allora è meglio proprio lasciarli in pace.
Lily, la regina dei matti.
Gatto che allunga la testa verso di voi, stirando il collo: è il comportamento di un gatto che, ovviamente, vuole essere accarezzato. Di solito accompagnato da fusa e movimento della punta della coda o coda completamente inerte, se il gatto è sdraiato, altrimenti il felino porterà la coda ben dritta all’insù.
Gatto che si siede sul giornale che state leggendo/di fronte al computer su cui state lavorando: comportamento che significa “guarda me! Coccola me! Esisto solo io!”. In pratica è una richiesta di attenzione. Accade, ovviamente, quei due minuti in cui decidete di leggere qualcosa. Molti gatti potrebbero non compiere mai questa azione: bravi, gatti educati.
Gatto che struscia la faccia contro di voi: comportamento che serve a dimostrare e rafforzare l’amicizia. Il muso di ogni gatto possiede ghiandole sottomandibolari, guanciali e periorali che producono una sostanza chiamata feromone appagante dell’amicizia che è molto simile al nepetalattone contenuto nella famosa erba gatta. I gatti stanno in pratica sballando sé stessi con una droga auto-prodotta e già che ci sono cercano di sballare pure voi… qualcosa di simile. Ah, l’amicizia! Non è una cosa straordinaria? E oltre all’amicizia, i gatti rafforzano anche il senso di possesso che provano verso quella persona: è come se stessero lasciando un bigliettino su di voi con scritto “Questo fattone è proprietà di Fufi”, infatti è un atteggiamento che può essere applicato dai nostri piccoli felini anche sui loro oggetti preferiti.
Stelvio sfrega la faccia contro qualunque cosa, compresa la fotocamera.
Gatto che si fa le unghie sui divani (o sul mobiletto della nonna): comportamento utile sia a rafforzare i muscoli che ad affilare gli artigli, eliminandone gli strati vecchi e più esterni (perché sì, gli artigli dei gatti sono a strati proprio come le cipolle); è una marcatura visiva ed olfattiva.
In pratica, il gatto marca il suo territorio per far sapere a tutti che è proprio il suo, esattamente come vuole far sapere a tutti che voi siete proprio il fattone di Fufi e non un fattone d’altri, graffiando degli oggetti in punti strategici per lasciare segni evidenti dei suoi artigli e rilasciando dei feromoni da delle piccole ghiandole interdigitali per aggiungere un’impronta odorosa riconoscibile. Potrebbe mostrarsi riluttante a farlo sul tiragraffi, quale che fosse la vostra intenzione quando lo avete piazzato in casa. Meglio pelare il divano.
Gatto che fa pipì per tutta la casa: questo comportamento, come il farsi le unghie, è un’azione che serve a rivendicare proprietà dell’ambiente in cui il micio vive. Oltre a segnalare con prepotenza la sua presenza a qualunque intruso (e purtroppo anche a voi, perché l’odore di urina felina non è proprio paradisiaco) può essere indicatore di un micio molto insicuro, che si sente a disagio nella propria casa. È importante indagare sulle fonti di questa ansia, per il bene vostro e del gatto!
E ora che sapete quello che vi serve sui gatti, andate lì fuori, giovani e meno giovani, e scrivete il vostro libro per spargere la conoscenza! Ops, ma forse prima dovreste dare un’occhiata alla nostra...
Piccola bibliografia utile (studiate, bambini, per essere perfetti!):
  • Io e Dewey (Vicki Myron): la storia vera di un gatto rosso, salvato in una notte gelida quando era ancora un micino, che ha riportato alla vita la biblioteca di Spencer ed è diventato famoso in tutto il mondo. È un racconto che vi strapperà il sorriso più di una volta.
  • The Familiars (Adam Jay Epstein e Andrew Jacobson): una serie fantasy per bambini, in cui un gatto bianco e nero di nome Aldwyn è il protagonista. I gatti sono da sempre animali strettamente legati al mondo magico e l’idea di scrivere una saga fantasy sui famigli ci è sempre piaciuta molto (tanto che anche noi abbiamo delle idee per crearne una…). In più, Aldwyn è chiaramente un gatto carismatico.
  • Il giardino dei musi eterni (Bruno Tognolini): un libro che ha come protagonista una gatta… morta! Questo è un libro che consigliamo anche a coloro i quali vogliono fare una lettura interessante sui cani. O sui cavalli. O sulla vera natura degli esseri umani. È un racconto magico, che parla di un cimitero di animali, ma è anche un thriller e una fiaba (un po’ horror, ma giusto un tocco) che vi farà piangere come bambini e si farà divorare in meno di una notte. Consigliatissimo!
  • A spasso con Bob (James Bowen): un romanzo autobiografico da cui è stato tratto anche un film, racconta la storia di un senzatetto e tossicodipendente la cui vita viene cambiata (ovviamente in meglio) dall’incontro con Bob, uno splendido gattone rosso. È una storia vera, aspra e bellissima al tempo stesso, e che vi mostrerà come un gatto possa cambiare tutto.
  • Coraline (Neil Gaiman): il gatto (nero) qui è solo marginale, ma ve lo consigliamo comunque perché è una rappresentazione assolutamente magica di questo animale, visto come libero dai vincoli della nostra mente e persino della nostra dimensione, tanto da poter passare attraverso porte nascoste…
  • Cleo (Helen Brown): la storia di una madre che perde suo figlio e si ritrova con una gatta nera che non ha mai desiderato. Straziante, commuovente e deliziosamente vera, descrive tutto il fascino di questi animali senza trasformarli in idoli che non sono. Cleo è anche una delle nostre gatte preferite di tipo… sempre. Molto consigliato.
  • Sunset – Belarda contro i vampiri (Cactus di Fuoco): e poteva mancare uno dei nostri libri? La protagonista ha un gatto nero (avete notato quanti gatti neri ci sono in questa lista?) e francamente ci sentiamo di averlo scritto bene. Dobbiamo dare il buon esempio se vogliamo essere credibili!
  • Due gatti rossi (Cactus di Fuoco): sì. Sì. Abbiamo un webcomic, un fumetto online, che racconta le avventure delle nostre bestiole. Lo trovate QUI e lo potete leggere gratis! Godetevelo!

Nota: tutte le foto e i video in questa pagina ritraggono i gatti (e cani) che appartengono ai membri del nostro gruppo di scrittura. Gli animali dei Cactus di Fuoco! Graziosi, nevvero?

lunedì 12 agosto 2019

Come scrivere di ogni cosa 6. I cani

<CAPITOLO PRECEDENTE (Harmony, chick lit e altra brodaglia rosa)

Le nostre Lucha e Mami che giocano

Li chiamano “i migliori amici dell’uomo”, ma da una ricerca è emerso che tanto obbediscono di più alle donne. Alcuni dicono di loro che sono codardi, in realtà sono più coraggiosi sia dei loro antenati lupi che della maggior parte degli esseri umani. Hanno la più grande varietà di forme e dimensioni possibili in una stessa specie dell’intero mondo animale e ci sono razze letteralmente per tutti i gusti. Di chi stiamo parlando? Ma ovviamente dei cani!
I cani sono importantissimi in letteratura. Alcuni sono protagonisti del proprio libro, o persino della propria saga, altri sono imprescindibili accompagnatori di personaggi umani e non, rappresentando la purezza dei sentimenti, l’allegria, la fedeltà e il legame con le nostre origini, con la nostra natura.
Tuttavia ci è capitato un gazilione di volte di leggere di cani che, semplicemente, non sono credibili perché non fanno cose da cani. A volte non sono neanche davvero fatti a forma di cani.
Questo capitolo è qui per aiutarvi a imparare come gestire un cane nei vostri libri e racconti (e anche per darvi un sacco di curiosità fichissime su questi animali fichissimi), come non cadere nei cliché (numerosissimi) che circondano questi animali e anche per farvi innamorare dei compagni di viaggio che hanno affiancato e guidato lo sviluppo delle civiltà umane. Ah, e parleremo anche un po’ di lupi, già che ci siamo.

