Arrivarono con grande sfarzo, non senza una certa bellezza.
Arrivarono in formazione rigida, solenne.
Si muovevano all'unisono, ma non era una marcia: affluirono con perfetta sincronia dagli alberi come ombre nate dal bosco, distaccandosi come gocce dalle figure scure dei tronchi e riconfluendo non appena gli era possibile,
una sagoma scura e ininterrotta che sembrava sospesa di qualche
centimetro sopra la neve bianca, tanto fluida era la sua avanzata.
Le
ali esterne erano grigie: il colore dei loro abiti si scuriva a ogni
fila di corpi, fino ad arrivare al cuore della formazione, che era del
nero più intenso. Tutti i visi erano coperti da cappucci e in ombra e non si intravedeva nessun pezzo della loro pelle bianca e morta, come se non avessero avuto corpi umani.
Il vago fruscio dei piedi era così regolare da sembrare una base
musicale, un ritmo complicato che non mostrava mai esitazione e che si combinava col rimbombare ritmico del mio cuore che avevo in gola, il suono di un fenomeno naturale piuttosto che rumore di passi di quelle creature che parevano sospese sul terreno.
A
un segnale che non notai – o forse non vi fu alcun segnale, ma solo
millenni di esercizio – la struttura si allargò verso l'esterno. Il
movimento era troppo rigido, troppo geometrico per ricordare qualcosa di
organico come lo schiudersi di un fiore: fu come un ventaglio che si
apriva, aggraziato ma molto spigoloso. Le figure con il mantello grigio
si disposero sui fianchi, mentre quelle più scure avanzarono con
precisione fino al centro, misurando al millimetro ogni movimento.
La loro avanzata era lenta ma decisa, senza fretta, senza tensione, senza ansia. Era l'andatura degli invitti.
Sentii
gli sbuffi nervosi di Seth, che aveva iniziato a fare una serie di
piccoli movimenti sul posto: troppa adrenalina in circolo per riuscire a
stare davvero fermo.
Ciò
che vedevo coincideva con i miei incubi, quelli che erano venuti a
visitarmi sempre più spesso negli ultimi mesi. L'unica cosa che mancava
era il desiderio perverso che avevo visto sui volti dei miei sogni, i
sorrisi di vendetta compiaciuta. Fino ad allora, i Volturi erano stati
spiriti senza volto, troppo disciplinati per tradire alcuna emozione.
Non
diedero il minimo segno di sorpresa o di sgomento nel vedere il gruppo
di vampiri che li aspettava: era come se se lo aspettassero, o come se
fosse stato troppo infimo per intimidirli. Troppo disorganizzato e debole in confronto a loro. Non batterono ciglio nemmeno di fronte ai lupi giganti di cui sicuramente avevano già sentito parlare.
Non
riuscii a trattenermi dal contarli, strizzando gli occhi per
distinguere i bordi delle loro figure che sembravano mescolarsi. Erano
trentadue.
Anche
escludendo le due figure incerte e derelitte che stavano in fondo a
tutto il gruppo, che pensai fossero le mogli di due dei fratelli di
Volterra e la cui posizione protetta suggeriva che non sarebbero state
coinvolte nell'attacco, eravamo comunque in svantaggio numerico.
«Arrivano
le giubbe rosse, arrivano le giubbe rosse» Borbottò Garrett
misteriosamente fra sé, come se stesse per mettersi a cantare, e poi
ridacchiò. Fece un passo per avvicinarsi a Kate.
Guardai
ad occhi sbarrati il dispiegamento di forze di fronte a me ed avvertii
che il mio respiro stava iniziando ad accelerare. Chiusi gli occhi
sprofondando nel buio, sforzandomi di fare respiri profondi, lottando
contro me stessa. Ogni volta che deglutivo sentivo come se qualcuno mi
stesse sfregando della sabbia sulle pareti interne della gola.
Accarezzai
i bordi del mio scudo per assicurarmi di poterlo sentire ancora, e fui
rassicurata nel sentirlo rispondere istantaneamente al mio tocco
spirituale.
«Sono venuti, alla fine» Sussurrò una voce sibilante. Vladimir, che continuava a confabulare con Stefan.
«Le
mogli» Gli risposi lui con un altro sibilo «Tutto il corpo di guardia.
Tutti insieme. Meno male che ci siamo tenuti lontani da Volterra».
Come se il numero della loro schiera non fosse sufficiente, mentre i Volturi avanzavano lenti e maestosi, altri vampiri cominciarono ad entrare nella radura al loro seguito.
Erano
diversi dai Volturi: disordinati, rumorosi, entrarono nella radura non
come spiriti ma come uno sciamare di blatte ticchettanti alla ricerca di
avanzi. I volti di quell'affluire apparentemente infinito di vampiri
erano l'antitesi della disciplina asettica dei Volturi: vi si leggeva un
caleidoscopio di emozioni con una facilità allarmante, che li faceva
sembrare infantili per la chiarezza con cui erano espressi.
Inizialmente
ci fu lo shock, e persino un po' di ansia, nel vedere quella forza
inattesa che li aspettava. La preoccupazione passò presto: si sentivano
sicuri del loro numero soverchiante, sicuri nella loro posizione dietro
alla forza inarrestabile dei Volturi. I loro tratti tornarono ad
esprimere una sorta di neutrale curiosità, come se fossero stati turisti
al seguito di una guida un po' noiosa.
Da
quei visi eloquenti era piuttosto felice capire la loro disposizione
d'animo. Era una raccolta di gente infuriata, esaltata fino al
parossismo e assetata di giustizia. Prima di leggere quei volti non
avevo mai capito in pieno l'atteggiamento del mondo dei vampiri verso la
giustizia impartita dai Volturi.
Era
chiaro che quell'orda eterogenea e disorganizzata, composta da più di
quaranta vampiri, fosse considerata dai Volturi l'equivalente dei nostri
testimoni. Dopo la nostra morte, avrebbero sparso la voce che i
criminali erano stati estirpati, che i Volturi si erano comportati nel
modo più imparziale possibile.
La
maggior parte dei vampiri, però, sembrava volere qualcosa di più:
volevano partecipare a distruzione e roghi. La folla che insegue una
bestia che non conosce sentendosi nel giusto nell'estirpare un male che
avevano bisogno di vedere. E ovviamente, questo avrebbe consolidato
l'autorità dei Volturi.
Non
avevamo scampo. Anche se in qualche modo fossimo riusciti a
neutralizzare i più pericolosi, i Volturi ci erano comunque superiori in
numero. Anche se avessimo ucciso Demetri, nessuno di noi sarebbe stato
in grado di fuggire.
Percepii
che la stessa riflessione si faceva strada nelle persone intorno a me.
L'aria, appesantita dalla disperazione che i Volturi generavano e di cui
si nutrivano, mi spingeva giù con forza e la presa con cui cercavo di
resistere era quantomeno scivolosa.
Tra
le forze avversarie c'era la figura sottile di un piccolo vampiro dal
capo coperto, di cui riuscivo a vedere soltanto un lampo di bianco fare
capolino da sotto il cappuccio, che aveva un atteggiamento strano. Aveva
rotto la formazione come se non la conoscesse, schierata in parallelo
quasi a toccare le figure al centro esatto della guardia, eppure
estranea sia al corpo di guardia che ai suoi capi.
Edward
si guardava attorno con un che di disperato, come se stesse cercando
qualcosa con gli occhi, una via di fuga forse. Poi proruppe in un nuovo
ringhio basso, ma deciso.
«Alistair aveva ragione» Disse a Carlisle.
Guardai il dottore che fissava il figlio con aria interrogativa.
«Alistair aveva ragione?» Sussurrò Tanya, abbastanza forte perché potessi udirla anche io.
