venerdì 21 novembre 2025

Lysandre che piange 9. Perdono

Lysandre guardava la finestra dell'appartamento da lontano, deglutendo.

Diantha era tornata a Luminopoli dopo una lunga assenza, questo dicevano i giornali esposti fuori dalle piccole edicole, questo dicevano le voci dei fan che avevano letto la notizia sui loro rotomphone, e questo gli aveva detto anche Lida, che aveva "fangirlato" con lui per giorni dopo aver guardato Petali di Sofferenza.

Lui sapeva dove Diantha abitava. Quello che invece non sapeva era perché quel ricordo in particolare fosse emerso, però lo aveva fatto, chiarissimo: un indirizzo, la visione fotografica dell'edificio rosa antico, del balcone di ferro nero con i riccioli e piccole rose stilizzate, la finestra sempre mezza aperta e mezza chiusa, per non permettere ai curiosi di guardare dentro, con la tenda bianca che si muoveva leggermente per colpa della brezza.

E così c'era andato, trascinando i piedi. Le doveva una spiegazione per la sua sparizione, giusto? E delle scuse, oh, quante scuse, una profusione di scuse. Doveva mettersi in ginocchio? Doveva raccogliere dei fiori, mentre si dirigeva verso casa sua, e offrirli a lei per dimostrarle quanto fosse pentito?

Ma ora che vedeva l'appartamento da fuori, Lysandre si disse che non sarebbe dovuto andarci affatto. Come poteva pensare che Diantha lo volesse vedere ancora, dopo quello che aveva fatto? Aveva tradito la sua fiducia, la sua amicizia, comportandosi come un... come un mostro. E Diantha era un angelo, non si mescolava alla feccia come lui.

Chiuse gli occhi. C'era un vago profumo nell'aria, come di talco e fiori, così sottile, così etereo che poteva essere anche solo nella sua immaginazione.

No, doveva andarci, suonare il campanello, farsi condurre dal portiere fino alla porta di Diantha, e affrontarla. Anche se avesse finito per farsi male. Lei lo avrebbe sputato in faccia, lo avrebbe chiamato assassino, avrebbe chiuso la porta sul suo brutto muso chiedendogli di non cercarla mai più. Che razza di uomo sarebbe stato lui, se avesse avuto paura di prendersi le sue responsabilità?

Eppure tremava, come un bimbo che sta per confessare a sua madre che ha spinto il proprio fratellino giù dalle scale, e ora quel fratellino è svenuto e perde sangue dal naso. Alzò il dito fino al campanello, un bottone dorato, leggermente ossidato, nel mezzo di una placca dello stesso colore.

Ma non lo suonò.

Era suo dovere chiedere scusa... ma se Diantha avesse preferito non vederlo affatto? Se la sua sola vista lo avesse disgustato? Se incontrarlo le avesse rovinato l'intera giornata?

Lysandre non voleva rovinarle la giornata. Ma voleva scusarsi. Ma non sapeva se quelle scuse avrebbero sortito un qualche effetto. Il silenzio sarebbe stato peggiore, no? O migliore? Perché lui finiva per avvelenare quello che toccava? Perché persino il più perfetto fiore di cristallo, fra i suoi artigli, diventava morte?

Diantha era un angelo. Talentuosa, bellissima, virtuosa, custode dei bambini, idolo delle folle, campionessa di Kalos, non una sola minuscola macchia sulla sua reputazione immacolata.

Lysandre guardò il proprio riflesso distorto nella placca dorata. Aveva un'aria stanca, spaventata, i capelli tagliati asimmetrici e bianchi come la barba. Non meritava neanche di stare nella stanza stanza di qualcuno come Diantha.

Riabbassò il dito. Non poteva suonare, era meglio che lei lo credesse morto, e poco importava se era la cosa più vigliacca... era inseguendo la morale che aveva finito per fare cose orribili, dicendosi che doveva agire a tutti i costi. Forse non doveva agire, questa volta, doveva fare la cosa sbagliata per fare la cosa giusta. Forse era meglio non riaprire vecchie ferite, lasciare che il proprio ricordo riposasse nella mente di Diantha, fino al giorno in cui sarebbe diventato un fantasma, finché lei non avrebbe raccontato ai propri nipoti «Sapete, una volta conoscevo un tipo, uno veramente matto. Si chiamava Lysandre, l'avrete sentito nominare... ah, lo avete studiato a scuola? Che facce sorprese! Sì, lo conoscevo davvero. Incredibile chi si può incontrare, quando sei famosa! Ora però non me lo ricordo quasi più... ».

Lysandre sospirò, si stropicciò l'occhio con la palpebre chiusa, e girò sui tacchi. Aveva fatto un paio di passi quando sentì il portoncino dell'edificio che si apriva alle sue spalle.

Incassò la testa fra le spalle, sapendo di non essere riconoscibile visto da dietro.

«Salve!» Disse la voce allegra di Diantha «Le serve qualcosa?».

Lysandre sentì il cuore scendergli dal petto allo stomaco, così forte che dovette tossire. Che misera figura! Che inutile relitto! 
«Sta bene?» Domandò la donna, preoccupata, affiancandosi a lui e mettendogli una mano sull'avambraccio, delicata, toccandolo appena. 


Lysandre la guardò con l'unico occhio aperto spalancato. Diantha, Diantha, Diantha. Reale, in carne e ossa, che lo guardava ancora senza disgusto, che gli rivolgeva quel piccolo cipiglio corrucciato, bellissimo, espressivo.

«Sto bene» Mentì.

Non stava bene. Non voleva vederla, e provava un disgusto così forte che non sapeva se stava per vomitare o per svenire. Non voleva vomitarle in faccia.

Aveva freddo. Gli facevano male i gomiti. Gli faceva male la pancia. Gli faceva male la faccia, come se fosse stato costretto a sorridere per ore, e ora ogni singolo muscolo pesava mille chili e provare a sorridere sarebbe stato come scalare la montagna più alta di Kalos senza preparazione e senza cibo.

Diantha lo guardò come si guardano gli incidenti stradali.

«Ci conosciamo, signore?».

Lysandre sentì ancora una volta la nausea aggrapparglisi alla gola e alla pancia, e le gambe diventare tremule, deboli, come radichette neonate di una pianticella di grano.

«Non... non lo so...» Mentì ancora, la voce flebile «Tu sei Diantha, l'attrice»

«E tu sei?»

«L»

«Elle? Davvero?» lo sguardo di Diantha si assottigliò, la forma mutata in quello di un talonflame «Lysandre?».

Ecco, stava per vomitare. Lysandre fu costretto a mettersi una mano davanti alla bocca, mentre indietreggiava, sottraendosi dal tocco gentile di Diantha (rude, si disse, rude e scostumato e maleducato), guardandosi attorno alla ricerca di un cestino della spazzatura. Ormai neanche lo sapeva più, perché il suo corpo si stesse comportando così: tutta la paura e l'angoscia, tutti i complicatissimi sentimenti che provava, erano stati passati dal suo cervello al resto del suo corpo, e ora toccava a quest'ultimo occuparsene. Il male era fisico, adesso.

«Lysandre, sei tu? LYSANDRE?!» Gridò Diantha, allungando una mano verso di lui, come se volesse riacciuffarlo.

Lysandre riuscì a non vomitare deglutendo convulsamente, ma aveva ancora le gambe deboli e non riusciva a scappare. Quasi piegato in due, si costrinse a girare un poco la testa, quel che bastava per guardare Diantha.

«Mi chiamo L» Disse «Lysandre era... prima».

Diantha ritirò la mano lentamente, rinunciando a toccarlo.

«Sei vivo?»

«Sì» e vivrò così allungo da vederti morire, e non so neanche perché lo sto pensando, perché quasi non ti conosco, perché so che mi odierai, perché non mi dovrebbe importare niente di te «Zygarde mi ha salvato la vita»

«Zygarde?»

«Un pokémon leggendario»

«Stai male, Lys... L. Vuoi entrare dentro? Ti faccio un té caldo, ne parliamo un attimo...».

Il tono di Diantha era pratico, rapido, come quello di un'infermiera che parla del suo paziente.

«Non c'è bisogno» Lysandre scosse la testa, raddrizzando la schiena per quanto gli riuscì «Sono solo venuto a...»

«Lysandre, sei pallidissimo» stavolta il tono della donna si ammorbidì, le ultimi sillabe impregnate di preoccupazione «Che hai fatto all'occhio? È irritato? Ho del collirio dentro, vieni».

Fu in quel momento che Lysandre scoppiò a piangere: l'anticipazione del rigetto, della violenza che avrebbe subito quando Diantha lo avesse visto avevano tirato in una direzione per tutta il tempo, ma la gentilezza inaspettata aveva agito come un paio di forbici su quell'elastico...

«Lysandre, che succede?» Diantha questa volta gli afferrò le maniche del giubbotto «Dimmi qualcosa, ti prego!»

«Perdono!» singhiozzò lui, cadendo in ginocchio a testa bassa «Perdonami, perdonami...».

Diantha lo abbracciò, una mano dietro la testa, una alla base del collo. Profumava come un intero prato in fiore, come la primavera, come un pavimento piastrellato di papaveri e rose. Lui la abbracciò di rimando, senza neppure pensarci, con il suo corpo che ancora una volta bypassava il controllo del cervello. Continuò a borbottare «Perdono, perdono» finché la sua voce non divenne un gorgoglio senza significato e poi non si spense quasi del tutto, lasciandolo ad aspirare rumorosamente fra i denti, ogni respiro trasformato in delle scuse.