Cominciamo dicendo che, non importa il periodo storico di quale state scrivendo, potrete sempre inserire un cane nella vostra narrazione. O meglio, quasi sempre. La domesticazione del cane è avvenuta più o meno nel 15000 a.C. (è un sacco di tempo fa!) ed è stata la prima domesticazione in assoluto. Solo molto dopo è arrivata la capra (10000 a.C), la pecora (8000 a.C.), e in seguito la mucca, il maiale e il pollo. Il cavallo, che da tanto l’impressione di aver segnato la storia umana, è arrivato solo nel 4000 a.C., mentre il gatto solo nel 3500 a.C. Nel ricorrente scontro “cat people” vs “dog people”, gli amanti dei cani hanno la carta del tempo dalla loro parte.

Insomma, è un po’ come dire che i cani sono con noi da sempre. Storia antica, medievale, moderna o contemporanea, il cane era lì, quindi non accampate scuse e inseriteli sempre nei vostri romanzi storici, altrimenti non sono credibili. Ma anche nei vostri romanzi non-storici, tranne che non si svolgano su un altro pianeta. Ci viene istintivamente da pensare a Twilight (chi ci conosce sa che siamo molto legati a questo romanzo, che usiamo come esempio di come non-scrivere un libro) nella quale non compaiono mai i cani. A Forks, in tutta una città, non c’è neanche un cane. Passeggiando per le vie di altre città e persino ad un grande festival a Volterra, la protagonista Bella Swan non avvista mai un cane. Ricordatevi: un romanzo in cui ci sono vampiri e licantropi diventa ancora meno credibile se non ci sono animali e non diciamo di metterci per forza i cani, anche se sono il più antico animale addomesticato nonché il più comune, ma almeno un gatto, un cavallo, un pollo… qualche bestiola amichevole, no? Bella Swan dice anche, in una scena, di aver sempre voluto un cane, confermandoci così che nel loro mondo esistono, ma tutti noi ci chiediamo chi diavolo le abbia impedito di prendersene uno se lo voleva così tanto. Non siate come Stephenie Meyer. Scrivete i cani nei vostri libri.