«Loro
– Aro e Caius – sono venuti per distruggerci e assimilarci» rispose
Edward, quasi in un sospiro perché solo quelli della nostra parte lo
udissero. Io feci fatica, ma riuscii a capire quasi tutto. «Hanno già
studiato buona parte delle strategie possibili. Si erano già impegnati a
cercare un altro motivo per offendersi, se l'accusa di Rosalie si fosse
dimostrata in qualche modo falsa. Ma
ora ci vedono così numerosi per difenderci, vedono Seth, sono ottimisti
sull'andamento della situazione. Potremmo comunque tentare di
difenderci dalle altre accuse premeditate che ci rivolgeranno, ma devono
prima fermarsi e ascoltare la verità». Pausa, e concluse con voce
ancora più bassa: «E non hanno la minima intenzione di farlo».
Seth fece uno sbuffo strano, dal suono un po' strozzato.
Poi,
inaspettatamente, due secondi dopo la processione si fermò. La musica
bassa dei movimenti sincronizzati alla perfezione si mutò in silenzio.
La disciplina impeccabile non venne meno: i Volturi si bloccarono
nell'immobilità assoluta come un sol uomo.
Si trovavano ad un centinaio di metri da noi.
Ai
lati, dietro di me, sentii avvicinarsi il battito di zampe sul terreno
soffice. Mi arrischiai a guardare a sinistra e a destra con la coda
dell'occhio e vidi cos'era stato a fermare l'avanzata dei Volturi.
I lupi si erano uniti a noi.
I
ragazzi-lupo formavano lunghi bracci che delimitavano ciascun lato
della nostra linea irregolare e alcuni si erano posti dietro me, Edward e
Seth, rendendoci ancora meno vulnerabili ad attacchi improvvisi.
Individuai immediatamente i colori familiari dei mantelli delle
ragazze-lupo, poi quelli meno familiari, tranne il mantello rosso e
folto di Jacob, dei ragazzi.
Il
pelo di Sarah non era più stato lo stesso dopo che si era risvegliata.
Gli anziani avevano detto che la forma in cui mutavano quando divenivano
lupi era la vera forma della loro anima, e l'anima di Sarah non era
rimasta la stessa. Il pelo era diventato più scuro, la V bianca sul
petto si era allargata, ed erano apparsi delle strisce di pelo chiaro
sopra le zampe come se avesse avuto degli anelli di contenimento a polsi
e caviglie. Il cambiamento più vistoso era la mascherina bianca che si
allungava su tutta la canna nasale, che ricordava la forma di un teschio
umano.
Dedicai
solo un secondo a notare il fatto che erano più di quindici e a
distinguere i lupi che conoscevo da quelli che non avevo mai visto.
Ce
n'erano più di una ventina distribuiti regolarmente intorno a noi; un
totale di ventitré contando Seth. Dall'altezza e dalle zampe troppo
grandi dei nuovi arrivi, traspariva con evidenza la loro età
giovanissima.
Con tanti vampiri accampati nei paraggi, un'impennata della popolazione di licantropi era inevitabile.
Altri
ragazzini che sarebbero morti. Mi chiesi perché Sam lo avesse permesso,
ma poi capii che non aveva avuto altra scelta. Se uno qualunque dei
lupi si fosse schierato con noi, era certo che i Volturi sarebbero
andati a cercare anche gli altri. Avevano messo a rischio tutta la loro
specie prendendo posizione.
E se avessimo perso...
Improvvisamente, mi ritrovai infuriata. Anzi, ben più che infuriata: ero in preda a una rabbia omicida.
La mia disperazione sconsolata era del tutto scomparsa. Non sapevo se era dovuto alla mia furia o ad un'aura che potevo percepire ora grazie al mio terzo occhio spalancato,
ma un vago bagliore rossastro evidenziava le figure scure che mi erano
di fronte e in quel momento provavo una violenza oscura che in un altro
frangente mi avrebbe spaventata.
Non
desideravo altro che strappargli le membra e ammucchiarle per poi
appiccarvi il fuoco. Ero talmente infuriata che avrei potuto danzare
intorno alla pira mentre bruciavano vivi: avrei riso davanti alle loro
ceneri ardenti. Le labbra mi si tesero automaticamente all'indietro e un
ringhio basso e feroce mi si fece strada nella gola, dalla bocca dello
stomaco, come se fossi stata un animale selvatico.
Poco più avanti, Zafrina e Senna imitarono il mio ruggito soffocato, e Seth accanto a me iniziò a vibrare di energia.
I
visi celati dei Volturi si sollevarono appena come ad un comando
silenzioso, perfettamente sincronizzati, rivelando i loro visi pallidi.
Tutti tranne la strana figura fuori dalla formazione, che si voltò verso
i tre fratelli con un gesto vezzoso come per confidargli qualcosa,
inclinando la testa con fare civettuolo.
Le figure al centro della formazione rivelarono per la prima volta i loro visi. Quello che attirò immediatamente la mia attenzione
fu il fratello di mezzo, che ci guardava con un che di deliziato. Aveva
capelli lunghi e corvini, che da quella distanza si confondevano
facilmente con il cappuccio della tunica nera come pece che indossava.
Il
suo viso era diverso dai volti che lo circondavano: non riuscivo a
capire se fosse bello o no. I suoi lineamenti sembravano perfetti, con
il naso lungo ed elegante e la bocca sottile che si curvava in un
sorriso dolce, ma era diverso dagli altri vampiri quanto loro lo erano
da me. La sua pelle bianca era quasi trasparente, come una buccia di
cipolla, e come quella sembrava delicata e sottile, in contrasto con i
lunghi capelli neri che gli incorniciavano il viso. Che schifo. Sentii
lo strano e spaventoso desiderio di affondare le unghie nella sua
guancia, per capire se fosse più morbida di quella di un vampiro comune o
invece friabile come il gesso.
Gli occhi erano rossi, uguali a quelli dei suoi sodali, ma con una
sfumatura sfocata e lattiginosa: le porcherie di cui tanto avevano
parlato i vampiri romeni. Chissà se la sua vista ne risentiva.
Dall'orlo
delle sue maniche ampie uscivano dita affusolate ed eleganti, che erano
in contatto con le mani di entrambi i suoi fratelli: doveva essere Aro,
in grado di leggere nel pensiero degli altri attraverso il tocco fisico.
Gli altri due uomini in tonaca nera somigliavano entrambi ad Aro sia in volto che per corporatura
ed altezza. Uno aveva persino gli stessi capelli fluenti e neri,
sebbene avesse lineamenti più pronunciati e in qualche modo eleganti, ma
la cui bellezza era sprecata in un'espressione smorta e priva di
emozione. Marcus.
Caius
portava una chioma bianca come la neve – la stessa sfumatura del volto
dalla mascella quadrata – che gli sfiorava le spalle, e aveva mani più
tozze. La pelle dei loro volti era identica, sottile come carta.
Il terzetto del quadro di Carlisle era al completo, identico a quando era stato ritratto, trecento anni prima.
Aro
e Caius si erano fermati per studiare la situazione e tutto il corpo di
guardia sostava insieme a loro, in attesa dell'ordine di uccidere. I
due non si guardavano, sebbene i loro fossero le uniche due paia di
occhi che tradivano una qualche emozione in confronto agli occhi morti
del loro corpo di guardia, ma era comunque evidente che stavano
comunicando in qualche modo. Marcus, anche se toccava l'altra mano di
Aro, non sembrava assorto nella conversazione. L'espressione non era
vacua come quella del corpo di guardia, ma quasi altrettanto vuota.
Sembrava incredibilmente annoiato.
I
corpi dei testimoni dei Volturi erano inclinati nella nostra direzione,
gli sguardi furiosi fissi su Seth e i lupi dietro di noi, ma si erano
fermati vicino al limitare della foresta, tenendosi alla larga dai
soldati della guardia. La strana figura fuori posto aveva iniziato ad
aggirarsi in movimenti
casuali intorno ai tre fratelli, a pochi passi dalle donne anziane –
entrambe dai capelli chiari, la pelle fragile e gli occhi velati – e
dalle loro massicce guardie del corpo.
