martedì 30 novembre 2021

Vietato dire Natale e chiamarsi Maria? Eh, non proprio...


Il titolaccio incriminato
 

Allora. Allora.
Per chi provasse ora un po' di confusione riguardo a questa notizia, ecco in breve come funziona la questione:
Niente è vietato. Sí, davvero. Lo so cosa dice il titolo, ma indovina un po'! È un classico esempio di giornalista che fa titolacci fuori contesto per farsi leggere gli articoli. Un "clickbait" direbbero gli inglesi.
Tu, e chiunque altro, puoi benissimo sia dire Natale che chiamarti Maria! È semplicemente stato stilato un documento che non ha valenza legale (capito? Non è legge!) che suggerisce delle linee guida per parlare in maniera inclusiva SOLO ALL'INTERNO della Commissione. Un documento, tra l'altro, che non è ancora entrato in vigore perché va prima ricontrollato.

Questa cosa, in pratica, NON TOCCA I CITTADINI, non c'è nessun reato nuovo, nessuno vi impedirà di essere cristiani o chiamarvi Giovanni!
Le linee guida suggerivano solo, dato che la Commissione europea fa questa bella cosa di mettere a contatto tante culture diverse, di tenersi un po' sul vago per non escludere nessuno quando si parla, senza riferirsi a religioni o identità di genere specifiche, tipo che se puoi dire "umanità" che è una parolina facile facile e italiana, è più simpatico dire quella invece di "uomo", dato che quello ti parla solo di persone di genere maschile.
Ad esempio si può dire "La società umana sta progredendo" invece che "La società dell'uomo sta progredendo". Mica così grave, no? È difficile dire "buone feste" a qualcuno? Qualcuno di voi piange e vomita se non può dire Natale a qualcuno che ha un'altra visione religiosa? Immagino e spero di no.

Ora che sapete cosa sta succedendo davvero, e siete forti di questa conoscenza, potrete con furbizia evitare di farvi infinocchiare da queste bugie stupidine! Andate nel mondo e divertitevi!

lunedì 29 novembre 2021

Il Dizionario dei Cactus di Fuoco: A

Lettera A del Dizionario dei Cactus di Fuoco

  A:
Letterale: verso della ranocchia che non riesce a cantare bene e si sta sforzando per emettere un suono. In senso metaforico, rimanere senza parole. È necessario pronunciare questo vocabolo in maniera corta e secca, ma con un certo sforzo. A volte indica una vera e propria incapacità di parlare e trasmette un certo senso di tenerezza.
Etimologia: questa parola, la più corta presente sul dizionario dei Cactus di Fuoco, proviene da un’immagine-meme in cui è presente una raganella verde con la bocca spalancata che emette, quasi come se la vomitasse, la lettera A. (vedi img. 1)
Img. 1: La raganella che fa "a"
 
 Antiguo:
Dicasi di oggetto o consuetudine ormai vecchia, o desueta. Più raramente usato anche verso creature viventi. Es.: "C'è mangiù antiguo in frigo?". Traduzione: "Ci sono avanzi di cibo nel frigorifero, al momento?"

  Ape pelosina, tu bisogni di una foto:
Dicasi di esemplare di Bombus sylvestris particolarmente fotogenico, a cui si intende scattare una fotografia. Spesso pronunciato cantando.
In senso lato, si può ricorrere a questa espressione ogni volta che ci si imbatte in un qualunque animale a cui si intende scattare una foto.
 
 Arriva Sissicatagliocapelli:
Cantato in tono eroico sulle note iniziali della prima sigla di Attack On Titans, indica l’arrivo (in genere tutt’altro che trionfale) di un improbabile eroe.

 Augello:
Termine arcaico per uccello in italiano, non arcaico per i Cactus di Fuoco che invece ritengono arcaico “uccello”. Es.: “Quel craculo è un augello di bellezza” (ironico). Traduzione: “Quella brutta cornacchia è un uccello proprio bello” (ironico). (Vedi craculo e di bellezza).
 
 
 
 
 

Il Dizionario dei Cactus di Fuoco

Parlando parlando (e scrivendoci) ci siamo accorti di una cosa molto interessante. Tutt’altro che inaudita, ma comunque interessante: quando ci si conosce da molto tempo e si parla insieme di universi narrativi, quando si condividono esperienze tristi e divertenti, quando ci si interessa di cose simili, si finisce per iniziare ad utilizzare un linguaggio condiviso, con termini che pochi altri o a volte nessuno utilizza tranne i parlanti di questa sorta di strana lingua. Insomma, un piccolo gruppo sociale spesso crea un proprio linguaggio, che può essere più o meno complesso, ma che si amplia e infittisce con il tempo e con le esperienze condivise. Fateci caso!
E perciò abbiamo ritenuto interessante annotare le terminologie che usiamo nel parlato (e talvolta anche nello scritto, specie nelle recensioni) e che potrebbero ad alcuni risultare oscuri. Ma soprattutto, oltre alle terminologie, vogliamo parlare dell’etimologia, cioè dell’origine, di questi termini.
Sarà una cosa divertente, perché molte delle parole sono effettivamente da sganasciarsi dalle risate.
Ecco dunque un campionario, in continua espansione, del linguaggio “segreto” (ma da adesso non più) dei Cactus di Fuoco, che raccoglie non solo le parole, ma anche le frasi e i modi di dire più bizzarri che ci accompagnano e contraddistinguono. Un dizionario! Buona lettura.

(Cliccate sulle lettere per andare alla pagina! Ci sono anche le immagini, venghino siniori!)

Nota: ogni settimana nuovi termini! Tornate a trovarci.

A
 
 
C
 
D
 
E
 
F
 
G
 
H
 
I

J
 
K
 
L
 
M
 
N
 
O
 
P
 
Q
 
R
 
S

T

U

V

W

 
X
 
Y

Z

mercoledì 24 novembre 2021

La Cattedra del Giocatore - 4. La moglie

<PRECEDENTE (3. Carta sasso forbice)


Fyodor e Manuel. Manuel e Fyodor. Seduti allo spigolo di un tavolo, con il gomito poggiato fra pile di gettoni di plastica, a guardarsi in faccia come se fossero i protagonisti di chissà che cosa.
Erano pittoreschi, Manuel e Fyodor, un rocker con i capelli lunghi che inizia a diventare anziano e un giovane truffatore dalla faccia nera come il carbone e il sorriso di chi ha fatto uno spot per il dentifricio da mandare in televisione all'Inferno.
«Allora, giochi con me?» Domandò Fyodor. 


