mercoledì 26 dicembre 2018

Sunset 91 - Final battle




I lupi non lasciarono che fossero i Volturi per primi ad attaccare: non gli avrebbero dato un solo briciolo di vantaggio. Con un ruggito collettivo che scosse la terra, i due branchi si slanciarono in avanti macinando metri, sollevando turbini di neve, implacabili e bellissimi. La luce riflessa dalla neve dava ai loro manti una patina argentea e cangiante e li faceva apparire sovrannaturali, spettrali, terribili.
Stringendo i denti, mi assicurai che lo scudo reggesse, che continuasse ad allungarsi insieme a Ayita e Sam: se avessi protetto loro, avrei protetto tutti.
Seth rimase accanto a me, ma ululando e ringhiando, incitando i suoi fratelli e le sue sorelle a combattere.
Quasi tutti i testimoni dei Volturi si diedero alla fuga, giustamente terrorizzati da quel fronte compatto di pelo, zanne e muscoli. L'intera azione, l'attraversamento del campo, non durò che un istante, ma l'adrenalina che avevo in circolo dilatò il tempo affinché potessi vedere ogni fiocco di neve, ogni gocciola di saliva. Dietro ai licantropi si lanciarono di corsa anche i vampiri. Edward rimase con me, ma tutti gli altri, anche quelli che avrebbero dovuto essere solo testimoni dei Cullen, presero a correre e urlare. Incredibilmente, era Esme a guidare quella carica, con i due rumeni strettamente alle sue calcagna che sghignazzavano follemente, pronti a uccidere... o a morire.
E poi i fronti si mischiarono, lupi e vampiri, amici e nemici, un rumore come un colpo di cannone accompagnò lo scontro e tutto divenne troppo veloce perché potessi distinguere chiaramente quello che avveniva. Avanzai di qualche passo e le mie guardie del corpo mi accompagnarono. Dovevo distinguere più chiaramente Ayita e Sam, altrimenti non avrei potuto proteggerli da Jane e Alec e allora sarebbe stata la fine. Strinsi gli occhi. Ecco Ayita, impegnata a fronteggiare due vampiri dai mantelli quasi neri contemporaneamente. Lanciai il mio scudo verso di lei ricoprendola di nuovo, poi avanzai ancora. Era quasi doloroso riuscire a coprirli tutti, ora che erano così lontani, ma dovevo farcela. Dovevo farcela. Non era ammesso perdere.
«Non...» le mie mani tremavano «... È...» Lo sguardo mi si sfuocava «...Ammesso...».
Ayita si liberò dai due che la marcavano stretta e si lanciò contro Aro, ruggendo. Aro la guardò abbassandosi, pronto a riceverla, sicuro della protezione dello scudo di Renata. Ma lo scudo non funzionò: scontrandosi con il mio, che avvolgeva come una pellicola Ayita, venne annullato. Tremando, sorrisi. Demetri cercò di prendere al fianco l'alfa delle lupe un secondo prima che toccasse Aro, ma Jacob e Sarah lo afferrarono con le zanne per le gambe e lo dilaniarono ferocemente nella neve.
Oh si, Demetri era finito!
Ayita atterrò Aro con ferocia e lo morse allo stomaco. Aro le diede un pugno alla spalla, spezzandole l'osso. Gridai. Tutt'intorno altri lupi venivano feriti dalle mani fredde e implacabili dei Volturi. Vidi Aida cadere a terra ed essere colpita dai colpi esperti, mirati, di un tizio smilzo e velocissimo che le spezzarono tutte e quattro le zampe.
Davvero, come Zafrina aveva detto, quei vampiri antichi e spietati erano combattenti abili, a tal punto da far sembra i Cullen dei ragazzini che tiravano pugni a vanvera. Renata, però, fu afferrata da Omaha in corsa e trascinata lontano. Udire le sue urla che si allontanavano così rapidamente era quasi comico. Aro, con voce strozzata, strillò qualcosa che non riuscii a sentire. Poi Ayita gli strappò via la testa con un morso.
«Aro è morto!» Gridai, pervasa di gioia «Aro è morto!».
Edward aggrottò le sopracciglia. Perché non sembrava felice? Non mi preoccupai troppo: di solito Capelli-pazzi aveva reazioni emotive inspiegabili e irrazionali.
Tutto il corpo di guardia si gettò improvvisamente su Ayita: smisero di difendere Marcus e Caius e pensarono solo a vendicare Aro. Gli altri due “capi” in realtà non contavano molto per loro, era ad Aro che andava la loro lealtà e ora Aro era morto.
Tutti i lupi balzarono a proteggere la loro alfa e Volturi e licantropi divennero per quasi cinque secondi una sorta di palla rumorosa e ondeggiante di pelo, mantelli, urla e ringhi che spruzzavano neve e sangue ovunque. Terrificante.
Il corpo di un giovane lupo che non conoscevo, dal pelo rosso e grigio, fu sbalzato fuori dalla calca e ricadde pesantemente al suolo con il collo spezzato e gli occhi rovesciati all'indietro. Mi premetti le mani sulla bocca per non urlare e mi imposi di non perdere il controllo sullo scudo.
Il guaito di Seth, impotente, mi spezzò il cuore. No, non dovevo essere triste. Era la rabbia che mi rendeva forte, che mi passava nelle vene come fuoco liquido e alimentava il mio scudo, rendendolo elastico ed efficace.
In quel momento, però, per coprire Ayita stavo difendendo buona parte anche del corpo di guardia dei Volturi: non ero in grado di modellarlo, specie a quella distanza, per avvolgere solo lei. Se qualcuno dei soldati vampiro nella mischia, in quei soli cinque secondi, avesse avuto dei poteri speciali e avesse deciso di usarli io non avrei potuto impedirlo.
Udii un suono alto e sonoro, a metà tra un ruggito ed un guaito, e un licantropo dalla pelliccia color cioccolato – Quil! – si fece indietro con un balzo e la mischia di morte si disperse, lasciando diversi resti (principalmente arti del corpo di guardia) a terra.
Caius, con la sua piccola moglie ancora alle calcagna, si era fatto avanti sparando una fiammata in mezzo al mucchio attraverso il suo strano bastone; le guardie erano scivolate via senza subire danni, ma non era stato così per tutti.