Adesso che abbiamo rotto il ghiaccio e capito che i cani vanno scritti, passiamo subito ad elencare gli errori più comuni che la gente fa:
  1. Cani che sudano. È una cosa che purtroppo abbiamo riscontrato anche su Wattpad, una convinzione che non sappiamo proprio da dove sia saltata fuori. Noi l’abbiamo dato sempre per scontato, ma a quanto pare non è così, quindi ci vediamo costretti a scriverlo: i cani NON sudano. Suvvia, avete mai visto un cane con il pelo tutto impiastricciato di sudore sotto il sole? No, ovviamente! (Mentre noi lo abbiamo letto in un racconto, ugh). Per abbassare la propria temperatura corporea, i nostri amici a quattro zampe ricorrono alla ventilazione polmonare: in pratica ansimano. E perdono anche un po’ di liquidi dal naso e dai polpastrelli, ma è secondario.
  2. Cani che vedono in bianco e nero. Si tratta di un falso mito: sebbene i cani possano percepire uno spettro cromatico ridotto rispetto al nostro, non vedono affatto in bianco e nero. I colori che percepiscono più facilmente sono il giallo e l’azzurro. 
  3. L’alfa grosso e cattivo. Così come nei branchi di lupi, anche in quelli di cani l’alfa non è il cane più alto e più forte (o più cattivo), ma quello più autorevole… e l’autorevolezza non è conferita dalla dimensione o dalla potenza dell’animale. E non è neanche un ruolo ereditario, come ci è capitato di leggere! Il figlio di un alfa non diventerà necessariamente un alfa, visto che in un branco di lupi di solito… sono tutti figli dell’alfa! E di certo non potranno diventare tutti dei capi.
  4. Il maschio aggressivo, la femmina remissiva. Così come non si può generalizzare per le persone, non si può fare neanche con i cani… e comunque, questa distinzione sarebbe sbagliata. È vero, verissimo, che spesso i maschi sono più territoriali (basta vedere quante volte alzano la zampa per annaffiare i pali e gli alberi durante una passeggiata!), ma questo non equivale all’aggressività. Una curiosità utile in questo senso: ai tempi in cui i combattimenti fra cani erano legali, le femmine di pitbull erano le più utilizzate per la loro tenacia e aggressività, il che ci porta al nostro prossimo punto, ovvero…
  5. Pitbull malvagi. Se avessimo cinquanta centesimi per ogni volta che abbiamo letto “cattivo come un pitbull”, “aggressivo come un pitbull” o “sembrava un pitbull (riferito ad un personaggio ombroso e scontroso)” saremmo ricchi. Ricchi, vi diciamo! Intorno al pitbull è tutto un fiorire di leggende e falsi miti che farebbero mettere le mani nei capelli anche a un santo. Sembra che gli scrittori neanche lo abbiano mai visto un pitbull, visto che li descrivono spesso come enormi, schiumanti, con gli occhi cattivi. Insomma, forse quella lì è una tigre stressata sotto steroidi con le emorroidi, ma di certo non un pitbull! I pitties hanno infatti un peso tra i 16 ed i 27 kg per i maschi e tra i 13,5 ed i 23 kg per le femmine, insomma sono dei nanerottoli! Tutti i cani che noi Cactus di Fuoco possediamo sono più grandi di così e non è che siano dei giganti. E poi, diciamocelo chiaro chiaro, i pitbull non fanno paura se li guardate in faccia, visto che sono fatti a forma di cuccioli: è solo la loro brutta fama che fa rabbrividire le persone che non li conoscono e fa sciaguratamente associare quell’aspetto dolce, rotondo e puccioso a un carattere che poco o nulla ha a che fare con quello di questo cane. Ma di questo ne parleremo meglio più avanti, nella sezione dedicata alle razze.
  6. La pallina! LA PALLINA! Nel 99% dei casi, quando qualcuno che non conosce bene i cani (magari semplicemente non li conoscete bene, giovani scrittori! Non ve ne si può fare una colpa) scrive di uno di loro, lo descrive come un “pallinadipendente”. Un po’ è colpa dei film e dei cartoni, anche loro spesso creati da scrittori superficiali, ma sappiate che in realtà la quantità di cani appassionati di sferette lanciate e di riporto sono pochissimi. Eh sì, il riporto e l’ossessione per le palline sono tipiche di alcune razze, in particolar modo i retrievers (come i labrador e i golden retriever), ma la maggior parte dei cani non sono affatto interessati alla palla. I nostri cinque cani, per esempio, non se ne fregano niente delle palline, mentre il nostro gatto nero corre come un matto quando ne vede una. Sì, smettetela di stereotipizzare anche i gatti.
  7. Il cane che lecca la mano che lo picchia. Dicono che i cani amino senza condizioni, che la loro fedeltà sia incrollabile, che siano disposti a morire per il loro padrone. Ma è davvero così? Nì. Molto dipende dal carattere individuale, della razza a cui appartiene, ma soprattutto dal padrone. Uno dei nostri cani, una femmina di maremmano abruzzese, apparteneva precedentemente a un padrone che la lasciava sola tutto il giorno, che non giocava con lei e che la sgridava. Non la picchiava neppure, eh, si limitava a sgridarla e non curarla. Ebbene, la cucciola (al tempo era una cucciolona) non provava un briciolo di affetto per lui. Incorruttibile anche con il cibo (il cane “mangione” che farebbe qualunque cosa per un boccone è un altro falso mito piuttosto radicato…), la piccola si era lasciata deperire pur di non dover passare del tempo con quell’uomo. Non accettava il suo cibo, vi rendete conto? Ora è una bella bestiona adulta, educatissima, obbediente, protettiva, e non dubitiamo che metterebbe in pericolo la sua vita per noi… ma per quell’uomo non avrebbe sprecato uno solo dei suoi preziosi peli bianchi. L’affetto di un cane non è incondizionato, la sua fedeltà non è eterna: sono cose che vanno guadagnate e meritate.
  8. Cani che riconoscono il tono di voce, ma non le parole. È vero che il tono di voce è importante (se strillate a un cane con la voce vibrante di rabbia come un drago pazzo, ovviamente il cane un po’ di paura ce l’avrà), ma quando addestrate un cane, dopo un po’, il tono di voce diventa irrilevante. Ormai quando chiediamo “zampa” lo possiamo dire come ci pare, strillando o sussurrando, con l’accento sbagliato (zampà) o girando su noi stessi, otterremo sempre una zampa. I cani riconoscono le parole eccome! C’è una femmina di border collie di nome Chaser che conosce ben 1022 parole diverse. Se le dici “portami la pallina rossa” lei ti porterà la pallina rossa. E non veniteci a dire che c’entra niente il tono di voce! Come fate a dire che c’è un tono di voce particolare per definire “pallina” e “rossa”.
  9. Cani che cercano la libertà e l’indipendenza. Ricordatevi che i cani sono animali sociali, così tanto da provare forte stress e persino depressione se non possono avere interazioni regolari. A volte i cani scappano di casa, ma non è perché non vogliano più stare con il loro padrone: spesso si tratta di cani che si annoiano, che hanno poca stimolazione mentale o che semplicemente hanno visto qualcosa che li interessa (magari una femmina in calore? O, se sono femminucce in calore, un bel maschietto attraente) che vogliono raggiungere. Ma poi, tornano, eh! O almeno, ci provano (a volte anche loro si perdono, purtroppo). Ma un cane appagato al 100% (anche al 80%, ok) se ne frega dell’indipendenza, visto che si tratta di animali fortemente sociali e fortemente dipendenti dal branco. Una delle nostre cagnoline (beh, non tanto “ina”, ma vabbè), una meticcia di nome Mami potrebbe scappare quando vuole (confessiamo che si è fatta adottare con la forza, visto che non la volevamo all’inizio), ma ci sta appiccicata alle gambe anche quando non dovrebbe, motivo per cui andiamo con lei in biblioteche, musei e in generale ovunque possa entrare un cane. Sta appiccicata. A proposito, ci viene in mente un film di animazione, Lilly e il Vagabondo 2: il cucciolo ribelle. È un film carinissimo, con belle canzoni e bei personaggi, ma si basa interamente su una sciocchezza: il cucciolo Zampa che non vuole stare con la sua famiglia che lo ricopre di attenzioni e fugge per diventare un cane di strada Un cucciolo di cane. Che scappa di casa per diventare un randagio volontariamente. I cuccioli dei canidi sono dipendenti al 100% dalla loro famiglia e, per ovvi motivi, non si sognerebbero mai di buttarsi in mezzo ad una strada da soli, lontano dalla madre e dai fratellini, dalla protezione del branco, dal caldo e dal cibo. La trama di Lilly e il Vagabondo 2 è più fantascienza di Matrix, ma sul serio. Almeno Matrix ha un minimo di plausibilità.
  10. Cani e gatti nemici proverbiali. Punto. Uno dei libri che abbiamo pure recensito, Il Gatto che aggiustava i cuori (di Rachel Wells), vede i cani solo come antagonisti puri, tutti cattivi ad abbaiare contro al protagonista Alfie (che ovviamente è un gatto). È vero che i gatti e i cani hanno linguaggi corporei diversi, ma anche gli animali possono diventare bilingue! E, molto spesso, cani e gatti che crescono insieme si vorranno bene e cercheranno di proteggersi a vicenda. Ve lo diciamo per esperienza personale. Dunque sì, è possibile (e probabile) scrivere dell’inimicizia fra un cane e un gatto, ma altrettanto possibile farlo con la loro amicizia.

Questi sono “gli errori”. Ma possiamo fare di meglio (o di peggio). Possiamo andare oltre. Quelle che elencheremo di seguito sono le cosiddette “cugginate”, quelle stupidate colossali come un troll potteriano che non abbiamo fortunatamente mai letto in un romanzo o in un racconto, ma sfortunatamente sentito fra gli ignoranti, fra i sedicenti esperti di cani e fra le casalinghe cinofobe che sono davvero convinte di queste stupidate raccontategli dai loro mariti o fratelli sedicenti esperti di cani.

Avremmo potuto anche non includere le cugginate qui, perché crediamo che i nostri lettori siano intelligenti abbastanza da distinguere le cose impossibili e completamente inventate dalla realtà plausibile, ma: a) è comunque possibile che a forza di sentirsi ripetere le cugginate si finisca per crederci davvero e b) ci facciamo due risate, che è la cosa più importante.

Alcune fanno solo sorridere, altre vi sganasceranno, altre ancora vi faranno arrabbiare, ma la domanda è sempre questa: siete pronti per tutte le assurdità sul mondo cinofilo?