 

Manuel guardò con la coda dell'occhio Eleonora, che non si muoveva, come una statua di sale dagli occhi vuoti, e si chiese come mai non ci fosse arrivata lei, a giocare con Fyodor. Non poteva essere lei, la protagonista di questa cosa? Perché non c'era lei, a guardare negli occhi il truffatore?
Un pensiero stupido, ramingo, senza senso ora che c'era da giocare contro il capo per ottenere qualcuno di quegli scintillanti pezzettini di plastica dal valore inestimabile.
«Cosa puntiamo?» Domandò Fyodor, tranquillo «Hai una proposta?»
«Quelle viola» disse Manuel, indicano le fiche in cima alla pila «Quanto valgono?»
«Oh, ne vuoi una?»
«Quanto valgono?»
«Se vuoi te la regalo».
Fyodor sollevò uno dei dischetti dal mucchio e lo posò, con un gesto teatrale, di fronte a Manuel, che abbassò lo sguardo e lesse la scritta impressa in sottilissimi caratteri argentati prima di sbiancare come un fantasma.
«Davvero?» Domandò il rocker
«Davvero» Fyodor serrò le labbra «Che ne pensi? Potresti prendere quella fiche e andare via. Penso ci sia tutto, no?».
Manuel prese il dischetto fra le dita tremanti e lo sollevò, guardandolo da più angolature per capire se aveva letto bene. 1000000000. Un miliardo di euro. Come ce lo si portava a casa, un miliardo di euro? Non ci entrava mica in una macchina o in una carriola o... come? Come ce lo si portava a casa? Erano più soldi di quanti Manuel riuscisse ad immaginare. Mille milioni di euro e Manuel si sarebbe sorpreso anche se fosse stato un milione solo.
«Vai a casa, Manuel» Sorrise Fyodor «Prendi il regalo che ti ho fatto e vattene».
Manuel, con la gola secca, si irrigidì. C'era qualcosa che non andava in tutto questo... l'obiettivo. Manuel non era lì per vincere denaro. Forse era lì per perderlo, certo, ed era per questo che aveva venduto tutto, ma aveva accettato di unirsi a quel gruppo di giocatori per vincere qualcosa di molto più prezioso del denaro.
Certo, un miliardo di euro erano comunque tanti... e forse con quelle ci si poteva comprare qualsiasi cosa. Ma Manuel era intorpidito adesso, titubante, e voleva quello che era suo.
«Gioco duecento euro» Disse
«Punti così poco?» Domandò Fyodor, con gli occhi fintamente tristi
«Mi hai già regalato abbastanza denaro»
«E tu sei qui per questo? Per il denaro?».
L'uomo nero alzò una fiche, prendendola dalla base del disordinato mucchio. Il dischetto era color carne, più piccolo degli altri, e stampato su di esso c'era una fotografia in bianco e nero del volto di una donna. Manuel non batté neppure le palpebre, ma il suo cuore spezzato sobbalzò per un istante, dolorosamente, impietosamente, come nell'ultimo spasmo di una creatura ormai morta.
«Mia moglie» Disse
«La tua ex-moglie» lo corresse Fyodor, facendosi girare la fiche fra le dita «Ora è sposata con Franco, quel gran bell'uomo di Franco, con la sua villa, la sua Lamborghini e i suoi cani dalmata e il suo abbonamento a Sky e il suo lavoro per una di quelle aziende che non si capisce mai bene cosa fanno, ma che spostano tanti, tantissimi soldi... la rivuoi, Manuel?» «Mia moglie. Certo, certo che la rivoglio»
«Perché non te la sei mai ripresa?»
«Cosa avrei dovuto fare?» la voce di Manuel scese ad un sussurro «Lei ha scelto liberamente. Non posso certo...»
«Sei sicuro che lei abbia scelto liberamente?» insinuò Fyodor «Oppure è che lui le ha dato un'opportunità in più, un'opportunità che tu, fallito, non potevi darle? Franco poteva farle vivere il suo sogno. E poteva far studiare vostro figlio in un'università prestigiosa, pagargli i corsi extra, comprargli la macchina. Alla fine, lei ha scelto i suoi soldi, non lui. Ma hai ragione, è stata una libera scelta».
Le parole di Fyodor strisciarono come serpenti moribondi sulla pelle di Manuel, che rabbrividì.
«Ma io posso ridartela» Continuò l'uomo nero «Posso convincerla a tornare con te. E visti tutti i soldi che ti ho dato, lei con te ci rimarrebbe pure, no? Devi solo vincerla» batté la fiche color carne sul tavolo «Ma questa la giocherò una volta sola. Se perdi la distruggerò e tu non potrai mai più riavere tua moglie. Per te va bene?»
«Va bene» disse Manuel.
Ecco, ecco perché era lì. Non per i soldi, ma per rimettere insieme la sua famiglia, la sua vita. I soldi gli sarebbero stati utili, questo era certo, ma non sarebbero mai bastati, da soli, a fermarlo quella volta in cui... in cui...
«Se io punto tua moglie» Continuò Fyodor «Tu devi puntare il miliardo che ti ho dato. Va bene? Una persona vale tanto, no?»
«Certo».
A Manuel la fiche viola sembrò leggerissima, come l'ala strappata di una farfalla, mentre la spingeva di nuovo verso Fyodor. Un miliardo di euro, una cifra per cui c'era gente che aveva mentito, mutilato, ingannato, ucciso, la stessa cifra che per lui, senza la sua famiglia, non significava niente.
«Ca-rta sa-sso fo-rbi-ce».
Fyodor buttò sasso, Manuel carta.
«Un punto per te» Disse il nero, sempre con un sorriso smagliante.
Manuel si asciugò la mano sudata sui pantaloni. L'emozione stava per sopraffarlo, il nervosismo, la paura di perdere, l'euforia della vittoria si mescolavano in un cocktail alla droga che lo inebriava e lo deprimeva. Doveva vincere anche il secondo punto, gli serviva solo quello e se avesse vinto...
«Ca-rta sa-sso fo-rbi-ce».
Fyodor buttò sasso, Manuel forbice.
«Un punto per me» Disse il nero, soffiandosi sul pugno chiuso.
Manuel si sentì stringere alle gambe, il respiro improvvisamente mozzo, la testa che gli girava, le dita formicolanti. Non aveva vinto, ma non aveva ancora neanche perso, e se ne stava lì, a galleggiare in un limbo di sofferenza e a immaginare tutto quello che avrebbe potuto essere o non essere. È
Come avrebbe fatto Fyodor a riconquistare sua moglie per lui? Una cosa del genere davvero era possibile? E alla fine, gliene importava poi molto, di come quel bastardo avrebbe potuto riportargli la donna che lui amava, che aveva amato, che non aveva mai smesso di amare?
«Il tuo problema» Disse Fyodor, stendendo il pugno chiuso davanti a sé «È che ti attacchi alla speranza. Se c'è una cosa importante che puoi vincere, tu ti spaventi all'idea di perderla. Guardati! Guardati Manuel, patetico omuncolo che non sei altro!».
Non c'era disprezzo nella voce di Fyodor, era sempre la stessa, allegra, insinuante. Le sue parole, però, tagliavano come rasoi.
«Guarda come ti sudano le mani, che te le devi asciugare addosso e poi sei tutto bagnato, appiccicoso schifoso. E i tuoi occhi, che erano così... oscuri... ora c'è dentro, ping! Una fiammellina, che si è accesa quando ti ho detto che la cosa che potevi vincere non erano solo i soldi. Guardati! Tutto tremante dalla testa ai piedi...»
«Non sto tremando!» esclamò Manuel, indignato, e la sua voce tremò palesemente.
L'uomo si guardò, le sue scarpe oscillavano appena, le sue gambe non riuscivano a stare perfettamente immobili. Fremeva, era vero, di eccitazione e rabbia, sperando in quell'ultimo punto che gli avrebbe permesso di rivedere sua moglie.
«Giochiamo, Manuel» Concluse Fyodor «Perché tanto, comunque, messo così non puoi vincere».
Una rabbia oscura, pulsante, si fece spazio fra le altre emozioni, piantandosi nel miasma nero della paura che riempiva il petto di Manuel.
«Ca-rta sa-sso fo-rbi-ce».
Ma Fyodor aveva avuto ragione: Manuel, per variare, aveva fatto il segno del sasso, mentre Fyodor, in qualche modo previdente, aveva aperto la mano per simboleggiare la carta.
«Molto bene, ho vinto» Disse l'uomo nero, rimettendo la fiche viola da un miliardo nel suo mucchio «E ora perdi per sempre e definitivamente la tua ex-moglie. Farò in modo che tu non possa vederla in faccia mai più».
Si lanciò il dischetto color carne in bocca e lo masticò, come una caramella, prima di deglutirlo platealmente. Il rumore dei suoi denti che frantumavano l'oggetto si impiantò nel cervello di Manuel, scavando nella polpa della sua rabbia e della sua paura.
«Co-cosa vuol dire che farai in modo che, che io non possa...» Iniziò a sussurrare Manuel, concitato
«Esattamente quello che ho detto. Su, Manuel, si passa al prossimo gioco. In questo, io non ti devo nulla».