Il lato destro di Quil stava andando a fuoco, e le fiamme si propagavano in fretta sulla sua morbida pelliccia scura. Ululando di dolore il mutaforma rotolò sulla neve fresca freneticamente, cercando di spegnere le fiamme. Lara e Tia gli si affiancarono per proteggerlo in quel momento di vulnerabilità, facendo un baccano del diavolo con urla e ringhi.
Ayita fece un altro balzo indietro evitando l'attacco di uno dei mostri della guardia, il corpulento Felix, tenendo una delle zampe anteriori contratta perché non poggiasse a terra; fu attaccata alle spalle da una vampira dal mantello grigio scuro. Era bellissima, ma sembrò poco più di un pupazzetto quando Ayita fece perno sulle zampe posteriori per fronteggiarla, scrollandosela di dosso, e le serrò le fauci attorno ad una spalla.
Finalmente sia lei che Sam erano di nuovo abbastanza visibili perché io riuscissi a proteggerli.
Con una torsione del collo e una spinta delle zampe la femmina alfa proiettò la vampira in alto e lontano da sé; la guardia sembrava una bambola inerte quando fu intercettata da Jacob, che si alzò sulle zampe posteriori e le chiuse con precisione chirurgica il collo tra le fauci, scrollando la testa fino a spezzarglielo. Dopo averle staccato la testa, bagnandosi le fauci di sangue freddo, tornò a combattere insieme a Sam contro un vampiro dalla pelle scura che sembrava a riuscire a tenere testa ad entrambi.
Felix si avventò al collo che Ayita aveva lasciato scoperto nella manovra, ma lei s'impennò e lui le affondò i canini in petto, mancando di poco dei punti vitali. Quando ridiscese intrappolò il vampiro sotto di sé ed iniziò a dilaniarlo con i denti, costringendolo a staccarsi da lei e cercare di divincolarsi se voleva sopravvivere.
Aida aveva quello stesso vampiro smilzo che le aveva spezzato le zampe attaccato al collo, che la soffocava lentamente senza che lei riuscisse a toglierselo di dosso. Jared, massiccio e dal pelo castano e antracite, le si avvicinò in due balzi per aiutarla ma come una piccola onda due vampiri gli si gettarono contro con tale impeto da riuscire a bloccare la sua avanzata. Un terzo vampiro gli affondò i denti in una spalla, mentre gli altri due lo rovesciarono col ventre esposto all'aria, avventandosi dove era più vulnerabile; Jared non riuscì a difendersi. Sentii gli occhi diventare umidi, e mi sforzai di scacciare le lacrime battendo le palpebre.
Jared aveva Kim, la sua ragazza, ad aspettarlo a casa. Li avevo visti insieme solo un paio di volte, ma erano pazzi d'amore l'uno per l'altra. Io non...
Distolsi lo sguardo, tornando a concentrarmi su Quil.
Caius esclamò qualcosa che non riuscii a capire nel clamore della battaglia e puntò nuovamente il suo strano bastone verso Quil, Lara e Tia. Il lupo color cioccolato era riuscito a spegnersi, e per quanto la sua pelle si stesse rigenerando in fretta lo spettacolo delle sue ustioni era raccapricciante.
Lara si mise protettiva di fronte a Quil, sospingendolo col muso per farlo rialzare in fretta e Tia fronteggiò coraggiosamente Caius, scagliandoglisi contro. Un vampiro schizzò tra Tia e Caius proprio mentre, con uno scatto che io non riuscii ad udire, il vecchio faceva partire una fiammata verso la figura snella di Tia.
La nostra alleata si arrestò con urlo, coprendosi il volto con le braccia, ma inutilmente. Perché la fiamma non la colpì mai.
Benjamin stava a braccia spalancate di fronte alla compagna, le spalle tese e il mento alto, e la fiamma bruciava a pochi centimetri dal suo volto senza raggiungerlo, le lingue fiammeggianti che si accavallavano come un banco impazzito di pesci. Poi il vampiro richiuse le braccia fino a battere le mani l'una contro l'altra, e in accordo la fiamma mandò una vampata e tornò al mandante a velocità folle.
Caius fu spinto via un attimo prima di essere colpito in volto dal suo stesso attacco da una tizia bellissima (ommioddio, perché pensavo che fosse bellissima?) che ebbe appena il tempo di cacciare un urlo stridulo che mi ghiacciò il sangue nelle vene prima di avvampare.
Caius si spogliò in fretta del mantello che aveva preso fuoco, gettandolo lontano da sé, senza voltarsi un secondo a guardare le ceneri della vampira che si era sacrificata per lui, e si allontanò in fretta da Benjamin sbraitando qualcosa.
Kate e Garrett lavoravano in coppia, con Senna e Zafrina a coprire loro le spalle. Le due amazzoni combattevano in modo esperto e addirittura affascinante, con movimenti tanto fluidi da risultare sorprendenti nei loro esiti brutali. Bastava un tocco di Kate perché qualunque nemico sulla loro strada cadesse a terra paralizzato, senza poter evitare il tocco della vampira perché privato della vista da Zafrina, e Garrett lo finiva in modo pulito e preciso, decapitandolo e scagliando la testa più lontano possibile.
Io ed Edward ci scansammo appena in tempo per evitare la testa volante di una vampira con i capelli corti, bellina. Beh, per quanto poteva esserlo una testa mozzata.
Un gruppo di almeno cinque vampiri nemici si avventò contro di loro, oscurandoli alla mia vista, ma stavolta avevo una presa ferrea sulle loro “aure” (non sapevo come definire quel sapore unico che mi sentivo sotto il mio scudo) e non li mollai anche se non riuscivo a vederli.
Il mio scudo era continuamente martellato di attacchi di Jane e Chelsea, Alec, e altri che non sapevo identificare. Due nomadi, Mary e Peter, furono macellati in uno scontro con due vampiri pallidi, un maschio e una femmina, dalla tecnica impeccabile.
Alice cercò di avvicinarmisi, ma Seth ed Edward la scacciarono come promesso.
«Usa il tuo dono!» Le intimai «Se sei in grado di vedere il futuro, perché non ci stai aiutando?»
«Non posso» gemette lei, lanciandomi un'occhiata di fuoco «Tutti stanno decidendo sul momento, non posso. So solo che hai portato la morte, e come l'ho visto io, adesso puoi vederlo anche tu».