Diantha gli posò le labbra sulla fronte.

«Mi stai facendo morire di paura» Gli disse «E non chiedere perdono di nuovo, per favore».

Lysandre si zittì, rimanendo in contemplazione della bontà di chi, pur sapendolo un mostro, non lo odiava. Era strano, pensare che tutti erano meglio di lui. Più puri, più santi.

Fra le lacrime, la strinse un po' di più.

«Forse» Mormorò, la voce bassa e roca «Non dovresti perdonarmi, allora».




 

- Altre mini-scene di Lysandrino che piange qui -

(Ci piace scrivere gli omoni fieri che piangono. C'è una catarsi in questo. Andate a leggerne altre.) 

martedì 18 novembre 2025

Lysande che piange 8. Da solo

Nota: e si torna ancora una volta indietro nel tempo, a prima di Z-A, e ancora prima degli avvenimenti di XY. Attenzioncina, se siete sensibili a queste cose: ci sono delle ideazioni suicide in questa ficlet. 
 
La rabbia gli ribolliva nel petto, mescolandosi alla tristezza. Due veleni: uno pungente, caldo, acuto e fluido, l'altro viscoso, freddo, che si aggrappava ai suoi organi interni con tentacoli pastosi, che sembrava volergli strappare il cuore dalle vene.

Provò a respirare profondamente e lentamente. Inspirare, mentre contava: uno... due... tre... quattro... oh no, i suoi polmoni si erano bloccati, faceva male provare a continuare ad inspirare... quindi, espirare, uno... due... tre... quattro...

Non funzionava.

«Smettila» Ringhiò Lysandre, guardando il riflesso fosco, annebbiato della sua faccia sul pannello di metallo di fronte a lui.

Era nel cuore dei Laboratori Lysandre, da solo. Ed erano le cinque del mattino: era sceso nei laboratori perché non era riuscito a dormire, neanche per un solo secondo, e aveva pensato di andare a lavorare prima degli altri per schiarirsi le idee.

Non funzionava.

La stessa cosa che lo rendeva incapace di dormire, adesso lo rendeva incapace di lavorare.

C'erano un sacco di cose da testare, un sacco di cose da rivedere, un sacco di e-mail da scrivere, e lui non riusciva a fare nessuna di queste cose, perché gli tremavano le mani, perché non riusciva a concentrarsi.

Tutto quello che riusciva a fare, era essere furioso e triste. Se riusciva a sgusciare fuori da uno dei suoi pensieri oscuri, cadeva immediatamente dentro ad un altro, ancora peggiore, ancora più cattivo; correva in un campo minato, saltava in aria e moriva un po' di più per ogni paio di metri percorsi.

 Non importa quello che farai, sai già che la gente odia il Team Flare, ed è colpa TUA, stupido egoista, tu hai messo in piedi questo intero teatrino per compiacere il tuo ego, ma tutto quello che state facendo non sta portando nessun bene, sono atti vuoti, un po' di teatrini di fronte alla popolazione di Kalos, e la gente lo sa, lo SA chi sei tu; oh, chi credi di essere, hm? Nato nel privilegio, nella bambagia, il bambinone! Eccolo lì! Pensi che qualcuno ti guarda e pensa "oh, è davvero il nostro salvatore"? Ti guardano e pensano "guarda quel miltank, fatto solo per essere munto per estrarne i soldi, i soldi che non si sa guardagnare da solo, perché è un ricco ereditiero spocchioso, perché la sua famiglia governa Kalos da duemila anni, e ogni singolo centesimo che ha accumulato è grazie alla schiavitù, grazie al dominio feroce di quei nobili che soggiogavano la proprie gente, a tasse che li schiacciavano, e tu sei nato in QUEL privilegio, non te ne puoi distaccare. Non importa quanto ridarai indietro, non cambierà mai niente. Hai visto cambiare niente, Lysandre? Hai visto la regione diventare più ricca, grazie a te? O solo tu ti sei arricchito grazie alle tue ricerche? L'Holocaster, eh? Davvero pensi che la gente si berrà quella stupidaggine della "tecnologia fatta per il bene di tutti?".

«Basta. Basta cervello, basta, basta» Pigolò Lysandre, premendo i pugni contro la parete. Si sentiva la testa andare a fuoco, le fiamme che se lo divoravano, che corrodevano ogni piega del suo encefalo, sibilando come lingue di arbok.

Hai trascinato con te tutti quei ragazzini. Che fai, pensi che non ti sospetteranno, eh? Tutti questi bambini bellissimi, ben vestiti, con le loro divisette fiammanti.

«Non sono bambini... non... lo vedranno...»

Tu sai che non sono bambini. La gente? La gente penserà cose. Penserà che c'è un motivo per cui ti piace così tanto fare la carità ai bimbi che vivono per le strade di Luminopoli. Tutte le relazioni sono transazionali, giusto? E cosa pensi che credano che vuoi, da quei bambini che non hanno una famiglia da cui tornare? Che non hanno un papà o una mamma a cui denunciare gli abusi subiti, hm? Pensi davvero che non ti cataloghino tutti già come un pederasta impunito e irriducibile? Il marciume della terra, Lysandre, è così che ti vedono. Non importa quello che fai, non puoi cambiare il mondo, puoi farti solo odiare di più.

Lysandre alzò la testa per guardare più da vicino il proprio riflesso. Il colore della sua faccia e quello dei suoi capelli, su una superficie così smerigliata, apparivano mescolati morbidamente, tanto da sembrare parte di un'unico oggetto: una specie di esplosione, che aveva come epicentro il suo naso, e come parte più esterna le punte dei suoi capelli rossissimi.

E poi sei anche rosso. Lo sai che cosa si dice, no? L'hai letto, Rosso Malpelo.

«I tempi sono cambiati...»

La gente non cambia mai. Altrimenti perché fai quello che fai, testa di shedinja?

Le sue scuse diventarono flebili. Poi si accartocciarono su se stesse e scomparvero: era difficile litigare con sé stessi.

Stai facendo del male a tutti. Stai facendo del male a te stesso. Non fai abbastanza per gli altri. Fai troppo per gli altri. Sei stupido? Potresti fare altre cose per gli altri.

Oppure potresti ucciderti.

Quel pensiero lasciò Lysandre interdetto, come se una delle reclute fosse appena saltata fuori da una delle porte e lo avesse colpito alle costole con un pungolo elettrico. Da dove saltava fuori, quell'idea? E perché, sotto sotto, gli sembrava così allettante?

Gli sembrava che il cuore stesse per staccarglisi dalle vene, per quanto rapido era diventato il rimescolio della rabbia e del dolore nel suo petto.

Si guardò le mani: erano calde, arrossate, per quello che riusciva a vedere delle dita che spuntavano dai guanti. 

«Pensa a chi non ha niente» Disse ad alta voce «Cosa penserebbero di te? Loro hanno un motivo per uccidersi. Tu vuoi farlo perché sei... perché sei un codardo? Un vigliacco?».

Ammazzati e lascia tutto a loro, a quelli che non hanno niente. È l'unico modo che hai per ripagarli.

Lysandre chiuse i pugni e ringhiò, così forte che sentì le corde vocali che gli si stiravano dolorosamente. Lacrime calde gli affiorarono sulle palpebre, scesero lungo le sue guance. Che diavolo stava facendo? Che cosa gli succedeva? Davvero l'unica soluzione era...

Sentì un rumore: era una porta che si apriva. Immediatamente, raddrizzò la schiena e fece un passo indietro, allontanandosi dalla parete.

Guardò l'orologio: erano le otto. Stava arrivando qualcuno.

Più rapidamente che poté, si asciugò le lacrime e deglutì diverse volte, provando a rimettersi a posto la voce e a lenire il bruciore nella sua gola. Sentiva dei passi che si avvicinavano. Toc toc toc. Hmm, dal tipo di calzatura sembrava una delle scienziate... probabilmente Martynia.

«Buongiorno, capo» Disse Martynia, entrando nella stanza «Mattiniero, eh?»

«Sì. Non riuscivo a dormire. C'è sempre... così tanto da fare»

«Allora mettiamoci al lavoro»

«Certamente».

Lysandre fissò la schiena della donna, mentre lei si infilava il camice da lavoro. Aveva dato di matto, a quanto pareva, per tre ore filate, dalle cinque alle otto... ma era bastato che qualcuno lo stesse guardando per farlo smettere. A dir poco peculiare.

A pensarci bene, non era mai riuscito a piangere di fronte a qualcuno.

Non ancora.

 


 


- Altre mini-scene di Lysandrino che piange qui -

(Ci piace scrivere gli omoni fieri che piangono. C'è una catarsi in questo. Andate a leggerne altre.)  

Piccola guida (colorabile) alle creature fantastiche

Siete stressati E volete saperne di più sulle creature fantastiche? Non dite altro, perché abbiamo fatto una cosina proprio per voi!
 
Vi presentiamo la piccola guida (colorabile) alle creature fantastiche! Tutta in stile chibi, raccoglie una serie di illustrazioni di adorabili creature fantastiche proveniente da tutto il mondo (il drago orientale è però un po' la "mascotte" di questo libriccino da colorare, tanto che è presente anche nelle decorazioni delle pagine con i testi) pronte ad essere completate dalla vostra immaginazione. Scatenate la fantasia con palette di colore divertenti! Immaginate gli sfondi che piacciono a voi! 