sabato 20 novembre 2021

Recensione: Vendetta Strisciante (R.L Stine)

Hello, germoglietti! Per ora stiamo lavorando alacremente alla recensione di un libro che ci avete consigliato e che noi reputiamo davvero fantastico, una riscrittura della mitologia greca con i fiocchi... forse avete capito di cosa parliamo. Ma ci servirà un po' di tempo per completarla, perché vogliamo sottolineare alcune cosettine, perciò nel frattempo abbiamo deciso di darvi in pasto la recensione buffa di un libro brevissimo.
Sì, esatto, uno dei Piccoli Brividi.
E non un Piccoli Brividi qualunque, ma uno dei più bizzarri, improbabili, non-brividosi, di tutta la collezione. Allora, facciamo un gioco, vediamo se siete bravi: quali animali reputate pericolosi e spaventosi? Hmm... forse i mamba neri, no? I mamba neri sono serpenti straordinari, possiedono un veleno letale, sono lunghi fino a quattro metri e come se non bastasse riescono a strisciare all'impressionante velocità di venti chilometri orari, essendo a tutti gli effetti i serpenti più veloci del mondo. Dite che non sono abbastanza? Va bene, allora magari potremmo considerare spaventosi e pericolosi gli ippopotami, bestioni assolutamente enormi che pesano tre tonnellate, corrono a quaranta chilometri orari, hanno zanne che raggiungono i cinquanta centimetri di lunghezza per tre chilogrammi di peso (ma vi rendete conto? Un dente che pesa tre chili!) e ammazzano una cosa come cinquecento persone all'anno.
E se serpenti letali e ippopotami arrabbiati sono forse un po' troppo per un libro per bambini, si potrebbe ripiegare su tigri, leoni, calabroni asiatici, meduse velenose, cani rabbiosi, puma affamati, coccodrilli nascosti nel fango e in generale su qualunque animale che abbia denti o artigli o che, semplicemente, sfoggi un pessimo carattere.
Ecco, avete pensato a quale animale potrebbe essere il protagonista di questo libro? Pensate di averlo indovinato?

E invece no. Perché l'animale che sta sulla copertina di questo libro, quello da cui il romanzo prende il titolo, non è un animale dotato di artigli o denti o veleno o anche solo di banali zampe. A dirla tutta, questo animale non ha il cervello e neanche gli occhi. O il sistema respiratorio (strano, vero?). A dirla tutta tutta tutta, questo cosino è probabilmente la creaturina più innocua dell'intero mondo animale, completamente incapace di fare del male persino ad una mosca claudicante o ad un pulcino con il raffreddore.
L'animale “cattivo” di questo romanzo sono... rullo di tamburi signore e signori e tutte le variazioni... i lombrichi.
E il romanzetto che recensiamo oggi è “Vendetta Strisciante” (“Go eat worms” nella versione originale), di R.L. Stine. Curiosi? Iniziamo subito.
 
