Quel mattino era gelido e nebbioso a Luminopoli, l'odore della pioggia che durante la notte aveva lavato i mattoni impregnava ancora le strade.
Lysandre aveva dormito in un sottopassaggio, il cappuccio della felpa tirato sopra la testa e quello del giubbotto sopra quello della felpa, le ginocchia strette al petto. Il freddo lo aveva svegliato diverse volte, finché Zygarde non si era accorto del modo in cui batteva i denti e gli si era sdraiato vicino, usando la sua energia per emettere un calore costante e permettendo all'umano di riposare.
Ora che era mattina, però, Zygarde era andato da qualche parte a fare qualcosa di eroico, e Lysandre era rimasto da solo. Sentiva le gambe rigide, le articolazioni delle caviglie pesanti, bloccate, e sapeva che muoversi gli avrebbe infilzato la carne con stilettate di dolore. Dormire fuori dai laboratori non era stata una grande idea... ma al momento, Lysandre non riusciva a sopportare i ricordi che quel posto gli portava, perciò aveva deciso di trovare un posto coperto e dormire lì... a sorpresa, quella notte aveva piovuto, e per giunta la temperatura era scesa all'improvviso. Colpa dell'Autunno che stava arrivando, probabilmente.
Lysandre tirò giù entrambi i cappucci: anche se il freddo gli aveva bloccato le gambe, si sentiva le orecchie un po' troppo calde. L'aria del mattino gli morse le guance sudate e gli punse gli occhi, facendoglieli lacrimare.
Abbassò le palpebre, e per un attimo ricordò la propria stanza da letto, le lenzuola rosse, il piumone trapuntato, i cuscini voluminosi e puliti che odoravano di lavanda... e la neve fuori dalla finestra. Si sorprese, di quel ricordo... il freddo era così lontano, dietro il vetro, che non sembrava reale. Come poteva esserlo, quando il suo pyroar era sdraiato sulle sue gambe emanando il più delizioso calore che si potesse immaginare? La criniera immensa, soffice come cotone, la gola che vibrava in un suono basso, avvolgente, vagamente metallico, le fusa di un grande predatore.
La stufa era spenta, non necessaria nella stessa stanza di un pokémon di tipo fuoco. Vicine alla finestra, vasi di begone e giacinti in fiore.
«Lysandre! Lysandre, avevi detto che mi avresti accompagnato a osservare gli snover!» Aveva gridato una voce dal piano di sotto «Stai ancora dormendo?».
Lysandre aprì gli occhi di scatto, il ricordo che si spezzava e colava via all'improvviso, come lo champagne da una bottiglia schiantata sull'asfalto. Un nome gli risalì alle labbra.
«Au... Au...».
Niente, se n'era già andato, insieme al calore e alle coperte calde e alle fusa di pyroar.
Al loro posto c'erano i mattoni grigi del sottopassaggio, la condensa che formava una patina sottile e lucente, e il freddo che gli azzannava le caviglie e le ginocchia.
Lysandre si prese un momento per rimettere insieme le forze prima di alzarsi, reclinando indietro la testa. Gli si formò un groppo in gola. Cosa aveva perso? Cosa aveva lasciato nel passato, insieme alle cose orribili che aveva fatto? Valeva la pena, di dimenticare ogni cosa, se anche le cose belle erano perse per sempre?
«Il mio mondo... perduto...».
Sentì gli angoli degli occhi che si riscaldavano. Bene, almeno le lacrime gli avrebbero protetto le palpebre dal congelamento: l'ultima volta se le era sentite prudere per sei giorni.
Qualcosa gli toccò una gamba, gentilmente. Lysandre riaprì gli occhi e guardò in basso, dove quello che sembrava un sacchettino di spazzatura con gli occhi lo stava guardando con l'aria più preoccupata che un sacco di spazzatura potesse assumere.
«Ciao, piccolo trubbish».
Quel pokémon, come lui, non aveva una tana. E mentre lui poteva contare sempre sugli avanzi che gli venivano portati (per qualche strano motivo che lui non era stato ancora in grado di comprendere) dai membri del Clan Ruggine, o da quelli del Team Flare Nouveau, quel piccoletto doveva trovare da mangiare nella spazzatura e Lysandre aveva visto con i suoi occhi quanto male erano trattati i trubbish dalla popolazione di Luminopoli... eppure, eccolo lì, a preoccuparsi per uno grande e grosso come lui.
«Sembra che ci sia ancora qualcosa di bello, in questo mondo» Sorrise, sfiorando le orecchie del trubbish con un indice, così simili ad uno sbrigativo fiocchetto «Hey, ti va di venire con me nella Piazza Centrale? Magari ci dividiamo un croissant. Sono sicuro che quelli del Nouveau ci hanno messo qualcosa da parte, eh?».
- Altre mini-scene di Lysandrino che piange qui -
(Ci piace scrivere gli omoni fieri che piangono. C'è una catarsi in questo. Andate a leggerne altre.)

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