Nascosta
da uno dei mantelli di un grigio più scuro, subito dietro ad Aro, c'era
una donna. Non ero sicura da questa distanza, ma sembrava che gli
stesse toccando la schiena. Era lei Renata, l'altro scudo?
Sembrava
così fragile e nervosa che mi chiesi se con il mio accendino, io contro
lei, sarebbe riuscita a respingermi. Ma non avrei sprecato la mia vita
per arrivare a Caius e Aro. Avevo bersagli molto più importanti.
Esaminai le loro file per cercarli e scorsi con facilità i due minuscoli mantelli grigio scuro – della gradazione più scura prima di quella nerissima degli anziani –
vicino al centro dello schieramento. Me li avevano solo descritti, ma
era impossibile errarsi su chi potessero essere una volta che li avevo
individuati.
Alec
e Jane, che probabilmente erano i membri più minuti del corpo di
guardia, erano al fianco di Marcus e dall'altro lato avevano Demetri.
Sulle prime ebbi un attimo di confusione su chi fosse Alec e chi Jane.
La
figura a destra era minuta come Alice e portava i capelli corti,
castano chiaro. Il corpo nascosto dalla mantella scura era snello,
androgino, ma il viso, seppur giovanile e scolpito come quello di un
giovane angelo rinascimentale, era troppo bello per potere appartenere
ad un ragazzo molto giovane, con labbra piene e rosse ed occhi grandi,
di un rosso opaco. Doveva avere sete. Accanto a lei c'era un ragazzo pallido praticamente identico alla ragazza, ma con capelli più scuri e con labbra meno pronunciate.
I
visi adorabili indossavano espressioni dolci e vacue come belle
maschere e non rivelavano nulla. “Gemelli stregati” li aveva chiamati
Vladimir. Sui loro poteri si basava tutta l'offensiva dei Volturi. Erano
i gioielli della collezione di Aro.
Flettei i muscoli come se fossi stata attraversata da una scarica elettrica e sentii una sorta di sapore amaro in bocca.
Gli
occhi rossi screziati di Aro e Caius guizzarono tra le nostre file. Mi
chiesi se si erano accorti che c'ero anche io, un'umana, tra quelle file,
ma mi resi conto che probabilmente l'odore di sangue e il rumore di
cuori e respiri dei licantropi mi proteggeva, rendendo meno ovvio il mio
vulnerabile status di persona viva.
Aro
ci perlustrò con lo sguardo i volti più e più volte, con le labbra
strette. Immaginai che fosse deluso dall'assenza del potere più notevole
del clan Cullen, quello su cui aveva da sempre immaginato di mettere le
grinfie: Alice.
In quel momento ero solo grata del fatto che fosse fuggita.
Mentre la pausa si allungava, sentii il respiro di Edward che accelerava.
«Edward?» Chiese Carlisle, ansioso, a bassa voce.
«Mi
sembrava di aver sentito...! Non la trovo...! È impossibile. Eppure...»
Il vampiro dai capelli bronzei brontolò frasi spezzate, prima di
riprendere il controllo: «Non sanno bene come procedere. Stanno
soppesando le possibilità, scegliendo gli obiettivi più importanti: me,
naturalmente, te, Eleazar, Tanya. Marcus decifra la forza nei legami che
ci uniscono, in cerca di punti deboli». Ah, e così Marcus era un
esperto d'amore. Si erano scordati di menzionarmelo. «La presenza dei
rumeni li irrita. Sono preoccupati per i visi che non riconoscono,
Zafrina e Senna in particolare, e naturalmente i lupi. È la prima volta
che vengono messi in minoranza. È stato questo a fermarli».
Tanya fece eco ai miei pensieri, sussurrando incredula: «In minoranza?»
«Per
loro i testimoni non contano» bisbigliò Edward «Sono nullità, così come
il corpo di guardia. È solo che ad Aro piace avere pubblico».
Come
sarebbe a dire “così come il loro corpo di guardia”? Ma non avevano
passato gli ultimi mesi a dirmi quanto terrificante fosse il corpo di
guardia dei Volturi, quanto potente e invincibile fosse? Evidentemente
la tensione stava mandando il cervello di Edward in pappa... e il peggio
era che potevo pure capirla, una cosa del genere.
«Devo parlare?» chiese Carlisle.
Edward esitò, poi annuì. «Non credo che avrai altre occasioni».
Carlisle drizzò le spalle, come per farsi forza da solo, e a passi lenti avanzò oltre la nostra linea di difesa. La sua stessa natura lo rendeva forte, immortale, spaventosamente resistente: una macchina di morte finemente programmata.
Eppure
era terribile vederlo solo ed inerme sulla distesa bianca, con il corpo
di guardia proteso verso di noi. Come vedere un cucciolo di coniglio,
tenero e tremante, avanzare verso un branco di cani selvatici affamati e
anticipare il momento esatto in cui si sarebbero mossi per straziarlo.
Allargò
le braccia, con i palmi rivolti verso l'alto in segno di saluto. «Aro,
amico mio. Sono secoli che non ci vediamo» Disse, modulando il suo tono
in un misto di rispetto e dolcezza.
Per
un lungo attimo, nella radura imbiancata scese un silenzio di tomba.
Vidi Edward irrigidirsi mentre ascoltava Aro che valutava le parole di
Carlisle. Sentivo la tensione aumentare silenziosamente ad ogni secondo
nel corpo di guardia e tra le nostre file, rendendo l'aria elettrica.
Aro uscì dal centro della formazione dei Volturi. Renata, lo scudo, si mosse con lui come se avesse le punte delle dita cucite
al suo mantello. Per la prima volta le schiere dei Volturi reagirono:
le loro file furono percorse da un brontolio sommesso, le sopracciglia
si aggrottarono, le labbra si arricciarono a scoprire i denti. Alcuni
del corpo di guardia si sporsero in avanti, accucciati.
Una salva di ringhi di avvertimento partì dai lupi, scatenata incredibilmente da Seth, propagandosi poi sino ai vampiri.
Aro alzò una mano verso i suoi: «Veniamo in pace».
Fece qualche altro passo, andando incontro al suo vecchio amico con il suo stesso ritmo
come un uomo che cammini verso il proprio riflesso in uno specchio, poi
si fermò ed inclinò la testa da un lato; Carlisle fece altrettanto. Gli
occhi velati di Aro erano pervasi di curiosità.
«Parole
giuste, Carlisle» Disse con voce esile e sottile, un'esalazione dolce
che non mi sarei aspettata. Mi diede l'impressione di essere in linea
con il suo carattere tutto curiosità e vezzi, ma allo stesso tempo mi
sarei aspettata qualcos'altro. «Sembrano fuori posto, visto l'esercito
che hai radunato per uccidere me e i miei cari».
COSA? Che strategia era fare il finto tonto? Erano loro che
erano venuti a uccidere noi, con tutto il corpo di guardia e le mogli
brutte e derelitte e trecento vampiri testimoni incavolati! Quelli
volevano solo il nostro sangue, letteralmente, e ora che ci vedevano in
tanti e arrabbiati il loro capo faceva finta che noi fossimo quelli che
avevano radunato un esercito per ammazzare lui e i suoi cari? E poi, i suoi cari? Ma non erano nullità per loro? Bah.
Carlisle scosse la testa e gli offrì la mano, come se non ci fossero ancora un centinaio di metri a dividerli.
«Basta che mi tocchi la mano per capire che non ho mai avuto quell'intenzione».
Ecco,
e così la recitina da vittima di quel coso polveroso sarebbe stata
smascherata! Ma gli occhi scaltri di Aro si strinsero in una fessura.
«Ma come può avere qualche importanza la tua intenzione, caro Carlisle, di fronte a ciò che hai fatto?».
Fece una smorfia e un'ombra di tristezza gli attraversò il viso, ma non avrei saputo dire se era sincera.