1. La trama
Il nostro piccolo protagonista è Todd Barstow, un bambino munito di cappellino dei Raiders (ed è proprio la sua descrizione, lo indossa sempre), non particolarmente brillante (leggasi “scemo”), con una passione per i vermi. A detta sua, lui li “colleziona”. E come cavolo si fa a collezionarli, visto che sono praticamente tutti identici? Cioè, ha una collezione fatta solo di doppioni? Oppure davvero tiene diverse specie? E negli Stati Uniti d'America, quante specie di lombrichi esistono? Anche se ci siamo fatti queste domande, il libro non ci da risposta. Purtroppo.
Il genere Lumbricus è effettivamente molto ricco, con circa settecento specie, ma molti di loro sono così simili fra loro che solo un vero esperto potrebbe distinguerli. E comunque non crediamo che tutte e settecento le specie siano presenti nel montarozzo di terra da cui si serve il nostro protagonista con secchiello e paletta.
Ma vabbé, facciamo finta che il nostro Todd sia realmente un esperto di vermi. Facciamo finta che li sappia distinguere e che sappia allevarli, riprodurli, tenerli in condizioni ideali...
Seeee, come no! Praticamente Todd raccoglie i vermi da terra quando li trova dopo la pioggia, se li porta a casa dove li mette tutti assieme in un vascone, e li usa principalmente per fare scherzi a sua sorella Regina e alla sua amica Beth Baker. E che scherzoni direte voi... niente, le cose degli scemi: glieli lancia nei capelli, glieli infila nella maglietta e cose così. Un genio, proprio.
E poi poveri vermini! Vabbé che non hanno il cervello, però questo qui se li porta sempre in giro (davvero, se li porta a spasso) e gira che ti rigira prima o poi li farà disidratare. Insomma, esperto di vermi un corno.
Ma entriamo nel vivo della trama! Come in tutti i libri con gli animali strani ambientati in America che si rispettino, abbiamo un concorso di scienze organizzato dalla scuola. Voi l'avete mai fatto un concorso di scienze a scuola? NO? Ecco, neanche noi.
Todd pensa di avere la vittoria in pugno esponendo la sua “casa dei vermi”. Wow, che progetto di scienze ambizioso, complimenti, complimenti! Ora sappiamo pure noi cosa fare se entriamo in un concorso di scienze: buttiamo un animale a caso sul banco, magari, boh, degli insetti stecco, e abbiamo la vittoria in tasca! Come dite? Gli insetti stecco sono più complessi, interessanti e difficili da tenere rispetto ai lombrichi? E infatti, non ci veniva in mente una cosa più pietosa della “collezione” di Todd, abbiate pazienza.
Dicevamo, il nostro piccoletto scemo vuole esporre una casa dei vermi, ma scopre con indignazione che un nuovo compagno di Regina di nome Patrick McKay ha invece creato... che cosa direte voi, un dirigibile in miniatura? Una lampadina solare? Il classico plastico del vulcano che erutta lava finta? No, Patrick ha creato un grattacielo per vermi!
Ma R.L. Stine, almeno questo, non è scemo pure lui e il concorso lo fa vincere ad un altro ragazzino, Danny, il migliore amico di Todd, che ha realizzato un rudimentale modello del Sistema Solare, di quelli fatti con la cartapesta e lo sputo e che si tiene insieme per miracolo, anzi non si tiene insieme affatto perché si sfascia parzialmente durante l'esposizione. E vabbé, sicuramente è meglio di quelli che espongono grattacieli per vermi e case per vermi e vermi da tutte le parti. C'è persino una scena, durante 'sta fantomatica gara di scienze, in cui suddetti lombrichi escono dal becco di un gigantesco (e sproporzionato, con la testa grossa) pettirosso di cartapesta. Vabbé, ma che ve lo diciamo a fare...
Todd però è pieno di risentimento, oltre che stupido, e comincia a diventare persino più crudele con i suoi vermi... ad esempio ne taglia uno in due. Probabilmente l'ha irritato meno tagliandolo in due che lanciandolo in giro dalla mattina alla sera, ma questa sembra essere la causa scatenante della VENDETTA STRISCIANTE! Insomma, 'sti vermi iniziano a vendicarsi: si infilano nei suoi vestiti, sotto il suo cappellino, nel suo panino (e c'è pure una scena dove Todd gli da un morso, al panino con dentro il verme... ma insomma, che ci guadagnerà un lombrico a farsi mangiare così?) e persino nei suoi quaderni scolastici.
Todd è nel panico. Todd, il gran genio, pensa che i vermi lo osservino, anche se, come il suo amico Danny gli fa notare, questi poverini non ce li hanno neanche gli occhi.
Riuscirà il nostro cappellinato protagonista a riappacificarsi con i suoi vermi, oppure dovrà eliminarli tutti? Lo scoprirete soltanto leggendo questo libro! YAY!
 
2. La copertina
Todd ha cura delle sue cose...

Una e una sola è la copertina di questo sommo capolavoro dell'orrore, e anch'essa è orrida come si conviene a tal volume... ehm... più o meno. Un quaderno ad anelli con le pagine gialle e la copertina gialla (perché?), gli anelli che non entrano nei buchi della pagine ma sono separati, ed è tutto pieno di vermi. Un parco giochi per vermi, che fanno nuoto sincronizzato a tre a tre, si rotolano fra le pagine, si sollevano come colli di brontosauri e soprattutto sembrano caramelle gommose viola.
Forse il quaderno è giallo per stonare con il colore dei vermi viola. Forse è questa la vera cosa spaventosa del romanzo, gli accostamenti cromatici creati da quella mente malata di Todd.
Orribile.
Orribile.

3. Cosa ci è piaciuto
Che si tratti di una storia veramente strampalata, che ti fa chiedere “e adesso?”. Non riuscivamo proprio ad immaginarci il finale, considerato che gli antagonisti della storia erano i più innocui di cui avessimo mai letto e che non c'era neanche quella tensione psicologica dovuta al fatto che fanno schifo al protagonista, perché è proprio Todd che li “colleziona”. Qualsiasi cosa significhi.
Ah, e poi le risate che ci siamo fatti: quelle ci sono piaciute. Stiamo ridendo pure adesso, mentre scriviamo la recensione.
Ultima piccola nota, il finale inaspettato, che cambia completamente rispetto al “mood” trashone e caciarone del libro, un cliffangher sovrannaturale che in una frase sola, finalmente, vi da un brividino. Che però è l'unico e poi, boh, la storia è finita. Ma quella frase è figa, volevamo dirvelo.
 
4. Cosa non ci è piaciuto
Che sia un Piccoli Brividi senza brividi. Zero, nada, niente, orrore non pervenuto.
E a parte questo, i lombrichi possono effettivamente essere interessanti (non come antagonisti, purtroppo...), ma il libro non approfondisce mai la questione. Anche se in teoria ci dovrebbero essere di mezzo progetti di scienze e un forte interesse da parte del protagonista, dei nostri poveri lombrichini non sappiamo nulla, neanche le cose basilari come la specie a cui appartengono. Anzi, vengono distinti solamente in due categorie: i vermi marroni e i vermi viola. Non viene mai detto cosa mangiano, né quanto sia grande la vasca in cui vivono, né perché siano considerati così fighi da Todd. Niente.
Solo scherzi scemi dalla prima all'ultima pagina. O quasi. Niente spoilers, shh.
Ah, e poi questa è una cosa molto, ma molto personale: abbiamo preso in biblioteca questo libro, ma purtroppo avevano rubato tutti gli adesivi. Ora, volevamo capire che tipo di stickers potessero trovarsi in appendice: vermi viola o vermi marroni? Ma purtroppo, ahinoi, non lo scopriremo mai.
(Se voi avete questo libro, fatecelo sapere).
 
Voto complessivo: 61 su 100. Complimenti, hai passato il test, libro bello! Anche se di poco, ti classifichi fra i gradevoli. Good!
 
Dove potete trovare il libro?
I Piccoli Brividi sono tornati alla ribalta, ahhh! Noi l'abbiamo letto nel formato originale, quello piccolino degli anni novanta, prendendolo in prestito dalla biblioteca (dove quasi certamente lo potreste trovare anche voi), ma lo beccate pure su Amazon! Caso vuole che abbiamo anche un’affiliazione con questo fantomatico Amazon, perciò se vi salta il ghiribizzo di volere in casa un libro da leggere ai vostri cugini a cui fanno schifo i vermi per far provare loro della nausea,  oppure desiderate solo i fantomatici adesivi dei piccoli brividi, potreste dare un’occhiata all’inserzione dal link che vi lasciamo qui! Voi pagate proprio gnente in più, quindi a voi non cambia nulla tranne che è più comodo perché vi basta far click dal link che vi lasciamo, mentre noi ci guadagniamo un paio di centesimi. Consideratelo. Ecco il link!
 