E ovviamente, visto che i Cactus di Fuoco sono sempre i Cactus di Fuoco, e non riusciamo a fare libri che siano troppo "a basso contenuto", ogni creatura è accompagnata da una piccola descrizione (canon-compliant per il nostro universo narrativo, ovviamente ;)) che spesso spiega l'origine della creatura, l'etimologia del suo nome o altri dettagliucci carini.

Chissà, chissà se non si possa trovare anche qualche scampolo di lore "strana", in mezzo ai testi...

Comunque, era un po' che non facevamo qualcosa di leggero e divertente per tutti, bambini compresi, eh?

Per ora il mondo, soprattutto per tutti noi creativi, è un posto "pesante", non è vero? Stanno succedendo troppe cose brutte tutte insieme. Dicono che colorare possa aiutare le persone a fare rilasciare un po' di stress, perciò... anche se di solito quelli che facciamo sono romanzi e fumetti, abbiamo pensato di collaborare con le nostre solite artiste principali per fare uscire questa cosuccia economica e piccolina, che potete regalare ai vostri bimbi (o a voi stessi, ricordatevi, colorare e imparare la mitologia sono hobby per tutti!) per natale, e che è abbastanza maneggevole da poter essere portato con voi anche durante le vacanze invernali (sempre per chi se le può permettere, le vacanze invernali).

(Hmm... prima o poi dobbiamo farlo anche un libro da colorare grande. Uno grosso, enorme, con lore a cascata e dettagli più intricati, fatto solo per gli adulti. Ma per ora iniziamo così, và, con un progettino più piccino).

Per il momento la piccola guida (colorabile) alle creature fantastiche è disponibile solo in italiano (così i nostri lettori principali non possono dire che non li abbiamo pensati! Questa volta abbiamo pensato PRIMA a voi, e poi al mercato internazionale, quello con cui potremmo fare qualche soldino in più. Vi vogliamo beni, regaz) e lo potete trovare qui:

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P.S.: Se doveste davvero ad acquistare il libro (grazie mille! E speriamo che vi ci divertiate tantissimissimo!), e voleste farci vedere i risultati di una o più pagine colorate, ne saremmo felicissimi! Potete taggarci sui social media (quello dove siamo più attivi è probabilmente bluesky, ma ci trovate in un mucchio di posti), farci vedere il link giù nei commenti, iin qualsiasi modo desideriate farcele vedere, noi saremmo felicissimi non solo di vedere come avete usato i colori per completare le pagine (sarebbe come collaborare con voi! Yahoo!), ma anche di condividere i vostri lavori e magari persino di dedicarvi un post nel tag "fanart del giorno".

Buon divertimento, germoglietti!

E che la creatività sia sempre con voi,

- I Cactus di Fuoco

La fanart del giorno 8. Clockface (by LovelyWingsArt)

Benvenute e benvenuti in questa rubrica in cui vi mostriamo le fanart dei nostri personaggi, disegnati da artisti talentuosi da tutto il mondo, e le commentiamo! Perché, insomma, un po' di fierezza ci vuole, no? Siamo fieri che le persone scelgano di disegnarli, e per dimostrarlo mettiamo i loro lavori sotto lo spotlight!

Il personaggio ritratto nella fanart di oggi è uno di quelli che probabilmente ancora non conoscete bene... il suo design forse l'avete visto, forse no, ma quello che è certo è che non è ancora comparso in nessuna delle nostre storie scritte.

Questa creatura dall'aspetto che chiamare "umano" sarebbe un po' troppo un'azzardo si chiama Clockface, ed è uno spirito con poteri cronocinetici.

L'artista che ha realizzato il disegno di oggi è il nostro collega (e amico) LovelyWingsArt!


 


Anche un disegno complicato, semi-meccanico, ectoplasmico, inumano come quello di Clockface può sembrare grazioso, se ne si alterano le proporzioni in questo modo! Guardate quelle manine cicciotte! E gli occhietti? Sembrano curiosi, inquisitivi, come quelli di un micino. E sembra quasi timido, in questa posizione (ma possiamo assicurare che non lo è. Caspita se non lo è...).

Che dire, grazie mille LovelyWingsArt, per aver disegnato il nostro fantasmino! Hai fatto davvero un ottimo lavoro. 

lunedì 17 novembre 2025

I quadri di Lysandre, e quando L ha perso la memoria

Tempo per un'altra delle nostre teorie su Pokémon Legends XY/ Pokémon Legends:Z-A.

Questa è una cosa che avevamo in qualche modo sospettato autonomamente (in guisa di "ah ah ah, sembra quasi che questi quadri li abbia fatti lui...") ma che abbiamo in seguito visto teorizzato anche in una qualche pagina in giapponese (purtroppo non ricordiamo quale, c'è stato un periodo, dopo aver giocato Pokémon Y, in cui andavamo in giro ad applicare Google traduttore a tutti i forum giapponesi che parlavano del gioco) e persino da uno o due utenti qui su Tumblr.

Di cosa stiamo parlando?

Della serie di quadri sulla tecnologia di Kalos... che potrebbero essere stati dipinti da Lysandre.

Questi qui:

Immagine da Bulbagarden. Ovviamente.

Lysandre è un personaggio molto connesso alla tecnologia, in particolar modo a quella che può dare forma al futuro della regione, ed è di questo che parlano i quadri, ma non è la sola connessione fra le due cose... il modo in cui l'artista (ricordiamo, un artista misterioso, che Pokémon non desidera rivelarci subito) spiega, attraverso paesaggi e strutture, concetti estremamente vicini al sentito di Lysandre, come "il desiderio dell'artista di essere connesso a tutti i Pokémon", "il dolore di voler lasciare un'eredità, anche se trascorriamo e scompariamo", "la combustione intensa che comunica appieno il fuoco appassionato dell'energia vitale" e "la passione nascosta che si cela appena sotto la superficie di ognuno di noi".

E poi, diciamocela, chi se non lui potrebbe connettere (in modo così deliziosamente melodrammatico) dipinti in cui ogni essere umano è assente, a sentimenti così profondamente umani?

Forse è il sogno di una Kalos quasi completamente spopolata, dove centrali energetiche che utilizzano risorse rinnovabili sono abbastanza per dare energia a tutti...

Questa tesi, ha molte prove a suo sostegno, ma noi vogliamo spostarci un po' più avanti. Dove?

In Pokémon Legends: Z-A. Perché appena abbiamo visto il museo, abbiamo pensato a quei quadri. Sarebbero stati ancora lì, immutati? Sarebbero stati tolti dall'esposizione?

Tutto ci aspettavamo, tranne una cosa: che in realtà ci sono dipinti in più. 

E c'è un dipinto molto particolare: quello nello spazio. Un dipinto nuovo, la cui descrizione in italiano é:

"L'opera esprime in modo straordinario il senso di gratificazione che dà l'essere utili a qualcuno, anche se immersi nella solitudine più profonda."

 



In italiano è un po' più evocativa e straziante che nella versione inglese, che però ovviamente va menzionata: 

"The artist has succeeded in capturing the sense of self-efficacy in the region—of being isolated but still striving to help others".

Se prima pensavamo che Lysandre fosse il pittore di questi quadri, ora abbiamo ancora meno dubbi. Ma rimane ancora un interrogativo aperto... come può esistere un nuovo quadro di Lysandre nel museo, uno che descrive la sua condizione attuale, di "servo di un cane per il bene superiore"? 

Qui entra in gioco la nostra teoria: Lysandre non ha perso la memoria direttamente all'impatto con il colpo dell'arma finale, no, è stato Zygarde a bloccare i suoi ricordi, e l'ha fatto più tardi e con il suo consenso.

Quello che è successo al suo occhio è parte di questa cosa... non sappiamo ancora come, ma crediamo che attraverso attraverso gli occhi (l'occhio) sia il modo in cui Zygarde riesce a controllare le persone. 

Lysandre sapeva che avrebbe perso la memoria, e prima di imbarcarsi nella sua missione per conto di Zygarde, ha dipinto quel quadro. Come mai il quadro è finito nel museo? Su questa parte della teoria ci dobbiamo ancora lavorare, ma siamo certi che un motivo debba esserci.

Ma pensiamoci bene: Lysandre cita le mosse Z (come quelle di Alola). Quando è stato ad Alola lui? Deve essere stato di recente, perché Nihil Light è una mossa connessa a Necrozma, un Pokémon che non se ne andava di certo libero per le isolette di Alola quando Lysandre era giovane, essendo legato essenzialmente alla trama di Pokémon Sole e Luna.

No, Lysandre è stato ad Alola DI RECENTE. Durante gli avvenimenti di Sole e Luna, per essere precisi. E chi altro era da quelle parti? Sì, esatto, Sina e Dexio! Che consegnano al giocatore protagonista la Teca Zygarde.

Hmm... secondo noi, anche il professor Platan si trovava ad Alola (dateci un po' di tempo, e possiamo dimostrarlo!), e insieme a lui c'era Lysandre. Platan sa della missione di Lysandre, anzi, lo ha aiutato a prepararsi fornendogli la Teca Zygarde (un oggetto che è canonicamente stato scoperto da Platan). Sapeva che sarebbe stato dimenticato, e che ricomparire avrebbe potuto distrarre Lysandre, magari persino fargli ritornare parzialmente la memoria.

Ecco perché non lo vediamo durante Pokémon Legends: Z-A! Essere invisibile faceva parte della sua missione.