L'odio nei suoi occhi era l'ultima cosa di cui avessi bisogno per non distrarmi, così mi voltai, appena in tempo per vedere Maggie messa alle strette tra quattro vampiri. Siobhan e Liam si scontrarono con due di loro, riempiendo la radura del suono di due grossi massi scagliati gli uni contro gli altri, lasciando la piccola mentalist a fronteggiare due nemici contemporaneamente. Non ce la poteva fare: uno dei due le strisciò dietro e le immobilizzò le braccia dietro la schiena con così tanta forza da disarticolarle, lasciandola vulnerabile all'attacco del compagno.
Eppure erano due figure piccole, esattamente come Maggie, ma la tecnica dei due era infinitamente superiore. Erano Alec e Jane.
Siobhan e Liam non glieli strapparono di dosso abbastanza velocemente, e la gola di Maggie fu squarciata dalle zanne della piccola gemella stregata, lasciandola sul terreno con occhi vacui. Mi chiesi se quella fosse una ferita mortale per un vampiro, se ci fosse qualcosa che era possibile fare per lei.
Alec fronteggiò Liam e Siobhan si accanì su Jane, mentre venivano superati in corsa dal gruppo di Garrett, Kate, Zafrina e Senna.
Quil si era riunito a Sam e Jacob, mentre Lara e Omaha si erano riavvicinate alla loro alfa per finire Felix. Il grosso vampiro, pur se in inferiorità numerica e già privo di diversi pezzi e brani di pelle, si rifiutava di arrendersi. Era orribile a vedersi, disturbante. Lottava ancora in qualunque modo, frenetico, per difender una vita che era finita da tempo: usava tutto ciò che aveva a disposizione, compresi unghie e denti.
Omaha cercò di decapitarlo con un morso, ma Felix liberò il braccio destro da sotto le zampe di Ayita e fece scattare la mano insanguinata verso il muso di Omaha. Dalla mia visuale era difficile capire cosa stesse accadendo, ma un fiotto di sangue schizzò dal muso della lupa bagnando la bella pelliccia delle sue guance e la lupa si fece indietro con un urlo quasi umano. Lara scattò in avanti e con una torsione spezzò il polso di Felix, poi si mise a tirare finché non riuscì a strappare il braccio dell'energumeno.
Felix morse lo zigomo di Ayita anche mentre lei chinava il muso per rompergli l'articolazione del collo con le gigantesche fauci calde, e il suo corpo si rifiutò di lasciare la presa anche dopo che la consapevolezza ebbe abbandonato i suoi occhi rossi per sempre.
«No!» Gridò Edward, poi si mise le mani a coppa intorno alla bocca «Fermateli! Fermateli! Stanno recuperando i resti di Aro!».
Ah, ecco perché Capelli-pazzi non aveva immediatamente esultato! Quasi mi dimenticavo che i vampiri si possono ricomporre anche se li fai a pezzi e che per finirli davvero devi spappolargli il cervello (come l'orso vampiro aveva fatto con Randall) oppure bruciarli.
E quei cretini dei Cullen avevano portato con sé del fuoco? No, ovviamente no. Perché erano degli scemi cretini deficienti che in un'epica e terrificante battaglia finale in cui si può vincere solo bruciando il proprio avversario loro non avevano minimamente pensato di portarsi in tasca degli accendini, mentre Caius sparava fiamme come un pazzo e da solo teneva lontani dieci vampiri e feriva i lupi.
Guardai la tasca del mio cappotto, dalla quale sporgevano bombolettone di lacca per capelli.
«Edward» Dissi «Devi andare»
«Io non vado da nessuna parte!» quasi gridò lui
«Devi salvare i tuoi compagni. La tua famiglia» gli porsi la bomboletta di lacca e il mio accendino «Io verrei fatta a pezzi lì in mezzo. Ma tu puoi farlo. Porta loro questi e poi, se vorrai, potrai tornare indietro»
«Non ti lascio neanche per un istante!»
«E invece devi. Per un istante. Porta questi alla tua famiglia: devono bruciare i resti dei Volturi che fanno a pezzi, altrimenti si ricomporranno. Fallo»
«No»
«Edward!» abbaiai seccamente «Per una volta, una sola volta, renditi davvero utile. Vai».
Lui mi guardò negli occhi. Io lo guardai negli occhi e se si trattava di una gara a chi abbassava prima lo sguardo lui avrebbe avuto una brutta sorpresa, perché non ero decisa a lasciarlo vincere.
«Perché non può andarci Seth?» Chiese lui, lamentoso
«Perché ho paura. È un ragazzino, Edward. Tu sei un vampiro adulto, sei più veloce e sei anche più piccolo di lui, quindi un bersaglio meno afferrabile. Devi salvarci, Edward. Vai».
Lui sospirò e strinse i denti, ma prese dalle mie mani la bomboletta di lacca e l'accendino. Per fortuna ne avevo altri in tasca.
«Va bene» Disse infine «Ma torno subito»
«Oh, certo».
E sfrecciò immediatamente come un razzo, una macchia confusa verso la battaglia sanguinosa. Poi accadde tutto troppo rapidamente perché potessi reagire.
Seth si accasciò accanto a me con un guaito. Abbassai lo sguardo giusto in tempo per vederlo riverso sulla neve calpestata: ancora vivo, perché il sollevarsi e abbassarsi ritmico del suo petto era troppo vigoroso per non essere notato, ma svenuto. Con un piede sulla sua spalla c'era Alice. Battei le palpebre e in un attimo lei mi fu addosso, troppo vicina perché potessi spararle in faccia con i miei lanciafiamme artigianali.
Mi abbrancò con le braccia e iniziò a correre velocissima verso la foresta.
«Lasciami andare, pazza!» Le intimai «Tuo fratello sentirà i tuoi pensieri, ti raggiungerà e ti ucciderà per questo!»
«Mio fratello non mi ucciderà» rispose lei, con una nota esaltata nella voce mentre correva (e a me veniva la nausea) evitando gli alberi «Mi vuole troppo bene. E poi non mi prenderà, perché stiamo per tornare indietro nel tempo»
«Cosa?».
Credetti che Alice fosse davvero impazzita a causa della tortura inflittale da Jane. Tornare indietro nel tempo per sfuggire a suo fratello? E come? Chiusi gli occhi, soffocando l'impulso di vomitare pure l'anima addosso ad Alice.
E all'improvviso ci fermammo. Aprii gli occhi: eravamo al chiuso, in una piccola casetta lunga e stretta, e potevo vedere la neve nella foresta fuori dalla finestra. Di fronte a noi, seduta su una seggiola di legno chiaro, c'era una figura incappucciata, uno dei Volturi, che attendeva.