  1. Da genitori di razza diversa possono nascere cani di razza pura. Questa cugginata, purtroppo molto comune, spinge gli idioti a fare accoppiare cani di razza diversa sperando di ottenere cuccioli di razza pura. Ma di quale delle due razze, poi? Cioè, volete dire che se accoppi un alano e un cocker ti nasceranno… cosa? Degli alani puri o dei cocker puri? La verità è che nasceranno dei meticci D.O.C (Di Origine Cretina). Ci sono poi gli idioti che producono incroci e li vendono come cani puri. Sapete che ci sono allevamenti, ovviamente non autorizzati dall’ENCI, che vendono chincer, ovvero incroci fra chihuahua e pincher nano? Ok. Fate un po’ quel che vi pare, ma se vi nascono cani a forma di marmitta con i piedi di topo sappiate che noi non c’entriamo niente.
  2. Il cane (maschio) è in calore, per questo fa il monello! I maschi non possono andare in calore: loro sono pronti a riprodursi 365 giorni l’anno. Quindi se il vostro cane fa il monello non è perché vuole fare fiki fiki, ma perché non sapete controllarlo. Pirla.
  3. I cani non vanno lavati fino ai sei mesi di età. Ok, questa chi l’ha inventata, gli amanti della puzza e dei parassiti? No, perché un cane lo puoi lavare quando ti pare se è sporco, eh: tranquilli che non muore.
  4. I cani di razza hanno il palato nero. Ah. Questa non abbiamo proprio idea di da dove possa essere spuntata, ma ovviamente è una falsa credenza: a seconda della razza e dell’individuo, possono avere colori molto diversi tra loro.
  5. I cani di razza hanno il neo sulla faccia, vicino alla bocca. Come le dive? Sul serio? Questa cugginata presumiamo sia cicciata fuori dal fatto che piuttosto spesso i pastori tedeschi hanno davvero una macchiolina scura, una specie di neo, vicino alla bocca: ma è tipico per l’appunto dei pastori tedeschi, è presente anche negli individui non puri, e non c’azzecca niente con le altre razze. Thank you.
  6. I cani di razza hanno la lingua blu. Ok. E siccome solo il chow chow e lo shar pei hanno in realtà la lingua blu, tutti gli altri cani sono bastardini patentati, giusto?
  7. Il cane sta benissimo: ha le gengive rosse rosse! Come rosse? Rosse, abbiamo sentito bene? Guardate che le gengive devono essere rosa (in alcune razze sono ammesse macchie più scure), ma se sono rosse il vostro cane non è che stia proprio benissimo: ha un’infiammazione alla bocca.
  8. Guarda che bello, ho comprato uno yorkshire teacup! “Ah, che bello, ha la stessa grandezza del tuo cervello!”. I cani teacup, chiamati così perché potrebbero stare dentro a una tazza (di solito così brutti e malati, perché selezionati con i piedi, che potrebbero direttamente buttarli nella tazza del cesso) sono una moda neanche tanto recente in cui si prende una razza di cane già piccola di suo, ma sana, e si fa rimpicciolire con l’allevamento selettivo finché quei cani adorabili non sembrano piuttosto dei topi brutti con la congiuntivite e il pelo a chiazze, ma che fanno strillare le signorine “ahhh, che cariiiino!”. Vengono chiamati anche “pocket” o talvolta, impropriamente, “toy”. E la cosa interessante è che, poiché queste varietà non sono riconosciute da nessuna ente ufficiale (come potrebbero?) non esistono. Ufficialmente, lo yorkshire teacup (o il maltese toy o altra roba del genere) è soltanto un cane rachitico con gli occhi di fuori e che avrà problemi di salute per il resto della sua breve vita. Non supportate questo business sulla pelle di cuccioli che non avrebbero mai voluto nascere brutti. Non comprate cani rachitici. Be smart.
  9. La cagna deve avere almeno una cucciolata nella vita. Ma anche no. La maggior parte degli ingenui è convinta che ogni femmina (comprese quelle umane) debba figliare, che sia importante per… boh… il carattere? La salute? Comunque sappiate che non è assolutamente vero: il calore, l’accoppiamento, il parto sono uno stress (quasi più per voi che per l’animale stesso) che, se non volete produrre cuccioli, può essere evitabilissimo. Una sola gravidanza non ha alcun riscontro apprezzabile sulla salute della cagna: avere una o nessuna cucciolata è esattamente la stessa cosa.
  10. Se non tagli le orecchie al cane, diventa sordo. O semi-sordo. O gli vengono le infezioni. Questa balla grossa come una casa viene generalmente perpetrata dagli estimatori (o presunti tali) delle razze molossoidi o dei pitbull. A noi, in prima persona, l’ha detto un allevatore di amstaff, nella versione “gli vengono i vermi”. Voi, che siete persone intelligenti, avrete già capito che i vermi non c’entrano niente con la presenza delle orecchie, che sono una cosa naturale e che devono stare lì, al loro posto. Sappiate che tagliare orecchie canine è solo ed esclusivamente uno sfizio estetico: il proprietario (o l’allevatore) che vuole far sembrare cattivo il proprio cane gli affetta via le orecchie per lasciare quella specie di “cornetti” corti che stanno su e che sembrano un po’ i cornetti di un demone.
  11. Le orecchie dei cani da combattimento vanno tagliate, perché sennò quando combattono l’altro cane gli si attacca alle orecchie e gliele strappa. AH. Ah. Correlata al punto precedente: affettare orecchie canine è solo uno sfizio estetico del padrone. Ma poi, c’è da dire, il combattimento fra cani è vietato in qualunque stato che sia un minimo civilizzato. E poi scusa, come sarebbe a dire che gliele tagli tu, le orecchie? Del tipo “mah, visto che l’altro cane gliele potrebbe strappare, facciamo prima che gliele levo io?”. Ma allora strappati la faccia, deficiente, perché stiamo per colpirti con una serie di pugni che ti devastiamo proprio. Dulcis in fundo, ma voi ve li immaginate due cani da combattimento che si masticano le orecchie l’un l’altro? Cioè, che invece di cercare di scannarsi, mordendosi alla gola, o di colpire gli occhi e il naso dell’avversario, si attaccano alle orecchie? Tipo giostra, che uno gira cercando di liberarsi e l’altro, boh, gli sta attaccato all’orecchio con la bocca? Noi no. E sapete perché? Perché i canidi non cercano di strapparsi le orecchie in combattimento: non a caso i pitbull ADBA o in generale quelli che combattono per davvero hanno le orecchie intere.
  12. Dopo sette anni il dobermann impazzisce e sbrana il suo proprietario. Invece voi, se credete a una cosa del genere, siete pazzi ora. Ci sono diverse versioni della spiegazione di questa cosa, ma la più famosa è quella per cui il cervello del dobermann crescerebbe con l’età e a sette anni diventerebbe troppo grosso per il suo cranio, che avendo una forma allungata e stretta non riuscirebbe ad ospitarlo. Ma allora: a) i levrieri dovrebbero nascere tutti matti, vista la forma della testa che si ritrovano e b) invece di impazzire, visto che gli si schiaccia il cervello, dovrebbe perdere gradualmente funzionalità motoria e intellettiva, soffrire di attacchi epilettici e infine morire, mica mangiarvi. Purtroppo questa cugginata è stata spesso una scusa per uccidere i dobermann (anche quelli degli altri, eh) prima del compimento del settimo anno. Dieci secondi di pausa e silenzio per la morte di questi innocenti, vittime dell’ignoranza umana.
  13. La coda del dobermann va tagliata perché ci vive un verme che poi a sette anni sale nel cervello e li fa impazzire. No comment.
  14. Se un dobermann ti morde, non si stacca più, poi avrai bisogno del cric per aprirgli la bocca. Questa cugginata, che il povero doby condivide con il pitbull (purtroppo sono due razze profondamente colpite dal pregiudizio e dall’ignoranza), è veramente incredibile, ma… un sacco di gente ci crede comunque. Che senso avrebbe, dal punto di vista naturale, mordere qualcosa e non lasciarla più? Ma non devi usare la bocca per altre cose, magari… respirare? Mangiare? Bere? NO? Devi per forza mordere una cosa per tutta la vita? E poi, giusto cielo, aprire la bocca del cane col cric… la spiegazione che i cretini danno a questa sciocchezza è che quando il cane morde una persona (badate bene, non una crocchetta, non una palla, non un altro cane, ma solo una persona umana), disarticola la mandibola dall’articolazione per restare attaccato in maniera permanente. Peccato che una mandibola disarticolata, nella realtà di noi persone che vivono in un mondo con leggi della fisica, sia debolissimo rispetto a un morso “normale” perché sarebbe dato senza fare leva. Quindi tranquilli: non dovete girare sempre attrezzati come meccanici se andate in giro con un doby o un pitty.
  15. La cane cruda fa diventare il cane aggressivo. “E la verità cruda, invece, a te fa proprio schifo”. La carne cruda sarebbe, in teoria, l’alimento più consigliato in assoluto per un cane. Ora, se date del miele a un’ape questa vi diventa aggressiva? Se date l’erba a una capra vi diventa aggressiva? Se date il latte a un bambino, allora il bambino vi sbrana, occhio, eh. Parlando di esperienze in prima persona: la carne cruda ai nostri cani non ha mai fatto niente, sono tutti patatoni morbidoni coccoloni.
  16. Se castri un cane lo fai diventare gay. “E potessi diventare gay anche tu, così non ti riproduci e non passi quei geni di cretino che ti ritrovi”. Diciamocelo chiaro, boys and girls, un cane gay non sarebbe poi così male (almeno non scappa ogni venti secondi per raggiungere le cagnette in calore), ma potete stare tranquilli che non lo fate diventare un bel niente, nemmeno omosessuale, con la castrazione. Rimarrà il vostro cane di sempre. Punto. Le modificazioni caratteriali sono minime e di solito sono solo vantaggiose (per voi) perché magari la smetterà di pisciarvi sulla biancheria per marcarla.
  17. Il cane senza cistifellea non morde. Stiamo ancora ridendo. Non sappiamo da dove possa esser cicciata fuori questa diceria, non sappiamo in che modo la cistifellea e i morsi siano collegati. Non sappiamo. Accettiamo di non sapere.
  18. Se vuoi sottomettere il tuo cane, fagli la pipì addosso. “Esci il cane e piscialo”. A parte i fraintendimenti con l’Accademia della Crusca, NO, non urinate sul vostro cane per l’amor del cielo. Un cane urinato: a) puzzerà e voi non volete che il vostro cane puzzi (tranne che non siate quelli che “i cani non vanno lavati”), b) non avrà assolutamente capito che volete sottometterlo e c) penserà quello che pensano tutti, ovvero che fate schifo.
  19. Se il cucciolo fa la pipì in casa, mettetegli il naso nella pipì e poi picchiatelo col giornale. “E se tuo figlio fa la pipì a letto, rotolalo nelle coperte pisciate e buttalo dalle scale”. Che senso avrebbe questa cosa? Secondo i “sedicenti” (qua pure sedicenti va fra virgolette) comportamentisti della domenica, in questo modo il cagnolino capisce che lo state picchiando per via della pipì. Quello che in realtà il cagnolino capisce è che lo state sporcando (anche ai cani non piace essere sporcati di urina, lo sapevate? Ecco, sapevatelo) perché siete dei porci maneschi a cui piace anche picchiarlo. Non fatelo. Be smart.
  20. Il cane deve digiunare almeno una volta alla settimana. Ehm. Sarà un nuovo modo per risparmiare sui croccantini…