E ricordate, questa è una Theory... Una GAME Theory! Aaaand CUT. 


sabato 15 novembre 2025

Recensione - Pokémon Legends Z-A

L'abbiamo mai recensito un videogioco? Probabilmente no. Non siamo grandi videogiocatori. Forse avremmo potuto recensire Assassin's Creed II (divertentissimo, a nostro avviso, e con una bella morale per giunta, nonostante sia un gioco che parla di assassini), ma non l'abbiamo fatto.

Con Pokémon Legends Z-A, però, la storia è diversa. Perché? Perché siamo dei fan dei Pokémon. Lo siamo sempre stati, fin da bambini, fin da quando non potevamo permetterci di comprare i giochi (e alcuni di noi avevano genitori che pensavano fosse stupida l'idea di comprarli ai loro pargoletti) e ci appassionavamo alla loro biologia attraverso quel poco che riuscivamo a raggranellare: pezzi di informazione sulle carte di plastica trasparente nei succhi di frutta, oppure stampate su libretti e giornaletti che leggevamo nei centri commerciali, o ancora attraverso copie fatte girare sull'emulatore da figli degli amici dei nostri genitori, passando, ovviamente, per il cartone animato (ormai la prima puntata la sappiamo a memoria, e anche se siamo un po' fuori target per la serie animata, che è tanto per bambini e un po' difficilina da godere per gli adulti, ogni tanto qualche puntata la guardiamo).

L'ambientazione

Luminopoli (Lumiose City nella versione inglese) è una roba folle. Pazzesca. Vi siete mai detti, fra voi e voi, che se i pokémon vivessero in una città con gli esseri umani non sarebbe certo tutto rose e fiori? Fra cacche sulle strade, liane e rocce lanciate in giro, attacchi ad ignare vecchiette e a poveri bambini, di certo il centro abitato diventerebbe rapidamente... invivibile. Dopotutto c'è un motivo se i professori di tutti i giochi precedenti dicono sempre al protagonista la stessa cosa: "è pericoloso andare nell'erba alta" e "è pericoloso andare lì fuori da soli".

Ora immaginatevi di essere a Parigi (Luminopoli questo è: la Parigi del mondo Pokémon), ma gradualmente la città si sta trasformando nell'erba alta dei vecchi giochi... non perché le piante stiano crescendo dappertutto (un po' sì, ma questa cosa è meno importante), quanto perché i pokémon selvatici stanno arrivando a frotte. Per fare fronte a questa "invasione di campo", la Quasartico, una ditta specializzata in tecnologie all'avanguardia, sta utilizzando dei recinti olografici (usano degli ologrammi che... si possono toccare? Ma che figata assurda! Anche voi avreste un apprezzamento maggiore per questo dettaglio, se sapeste cosa è davvero un ologramma!) per contenere tutti i mostriciattoli in delle "zone selvatiche".

Ma i pokémon continuano ad arrivare, e sconfinano nelle strade, e c'è bisogno di costruire più zone selvagge per tenere separata la popolazione umana da quella pokémon, e nessuno sa perché questa cosa stia succedendo! Perché cavolo tutti i pokémon della Francia hanno deciso di farsi un soggiorno a Parigi in cui prendono a mazzate le vecchiette?

Questo è il cuore della storia, con l'ambientazione che continua a cambiare man mano che proseguiamo durante il gioco.

I Pokémon

Allora, partiamo subito dalle "note dolenti" (ne parliamo più in profondità alla fine della recensione): il pokédex non è super-mega estesissimo. Ma saranno pure note dolenti per voi, perché per noi è tutto tranquillo, i nostri Pokémon preferiti ce l'hanno fatta tutti (o quasi, perché buhu, wooper non c'è) ad entrare nella "collezione" di questo gioco e catturarli dal primo all'ultimo è comunque una sfida, perché alcuni sono molto più rari e difficili di altri. (Sto guardando te, ranocchio blu che vive su un obelisco, tu sai chi sei, sto guardando te, dannato ranocchio blu).

E poi, vi siete scordati o no che il pokédex originale aveva solo 150 creaturine tascabili? Al confronto, qui stiamo belli comodi, con ben 230 pokémon (una lista che potrebbe essere comunque espansa notevolmente grazie agli eventi e ai DLC, che si vocifera saranno due). Sì, siamo di quella scuola di pensiero che ritiene che non sia necessario avere 1000+ pokémon in un gioco per goderselo, e questo gioco in particolare, che ha una robusta lore, trama e sistema di combattimento che sarebbe divertente anche se ne avesse solo sessanta, di pokémon, a maggior ragione.

Non ci saranno mew e mewtwo (o forse sì, perché già si favoleggia di un evento di distribizione di mewtwo, golosa occasione, lecchiamoci i baffi), ma non mancano leggendari, semi-leggendari, e una robustissima mitologia.

Ma ora rinsaviamo, dandoci uno schiaffetto: chissene del pokédex quando possiamo farci le foto con i nostri Pokémon in-game! Quando possiamo farci seguire dappertutto da qualunque pokémon desideriamo! E poi, la nostra cosa preferita: esistono pokémon di dimensioni diverse nel gioco! Ma veramente diverse. Potete farvi le foto con un Litleo grande come una motocicletta, che cavolo volete di più? Oppure farvi seguire in giro da un sableye minuscolo che sembra una formichina indaffarata, il più adorabile gremlin del mondo con i suoi dentini puntuti e... vabbé, avete capito. 

Gli NPC

(Che, per chi non lo sapesse, sta per "non-playing-character", ovvero tutti i personaggi intorno al vostro, che di solito è l'unico playing character, tranne che non stiate giocando online).

Non sappiamo se ci sia mai capito un gioco pokémon in cui tutti i personaggi, specie quelli ricorrenti, sono sembrati così vivi! Se avete mai giocato ai classici "turn based", ovvero praticamente tutto il resto di Pokémon tranne Leggende Arceus, probabilmente avete affrontato i superquattro prima di scontrarvi con il campione della regione: questi quattro allenatori incredibili, ogni specializzato in un tipo diverso, che vi danno del filo da torcere con le loro strategie e che dovete per forza battere, se volete arrivare alla fine del gioco, alla tanto agognata Sala d'Onore a cui si accede solo dopo aver picchiato pure il campione con la vostra squadra tutta composta di wooper livello 100 (ah, eravamo solo noi quelli? Vo-volete dire che non avevate tutti una squadra di wooper livello 100 per dimostrare che è il miglior pokémon del mondo?).

E se conoscete come funziona con i superquattro, sapete anche che nella stragrande maggioranza dei casi sono questi tizi che incontrare fissi nelle loro stanze, a fare da ostacoli, e nient'altro; niente impatto sulla trama, gusti personali appena accennati al di fuori dell'amore per un tipo specifico di pokémon, nessun peso sul mondo generale in cui vivete la vostra avventura, i superquattro sono solo dei pioli di acciaio massiccio intorno a cui fare slalom per diventare "the very best like no one ever was".

E i fan ormai sono abituati a questa cosa da sempre, no? Se devono immaginarseli fuori dai loro terrari in cui praticamente vivono, i fan di pokémon devono ricamare laboriosamente su quel poco che sanno, creando headcanons che espandano al di fuori dei "bordi" della storia i personaggi. 'Nsomma, ce la dobbiamo suonare e ce la dobbiamo cantare... che non è una cosa necessariamente cattiva, è bello lasciare tanto spazio all'immaginazione di chi fruisce di un'opera! Ci sono modi diversi per scrivere i personaggi, questo è solo uno dei tanti.

Ma in ZA la situazione è... diversa dal solito.

Prima di tutto, i superquattro non ci sono proprio, perché non c'è la lega (nessuna lega, per fortuna, né quella Nord né quella Pokémon) e non ci sono neanche le palestre, sostituite dalla scalata dei ranghi nella Royale Z-A. E al posto dei superquattro ci sono, ovviamente, gli allenatori più forti di Lumiose City! E visto che non li incontriamo solo in stanze chiuse a non far niente, ma che interagiscono con noi nel corso della trama (e alcuni sono proprio buffissimi!), impariamo a conoscerli e ad amarli.

E sono proprio fatti bene! Caspita! Si sanno far amare, si sanno far odiare, sanno fare riflettere. E invece di essere pesi morti nella classica trama di Pokémon, quella per intenderci in cui noi, bambino di dieci/undici anni dobbiamo sconfiggere la mafia, le forze armate, la corruzione, la PETA invasata, l'invasione degli ultracorpi e satana tutti da soli, in questo caso (finalmente! Vorremmo mettere un'abbondanza di punti esclamativi, ma sono brutti e allora non li mettiamo!) gli NPC ci aiutano attivamente nella nostra missione di salvare Lumiose (e il mondo).

Per gli appassionati dello shipping, ci sono anche deliziose tracce di interazioni fra personaggi che possono fare da scintilla al fuoco della passione dei vostri prossimi pairing preferiti, yahoo!

E se anche l'occhio vuole la sua parte... diciamocelo... ci sono personaggi veramente belli per tutti i gusti, sia che siate donne, sia che siate uomini, sia che non vi interessi nessuno dei due ma che siate appassionati di design e del modo in cui si connettono con il mondo circostante. Sì, nessuno di quelli che recensiscono videogiochi per lavoro tiene mai conto di questa cosa, ma noi non lo facciamo per lavoro, lo facciamo per passione (e questa passione è diretta verso quest'unico videogioco, al momento), quindi vi riferiamo i dettagli che contano.