«Mia Signora! Sulpicia!» Disse Alice, ancora più esaltata «Te l'ho portata! Ti ho portato Belarda Cigna!».
La vampira incappucciata si alzò in piedi e riuscii a vedere sotto il suo cappuccio. Aveva lunghi capelli di un castano scuro e i suoi occhi rossi erano ricoperti dallo stesso strato opaco del trio a capo dei Volturi. Doveva essere una vampira molto, molto antica. Ci guardò con solennità, poi accennò un sorriso leggerissimo, quasi impercettibile.
«Bel lavoro, Alice» Disse
«Mi ucciderai?» chiesi di getto
«Si» rispose Sulpicia, con voce stranamente umana, priva di quelle note melodiose che di solito distinguevano le voci delle vampire «Ma per uno scopo più alto. Uno scopo più nobile»
«Perché non mi hai fatta ammazzare direttamente da Alice?» ringhiai
«Te l'ho detto, morirai per uno scopo nobile. Non sono molti gli umani a cui è concesso di fare quello che farai tu».
Alice mi lasciò andare, ma prima che potessi raggiungere con la mano uno dei miei accendini di riserva, mi strappò via il cappotto e lo gettò in un angolo della stanza. Ora ero infreddolita e inerme di fronte a una vampira che non conoscevo, ma che era antica quanto i Volturi e voleva ammazzarmi.
Non avevo mai pensato seriamente alla mia morte, perché è quello che i ragazzi giovani e fortunatamente non depressi fanno, no? E comunque non l'avrei immaginata così.
Con il fiato sospeso, fissavo gli occhi scuri da cacciatore, dall'altra parte della stanza lunga e stretta, e questi ricambiavano con uno sguardo garbato.
Era la maniera di morire più inutile di sempre, trascinata in quel putiferio da vampiri che per me potevano anche marcire all'inferno. Non avrei salvato nessuno, se fossi morta qui, e il mio scudo non stava più coprendo i miei amici che erano ora esposti agli attacchi di Alec e Jane. Ma non era colpa mia. Conterà pur qualcosa.
Non sapevo che se fossi andata a Forks mi sarei trovata di fronte alla morte. Andiamo, forse a Providence con i polpi alieni, forse a New York con un borseggiatore, ma non a Forks!
Per quanto fossi terrorizzata, però, non riuscivo a pentirmi di quella scelta. Se la vita ti offre un sogno che supera qualsiasi tua aspettativa, non è giusto lamentarti perché alla fine si conclude. Però è giusto provare a farlo durare quanto più a lungo possibile.
La cacciatrice fece un sorriso amichevole e si avvicinò con passo lento e sfrontato, pronta ad uccidermi.
Beh, io ero pronta a combattere.
«Sarai sacrificata» Mi spiegò Alice, mentre serravo i pugni e mi chiedevo se avrei potuto ferire la pelle, all'apparenza fragile, di Sulpicia «Per tornare indietro nel tempo. È il potere di Sulpicia, un potere così grande che nessuno deve conoscerlo. I Volturi non ne parlano mai e lei lo può usare solo dopo intervalli lunghi anni interi. Ma in qualunque pasticcio si caccino, ne usciranno sempre fuori perché Sulpicia riporterà indietro il tempo e distruggerà alla fonte il pericolo».
Alice era come i cattivi dei film di serie B: parlava, parlava, parlava. Ma io non mi sarei certamente lamentata, visto che chiaramente spiegarmi il piano dei cattivi mi sarebbe tornato utile (e poi, anche se stavo per morire, ero pur sempre curiosa del perché mi volessero fare fuori).
«È qual'è il pericolo alla fonte?» Domandai, con voce bassa e carica di minaccia
«Tu, ovviamente» rispose Sulpicia, fermandosi a meno di un metro da me «È per questo che ritornerò indietro nel tempo e ti ucciderò quand'eri ancora una bambina».
Oh, caspita. Questo era, effettivamente, un buon piano per cambiare le sorti della guerra: senza di me i Cullen si potevano scordare uno scudo per proteggerli, il vantaggio delle telecamere e magari anche l'aiuto dei ragazzi-lupo... forse, a ben vedere, senza di me Rosalie non avrebbe mai perso Emmett e i Cullen non si sarebbero mai organizzati per rispondere all'attacco dei Volturi, che a loro volta non avrebbero mai saputo dei licantropi di La Push. Insomma, invece di una guerra ci sarebbe stato solo uno sterminio e una conseguente annessione dei migliori al corpo di guardia dei Volturi, perché è ovvio che avrebbero trovato un'altra scusa per venire in America e rompere le scatole ai Cullen. Ma questa volta i Volturi avrebbero vinto facilmente.
Alice aveva ragione, io ero il cuore di quella guerra, io ero il motivo stesso di quello scontro... ma ne ero fiera. Combattevamo per la libertà, per evitare stragi inutili, per dimostrare ai potenti che non li temevamo.
«Non capisco ancora perché non sono morta» Dissi «Tornate indietro. Uccidetemi da bambina. Non capisco perché non l'avete ancora fatto»
«Perché abbiamo bisogno di un sacrificio umano» spiegò Alice, afferrandomi una spalla e stringendomi dolorosamente l'osso «Una vita da consumare nel processo. Sai, è un viaggio che richiede molta, molta energia. E ci sembra giusto che sia tu a pagare per quello che hai fatto».
Sulpicia allungò verso di me la sua mano dalle dita polverose. Mi sottrassi, ma Alice mi impedì di fuggire.
«Morirai, che tu lo voglia o no!» Mi strillò in un orecchio la piccola Cullen.
Con tutta la forza che avevo, diedi un pugno in faccia a Sulpicia, dal basso verso l'alto, diretta al naso. Glielo spezzai e lei fece un verso come quello di un cane a cui avessero schiacciato la coda. E così i vampiri antichi non erano resistenti come quelli giovani...
Alice mi schiaffeggiò. Per mia fortuna lo fece piano, perché altrimenti mi avrebbe certamente uccisa, ma finii comunque distesa a terra, con la faccia che mi bruciava e il sapore del sangue in bocca. Tossendo, rotolai carponi e sentii qualcosa rotolarmi in bocca. Sputai un dente e un grumo rosso.
«Sulpicia!» Disse Alice, apprensiva «Ti sei fatta male?».
