Bocconi Amari e Bugie
Giacomo indicò la via quasi con
veemenza, come per strappare i due ai loro discorsi
«Di là...» disse «Venite».
Iniziarono tutti a camminare.
Francesca si avvicinò un po' a Jackie,
fin quasi a sfiorargli il braccio con il proprio, guardandolo con le
sopracciglia aggrottate.
«Comunuque non mi chiamo neanche Xena»
Aggiunse lentamente «E non volevo spaventarti»
«Non sono spaventato!» disse
immediatamente, ridendo, Jackie
«Oh, si che lo sei. Ma non devi
preoccuparti, tutti provano paura»
«Non sono spaventato» ripetè con
fermezza lui
«No. Adesso non lo sei più» lei
guardò dritto di fronte a sé «O almeno possiamo dire che non si
nota»
Jackie cercò di non ridere per non
offenderla, divertito dall’assurdità di quel discorso «Ricordo
bene il tuo nome, Francesca» le disse in tono amichevole «E no, mi
dispiace, ma non mi hai spaventato»
La donna si voltò a guardarlo.
«Magari la prossima volta sarai più
fortunata, mh?»
«… Stai mentendo» gli disse e
Jackie, rallentando, aggrottò le sopracciglia: non comprendeva cosa
l’altra stesse cercando di fare ed era difficile capire come
reagire per non offenderla.
«Mentendo?» ripeté lentamente «Non
so se hai visto con che razza di gente lavoro» le confidò a
bassissima voce, avvicinandosi e coprendosi la bocca con la mano per
non farsi sentire dagli altri « Conosci il vero significato della
paura… dell’orrore… quando hai urgentemente bisogno del bagno e
ci è appena stato uno di loro»
« … »
«Quindi no» fece «Non mi hai
spaventato. Perché…» continuò fermandosi al suo fianco «… Ho
visto cose che fanno molta più paura di una graziosa e combattiva
fanciulla. Perché…» proseguì «… non sei il tipo di ragazza
che vuole essere una principessina incapace, giusto? O almeno… i
tuoi occhi non trasmettono quello».
Francesca inarcò un sopracciglio,
forse più per circostanza che per altro.
«Non per questo voglio dire che non
meriti lo stesso trattamento di una principessa» precisò poi «Io
la penso così. Comunque…»
Si chinò accanto a lei, puntando le
mani sulle ginocchia.
«Quanti calci nel sedere devo
prendermi per non essere spaventato da te? Avanti, prima che se ne
accorga tuo zio!»
«Non faccio del male agli uomini senza
nessuna effettiva necessità» rispose lei, con un sorrisetto «Mi
piacciono, non voglio fargli del male, anche se a volte mi
capita».
Jackie si drizzò in tutta la sua statura e la guardò. Questa ragazza era... difficile.
Lei si infilò le mani in tasca
«Comunque mi piace come hai reagito» disse «Di solito a questo punto i ragazzi iniziano davvero a spaventarsi, hanno paura di non capire, sudano. Tu sei... beh, confuso, ma hai reagito proprio bene. E questo mi piace»
«Confuso è dire poco» ironizzò lui, mentre l’invitava a tornare a camminare con un gesto delicato della mano, che le sfiorò la schiena senza farle alcuna pressione e senza insistere nel caso l’altra non avesse voluto muoversi.
Jackie si drizzò in tutta la sua statura e la guardò. Questa ragazza era... difficile.
Lei si infilò le mani in tasca
«Comunque mi piace come hai reagito» disse «Di solito a questo punto i ragazzi iniziano davvero a spaventarsi, hanno paura di non capire, sudano. Tu sei... beh, confuso, ma hai reagito proprio bene. E questo mi piace»
«Confuso è dire poco» ironizzò lui, mentre l’invitava a tornare a camminare con un gesto delicato della mano, che le sfiorò la schiena senza farle alcuna pressione e senza insistere nel caso l’altra non avesse voluto muoversi.
Ripresero a camminare.
«Certo, non è la prima volta che una
bella ragazza prova a spaventarmi…» le raccontò, ricordando
alcune situazioni che definiva piuttosto particolari «… Ma è la
prima volta che perdo il punto del discorso. Quand’è che saresti
stata spaventosa con me? Ah, ho capito! » disse con fare teatrale «È
perché li intimidisci con la tua intelligenza! Beh, neanche io sono
uno scienziato, ma non mi esprimo in grugniti e sono orgoglioso di
poter affermare di riuscire a sostenere dei discorsi un po’ più
lunghi e complessi senza scioccarmi. Quindi mi sento piuttosto
tranquillo»
«Quindi ti senti abbastanza sicuro»
«Sì, perché no» .
Jack lasciò cadere la mano e se la
mise anche lui nella tasca prima che lo zio dell’altra se ne
accorgesse. Si scambiarono uno sguardo complice e non dissero nulla
di allusivo.
«Mi pare di aver capito che ne hai
torturati tanti di ragazzi…» Provò a dire lui.
«E tu non hai mai fatto penare delle
ragazze?»
«Certo» le rispose subito «Non sono
sempre stato così. Sono stato un adolescente arrapato ed idiota
anch’io. Cosa ci vuoi fare? Ad una certa età comincia a parlarci
un altro cervello e perdiamo ogni traccia di esseri evoluti…».
Lei rise piano, poi gli diede di gomito
su un fianco
«Non preoccuparti, capita a tutti»
«Anche alle ragazze?»
«Con le ragazze è peggio perchè un sacco di loro pretendono che non sia così» lei parve quasi parlare con sé stessa, guardando un punto nel vuoto «Fanno finta che gli ormoni e il cambiamento e il futuro non le sfiorino e si nascondono dietro gli SMS e le riviste per ragazze e fanno finta che i loro commenti triviali sugli attori e sui cantanti scemi non siano l'equivalente dei ragazzi che parlano delle ragazze. Comunque i ragazzi sono una cosa fighissima, se sai come parlarci» concluse lei «Anche se ovviamente il caso varia, eh, da ragazzo a ragazzo»
«Con le ragazze è peggio perchè un sacco di loro pretendono che non sia così» lei parve quasi parlare con sé stessa, guardando un punto nel vuoto «Fanno finta che gli ormoni e il cambiamento e il futuro non le sfiorino e si nascondono dietro gli SMS e le riviste per ragazze e fanno finta che i loro commenti triviali sugli attori e sui cantanti scemi non siano l'equivalente dei ragazzi che parlano delle ragazze. Comunque i ragazzi sono una cosa fighissima, se sai come parlarci» concluse lei «Anche se ovviamente il caso varia, eh, da ragazzo a ragazzo»
«Si» disse lentamente lui «Immagino
che sia così»
«No, è sicuramente così. Questa cosa
dei ragazzi che sono diversi dalle ragazze è la più grande
stupidaggine della terra»
«Non direi. Beh, il leone e la
leonessa...»
«Non sono uguali, si» concluse lei,
tagliando corto «Ma il nostro sistema sociale è molto più simile a
quello dei lupi, dove maschi e femmine sono uguali»
«Sono uguali?» chiese lui aggrottando
le sopracciglia
«Si» disse noncurante lei, perdendo
per un attimo l'attenzione sulla conversazione mentre suo zio
iniziava a magnificare il ristorantino di fronte a cui erano arrivati
Sembrava particolarmente entusiasta di
quel posto e mentre i tre amici approvavano, discutendone con lui,
lei osservò Jackie guardare l’interno attraverso le vetrate del
locale: aveva un’aria calcolatrice.
«Non ti piace?» gli domandò.
«No, è ok» le rispose lui
distrattamente «Stavo per dirti che non avevi ragione, ma credo di
aver capito cosa intendevi e mi stavo sbagliando»
Francesca gli si avvicinò di più per
guardarlo bene in viso «Perché?» chiese soltanto.
«Perché stavo per dire qualcosa sul
maschilismo e stavo toppando in pieno» ammise «Meglio così.
Comunque anche alcune ragazze sono davvero uno spasso» riprese il
discorso «Ne ho conosciute un paio, italiane anche loro, due
sorelle…» specificò «… Con cui feci amicizia ed i pomeriggi
passati a scherzare ed uscire con loro li rimpiango ancora oggi. »
«Due sorelle?» sogghignò Francesca.
«Sì, due sorelle» fece Jack «Ed una
è stata la mia ragazza, quindi se mi stai immaginando in situazioni
strane non è quello il caso» la fermò in tono scherzoso.
«E gli altri casi?» indagò.
«Eh!» esclamò lui «Cosa mi offri in
cambio di queste informazioni segretissime? Mica posso divulgarle a
chiunque senza un giusto pagamento!»
«Di che tipo di pagamento parli? »
«Tu cosa mi offri?»
«Una bella cenetta coi fiocchi» si
mise in mezzo zio Jack con un sorriso esagerato, mentre cingeva le
spalle di Francesca con il braccio e rimaneva a guardarsi dritto
negli occhi con l’altro uomo. Lo fecero a lungo e nessuno fiatò
per vedere chi dei due si sarebbe arreso per primo.
«Mi sembra un ottimo pagamento»
sorrise Jackie in tono affettato.
Francesca spinse lentamente e
decisamente suo zio verso la sedia, costringendolo a girare la testa,
mentre quello continuava a sorridere camminando, in pratica guardando
e sorridendo al muro, alla sedia e infine ad Alfredo che si stava
sedendo di fronte a lui.
«Non lo spaventare» Sussurrò lei a
suo zio
«Tu lo fai con il tuo» ribattè
Giacomo, smettendo di fissare Alfredo
«Il “mio” non è spaventato»
disse lei, ancora più piano «E non è mio. E quell'altro non è
tuo».
Lo zio battè un paio di volte le
palpebre, con aria innocente, poi si appoggiò allo schienale della
sedia
«Sedetevi!» li esortò «Su,
sedetevi! Il cameriere arriverà a momenti!»
«Il cameriere è come Speedy Gonzales»
ammise la nipote, prendendo posto accanto a Jackie, che sembrava
chiaramente risultargli il meno odioso, visto che agli altri neanche
rivolgeva la parola.
Jackie socchiuse gli occhi «Dio…»
fece «Cosa mi hai ricordato!»
«Cosa?»
«Speedy Gonzalez» ripeté l’altro
«Credo di aver avuto anche dei giocattoli su di lui»
«Davvero? »
«Davvero sì. Anche se i miei
preferiti erano quelli di Batman…» continuò, tirando a sé il
menù ed aprendolo tra lui e Francesca, in modo che anche la ragazza
potesse leggerlo «… Credo che mia nonna li conservi ancora»
«Le nonne conservano tutto» commentò
Francesca senza un’inflessione particolare.
«La mia di sicuro» fece lui «Non
posso buttare uno scarabocchio fatto mentre ero al telefono, che lo
ripesca e lo conserva»
«Vive con te?»
«Veramente è il contrario» disse
Jackie e l’altra lo guardò. Accorgendosi di quella cosa, scoppiò
in una mezza risata «Non è come pensi»
«E com’è che la penso?» gli
domandò.
«Tu pensi che vivo ancora con i miei»
le rispose, voltando la prima pagina del menù con nonchalance «E
che mia nonna vive con noi».
La donna non l’interruppe.
«Invece i miei sono morti quando ero
bambino e sono cresciuto con loro. Ce l’ho un appartamento mio» ci
tenne a precisare, come se stesse parlando di argomenti perfettamente
normali e leggeri «Non sono andato via di casa a diciott’anni, ma
appena ho avuto i soldi l’ho fatto. Solo che non lo sfrutto molto
il mio appartamento»
«Ovvero torni ancora dalla tua nonnina
che ti fa trovare sempre i bei pranzetti della domenica» lo prese in
giro la ragazza.