La storia

La storia del gioco può non sembrare, superficialmente, questo granché... ma la cosa che la rende speciale è il modo in cui le sottotrame, le storie dei personaggi, si intrecciano fra loro e alla fine ti portano in questo crescendo epico in cui, per un attimo, ti fanno volere bene a tutti. Anche a quei personaggi che fino a tre secondi prima ci stavano antipatici.

Alla fine, mentre facevamo il percorso finale, eravamo in una specie di comunione con il mondo e fra noi... stavamo lì, a guardare i personaggi che si aiutavano gli uni con gli altri, che aiutavano noi, e pensavamo (e ci siamo detti, indicando le immagini) che non abbiamo mai visto un coinvolgimento del genere da parte degli NPC in un gioco dei Pokémon. O in un gioco in generale se è per questo! 

Non che noi abbiamo giocato molti giochi nella vita (prendete questa recensione per quello che é: quella di un gruppetto di profani che amano molto i Pokémon e il Team Flare, ma che non sono abituati a giocare a niente al di fuori di Super Mario, quello vecchio s'intende), ma questa è per l'appunto un'esperienza personale... e in questo caso è stato speciale, forse perché stavamo uscendo da un periodo di grande solitudine sociale, o forse perché stavo giocando troppe ore al giorno a quel gioco (rigorosamente su schermo grande, non su quello piccolino della switch) e si è formato nella mia mente uno stato mentale particolare... boh... saranno le decadi di amore verso i pokémon che si sono alzate dalle ceneri degli anni della nostra grigia giovinezza (sì Grisham, non ci scordiamo di te) per "manifestarsi" finalmente nel primo gioco pokémon che abbiamo giocato dall'inizio alla fine guardandolo su uno schermo grande e con l'hardware ufficiale, ma quello che sappiamo è che ci ha fatto bene.

Non possiamo spoilerarvi cosa sta succedendo nella storia, proprio no (anche se alcuni di voi lo indovineranno dopo le prime ore di gioco, se hanno abbastanza dimistichezza con le "energie" del mondo Pokémon e con la storia di Kalos in particolare).

Però vi piacerà.

Parla di fiori velenosi e di cannoni e di morte e di rinascita (ma solo un pizzichino ino ino di rinascita) e di gentrificazione e di guerra e di cosa significa essere umani (e pokémon) in un mondo di altri come te.

Le note dolenti

Allora, cos'è che non c'è piaciuto di questo titolo? Poche cose, ma per essere quanto più equi possibile, dobbiamo dirle. Anche se in questo caso non vorremmo, perché ci siamo divertiti così tanto che non ce la possiamo avere a male con questo gioco... però...

- Il parkour. Cioè, non è che non ci sia piaciuta la presenza del parkour, non ci è piaciuta tantissimo l'esecuzione del parkour, che è diverso... in questo periodo ci stiamo un po' appassionando alla disciplina (che è nata proprio in Francia, lo sapevate? Quindi è perfetta da inserire in un gioco ambientato a Kalos!) e quando abbiamo saputo che si sarebbe potuta praticare nel gameplay eravamo felicissimi! Anche perché avevamo appena giocato Assassin's Creed, dove il personaggio si muove per tutto l'ambiente urbano sfruttando il "freerunning", che poi è un po' come dire parkour (ma non esattamente! Lo devo dire nel caso ci fosse qualche praticamente di parkour e/o di freerunning a leggerci! Non sono ESATTAMENTE la stessa cosa, è complicato!), e pensavamo che in Pokémon Legends Z-A sarebbe stato un po' come in Assassin's Creed, no?
Tipo che possiamo salire su TUTTI gli edifici e su TUTTE le piattaforme arrampicandoci! E che bisognasse stare attenti a non cadere! E che ci fossero movimenti più o meno realistici.
Invece salta fuori che si può fare "parkour" (leggasi "arrampicarsi in modo semplice, senza particolari mosse legate alla disciplina") solo in presenza di specifiche costruzioni, non dappertutto. E questo, un pochino-ino-ino ci ha delusi. Perché avete fatto tutta questa città che si sviluppa in tre dimensioni, con la visuale libera, perché mai non ce la fate anche esplorare in tre dimensioni, come in Assassin's Creed?
Voglio dire, il fatto che su certe costruzioni si possa salire significa che sapete come farlo, no? E allora facciamolo!

- Visto che se non diciamo "le finestre piatte e la compressione delle immagini, gne gne", tutti i gamer del mondo, anche quelli che non hanno mai giocato ad un singolo gioco di Pokémon in vita loro, si alzano e ci vengono incontro urlando e bestemmiando in cinque o sei lingue diverse, allora dobbiamo dirlo: le finestre.

Però, diciamocelo seriamente... voi, nella vostra infanzia, ricordate di esservi concentrati così tanto, sulle finestre? Invece di catturare pikachu, guardavate le casette? No, per sapere. 

Ora, qualcuno potrà anche alzarsi dalla sua poltroncina, fare scattare in alto la mano come una bimba diligente e dire: «Ma maestra, gli sviluppatori di Pokémon sono stati pigri! Perché non hanno fatto la città bella?».

E noi, che amiamo le domande belle e intelligenti diremo.

«Bene, giovane creatura, è una buona domanda. Le domande sono buone, i giudizi affrettati un po' meno, giusto? Ed eccole qui, le tue finestre! Non sono pigri, le avevano fatte. Ed eccole qui dalla beta:»

Da un Tweet di FranDrawer


Perché dunque, se prima le case avevano dettagli di profondità, nel prodotto finale questa cosa non c'è?

Crediamo che sia per motivi di performance... non volevano che finisse di nuovo come Scarlatto e Violetto, dove cadete nei buchi, vi allungate e accorciate come il giocattolo di un dinosauro gommoso comprato nel reparto bimbi del Conad, clippate attraverso le porte e vi teletrasportate in un mondo parallelo fatto di poligoni che si compenetrano, volevano che, questa volta, le transizioni fossero stabili, e il gioco non si sfaldasse mentre cercate di catturare un pettirosso sputafuoco che sta appollaiato sopra un lampione.

Così, alla fine, hanno deciso di tagliare la profondità degli edifici. Non è una roba pigra, è una roba necessaria, perché ottimizzare un gioco nel poco tempo che hanno richiede sacrifici. Se magari si prendessero il tempo per fare un gioco, invece di sottostare ai capricci degli shareholders (e invece no, ce devono 'sta, è il capitalismo, lo schifoso capitalismo, pappappero), avrebbero potuto lasciare le finestre con una profondità. E magari aggiungere qualche balcone.

È una cosa bella a vedersi? No. Certo che no! Abbiamo gli occhi, è ovvio che non è bella. MAAAA, a nostra avviso impatta così poco sul gameplay, che, 'nsomma, meglio tagliare questa cosa che un'altra che magari invece era divertente.

- Non c'è wooper. Magari non saranno in molti a lamentarsi di questa cosa, e ricordatevi che neanche noi lo stiamo facendo... stiamo solo... notando una cosa che poteva essere migliorata. Cioè, immaginatevelo wooper accanto a voi, nel gioco. Immaginatevi che razza di suono potrebbero fare i suoi piedini pagnottini e umidi sul selciato! E poi se non c'è wooper, non c'è neanche il pokémon oggettivamente migliore di tutto il franchise: la salamandra gigante blu... ehm... volevamo dire quagsire. Quagsire.

- Non si possono cavalcare i pokémon. Non è una cosa di cui ci si possa davvero lamentare, perché c'è un senso dietro a questa scelta, e se fosse stato possibile cavalcare per esempio gogoat, come nei primi titoli, sarebbe stato un po' un buco di trama.

venerdì 14 novembre 2025

Lysandre che piange 7. Cinema

Lysandre si era seduto nel salottino dell'Hotel Z, contemplando gli innumerevoli dipinti appesi alle pareti. Erano lavori un po' grezzi, macchie di colore i cui contorni tondeggianti non ricalcavano perfettamente la forma degli oggetti o delle creature che volevano ritrarre... Lysandre si chiese se lui stesso fosse capace di dipingere o meno. Non lo ricordava, ma sapeva di averne un po' voglia. Forse faceva parte del nuovo sé stesso: qualcuno che invece di distruggere voleva creare.

Sentì i passi di qualcuno che si avvicinava, rapidi e quasi musicali, e si voltò a guardare.

Era Lida, che si stava dirigendo verso il portone.

«Ciao, L! Tutto bene?» Lo salutò lei, alzando una mano

«Sì, va tutto bene» lui sorrise «Vai a fare un giretto?»

«Sto andando a guardare il nuovo film di Diantha, Petali di Sofferenza, vuoi venire con me?».

Lysandre batté le palpebre. Quel nome, Diantha, gli era terribilmente familiare... ma poteva anche darsi che l'avesse letto su qualche giornale, visto ch a quanto pareva era una regista o un'attrice.

«Diantha?» Domandò

«Sì! Ti piacciono i suoi film?»

«Temo di non ricordarlo, insieme a tante altre cose» Lysandre scosse la testa lentamente «Scusa»

«Non ti devi scusare, nonnino! Ti va di vederlo con me?»

«Temo anche di non avere... di non avere i soldi per il biglietto»

«Ah, non preoccuparti! Da quando sono co-proprietaria di un albergo, finalmente mi posso permettere di mangiare fuori ogni tanto, o di andare al cinema. Te lo pago io, il biglietto!»

