<PRECEDENTE (3. Carta sasso forbice)
Fyodor e Manuel. Manuel e Fyodor. Seduti allo spigolo di un tavolo, con il gomito poggiato fra pile di gettoni di plastica, a guardarsi in faccia come se fossero i protagonisti di chissà che cosa.
Erano pittoreschi, Manuel e Fyodor, un rocker con i capelli lunghi che inizia a diventare anziano e un giovane truffatore dalla faccia nera come il carbone e il sorriso di chi ha fatto uno spot per il dentifricio da mandare in televisione all'Inferno.
«Allora, giochi con me?» Domandò Fyodor.
Manuel guardò con la coda dell'occhio Eleonora, che non si muoveva, come una statua di sale dagli occhi vuoti, e si chiese come mai non ci fosse arrivata lei, a giocare con Fyodor. Non poteva essere lei, la protagonista di questa cosa? Perché non c'era lei, a guardare negli occhi il truffatore?
Un pensiero stupido, ramingo, senza senso ora che c'era da giocare contro il capo per ottenere qualcuno di quegli scintillanti pezzettini di plastica dal valore inestimabile.
«Cosa puntiamo?» Domandò Fyodor, tranquillo «Hai una proposta?»
«Quelle viola» disse Manuel, indicano le fiche in cima alla pila «Quanto valgono?»
«Oh, ne vuoi una?»
«Quanto valgono?»
«Se vuoi te la regalo».
Fyodor sollevò uno dei dischetti dal mucchio e lo posò, con un gesto teatrale, di fronte a Manuel, che abbassò lo sguardo e lesse la scritta impressa in sottilissimi caratteri argentati prima di sbiancare come un fantasma.
«Davvero?» Domandò il rocker
«Davvero» Fyodor serrò le labbra «Che ne pensi? Potresti prendere quella fiche e andare via. Penso ci sia tutto, no?».
Manuel prese il dischetto fra le dita tremanti e lo sollevò, guardandolo da più angolature per capire se aveva letto bene. 1000000000. Un miliardo di euro. Come ce lo si portava a casa, un miliardo di euro? Non ci entrava mica in una macchina o in una carriola o... come? Come ce lo si portava a casa? Erano più soldi di quanti Manuel riuscisse ad immaginare. Mille milioni di euro e Manuel si sarebbe sorpreso anche se fosse stato un milione solo.
«Vai a casa, Manuel» Sorrise Fyodor «Prendi il regalo che ti ho fatto e vattene».
Manuel, con la gola secca, si irrigidì. C'era qualcosa che non andava in tutto questo... l'obiettivo. Manuel non era lì per vincere denaro. Forse era lì per perderlo, certo, ed era per questo che aveva venduto tutto, ma aveva accettato di unirsi a quel gruppo di giocatori per vincere qualcosa di molto più prezioso del denaro.
Certo, un miliardo di euro erano comunque tanti... e forse con quelle ci si poteva comprare qualsiasi cosa. Ma Manuel era intorpidito adesso, titubante, e voleva quello che era suo.
«Gioco duecento euro» Disse
«Punti così poco?» Domandò Fyodor, con gli occhi fintamente tristi
«Mi hai già regalato abbastanza denaro»
«E tu sei qui per questo? Per il denaro?».
L'uomo nero alzò una fiche, prendendola dalla base del disordinato mucchio. Il dischetto era color carne, più piccolo degli altri, e stampato su di esso c'era una fotografia in bianco e nero del volto di una donna. Manuel non batté neppure le palpebre, ma il suo cuore spezzato sobbalzò per un istante, dolorosamente, impietosamente, come nell'ultimo spasmo di una creatura ormai morta.
«Mia moglie» Disse
«La tua ex-moglie» lo corresse Fyodor, facendosi girare la fiche fra le dita «Ora è sposata con Franco, quel gran bell'uomo di Franco, con la sua villa, la sua Lamborghini e i suoi cani dalmata e il suo abbonamento a Sky e il suo lavoro per una di quelle aziende che non si capisce mai bene cosa fanno, ma che spostano tanti, tantissimi soldi... la rivuoi, Manuel?» «Mia moglie. Certo, certo che la rivoglio»
«Perché non te la sei mai ripresa?»
«Cosa avrei dovuto fare?» la voce di Manuel scese ad un sussurro «Lei ha scelto liberamente. Non posso certo...»
«Sei sicuro che lei abbia scelto liberamente?» insinuò Fyodor «Oppure è che lui le ha dato un'opportunità in più, un'opportunità che tu, fallito, non potevi darle? Franco poteva farle vivere il suo sogno. E poteva far studiare vostro figlio in un'università prestigiosa, pagargli i corsi extra, comprargli la macchina. Alla fine, lei ha scelto i suoi soldi, non lui. Ma hai ragione, è stata una libera scelta».
Le parole di Fyodor strisciarono come serpenti moribondi sulla pelle di Manuel, che rabbrividì.
