<Precedente (capitolo 12)
Rosetta Gomblotti rientrò nella villa attraversando la stessa
finestra da cui si era gettata per fuggire. Normalmente la vecchia
avrebbe sbuffato anche solo per sollevare una pera, ma quando si
trattava di introdursi illegalmente nelle abitazioni degli altri,
improvvisamente tutti gli acciacchi dell’età (e il bisogno cronico di
lamentarsi) passavano in secondo piano.
Atterrò morbidamente
sulle ciabatte gommose, rese tali da innumerevoli strati di sudore secco
che avevano impregnato la spugna, e ridacchiò fra sé e sé.
«Hehehe. Il rapitore pensa di rapirmi e poi, quando mi sono abituata, di
sbattermi fuori? Nossignore, la pula non mi avrà mai!».
L’anziana signora era rimasta nascosta in mezzo ai cespugli per ore,
mangiando dei biscotti che si era nascosta nelle tasche per combattere
la fame, uscendo di quando in quando dal suo nascondiglio per bere
l’acqua della piscina e aveva orinato per ben due volte in un vaso di
gerani. Quando il sole era calato oltre la linea dell’orizzonte, e le
prime timide stelle erano affacciate nel blu scuro del cielo, Rosetta
aveva deciso di rientrare.
«E ora niente mi fermerà!» Disse la
vecchia, alzando le braccia, ma non aveva fatto i conti con i sensi
sviluppatissimi di uno degli inquilini: la cagnolina Ivy.
La
bestiola aveva immediatamente individuato il trambusto grazie alle
sensibili orecchiette e ora, con la codina dritta come l’antenna di un
telefono, trottava verso la stanza in cui si trovava Rosetta.
La
vecchia guardò con occhi spalancati quella palletta di pelo che
saltellava nella sua direzione, poi si guardò intorno alla ricerca di
un’arma con cui mettere a tacere il cane… eccolo! Un ombrello in un
portaombrelli a forma di Ercole con un cesto sulla schiena! Rosetta
afferrò l’oggetto con la fierezza di un pirata con la sua sciabola e lo
brandì verso Ivy.
«Un altro solo passo» Sussurrò «E ti riduco in poltiglia, cane sbirro!».
Forse Ivy fu soltanto spaventata dall’ombrello che le veniva puntato
contro, forse era stata in grado di capire le parole che le erano state
rivolte, ma il risultato non cambiò: prese ad abbaiare come un’ossessa,
trasformandosi nel perfetto cane da guardia.
Rosetta la inseguì, agitando minacciosamente l’ombrello, ma non riuscì a colpirla neanche una volta.
«Che succede, bambina?» Domandò una voce d’uomo da due camere di distanza.
«Oh no!» Esclamò Rosetta «Il palestrato rapitore!».
Ivy abbaiò più forte, rinculando tanta era la ferocia con cui segnalava
quell’intrusa. Rosetta si mise l’ombrello sottobraccio e si precipitò a
nascondersi in quello che lei credeva essere un nascondiglio, ma che in
realtà era il salotto. Ah, povera vecchina malvagia, si era persa!
Il signor Lazzaretti, con il telecomando in mano, si era appena alzato
per andare a controllare. Dietro di lui, l’enorme televisore a schermo
piatto illuminava la stanza di un chiarore azzurrino.
«Signora Rosetta...» Disse Daniele Lazzaretti «Che cosa ci fa qui?»
«Mi levi di torno il suo cane, oppure la denuncio!» strillò la vecchia, battendo per terra un piede
«Si rilassi, la prego signora Rosetta. La piccola Ivy vuol soltanto giuocare...»
«Ah sì? Vuol “giuocare” un corno, vuole mangiarmi i piedi!».
Il signor Lazzaretti si abbassò e subito la sua cagnolina gli corse fra
le braccia, mostrando che non voleva mangiare i piedi di nessuno.
«Quel cane killer deve essere appartenuto alla polizia...» Sbuffò la signora Rosetta.
Daniele Lazzaretti inclinò appena la testa, più per mostrare il collo
muscoloso che per vera curiosità, e con voce pacata disse «Signora, lei
deve proprio andarsene da casa mia. Le forze dell’ordine sono state più
che chiare con la loro favella: nessun estraneo può venire ad abitare
nella mia casa, non durante il tempo di questa epidemia! Orsù, ritorni a
casa prima che avvengano contagi!»
«Contagi un corno!» strillò la
signora Rosetta «Mio nipote mi ha detto che questa è tutta una
cospirazione e io ci credevo pure da prima! Vogliono ammazzare tutti noi
poveri vecchietti per non dover pagare più le nostre pensioni… e se non
mi aiuti, pensando “tanto io sono giovane”, devi capire che anche tu,
quando sarai vecchio, verrai ammazzato dall’INPS proprio come vogliono
fare con me!»
«Orsù, non sia irragionevole, signora...» Daniele si avvicinò alla donna di qualche passo
«Signora un corno! Io pretendo di rimanere in questa casa! La pula non
mi avrà mai...» la signora Rosetta si guardò intorno, poi vide, sullo
schermo televisivo, un carabiniere «AH! Maledetta pula!».
E con
questo grido di battaglia, la vecchina colpì con un calcio il
telecomando che si trovava nella mano sinistra di Daniele Lazzaretti,
facendo sobbalzare la piccola Ivy e procurando una serie di contusioni
alle dita dell’uomo. Il telecomando volò via dalla presa di Daniele e si
schiantò in un angolo della stanza, dove cadde con i bottoni in giù e,
premendo a terra, alzò immediatamente al massimo il volume della
televisione.