Note: alcune delle spiegazioni che abbiamo dato potrebbero essere ulteriormente approfondite e celano tutto un mondo interessante dietro, ma per motivi di spazio (uniti al fatto che è una rubrica di scrittura, non di zoologia o di cinofilia) non possiamo scrivere tutto. Se siete interessati, siamo certi che potreste trovare tantissimo materiale utile su internet, e in particolar modo sul sito “Ti presento il cane”, che è davvero ricchissimo.

E adesso che sapete cosa dovete evitare di scrivere, corriamo come labrador dietro a un gatto spaventato a scoprire cosa invece dovete scrivere.
Il mondo dei cani è variegato e non tutte le categorie possono essere scritte allo stesso modo: il piccolo chihuahua, estremamente attaccato al padrone, ma molto reattivo e con scarsa intelligenza ubbiditiva, non è certamente paragonabile nel suo modo di agire a un malinois, fiero soldato sempre pronto ad imparare nuovi trucchi e a mettersi in gioco, e nessuno dei due somiglia all’immenso mastiff, l’unico cane che può superare i cento chili di peso, tranquillo, pacato, lentissimo, ma affettuoso ed estremamente protettivo. Dunque divideremo i cani in alcuni macrogruppi comportamentali/morfologici… eh sì, perché la morfologia nei cani è molto spesso legata ad alcuni particolari scopi e rivela molto riguardo alle attitudini caratteriali! Ma senza altri indugi, cominciamo subito:
  1. Cani da guardia. Alcune razze esempio di questa categoria sono il bullmastiff, il dogue de bordeaux, il fila brasileiro, il pastore dell’asia centrale, il cane corso e il mastino napoletano, ma qui parliamo anche di tutti gli incroci con alta propensione per la difesa del territorio. I cani da guardia sono quelli che quasi tutti sbagliano a scrivere. Avete presente quelle scene, nei cartoni o nei fumetti, in cui qualcuno tira un osso, una scarpa, una palla o qualcosa del genere al cane da guardia per farlo distrarre ed entrare di soppiatto nel giardino o nella casa in cui voleva intrufolarsi? Ma certo che ce l’avete presente! Ecco, scene come questa sono un grossolano errore! I cani da guardia, in quanto appunto “da guardia”, sono stati selezionati allo scopo di essere in grado di distinguere le minacce vere da quelle finte: non si metteranno a rincorrere le farfalle mentre i ladri vi svaligiano la casa, e ovviamente non si faranno distrarre da una scarpa lanciata, ma aspetteranno pazientemente che il cretino che ha lanciato la suddetta scarpa provi a scavalcare il cancello per poi: a) svegliare abbaiando tutto il vicinato e b) mangiarselo. Piccola curiosità: molte persone fanno lavorare insieme un piccolo cane “abbaione” (un volpino può andare benissimo) e un grosso cane da guardia, per far funzionare il più piccolo come un allarme e il più grande come deterrente. Dunque il carattere di un cane da guardia sarà pacato, con alta soglia di attenzione, poca voglia di abbaiare a tutto quel che passa (almeno se è un buon guardiano, perché ovviamente le eccezioni a questa regola esistono) in quanto sono in grado di distinguere ciò che è pericolo da quello che non lo è. Ma attenzione! Non si tratta mai di cani distaccati dalla loro famiglia e se vengono trattati male tenderanno a fare la guardia con meno attenzione e premura: infatti è proprio l’affetto che li lega alla famiglia, alla casa, al territorio che li spinge a proteggerlo con sprezzo del pericolo. Sono cani affettuosissimi, che non amano stare per troppo tempo da soli, e assolutamente da non tenere legati a catena corta; alcuni sono persino un po’ “pagliacci” in ambito familiare. Ma ora la domanda che stavate aspettando: è possibile dunque aggirare un cane da guardia ed entrare in una casa da esso protetta, senza ucciderli? Sì, ma solo nel lungo termine! In pratica dovreste diventare amici del cane, magari andando a trovarlo tutti i giorni e portandogli qualche piccola leccornia, per far sì che lui non vi attacchi anche se cercate di introdurvi nello spazio che lui sorveglia. Essendo amici di tutti i cani da guardia della nostra città (non rubiamo niente, lo giuriamo!) possiamo dire che è un metodo che funziona.
  2. Cani da compagnia. Alcune razze esempio di questa categoria sono tutte quelle carine e coccolose, con gli occhi a bottoncino, che vi piacciono tanto: volpino di pomerania, volpino italiano, chihuahua, carlino, cavalier king charles spaniel, maltese, barboncino nano, pincher nano, griffoncino belga, papillon, bulldog inglese, bouledogue francese e tutti gli incroci fra due o più di queste razze. Ah, ma ovviamente i cani da compagnia non sono solo quelli piccoli! Ne conosciamo uno veramente, ma veramente grande… non ci credete? Ok. L’alano tedesco (che qualcuno, per confonderci tutti, chiama “grande danese”). Il più alto fra i cani! Ma non è, come molti pensano, un cane da guardia e men che mai un cane da difesa personale (Scooby Doo in questo ci azzecca alla grande) bensì il più grande dei cani da compagnia, un elegante apollo canino creato per far sembrare gli aristocratici ancora più aristocratici. Tutti i cani da compagnia sono accomunati da un potentissimo tratto comune: sono appiccicosi come litri di melassa, in continua ricerca dell’approvazione umana, spesso leccatori di facce e di mani compulsivi, ladri di fette di prosciutto dai vostri panini (perché il vostro cibo è meglio, ecco), apprezzatori di coccole infinite. Dormono sui vostri divani, lasciano peli sul vostro letto, con la coda (perennemente scodinzolante) vi buttano giù le madonnine e i vasettini dai tavolini (e anche dalle mensole, se è la coda di un alano). Insomma, sono cani che vogliono esserci sempre per i loro padroni, anche se non sanno bene quale sia la loro utilità. Non hanno un’alta tempra, se li sgridate piangono, se provate anche solo a picchiarli piangono così tanto che fra un po’ svengono, perciò non è una buona idea scrivere di uno di questi cani che protegge il protagonista: non sono combattenti e tendono, giustamente, ad avere paura di chi invece lo è.