Gattonai più rapida che potevo verso il mio cappotto. Presi un accendino e me lo infilai in tasca, poi cercai di alzarmi in piedi. Ero certa che avrebbe fatto malissimo, domani, ma adesso ero troppo piena di rabbia e adrenalina. Vidi Alice che cercava di prendersi cura di Sulpicia, controllandole la faccia, e le aggiustava il naso usando le mani per rimettere a posto la cartilagine. Anche se era antica, persino Sulpicia aveva un incredibile potere di rigenerazione e la sua faccia tornò come nuova in pochi istanti. Le due vampiri mi guardarono e io mi misi in posizione di guardia
«Sono pronta a suonartele di nuovo, vecchiaccia» biascicai, con il sangue che mi colava giù per il mento.
Alice si leccò le labbra
«Sei fortunata che servi alla Signora» mi disse «Perché sembri assolutamente deliziosa così».
Stavo sanguinando davanti a due vampiri. Non me ne importava niente, non sarei morta senza opporre la più fiera resistenza... ma ero solo umana e Alice mi afferrò le braccia e me le piegò entrambe dietro la schiena con la sua forza mostruosa, rendendomi impossibile colpire di nuovo Sulpicia. Ghignai, contenta che nessuna delle due si fosse accorta del fatto che mi ero impossessata di nuovo di un accendino.
«Stai ferma, Bella!» Mi sussurrò in un orecchio Alice «O dovrò spezzartele queste braccia. E tu non vuoi, vero?»
«Certo che no» risposi, poi le sputai saliva e sangue in faccia «Starò ferma».
Alice sibilò, ma non fece nient'altro. Sulpicia mi si avvicinò e io presi in considerazione la possibilità di colpirla con un calcio, ma non volevo che Alice mi spezzasse le braccia o non sarei stata in grado di usare l'accendino.
«Mio marito sarebbe affascinato da te» Disse Sulpicia, inclinando la testa da un lato e toccandomi la fronte con un dito
«Ah, sei pure sposata? E con chi?» domandai, fingendo interesse
«Aro» fu il suo turno di ghignare
«Aspetta, non eri morta? Non era sua moglie quella che gli andava sempre dietro...»
«Quella è Renata»
«E quell'altra che gli sta intorno...?»
«Non ero io. Io sono la regina dei Volturi, la consorte di Aro» c'era un'inimmaginabile fierezza nella sua voce mentre affermava la sua identità
«Ottimo» risposi, tirando su col naso «Perché l'ho appena visto fatto a pezzi sulla neve»
«Non importa. Ritornerò indietro e lui non avrà mai sofferto».
Chiuse gli occhi. In quel momento la stanza intorno a me iniziò a sfarfallare, come se fosse un'immagine proiettata su uno schermo e ci fossero decine di interferenze. Respirai a fondo dalla bocca aperta e sentii l'aria nella cavità sanguinolenta del dente caduto. Poi non sentii più le mani di Alice Cullen e non riuscii nemmeno a vederla con la coda dell'occhio. Evidentemente Sulpicia non era capace di trasportarci tutte e tre indietro nel tempo.
Avevo ancora il suo dito puntato sulla fronte e iniziai a sentirmi più debole: probabilmente era quel contatto che mi stava prosciugando, così indietreggiai, ma lei fu fulminea nell'acchiapparmi per le spalle (anche lei era incredibilmente forte, seppure non dava l'idea di esserlo quanto un vampiro giovane) e posare la sua bocca sulla mia. Scalciai con forza. Ommioddio, una vampira mi stava baciando e con quel bacio mi strappava energia vitale dritta dalla bocca. Sulpicia fu irremovibile e mi teneva troppo forte, stretta contro il suo corpo.
La stanza intorno a noi divenne un vortice luminoso ed ebbi l'impressione che stessimo sfrecciando ad una velocità folle, anche se i nostri corpi erano immobili in mezzo a quella follia vorticante. Uno strano rumore, come di tubi di rame colpiti dal vento, mi riempì le orecchie.
Urlai, dritta nella bocca di Sulpicia. Mi sentivo debole, le braccia perdevano vigore, le gambe non mi avrebbero retta ancora a lungo, gli occhi si chiusero di scatto. Avevo la mente annebbiata e l'adrenalina si stava abbassando bruscamente.
Sarei morta. Sarei morta. Oh no, sarei morta.
Come poteva esistere questa Sulpicia? I suoi poteri andavano davvero aldilà di ogni immaginazione, davvero poteva viaggiare nel tempo? Mi sentivo come se mi trovassi dentro la punta di un trapano che girava alla velocità massima, quel rumore strano di vento nelle tubature mi riempiva le orecchie più forte, sempre più forte.
Aprii gli occhi. E poi, in un barlume di chiarezza in mezzo a quella follia, mi ricordai che avevo un accendino in tasca e lo afferrai. Cercai di far scattare la rotellina, ma il mio movimento fu troppo debole. Forse avrei dovuto arrendermi.
L'oscurità sembrava così confortevole. Finalmente avrei avuto pace, avrei avuto silenzio. Niente più vampiri, niente più guerre... niente più gatti. Un musino nero mi attraversò la mente come un flash. Dracula mi aspettava a casa! Papà mi aspettava a casa! Non potevo, non dovevo morire per nessuna ragione al mondo.
Feci scattare di nuovo la rotellina dell'accendino, con tutta la potenza e la velocità che mi era rimasta nelle dita stanche, e Sulpicia si staccò immediatamente da me, sibilando infastidita e cercando di spegnere le fiamme che avevo fatto attecchire alla sua veste nera e che l'avrebbero uccisa se solo le avessero sfiorato la pelle: una volta acceso, un vampiro diventa un rogo inestinguibile che si consuma da sé anche in assenza di ossigeno.
Il mondo smise di vorticare e ricaddi seduta a terra, ansimando. Non mi trovavo dentro la casetta, non più, perché una luce diurna ed estiva mi scaldava la testa.
Sulpicia colpì le fiamme con la mano aperta, nel tentativo di estinguerle, ancora una volta, ma fu quello che le costò la vita: il fuoco attecchì sulla pelle delle sue dita e iniziò a bruciarle il braccio, risalì fino alla spalla, si aggrappò alla sua faccia e ai suoi capelli, trasformandola in un paio di secondi in una fiaccola urlante.
Mi girai a guardare alle mie spalle e la luce mi ferì gli occhi, costringendomi a stringere le palpebre. Ero in una piccola radura che mi parve di conoscere, in qualche modo: piccola e perfettamente circolare, piena di fiori di campo viola, gialli e bianchi. Si sentiva anche la musica scrosciante di un ruscello, nei dintorni.