«Esattamente! » l’indicò con lui,
divertito «E più volte al giorno!»
«Come più volte al giorno?»
«Eh, mia nonna non sta molto bene» le
spiegò, soffermandosi sulla pagina dei vini rossi «Si confonde
spesso e volentieri; mio nonno non ce la fa, quindi torno spesso da
loro appena posso. Praticamente ho un appartamento mio tanto per
vantarmi».
Il cameriere comparve come sbucando dal
nulla: aveva una divisa nera e blu, quasi aderente, che ricordava una
tuta da lavoro striminzita più che le vesti di un cameriere,
correlata di un grembiule bianco che gli copriva le cosce come una
specie di gonna. A guardarlo in faccia si capiva che il termine
“Speedy Gonzales” che la ragazza aveva usato per descriverlo non
riguardava solo la sua velocità, ma anche i suoi baffetti, sottili e
lucidi, gonzaleschi.
«Volete
ordinare?» Domandò, con una voce fresca, forse un po' acerba, di
quelle che vanno d'accordo con brufoli e converse e non con baffetti
e grembiuli
«Certamente»
rispose prontamente Giacomo, spingendo lontano da sé il menù con le
punte delle dita «Un piatto di pasta al sugo semplice, patatine
fritte, per favore portatemi il ketchup, e una cotoletta. Per dessert
quel gelato al cocco, ce l'avete ancora?»
«Certo signore»
rispose rapidamente il cameriere «In questo posto c'è sempre una
gran richiesta di gelati».
Francesca sorrideva
come se fosse felice del fatto che suo zio avesse appena ordinato un
menù per bambini, poi fece la sua ordinazione così rapidamente da
non lasciare a nessuno il tempo di parlare prima di lei o durante le
sue pause
«Piatto freddo con
le olive ascolane insalata pasta alla carbonara se ce l'avete
altrimenti pizza con le acciughe e per dessert tartufo da bere una
birra grazie»
«Certo» disse il
cameriere, appuntando l'ordinazione quasi con la stessa velocità con
cui lei aveva parlato «E per i signori?»
Piuttosto interdetti dalla rapidità
dei due, i quattro compagni abbassarono lo sguardo sui menù,
tentennando. Jackie, che ovviamente non voleva essere da meno di
Francesca, cominciò a parlare per primo per poter prendere tempo e
lasciare che i suoi amici decidessero.
«Eh… » mormorò « … E niente, ci
avete fregato per bene» disse lentamente ai due italiani «Vorrei un
antipasto di bruschette miste per tutti. Un piatto di tagliatelle al
ragù…»
«Mi spiace l’abbiamo terminato» gli
negò il cameriere
«… Bucatini all’amatriciana… »
scelse immediatamente Jack senza commentare nulla « … polpette al
sugo con patatine fritte anch’io e da bere un Lacryma Christi
Vesuvio Rosso. E per dessert un tortino al cioccolato» finì, quando
vide il cameriere smettere di scrivere.
«Vuole solo un bicchiere?»
«No, lo porti tutto…»
Speedy Gonzales si rivolse ai tre
uomini.
«Per noi due carbonare, un’amatriciana
e il suo stesso secondo e dessert» disse Alfredo con un’aria un
po’ annoiata.
«Perfetto, signori».
Jackie si avvicinò a Francesca per
parlarle all’orecchio «Mi sa che i veri Speedy Gonzales siete voi
due»
«Mh» fece l’altra «E quindi bevi
vino?»
«Sì… » le rispose «… Ma
all’occorrenza so anche bere come una spugna. Hai presente San
Patrizio? Riesco a non avere dei vuoti di ore nonostante tutto»
«Oh, quindi sei una specie di
ubriacone» disse lei, in tono fintamente affascinato «Ah, sicuro. E
poi pensi anche sempre di sapere cosa penso»
«Cosa?» domandò lui, sulla
difensiva, ma con un sorrisetto storto come se non avesse capito bene
quel che lei voleva dire
«Prima, quando parlavi delle tue due
amiche, hai detto “se mi stai immaginando in situazioni strane non
è quello il caso”, come se io stessi immaginando situazioni
strane. O come se la cosa potesse darmi fastidio. Poi, quando
parlavamo di tua nonna, mi hai detto “ non è come pensi”, come
se io stessi pensando che vivi con i tuoi o con la tua nonna. In
generale...» lei prese un fazzolettino dal portatovaglioli al centro
del tavolo «...Dai l'impressione di sapere parecchio cosa pensa una
ragazza. E ti dico che ti sbagli»
«Ahia» sussurrò Giacomo, mentre
Manlio ridacchiò rocamente
«È... beh, magari con un'altra
persona va benissimo, ma mi fa sentire strana, come se tu stessi
cercando di guidare il mio pensiero» confessò schiettamente lei
«Quindi, se stai cercando in qualche modo di affascinare me...»
«O me» aggiunse lo zio, quasi quella
conversazione fosse sua
«Potresti anche cambiare tattica».
Jackie inarcò le sopracciglia
mostrandosi stupefatto dalla piega che aveva preso il discorso «Sono
mortificato!» disse con la voce leggermente più alta del tono usato
di solito, ma non sembrando particolarmente toccato dalle sue parole,
mentre evitava di dare attenzione allo zio «Non volevo farti sentire
così! Era solo un modo di dire che non aveva niente a che fare con
quello che credevo tu pensassi: volevo solo specificare i perché
soltanto perché ci tenevo a non darti una brutta impressione. Detto
in generale potrebbe darla. Non sono nella tua testa, è ovvio che
non posso sapere ciò che pensi. Era per fare delle battute. Battute
stupide, lo ammetto, ma senza loschi scopi in secondo piano»
«Ah, è così? » domandò zio Jack.
L’altro Jack si voltò finalmente a
guardarlo «Sì, è così» rispose seccamente «E sto parlando con
lei»
«Jackie!» lo rimproverò Manlio «È
suo zio!».
Nel sentirsi rimproverare, Jackie mise
il broncio e si voltò dall’altra parte. Il cellulare vibrò e
subito rispose, per poi metterlo via. Si rivolse di nuovo a
Francesca, che stava bisbigliando a Giacomo qualcosa e disse «Non
era mia intenzione»
«Però non sembri molto pentito»
affermò zio Jack.
«Perché non ho fatto niente e c’è
stato solo un malinteso»
«Lascialo stare!» esclamò Francesca,
rivolta a suo zio «È vero, c'è stato solo un malinteso, l'ho
voluto dire perchè... perchè... sarebbe stato meglio dirlo che non
farlo, no?»
«Hmm» borbottò Giacomo, tirandosi
indietro
«È uno a posto. Ed è vero, sta
parlando con me... tu... parla di asce con gli spiriti dei fantasmi
insieme a loro» disse sbrigativamente la ragazza, facendo un gesto
come per scacciarlo «Così gli fai vedere quante cose sai»
«Eh»
«Eh, sì!» s’intromise Rodolfo «
Parlaci degli spiriti! »
«Jackie è un bravo ragazzo» lo
rassicurò Alfredo, rivolgendosi soltanto a lui e a bassissima voce
«Non hai nulla da temere. Che cos’è poi questa storia degli
spiriti?» gli domandò garbatamente.
«Oh, beh… » fece l’altro «…È
una storia molto interessante, a dire il vero…»
Francesca si sporse verso l’americano
«Preferisco i chiarimenti» gli sussurrò, ma l’altro stava
finendo di scrivere un nuovo messaggio e non parlò «Davvero è per
lavoro?»
«Anche se non fosse? » le domandò di
rimando
«Sarebbe scortese. »
«Allora è per lavoro».
La donna non disse nulla.
Jackie incatenò i suoi occhi a quelli
di lei «È davvero per lavoro»
Francesca inclinò la testa di lato
«Ora sei ostile» commentò: non voleva essere offensiva, solo
pronunciare un dato di fatto.
«Evidentemente devo esserlo, anche se
non andrà bene comunque» le disse lui «Almeno non darò a qualcuno
l’impressione che ho su di te delle mire ben precise»
«Però sembrerai davvero maleducato»
«Mi piacerebbe non sembrare entrambe
le cose» asserì mettendo via il cellulare «Vorrei semplicemente
conversare con te e passare una piacevole serata. Magari non
facendoti pensare che ho solo una cosa in mente o che sono
maleducato»
«E che ci vuole, allora?» lei sorrise
«Conversiamo! Hai mai visto Lost?»
«Ora attacca con Lost!» esclamò lo
zio, staccando le mani dal tavolo
«Zitto tu!» lo redarguì la nipote,
ma sorrideva.
Giacomo Harker poggiò entrambi i
gomiti sul tavolo e incrociò le dita delle mani appoggiandole sotto
il mento e guardando tutti.
«Vi va di sapere perchè siamo qui?»
Domandò ad alta voce «Ha a che fare con gli spiriti. Ed è persino
più interessante di Lost»
«Forse» ammise Francesca
«È un buon argomento di
conversazione» completò lo zio
«Si, si» disse Manlio, con un tono
strano, come se cercasse, senza molto successo, di tirare fuori di
bocca le parole a qualcuno che non voleva trattare con lui di un
certo argomento.
«Bene» sorrise il signor Harker
«Almeno sarà un argomento più adatto a tutti!»
«Lost è più adatto a tutti» lo
corresse la nipote a bassa voce.
«Beh, comunque… »
Manlio fece per parlare di nuovo.
«Ma sì, parliamo di spiriti. »
intervenne Jackie con un certo interesse, impedendogli di prendere
parola «Mi fa pensare ai miei Halloween scolastici: sedute
spiritiche, frasi da dire alla rovescia… tavole ouija»
Giacomo e Francesca gli indirizzarono
dei gran sorrisi.
«Li hai provati?» gli chiese zio
Jack.
«Certo che no!» rise « Non avevo
voglia di fare la figura le coglione! »
«E non è mai successo niente con la
tavola ouija?» gli domandò Francesca.
L’uomo sogghignò «Solo una volta»
rispose «E niente che un bel pugno sul naso non potesse risolvere»
«Ah, me lo ricordo! » quasi gridò
Manlio indicandolo «Ritornasti a casa sporco di sangue, con un
occhio nero e sette zucche piene di caramelle!».
Il ragazzo lo guardò sconsolato.
«Non potevi soltanto dire che era
ritornato a casa con un bel bottino?» chiese Dolfo, facendo ridere
tutti.
«Io non ho mai festeggiato Halloween»
confessò Francesca «Deve essere figo»
«Non come si pensa o si vede in tv»
le rivelò il ragazzo
«Dipende dalla zona in cui festeggi e
dalla gente» lo contraddisse, ma senza nessuna aggressività, lo zio
di lei «Io ho festeggiato il mio primo Halloween da grande... ed è
proprio allora che ho avuto la mia prima esperienza con gli spiriti»
«A me non l'hai mai raccontato!»
protestò Francesca
«E te lo racconto ora... dunque
dunque... era un giorno grigio, abbastanza freddo mi ricordo. Un
giorno da geloni alle mani, se non si portavano i guanti, perchè
tirava anche il vento» l'uomo imitò il movimento del vento facendo
ondeggiare una mano «E una mia amica mi disse se volevo andare a
festeggiare Halloween da lei. Mi trovavo per caso in vacanza nel
Maryland»
«In vacanza nel Maryland?» sbuffò la
nipote
«Si, beh... non era una vera e propria
vacanza, era un po' per lavoro, un po' per relazione, un po' per
vacanza e un po' perchè mi ci ero perso» ammise lui, facendo
ridacchiare gli altri
Alfredo scosse la testa, ricordando il
passato «Proprio come Jackie! » sospirò «Improvvisamente ce lo
ritrovavamo a caricare la macchina per andare da qualche parte! Las
Vegas, Los Angeles, San Francisco… Disneyland… Povera la sua
nonna!»