«Non ho commesso il crimine per il quale sei venuto a punirmi»
«Allora
fatti da parte e fammi punire chi né responsabile. Sul serio, Carlisle,
nulla mi farebbe più piacere che risparmiarti la vita, oggi»
«Nessuno ha infranto la legge, Aro. Lasciami spiegare» e Carlisle gli porse di nuovo la mano.
Prima che Aro riuscisse a rispondere, Caius arrivò veloce al suo fianco.
«Quante regole inutili, quante leggi superflue ti crei, Carlisle» Sibilò il vampiro canuto «Come è possibile che difendi la violazione dell'unica che conta davvero?»
«La legge non è stata violata. Se solo mi ascoltassi...»
«Vediamo
i lupi, Carlisle» rispose Caius con un ringhio «Non prenderci per
stupidi. Sappiamo bene entrambi che quelli non sono minimamente in grado
di mantenere il segreto sulla nostra esistenza»
«Loro
non sono affatto come pensi. Non sono incontrollabili, vogliono
mantenere il segreto tanto quanto noi. Te lo posso dimostrare facilmente
in pochi attimi di...».
Caius lo interruppe
«Se non sono un pericolo per noi, allora perché avete raggruppato un battaglione per proteggerli?»
«Sono
testimoni, Caius, proprio come quelli che avete portato voi». Carlisle
accennò all'orda furiosa appostata al limitare del bosco. Alcuni di loro
ringhiarono in tutta risposta. «Uno qualsiasi di questi amici che
abbiamo portato può dirti la verità, sui lupi di La Push. Oppure puoi
guardarli con i tuoi occhi, Caius. Puoi parlare con quelli di loro che
saranno disposti ad assumere forma umana...»
«È un espediente!» Gridò Caius in tono aspro «Dov'è l'informatrice? Portatela qui!».
Scrutò con impazienza fra i vampiri del nostro gruppo finché non vide Rosalie «Tu! Vieni!».
Rosalie
lo fissò sconcertata, con l'aria di qualcuno che si è appena svegliato
da un incubo funesto e si è accorto che c'è qualcosa di peggio a
giganteggiare sulla sua testa, ma iniziò ad avanzare lentamente
lasciandosi dietro due file di impronte sulla neve. Caius schioccò le
dita con impazienza quando Rosalie fu a metà della distanza che li
separava, chiaramente infastidito dalla sua lentezza. Una delle enormi
guardie del corpo delle mogli percorse una dozzina di metri in un batter
d'occhio e la spinse rozzamente sulla schiena, costringendola ad
aumentare la sua andatura fino a portarla a quattro metri dal terzetto
dei Volturi.
Caius le si avvicinò e con uno schiaffo la colpì in pieno viso. Edward, accanto a me, ringhiò e si morse le labbra.
Era
impossibile che il vecchio vampiro avesse fatto male a Rosalie, ma in
quell'azione c'era qualcosa di davvero umiliante. Era come guardare
qualcuno che prendeva a calci un cane... con la differenza che, in
effetti, Rosalie se lo meritava alla grande. Tanya e Kate sibilarono
all'unisono.
Il
corpo di Rosalie si irrigidì e infine fissò lo sguardo su Caius, il cui
dito rapace indicò i licantropi i quali stavano in piedi, perfettamente
controllati, accanto ai vampiri. Dentro il mio sguardo furioso, Caius
divenne inspiegabilmente tutto rosso. Nel petto di Jacob tuonò un
ruggito.
«Sono
quelli i licantropi che hanno ucciso Emmett?» Chiese perentorio Caius
«Quelli che, evidentemente, erano incontrollabili figli della luna?».
Rosalie
guardò il branco. Se avesse dato ragione ai Volturi ci sarebbe stata
una battaglia, se avesse ammesso il suo errore, forse, la sua famiglia
si sarebbe salvata...
«Ebbene?» Chiese Caius, con acredine
«Io... non ne sono più sicura» disse Rosalie, in tono perplesso.
Caius ebbe uno spasmo a una mano, come se volesse schiaffeggiarla di nuovo. «Cosa vuoi dire?» Le chiese, inflessibile.
«Non sono uguali. Non credo che siano gli stessi licantropi. Questi sono più grandi di quelli che ho visto ma...».
Il
rantolo furioso di Caius crepitò fra i suoi denti improvvisamente
scoperti e Rosalie si interruppe senza finire. Provai un moto di
ammirazione per lei: aveva un coraggio immenso a mentire così per
proteggere la sua famiglia. Sapeva che era stata lei a metterci tutti
nei guai, ma stava provando a rimediare come poteva.
Aro svolazzò al fianco di Caius e gli posò una mano sulla spalla per bloccarlo
«Stai calmo, fratello. Abbiamo tutto il tempo di risolvere la questione, non c'è fretta».
Certo
che non c'era fretta, quando erano immortali che potevano rimanere a
digiuno per una settimana senza danni. Io, da umana, avevo fretta eccome
di tornare a casa, perché in mezzo alla neve si congelava e io iniziavo
già ad avere una fame nervosa.
Con un'espressione astiosa, Caius voltò le spalle a Rosalie.
«Dunque,
tesoruccio» Disse Aro con un mormorio caldo e insinuante «Mostrami
quello che stai provando a dirci». Porse la mano alla vampira
sconcertata.
Rosalie
gliela prese, esitante. Sarebbe riuscita a mantenere il suo bluff anche
facendosi leggere nel pensiero? Credo proprio di no. Ma sarebbe
riuscito Aro a capire che effettivamente non c'era alcuna prova che
fossero stati loro a uccidere Emmett? Forse. Ma credevo anche che questo
non lo avrebbe fermato.
Lui le tenne la mano per soli cinque secondi.
«Vedi, Caius? È un modo semplice per ottenere quello di cui abbiamo bisogno».
Caius
non gli rispose. Con la coda dell'occhio, Aro lanciò un'occhiata fugace
al suo pubblico, la sua orda, poi tornò a rivolgersi a Carlisle.
«E così, a quanto pare, dovremo farci carico di un mistero. Si
direbbe che l'orso vampiro di cui ci ha parlato non fosse poi questa
grande minaccia, visto che è stato annientato senza il nostro aiuto, e i
lupi non sono quello che credevamo che siano. Eppure il primo ricordo
di Rosalie era proprio quello di un branco di licantropi che hanno
attaccato la vostra famiglia. Curioso»
«È
proprio quello che sto cercando di spiegare» Disse Carlisle e dal tono
mutato della sua voce intuii quanto si sentisse sollevato. Questa era
l'esitazione su cui avevamo riposto tutte le nostre deboli speranze.
Io
non provai alcun sollievo. Aspettai, resa quasi insensibile dalla
rabbia, di vedere come i Volturi avrebbero aggirato ogni nostro
tentativo di instaurare una pace e ci avrebbero attaccati comunque.
Carlisle porse di nuovo la mano.
Aro esitò per un attimo
«Preferire
avere una spiegazione da una persona più coinvolta nella storia, amico
mio. Mi sbaglio a pensare che questa infrazione non è stata opera tua?»
«Non c'è stata alcuna infrazione»
«Sia come sia, io voglio conoscere
ogni sfaccettatura della realtà» la voce morbida di Aro si indurì «E
un'infrazione c'è stata. Perché, come ho visto nella mente della nostra
cara Rosalie» e la indicò con un gesto «Fra di voi c'è una mortale che
sa di noi. Una mortale che in questo momento mi sta guardando in faccia»
il suo tono si alzava ad ogni parola «Una mortale che vive fra il mondo
dei vampiri e quello dei lupi e a cui per qualche motivo è stato
concesso di vedere tutti noi e di rimanere mortale».
Non
provai paura. Non tremai. Strinsi i denti e alzai il mento: sapevo che
avrebbero trovato un'altra scusa per attaccare e non ero sorpresa più di
tanto nell'apprendere che quella scusa ero io.
Aro inclinò il capo in direzione di Edward
«Dato che sta così vicino a lei, immagino proprio che lui sia coinvolto».