Sedute sull'erba c'erano due persone: una era Edward Cullen, l'altra era una ragazza che in qualche modo somigliava a me, ma più magra, però non ero io. Alla luce del sole Edward era quasi sconvolgente: la sua pelle era come ricoperta di piccoli diamanti. Se ne stava perfettamente immobile nell'erba, con la camicia aperta sul petto iridescente e scolpito, le braccia nude e sfavillanti. Una statua sbozzata in una pietra sconosciuta, liscia come il marmo, lucente come il cristallo.
Ricordavo che la mia mente aveva composto immediatamente questo paragone perché lo aveva già usato, ma in quel momento ero troppo confusa per capire per chi.
«Isabella» Pronunciò il nome della ragazza con attenzione, poi con la mano libera giocò con i suoi capelli, scompigliandoli «Bella, arriverei ad odiare me stesso, se dovessi farti del male. Non hai idea di che tormento sia stato» abbassò gli occhi intimorito «Il pensiero di te immobile, bianca, fredda... di non vederti più avvampare di rossore, di non poter più cogliere la scintilla del tuo sguardo quando capisci che ti sto prendendo in giro... non sarei stato in grado di sopportarlo» fissò la ragazza con occhi angosciati «Ora sei la cosa più importante per me. La cosa più importante di tutta la mia vita»
«Sai già cosa provo, ovviamente» Rispose la ragazza, con una voce debole e straordinariamente delicata «Sono qui, il che in parole significa che preferirei morire piuttosto che rinunciare a te» abbassò lo sguardo «Sono un'idiota».
Nessuno dei due sembrava essersi accorto che c'ero io, una ragazza con la faccia insanguinata, a neanche tre metri da loro. Non sapevo dire se erano troppo presi l'uno dall'altra, se erano stupidi o se invece ero io ad essere invisibile, comunque sembravano molto innamorati fra loro. Mi si contorse lo stomaco a sentirla chiamare “Bella”. Era così che mi chiamava Capelli-pazzi. Quella ragazza era me, in qualche modo, in un altro mondo.
Dove mi trovavo? Dove diavolo mi aveva portata Sulpicia, in quale strano passato o mondo alternativo?
Non avrei mai avuto risposta, perché non appena la moglie di Aro si accasciò al suolo, ormai ridotta al silenzio della cenere, il mondo ricominciò a vorticare intorno a me e svenni. Non avrei rivisto mai più Isabella, la ragazza di Edward Cullen in un altro mondo.
Ci furono molte altre cose che non ebbi modo di vedere, alcune belle, altre brutte.
Non mi risvegliai abbastanza in fretta per vedere gli scontri estinguersi nel sangue, ed una delle due parti ergersi vittoriosa sull'altra.
Non vidi Marcus spalancare le braccia quando Jacob si gettò verso di lui per ucciderlo, non udii il suo fioco “Finalmente” e il modo in cui cadde praticamente senza combattere. Marcus aveva sofferto abbastanza da decidere di smettere di vivere, anche mentre la sua carcassa continuava ad ostinarsi a trascinare sulla terra.
La battaglia continuò, ma a questo punto era solo questione di tempo: tutti avevano capito quali erano gli ultimi bersagli a cui puntare: Alec, Jane e Caius.
Caius continuava a nascondersi dietro le poche guardie rimaste, ma non poteva nascondersi a lungo. Licantropi e vampiri si riunirono in un fronte compatto per scacciare le guardie dai resti di Aro, che Edward bruciò con il mio lanciafiamme artigianale. Caius non si premurò di difenderlo con la forza con cui ci si poteva immaginare: probabilmente contava ancora sull'aiuto di Sulpicia, dato che la situazione era assolutamente disperata. Che illuso.
Paradossalmente, i gemelli stregati non utilizzarono i loro doni perché credevano che sarebbe stato inutile e non si erano ancora accorti della mia assenza. Anche se mi sarebbe tornato parecchio utile averlo accanto di nuovo, neppure Edward se ne rese conto, perché tanto non aveva mai potuto leggermi nel pensiero.
Erano rimaste solo cinque vampiri del corpo di guardia dei Volturi, più Alec, Jane, Caius e Athenodora, sua moglie. Senza Chelsea a legarli ad Aro con il suo potere e il pericolo incombente, due delle guardie se l'erano data a gambe, fuggendo nel bosco.
Caius li incenerì mentre cercavano di scappare, accusandoli di alto tradimento, e questo bastò a convincere gli altri a restare.
I vampiri dalla nostra parte si occuparono di ghermire e portare le guardie una ad una lontano da Caius e dalle sue fiamme in gruppi numerosi, così da poter soffocare anche la resistenza fisica non indifferente dei combattenti, come in uno sfiancante gioco di scacchi, per poi distruggerle grazie all'ausilio di un poco della mia lacca e del mio fido accendino.
Bastavano pochi secondi per ridurli in cenere, soprattutto perché Zafrina li aveva privati tutti della loro vista, dunque non sapevano da dove aspettarsi il prossimo attacco, e bastava che Kate li toccasse perché non riuscissero più a reagire.
Il giochetto funzionò per due volte: per una guardia dal mantello grigio e, infine, per Alec. A quel punto Jane provò nuovamente ad usare il suo potere, furiosa, e scoprì con gioia di riuscire nuovamente a bersagliare i suoi nemici.
Caius approfittò del momento per passare attraverso la calca che si era formata attorno a loro sparando fuoco nella folla a casaccio, colpendo Tanya e Vladimir prima che il liquido infiammabile contenuto nel suo strano bastone si esaurisse.
Questo bastò a rompere la concentrazione di Zafrina, facendo tornare la vista ai nemici, ma Caius era praticamente senza difese ora e neppure Jane poteva imporre il proprio potere su un gruppo così folto contemporaneamente.
Furono i Cullen ad abbattere Caius e Athenodora, nonostante la loro resistenza strenua e frenetica. La moglie cercava di mordere come un animale rabbioso per proteggere il compagno, e riuscì ad affondare i denti a fondo nella carne (se di carne si può parlare, per un vampiro brillarello) di Edward. Caius lottò contro Esme, facendola lentamente a pezzi, ma Carlisle si gettò in difesa della compagna mentre Edward se la vedeva con Athenodora.
Esme fu rimessa a posto. I vampiri funzionavano in modi misteriosi e inquietanti.
Dei Volturi, e delle loro compagne, rimasero solo ceneri.