Francesca lo guardò con una strana
luce divertita ad illuminarle gli occhi.
«Che dire… » borbottò lui, nel più
completo imbarazzo «Ero un ragazzo terribile…»
«Quella santa donna ti ha rimesso la
testa sulle spalle per fortuna!»
«Ma mica c’è riuscita sua nonna…»
lo contraddisse Manlio.
«Intendevo la sua ragazza» gli fu
risposto a mezza bocca.
Jackie indicò Giacomo Harker sbarrando
appena gli occhi «Sta cercando di raccontare qualcosa!» esclamò
esasperato « lielo lasciate fare invece di sputtanarmi? A nessuno
importa di me, voglio sapere che è successo! Presto, continua prima
che ricomincino a parlare!».
Zio Jack rise e riprese parola.
«Dicevo, ero lì per caso o in vacanza
o quello che volete. In Maryland. C'erano boschi favolosi in quella
zona e alcuni parchi mozzafiato. E ragazze ancora più belle.
Comunque, camminando su un sentiero, insieme a questa mia amica,
notai un cartello completamente nero, come carbone, che indicava un
sentiero. Non c'era scritto niente e io le faccio “Che cosa
indica?”. Lei mi guarda come chi sa il fatto suo e inizia a
raccontarmi una storia lunghissima e complicata, una storia che non
posso abbreviarvi qui, altrimenti non la potete capire, e nel
frattempo ci siamo allontanati moltissimo da quel cartello. Alla fine
mi spiega che andando in quella direzione saremmo finiti in un'antica
tana degli spiriti che avrebbero cercato di possederci. Non starò a
durvi perchè, ma era una cosa che credevo pienamente possibile, solo
improbabile: una tana degli spiriti segnalata da un cartello? Lei
pensò che il mio scetticismo fosse verso gli spiriti stessi e che mi
avrebbe dimostrato che stava dicendo il vero, che esistevano. Nella
mia vita ho visto di tutto, davvero di tutto, ma non avevo mai
incontrato uno spirito in prima persona, così ho accettato... e lei,
lei me l'ha fatto vedere. Mi ci ha fatto parlare, uno spirito della
foresta! Giuro, reale come lo siete voi qui davanti a me, ma poteva
passare attraverso la serratura di una porta»
«Non è vero!» disse scettico Manlio
«Oh si che lo era! Rimpiango di non
aver avuto una macchina fotografica» Giacomo rise
«Lo rimpiango anch'io» si aggiunse
Francesca
«Ma tu non c'eri...»
«No, dico, rimpiango che tu non abbia avuto una macchina fotografica»
«No, dico, rimpiango che tu non abbia avuto una macchina fotografica»
«Idem» disse Jackie al suo fianco
«Avresti potuto farci un sacco di
soldi» osservò Rodolfo, apparendogli sinceramente dispiaciuto.
Il cameriere ritornò al tavolo e tutti
si fecero indietro, creando uno spazio al centro per permettergli di
sistemare il vassoio pieno di bruschette. Servì loro anche da bere e
sparì di nuovo alla velocità della luce.
Prima che Jackie potesse fare alcunché,
Alfredo prese il vino e se lo versò, allora si voltò verso la
ragazza e le chiese «So che non l’hai ordinate, ma… vuoi?»
provò.
«Perché no. Queste due, grazie…»
fece Francesca, guardandolo usare le posate per spostarne un paio nel
suo piatto.
«Vuole?» invitò anche Giacomo Harker
«Sì, grazie!»
«Quindi ci stavate dicendo?» riprese
Jackie «E perdonate la domanda idiota… ma cosa intendete per
spirito della foresta?»
«Un fantasma!» gli rispose Manlio
«Se voleva dire fantasma diceva
fantasma!» s’irritò il più giovane.
Giacomo Harker non sorrideva più,
piuttosto sul suo volto aleggiava un'educata perplessità, come se
gli avessero fatto una domanda troppo strana. Francesca rispose per
lui
«Non lo sa» rispose «Mi ha detto che
poteva essere un fantasma, ma lui non lo sapeva, perchè non ha mai
visto un fantasma. Comunque non era umano»
«Non aveva neanche la forma di
un umano, niente» disse con veemenza lo zio, riprendendo il discorso
«E vorrei poter dire che non mi spaventò, ma lo fece. Fu
un'esperienza del tutto particolare... comunque la mia amica mi parlò
di come gli spiriti siano spesso legati ad oggetti materiali che
fungono un po' come delle porte fra il nostro e il loro mondo. Mi
portò alla biblioteca di Baltimora... ci siete mai stati? Immagino
di no, ma è un posto veramente spettacolare, è bellissima.
Comunque, lì incontrammo uno studioso che mi mostrò alcuni di
quegli oggetti, dei feticci li
chiamò, e mi disse che nel mondo ce n'erano una grande quantità, ma
che erano quasi tutti in mani sicure oppure nelle grinfie di gente
che li riteneva inutili. Migliaia e migliaia di quegli oggetti erano
invece stati distrutti ed erano perduti per sempre. Comunque funziona
così, con un feticcio» Giacomo prese in mano una forchetta «Più
l'oggetto è vecchio, più è potente, perchè con il tempo si
rafforza sia il collegamento con il mondo degli spiriti, sia lo
spirito stesso»
«Ma perchè devi raccontargli queste
cose?» sbottò Francesca, senza però alzare la voce «Appena vedi
gente, per strada, devi sempre raccontargli di cose sovrannaturali?»
«E che c’è di male, scusa?»
replicò lui «Ognuno ha le sue passioni»
«Sì, ma… »
«Concordo» disse Jackie, ignorando il
chiacchiericcio fitto di Manlio e Dolfo. I due Harker lo guardarono
«Ognuno di noi può avere fisse più o meno discutibili. Ed è per
questo motivo che non voglio andare al museo dei Warren. Non ho
voglia di avvicinarmi troppo a queste cose»
«Hai paura?» gli chiese l’unica
donna del gruppo
«Un po’ di sano timore più che
altro, ma mi affascinano molto» sorrise, sorseggiando del vino «È
che non voglio che mi creino guai »
«Capisco».
Si sorrisero.
«Comunque… » riprese zio Jack «…
Di esempi come questo ce ne sono tantissimi»
«Tipo la bambola col volto coperto? »
domandò Alfredo «Ritrovata in India o in un posto simile…»
«Sì, più o meno!» quasi esclamò
l’altro, indicandolo con un certo entusiasmo.
Francesca annuì come se fosse
d'accordo, poi incrociò le braccia
«Gli vuoi dire anche perchè siamo qui
oppure ti dilungherai sugli spettri? Non voglio rovinarmi la cena e
sinceramente parlare di spiriti fuori dai loro corpi e di morte e
distruzione e filosofia annessa potrebbe rovinarmi l'appetito»
«Hmm» Giacomo le fece un cenno, poi
guardò dritto Manlio «Dicevo dei feticci, spiriti e oggetti
collegati, un portale su un altro mondo. Allora, questo studioso mi
parlò di molte cose, mi pare che abbiate già qualche idea sul
genere, ma non mi dilungo perchè non voglio prendermi una
forchettata su un sopracciglio da parte di qualcuno che è seduto a
questo tavolo» lanciò un'occhiata a Francesca «Perciò vi dico
solo che siamo qui perchè abbiamo sentito parlare di un oggetto
straordinario, un feticcio che pare sia utilizzabile anche da persone
che non sono sciamani e io, beh, sono curioso e non sono uno
sciamano»
«E poi ci serve» lo interruppe la
nipote «Non è solo... mera curiosità, no?»
«A lei piace perchè è un oggetto
vecchio, lei ha un sacco di oggetti vecchi» si affrettò a dire lo
zio, con un sorriso che sembrava voler dire “ognuno ha le sue
stranezze” e la ragazza, per qualche motivo, non volle continuare
quel discorso.
«Quindi, stavo dicendo…» Continuò
«… Perché siete qui» andò in
aiuto, nei confronti di Francesca, Alfredo.
« Oh… » fece Giacomo «… Stavo
dicendo questo?»
«Sì» disse Francesca «Dovevi
parlare proprio di questo. Vero?».
Jackie non raccolse, continuando a
tagliare la bruschetta diligentemente con le posate. Allora lei gli
diede un calcio sotto il tavolo e lui si riscosse improvvisamente,
come se gli avessero rivelato chissà quale segreto incredibile!
«Vero!» ripeté, attaccandosi
all’ultima parola che aveva sentito «Proprio!»
Dolfo e Manlio risero in maniera idiota
e, come al solito, furono ignorati.
«In una cittadina sperduta come
questa… » rifletté Alfredo in un tono basso e profondo «… Di
oggetti particolare ed antichi ne troverete a bizzeffe»
«Più o meno» gli fu risposto.
«Ma che volete fare? Volete chiedergli
di farvelo vedere? Di farvelo provare?» gli chiese, sinceramente
incuriosito.
Giacomo si appoggiò alla sedia,
lasciando penzolare indietro un braccio, oltre la spalliera
«Vogliamo portarlo via» disse
«Possederlo»
«Se è un oggetto così prezioso» un
sorrisetto affiorò spontaneo sulle labbra di Jackie «Cosa vi fa
pensare che ve lo permetteranno?»
«Abbiamo qualcosa con cui scambiarlo, qualcosa che loro desiderano possedere sicuramente più di quanto possano volere un vecchio feticcio pericoloso» rispose Giacomo, socchiudendo gli occhi e gongolando
«Abbiamo qualcosa con cui scambiarlo, qualcosa che loro desiderano possedere sicuramente più di quanto possano volere un vecchio feticcio pericoloso» rispose Giacomo, socchiudendo gli occhi e gongolando
Il sorriso svanì di colpo dal volto
dei quattro uomini e quasi furono incapaci di rimediare alle loro
espressioni sbalordite. Alfredo e Jackie furono i primi a riprendersi
dalla sicurezza emanata da Giacomo Harker, ma solo perché erano
convinti che niente avrebbe potuto essere migliore del dono che
avrebbero fatto ad Ahanu con l’aiuto della loro giovane amica.
«Non riesco ad immaginare un oggetto
simile!» Ammise il più giovane ed Alfredo continuò « Neanche io!
Cosa mai può valere questo scambio?»
Il signor Harker ridacchiò con l’aria
di chi la sapeva lunga «Questo lo vale. Lo vale eccome» assicurò.
«E non è pericoloso come questo
feticcio che volete?» Domandò ancora Alfredo
«Oddio…» fece l’altro pensieroso,
ma senza finire la frase.
Jackie si voltò verso Francesca in
attesa di risposte: era impossibile che avessero qualcosa di più
prezioso del dono di Lyana. Non era possibile.
La ragazza sembrava cercare di
trattenere un sorriso, uno di quei sorrisi pericolosi che la gente fa
quando sa di avere in pugno la situazione.