«Ma io posso ridartela» Continuò l'uomo nero «Posso convincerla a tornare con te. E visti tutti i soldi che ti ho dato, lei con te ci rimarrebbe pure, no? Devi solo vincerla» batté la fiche color carne sul tavolo «Ma questa la giocherò una volta sola. Se perdi la distruggerò e tu non potrai mai più riavere tua moglie. Per te va bene?»
«Va bene» disse Manuel.
Ecco, ecco perché era lì. Non per i soldi, ma per rimettere insieme la sua famiglia, la sua vita. I soldi gli sarebbero stati utili, questo era certo, ma non sarebbero mai bastati, da soli, a fermarlo quella volta in cui... in cui...
«Se io punto tua moglie» Continuò Fyodor «Tu devi puntare il miliardo che ti ho dato. Va bene? Una persona vale tanto, no?»
«Certo».
A Manuel la fiche viola sembrò leggerissima, come l'ala strappata di una farfalla, mentre la spingeva di nuovo verso Fyodor. Un miliardo di euro, una cifra per cui c'era gente che aveva mentito, mutilato, ingannato, ucciso, la stessa cifra che per lui, senza la sua famiglia, non significava niente.
«Ca-rta sa-sso fo-rbi-ce».
Fyodor buttò sasso, Manuel carta.
«Un punto per te» Disse il nero, sempre con un sorriso smagliante.
Manuel si asciugò la mano sudata sui pantaloni. L'emozione stava per sopraffarlo, il nervosismo, la paura di perdere, l'euforia della vittoria si mescolavano in un cocktail alla droga che lo inebriava e lo deprimeva. Doveva vincere anche il secondo punto, gli serviva solo quello e se avesse vinto...
«Ca-rta sa-sso fo-rbi-ce».
Fyodor buttò sasso, Manuel forbice.
«Un punto per me» Disse il nero, soffiandosi sul pugno chiuso.
Manuel si sentì stringere alle gambe, il respiro improvvisamente mozzo, la testa che gli girava, le dita formicolanti. Non aveva vinto, ma non aveva ancora neanche perso, e se ne stava lì, a galleggiare in un limbo di sofferenza e a immaginare tutto quello che avrebbe potuto essere o non essere. È
Come avrebbe fatto Fyodor a riconquistare sua moglie per lui? Una cosa del genere davvero era possibile? E alla fine, gliene importava poi molto, di come quel bastardo avrebbe potuto riportargli la donna che lui amava, che aveva amato, che non aveva mai smesso di amare?
«Il tuo problema» Disse Fyodor, stendendo il pugno chiuso davanti a sé «È che ti attacchi alla speranza. Se c'è una cosa importante che puoi vincere, tu ti spaventi all'idea di perderla. Guardati! Guardati Manuel, patetico omuncolo che non sei altro!».
Non c'era disprezzo nella voce di Fyodor, era sempre la stessa, allegra, insinuante. Le sue parole, però, tagliavano come rasoi.
«Guarda come ti sudano le mani, che te le devi asciugare addosso e poi sei tutto bagnato, appiccicoso schifoso. E i tuoi occhi, che erano così... oscuri... ora c'è dentro, ping! Una fiammellina, che si è accesa quando ti ho detto che la cosa che potevi vincere non erano solo i soldi. Guardati! Tutto tremante dalla testa ai piedi...»
«Non sto tremando!» esclamò Manuel, indignato, e la sua voce tremò palesemente.
L'uomo si guardò, le sue scarpe oscillavano appena, le sue gambe non riuscivano a stare perfettamente immobili. Fremeva, era vero, di eccitazione e rabbia, sperando in quell'ultimo punto che gli avrebbe permesso di rivedere sua moglie.
«Giochiamo, Manuel» Concluse Fyodor «Perché tanto, comunque, messo così non puoi vincere».
Una rabbia oscura, pulsante, si fece spazio fra le altre emozioni, piantandosi nel miasma nero della paura che riempiva il petto di Manuel.
«Ca-rta sa-sso fo-rbi-ce».
Ma Fyodor aveva avuto ragione: Manuel, per variare, aveva fatto il segno del sasso, mentre Fyodor, in qualche modo previdente, aveva aperto la mano per simboleggiare la carta.
«Molto bene, ho vinto» Disse l'uomo nero, rimettendo la fiche viola da un miliardo nel suo mucchio «E ora perdi per sempre e definitivamente la tua ex-moglie. Farò in modo che tu non possa vederla in faccia mai più».
Si lanciò il dischetto color carne in bocca e lo masticò, come una caramella, prima di deglutirlo platealmente. Il rumore dei suoi denti che frantumavano l'oggetto si impiantò nel cervello di Manuel, scavando nella polpa della sua rabbia e della sua paura.
«Co-cosa vuol dire che farai in modo che, che io non possa...» Iniziò a sussurrare Manuel, concitato
«Esattamente quello che ho detto. Su, Manuel, si passa al prossimo gioco. In questo, io non ti devo nulla».
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