L'ultima guardia fuggì nella direzione in cui erano scomparsi i testimoni, mentre Jane fu vittima dell'ultima, strana risorsa di Benjamin: indirizzò tutte le pietre che aveva posto prima dello scontro nella radura scagliandogliele addosso. Come previsto, non la danneggiarono. Però la distrassero.
Appena smise di usare il suo potere, anche per quell'istante, i lupi erano pronti, e lei no; così Jane cadde. Lupi e vampiri continuarono a guardarsi attorno alla ricerca di nemici da abbattere, pronti a difendere il proprio diritto di esistere con le unghie e con i denti, ma continuavano a voltarsi e vedere facce amiche.
Avevamo vinto.
Non vidi il momento in cui la gente capì, e gli ululati di trionfo e le grida di giubilo dei vincitori riempirono la radura come se l'inferno stesso si fosse rovesciato sulla neve quel giorno. Non vidi i gesti d'affetto, e le risa, e le dichiarazioni che ne seguirono.
Non vidi Alice tornare tra loro attendendo di vedere come tutto il mondo si sarebbe rimescolato grazie alla mia morte, e la delusione e l'angoscia dipingersi sul mio volto.
Tutte queste cose mi vennero raccontate in un secondo momento da qualcun altro, con perizia ed emozione tale che le immaginai nitidamente come se fossi stata lì.
Il giovane Seth aveva un bel talento a raccontare, proprio come la sua mamma. Speravo sinceramente che lo avrebbe coltivato.
La felicità della vittoria era qualcosa su cui concentrarsi, per offuscare la tristezza inevitabile delle perdite in questa battaglia.
Rosalie, Jared, Tanya, Peter, Mary, Aida, Vladimir. I nomi delle persone morte nello scontro mi rimasero impressi a fuoco, compresi Charlie e Gregory: i nomi di due giovani mutaforma periti nel confronto, unitisi giovanissimi al branco.
I poteri dei licantropi gli consentivano di guarire in fretta e bene, ma neppure loro potevano fare miracoli. I corpi di tutti i membri del branco rimasero segnati da cicatrici di varia portata. Paul perse diverse dita della mano destra nello scontro; Omaha perse l'occhio destro, mentre Quil avrebbe avuto bisogno di settimane per tornare come prima.
Io persi un dente, uno dei molari superiori a sinistra. Avrei potuto rimetterlo a posto, se lo avessimo recuperato, ma non potevano saperlo e mi avevano portata via. Mi sarebbe bastato fare sorrisi un po' più stretti se avessi voluto nasconderlo, niente di terribile.
Mi avevano ritrovata, per ironia della sorte, proprio grazie ad Alice: Edward aveva letto nei suoi pensieri ciò che era accaduto e si era precipitato a salvarmi. Ero accasciata immobile sul pavimento quando Edward era entrato, accanto ad un mucchietto di ceneri. In qualche modo il fuoco che aveva ucciso Sulpicia si doveva essere spento durante il viaggio spazio-temporale, altrimenti, con tutto quel legno attorno ed io incosciente, sarei stata davvero nei casini.
Ci furono molte altre cose che non ebbi modo di vedere, alcune belle, altre brutte.
Quello che invece vidi, quando ripresi conoscenza, furono i bellissimi occhi rossi e le zanne affilate che amavo alla follia, sul più bel musetto nero del mondo.
Avevano lasciato venire Dracula al pronto soccorso!
Eh si, perché ero stata ricoverata brevemente.
Carlisle aveva assistito personalmente tutti i licantropi nella loro guarigione, per evitare che una decina di adolescenti dovessero presentarsi senza spiegazioni all'ospedale conciati come dopo una guerra (beh...), ma io non figuravo tra i pazienti personali di Carlisle. Ero stata ammessa brevemente all'ospedale di Forks per uno svenimento improvviso che avevo ufficiosamente avuto a casa di Ayita.
Allo sguardo pieno di tradimento che rivolsi a Carlisle Cullen, in camice e con l'aria più mortificata che avessi mai visto su faccetta di non-morto, mi spiegò che era perché non sapeva quanta energia mi avrebbe preso quello che era successo con Sulpicia (le informazioni erano diventate di dominio pubblico dopo che Edward aveva letto tutto nella mente della sorella traditrice), quindi ero l'unica in prognosi riservata con un genitore che non sapeva nulla del nostro mondo sovrannaturale. Non potevano mica nascondermi nello scantinato per giorni.
A papà avevano detto che ero fortemente anemica e avevo il ferro sotto le scarpe, di monitorarmi, darmi delle pilloline di ferro (che il dottor Cullen mi diede davvero, anche se non sapevo di averne bisogno), ma di non preoccuparsi, che sarebbe passato tutto.
Approfittando del fatto che papà stava firmando qualcosa per farmi uscire e il dottor Cullen lo stava trattenendo a chiacchiere, Edward e Seth erano entrati nella mia stanza per ragguagliarmi sul punto della situazione.
Mi dispiaceva un po' essere stata assente nella battaglia finale, ma adesso... non volevo pensare alle cose brutte. Non volevo incolparmi per chi poteva essere morto per la mancanza del mio scudo. Non volevo piangere per Aida, anche se solo pensare a quelle quattro letterine mi faceva pizzicare gli occhi.
«E quindi alla fine ha agito una combinazione di fattori, ma se bisogna sintetizzare è stata... Bella» Disse Edward
«Hanno staccato due volte il braccio a Kate e se lo è riattaccato, poi ha continuato come niente fosse» Mi disse Seth allegramente, sottovoce «Anche lei ha fatto la sua parte, dai»
«Se Aro non fosse stato terrorizzato da Bella, sarebbe andato tutto in modo diverso»
«Se proprio vogliamo dare qualche bel merito» dissi io «Direi che è difficile sentirsi sicuri quando si è circondati da lupi grossi come cavalli, e si è vampiri vecchiacci, vero Seth?».
Lui ridacchiò.
«Dove sono gli altri?» Chiesi, curiosa
«Giù a La Push i lupi» mi rispose Seth «Mentre Stefan se n'è svanito prima ancora che potessimo festeggiare. Benjamin e Tia hanno seguito le orme di Amun e Kebi, e pure Charlotte è sparita veloce come il lampo. Le amazzoni si stanno preparando per andare a cercare Kachiri, sai, la loro altra amica amazzone, e tornare nella foresta amazzonica. Gli irlandesi rimangono ancora un po', poi vanno anche loro. Mi sa che i Denali se ne vanno pure loro, perché lì si sta a fare ancora festa e però il clan ha perso Tanya, sono a lutto. Però ha guadagnato Garrett»
«Garrett?»