«Potrebbe essere persino più
pericoloso» Mormorò lei «E non siamo sicuro che lo sappiano usare,
ma... se lo vogliono, è loro. Altrimenti troveremo un altro
accordo».
Il cameriere si ripresentò a tavola,
con la pasta di Giacomo e quella di sua nipote, poi fece segno agli
altri di aspettare un attimo, di essere pazienti, e si allontanò di
nuovo.
Francesca iniziò a mangiare senza
aspettare gli altri, ma Giacomo sollevò soltanto la forchetta per
poggiarla in equilibrio sul bordo del piatto e borbottare «Beh, buon
appetito!».
Mentre veniva servito loro il primo,
Jackie, Manlio, Dolfo e Alfredo si guardarono con espressioni fin
troppo serie e preoccupate. Erano talmente incapaci di nasconderle,
mentre assaggiavano ciò che avevano scelto, che i due Harker non
poterono non notarle.
«Vi abbiamo spaventato?» chiese
l’uomo cercando di suonare gioviale e rassicurante.
«Giusto un po’!» rispose Rodolfo,
curvando le spalle sul piatto in maniera poco elegante «Non è che
tutti i giorni si incontra gente che si vanta di avere certe robe
potenti!»
«È davvero il caso di darglielo in
cambio? » chiese Manlio, tra un enorme boccone di pasta e l’altro
«Non è che poi fanno male a qualcuno?» continuò a bocca piena,
tra la disapprovazione di Alfredo e Jackie, a cui si arricciò il
naso mentre i suoi occhi mandavano fiamme.
Poi Alfredo gli fece un cenno e,
subito, Jackie si mise a scrivere sul telefono, tenendolo in
equilibrio sulla coscia in modo che nessuno potesse riuscire a
leggerlo.
Giacomo parve pensieroso. Francesca
totalmente disinteressata, con una punta di trionfo perchè alla fine
li avevano spaventati davvero, ma guardava dritto dentro il suo
piatto come se potesse vederci riflesse le facce delle persone
intorno a lei.
«Ma si può sapere a chi è che scrivi
tanto?» Chiese improvvisamente suo zio, quando notò che al più
giovane dei quattro uomini s’incresparono le labbra in un lieve
sorriso.
Jackie guardò tutti con l’aria di un
bambino che viene sorpreso dalla sua famiglia a rubare dei biscotti e
subito Dolfo l’indicò, ridendo «Beccato!»
“Dolfo” ringhiò tra i denti, senza
voce e con uno sguardo temibile.
«Dai, non prendertela!» lo consolò
Manlio, con una poderosa pacca sulla spalla che gli fece cadere il
telefono a terra. In fretta lo raccolse prima che qualcun altro
potesse farlo.
«Dai, non imbarazzarti!» fece Giacomo
« È solo una semplice curiosità… sembri molto preso»
«È per lavoro» ripeté Jack per
l’ennesima volta, ma tutti gli altri uomini fecero delle smorfie
strane per non scoppiare a ridergli di nuovo in faccia «È per
lavoro» insisté.
«Sì, sì, certo» disse zio Jack.
«Ti crediamo» fece Rodolfo.
Alfredo lo indicò con l’intero
braccio «E lasciatelo stare, che ci tiene davvero al suo lavoro!»
«Davvero tanto!» ridacchiò Manlio.
Jackie mise via il cellulare.
«Almeno qualcuno di noi sa come
risolvere certi affari» sorrise a tutti i suoi compagni gelidamente.
Francesca ridacchiò e alzò una mano,
le dita ben distese
«Posso avere un cinque da te,
bellezza?»
«Anch'io!» esclamò Giacomo, alzando
il braccio, ma sua nipote fu veloce ad afferrargli il polso e
sbatterglielo contro il tavolo per poi rialzare la propria mano.
Jackie fece saettare le pupille
rapidamente dall'uno all'altra, poi diede il cinque alla ragazza.
Manlio emise un colpo di tosse che
somigliava inquietantemente alla parola “bellezza”.
Tutti tossirono a loro volta, per
dissimulare le risate e il giovane uomo assunse un’espressione
contrariata.
«Prendimi in giro quanto ti pare…»
sibilò contro l’amico del padre «… Tanto alla mia età eri come
sei ora»
«Sarebbe?»
«Sovrappeso e con indosso con una
discutibile tuta da ginnastica dagli improbabili colori»
«Parla quello che va in giro vestito
come suo padre…» bofonchiò l’altro, umiliato dalle risate
sguaiate dei suoi amici.
Jackie lo zittì con un gesto della
mano «Lascia fuori da questo discorso quel gran figo di mio padre.
Era lui che attaccava bottone con le belle ragazze, credi che mio
nonno non me l’abbia detto?»
«Bah!» si lamentò l’altro «Mario
si deve fare i fatti suoi!»
Francesca rise e Jackie fu contento di
ascoltare il suono della sua voce. Quasi gli dispiacque di avere già
un piano di emergenze che l’avrebbe fatto uscire vincitore. Quasi.
«Hai una bella voce» le sussurrò in
maniera discreta.
Lei serrò immediatamente le labbra e
lo guardò come un gufetto abbagliato, ma fu solo per un istante,
perchè recuperò immediatamente il controllo.
“Nessuno la corteggia mai” Si
ritrovò a pensare suo malgrado Jackie e non potè frenare del tutto
un sorriso vincente, che lei ricambiò insieme alle parole «Grazie.
Anche la tua non è male».
Giacomo fischiettò
guardandosi intorno e facendo ridere piano gli altri italiani.
«Ho un amico. Un caro amico» Disse la
donna, ignorando completamente suo zio «Che dice che la voce è un
pezzo importante della nostra personalità... non che “la rivela”,
proprio che è un pezzo. E che è importante saperla usare. Perciò,
beh, grazie del complimento».
Giacomo fece per dire qualcosa, con
espressione baldanzosa, ma la nipote lo fulminò con lo sguardo
«Non questa volta» ringhiò
«Ok» rispose tranquillo lui,
riappoggiandosi allo schienale della sedia e guardando di nuovo il
suo bersaglio preferito, Manlio «E voi? Che lavoretto siete venuti a
fare qui? Non mi sembrate proprio per niente in vacanza»
«Beh…» cominciò a dire Manlio,
iniziando a gesticolare e strascicando le parole «…Siamo qui per
lavoro infatti. Per il nostro capo, dobbiamo ritirare un pacco e…»
Alfredo aggrottò le sopracciglia.
«… Discutere con gente…»
Rodolfo lo fissò, incrociando le
braccia e cercando di capire cosa stesse cercando di dire.
« Fare cose…».
Jackie guardò rapidamente Rodolfo e
Alfredo negli occhi.
«… Ma che razza di lavoro devi
fare?» Gli domandò allibito «Io sono qui per un’altra cosa…»
«No, lascialo parlare…» s’interessò
Dolfo, tra le risatine dei due Harker «… Che son proprio curioso
di sapere che siamo venuti a fare qui. »
«Siete due stronzi!» scattò Manlio.
«State zitti tutti quanti!» li
rimproverò Alfredo con voce bassa e profonda «Siete ridicoli»
Gli altri tacquero.
«Siamo qui per ultimare l’acquisto
di un immobile fuori città» spiegò loro, con la dovuta pazienza
nei confronti dei tre amici e dei loro litigi «Il pacco che dice
Manlio, che è l’unica cosa che ha sentito, è un dono del
venditore nei confronti del nostro capo per un increscioso fatto che
gli ha risolto»
«Ah… » commentò Giacomo Harker.
«Poi non sappiamo che segreti abbia
Manlio» dichiarò Jackie con voce allegra «In realtà è Superman,
ma non ce lo vuole dire»
«Sì, come se avesse dei super
poteri!» rise Rodolfo.
«Intanto quando parla passano dei
sottotitoli in sovrimpressione così possiamo capirlo… se non è un
super potere questo!».
Francesca pareva più allegra che ad
inizio serata e batteva ritmicamente una manovsul tavolo, piano,
mentre parlava
«Hmm... sembra che sia un'interessante
coincidenza che abbiate incontrato due Harker!»
«Perchè?» chiese lentamente Manlio
«Hai mai letto Dracula?» disse
rapidamente Giacomo, protendendosi in avanti come se volesse impedire
a sua nipote di conversare con Manlio, poi guardò la ragazza «Volevi
dire quello, vero?»
«Si, quello» confermò Francesca,
prendendo poi una forchettata di pasta
«Dracula?» domandò ancora Manlio
«Si» Giacomo Harker lo inchiodò con
lo sguardo «Il protagonista, Jonathan Harker, deve trattare riguardo
all'acquisto di un immobile da parte di Dracula. Voi siete...
vampiri?» sorrise, un sorriso bianco da pubblicità della Colgate.
Un breve silenzio carico di disagio
scese sul tavolo e tutti smisero di mangiare. Manlio era rimasto a
bocca aperta e i suoi amici potevano quasi sentire il rumore del suo
cervello che cercava di stare dietro a quello strambo discorso
disperatamente.
«Ahm… » fece, tentennando « Il
conte…?»
«Il principe!» esplosero Rodolfo e
Jackie, spalancando le braccia «Il principe!» e questa volta, a
rimanere perplessi, furono Francesca e suo zio.
«Mio Dio, ancora non ti è entrato in
quella zucca vuota?!» esclamò il più giovane degli uomini.
«Oh, è sempre stato il conte Dracula!
» ribatté piccato Manlio.
«Manco con la vecchia pazza ti è
entrata in testa ‘sta cosa!» si lamentò Dolfo, battendogli un
colpo sul braccio.
«Vecchia pazza?» chiese Giacomo,
inarcando le sopracciglia sempre più perplesso.
«Sì, la vecchia pazza… » ridacchiò
Jackie « Ora vi spiego… » li rassicurò, per poi tornare a
prendere in giro Manlio « Lo spiegavano pure nel film di Coppola. »
«Quale? »
«Quello che stavo vedendo con la mia
fidanzatina. »
«… »
«Quello di quando sei entrato nella
mia camera e hai gridato a mia nonna che ci stavamo vedendo un film
porno»
«Ah! Quello! Ma non me la ricordo ‘sta
cosa!»
«È stata detta tra una scena di sesso
e l’altra… le uniche che guardavi»
Alfredo prese parola «Io sono ancora
del parere che non sia stata una buona idea vederlo con la tua
fidanzatina»
«Eeeh, capirai!» replicò l’altro
«Sua madre era rumena e sua nonna era una vecchia pazza fissata con
Vlad l’Impalatore! Vedere un film del genere, per lei sarà, stato
come guardare un cartone animato!»
«Se lo dici tu…».
Francesca si sporse verso Jackie e lui
le si avvicinò di più con tutta la sedia, animato dal discorso.
«Ma che storia è questa?» gli
chiese.
«Quando avevo venticinque anni, nel
palazzo del nostro capo è venuta ad abitare una famiglia un po’
particolare» le rispose subito lui, rivolgendosi anche a Giacomo
«Erano marito, seconda moglie, le due figlie avute dal primo
matrimonio, la piccolina del nuovo e le due suocere»
«E che suocere!» commentò Rodolfo,
ricordando quell’incontro accaduto quasi dieci anni prima
«Sì, che tipe!» convenne Jack «La
madre della seconda moglie era un’acida, stronza e approfittatrice…
un mostro! Invece l’altra era più anziana, molto simpatica ed era
malata di Alzheimer come mia nonna. Era la madre della prima moglie.