Era
ovvio che volesse Edward. Una volta che fosse riuscito a leggergli
nella mente, avrebbe conosciuto tutti i pensieri del gruppo. Tranne i
miei.
Edward
si girò per cercare di darmi un rapido bacio sulla fronte, ma io gli
infilai un pollice in un occhio, con rabbia, e lui si allontanò per
attraversare
a grandi passi il prato innevato, dando una pacca sulla spalla a
Carlisle quando gli arrivò di fianco. Sentii un debole lamento: era il
terrore di Esme che faceva breccia.
L'alone rosso che vedevo attorno all'esercito dei Volturi era più acceso di prima. Vidi
Jane sorridere spudoratamente, mentre Edward oltrepassava la metà della
distanza che ci divideva, trovandosi così più vicino a loro che a noi.
Edward
alzò il mento con arroganza e porse la mano ad Aro, come se gli stesse
concedendo un grande onore. Se fossi stata in Aro gli avrei dato uno
schiaffo sui denti (“Così ci si comporta con i nobili, ragazzino
spettinato?”), ma lui parve divertito dalla sua grinta anche se ciò non
valeva per tutti. Renata svolazzava nervosa all'ombra di Caius. E il
cipiglio di Caius era talmente profondo da far sembrare la piega una
ruga definitiva sulla pelle traslucida come pergamena. La piccola Jane
mostrava i denti e al suo fianco Alec stringeva gli occhi per la concentrazione. Immagino che fosse preparato, come me, ad agire in capo a un secondo.
Aro
coprì la distanza senza pause: dopotutto, cosa aveva da temere? Le
sagome massicce con i mantelli di un grigio più chiaro, i combattenti
muscolosi come Felix, erano a pochi metri di distanza. Jane il suo dono
incandescente avrebbero potuto scagliare a terra Edward, lasciandolo a
terra in preda a spasmi di sofferenza. Alec poteva accecarlo e
assordarlo prima ancora che facesse un passo in direzione di Aro.
Nessuno sapeva che io, solo io, avevo la forza per fermarli, nemmeno
Edward.
Aro,
con un sorriso imperturbabile, presa la mano di Capelli-pazzi. Chiuse
gli occhi immediatamente, poi curvò le spalle sotto il peso di tante
informazioni. Edward era un tipo che parlava molto e se era così
prolisso a voce, non potevo neanche immaginare quanti dialoghi si
facesse da solo dentro la sua mente: quasi ebbi pietà di Aro. Quasi.
Tutti i pensieri segreti, tutte le strategie, tutte le intuizioni, tutto
ciò che Edward aveva sentito nelle menti che aveva avuto intorno
durante l'ultimo mese, ora appartenevano ad Aro.
«Tranquilla, Bella» Mi sussurrò Zafrina
«Non mi chiamo Bella e non sto tranquilla solo perché me lo dici tu» risposi io, con una calma glaciale.
A
pensarci bene, in questo momento Aro e Edward si stavano leggendo nel
pensiero a vicenda... era buffo. Anche Capelli-pazzi chinò il capo, i
muscoli del collo contratti mentre rileggeva tutto quello che Aro gli
aveva sottratto e la reazione che provocava in lui. Questa
conversazione bidirezionale continuò abbastanza a lungo da far
spazientire il corpo di guardia. Fra le file serpeggiarono mormorii a
bassa voce, finché Caius non abbaiò l'ordine di restare in silenzio.
Jane si sporgeva in avanti come se non riuscisse a trattenersi e Renata
aveva il viso rigido per la preoccupazione. Per un attimo, esaminai il
suo scudo potente, che sembrava debole e spaventato: anche se era utile
ad Aro, capivo che non era una guerriera. Il suo compito non era
combattere, ma proteggere. Non aveva sete di sangue. Io, invece, ero una
palla di ferocia mezza congelata e pronta solo a fare qualcosa di
estremo per far saltare in aria quei cosi snob e se lo scontro fosse
stato solo fra lei e me, in qualche modo, la avrei annientata.
Aro
si raddrizzò e aprì gli occhi in preda a un'espressione sbigottita e
sospettosa. Non lasciò la mano ad Edward, che però allentò i muscoli.
«Vedi?» Disse Capelli-pazzi con un tono calmo nella voce vellutata
«Certo
che vedo» concordò Aro e, sorprendentemente, il suo tono era quasi
divertito «Mi chiedo se un'altra coppia di divinità o di mortali abbia
mai visto con tanta chiarezza».
I volti disciplinati del corpo di guardia mostravano la stessa incredulità che, per un istante, provai anch'io.
«Mi hai dato molti elementi su cui riflettere, giovane amico» Aro continuò «Molti di più di quanti me ne aspettassi».
Non lasciava ancora andare la mano ad Edward, che aveva l'atteggiamento di una persona tesa in ascolto e non gli rispose.
«Posso
conoscerla?» Chiese Aro, improvvisamente interessato e quasi supplice
«Per tutti i secoli in cui ho vissuto, non ho mai nemmeno immaginato che
potesse esistere una cosa del genere. Che splendida aggiunta ai nostri
annali!».
Ma stava parlando di me? Stava davvero parlando
di me? Cosa avevo di tanto speciale da suscitare l'ammirazione di un
vampiro pluricentenario che può leggere nel pensiero delle persone?
«Che storia è mai questa, Aro?» Chiese aspro Caius. Infatti.
«Qualcosa
che non ti sognavi nemmeno, mio pratico amico. Prenditi un attimo per
valutarla, perché la giustizia che intendevamo ristabilire non è mai
stata infranta».
A quelle parole, Caius sibilò sorpreso.
«Pace, fratello» Lo mise in guardia Aro con tono conciliante.
Doveva
essere una buona notizia: quelle erano le parole in cui tutti
speravamo, la tregua che non avremmo mai immaginato possibile. Aro aveva
ascoltato la verità. Aro aveva ammesso che la legge non era stata
infranta.
Ma
io avevo gli occhi fissi sulla schiena di Edward e vidi che contraeva i
muscoli della schiena. Mi ricordai dell'indicazione che Aro aveva dato a
Caius, valutare, e capii il doppio senso.
«Mi presenti Belarda?» Chiese di nuovo Aro a Edward. Oh no. Oh nonononono.
Caius non fu l'unico seccato da questo nuovo capriccio.
Edward
annuì, riluttante. Aro gli teneva ancora stretta la mano (sembravano
due fidanzatini stranissimi) e rispose a una domanda che nessuno di noi
aveva sentito.
«Credo che sia accettabile un compromesso su questo punto, viste le circostanze. Incontriamoci a metà strada».
Gli
lasciò andare la mano. Edward si voltò verso di noi e Aro lo seguì
cingendogli con naturalezza una spalla, come fossero due amiconi (o i
fidanzatini stranissimi di prima), ma in modo da non perdere il
contatto. Si diressero verso di noi.
Tutto il corpo di guardia si mise in marcia dietro di loro. Aro alzò una mano con aria noncurante, senza guardarli.
«Fermi, miei cari. Davvero, non ci faranno del male se siamo pacifici».
Il
corpo di guardia ebbe una reazione molto più schietta di prima, con
ringhi e fischi di protesta, ma restò al suo posto. Renata, aggrappata
sempre più vicina ad Aro, gemette per l'ansia.
Fanboy
iperprotettivi. Cosa temevano che potessi fargli, io da sola? Certo,
avrei potuto dargli fuoco, ma non sarei stata così stupida da far
partire lo scontro e farmi ammazzare in modo così sciocco.
Era ancora parte della recita per farci sembrare i cattivoni che
volevano fare del male ai giusti Volturi, o erano davvero tutti tanto
terrorizzati all'idea che una brezza di vento più irruenta delle altre
avrebbe potuto dissolvere il loro leader?
«Signore» Sussurrò la fragile Renata, servile
«Non agitarti, tesoro» rispose lui «Va tutto bene».