«Si, sai. Garrett e Kate cuore a cuore, si baciano per ore e ore...» cantilenò Seth
«Ugh, davvero?»
«No, per fortuna, però è ovvio che si piacciono. Secondo me è una cosa permanente, l'unirsi ai Denali».
Fu in quel momento che mi accorsi di qualcosa di strano. Dracula non stava soffiando verso Edward. Com'era possibile? Lui detestava i vampiri, e lo aveva fatto capire chiaro e tondo anche contro il dottor Cullen, che era il succhiasangue più gentile che avessi notato.
«Hai le guance rosa» Sbottai all'improvviso, guardando a bocca aperta Edward. Lui sembrò preso in contropiede, irrigidendosi, poi mi sorrise.
«Non te ne ho parlato, è vero...»
«Ti trucchi?»
«... E forse è il caso di farlo, prima che tu esca quella porta, perché... non ci vedremo più»
«Ssè, magari!»
«No, è vero» intervenne Seth «Dopo la battaglia i Quileute e gli altri clan volevano giustiziare Alice, ma i Cullen l'hanno protetta. Così, come punizione per aver attirato qui i Volturi, creato l'orso-vampiro, rotto il patto, non aver punito Alice eccetera eccetera, saranno costretti a trasferirsi e andarsene lontano da Forks, vero Edward?»
«Vero». Lui annuì, con aria solenne «È per questo che, prima di andare, devi sentire una cosa Bella».
Come lo scimmio che era mi agguantò un polso e se lo poggiò sul petto. Anche stavolta lottai, ma mi immobilizzai appena sentii qualcosa sotto il mio palmo.
«Tu... è un trucco» Boccheggiai, incredula
«No, non lo è» disse Edward, quasi tristemente «Quello che hai sentito è il mio cuore che batte. È stato estremamente doloroso farlo ripartire. È iniziato tutto dal morso di Athenodora, è come se la vita si fosse propagata da qui». Si sbottonò i primi bottoni della camicia per farmi vedere il punto in cui i canini della vampira erano affondati, due piccole cicatrici circolari sul muscolo trapezio. Cicatrici?
«Aspetta, frena» scossi la testa, riuscendo a riprendermi la mia mano «Mi stai dicendo che... stai tornando umano?».
Di nuovo il sorriso triste. «I Volturi potevano solo avere compagne dai talenti straordinari. Didyme, la compagna di Marcus, era in grado di donare la gioia. Sulpicia, la compagna di Aro, era in grado di riparare agli errori commessi nel passato. Apparentemente, Athenodora, la compagnia di Caius, era in grado di ridare la vita ad un vampiro, per una sola volta. L'ho letto nella sua mente, è la verità»
«Tu. Edolo Culeno. Umano»
«È stato estremamente doloroso» ripeté lui «Ma di questo dolore non mi pento perché mi ha dato una nuova possibilità» e i suoi occhi, castano chiaro, brillarono di speranza «Sto perdendo i miei poteri, sto perdendo la mia capacità di leggere nel pensiero, ma con te non funzionerebbe comunque. Con te, sarebbe tutto come prima per me, ma per te no, perché finalmente ho smesso di essere un mostro, Belarda. Sarei un umano, con te e per te, per te farei qualunque cosa ti proteggerei da tutto. Belarda, prima di te la mia vita era come una notte senza luna. Così oscura, ma c'erano delle stelle - punti di luce e ragione. E poi hai attraversato il mio cielo come una meteora. All'improvviso tutto era in fiamme, c'era splendore, bellezza. Quando te ne sei andata, quando la meteora è sparita oltre l'orizzonte, tutto è diventato nero. Ma io ero accecato, non potevo più vedere la bellezza delle altre stelle... Belarda, ora che sono un mortale come te: vuoi uscire con me?»
«No. Sei un cretino in tutte le specie. Hola. Ci becchiamo in giro Seth»
«Ci becchiamo» contraccambiò Seth.
Mi alzai dal letto, con il mio gatto sottobraccio, e andai a raggiungere papà.
«E così non mangi abbastanza carne» Mi accolse lui
«Eh già. Troppo pesce»
«Ma non c'è ferro nel pesce?»
«Ehhh» feci segno di “così così” con la mano, anche se in effetti non sapevo quanto ferro ci fosse in un pasto a base di pesce. Lui mi abbracciò e accarezzò Dracula, ma non mi disse mai a parole quanto si era preoccupato.
Grazie a Dio non mi avevano fatto cambiare in camicioni da paziente, perciò potei direttamente salire nella macchina della polizia del bravo detective Cigna e rilassarmi sul sedile.
Per due secondi.
«Potrei aver telefonato a Renèe...» Esordì papà, titubante. Inspirai rumorosamente.
«L'hai detto alla mamma!» Lo accusai, tradita.
Lui incassò la testa tra le spalle «Aveva il diritto di saperlo. Non sapevo se ti era successo qualcosa...»
«Papà!»
«Okay, Bells, lo ammetto, ho sbagliato. Mi dispiace».
Sbuffai, ma non potevo davvero arrabbiarmi con papà. Abbozzai un sorrisetto per fargli capire che tanto lo avrei perdonato, evitando di mostrargli il mio dente mancante. Lui mi imitò ed entrambi fissammo la strada.
Fu un viaggio tranquillo: Lillo si sdraiò sul cruscotto con tutta la calma del mondo e Dracula si accoccolò sulle mie gambe, facendo le fusa.
Mi sentii veramente serena per la prima volta da settimane. In un modo o nell'altro era finita. Era finita finalmente.
Quando arrivammo non mi precipitai dentro: alzai la testa per guardare sorridendo casa Cigna, i piedi fermamente piantati sul tappeto, mentre papà mi precedeva ed entrava. Mi aspettavano giorni duri di mamma che piombava nel mio angolino di pace con la sua ansia, e di telefonate di amici, e di compiti per le vacanze che non avevo assolutamente fatto.
Ma che cosa poteva mai essere in confronto ad una guerra sovrannaturale? Li avevo affrontati. Li avevo battuti. Ed ero sopravvissuta.
Sarei riuscita sicuramente a superare la preoccupazione di una mamma svampita.
«Meow!»
Giusto Dracula. Insieme.
Drizzai le spalle e andai incontro alla mia sorte, confortata dal destino coi baffi che mi camminava al fianco.



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