Era morta anni prima per una malattia autoimmune e non avendo altri
parenti, viveva con loro» gesticolò «E quindi in questo simpatico
e gioioso quadretto familiare, mi sono fidanzato con la figlia più
grande…»
«Veramente non è proprio così…»
l’interruppe Alfredo «… Ha detto che le stava bene diventare
intimi fino a quando non sarebbe tornata in Italia»
«Eravamo fidanzati, fine della storia
e fatti i cazzi tuoi» scattò lui, punto nel vivo.
Alfredo alzò le mani in aria in segno
di resa e il figlio del suo vecchio amico tornò a spiegare.
«E questa dolce vecchietta, spesso e
volentieri, le parlava di Vlad l’Impalatore, perché lei se ne
occupava a tempo pieno e stavano sempre insieme. Quindi…» sorrise
storto «… Potete immaginare quante volte al giorno doveva
affrontare quest’argomento»
«Se lo vedeva ce la faceva sposare!»
disse Manlio, finalmente ricordando tutto
«E quando capiva che eri fidanzato con
lei, cominciava a dire cose del tipo “che onore conoscerla”,
oppure “ho sempre supportato la vostra causa…”, ovviamente
tutto in rumeno e lei…» continuò imitando l’atteggiamento di
una persona paziente e posata “Nonna, non è il voivoda. Lui è
Jackie. Il ragazzo di ieri. Quello che mi ha portato al cinema” e
la nonna niente. Persa in frasi di ammirazione e di presentazione per
la sua nipotina».
Era difficile capire cosa, di tutto
quello, stessero pensando Giacomo e sua nipote.
«Ma fai sul serio?» domandò
Francesca, con l’espressione colma di stupore.
«Che Dio possa fulminarmi all’istante
se dico il falso! » giurò lui, mano sul cuore « Vedeva solo lui!
Lui dappertutto! E alla fine lei doveva arrendersi, perché se la
nonna cominciava a parlare dei turchi si agitava e finiva in
ospedale!»
«Tipo quando ha visto la donna delle
pulizie…» disse Rodolfo piano
«O quando Roxana ha portato a casa i
membri della sua band multiculturale» fece Alfredo.
«Mamma mia, quel giorno quando ha
strillato! » ricordò Jack, mettendosi le mani nei capelli «
Pensavamo ci sarebbe rimasta stecchita!»
«Eh, quel giorno, la piccola ha
imprecato contro tutti i personaggi storici e quelli creati da quel
pazzo irlandese, giusto?» domandò Alfredo.
Jackie annuì ad occhi chiusi «Se per
caso se li ritrovava davanti li faceva fuori con la mannaia!»
«Poi si è arrabbiata con te perché
l’hai lasciata da sola»
«E certo che l’ho lasciata da sola!»
si difese lui «Aveva una mannaia in mano e un intero set di coltelli
da cucina di fianco! Che dovevo fare?» domandò con aria
scandalizzata «Quando ho fatto per allontanarli, si è incazzata
così tanto che voi non ne avete idea! Quello che non le è uscito
dalla bocca quel giorno! Se per qualche motivo Dracula fosse stato in
quella cucina, avrebbe buttato il suo kilij per terra e avrebbe
detto…»
Alzò le mani in aria.
«… Ni arrendo! Hai vinto tu!».
Mise la mano sulla spalla di Francesca
per mimare la scena.
«Stai calma. Stai tranquilla. Hai
vinto tu, faccio tutto quello che vuoi. Il mondo è bellissimo, è
primavera, se vuoi ti sposo davvero: sarò il marito migliore del
mondo, ma ti prego… calmati. E lei gli sarebbe saltata al collo di
sicuro per ucciderlo».
Manlio, Rodolfo e Alfredo risero forte
e lui con loro.
«No…» sorrise poi, mentre i due
Harker evitavano di commentare quello strambo racconto «Non siamo
vampiri. Quindi potete non temere per la vostra virginea purezza.
Harker!» esclamò poi «Con un cognome così camperei di
prepotenza!»
«In che senso?» gli domandò Giacomo.
«In che senso?» ripeté l’altro
«Jackie, hai fatto i compiti? No, sono il nipote di Jonathan Harker.
Ah, ok, scusa».
Francesca rise ancora, appoggiando i
gomiti sulla tavola
«Oh, piacerebbe anche a me! Ma ho
passato il mio periodo scolastico a non sapere
che mi chiamo Harker»
«E come è
successo?» chiese Jackie «Io... sapevo il mio cognome»
«Io no» disse
rapidamente lei, come se ne fosse fiera «C'è stato un problema e
sono finita con la famiglia sbagliata. Mi sentivo Harry Potter, sai,
nello stanzino... i miei non ci tenevano, però, a dire che ero una
criminale»
«Anche se, al
contrario di Harry, tu un po' lo eri» si intromise lo zio, cercando
di non ridere
«Può darsi... ah, e Francesca non è
neanche il mio vero nome»
«Però insisti per tenerlo»
«Si»
«Ciccia» disse Giacomo, come se
avesse in bocca qualcosa di appiccicoso.
Jackie mosse gli occhi da Giacomo a
Francesca «Ciccia» ripeté lentamente «Qualche italoamericano lo
usa ancora a Little Italy…»
«Ma preferisci Francesca a Ciccia»
sentenziò l’altra, continuando a mangiare.
«Ma preferisco Francesca, sì» annuì
lui, dedicandosi agli ultimi bocconi «E il tuo vero nome?»
«Non te lo dico» gli cantilenò «
Preferiresti quello»
«Davvero?»
«Davvero sì»
«Ma non puoi esserne sicura…»
«È Sarah» l’informò seccamente.
Jackie si portò il tovagliolo alle
labbra e se le tamponò elegantemente « … Ah… Sarah…»
Sospirò e poi trattenne una risata.
«Ok, avevi ragione! Sono troppo
scontato!»
«Lo dicevo io!» rise la donna «E
quindi questa povera ragazza per tutta la vita ha avuto la nonna che
le faceva violenza psicologica dicendole che Dracula l’avrebbe
sposata? »
«Tutta la vita no» precisò Jack con
aria pensierosa «È morta cinque o sei anni fa…»
«Ma il danno era fatto!»
«No, devo dire che è stata tosta. »
ammise l’uomo, tra l’approvazione dei suoi amici « Perché da
piccolissima la nonna la costringeva ad inginocchiarsi davanti al suo
ritratto per pregare o pregarlo, non l’ha mai capito…» ridacchiò
«… Anzi, a quattro anni scoprì che l’uomo nel ritratto non era
proprio Gesù come pensava».
Giacomo e Francesca esplosero in una
risata di cuore, che contagiò tutti.
«Sul serio!» quasi gridò l’altro
«E se non si comportava bene doveva rimanere in punizione vicino al
ritratto. Quanto l’ha odiato! Gli gridava sempre di non fare la
spia quando faceva qualcosa di sbagliato e poi quando era piccola
piccola, lo rimuoveva dalla parete e lo portava con lei a giocare.
Non sono sicuro di chi ha odiato chi di più, ma è stava un’amicizia
forzata molto sofferta. Però fino ai tre anni prendeva il quadro e
gli raccontava tutti i suoi segreti»
«Che infanzia terribile!» esclamò
tragicamente Giacomo, ancora rosso per il troppo ridere «E tutto
questo nell’illusione di avere Gesù per amico!»
«Sì, ma alla fine si è arresa… »
mormorò Jackie tristemente « … è andata a convivere con un uomo
che gli somigliava. Aveva i suoi lunghi capelli castani, i suoi baffi
e i suoi occhi verdi…»
«Oooh!» si dispiacque lo zio di
Ciccia come se gli avessero detto che aveva fatto una brutta fine.
« … solo che era formato armadio a
dieci ante! »
I due si scambiarono uno sguardo
eloquente, ridendo sotto i baffi per quella differenza.
«Quando lo incontrai e glielo feci
notare, lei mi disse di stare zitto… perché le aveva fatto una
corte così dolce da farle battere il cuore… ma poi…» e non
continuò
«Ma poi?» gli chiesero curiosi.
«Ma poi, e se sa che ve lo sto dicendo
mi evirerà presto…» scherzò, distogliendo lo sguardo e fingendo
educatamente di sapere di star sbagliando «… E non ci faccio una
bella figura comuqnue nel raccontarvelo… ma la prima notte che
hanno passato insieme aveva un solo ed un unico pensiero in mente…
» scandì ogni parola lentamente « … “Oh mio Dio, è uguale”!
Ha spento le luci e non l’ha guardato mai»
«Oh, cielo!» esclamò Giacomo,
immaginandosi l’assurdità di quella scena
«Dopo qualche giorno lui, depresso, le
ha chiesto che cosa avesse fatto di sbagliato… e ovviamente non era
lui il problema».
Francesca spalancò la bocca, quasi
scioccata «Gliel’ha detto?!» l’interruppe.
«Ha dovuto» le fu risposto « Però
lui l’ha presa come un complimento e lei, da vera donna, ha
affrontato la sua maledizione. Poi lui è andato a conoscere la nonna
di sua volontà e ha finto di essere Vlad Dracula»
Annuì quasi saltellando sul posto.
«Ha dovuto farsi in quattro per farsi
perdonare. »
«Come si chiama?» gli domandò
Giacomo «O come si fa chiamare?» scherzò poi.
«Ha un nome italiano normale. » disse
Jackie «Certo, non particolare come Ciccia, oppure, come dicevo alla
mia amica, Wilhelmina. Le dicevo sempre che se la protagonista si
fosse chiamata Asdrubalina Murray quel romanzo avrebbe venduto più
della Bibbia, ma non mi hai mai dato ragione!»
«Asdrubalina Murray» disse Giacomo,
con le lacrime agli occhi dal gran ridere: sembrava che trovasse più
buffa questa battuta dell'intera storia o che, comunque, non
riuscisse a reggere altre battute di spirito senza soffocare.
«Va tutto bene?» Si sincerò Alfredo,
vedendo la faccia dello zio di Francesca diventare di una sfumatura
simile al bordeaux; quest'ultimo annuì emettendo un suono che
somigliava al guaito di un cucciolo.
«La Bibbia non vende molto» Disse
Francesca «Di solito ne comprano grandi quantità i centri
religiosi, le chiese e le biblioteche, ma non c'è molta gente che
dice “toh, vado a comprare una Bibbia”. Diciamo che sono quasi
certa che in un solo mese, Dracula venda più copie, ai privati
s'intende, della Bibbia»
«Davvero?» fece Rodolfo, che sembrava
sinceramente sorpreso
«Non sono sicura al cento per cento,
ma al novantanove si» riprese lei, muovendo una mano come
un'altalena «Lo so che si legge sempre della Bibbia come libro più
venduto, ma le statistiche sono sempre in qualche modo... truccate»
«Come si fa a truccarle?»
«Beh, metti caso che il Vaticano
distribuisca centinaia di copie in tutte le chiese. E ogni tanto
anche ai fedeli. Quelle copie sono state comprate, ma non è la
stessa cosa che siano state comprate da persone perfettamente
consenzienti, no?»
«Consenzienti?» Jackie rise fra i denti
«Consenzienti?» Jackie rise fra i denti
«Consenzienti» ripeté Francesca
annuendo e guardando l’altro alzarsi in piedi, dopo aver finito
l’ultima forchettata di pasta «Che fai?»