«Forse è meglio che porti con te alcuni membri della guardia» Suggerì Edward inespressivo «Li farà sentire più a loro agio».
Aro
annuì, come se fosse una saggia osservazione cui avrebbe dovuto pensare
lui per primo. Schioccò due volte le dita. «Felix, Demetri» Chiamò.
I
due vampiri lo affiancarono subito. Erano entrambi alti, con i capelli
scuri. Demetri era spigoloso e sottile come la lama di una spada, Felix
imponente e minaccioso come una mazza ferrata. Un'altra cosa che avevano
in comune, in effetti, era il ricordarmi spudoratamente due armi. Forse
era anche per il contesto.
I cinque si fermarono al centro della radura innevata.
«Bella» Esclamò Edward «Unisciti a noi... con qualche amico».
Respirai
a fondo. Il mio corpo si era irrigidito in una posizione di rifiuto.
L'idea di mettermi al centro del conflitto andava a distruggere in
pezzettini la strategia per cui avrei dovuto difendere le nostre file da
un posto sicuro, senza essere espormi direttamente ai Volturi.
D'altronde forse era stata una strategia ingenua, e non potevamo
permetterci di contrariare Aro. Se il vampiro anziano a quel punto
avesse avuto in programma di comportarsi in modo sleale (più del solito,
ehm), Edward avrebbe potuto leggerglielo nel pensiero e aiutarmi.
Aro
aveva tre protettori dalla sua parte in quell'incontro, quindi io ne
avrei portati due con me. Mi bastò un secondo per decidere.
«Jacob?
Garrett?» Chiesi piano. Garrett perché, nonostante non fossimo proprio
migliori amici per sempre, moriva dalla voglia di buttarsi nelle fauci
del pericolo e dimostrare di poterne uscire indenne. Chiedergli di
proteggermi dai Volturi sarebbe stato esattamente il tipo di sfida in
cui si sarebbe buttato a pesce. Jacob, perché lo conoscevo, mi fidavo di
lui, e non avrebbe sopportato di restare al suo posto lontano da noi.
Seth
non sembrava compiaciuto della mia scelta, ma non lo avrei avvicinato
alle file nemiche se avessi potuto evitarlo. Entrambe le mie scelte
annuirono. Garrett ghignò: ci avevo visto giusto.
Attraversai
il campo con loro al mio fianco. Mi sforzai di tenere alta la testa, di
camminare con sicurezza. Udii un borbottio del corpo di guardia quando
videro che mi avvicinavo: ero io, un'umana che aveva l'ardire di
presentarsi contro i Volturi, accompagnata da un licantropo di cui
chiaramente non si fidavano, che temevano. Aro sollevò una mano,
liquidando di nuovo la protesta con un gesto.
«Hai proprio delle compagnie interessanti» Disse Demetri a Edward.
Edward non rispose, ma dai denti di Jacob sfuggì un basso ringhio.
Ci
fermammo a qualche metro di distanza da Aro. Edward si sottrasse
all'abbraccio di quest'ultimo e si unì rapido a noi, prendendomi per
mano.
Cercai
di liberarmi con uno strattone, indignata, ma non ero abbastanza forte
per sottrarmi. Per un attimo ci guardammo in silenzio: lui senza battere
le palpebre e io cercando di incenerirlo con lo sguardo. Era gelato!
Sentivo che si stava risucchiando allegramente il poco calore che il mio
povero palmo era riuscito a racimolare, facendo diventare in breve le
mie dita dei simpatici (scherzo, erano antipatici) ghiaccioli.
Era
controproducente litigare davanti al nemico perciò smisi di lottare, ma
mi augurai per lui che servisse a qualche strategia che potesse
avvantaggiarci con i Volturi. Magari Aro andava pazzo per le coccole ed
Edward voleva intenerirlo. Poteva essere.
L'uomo-mazza ferrata mi salutò a bassa voce.
«Buongiorno,
signorina». Rise impudente, senza smettere di controllare ogni
movimento di Jacob con la coda dell'occhio. Aveva una voce abbastanza
profonda, sebbene di una qualità pulita e gradevole.
Feci un sorrisetto sardonico all'enorme vampiro. «Proprio un bel giorno. Ciao».
Ridacchiò. «Hai fegato»
«Grazie mille»
«Prego. Peccato che...».
Interruppe il commento a metà, ma non mi serviva il dono di Edward per immaginarmi la fine. Peccato che fra un secondo ti uccideremo. Oppure peccato che tu sia un'umana, che in effetti non aveva un effetto così diverso
«Eh si, è proprio un gran peccato» Mormorai.
Felix
mi fece l'occhiolino – che non ricambiai – mentre Demetri rimase in
silenzio a guardarmi con una sorta di educata curiosità.
Aro
non prestò alcuna attenzione al nostro scambio. Teneva la testa
inclinata da una parte, affascinato, guardandomi con occhi annebbiati.
«Sento battere il suo strano cuoricino» Disse con accento quasi
musicale. Ah, con questi cuori, lui e Garrett! Ma in che modo era strano
il mio povero cuoricino? Avevo qualche malattia cardiaca di cui non ero a conoscenza? Sperai di no.
Lui proseguì: «Mi arriva il suo strano profumo. In verità, giovane
Bella, sono impressionato che tu sia qui oggi. Guardate fratelli! È
viva! Non è meraviglioso?» chiese, voltandosi verso gli altri due.
Nessuno dei due aveva l'aria di considerare la situazione meravigliosa.
L'uomo con i capelli scuri sembrava palesemente annoiato, come se
sopportasse l'entusiasmo di Aro da troppi millenni. L'espressione
dell'altro, seminascosta dai capelli bianchi, era scocciata.
L'assenza di interesse non scalfì la gioia di Aro. «Stupefacente» Disse «Davvero stupefacente. Ancora faccio fatica a crederci».
Marcus
aveva gli occhi fissi su di me, me ne accorsi solo in quel momento. Il
suo sguardo non era mutato, aveva ancora il viso smorto di una persona
che non si faceva impressionare da niente, però la fissità del suo
sguardo compensava ampiamente la mancanza di intensità.
«Come
fai a starle così vicino?» Chiese Aro a Capelli-pazzi, con lo sguardo
di un micetto a cui mettono una lucertola tra le zampe.
«Mi costa un certo sforzo» Rispose calmo Edward
«Eppure... è la tua cantante! Che spreco!».
Edward soffocò un ghigno mentre io uno sbuffo, senza un'ombra di buonumore. «Per me è il prezzo da pagare» Disse.
Aro sembrava scettico «Un prezzo molto alto»
«Ma equo».
Aro
rise. «Se non avessi sentito il suo odore nei tuoi ricordi, non avrei
mai potuto credere che il richiamo del sangue potesse essere tanto
forte. Nemmeno io ho mai provato nulla di simile. La maggior parte di
noi darebbe qualsiasi cosa per un dono come questo, eppure tu...».
Mi
schiarii la gola, approfittando di una pausa in cui cercava le parole
giuste, in preda all'eccitazione. Ero furiosa, irritata, infreddolita,
ma quando parlai mi sorpresi con la fredda cortesia che risuonava nelle
mie parole, quasi dolci:
«Signor
Aro, io sarei qui, mentre parlate di mangiarmi. E gradirei non essere
mangiata, perciò non incoraggi il signorino Cullen qui».
Aro
fece battere insieme le mani sottili e mi guardò lucido e con
entusiasmo, come se avessi fatto qualcosa di assolutamente adorabile.
Dovevo ammettere che c'era un che di inquietante nel sentire finalmente
tutta la sua attenzione su di me, come un peso fisico sulle spalle.
«Posso?» Chiese impaziente, alzando una mano.
«Prego?» Chiesi, aggrottando le sopracciglia
«Ma certo, che maleducato!» esclamò Aro «Belarda,
mi affascina il fatto che tu sia l'unica eccezione al talento
straordinario di Edward... è un avvenimento unico e interessante! E mi
chiedevo, visto che i nostri poteri si somigliano molto, se potessi
essere tanto gentile da farmi provare per capire se anche per me
costituiresti un'eccezione».