A chi lo consigliamo:
A chi ha un senso dell'umorismo un po' strano e ride per i bambini cretini che fanno cose cretine, si offendono facilmente e cercano di sabotare gli altri. Todd è un protagonista spregevole, sappiamo che ad alcuni di voi piacciono così.

P.S.: Suggeriteci libri da recensire! (Meglio se sono gratis, che siamo senza soldi. Ma accettiamo di tutto). Nota: un sacco di gente si limita a dirci il titolo del libro da recensire, o addirittura a scrivere un sacco di titoli in fila, e non abbiamo davvero il tempo di andare a controllare una ad una tutte le trame per decidere se ci interessano o no, perciò per favore potete scrivere un piccolo abbozzo di cosa parla il libro? Così possiamo decidere se controllare la trama ed eventualmente leggerlo.

Per fare un esempio: "Hey, Cactus! Vi consiglio La Magia del Lupo di Michelle Paver perché è un fantasy diverso dal solito, ambientato nella preistoria, ed è molto avventuroso!" oppure "Ciao, vi consiglio Nina, La Bambina della Sesta Luna, perché è un libro per bambini davvero brutto e mi piacerebbe leggere una recensione scritta da voi per spanciarmi dalle risate".

Vi aspettiamo ;)



sabato 13 novembre 2021

La Cattedra del Giocatore - 3. Carta sasso forbice

 
 «Per chi di voi non conoscesse le regole, esse sono semplicissime» Spiegò Fyodor, allungando le mani davanti a sé dopo aver sollevato un po' le maniche della camicia viola.
Aveva le unghie bianche, quasi madreperlacee, che contrastavano con le dita color liquirizia.
«Bisognerà dire “carta sasso forbice”, cantilenandolo con questo ritmo. Ricordatevelo, “ca-rta sa-sso fo-rbi-ce”. D'accordo? Alla fine della cantilena, la vostra mano dovrà aprirsi e mostrare una delle tre posizioni possibili nel gioco, ovvero carta» e mostrò la mano aperta, con le dita ben distese e vicine tra loro «Sasso» un pugno «Forbice» indice e medio alzati ad imitare le due lame della forbice «Il sasso sconfigge la forbice, piegandola, ma perde contro la carta, da cui è avvolto. La carta quindi sconfigge il sasso, ma perde contro la forbice, da cui è tagliata. La forbice vince contro la carta, tagliandola, ma perde contro il sasso, che la spezza. Tutto chiaro?».
La maggior parte dei presenti annuirono, Luna rise. Ovviamente tutti conoscevano le regole di quel semplicissimo gioco da bambini.
«Bene. Ogni giocatore punterà una posta uguale o equivalente rispetto al proprio compagno di coppia. Mettetevi d'accordo fra voi. Tre sole partite, chi vince due su tre prende l'intera somma. Poi i vincitori si sfideranno fra loro. Alla fine, uno solo di voi vincerà l'intero malloppo. Tutto chiaro?»
«No» borbottò Trevor
«Facciamo finta che ci sfidiamo io e te» suppose Fyodor, smettendo di sorridere «Prova, su. Ca-rta sa-sso fo-rbi-ce. Ecco!».
Trevor aveva buttato forbice, Fyodor carta.
«Ho vinto, in teoria?» Domandò l'uomo vestito da prete
«Sì, hai vinto la partita. Ma per prendere quello che io e te abbiamo scommesso devi vincere altre due volte. Adesso è chiaro?»
«Un poco... e se perdo?»
«Perdi i soldi e sei fuori dal primo gioco. Niente di che, puoi ri-giocare al secondo, tranquillo. Ora è tutto chiaro?»
«Sì»
«Bene. Allora estraggo le coppie».
L'uomo nero infilò una mano nel portapenne a forma di teschio, mescolò con furia i bigliettini e ne estrasse due, tenendone uno fra pollice e indice e l'altro fra medio e anulare. Li aprì sul tavolo e li lesse.
«Trevor e Luna, prima coppia!».
Ancora un'estrazione, due bigliettini alla volta. Manuel si masticò un po' l'interno della guancia, nervoso: tutte le persone così abili con le dita erano sempre riuscite a fregarlo, sembrava che ci fosse una correlazione genetica fra la prestidigitazione e l'essere dei disgustosi truffatori senza scrupoli.
«Manuel e Eleonora, seconda coppia!».
La donna dai capelli azzurri posò gli occhi su Manuel. Aveva l'aria di qualcuno che è seccato anche solo dal proprio respiro.
«Achille e Santa, terza coppia!».
Il ragazzo con la camicia da notte trasalì e i suoi occhi guizzarono verso la ragazza dai capelli rosa. Sembrava spaventato.
«Rimane fuori solo... io. Solo io rimango fuori» Fyodor si strinse nelle spalle «E vabbé, il migliore di voi sfiderà me».
Manuel serrò la mascella: era fin troppo palese che quel tizio aveva segnato il proprio bigliettino per evitare di estrarlo, assicurandosi così di partecipare solo alla “finale” di quella manche, in modo da minimizzare le possibilità di perdere. Però non disse niente, limitandosi a voltarsi verso la sua compagna.
«Cosa ci giochiamo, Eleonora?» Le chiese
«Tutto» rispose lei, rovesciando sul tavolo tutte le fiche che possedeva
«A quanto ammonta il tuo...»
«Novantamila e cento euro»
«Io non ce li ho tutti questi soldi»
«Non me ne importa. Punta tutto quello che hai».
Manuel mise tutte le fiche sul tavolo. Gli si strinse lo stomaco: quella donna era pazza, come le era venuto in mente di puntare tutto sul primo gioco? E perché, perché lui la stava assecondando?
Puntare tutto subito, perdere tutto subito... non aveva senso. Non stava neanche giocando contro Fyodor, ed era solo per confrontarsi con lui che era arrivato fin lì, che aveva venduto tutto ciò che possedeva.