«È troppo!» Lysandre arrossì «Non posso chiederti questo!».

Lida rise nel vedere l'espressione quasi scandalizzata dell'uomo, il modo in cui il suo naso, le punte delle orecchie e degli zigomi si erano imporporati: non aveva mai visto qualcuno pensare che un biglietto del cinema fosse "troppo".

«Non ti sto mica regalando una macchina! Mi fai un favore se vieni a vederlo con me! Virgil ha detto che non ci viene perché il film è "melenso" e perché ha un livestream di quella streamer là»

«Quella... streamer... là?»

«Quella che piace a lui, come si chiamava? Vabbé, quella gialla e azzurra. Comunque lo dovevo già pagare a Virgil il biglietto, era una spesa di cui tenevo conto, per cui non devi sentirti in debito o in imbarazzo, se vuoi venire con me».

Lysandre si coprì l'occhio malandato con una mano, mentre pensava. Aveva scoperto che fare entrare meno luce attraverso di esso lo aiutava a schiarirsi le idee.

«Dài, scommetto che tu hai la maturità emotiva per capire un film di Diantha» scherzò Lida «Al contrario di qualcun altro, eh!»

«In realtà non puoi saperlo»

«Forza, alzati e vieni con me!».

Lysandre annuì. Era stata una richiesta diretta, non un vago "se vuoi venire puoi...", perciò sentiva che declinare l'invito sarebbe stato scortese. L'ultima cosa che voleva essere, nella sua condizione, era scortese.

Si chiese perché, in generale, Lida fosse così generosa con lui. Poi si diede del cretino: probabilmente era perché quella ragazzina era buona e le piaceva stare in compagnia, al contrario di lui, che doveva essere stato una spina nel fianco per chiunque avesse voluto passare del tempo insieme alla sua spocchiosa, ricchissima persona. Che cringe, pensò di sé, poi si alzò e seguì Lida.

Nel cinema c'erano pochissime persone, ma era probabilmente colpa della spopolazione della città, più che della qualità del film.

«Se la sala è piena il film fa schifo» Sentenziò Lida «Allora, dove ci mettiamo?».

Lysandre si sfregò le mani, guardandosi intorno, i gomiti stretti ai lati del corpo.

«Sono alto, non vorrei... impedire la visuale degli altri...»

«Ma se non c'è nessuno» gli fece notare Lida, indicando la sala con un gesto frettoloso «Andiamo, mettiamoci in terza fila. Basta che non ci sia nessuno dietro di noi, no?».

Lysandre si mosse a passettini nella semi-oscurità, stando attento a non inciampare nelle poltrone (che gli sembravano davvero troppo basse), poi prese la mano che Lida gli offriva per farsi guidare fino al suo posto.

«Ti vanno dei popcorn? Aspetta, li vado a prendere un attimo» Disse lei, dandogli un colpetto sul ginocchio, per poi notare che passare scavalcando le lunghe gambe ritratte dell'uomo sarebbe stato troppo scomodo, e trottare in direzione opposta, attraversando l'intero filare di poltrone.

Lysandre, un po' imbarazzato, cercò di distrarsi. La stanza era grande e buia e lui aveva l'impressione di poter sentire l'eco del suo respiro. Guardò in alto. Le piccole luci accese sulle pareti proiettavano le sagome delle persone fin lassù... non tutte le sagome, solo una parte, vaghi veli, che si muovevano sul tetto come fantasmi.

Lysandre strinse le mani sui braccioli, pregando di non avere un attacco di panico adesso. Corpo non mi tradire, pensà, Non iniziare a tremare.

Doveva convincersi che il soffitto non stesse per cadergli addosso, che non gli avrebbe rotto le ossa, che non lo avrebbe seppellito vivo. Era un cinema. Non era... non era la sala sotto Cromleburgo, e lo schermo enorme di fronte a lui non stava per accendersi con l'immagine proiettata dell'arma finale. Era buio perché... perché...

«Ecco dei popcorn» Disse Lida, sedendosi accanto a lui «Te ne ho portato un secchiellino»

«Grazie»

«Hai caldo? Perché non ti togli la giacca?»

«Sto bene»

«Non sembra».

Lysandre si toccò il lato della faccia. Era bagnato. Sentiva i brividi all'altezza delle scapole: non era sicuro se fosse un attacco di panico, un calo di zuccheri, o tutte e due le cose contemporaneamente. Prese un profondo respiro, ascoltando l'aria che gli passava attraverso il naso. Aveva le dita fredde, soprattutto le punte, ed era sgradevole anche quando cercava di riscaldarsele annidandola una dentro l'altra. Se si fosse tolto il cappotto, avrebbe avuto ancora più freddo... ma non riusciva a smettere di sudare, come se il panico fosse qualcosa di velenoso sotto la sua pelle, che doveva essere espulso in modo o nell'altro dal suo corpo.

Prese il secchiello di pop-corn e se lo portò vicino al naso, provando a concentrarsi su qualcos altro, qualunque cosa, e sapeva che gli odori potevano essere un ottimo modo per rimanere ancorati alla realtà.

«Hai fame?» Gli domandò Lida, a bassa voce

«Un po'»

«Guarda che sono tuoi, puoi mangiarli»

«Aspetto che inizi il film»

«Ottima idea» disse la ragazza, smettendo di scavare con le dita dentro al proprio secchiello.

Finalmente il proiettore si accese. Prima del film scorsero diverse pubblicità: un paio per le boutique più alla moda di Luminpoli (uno dei completi parve così bello ed elegante a Lysandre, che non riuscì a trattenersi dal dire «Wow» ad alta voce), una per un ristorante che offriva lotte pokémon, e l'ultima per un videogioco dove si poteva costruire un mondo perfetto insieme ai pokémon.

«A mio fratello quello piacerebbe» Disse Lida

«Credo che piacerebbe anche a me» commentò Lysandre, fissando uno dei personaggi, un tangrowth buffo con un CD sulla testa e un paio di occhiali fratturati al collo, e chiedendosi perché mai gli fosse in qualche modo familiare (in particolar modo le curve delle liane che fungevano da capelli).

Poi, finalmente, iniziò il film. Lysandre ne approfittò per infilarsi in bocca un pop corn: era salato, leggero, leggermente croccante, e faceva un rumore buffo sotto ai denti. Li aveva mai mangiati, prima d'ora? Il loro odore non gli richiamava niente in particolare alla memoria, quindi forse no...

C'era molto oro, sullo schermo: oro sulle pareti, nei vestiti delle ragazze, negli orecchini, negli anelli, nel colore biondo delle chiome perfettamente arrangiate. Lysandre batté le palpebre lentamente: consciamente sapeva di dover trovare bello quello sfoggio di ricchezza, ma in qualche modo non ci riusciva. E ogni volta che la telecamera si poggiava su uno dei ricchi che diceva le sue cose da ricco, che parlava delle sue conquiste, dei suoi terreni, dei suoi investimenti, Lysandre sentiva l'acidità di stomaco montare, come se avesse uno skrelp dentro la pancia.

"Ero così?" Pensò "Un insopportabile, borioso cretino che crede che la bellezza sia nell'accumulare quanto più materiale costoso di un solo colore possibile?".

Poi, però, qualcuno scivolò nell'inquadratura. Le spalle nude di una donna, in un lungo vestito nero, con guanti lunghi fino ai gomiti riempirono per un attimo lo schermo, la telecamera si mosse lentamente fino ad arrivare al suo profilo, e Lysandre sentì qualcosa muoversi dentro i suoi muscoli... no... dentro alle sue vene.

Com'era possibile che conoscesse quelle spalle? Che l'esatto angolo dell'osso risvegliasse in lui qualcosa (una canzone?) di impossibile da mettere a tacere, tanto da fargli dimenticare completamente di trovarsi in un posto chiuso.

E poi il volto di lei fu nel mezzo dello schermo, insieme ad un crescendo di violini, e i suoi occhi erano così azzurri, e la sua pelle luminosa, e il modo in cui la luce si rifletteva sui sui capelli era...

 

«Stai piangendo?» Domandò Lida all'improvviso, stringendo la mano di Lysandre

«Uhm... no»

«Ti sei fermato a guardare lo schermo senza mangiare il popcorn che hai in mano» sussurrò Lida, divertita «È bella, vero?»

«Chi... chi è?»

«Diantha. È la star del film»

«Sembra... molto familiare»

«Oh, sicuramente l'hai vista da qualche parte, è famosissima!».

Lysandre annuì: sapeva che lei era famosa. Non disse che all'improvviso si ricordava il suo profumo, e che gli mancava essere stretto dalle sue braccia.

Nel film, Diantha era un personaggio dignitoso: una madre che cerca di proteggere i suoi figli dalle insidie dell'alta società, nascondendo al mondo che il marito che l'ha abbandonata si è anche portato via tutti i loro soldi. Cose sempre più complicate le succedevano durante la trama, ma lei reagiva con compostezza, con intelligenza, nonostante dentro di sé soffrisse, come veniva mostrato in alcune scene piene di pathos.

E poi, trovava l'amore.

«A volte il mondo ci crolla addosso, Jean-Claude» Aveva detto, con la testa del suo nuovo amante sulle ginocchia «Ma possiamo ancora rialzarci. Solo... non possiamo farlo da soli. Sono felice di aver trovato te».

Lida guardò lo schermo, poi guardò Lysandre, e sorrise.