Lanciai
ad Edward un'occhiata, per valutare le sue espressioni. Lui gli leggeva
nel pensiero, avrebbe saputo se era sicuro, no? Malgrado il suo
atteggiamento di palese cortesia, non ero sicura se Aro attendesse
davvero una risposta. Temevo di toccarlo, eppure mi sentivo stranamente
attratta dalla possibilità di sfiorare la sua pelle strana.
Edward
mi fece un cenno di incoraggiamento, forse perché era certo che Aro non
mi avrebbe fatto del male, oppure perché non avevo scelta.
Mi
avvicinai ad Aro e alzai la mano lentamente di fronte a me. Lo sguardo
nei miei occhi, ne ero certa, era determinazione di acciaio puro. Le mie
dita tremavano, ma era parzialmente imputabile al freddo. Il resto era
rabbia, irritazione e istinti omicidi.
Lui
mi si fece accanto con un'espressione che voleva essere rassicurante,
ma i suoi lineamenti fragili da vicino erano troppo strani – era lui
quello col cuoricino e il profumo strani, altroché – per poter avere il
potere di tranquillizzarmi. Lo sguardo nei suoi occhi era molto più
sicuro di sé rispetto alle sue parole.
Allungò
una mano e mi sfiorò. La peculiarità della consistenza della sua pelle
non mi lasciò delusa: era dura, ma anche friabile – più che al granito,
somigliava all'argilla – e molto più fredda di quanto aspettassi. Mi
stavo congelando e avevo una vaga voglia di sbottare una sfilza di cose
che avrebbe fatto arrossire una persona per bene, anche solo per
sfogarmi.
Mi fissò con i suoi occhi sbiaditi e fu impossibile guardare altrove, così lo fissai negli occhi. Erano ipnotici, inquietanti.
Mi
aspettai di sentire qualcosa, un tocco gelido che cercava di esplorare
la mia mente o una sensazione fantasma, ma la verità era che non
avvertii niente di niente.
L'espressione
di Aro cambiò poco a poco. La fiducia cedette il passo prima al dubbio,
poi all'incredulità e infine ricomparve la maschera amichevole.
«Davvero
interessante» Disse, lasciandomi la mano. Fu lui ad allontanarsi; io
rimasi ferma dov'ero, dritta e rigida. Lanciai un'occhiata a Edward che,
malgrado l'espressione impassibile, sembrava compiaciuto.
Aro meditava pensieroso. Per un istante rimase in silenzio, mentre ci osservava. All'improvviso, scosse il capo.
«Non è mai accaduto» Disse tra sé «Che sia immune a tutti i nostri poteri? Jane... cara?».
«No!» Ringhiò Edward. Carlisle lo trattenne da un braccio, ma lui lo scrollò via. La piccola Jane sorrise allegra, allungando il collo per potersi far vedere con chiarezza dal suo capo. «Si, signore?».
Edward
non smetteva di ringhiare, vibrava di quel suono profondo, e inchiodava
Aro con uno sguardo sinistro. Non potevo credere che Aro sopportasse
tanto, ma da un certo punto di vista mi dava la sicurezza che, finché
fossi stata rispettosa, avrei potuto parlare liberamente. Non mi
illudevo di avere la stessa libertà di esprimermi di un vampiro in quel
frangente, ma le parole erano potere.
Era
ovvio che Aro stesse cercando di provocare Edward ad attaccarli pur di
proteggermi: sarebbe stato il pretesto perfetto per iniziare la
battaglia. I brutti Cullen cattivoni ci hanno attaccato! E loro erano
stati tanto gentili e cari, si erano solo difesi.
«Vuole chiedere a Jane di usare il suo potere su di me, signor Aro?» Chiesi, impassibile. Aro mi guardò di sottecchi.
Jane, sorridente, si voltò verso di me.
«Credo,
signor Aro, che lei abbia un'idea abbastanza chiara di dove possano
arrivare i miei poteri, dato che ha appena avuto tutte le informazioni
necessarie dalla mente di Edward. E che stia agendo per pura curiosità,
ma... non solo» Socchiusi gli occhi. Non potevo accusarlo apertamente,
ma Aro sembrò recepire il messaggio e il suo sorriso si congelò per un
attimo prima di allargarsi «Perciò, signore, le do il mio permesso di
farle usare il potere di Jane su di me a patto che dopo mi consenta di
tornare accanto ai lupi. Il loro calore mi protegge, mentre qui soffro
il freddo».
Gli occhi di Aro lampeggiarono. Era incuriosito da quella situazione.
«Ma certamente, Bella»
Concesse con voce flautata, e non lo contraddissi sul mio nome. Aro
fece un gesto delicato con le dita verso Jane, uno svolazzo come se
stesse scacciando un insetto.
Jane sorrise, ferina, e mi fissò.
Speravo
di avere avuto ragione, ma se il bersaglio ero solo io... era il
momento perfetto per testare se il mio scudo avrebbe potuto difenderci
tutti dai gemelli stregati. Anch'io guardai Jane, che non sorrideva più.
Mi osservava torva e si concentrava serrando le mascelle.
Restai contratta, in attesa del dolore.
Ma non accadde nulla.
Aro scoppiò a ridere, apparentemente sincero «Ah, ah ah ah, è meraviglioso!».
Era pazzo.
Jane sbuffò, frustrata, chinandosi in avanti per attaccare.
«Non
essere dispiaciuta, cara» Disse Aro per confortarla «Siamo tutti in
difficoltà». Jane continuò a fissarmi mostrando i denti superiori (tipo coniglio, ma più brutto)
mentre io non risposi alla sua minaccia né arretrando né mostrandomi
arrabbiata, cosa che sembrò indispettirla ancora di più. Aro continuava a
ridere, ammirato; smise gradualmente, concludendo con un piccolo sospiro.
«Posso tornare tra i lupi come mi aveva garantito, signor Aro?» Domandai, cercando di sembrare rispettosa
«Ovviamente, dolce Belarda.
Ma prima... mi piacerebbe farti un paio di domande. In effetti, una
domanda in particolare. Forse sei interessata ad unirti a noi?».
Sentii il sibilo di Edward, cupo, nelle orecchie. Che cavolo ci faceva così vicino? Nonostante avessi un vampiro spettinato praticamente attaccato al lobo sinistro, restai a fissare Aro senza parole.
Come
potevo rifiutare un'offerta del genere senza scatenare conseguenze
terribili per tutti? Ma non potevo accettare. Assolutamente no.
Fu Caius a spezzare il silenzio, facendosi avanti in uno svolazzare del mantello nero.
«Che
cosa?!» Chiese ad Aro. La sua voce era poco più di un sussurro:
sembrava che si stesse sforzando di non avere alcuna inflessione, con
scarsi risultati.
«Caius, non dirmi che non ne vedi le potenzialità» Lo
apostrofò affettuoso Aro «Non incontro talenti così promettenti da
quando abbiamo trovato Alec e Jane. Ti rendi conto di quali possibilità
avrebbe, se si trasformasse in una di noi?».
Avrei
voluto dire qualcosa, ma temevo di spezzare la facciata di cortesia che
in qualche modo mi proteggeva, se mi fossi intromessa in un discorso
tra i due anziani.
Caius abbassò lo sguardo, seccato. Gli occhi di Jane si accesero di indignazione per il confronto.
Edward,
accanto a me, ribolliva di rabbia, così come Jake. Sentivo che Edward
era nuovamente pronto a ringhiare, ma non potevo permettere che si
avventasse contro i nostri nemici.
«E se dicessi... no, grazie?» Dissi, in un sussurro.
Aro
fece un sospiro teatrale, chiudendo gli occhi. Le palpebre erano
sottili e lucide, ricordando ancora di più lo uno degli strati di una
cipolla. «Che peccato. Che spreco».