Chiuse gli occhi per un istante e la sagoma polverosa del suo vecchio giradischi, stagliata contro il muro giallo della veranda, riempì la sua visuale. Riaprì gli occhi.
«Perché vuoi perdere tutto?» Domandò lui, sistemando ordinatamente i propri gettoni di plastica in pile dello stesso colore
«Io voglio vincere tutto» rispose Eleonora, a denti stretti
«Ma se perdi...»
«Sono fortunata»
«E allora perché sei qui, se sei così fortunata?».
Eleonora batté le palpebre, leggermente sorpresa, ma non disse niente. Sollevò il pugno chiuso, cercando di invogliare Manuel ad iniziare la partita.
«Perché sei qui?» Ripeté lui, serio
«Perché tu sei qui?» gli domandò indietro Eleonora, seccata
«Perché al contrario di te sono sfortunato. Sono sfortunato da tutta la vita. E ho perso tutto»
«Gioca»
«Ma perderò...»
«Gioca o ti spacco la testa».
Manuel sorrise da sotto i baffi. «Che caratterino!» Commentò, alzando il pugno chiuso «Giochiamo, se hai così tanta fretta. Io non ne ho affatto»
«Forza. Uno, due...»
«Ca-rta sa-sso fo-rbi-ce» Dissero i due sfidanti, contemporaneamente.
Eleonora aprì il pugno: carta. Manuel aprì il pugno: sasso.
«Te l'ho detto» Borbottò Eleonora «Sono fortunata»
«Non sembri contenta» commentò l'uomo, deglutendo e sfregandosi il palmo della mano «Io sarei contento di vincere»
«Forza. Ca-rta sa-sso...»
«No. Aspetta, no. Dimmi perché, prima. Stai per eliminarmi dal gioco, prendendo tutto quello che ho, prima di essere rovinato mi piacerebbe sapere perché lo stai facendo»
«Non ti eliminerò dal gioco. Dopo che avrai finito tutti i soldi potrai comunque giocarti altre cose»
«Cosa vuoi dire?»
«Ci sono gettoni supplementari. Puoi giocarti un rene, per esempio. Oppure gli occhi. Oppure favori sessuali, cose così... anche se perdi tutto il denaro in una sola manche, puoi comunque giocare alla prossima. Sei fuori solo da questa, ma alla prossima torni in gioco, solo senza soldi».
Eleonora parlava con amarezza, ma anche con la sicurezza consumata di chi aveva percorso questo sentiero decine e decine di volte. Quanto spesso metteva in gioco parti di sé stessa? Manuel percorse il poco corpo visibile di lei con gli occhi, alla ricerca di cicatrici... di certo i bulbi oculari di lei sembravano normali. Cos'è che aveva perso? Un rene? O magari l'onore, la dignità? Aveva la faccia di qualcuno che sì, forse aveva perso persino la voglia di vivere. L'anima. O magari non aveva perso mai: stava puntando più di novantamila euro e se aveva tutti quei soldi da scommettere su carta sasso forbice, forse non aveva mai avuto bisogno di dar via i propri organi.
«Sei fortunata» Mormorò Manuel, alzando il pugno «Ca-rta sa-sso for-bi-ce».
Manuel buttò carta, Eleonora sasso. L'uomo si aggrappò al bordo del tavolo, un'espressione di trionfo sul viso.
«Stiamo uno ad uno» Disse «Forse anche io ho un briciolo di fortuna, non credi?».
Eleonora alzò il pugno chiuso, determinata. Manuel aveva già visto quella determinazione, in una situazione che da un lato somigliava incredibilmente a questa, e dall'altra sembrava lontana migliaia di anni luce. Era stato un bambino, a quel tempo. Manuel non ricordava con nostalgia la sua infanzia, non gli richiamava alla mente innocenza e spensieratezza, leggerezza e amore. Manuel non vedeva i propri ricordi ammantati di luce, non sentiva odore di latte, non vedeva i capelli di sua madre aureolati di luce, non sentiva la voce rassicurante di suo padre... la sua infanzia, lui la ricordava come una battaglia.
Si ricordava gli stivaletti di gomma solidamente piantati nel fango, mentre cercava di non farsi strappare un giocattolo dalle mani di un altro bambino, piatti di zuppa o di patate mangiati di fretta, cassettine musicali registrate di nascosto e tenute altrettanto nascostamente in scatole di cartone sotto il letto o dietro i libri, corse lunghissime nei prati fradici d'acqua all'inseguimento di nemici reali o immaginari, il cielo grigio come un sudario che prometteva di inzupparlo di pioggia al più presto.
E ricordava, con la chiarezza di un'immagine vista appena in uno specchio, una partita a carta sasso forbice. Il suo avversario era un ragazzo più grosso di lui, con una testa taurina e i capelli biondi pettinati all'indietro. Gianfranco Maritozzi, detto il Bue d'Oro, e no, non era mai stato un complimento.
«Ca-rta sa-sso fo-rbi-ce» Avevano cantilenato i due bambini, rannicchiati sotto una tettoia di lamiera, in attesa che la pioggia passasse.
Manuel aveva buttato carta, Gianfranco sasso. Quando aveva perso, il Bue d'Oro si era arrabbiato, ma aveva anche insistito per giocare di nuovo. Sul suo muso da ruminante era dipinta una determinazione cieca, quella di chi pensa di essere fortunatissimo e che basterà buttare di nuovo lo stesso simbolo, di nuovo sasso, per vincere contro un avversario che invece avrebbe cambiato simbolo.
La stessa determinazione, su un volto completamente diverso, era quella di Eleonora. Manuel sapeva esattamente cosa stava per succedere: lei avrebbe di nuovo calato il pugno e lo avrebbe fatto rimanere chiuso. “Sasso”. Ci si giocava tutto su un'intuizione, sulla fugace idea che una donna con i capelli azzurri si sarebbe comportata come un ragazzino stupido incontrato quella che sembrava una vita prima.
Manuel prese un profondo respiro.
