Ve lo ricordate Ermes? Si, no? Ma si che ve lo ricord... no, ok. È questo amorino qui:
È
stato il nostro primo personaggio originale drago (forse in
competizione solo con Artenair, che però faceva la parte del buono e non
abbiamo più riutilizzato granché nelle altre avventure) nonché il
nostro primo grande "villain". Ricordo con affetto la sua creazione
perché fondamentalmente è andata così: stavo ascoltando musica e
immaginando i personaggi che allora erano protagonisti delle infantili
avventure che scrivevamo che arrivavano finalmente, dopo mesi di
ricerche, in una sotterranea sala del tesoro con il pavimento di terra
battuta. Tutto bello, tutto figo, all'improvviso la musica che sto
ascoltando ha un'impennata tragica e il mio cervello decide all'istante
di fare uscire dal terreno Ermes. Corna rivolte in avanti, questa
criniera spettinata e lunga da cavallo che gronda terriccio umido, le
squame nere come la notte più buia, questo drago compare all'improvviso
nel modo più spettacolare possibile, eruttando fiamme e facendo roteare
zolle di terra, enorme e mostruoso, e allarga le ali riempiendo quasi
tutta la stanza.
E all'improvviso abbiamo il nostro cattivo.
Sono
passati diversi anni da quel momento (avevo dieci anni, ora ne ho
ventuno, fate un po' voi) e par brutto lasciare indietro uno dei nostri
personaggi più amati in favore di eroi più maneggevoli (letteralmente
più maneggevoli: umani e licantropi possono infilarsi in tunnel e case e
nascondersi nei boschi, Ermes svetta dappertutto, non lo puoi
nascondere), così ecco l'idea:
Perché non scrivere una nuova
avventura, ma questa volta con Ermes come protagonista? L'idea che a
parlare in prima persona sia un drago è già stuzzicante (è un
bell'esercizio di fantasia immedesimarsi in qualcosa che non pensa come
un umano), ma se ci aggiungiamo che è un drago megalomane,
intelligentissimo e soprattutto senza scrupoli il divertimento è
assicurato!
Dunque abbiamo iniziato a scrivere questa storia. Se
volete godervi il prologo, lo potete già leggere qui di seguito e dirci cosa ve ne
pare.
Augurateci buon lavoro!
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Prologo
Quando un drago nasce, esso non è ancora pervaso di gloria e potere, ma ne ha il pieno potenziale. Tuttavia, come un Napoleone o un Annibale bambino, ancora non sa quanta e quale la sua forza sarà, non immagina quali saranno le sue conquiste, sebbene una già da subito sviluppata e fervida immaginazione gli permette di fantasticare su piccole imprese, quali abbattere e mangiare quelle creature che vede non appena è uscito dal guscio.
Le uova di drago hanno un periodo di incubazione lunghissimo, il più lungo conosciuto in natura, e durante questo periodo la mente del cucciolo matura, i suoi sensi si affinano, di modo che non appena esso sporge la testa dal guscio vede già meglio di qualunque neonato, può annusare, assaporare, udire e finanche emettere suoni simili a parole. Non può ancora volare, ci vorranno due o tre giorni perché i muscoli delle ali ne abbiano la forza necessaria e perché il draghetto capisca cosa fare per rimanere sollevato da terra. Prima, quand'era nel guscio, nessuno gli aveva detto che una cosa come volare fosse possibile.
Quando sono nato, anch'io ero così: ingenuo. Così ingenuo che un attacco di ilarità feroce monta in me al solo pensiero che sono stato così, io che di specchi e di fumi ne so più del vecchio caprone.
Ero grande e grosso, per essere un draghetto, e le scaglie nere attiravano il calore del sole riscaldandomi ed asciugandomi in un battibaleno. Ero contento di essere uscito da lì, ma quel senso di beatitudine e calma durò poco: una serie di stimoli feroci mi assalì e quello che vidi fu il Mondo.