«Stai piangendo questa volta, ammettilo!»

«Sì» lui annuì, gli occhi pieni di lacrime

«Ti piacciono i filmozzi romantici?».

Lui non rispose, rimettendo a posto un pop corn, di nuovo nel secchiello, e tirando su con il naso. Lida tornò a guardare lo schermo, divertita.

«Una volta ha tenuto me fra le braccia» Disse Lysandre, a voce bassissima.

Lida ci mise un attimo per capire cosa avesse detto, ma quando riuscì ad elaborare lo guardò a bocca aperta.

«Che hai detto, nonnino?»

«Niente» rispose Lysandre, con il tono di qualcuno che è scioccato da quello che ha appena detto

«Me lo racconti dopo. Però me lo racconti!».

Lysandre non era sicuro che quello che aveva ricordato non fosse un'allucinazione completamente fuori di testa. Perché una donna come quella avrebbe dovuto associarsi ad uno... uno... come lui? Anche se, insomma, una volta era stato ricco e potente. Ma una cosa è essere gentili con qualcuno perché è una figura influente, e un'altra cosa è... essere intimi.

E da quello che lui ricordava, Diantha gli aveva permesso di metterle la testa in grembo, mentre stavano su un divano, e aveva riso, ed erano stati così vicini che lui ne poteva rievocare il profumo, che quasi si sentiva toccare dalle sue mani.

Immagini di memorie insensate si sovrapponevano alle immagini del film, lei che camminava, con due abiti diversi (uno nella memoria, uno nella fiction), lei che sorrideva, con due sorrisi diversi (uno era dignitoso, contenuto, l'altro aperto e sincero e buffo), lei che si avvicinava a lui, che lo prendeva dal braccio, che gli chiedeva di guardare qualcosa, ma Lysandre non ricordava cosa, e perciò si ritrovava a fissare la splendida sala da ballo nel film e si chiedeva se anche nella realtà fossero andati lì, se il film non stesse prendendo il posto della sua memoria, se, se...

«E se io un giorno dovessi dimenticarti?» Disse Lysandre, nel ricordo.

Diantha rideva, lui vedeva la sua faccia da sotto, appoggiato alle sue gambe: la linea asciutta, morbida, liscia del mento, la parte inferiore delle piccole orecchie perfette, la frangia di capelli scuri che sporgeva un poco. La stanza era leggermente fredda, uno spiffero d'aria faceva danzare il pulviscolo nel sole bianco del mattino; il salotto di Diantha aveva vetrine e sedie e un tavolino di vetro, o forse di cristallo, trasparenti e irreali, con dettagli d'oro.

«Ogni tanto la dovresti smettere di pensare a "cosa succederebbe se"» Gli rispose Diantha (e la sua voce era come musica), passandogli una mano sulla fronte «Non puoi controllare mica tutte le cose che succederanno in ogni futuro possibile, no?»

«Non parlo di qualunque futuro possibile, parlo... del mio»

«Allora, che senso ha? Perché pensi di potermi dimenticare, sentiamo? Sono forse dimenticabile? Ho una faccia che si scorda facilmente?» scherzò lei, ben consapevole di essere un'attrice, e una famosa per giunta

«Non sei tu, sono io...»

«Che cliché!» rise lei

«Non in quel senso» Lysandre si sentì arrossire «Intendo... la mia famiglia ha sempre sofferto di problemi mentali, da generazioni. Ovviamente non sarebbero disposti ad ammetterlo»

«No, certo che no»

«E con problemi mentali intendo anche le malattie degenerative. Soprattutto i maschi, nella mia famiglia, tendono a dimenticare le cose in fretta. A... perdere la propria identità, dopo una certa età, perciò io, io...»

«Non ti succederà, Lysandre» adesso era seria «Non mi dimenticherai»

«E se invece dovesse succedere? Se mi dimenticassi di te. Di noi... della nostra amicizia... se dimenticassi tutto questo?».

Diantha ci riflettè per un attimo, le dita che si muovevano leggere fra i suoi capelli.

«Se mi dovessi dimenticare» Disse dopo un attimo «Dovrai solo imparare a conoscemi di nuovo, no? Io ti prometto che non ti dimenticherò. Se verrai da me, ti farò ricordare»

«Davvero?»

«Certo! Se io mi ricordo e tu no, allora toccherà a me farti ricordare!»

«Sei troppo buona con me»

«Hai paura?»

«Sì»

«Ti sei fatto fare degli esami, a proposito di questa cosa?»

«Mi faccio tenere sotto controllo. Sono ancora giovane per mostrare i sintomi, apparentemente, e in generale sembra che il mio cervello non stia troppo male. Solo un po' di stress, ma quello, lo sai, quello me lo infliggo io»

«Mi dispiace che tu abbia paura. Teniamo questa cosa sotto controllo, va bene?»

«Va bene»

«E per lo stress... che ne pensi di lamentarti un po' con me? Anzi, guarda, dovremmo lamentarci insieme. Oggi ho visto il sindaco di Luminopoli»

«Argh, il sindaco!» esclamò Lysandre, calandosi immediatamente nella parte

«Vero? Gli ho detto un milione di volte che...».

Lysandre batté le palpebre. Nel presente, Lida gli stava toccando il braccio, come per svegliarlo da quel torpore. Lo schermo di fronte a loro era spento.

«C'è la pausa, è finito il primo tempo. Che stavi guardando?» Gli chiese la ragazza

«Solo il mio passato, credo»

«Quindi conoscevi Diantha?»

«Sì. Sì, la conoscevo»

«Wow. E che facevate insieme?».

Lysandre sorrise, socchiudendo gli occhi.

«Ci lamentavamo della politica».




Nota: Sappiamo che la possibilitò che Lysandre pensi (o dica) che qualcosa è "Cringe" sono bassissime. Il bro è assolutamente un oratore articolato (ed è una cosa che rispettiamo tantissimo) MA adoriamo la possibilità che abbia imparato dello slang nuovo dai giovani della città, ma che non sappia che si tratta di slang e pensi che siano parole del tutto normali da utilizzare. La magia della perdita di memoria, eh! Questo strumentopolo misterioso potrebbe servirci anche più tardi ;)

 

- Altre mini-scene di Lysandrino che piange qui -

(Ci piace scrivere gli omoni fieri che piangono. C'è una catarsi in questo. Andate a leggerne altre.)  

lunedì 10 novembre 2025

Lysandre che piange 6. Preghiera

 "Occhio di luce che bruci nel vuoto
Acceca quest'uomo perché possa vedere
Sciogli la sua mente nel tuo fuoco
Salvalo dal morso del potere


Oh sole che mi bruci sulla pelle
Regina delle stelle, ti prego di curare la sua sete
Sradica i circuiti del bisogno, insegnaci la lingua delle pietre
 

Oh sole che ci illumini la notte, fatti buco nero
E inghiottiti quest'ovulo di sangue dentro al tuo mistero
Tienilo al calore del tuo ventre, brucia questo gelo
Schiudi le semente nell'incendio del tuo cielo
 

Questa terra fredda spetta la tua manna
Come l'imputato aspetta la condanna
Spegnerà le luci una pioggia di raggi gamma
E alla fine del blackout sorgerà la nuova alba"

 


Questa volta il testo che accompagna l'illustrazione non è una nostra mini-fic, ma la preghiera alla fine della canzone di Anastasio "Le Macchine non possono pregare", che oltre ad essere bellissima, ci è parsa anche molto, molto adeguata per il personaggio. 

(Quanto alla canzone, ve la consigliamo! Come pure l'intero resto del disco. Fatevi un bel viaggio in questa avventura un po' sci-fi, un po' filosofica, un po' storica, ma senza dubbio molto badass e con sonorità bellissime).

 


- Altre mini-scene di Lysandrino che piange qui -

(Ci piace scrivere gli omoni fieri che piangono. C'è una catarsi in questo. Andate a leggerne altre.)  

Lysandre che piange 5. Allo specchio

Lysandre girò la testa e incontrò lo sguardo di qualcuno: due occhi pallidi, spalancati. Barcollò all'indietro, una mano che scattava in basso per coprirsi i genitali, l'altra che chiudeva le dita in un pugno, pronto a difendersi.

Fuori dalla doccia c'era uno specchio. La persona che lo stava guardando era soltanto il suo riflesso.

Non si era accorto che ci fosse uno specchio, ma appena si rese conto che la figura dell'estraneo era tagliata poco sotto il petto tirò un sospiro di sollievo.

«Sono solo io» Sussurrò goffamente, guardandosi.

Da quanto tempo non vedeva la propria faccia? O almeno... da quanto non vedeva la faccia che aveva adesso? Aveva visto immagini di com'era stato un tempo, ma era riuscito a cogliere abbastanza del proprio stesso riflesso, nelle vetrine o nelle pozzanghere, da sapere che non aveva più i capelli fiammeggianti di cinque anni prima... per il resto, non aveva mai potuto guardarsi davvero.

Aveva iridi così chiara da sembrargli spaventose: una argentea, l'altra, quella dell'occhio che normalmente non mostrava alle persone, ancora più chiara e con tre cerchi di colori diversi che circondavano una pupilla coperta da un velo bianco. Sembrava cieco, ma al contempo c'era un'intenzione nel suo sguardo, ed era come se un cadavere animato lo stesse guardando dritto in faccia.

Un cadavere animato... non era forse questo?