«Ca-rta sa-sso fo-rbi-ce».
Lui distese le dita, mimando la carta. Lei le tenne chiuse, un pugno duro, impietoso: sasso. Manuel sorrise, le punte arricciate dei baffi grigio-bianchi che curvavano in alto, anche se gli occhi rimasero freddi.
«Sembra che io sia più fortunato di te» Disse.
Eleonora non disse nulla, si limitò a spingere il mucchio disordinato di fiche verso Manuel e poi incrociare le braccia con l'aria di chi aveva dovuto subire l'ennesima ingiustizia ma non aveva alcuna intenzione di porvi rimedio. Manuel iniziò a mettere a posto i dischetti, separandoli per colore, impilandoli sopra ai propri. Soldi, soldi. Quei dannati pezzetti di plastica glitterata rappresentavano una quantità di denaro eccezionale, superiore a tutto quello che era riuscito a raggranellare vendendo ogni oggetto in suo possesso. Bastavano per ritirarsi adesso? Gli altri lo avrebbero lasciato andare via dopo aver vinto tutti quei soldi? Manuel si guardò intorno: la maggior parte dei giocatori avevano già finito la loro partita e i perdenti stavano cedendo, imbronciati, le fiche che avevano scommesso.
Fyodor sogghignava, sfregandosi piano le unghie pallide. Sotto alla capannuccia formata dai suoi avambracci, fra i gomiti poggiati sul tavolo, si ammucchiavano centinaia di fiche giallo brillante, ognuna delle quali valeva simbolicamente diecimila euro. Alcune decine di dischetti violacei, di cui non era stato palesato il valore ma che sembravano particolarmente preziosi, stavano in cima al mucchio, mandando bagliori rosati. “Voglio sfidarlo” Pensò Manuel, con un brivido “Oh, voglio sfidarlo, quel maledetto...”.
Non era solo perché desiderava avere più denaro, no: era perché gli sembrava ingiusto che qualcuno potesse tenere sul tavolo una tale somma e sogghignare, guardando tutta la povera gente disgraziata che si sfidava in un gioco per bambini pur di ottenere una piccola parte di quella ricchezza. Fyodor lo guardò, sorridendogli con quei denti che sembravano capaci di masticargli l'anima.
«Bravo, Manuel» Gli disse, notando il gruzzoletto di fiche che si era accumulato di fronte a lui e la sparizione di tutte quelle di Eleonora «Cominci davvero bene».
Ad essere usciti trionfanti da quella prima manche erano stati Trevor e Santa, oltre ovviamente a Manuel. Trevor aveva guadagnato solo duecento euro (tanto era quello che si era deciso a puntare su un gioco che, a sua detta, non si poteva affrontare con l'intelligenza), mentre Santa aveva arricchito il suo gruzzolo di oltre quarantamila euro. Manuel, sorpreso, scoprì di essere quello che aveva guadagnato di più.
«Estraiamo un po' le coppie finali...» Disse Fyodor, rimettendo nel portapenne solo i nomi di chi aveva vinto.
Manuel deglutì, si disse che non aveva niente da perdere e parlò.
«Posso lasciare il gioco?» Domandò, alzandosi in piedi.
Tutti lo guardarono, la maggior parte con sguardi seccati, come se avessero visto uno scolaretto stupido che manca di rispetto ad un professore ben voluto. Fyodor, però, continuava a sorridere.
«Potete lasciare il gioco in qualsiasi momento fra una manche e l'altra» Rispose, scandendo bene le parole «Quindi se vuoi puoi prendere i tuoi soldi e andartene. Ti basterà portare le fiche al banco di registrazione per fartele cambiare in banconote o lingotti d'oro e andar via, non hai bisogno di dare spiegazioni».
Manuel si sedette di nuovo, circospetto. Non si aspettava minimamente quella risposta: l'aspetto diabolico di Fyodor, le sue parole, quel posto strano gli avevano dato l'impressione di una trappola mortale, non di un gioco che potesse realmente essere divertente. Non aveva alcun senso! Perché organizzare qualcosa del genere, qualcosa in cui chiunque potrebbe andarsene tranquillamente dopo aver vinto tutti quei soldi?
«Come ci si porta via le fiche?» Domandò ancora, indicando il mucchio di gettoni di plastica «Non mi entrano in tasca»
«Lì» Fyodor indicò distrattamente una serie di borse di tela attaccate ad un grosso gancio nero «Prendi una di quella, la riempi ed esci. Ciao ciao!».
Manuel abbassò lo sguardo sulle fiche e deglutì: erano una bella quantità di denaro quei centoquarantamila e cento euro, abbastanza per comprarsi una casetta in una località rurale, per provare a ricominciare lavorando onestamente. Si alzò per andare a prendere una delle borse di tela.
«Le coppie!» Esclamò Fyodor, teatrale e usando un buffo accento britannico «Trevor e Santa! E se Manuel fosse rimasto a giocare... contro di me! Ma sta per andarsene, il nostro cowboy, quindi...».
Manuel si fermò, la sua mano, che aveva appena sfiorato la borsa, si ritrasse come se avesse toccato una fiamma viva. Perché era venuto fin lì? Di certo non per portarsi a casa centoquarantamila miserissimi e sporchi euro: Fyodor gli aveva promesso qualcosa di completamente diverso. Non era lì per i soldi eppure stava per andarsene solo con quelli, che razza di stupidaggine! Girò sui tacchi degli stivaletti e tornò a sedersi al suo posto.
«Io gioco» Disse, secco. Voleva intensamente tenere in mano una di quelle fiche di colore diverso, anche solo per capirne il valore... un milione di euro? Un miliardo? O magari era la valuta che simboleggiava il prezzo di un'anima?
 