Mia madre, un essere enorme, nero, con due grandi occhi dorati, ognuno grande quasi quanto me, troneggiava come una montagna sull'intera covata, con due sottili fili di fumo che risalivano dalle sue ampie narici. Il fremito del suo respiro era un temporale umido, il fruscio delle squame e delle ali una ninnananna ancestrale. La bellezza di un drago è infinita, nei suoi occhi puoi vedere il corpo e lo spirito di tutto ciò che è il mondo, antico e remoto e profondo come una fossa che giunge fino al centro del pianeta, lasciando intravedere i bagliori della lava, distruttiva e creativa.
Io mi issai fuori dal guscio dell'uovo nella quale ero stato intrappolato per un tempo lunghissimo e indeterminato, poiché non conoscendo i giorni e le ore, non vedendo il sole e la luna, non avevo modo di contare il tempo che scorre. Intorno a me, altre uova si erano rotte e avevano lasciato fuoriuscire altri draghetti un po' più piccoli di me, un po' più timidi, che erano i miei sei fratelli e sorelle.
Respirai a pieno polmoni, aprendo la bocca, e mi diressi verso l'enorme ventre di mia madre per godere del calore che avrebbe asciugato le membrane bagnate delle mie ali.
I miei fratelli, però, non lo fecero: strisciarono e saltellarono verso i bordi dell'enorme nido di legno, paglia e rocce, verso alte figure pallide che non erano draghi, che camminavano su due piedi e avevano ciuffi di pelo sulla testa.
Solo più tardi appresi che, sebbene nessuno dei miei fratelli possedesse ciuffi di pelo simili, io avevo una criniera, come un cavallo o un umano. E appresi anche cosa fosse un umano: erano delle strane creature dalla voce stridula, senza squame, che per qualche assurdo patto dovevano vivere insieme ai draghi. Erano quelle strane figure pallide che circondavano il nido, e che mi parvero altissime quand'ero piccolo, ma che erano solo bambini, cuccioli di umano. I cuccioli di umano, appresi molto più tardi, erano assolutamente gustosi e se dovevo scegliere la mia preda preferita non avrei avuto dubbi sul fatto che la mia scelta ricadesse su questi.
Mia madre mi riscaldò, poi mi invitò a scegliere un piccolo umano a cui legarmi. Legarmi? Ad un umano? Sbuffai e mi raggomitolai. Non volevo, erano chiassosi e brutti.
Un paio di mani mi afferrarono dai fianchi e mi sollevarono, poi mi trovati faccia a faccia con una di quelle creature pallide, un mostriciattolo con il pelo biondo e senza alcuni denti in bocca che iniziò a blaterare e strizzarmi. Lo morsi ripetutamente al volto e balzai a terra: come si permetteva quella creatura a prendere un piccolo drago proprio da sotto il ventre di sua madre? Avrebbe dovuto aspettare che fossi io ad avvicinarmi, cosa che certamente non sarebbe accaduta, in ogni caso avrebbe dovuto rispettare la mia volontà di stargli accanto o meno.
Il bambino prese ad emettere un suono acuto e singhiozzante e acqua prese a scorrere dai suoi occhi mentre la sua faccia pallida si faceva rossastra. Piangeva e io ne fui così fiero che mi si gonfiarono le squame.
Mia madre mi sgridò per quello che avevo fatto e io decisi in quel momento che non avevo alcun bisogno di ascoltare quello che lei diceva, tanto meno di obbedirle. La dragonessa che mi aveva messo al mondo, non comprendendo che non avevo obbedito né quando mi aveva detto di andare verso gli umani né quando mi aveva sgridato solo perché non lo reputavo necessario, credette che io fossi sordo e troppo debole per alzarmi in piedi e correre verso quegli sputacchianti pallidi esserini sdentati che abbracciavano i miei fratellini.
Fui abbandonato quel pomeriggio, perché ero diverso dai miei fratelli e perché fui considerato malato. Credevano che non sarei sopravvissuto e che dunque sarebbe stato misericordioso lasciare che un animale mi finisse con un solo morso e mi divorasse.
Come dicono gli umani, avevano fatto male i conti: io sarei stato l'unico drago immortale della storia.
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