  3. Cani da caccia. A questa sezione appartengono i cani da ferma (come pointer, setter, bracco italiano e bracco tedesco), i cani da riporto (i vostri amati pallinomaniaci, golden retriever e labrador), i cani da seguita (tutti i segugi), i cani da tana (come il bassotto, che no, non è assolutamente un cane da compagnia, anche se l’ENCI direbbe di sì) e i cani da sangue (come il bloodhound e il segugio bavarese). Con un gruppo così eterogeneo ci si può aspettare grande diversità fra una razza e l’altra. I cani da seguita in genere sono tutti pucciosamente appassionati delle attività di gruppo, mentre i bassotti e i suoi amici terrier sono dei malvagi pronti a mangiare i vostri neonati (i bassotti più dei terrier, sul serio, è capitato che abbiano mangiato dei neonati). I cani da sangue, come il bloodhound (conosciuto anche come cane di Sant’Uberto) hanno un carattere forte e necessitano di essere addestrati da un padrone di polso, anche se come quasi tutti i segugi rimane affettuosissimo. I cani da ferma sono cani “medi”, nel senso che non ci sia niente che fanno troppo: gli piace essere coccolati, ma non ne sono dipendenti come i cani da compagnia, gli piace correre, ma non sono levrieri, gli piace giocare, ma non sono border collie, sono cani normali. Tuttavia, tutte queste razze hanno due cose in comune, altrimenti non sarebbero state infilate nello stesso gruppo. La prima delle due è un istinto predatorio altissimo. A loro piace cacciare, piace uccidere, piace infilare i denti nel sangue. Sì, persino il vostro adorabile cockerino dal pelo ondulato, che si accoccola sui vostri piedi e vi guarda con occhioni in cui si riflettono milioni di lucine, se gliene deste l’occasione ucciderebbe a sangue freddo e ne godrebbe non poco. Attenzione! L’alto istinto predatorio non significa aggressività: esso infatti non è mai incanalato nell’attacco verso i propri simili o verso gli esseri umani, ma solo sugli altri animali che non fanno parte della famiglia. La seconda cosa che questi cani hanno in comune è la voglia di compiacere il loro padrone: sono stati selezionati perché cacciassero al fianco degli esseri umani e perché lo facessero con gioia, motivo per cui per loro è semplice anche imparare diversi comandi ed eseguirli con passione. Insomma, sono cani altamente addestrabili (chi più, chi meno).