«Ho bisogno di una sigaretta…» le
disse lui a bassa voce, estraendone un pacchetto dalla tasca e
infilandosene una tra le labbra mentre cercava l’accendino. Vide la
ragazza storcere il naso impercettibilmente.
«Che dire!» scherzò, rivolgendosi
agli uomini «Volevo prendere una boccata d’aria!»
«Tutta salute!» rise Rodolfo
prendendo le sue, ma Alfredo gli mise una mano sulla spalla e,
guardandolo negli occhi, l’altro si fermò «Io me le fumo dopo
cena…»
«Uh…» sorrise il giovane uomo,
dando le spalle al tavolo «Vuoi farmi compagnia?» domandò alla
ragazza che, guardandolo, inarcò le sopracciglia «Ho bisogno di una
figura femminile che mi ricordi di come stia distruggendo il mio
corpo, altrimenti non me la godo»
«Eh?» fece lei, con una smorfia
divertita «È così che te la godi?»
«Certo!»
«Il fumo passivo è più dannoso»
dichiarò improvvisamente Giacomo come se quella frase mettesse fine
ad ogni dubbio o discussione.
«Allora accetto l’invito…» Disse
invece sua nipote, alzandosi ed affiancando Jackie, che le poggiò la
mano così delicatamente tra le scapole che quasi non la sentì.
Mentre si allontanavano chiacchierando,
Giacomo si alzò a sua volta per seguirli.
«Dove vai?!» rise Manlio, cingendolo
alla vita con un braccio e tirandoselo contro, quasi sollevandolo da
terra «Resta con noi!».
Jackie e Francesca risero alla vista di
Giacomo che cercava di liberarsi invano da quella stretta ferrea ed
uscirono all’esterno.
Jack si richiuse la porta alle spalle e
si accese la sigaretta sotto lo sguardo severo di Francesca. Le
sorrise, guardò il cielo ed espirò, rilassandosi.
«Scusa» le disse, mettendosi
dall’altro lato e tendendo il braccio lontano da entrambi «Non
voglio che ti vada contro col vento…»
«Te l’ha insegnato la tua amica?»
gli domandò
«No» le fu risposto « Ma è una
premura che ho avuto solo con lei»
Francesca lo guardò intensamente «Che
tipo di persona è?»
L’altro sbottò in una mezza risata
«Una adorabile. Estremamente materna. Particolarmente combattiva nel
difendere il suo nucleo familiare. Estremamente disperata per la
storia di sua nonna!».
Risero. O almeno Francesca lo fece per
educazione.
«Estremamente attenta ad evitare tutte
le persone strambe che la vita le propone…»
«Ti ha mai dato modo di credere che
davvero Dracula si fosse presentato a casa sua?» gli domandò a
bruciapelo «O qualcuno di strano?»
Jackie evitò di guardarla, riflettendo
sull’assurdità di quella domanda.
«Qualcuno di strano sì» fece
«Dracula proprio no».
Gettò la cenere in un tubicino
d’argento di sua proprietà e continuò.
«C’è un vecchio professore olandese
che chiama Van Helsing. »
«Davvero?»
«Davvero» affermò
«Beh» disse lei, rilassata «Questa è
più impossibile di Dracula, no? Van Helsing era umano. Ed è morto
qualche centinaio di anni fa, quindi...»
«Non sono poi troppe centinaia di
anni»
«Infatti. Qualche. Un paio. Comunque
tanto tempo»
«Aha» lui inspirò profondamente, poi
fece uscire il fumo dalle narici, con forza, mentre si rigirava la
sigaretta fra indice e medio.
Francesca guardò dall'altra parte,
respirando pesantemente, con un rumore che somigliava leggermente a
un sibilo.
«Perchè lo fai?» Chiese Jackie
«Cosa?»
«Quel rumore...»
«È yoga» disse lei, sollevando le
sopracciglia «Serve per purificare i polmoni. Si prova a
pronunciare, senza però muovere le labbra, la parola “om” quando
si inspira e quella “sa” quando si espira. Questo apre la trachea
e crea quel rumore sibilante, oltre a dare un grazioso effetto fresco
in gola» sorrise «Sei un fumatore, avresti bisogno di questa roba»
«Me ne ricorderò» disse lui
«Non che non lo farai» sparò
Francesca, prima che lui potesse aggiungere altro «Se fumi non sei
tipo da yoga. Sei tipo da tante altre cose però, e sei intelligente.
Sicuramente più dei tuoi compari» accennò con il pollice al
ristorante dietro di te
«Si. Si, siamo fatti di una pasta
completamente diversa» ammise lui
«E non sei neanche strambo» disse
lei, in tono curiosamente acuto, divertito
«Cosa?»
«Beh, non sei strambo. Perchè le
piaci. Devi piacerle, a questa lei... in effetti non so se sia la
stessa di cui hai parlato, ma è ovvio che ci hai messaggiato tutta
la sera»
«Era per lavoro, veramente» mentì,
quasi con eleganza, l'uomo
«Si, ceeerto...» Francesca lo guardò
dritto negli occhi «Allora... hai fatto l'errore di sederti molto
vicino a me. Certo, è maleducazione leggere i messaggi...»
«Infatti!» esclamò indignato Jackie,
ma Francesca continuò come se niente fosse
«... Infatti io non l'ho fatto. Anche
perchè nascondevi così bene quel telefonino che per vederlo avrei
dovuto infilare la testa sotto il tavolo e sopra la tua coscia,
maaaa...» pausa ad effetto con sorriso, di fronte alla faccia di
sfida del ragazzo «... Potevo vedere i tuoi occhi»
«Hai letto il riflesso nei miei
occhi?» provò ad indovinare, scettico, lui
«Certo che no! Sarebbe impossibile,
non ero frontale a te e le lettere sarebbero state troppo piccole.
No. Guardavo il coefficiente di dilatazione della tua pupilla».
Jackie abbassò la sigaretta e sollevò
le sopracciglia, poi, dopo qualche istante, si ricompose e un
sorrisetto sardonico comparve a sollevargli un angolo della bocca
«Sul serio?»
«Si. La tua pupilla era dilatata
abbastanza da suggerire che comunque stavi parlando con una donna.
Oh, pensavo, magari il suo capo è una donna, ma dopo avete fatto
intendere che si tratta di un lui. Inoltre in alcuni istanti la
pupilla si dilatava terribilmente» fece segno con la mano come dello
sbocciare di un fiore, le dita strette a grappolo che si allargavano
lentamente «Perciò doveva essere la tua ragazza e non il tuo capo.
Ma tranquillo, a me non importa» lei guardò il cielo «Lo avrei
detto anche io, al tuo posto»
«Ah. Beh, certamente... ma non è la
mia ragazza»
«Però la ami ed è questo quello che
conta. Non l'hai rivelato, non era “una rompiscatole qualunque”,
era una ragazza che ti piace»
«Si, ammetto di si» disse lui, un po'
abbacchiato, sperando di non venire rimproverato
«Come ho detto, sta tranquillo. Anche
io avrei detto “è il capo” o “sono messaggi di lavoro”.
Certo, te la stavi lavorando» gli fece l'occhiolino «Al tuo posto,
personalmente, non avrei potuto voler dire la verità riguardo ai
messaggi che mandavo per due motivi» lei smise improvvisamente di
sorridere «Uno è che volevo sedurre l'unica persona dell'altro
sesso presente a tavola e questo non poteva accadere se lei avesse
saputo che c'era un'altra ragazza nel mio cuore, giusto?»
«Giusto, ma non è che...» disse lui,
cercando di trarsi d'impaccio da quella situazione, spiegare in
qualche modo che non voleva sedurla
«Oppure... e anche questa è
un'opzione interessante» lo bloccò lei «Stavo messaggiando con la
mia ragazza e stavo parlando davvero di lavoro»
«Cert... cosa?»
«Sono messaggi di lavoro, ma non dico
che lavoro. Mi invento qualcosa da dire a tavola, un lavoro che ci
hanno assegnato... Manlio ha detto una cosa, tu ne hai detta
un'altra. Non c'è un “regalo per il capo”. Gli altri ti
guardavano con confusione, l'afflusso di sangue alla faccia di Manlio
e la sua postura erano più tipici di un'arrabbiatura che di una
figuraccia. O meglio, di un'arrabbiatura travestita da figuraccia»
lei era perfettamente seria mentre parlava
«No! Perchè credi questo?» Jackie
tornò mentalmente al numero di proiettili che possedeva e si chiese
se fosse il caso di allontanarsi ancora dal ristorante, e se lo zio
di lei avesse notato lo stesso numero di particolari
«Perchè Manlio non si è inventato
sul momento le cose, è difficilissimo farlo quando si è sotto
pressione, ma ha comunque perso tempo per camuffare la realtà con
degli stupidi verbi generici: ha detto “dobbiamo ritirare un pacco,
discutere con gente, fare cose”»
«E allora?» la sfidò ancora lui
«Allora? È esattamente quello che
dobbiamo fare noi. Voi siete i nostri rivali» Francesca guardò da
un'altra parte, esponendo la nuca «Ritirare un pacco: il tomahawk.
Discutere con gente: gli sciamani. E noi, ovviamente. Fare cose: beh,
tutto il resto. Manlio ha detto la verità e tu l'hai fatto passare
per idiota, quindi era arrabbiato con te, ma non poteva dire una
parola, capiva che avevi ragione a mantenere il segreto. Hai parlato
dei Warren, eri interessato al discorso di mio zio, mentre di solito
le altre persone a cui lui cerca di parlarne sono disinteressate o
spaventate. Voi no, volevate sapere, è perchè siete del ramo».
Jackie si chiese se sarebbe stato
troppo meschino sparare dietro la testa di una ragazza, mentre quella
non lo guardava e lo sottovalutava così stupidamente.
Francesca si allontanò di qualche
passo e si mise in diagonale rispetto a lui, un po' più indietro,
fissando di nuovo gli occhi su di lui: ecco, il momento giusto per
sparare era svanito.
«Voi volete il tomahawk» Disse
Francesca «Esattamente come noi»
«Farnetichi» mentì ancora, con la
stessa eleganza, Jackie
«Oh» la donna sorrise di nuovo
«Giuro, ti avrei baciato, adesso, se non fosse che fumi. L'odore del
fumo mi disgusta. Io... torno al tavolo. Quando hai finito
raggiungici».
Lei lo lasciò da solo, vagamente
turbato dal pensiero di quante informazioni si potessero estrarre dal
nulla. Era davvero così leggibile? Beh, comunque lei non aveva
fiutato l'arma da fuoco...
Non riuscì a godersi del tutto la sua
sigaretta, ma fumò finchè potè, poi buttò il mozzicone per terra
e lo spense con il tacco della scarpa, prima di tornare al tavolo,
dove tutti conversavano come se assolutamente niente fosse accaduto.
Si disse che avrebbe dovuto scrivere a Lyana riguardo a questa
storia, ma lo avrebbe potuto fare dopo: la rabbia per essere stato
scoperto gli ribolliva ancora dentro.
Finirono di mangiare tutte le portate,
chiacchierando di cose più o meno importanti come la disposizione
dei tavoli o le condizioni di lavoro dei camerieri locali, e alla
fine Francesca, compostamente, dichiarò di avere un sonno bestiale e
di non poter reggere oltre: dopotutto avevano già parlato e si erano
conosciuti, perchè andare avanti fino all'indomani mattina?