Tonnellate di macerie gli erano cadute addosso, questo lo ricordava. 

La vibrazione che si era propagata dal tetto alle pareti, fino a sotto i suoi piedi, che gli aveva fatto battere i denti, che gli era entrata nelle ossa, mentre il tempo sembrava dilatarsi e contrarsi al tempo stesso... il senso di instabilità, il colpo che lo aveva fatto cadere a terra, che lo aveva fatto strisciare a terra, spalle a muro, mentre il cielo stesso sembrava spaccarsi.


Era un ricordo troppo potente per essere cancellato, un terrore così cieco che ogni tanto lo sognava ancora la notte, che lo faceva svegliare con il fiato corto, lo faceva guardare in alto, il cuore stretto ad ogni segno di movimento nel soffitto, ad ogni ombra proiettata. Per questo preferiva dormire all'aperto. Per questo i luoghi più caldi e comodi, ma chiusi, lo terrorizzavano.

Sarebbe riuscito a dormire nella stanza d'albergo, se glielo avessero chiesto? O si sarebbe svegliato urlando, calciando la cornice del letto, le dita che affondavano nel materasso così forte da lacerarlo?

Un cadavere animato. Non si offrono letti, ai cadaveri: gli si offrono tombe.

Zygarde lo aveva salvato, aveva prolungato il suo tormento aldilà dell'umanamente immaginabile, e ora lui camminava fra i vivi senza averne il diritto.

Si toccò la barba umida, sfiorandola leggermente con le dita. Un tempo era stata arancione come un charmander, adesso era bianca, con solo minuscole porzioni, strisce come tagli, che mantenevano il colore originale. Era stato bello, vero? Si era visto, in una fotografia, sulla copertina di un magazine: un pyroar fiero, impettito nella sua suit perfetta, le spalle larghe, il petto gonfio, lo sguardo rapace di un talonflame.

Adesso vedeva solo un morto, in quel riflesso... o, più propriamente, qualcuno che avrebbe dovuto esserlo, ma che caparbiamente si rifiutava di recitare la parte del cadavere, andandosene in giro a passettini perché Zygarde glielo aveva ordinato.

Non ricordava come era stato, ma lo poteva indovinare dai segni che aveva lasciato nel mondo: era uno di quelli che usavano gli altri. Troppo bello, troppo ricco. Nessuno diventa tanto ricco, senza sfruttare gli altri. Nessuno mostra quel tipo di bellezza, senza essere troppo sicuro di sé.

Meno male, pensò, meno male che quel bastardo era morto.


 

 

 

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(Ci piace scrivere gli omoni fieri che piangono. C'è una catarsi in questo. Andate a leggerne altre.)  



mercoledì 5 novembre 2025

Lysandre che piange 4. Nella doccia

L'acqua era calda, e al momento questa era la cosa più importante del mondo.

Lysandre, con gli occhi chiusi, la testa bassa, lasciò che quel calore gli avvolgesse il cranio, inzuppandogli i capelli. Rivoletti d'acqua bollente gli scendevano lungo le guance, riscaldandole, giù per la schiena, e si raccoglievano momentaneamente sul piatto della doccia, intorno ai suoi piedi.

Lui non si ricordava neanche più se i suoi piedi erano mai stati caldi, prima di quel momento. Beh, era certo che fosse successo, che in qualche momento della sua vita lui avesse effettivamente fatto una bella doccia rilassante, ma purtroppo quell'esperienza non faceva parte del suo catalogo di ricordi.

Una doccia calda.

Era stata quella ragazzina... com'è che si chiamava? Cerril? La ragazzina che ballava sempre, quella con lo Starmie... lo aveva visto sonnecchiare su una delle panchine (perché le panchine, si chiedeva lui, avevano quei cosi di ferro che non permettevano di assumere alcuna posizione se non quella composta, con la schiena dritta? A chi dava fastidio se qualcuno si metteva un po' più comodo?) e gli aveva chiesto se gli andava di venire all'hotel, magari di dormire su uno dei divani.

«Non preoccuparti» Aveva risposto lui «Non vorrei dare fastidio, comunque sto bene così».

E non voleva dare fastidio davvero: i ragazzi del Team MZ avevano fin troppo da fare anche senza avere lui fra i piedi, ci mancava solo che iniziasse a ciondolare nei loro spazi e a dormire sui loro divani...

«Ma non ci daresti fastidio!» Insisté Cerril, avvicinandosi un poco «Fa freddo qui fuori, no? L'hotel è grande... e non abbiamo mai ospiti...»

«Come mai?»

«Credo che sia perché è un po' nascosto. E perché Villy non è tanto brava a fare la pubblicità».

Quel nome, Villy, fece trasalire Lysandre. Doveva lo aveva già sentito? Perché era importante? Perché il suo suono lo riempiva al tempo stesso di speranza e di una paura sottile, come quella di essersi dimenticati il gas aperto e rischiare di tornare a casa e trovare la propria cucina che brucia?

«Come hai detto, scusa?»

«Ehm... Villy non è tanto brava a fare la pubblicità?»

«Chi è Villy?»

«Non... non la conosci? È una di noi. Una del Team MZ. Ce l'hai presente? Ha i capelli tipo rosa e biondi e se ne va sempre in giro a fare cose altruistiche... davvero, è il membro più in vista del gruppo» Cerril alzò gli occhi al cielo «E anche quella che ci mette più spesso nei guai»

«Non la conosco»

«Che strano. Beh, se vuoi incontrarla ti conviene venire all'Hotel, no? Non è strano che non conosci una di noi, dopo tutta quella storia in cui hai aiutato Paxton a fare comunella con Zygarde e salvare Luminopoli?»

«Sì... è... un po' strano. Non così strano, però»

«Boh. Sia io che Virgil ti conosciamo, solo lei non ti ha mai parlato, giusto?»

«Sì»

«E allora viene all'Hotel! Cioè...» Cerril abbassò gli occhi «Non è sicuro al cento percento che lei sarà lì, perché ora ha tutta la sua cosa speciale con la Quasartico, però forse viene a trovarci. Ogni tanto però lo fa!»

«Elusiva, questa Villy».

Cerril rise, poi gli tese una mano. Lysandre la guardò, senza sapere bene cosa fare: da una parte era maleducato non accettare una mano tesa, dall'altro non voleva che i suoi guanti sudici toccassero quella manina pulita. Sorrise debolmente, arrossendo.

«Forse è meglio di no».

Per fortuna, Cerril aveva capito. E così Lysandre si era ritrovato nell'hotel, che era stranamente vuoto: non c'era nessuno, a parte lui e la ragazza ballerina. Il silenzio di quel luogo quasi lo stordiva, ricordandogli ogni istante che il vecchio immortale, AZ, alla fine invece era morto.

«Se ti va di farti una doccia, o qualcosa del genere, abbiamo un sacco di stanze libere» Gli aveva detto lei, lanciandogli una chiave che aveva preso dal quadro dietro la scrivania (chiave che lui non era riuscito a prendere al volo, e ora doveva chinarsi per raccogliere da terra) «Perciò... non fare complimenti! Tanto te l'ho detto che non abbiamo mai clienti».

Lysandre si sentì avvampare mentre realizzava che quello che Cerril stava cercando di fare era una buona azione: aiutare quello che, dal suo punto di vista, era un nonnino senza casa. Lei gli stava facendo la carità.

E il peggio è che sarebbe stato stupido rifiutare l'offerta, perché era ovvio sia che lui avesse bisogno di una doccia, sia che Cerril non era minimaente infastidita dall'offrirgli quelle cose.

Così Lysandre si era ritrovato da solo in una delle camere e si era tolto i vestiti. All'improvviso, la possibilità di farsi una doccia lo aveva reso euforico.

Perché si ricordava così bene come funzionava una doccia, ma non si ricordava niente della sua famiglia? Cosa c'era che non andava, nel suo cervello?

L'acqua calda, a dire il vero, sembrava più importante di qualsiasi legame: un qualcosa di primordiale, una gioia selvatica nel provare una sensazione di tale rilassamento. Basta con il freddo e con lo sporco! Basta con gli strati di vestiti su vestiti, lo stringersi tremando, imbacuccato, imbozzolato! Era vivo, e l'acqua lo colpiva direttamente sulla pelle, e il profumo del sapone era così buono, e oh, l'aria era leggermente nebbiosa per via del calore e...

«Sempre il solito, sotto la doccia per due ore ogni volta» Disse una voce nei suoi ricordi, carica di divertimento, ma anche di una sottile nota di rimprovero «Vedi che Diantha ci aspetta, Lys! Vieni fuori da lì dentro!».

Ci fu una pausa, e il profumo del sapone nel ricordo (era alla lavanda, un odore che in qualche modo permeava spesso queste scene di una vita passata) si sovrappose a quello del sapone dell'Hotel Z. Il getto d'acqua era diverso: molto più potente, molto meno sparso, quasi aggressivo. E quando guardava in basso, Lysandre non vedeva il bianco-zucchero dei suoi peli sul petto, ma muscoli possenti e una rasatura liscia, impeccabile, quasi totale.

«Chiamo il taxi e vado da solo!» Minacciò la voce del ricordo. 

Il Lysandre del presente si girò a guardare la porta, come se davvero ci fosse qualcuno a chiamarlo da dietro di essa. Ma non c'era nessuno. E il ricordo era già andato, perduto.

Rimanevano solo le lacrime, che forse non c'erano davvero, forse era solo acqua calda.


 

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