martedì 2 novembre 2021

La Cattedra del Giocatore - 2. Il tavolo da gioco


L'interno della sala era nero e oro, elegante come la carta di un cioccolatino costoso, e sarebbe parso realmente raffinato se non fosse stato illuminato da un guazzabuglio di luci al neon, metà verdi e metà fucsia.
L'aria puzzava di fumo e di un deodorante al pino così penetrante da far pensare che fosse stato usato per coprire l'odore di qualcosa di disgustoso. Alcune statue a forma di sfinge, dorate, fissavano i giocatori con occhi rossi e traslucidi, sfaccettati, che sembravano fatti di rubini.
Manuel Karas avanzò verso il tavolo più grande, al centro della sala, che era tutto ingombro di ogni sorta di oggetti colorati. Foglietti, penne, dadi di strana foggia, carte da gioco, tessere, palline e monete che sembravano uscite dal tesoro di un pirata fittizio scintillavano sotto i neon in un modo irreale, quasi fossero parte della grafica di un videogioco e non cose vere, tangibili. Intorno al tavolo sedevano sei persone: due donne dai capelli vivacemente colorati, rispettivamente rosa e blu, un uomo vestito da prete, una ragazzina che non poteva avere più di sedici anni e che stava masticando del tabacco, un ragazzo dall'aria delicata che indossava una camicia da notte e infine lui, l'organizzatore del gioco, quello che aveva parlato... era lui, lui, il motivo per cui Manuel si trovava lì.
Aveva la pelle scurissima, di un marrone grigiastro che era quasi nero, e i capelli raccolti in una coda cespugliosa. Nonostante il colore della sua pelle, lui non aveva lineamenti da africano, ma un naso sottile, adunco, gli occhi piccoli, due perle lucenti e stranamente pallide, che splendevano sempre come se fossero fiocamente retroilluminate. Il suo sorriso, poi, era tutto denti e con due canini leggermente ricurvi, da animale.
Manuel si sedette accanto a lui, senza dire niente.
«Quanti soldi hai portato?» Domandò lui
«Cinquantamila euro» rispose Manuel, lapidario
«Avevi detto di non possedere più nulla... che spreco, giocarti l'anima quando puoi ancora rialzarti...»
«Ho venduto tutto e lo sai benissimo. Non ho più una casa, né un'automobile. Non ho niente, tranne questi soldi»
«Hai venduto anche i dischi di Nick Cave?».
Manuel trasalì: non aveva mai rivelato a quell'uomo di possederli.
«Sì» Rispose però.
La donna con i capelli rosa diede una corta risata roca. Indossava una maglietta dei System of a Down, strappata sul petto, che lasciava intravedere un reggiseno rosso fuoco.
«E i dischi dei Verdena?» Chiese ancora lui
«Sì» Manuel annuì, sentendo qualcosa che gli si stringeva intorno al cuore
«E i CCCP?»
«Sì» un altro colpo, una fitta al petto
«Anche quello di Rancore, quello che ti aveva regalato tuo figlio?»
«Sì. Sì, anche quello».
Un dolore terribile, che gli fece serrare i pugni nascosti sotto al tavolo. Ecco cos'era quella sofferenza: la realizzazione, sempre più acuta, di tutto quello che aveva perso. Per sempre. Senza un passato e forse senza un futuro, pronto a giocarsi l'anima e quel tavolo.
«Ora ci siamo tutti» Disse l'uomo nero, con il suo sorriso tutto denti, bianco fra le labbra nere «Possiamo presentarci, no?».
La donna con i capelli rosa fece un'altra risatina. Quasi tutti mossero gli occhi verso di lei, discretamente, quasi con paura: lei era l'unica a sembrare felice, mentre gli altri erano tetri, distrutti.
«In senso antiorario, forza! A partire dalla mia sinistra» L'uomo nero aprì il palmo e indicò Manuel.
L'uomo prese un profondo respiro e mise le mani sul tavolo. Non erano più serrate, non stavano tremando: tutto a posto.
«Mi chiamo Manuel» Disse, con voce chiara «Sono un archeologo»
«Ciao sexy!» esclamò la ragazza con i capelli rosa.
Manuel deglutì: non se la sentiva di rispondere, di dire niente di più. Non aveva detto “un ex-archeologo”, non voleva essere compatito, voleva solo morire.
«Io sono Achille» Disse il ragazzo con la camicia da notte «Studente di architettura. Sono qui per aiutare la mia famiglia: non abbiamo più nulla»
«Mi chiamo Luna» si presentò la ragazza che masticava tabacco, con una vocina da bimba piccolissima «E non faccio niente nella vita. Non sono una sfigata: sono qui perché voglio esserci»
«Io sono Trevor» disse l'uomo vestito da prete, il vocione da basso che stonava con il volto scarno e pulito
«Eleonora» si presentò la donna con i capelli azzurri, laconica
«Santa!» quasi urlò quella con i capelli rosa, agitando le dita
«E infine io!» Esclamò l'uomo nero, allargando le braccia «Fyodor! E avrei anche un cognome, ma visto che nessuno di voi ha deciso di condividerlo, non vedo perché dovrei farlo io. Anche se vi conosco tutti, eh».
Il suo sguardo passò su tutti i presenti, lo stesso brillare morto nello smalto bianco dei denti e nelle pallide iridi, e i giocatori si fecero piccoli.
«Siete qui per vincere: denaro, amore, sesso, gloria. Siete qui per giocare: il denaro o l'anima. Ognuno di voi sceglierà un gioco e noi lo faremo. Sei manche: ognuna un gioco diverso. Ci sono domande? Sì, Santa?»
«Si può giocare alla roulette russa?»
«No, perché non possiamo uccidere gli altri giocatori, Santa»
«Ah. Il mercante in fiera?»
«Sì, il mercante in fiera sì. Va bene tutto, purché non si uccidano gli altri giocatori prima della fine del gioco»
«Lo scopone scientifico?»
«Sì»
«Lo strip poker?»
«Adoro lo strip poker. Spero in sei manche di strip poker, a dire il vero» un sorriso malandrino, ma che non contagiava gli occhi: finta malizia, un'eccitazione che non ha niente di sessuale.
Manuel ebbe l'impressione vivida che quei denti potessero mangiargliela, l'anima, masticarla come un pezzo di sedano e farne uscire il succo come acqua dal fusto della verdura. Chomp chomp.
«Si inizia in ordine di età» Spiegò Fyodor «Quindi tocca a te, Luna. Scegli il gioco, sono sicuro che per te non sia un problema... ti conosco, piccola monella!».
La ragazzina si grattò una guancia con le unghie smaltate color oro. Le sue labbra rosee si curvarono più volte, prima in un broncio, poi in un mezzo sorriso, una serie di piccole smorfie concentrate mentre cercava il gioco perfetto.
«Giocheremo a carta sasso o forbice» Disse lei alla fine
«Le regole?» domandò Fyodor, bramoso
«Ci si scontrerà uno contro uno, immagino... di volta in volta chi perde esce dal gioco. I vincitori si sfidano con i vincitori. Alla fine, il vincitore prende tutto. Semplice, no?»
«Semplicissimo. Ma siamo sette, non potremo formare tre coppie, uno di noi entrerà solo in finale e... non sembra giusto»
«Sarà la sorte a scegliere le coppie e quindi anche chi rimane fuori per sfidare il vincitore. Scrivete i vostri nomi su dei pezzetti di carta e metteteli in quel portapenne».
Manuel allungò la mano per prendere un post-it rosa e una penna. La penna aveva l'inchiostro glitterato: sembrava che non ci fossero normali biro nere o blu.
“Manuel” Scrisse sul foglietto, poi lo ripiegò a metà e lo infilò nel portapenne a forma di teschio verde acido. Anche gli altri stavano ripiegando i foglietti e li stavano riponendo nello stesso contenitore.
Stava davvero per giocarsi parte di ciò che gli rimaneva a carta sasso forbice? E poi, le aveva capite bene le regole? Non era sicuro di niente...
 
 

lunedì 1 novembre 2021

Ottobre 2021 - Cosa abbiamo creato?

Ottobre 2021 è finito: Ecco cosa abbiamo postato online questo mese, grazie anche al supporto dei nostri beneamati patrons!


+++DISEGNO++++
 
Il Cammino delle Leggende (The Way Of Legends) / Nuovo mondo oscuro (New Dark World) OCs
Tana Viverna | Goretober 1-1. Nosebleed | Goretober 1-2. Nosebleed | Il Monello dello Spazioporto | Goretober 2-1. Organ Spill | Ready for an interview | Fluffy kissy | I'm dirty, aren't I? | Goretober 3-1. Bruised | Goretober 4-1. Blood bath | Goretober 2-2. Organ Spill | Goretober 5-1. Gunshot | Goretober 6-1. Melting | Goretober 7.1 - Pastel gore | Goretober 8-1. Cursed/Transformation | Goretober 9-1. Computer Virus | Goretober 10-1. Candy Gore | Black and golden | Goretober 11-1. Teeth | Goretober 12-1. Possessed | Goretober 2-2. Bruised | Goretober 13-2. Broken bones | Ludo&Ludia | Goretober 2-4. Blood bath | Goretober 14-1. Claws | Goretober 15-1. Torn apart | Goretober 16-1. Plant growth | Goretober 17-1. Lovesick | Goretober 18-1. Distortion | Goretober 19-1. Pills | Goretober 20-1. Eyes | Goretober 21-1. Eating a steak | Goretober 22+23. Knife + stitches |

Commissions  

 In front of the cross (black and white) | Burning down the castle | Bringer-of-Darkness | Evil sphynx | Broken arm | Let's go picking mushrooms! | Two dragons looking down | Reading in autumn | In front of the cross |

Other 

 
Patrons Only! 

+++SCRITTURA+++

Deus Ex Machina

13. Il desiderio di fuggire | 14. Vespa |

Recensioni

Percy Jackson e il ladro di fulmini | L'Estate dei Fantasmi |

La Cattedra del Giocatore

Presentazione + indice | 1. La porta |

Blog posts  

Riguardo alla narrazione animalista estremizzata (sui tropicali questa volta) |


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Totale dei lavori pubblicati:65

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