«Così presto?» Domandò, quasi
deluso, Jackie, sentendosi un attore consumato
«Già» disse lei, annuendo «Vorrei
poter restare in piedi tutta la notte, girare le città con te e...»
soffocò uno sbadiglio dietro un pugno «... Tutto il resto. Ma ho
davvero molto sonno»
«Dai!» esclamò Giacomo, dando un
paio di colpetti alla tavola «Possiamo fare una passeggiata! Ti
sveglia di sicuro! Sveglia, sveglia, sveglia!»
«Non è l'aria frizzantina di una sera
tedesca» borbottò Francesca «Fa caldo. Ho sonno»
«Non fa tanto caldo!»
«È vero» lo supportò Manlio, forse
desideroso di mostrarsi capace di sopportare la temperatura di quel
posto «C'è qualche zanzara, ma non fa tanto caldo»
«Da me le zanzare ci sono anche in
pieno inverno» disse flebilmente la ragazza, mettendosi la mano
davanti alla bocca per un secondo sbadiglio «E non è che si muore
di caldo, ma non mi fa venire voglia di stare sveglia, ecco tutto»
«Loro non sono noiosi!» quasi gridò
lo zio
«Non l'ho detto»
«È come se l'avessi fatto»
«Ma quandummai? Va curcati, và!»
«Ma se hai sonno tu... possiamo
riaccompagnarla in stanza e lasciarla lì a dormire?» quasi li pregò
Giacomo, fissando, dopo una scorsa veloce, lo sguardo su Manlio
«Ehm, per me dico che...» disse
quest'ultimo, stringendosi un po' nelle spalle
«No» intervenne Jackie «Non è
maleducato? Lasciamo l'unica ragazza a casa e andiamo a spassarcela?»
«No, va bene» cercò di dire
Francesca, ma un'altro sbadiglio le troncò la frase
«Non è solo per te, capisci?» spiegò
l'uomo, mettendole confidenzialmente un braccio intorno alle spalle
«Noi abbiamo da lavorare, domani. Nel caso non se ne fossero
accorti».
« E che bel lavoro. » commentò lei a
bassa voce.
« Mai quanto quello che verrà dopo. »
le sussurrò lui, prima di alzarsi.
La ragazza lo guardò per qualche
istante « È una minaccia? »
« No. » le rispose morbidamente.
Le tese il braccio e le fece
l’occhiolino sotto lo sguardo degli altri presenti.
«Alloggiate lontano?»
«No, affatto» disse Ciccia,
accettando l’invito e stringendosi al suo braccio.
«Non sei obbligata se l’odore del
fumo ti dà fastidio…»
«Posso sopportarlo»
Insieme si avviarono verso l’uscita,
mentre Alfredo si avvicinava alla cassa. Zio Jack cercò subito di
mettersi tra loro.
«Perché non vai a pagare?» gli
domandò sua nipote «Mica farai pagare tutto a loro?»
Giacomo socchiuse gli occhi e si
allontanò, imprecando tra i denti e sottovoce.
«Questa tecnica me la devo ricordare…»
ridacchiò Jackie, aprendo la porta e lasciandola uscire per prima.
La donna lo guardò per un po’.
«Che c’è?»
«Credevo ti fossi offeso»
«In realtà sono più dispiaciuto che
offeso» le rivelò lui, guardando da un’altra parte «Sei una
ragazza davvero, davvero molto intelligente».
Francesca fece una smorfia buffa «Sei
dispiaciuto perché non sono stupida? » gli domandò, facendolo
ridere.
«Eh, tantissimo!» Rispose, prima di
accompagnarla lungo la strada, seguendola verso il suo hotel «Sei
più intelligente di me, che brutta ferita al mio ego!»
«Già…» fece lei «… Ti ho ferito
dicendo la verità sulla tua amica? »
« No» le rispose quasi immediatamente
lui, chiudendo gli occhi come se fosse stanco di quel fatto «Era
solo la verità. Le sono molto affezionato»
«…»
«Mi dispiace per come si è sviluppata
la serata più che altro» le mormorò sincero.
«Ti dispiace che vi abbia scoperto»
lo corresse Francesca e l’altro sbottò in una risata silenziosa.
«Come ti pare».
Francesca si infilò le mani in tasca e
abbandonò le braccia
«Infatti. È come mi pare» disse,
poi, come se qualcosa la stesse minacciando, tirò di nuovo fuori i
pugni, con un'aria seccata.
Camminarono in silenzio per un po'.
Francesca rallentò per guardare un minuscolo scorpione nero che
attraversava la strada, zampettando indaffarato.
«Sembra un giocattolo» Commentò,
sorridendo.
A Jackie non sembrava affatto finto, ma
soprassedette, rimanendo in silenzio. Lei alzò lo sguardo al cielo,
ondeggiando in una camminata un po' più rapida
«Guarda!» disse, con una certa
sollecitudine
«Si» mormorò lui «Il cielo qui è
bellissimo, senza le luci della città a uccidere le stelle»
«Non intendevo questo... ma anche, si,
beh, è bello»
«E cosa intendevi?» entrambi calarono
la testa e si guardarono abbastanza in fretta da finire a fissarsi
negli occhi
«Non l'hai visto?»
«No... cosa?»
«Se non l'hai visto... beh, è inutile
che te lo dica» lei voltò la testa per guardare i piccoli edifici a
fianco della strada polverosa.
« No, aspetta. » cercò di dire
Jackie « Solo perché non l’ho visto non vuol dire che non
m’interessi! »
« È inutile. » ripeté Francesca.
« Perché mai? » le domandò l’altro,
non vedendo il problema « Che hai visto di così insolito che è
meglio lasciar perdere? Pensi che non abbia mai visto cose insolite?
»
« Ah, non lo so! » fece la ragazza
facendo le spallucce « Dimmelo tu, visto che sei nel ramo… »
« Certo che ho visto cose strane! »
protestò l’uomo, ferito da quella frecciatina « Chi non ne vede?
Senti… » continuò, passandosi una mano tra i capelli e
sciogliendosi il codino, cosicché i gli ricadessero morbidamente
sulle spalle « … non voglio costringerti, se non ti va di
parlarmene non devi e basta, ma se ti va… sappi che mi fa piacere
conversare con te. »
«Sei aggressivo, eh! E te la prendi un
sacco... non è che a me non fa piacere!» lei rise, forse un
tentativo per spezzare la tensione «Prendi sul personale qualunque
cosa. Che ne sai che non ho visto un mio conoscente che volava con un
elicottero e magari non ne parlo perchè è non voglio continuare il
discorso su di lui perchè mi mette in imbarazzo»
«Mi sembra molto improbabile» disse
lui, ironico «Ma è così? È quello che hai visto? Prometto che non
ti chiederò riguardo al tuo conoscente»
«No» rispose lei, sbuffando per
trattenere una risatina «Ma ci andiamo vicini»
Jackie rimase per un po’ in silenzio
a riflettere sulle parole dell’altra.
«È così che ci vediamo? » sorrise
storto «Tu mi vedi aggressivo e io ti vedo ostile?»
«È così che mi vedi?»
«Un po’»
«Mh»
«Se fossi stata un’altra avrei
smesso di parlarti da un bel pezzo» le rivelò in tono sincero
«E perché con me non lo fai?».
Invece di risponderle e senza che
l’altra se lo aspettasse, Jackie cominciò a saltellare leggermente
sul posto, parlandole con una vocetta eccitata «Ti prego, ti prego,
ti prego, dimmi che hai visto un enorme pipistrellone con la faccia
baffuta di Dracula! Ti prego, ti prego, ti prego, Miss Harker, dimmi
che l’hai visto!»Jackie rimase per un po’ in silenzio a
riflettere sulle parole dell’altra.
Francesca fece qualche passo più
veloce, come se volesse fuggire, poi rallentò, ma di poco in modo
che l'altro dovesse adattarsi alla sua andatura.
«Non era un pipistrello con la faccia
baffuta di Dracula» Disse e lui annuì come se quella risposta fosse
molto importante.
Francesca serrò i pugni e per un
istante parve che volesse attaccare l'uomo, le pupille puntate su di
lui, ma la faccia fissa in avanti, lo squadrò e le parve forse
avventato attaccare qualcuno con cui non era sicura di vincere perchè
rilassò la mascella tesa.
Jackie se ne accorse equesto confermò
la sua impressione riguardo a lei: ostile. Peggio, lei doveva avere
qualche nevrosi e sicuramente aveva frequentato, in qualche periodo
della sua vita, un corso di gestione della rabbia.
Jackie non aveva mai frequentato un
corso di gestione della rabbia. Da giovane si era rilassato con
qualche scazzottata da cui era sempre uscito vincitore (a parte
quella volta in cui un gruppo di universitari l’aveva fatto finire
in ospedale, nonostante fosse molto più piccolo di loro) e quando
aveva conosciuto Steliana si era sempre differenziato da tutti i suoi
colleghi per la sua innata calma. Gli unici corsi che aveva
frequentato per la gestione di qualcosa erano quelli per alcolisti
anonimi e per i sesso dipendenti.
Non aveva mai avuto un vero problema né
con l’uno, né con l’altro, era solo stato costretto a
frequentarli dal suo capo per vedere come avrebbe potuto ridursi se
avesse perso il controllo. Ore sgradevoli della sua vita che non
avrebbe mai potuto riavere indietro.
Forse era meglio distrarla con qualche
altro argomento, invece di una battuta stupida. Se poi avesse voluto
aggredirlo, l’avrebbe schiacciata come un insetto. Non si
addestrava da anni per niente e, al suo confronto, Francesca era uno
scricciolo.
Gli sarebbe perfino dispiaciuto.
«Hey, Baby… »
«Come mi hai chiamata? » fece l’altra
a denti stretti nello stesso modo in cui glielo disse Steliana tanti
anni prima.
«… Ok, ok, ok! A voi italiane non
piace essere chiamate così!» Si arrese subito l’uomo, alzando le
mani in aria «Chiedo venia!»
Francesca lo guardò malissimo.
«Se era di strada, prima di lasciarvi
in hotel, mi sarebbe piaciuto offrirti un gelato. Solo questo. »
«Solo un gelato?»
«Un gelato o qualsiasi altra cosa tu
voglia» le disse dolcemente l’uomo nel tono più cortese possibile
«Un gelato senza “Baby”».
Francesca sospirò, stropicciandosi le
tempie
«Lo sai perchè si dice “baby” o
“bimbo” o tutti quei nomignoli stupidi?»
«Può darsi...» rimase vago lui, in
tono sempre gentile
«È una questione legata alla nostra
infanzia. L'amore che noi sentiamo provenire dai nostri genitori
quando eravamo piccoli e ci chiamavano con nomignoli, cretini o meno,
ritorna a galla quando vediamo una persona che ci ispira in qualche
modo tenerezza. Se io ti ho ispirato tenerezza...» si passò una
mano fra i capelli «Davvero, non so che cosa ho sbagliato. Cerco di
non sembrare quel genere di persona»
«Ah ah. Si. Te l'ho detto, mi sembri
ostile»
«E nonostante questo hai usato quel
“baby”»
«Era così, tanto per» lui si strinse
nelle spalle, lei lo prese per mano e lo tirò verso una gelateria
«Offrimi quel gelato. Ne ho bisogno»
«Certamente».