  4. Levrieri. Anche questi elegantissimi animali, perfetti da affiancare a un nobile con l’erre moscia, sono cacciatori, ma per morfologia e comportamento hanno poco da spartire con gli altri cani da caccia. Innanzitutto sono animali antichissimi, le cui origini affondano nelle radici stesse della civiltà umana. Il loro nome deriva da “leporarius”, che significa “per le lepri” ovvero cane adatto a cacciare questi rapidissimi lagomorfi. Le rappresentazioni dei levrieri che ci giungono dall’Antico Egitto sono pressoché invariate rispetto ai cani moderni. Ma come sono, caratterialmente, degli animali che sono al nostro fianco da così tanti anni? Ebbene, la vostra impressione al primo sguardo, quella di nobiltà ed eleganza è… del tutto azzecata! I levrieri sono antichi e sembra che sappiano di esserlo. Non sono dei distruttori coatti, dei coccolatori arditi, e non cercano neanche la vostra approvazione. A loro basta essere. Sanno di essere belli, sanno di essere delle perfette e funzionali macchine da caccia, degli eleganti accompagnatori di re e regine, e perciò si comportano di conseguenza. Molto spesso (quasi sempre) hanno una bassa intelligenza ubbiditiva, il che non significa affatto che siano stupidi, ma che non gli importi molto di fare “seduto”, “dammi la zampa”, “riportami la pallina” e “cacchio, ti prego guardami cane!”, proprio perché non sentono la necessità di compiacervi. In genere hanno però un carattere dolce, soffrono la solitudine (sì, esatto, il cane che non vi calcola in realtà soffre quando non ci siete), sono poco aggressivi… ma di contro, il loro istinto predatorio è persino più alto di quello degli altri cani da caccia, perciò a lasciarli liberi rischiate che si mangino tutti i gatti del circondario. Quando non corrono come dei pazzi (e loro amano correre come dei pazzi) sono dei gran pantofolai che si sdraiano in pose improbabili sulle poltrone più morbide che riescono a trovare. Insomma, sono un po’ i gatti del mondo canino, ci avete fatto caso? Non vi obbediscono, danno la caccia a tutto e dormono in posizioni strane. Ah, e sanno di essere bellissimi.
  5. Cani da guardianìa. Da non confondere con i cani da guardia, quelli da guardiania (conosciuti anche come pastori custodi) sono quelli il cui compito è di proteggere le greggi e le mandrie, non un bene immobile, sebbene sappiano farlo egregiamente. In questo gruppo rientrano tutti i cosiddetti “grandi bianchi” come il cane da montagna dei Pirenei (Belle di Belle e Sebastien, in pratica), il pastore di Tatra, il Kuvasz e lo splendido, bellissimo, favoloso pastore maremmano abruzzese. I cani da guardiania non hanno lo stesso carattere di quelli da guardia: al contrario di loro, non soffrono molto la solitudine, non hanno bisogno di così tanto affetto e approvazione, e sono ben più rustici da punto di vista della salute. Molti cani da guardia hanno il pelo raso, alcuni soffrono il freddo, altri hanno problemi respiratori dovuti al muso corto, o problemi articolari dovuti al peso e alla conformazione del corpo, mentre i cani da pastore custodi sono rustici, con un pelo folto e di consistenza vitrea autopulente per far fronte alla pioggia e al fango, muso spesso lupoide, gambe sane e forti che permettono loro di camminare per chilometri e chilometri senza stancarsi mai. Caratterialmente, la maggior parte di questi cani è fiera e protettiva, indipendente, con un atteggiamento sobrio e attento, diffidente verso gli estranei e moderatamente estroversi verso il padrone. Attenzione! Non sono cani che esternano l’affetto che provano come fanno gli altri cani, ma questo non significa che non amino i loro umani con tutto il cuore o che esiterebbero un istante a mettere in pericolo la loro vita per proteggerli, solo che sono… riservati. I veri duri del mondo dei cani. Forse potrete piegare gli altri a bastonate, ma non loro. Forse potrete corrompere gli altri con il cibo, ma non loro. Loro sanno benissimo qual’è il loro lavoro, qual’è il loro posto, e come eroi virili (pure le femmine) fanno il loro dovere con poche parole e tanta azione. Anzi, a dire il vero le femmine sono più riservate e protettive di come lo sono i maschi (e anche i maschi non scherzano). In quanto a obbedienza sono cani intelligentissimi, capaci di imparare davvero qualsiasi cosa, ma… non è detto che obbediscano. Hanno una mente brillante dentro quelle arruffate teste pelose, ma proprio per questo potrebbero guardarvi negli occhi e decidere che voi siate troppo stupidi per dare ordini a loro. Sono integri, seri, composti, saggi, ligi al dovere e con un grande senso pratico, il loro affetto va conquistato con un rapporto alla pari fatto di fiducia, ma quando finalmente avrete al vostro fianco uno di questi magnifici bestioni che vi ama sentirete davvero il significato dell’amicizia.
  6. Pastori conduttori. Conosciuti anche come cani paratori, vengono affiancati ai cani da guardiania nel lavoro su greggi e mandrie. Questa categoria comprende ad esempio il border collie, il bearded collie, l’australian shepherd, il bobtail, il mudi, il puli, il pumi, il blue heeler e il corgi, oltre a un milione di incroci e meticci diversi perché nella maggior parte dei casi i pastori non usano animali di razza pura per questo compito. Il pastore conduttore, sebbene lavori a fianco di cani da guardiania, ha un carattere diversissimo: è sempre in azione, mai pacato, con una voglia di correre, di fare, di obbedire altissima. Questi cani hanno bisogno di tantissimo movimento per sfogare le loro infinite energie e perciò decisamente non sono cani per tutti… abitate in un mini appartamento? Lavorate otto ore al giorno? Non sono cani per voi. Se il vostro protagonista ha una vita troppo piena di impegni, non osate dargli come cane un border collie… oppure anche sì, purché teniate a mente che quel poveraccio di un cane diventerà stressato, schizoide, psicopatico, distruttore e probabilmente pure ossessionato dalle palline. Effetto comico assicurato! Ma non fatelo nella vita reale. Sul serio, non consigliamo di tenere cani esauriti che distruggono le case.
  7. Pitbull, bullies e bandog. Pitbull significa “cane da arena” (pit, in inglese, è la fossa, o arena, dove si svolgono i combattimenti), in relazione al fatto che questi cani sono stati creati proprio per combattere! Simili a loro per comportamento e spesso per aspetto ci sono tutti i cosidetti bully breeds (american staffordshire terrier, bull terrier, american bully, valley bulldog e simili) e una buona parte dei bandogs, che non sono cani di razza pura ma incroci un po’ frankensteineschi per creare il perfetto cane da guardia. Nei libri, nei cartoni, nei fumetti, spesso i pitbull e tutti i loro simili sono degli idioti attaccabrighe, dei cosi feroci e bavosi, brutti e cattivi. Nella realtà si tratta di cani sì fortissimi, sì resistentissimi, sì lottatori, ma anche estremamente dolci con la famiglia, sofficiosi con i bambini, in molti casi persino amici dei gatti. Purtroppo in molti si fanno ingannare dai giornalisti, che li dipingono come mostri senza cuore che sbranano i bambini, ma c’è tutta un realtà estremamente complessa dietro questi articoli: spesso i casi di aggressioni non sono perpetrati da veri pitbull, ma da meticci di vario genere che a volte neanche ci somigliano… e tuttavia scrivere “pitbull” (o rottweiler e dobermann) in un titolone scandalistico attira molto di più l’attenzione. Tutti i bully breeds sono cani fantasticamente coraggiosi, disposti letteralmente a morire per il proprio padrone, e sono a tutti gli effetti dei supercani con un morso potentissimo, agili, potenti e sempre pronti a usare le loro caratteristiche fisiche superiori al servizio degli esseri umani. La vera natura di questi cani è dolcissima, giocosa, amante dei bambini, ma proprio perché hanno origini radicate nel mondo del combattimento hanno spesso (e questo il rovescio della medaglia) un’alta aggressività intraspecifica, ovvero verso gli altri cani. Se non viene addestrato in maniera graduale e corretta, fin da piccolo, un pitbull tenderà ad aggredire gli altri cani. Infine, intorno a questo gruppo di cani si sono sviluppate infinite leggende metropolitane, e di alcune ne abbiamo anche parlato, ma voi ricordatevi bene di non crederci: sono solo cani, degli splendidi, meravigliosi compagni che non dovrebbero essere amati di meno solo per il loro aspetto. Una curiosità: il dizionario Sabatini-Coletti, alla voce pitbull, riporta che questa razza è stata “selezionata il laboratorio”. Pftt. Pfttttt. In laboratorio? Ma che, sono seri?