Edward
sibilò: «La proposta è “unitevi a noi o morirete”, vero? L'ho capito
appena siamo entrati. Con tanti saluti alle vostre leggi».
Il
suo tono di voce mi sorprese. Sembrava infuriato, ma nel suo attacco
c'era qualcosa di calcolato, come se avesse scelto le parole con gran
cura.
Speravo solo che avesse scelto le parole giuste, invece di dire fesserie come al solito.
«Certo che no» Aro lo guardò, perplesso «Siamo qui riuniti per motivi del tutto diversi. Non siete obbligati, ovviamente. Non obbligherei una mia connazionale in modo tanto rude».
«Aro» Sibilò Caius «La legge li reclama!».
Edward
incenerì Caius con uno sguardo, facendo ancora una volta lo sbruffone.
Santo cielo, mi aspettavo che gli facessero tutta la faccia sghemba da
un momento all'altro a ceffoni, per fare pendant col sorriso. Non
sarebbe stato un buon inizio per evitare il confronto. «Spiegati» Sibilò
verso il vampiro canuto. Di sicuro aveva letto nei suoi pensieri, ma
voleva che li esponesse ad alta voce.
Caius m'indicò con un dito scheletrico «La ragazza sa troppo. Le hai rivelato i nostri segreti. E i lupi! Non possiamo lasciarli andare così!».
La sua voce era sottile e fragile come la sua pelle, sebbene con
qualche nota rabbiosa che gli dava forza. Era comunque una voce
deludente per un boss finale.
«Eppure sappiamo entrambi che anche nella vostra combriccola ci sono altri umani» precisò Edward. Davvero? Era così?
Sul volto di Caius apparve un'espressione nuova. Era forse un sorriso?
Cioè,
era davvero un'espressione nuova, non si capiva bene. Mi pareva che
avesse le labbra che puntavano verso l'alto, ma le sopracciglia erano
ancora aggrottate, con quella benedetta ruga scavata. Era davvero
difficile, diamine.
«Si»
Confermò «Ma quando non ci sono più utili, diventano una fonte di
sostentamento. Tu non farai altrettanto con lei. Se rivelasse i nostri
segreti, saresti pronto a distruggerla? Credo di no»
«Io
non...» sussurrai, ma Caius m'interruppe con un'occhiata gelida. Non
era tollerante come suo fratello Aro, anzi, era piuttosto incendiario:
avrei dovuto tenerlo a mente.
«E non sei nemmeno disposto a trasformarla in una di noi» Proseguì «Perciò lei rappresenta un punto debole. È la sua vita che reclamiamo».
Edward scoprì i denti.
«Come pensavo» Disse Caius con un'espressione quasi felice. Felix si fece avanti, impaziente.
«A
meno che...» Fu Aro a interromperlo. La piega della conversazione non
sembrava soddisfarlo «A meno che non sia tu stesso a darle
l'immortalità».
Edward corrugò le labbra (che campioni di facce brutte, i vampiri) esitando per qualche istante prima di rispondere: «E se lo farò?».
Aro sorrise, di nuovo lieto «Se lo farai, considereremo che la legge non sia stata infranta con quest'umana».
Caius, che si era fatto cupo in viso, si rilassò.
Le labbra di Edward erano rigide, contratte in una smorfia indecifrabile. Un'altra. Mi fissò negli occhi e ricambiai lo sguardo, senza riuscire a celare tutto l'orrore che provavo.
Ma
rimasi presa in contropiede. Credevo che Edward avrebbe amato la
prospettiva di rendermi una di loro e tenermi con sé per sempre,
salvando allo stesso tempo la sua famiglia, ma sembrava tormentato
all'idea. Riluttante. Come se fosse una prospettiva amara.
I
secondi si susseguivano, sentivo la tensione aumentare e mi chiedevo
quanto tempo sarebbe passato prima che fosse Aro e Caius ritenessero di
avere atteso abbastanza una risposta. Un ultimo minuto di agonia e la
voce di Aro ruppe il silenzio.
Con una risata.
«Sembra
che la situazione sia spinosa, cari amici, che io e i miei fratelli
potremmo essere in disaccordo su un paio di punti. Forse è il caso che
l'incantevole Bella torni a recuperare un po' di calore dai suoi amici
lupi. Perdonami per averti fatta intirizzire, e grazie per aver
soddisfatto la mia curiosità. Voi umani siete tanto fragili, suppongo di
aver sottovalutato questo particolare».
Non
mi interessava che mi avesse dato della debole perché, oltre al fatto
che rispetto a lui lo ero, mi aveva appena concesso di congedarmi e
avrei colto l'occasione al volo.
«Grazie,
signore. È stato interessante anche per me» Disse. Guardai sollevata
verso Jacob, che mi si affiancò protettivo per riaccompagnarmi al
sicuro.
Lo
sguardo di Aro si spostò verso Jacob e, invece del disgusto con cui lo
avevano guardato gli altri Volturi, osservò il lupo gigantesco con occhi
pieni di brama.
Voleva anche lui?
«Non funziona così» Disse Edward, in tono aspro
«Era
solo un pensiero come un altro» disse Aro, soppesando apertamente
Jacob, poi con lo sguardo si spostò alle file di licantropi dietro di
noi.
«Non appartengono a noi, Aro. Non eseguono i nostri ordini in quel modo. Si trovano qui unicamente per volontà loro».
Jacob si voltò appena verso i vampiri, e dalle sue fauci uscì un ruggito basso e minaccioso.
«Però sembrano affezionati alla tua giovane amica e vogliono proteggere la tua... famiglia. Sembrano fedeli». Con la voce, il vampiro anziano accarezzò quella parola.
«La
loro missione è proteggere vite umane, Aro. Questo ne facilita la
coesistenza con noi, ma non con voi. A meno che non mettiate in
discussione il vostro stile di vita».
Aro
rise, allegro. «Era solo un pensiero come un altro» Ripeté «Sai bene
come vanno le cose. Nessuno di noi è in grado di controllare del tutto i
desideri inconsci».
Edward
fece un'altra smorfia, più astrusa della precedente. «So bene come
funziona. Conosco anche la differenza fra quel tipo di pensiero e quello
che nasconde un secondo fine. Non potrebbe mai funzionare, Aro».
Jacob
girò l'enorme testa verso Edward e dai denti gli sfuggì un debole
uggiolio interrogativo. Io iniziai a strattonare piano i peli della sua
spalla calda, cercando di invogliarlo a smetterla di fermarsi ogni due
secondi.
«È molto affascinato dall'idea dei... cani da guardia» Spiegò Edward mormorando.
Ci
fu un attimo di calma tombale e poi l'enorme radura si riempì del suono
dei ringhi furiosi che salivano dal branco. Erano terrificanti nella
loro graffiante armonia, antichi e minacciosi. Chiunque, anche questi
vampiri tanto potenti, avrebbe fatto bene a non sottovalutare il branco
dei Quileute.
Ci
fu un latrato secco di comando – forse veniva da Sam, o forse da Ayita,
ma non mi girai in tempo per accertarmene – e quelle rimostranze
vennero tacitate, facendo calare un nuovo silenzio inquietante.
«Immagino che ciò risponda alla mia domanda» Disse Aro, ridendo di nuovo «Questo gruppo ha scelto da che parte stare».
Edward
emise un sibilo e si sporse in avanti. Carlisle gli afferrò un braccio
fulmineo. Chissà cosa, nei pensieri di Aro, avesse causato una reazione
così violenta in Edward. Felix e Demetri si rannicchiarono all'unisono
in posizione di guardia, ma con un nuovo cenno Aro li tranquillizzò. Si
rilassarono, come pure Edward.
«Ci
sono tante cose di cui parlare» Disse Aro, assumendo improvvisamente il
tono di un uomo d'affari oberato di lavoro «così tante cose da
decidere. Se voi e il vostro protettore peloso mi volete scusare, cari
Cullen, devo conferire con i miei fratelli».
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