Senza sapere cosa fare e quasi
pentendosi di averglielo offerto, Jackie si guardò oltre la spalla e
vide il resto della combriccola restare indietro (lo zio di Francesca
si agitò non poco a quella vista). Era come se l’altra avesse
deciso di volersi dividere definitivamente dal gruppo, ma non ne
poteva essere sicuro: era molto affiatata con suo zio…
Sentì Manlio dire qualcosa, ma non
capì bene, e Alfredo rimproverarlo mentre tratteneva Giacomo Harker
dall’inseguirli. Tentò di invitarli, ma quando Francesca lo
trascinò oltre l’angolo e poi dentro una gelateria dall’aria
graziosa e molto tranquilla, lasciò perdere.
Possedevano una scelta molto vasta di
gelati, ma l’uomo non poté guardarli, perché lei lo guidò fino
alla cassa con andatura decisa, quasi marziale.
Si voltò verso di lui.
«Avevi detto un gelato, giusto? » gli
domandò, quasi prendendolo di petto.
«Ehm… » fece l’altro, piuttosto
incerto «… Ho detto un gelato, ma puoi prendere qualsiasi cosa tu
voglia…»
«Qualsiasi cosa?»
«Qualsiasi cosa» rispose Jackie «A
patto che tu riesca a mangiarla» scherzò.
Lei fece un sorrisetto rapido che le
sollevò un angolo della bocca per un istante, quasi un tic perchè
subito dopo tornò seria
«E devo mangiarla tutta in una volta
sola?» chiese, in un tono che sarebbe stato completamente neutro se
fosse mancata la nota interrogativa
«Beh, dipende... non è che devi
mandarla giù tutta in un sol boccone, ma non te ne deve neanche
rimanere per dopo... è... è ovvio».
Una donna
magrissima con lunghi e lisci capelli neri, una maglietta bianca con
il logo del negozio e un paio di orecchini rosa si era avvicinata
alla cassa e li guardava come aspettandosi di ricevere
un'ordinazione.
«Prendo una
coppetta grande, due gusti a caso» Disse Francesca.
La donna la guardò
come se fosse matta
«Due gusti a
caso?» chiese, con voce scettica e nasale
«Si. A caso,
scelga lei, mi faccia il suo gelato preferito, per favore»
« … Oook. » acconsentì l’altra
piuttosto incerta.
La videro guardare per un momento i
gusti esposti e tentennare, fortemente indecisa. Non era difficile
fare il suo gelato, ma aveva tutta l’aria di non voler lasciare la
cliente scontenta.
«Ma preferisci quelli alla frutta o
alle creme? » tentò di chiederle.
«Il suo gelato preferito. » ripeté
Francesca decisa e per nulla scortese.
«Ah, ok… » fece «… E il signore
invece?» domandò per concedersi più tempo.
Jackie guardò rapidamente la lavagna
con su scritto, in bella calligrafia, tutto ciò che avrebbe potuto
chiedere «Che cos’è il Bloody Chocolate? »
«Cioccolato fondente e Red Velvet, con
sciroppo di cioccolato bianco»
«Ok, prendo quello più Biscotto»
Francesca si voltò a guardarlo «Cosa?»
«Biscotto è buonissimo» le disse
spiccio Jackie «Lo prendo sempre»
«Mai preso»
«Davvero? Te lo faccio assaggiare…».
Prese due lunghi cucchiaini di
plastica, blu e viola, e le diede il primo.
«… Ecco, ora sei armata».
Voltandosi verso il bancone, tutto
quello che pensò Francesca fu che la donna che li stava servendo
aveva dei gusti abbastanza anonimi e che, al confronto con quello di
Jackie, il gelato che le aveva scelto sfigurava terribilmente.
Nemmeno la panna e lo sciroppo gli risollevarono la sua sorte: quello
di Jackie era scuro e sanguigno… inoltre decorato perfettamente e
decisamente più grande.
Mentre Jackie pagava il tutto, la
ragazza prese il suo e rimase a fissarlo in silenzio. Si mosse
soltanto quando sentì la mano dell’altro sfiorarle il fianco e
condurla fuori.
«Non sembri soddisfatta»
«Non molto»
«Lo sapevo. » sospirò Jackie
abbassando le spalle « Dovevi scegliere tu… »
«Le ho solo chiesto il suo gelato
preferito. »
«Ma che gusti ti ha messo? »
«… Non… riesco a capirlo bene…
ma non sono male. »
«Te ne ne vado a prendere un altro?»
le domandò lui, premurosamente.
«No, mi sta bene questo: è quello che
volevo e non voglio sprecarlo»
«Oh, lo diamo a Manlio… non si farà
problemi»
Francesca scosse la testa «Ho detto di
no»
«Allora mangia un po’ del mio» le
offrì lui
«Lo sai» disse lei, divertita «Che
offrire il cibo è psicologicamente la più potente arma di seduzione
che un uomo possa sfoderare eccetto il cucinarlo lui stesso?»
«Oh, davvero? E sta funzionando?»
«Direi di si. Direi proprio di si»
lei annuì «Ma non posso prendere il tuo gelato»
«E perchè no? Solo un po', dai!» lui
le fece danzare la coppetta sotto il naso, al ritmo di un lento
«È bellissimo, davvero. Ma tu sei
stato molto gentile stasera» lei gli spinse via la mano «Io invece
no. Non sarebbe giusto. Confermerebbe lo stereotipo dell'uomo
cavaliere e della donna damina da servire e questo è... sbagliato»
Francesca cercò di non ridere allo sguardo stralunato che l’altro
le lanciò.
« Ma che cazzo te ne frega di queste
cose!? » esplose lui, spalancando le braccia quasi dovesse liberarsi
di un gran peso « Ne vuoi un pò? Te l’ho offerto, prendilo! Non
pensare a queste cose! Goditi il momento! »
E poi, senza aggiungere altro, prese
una grande cucchiaiata di gelato e se la ficcò in bocca.
«E devi decidere in fretta, mia cara…
» le disse a fatica e con la bocca piena « … perché il
sottoscritto semplicemente adora il gelato. »
Francesca fu indecisa se ridere o
scuotere la testa, rassegnata dal suo atteggiamento.
«Ti bloccherai la digestione così»
lo avvertì con una certa e malcelata premura «Non sarebbe un bel
modo di passare la notte»
«Mh» annuì Jackie «Me lo diceva
sempre anche la mia amica…»
«… »
«Mi piace… »
«Perché ti ricorda la tua amica?»
«No, perché siete delle brave
persone. E sai una cosa?» proseguì con gli occhi scuri illuminati
da una strana luce «È piuttosto grande anche per il mio stomaco…
ed è veramente buono» le sussurrò con fare tentatore.
Le porse nuovamente il gelato.
Lei lo guardò storto
«Sei insistente, vero? Se ti dico no è
no. E poi...» glielo spinse di nuovo via «Non si fraternizza con il
nemico».
Jackie rise pieno, prendendo una gran
cucchiaiata di gelato
«Nemico?» chiese, con un brillio
divertito negli occhi, per poi infilarsi il cucchiaino in bocca
«Sei... quasi stressante» disse lei
«E poi si. Nemico»
«Ma dai...»
«Vogliamo entrambi la stessa cosa»
disse rapidamente lei «E tu continui a farmi favori che non potrò
mai ricambiare»
«O forse si» lui si strinse nelle
spalle
«O forse si» ammise lei «Ma molto
probabilmente no. Sei gentile e tutto, ma io ho il mio gelato, e se
vuoi non litigare con me è conveniente che tu tenga il tuo e che te
lo mangi»
Per l’ennesima volta Jackie alzò le
mani in aria, arrendendosi.
«La mia offerta è sempre valida»
disse soltanto lui, prima di inchinarsi leggermente per invitarla a
guidarlo verso l’hotel.
«Hey!» Giacomo Harker si avvicinava a
grandi passi.
«Dateci almeno il tempo di prenderne
uno anche noi! Tutto bene?» chiese poi, notando l’espressione
della nipote.
«Per me tutto ok» disse Jackie,
rimanendo in attesa della risposta dell’altra. Sperava che, a
sorpresa, non dicesse che stava andando tutto storto: pochi attimi
prima gli era sembrata contenta e poi tutto era cambiato prima ancora
che se ne potesse accorgere.
Sentì il cellulare vibrare di nuovo,
ma non rispose. Sperò ardentemente che l’altra non l’avesse
notato, ma sapeva già che non era così: gli stava già guardando la
tasca.
Lei sorrise
«Ok. Prendi un gelato, come se non ne
avessi già mangiato dieci oggi» disse lei, sollevando lo sguardo
verso suo zio, metà accusatrice e metà sfidante.
Lui parve quasi non accorgersene e
trotterellò verso la vetrina dei gusti, alla quale per poco non si
appiccicò, ma trovando più elegante non toccare il vetro rimase
alla distanza di mezzo centimetro di distanza, con le mani dietro la
schiena.
«Se lo spingono...» Mormorò
Francesca, con aria di cospirazione «...Non avrà il tempo per
fermarsi e si romperà il naso».
Sorridendo e annuendo, Jackie dovette
ammettere che lei aveva ragione.
Giacomo prese un gelato trigusto,
mirtilli, cioccolato e fragola, con una spruzzata di panna sopra,
subito dopo iniziò a parlare con Manlio della composizione dei
gelati, mettendolo un po' in difficoltà.
Guardando quest’ultimo e poi i suoi
compagni, Francesca non poté trattenersi dal chiedere a Jackie che
cosa mai li accomunasse oltre il loro lavoro.
«… Te l’ho detto» Le rispose lui,
senza alzare gli occhi dal gelato «Sono i miei zii»
«E di che cosa parlate tutto il
giorno?»
Gli angoli della bocca di Jackie si
sollevarono appena «Oh, beh… principalmente di femmine, cibo
italiano e soldi. Non necessariamente in quest’ordine. Argomenti di
cultura»
«Già…»
«Manlio è la capra del gruppo. E gli
sto facendo un complemento» precisò, senza remore « Non si
interessa a nulla, prende le cose così come sono… ma devo dire che
è stato uno zio figo per un bambino appena divenuto orfano».
Francesca non parlò: sebbene non li
conoscesse, la parola “figo” e “Manlio” nella stessa frase
suonavano come una bestemmia.
«Dico davvero» disse l’altro in
tono pacato « Anche se sembra impossibile»
«Come ti ha conquistato?» gli chiese
lei guardandolo intensamente.
«Mi ha portato a lavoro con lui»
sorrise l’uomo.
Lei sorrise. Poteva capirlo, poteva
immaginarlo, quel bambino che passava da una vita tutto sommato
noiosa e destinata a rimanere grigia come un muro di cemento alla
ricerca di... beh, qualunque cosa loro cercassero quando erano al
lavoro. Tipo asce da guerra magiche.
Lui glielo raccontò, quel primo giorno
di lavoro, e le accennò anche ai giorni seguenti: tanto ormai lei
aveva capito, che razza di lavoro e che razza di vita potesse essere
la sua. E lei sorrise e annuì, sulla porta dell'albergo lo lasciò
con poche parole
«È stato così anche per me».
Poi Francesca scomparve su per le scale
e fu seguita solo molto più tardi da Giacomo, che era rimasto a
parlare ed a gesticolare con gli altri italiani.
L'indomani giunse caldo e piuttosto
indolente per essere il grande giorno.
Al contrario dei suoi amici, Jackie non
aveva dormito molto: era preoccupato. Preoccupato che qualcosa
potesse andare storto. Preoccupato che Ahanu potesse avere
ripensamenti. Preoccupato che i due italiani avrebbero potuto
strappargli la vittoria dalle mani, sfoggiando oggetti arcani mai
visti prima…
“La notte rende tutto più
spaventoso, Jackie”
Continua...