  8. Terrier. I terrier sono già stati citati quando abbiamo parlato dei cani da caccia, ma poiché sono un po’ “particolari” ne tratteremo a parte qui. A questa categoria appartengono i cani selezionati per la caccia al selvatico nelle tane sotterranee e per la cattura di topi e ratti, come il fox terrier, il welsh terrier, l’irish terrier, l’adorabile west higland white terrier, il jack russell terrier, lo yorkshire terrier, lo scottish terrier, il cairn terrier e una vagonata di altre razzie più o meno sconosciute in italia. Perché i terrier sono diversi dagli altri cani da caccia? Chi ha un jack russell lo sa il perché. Andiamo, lo sapete. Lo sapete. Non avete bisogno di scavare nel vostro cuore per capirlo, no? Cosa pensate quando pensate a un jack russell? Il cane che scoppia un sacco di palloncini con i denti in un minuto, quello del Guinness World Record. I cani che attaccano le macchine. I cani che si attaccano con i denti ai paraurti. I cani che mozzicano, ma per davvero, mica come i pitbull. I jack russell sono i portabandiera fieri della loro categoria, i terrier, i cani più peperini che ci siano! Hanno la caccia nel sangue, il combattimento nel sangue, la distruzione nel sangue. I pitbull stessi sono nati incrociando un terrier (l’old english terrier) con l’old bulldog, ed è proprio dal primo che hanno ereditato l’aggressività! I terrier sono scatenati, temerari, pronti a tutto, e sembra proprio che non sappiano di essere piccoli, perché sono perennemente pronti ad affrontare Brock Lensar 1 vs 1 per il titolo mondiale dell’UFC. Va da sé che per scrivere un buon terrier dobbiate metterci una forte dose di coraggio, reattività, sprezzo delle autorità, sprezzo del pericolo, sprezzo de tutto e fame canina. Ovviamente sono sempre cani, non puzzole con la rabbia, quindi vi ameranno, ma niente gli impedirà di amarvi anche mentre vi mangiano i canarini, vi scollano la carta da parati e abbaiano alle mosche. Avete mai sentito parlare del rat-baiting? Era una forma di gioco d’azzardo molto popolare nel Regno Unito (perché sti inglesi hanno sempre passatempi strani?) che consisteva nel liberare un terrier in un pozzo pieno di ratti o topi e cronometrare quanti ne riusciva a far fuori nel minor tempo possibile. Ecco, c’era un terrierino di nome Billy che pesava dodici chili ed era molto popolare perché era capace di uccidere cento (100!) ratti in circa cinque minuti. Ecco, ora sapete che razza di cani sono i terrier.
  9. Cani da difesa personale. Abbiamo già parlato dei cani da guardiania (per gli animali) e di quelli da guardia (per gli oggetti e gli immobili), adesso c’è una terza categoria di protettori, i cani da difesa personale. I veri e propri cani da difesa personale sono solo cinque: il boxer, il riesenschnauzer (o schnauzer gigante), il dobermann, il rottweiler e il pastore tedesco. Basta. Stop. Non esistono razze più equilibrate di queste, più adatte alla difesa personale, più perfette nel riconoscimento del pericolo, più coraggiose nello slancio per salvarci la vita e contemporaneamente facilmente addestrabili. Questi cinque cani sono eroi coraggiosi che spessissimo vediamo figurare fra i cani dell’esercito e i cani da ricerca, fatti apposta per servire con onore. Che poi oggi l’allevamento del pastore tedesco si stia un po’ andando a far friggere a causa della ricerca estetica perfetta è un altro paio di maniche… ma tanto le categorie da lavoro rimangono sempre incredibili, non per la bellezza, ma per il carattere. I cani da difesa personale sono i soldati del mondo canino, pronti ad obbedire ad ogni vostro ordine, ma fieri e decisi. Qualcuno li chiama “cani robottino” proprio per questo motivo. Sono i cani che piacciono un po’ a tutti, in pratica, perciò considerateli seriamente se dovete pescare un cane da affiancare al vostro protagonista, perché questi piaceranno un sacco al vostro pubblico! Un curiosità: il rottweiler è la nostra razza canina preferita, ma per cause di forza maggiore nessuno di noi ne possiede (per ora) uno. Sono pucciosi, con quella facciona rotonda!
  10. Spitz. I cani di tipo spitz sono razze primitive utilizzate per il traino, la caccia e la pastorizia. Fra i più famosi ricordiamo il siberian husky, l’alaskan malamute, il samoiedo e il groenlandese. La maggior parte degli spitz sono nordici, ma alcuni provengono dall’oriente, come l’akita e lo shiba. Uno spitz si riconosce subito: è come un lupo, ma più puccioso e, di solito, più piccolo. Questi cani hanno pellicce foltissime che gli garantiscono l’isolamento termico, con sottopelo abbondante, orecchie ridotte (mai padellone come quelle dei pastori tedeschi!) che riducono il rischio di gelamento e una gorgiera di pelo che protegge le vie respiratorie e quindi tutta la gola. Spesso gli spitz hanno anche la coda arricciata e portata sulla schiena (pensate ai keeshond o ai samoiedi!). Ricordate i cani scodinzoloni che rincorrono la pallina e sono amici di tutti? Ecco, gli spitz non sono così. Gli spitz sono piccoli lupi, che dai loro progenitori selvatici hanno ereditato il bisogno di riconoscersi in una gerarchia, la capacità di aggredire sia gli altri cani che gli animali e, in caso di bisogno, anche gli esseri umani e… la vocalità. Infatti gli spitz sono grandi ululatori e alcuni abbaiano persino molto poco, preferendo emettere strani versi. Avete mai visto i video degli husky che “parlano”?
  11. Cani primitivi. Questi sono cani “strani”, quei cani con le orecchione dritte che li guardi e non ti sembrano imparentati con i lupi. Probabilmente, in effetti, non lo sono: non tutti i cani, infatti, discendono dal lupo! Rientrano in questa categoria gli affascinanti xoloitzcuintle (i cani nudi messicani, come quello del film di Coco), i misteriosi kelb tal-fenek o cani dei faraoni,i bellissimi thai ridgeback, i graziosi basenji, il sottovalutato cirneco dell’etna e i vari “podencos” da caccia. Uno dei nomi del basenji è “catto”, una parola che ricorda un po’ la fusione delle parole cane e gatto, e oseremmo dire che descrive bene il suo temperamento: quale altro cane non abbaia e si pulisce leccandosi da solo? E poi c’è il thai ridgeback, che sulla schiena ha una striscia di pelo che cresce in senso opposto a tutto il resto del mantello. I cani dei faraoni sono la copia sputata del dio egizio Anubi… beh, no, non hanno un corpo da persona, ma la testa è uguale, eh. I xoloitzcuintle (e no, questa parola non si legge come probabilmente credete che si legga) di solito hanno meno denti rispetto ai cani normali, oltre a non avere (a volte) i peli! I cani primitivi sono in generale dolci e allegri, ma diffidenti verso gli estranei, con una buona attitudine alla caccia. Ogni razza di questa categoria ha caratteristiche uniche spiccatissime e una storia affascinante alle spalle, motivo per cui non ci addentreremo troppo in questo argomento lasciando che siate voi a decidere quale razza cercare.
Crediamo di avere solo scalfito la superficie del variegato mondo canino, ma non possiamo dilungarci troppo se vogliamo parlarvi anche di altri argomenti. Ci vorrebbero tre enciclopedie per dire tutto sui nostri scodinzolanti amici a quattro zampe! Ma almeno abbiamo coperto gli errori principali e dato un’infarinata generale alle razze.
Un’ultima cosa prima di concludere: i cani seguono lo sviluppo delle civiltà umane fin dalle loro origini, tanto che secondo alcuni scienziati la nostra supremazia sulle altre razza e il nostro stile di vita come lo conosciamo si sia originato proprio da questa simbiosi con loro. Non ci sono cani che odiano gli uomini, anche se purtroppo è vero il contrario.
Vi lasciamo con questo splendido corto, The Promise.




E voi? Avete cani? E se sì, in quale gruppo rientrano? Parlateci di loro, raccontateci una loro marachella… e se non avete cani, inventatevene uno e scrivete una scena, una piccola avventura, che li vede protagonisti. Questo è il semplice esercizio di scrittura che vi assegniamo oggi.