«I CARABINIERI HANNO TROVATO UN CONTRABBANDO DI
MASCHERINE ILLEGALI CHE SI STRAPPANO APPENA VENGONO TOCCATE, PERCHÉ SONO
FATTE CON LA CARTA VELINA E GLI ELASTICI PER MUTANDE!» Gridò la
conduttrice del telegiornale
«AHHHH!» strillò ancora più forte la signora Rosetta, dandosi ad una fuga precipitosa.
Daniele mise delicatamente a terra la sua cagnolina, controllò di non
avere nessun dito rotto e solo in seguito inseguì la signora Rosetta, ma
era passato ormai troppo tempo e sembrava impossibile capire in che
direzione fosse andata: la cercò in cucina, in tutti i bagni, nelle
camere da letto, nel sottotetto e negli stanzini, ma sembrava che
l’anziana donna si fosse volatilizzata. Aveva lasciato Ivy nel salotto e
la cagnolina era rimasta tranquilla, perciò l’uomo credette che la
vecchia avesse finalmente deciso di tornare a casa propria e rispettare
la legge.
Se Daniele Lazzaretti avesse però conosciuto bene
quella donna, avrebbe capito che farle rispettare la legge era
un’eventualità a dir poco improbabile. Rosetta si era infatti nascosta
sotto il letto dopo essersi avvolta tutta in una coperta marrone ed
essersi addossata al muro, rendendosi così praticamente invisibile a chi
distrattamente cercava una (quasi) innocua vecchietta. Stava
soffocando, certo, e la posizione rannicchiata le faceva un po’ male
alle gambe, ma lei era disposta a tutto pur di infrangere la legge.
Dal piano di sotto, la televisione sbraitava ancora, così forte da
essere udibile da qualsiasi punto della casa. La signora Gomblotti non
avrebbe potuto sentire i passi del signor Lazzaretti, così come il
Signor Lazzaretti non avrebbe potuto individuare quelli della signora
Gomblotti, ma quest’ultima aveva già in mente un piano! Vicino alle
scale, al piano superiore, c’era un grande tappeto persiano, e se lei
fosse riuscita a farci salire sopra Daniele e a tirarlo forte senza che
l’uomo se ne accorgesse, il poverino sarebbe di certo caduto dalle scale
e, con un po’ di fortuna, sarebbe rimasto incosciente… o sarebbe morto.
La signora Gomblotti, per essere chiari, non aveva mai ammazzato
nessuno. Questo però non significa che non desiderasse ardentemente
farlo, almeno una volta.
«Quell’uomo prima mi ha rapito» Si disse
fra sé «E poi mi vuole de-rapire e rimandare a casa proprio quando
iniziavo a mettermi comoda! Merita la morte, no? Vuole approfittarsi
così di una povera vecchia...».
Il volume della televisione scemò
d’un tratto fino a scomparire, perché il padrone di casa, al piano di
sotto, la aveva spenta. La signora Rosetta Gomblotti si strinse più
forte nella sua coperta, badando a non emettere alcun rumore sospetto.
La mancanza di ossigeno stava iniziando a farle vedere delle bizzarre
apparizioni di angioletti ladri di biciclette quando la vecchina sentì i
passi gagliardi del giovane che risalivano le scale… che attraversavano
il corridoio… che entravano nella camera da letto, la stessa in cui si
trovava lei.
Daniele Lazzaretti si infilò il suo amato pigiama
dei Pokémon (di tipo lotta, ovviamente) con i pantaloncini corti, rimirò
i muscoli delle sue gambe allo specchio constatando con piacere che non
avevano perso volume, si lavò i denti nel bagnetto adiacente alla
stanza e poi si coricò nel letto. Rosetta Gomblotti, sogghignando,
ascoltò tutta intenta il respiro dell’uomo, che si faceva sempre più
regolare, poi, quando fu sicura che Daniele si fosse addormentato,
lentamente si srotolò dal suo bozzolo di coperta e sfarfallò come una
falena grinzosa e assassina. Strisciando fuori da sotto il letto, usando
solo i gomiti, si chiese come avrebbe potuto neutralizzare la dannata
cagnetta… e poi la vide, che dormiva pacificamente sul petto del suo
padrone, ignara di tutto anche lei.
“Ah!” Pensò trionfante “Non
sei un cane poliziotto così bravo, eh? Vedremo come te la caverai come
cane detective, dopo che il tuo padrone sarà morto in circostanze
misteriose...”.
Nella sua borsetta, Rosetta portava sempre un
paio di guanti. Erano guanti monouso, quindi in teoria avrebbero dovuto
essere utilizzati una volta sola, ma questi avevano visto così tanti
misfatti e disavventure da essere ormai marroni. E no, il marrone non
era il colore originale. La vecchietta si infilò i guanti e, in punta di
piedi, uscì dalla stanza.
I cani hanno sensi sviluppatissimi e
il loro udito continua a funzionare anche nel sonno come se fossero
svegli, ma grazie alle ciabatte gommose (e alla sua esperienza
nell’aggirarsi di notte nelle case dei vicini) Rosetta non produceva più
rumore di una foglia secca che cade su un soffice prato ben curato. La
vecchia esplorò la casa per quasi mezz’ora, alla ricerca dei materiali
che le servivano per la realizzazione del suo diabolico piano, poi
preparò tutto. Spostò il tappeto persiano e ci passò sotto un’abbondante
dose di cera per pavimenti super-scivolosa, che aveva scovato in uno
stanzino, poi lo rimise a posto. Usò gli elastici da allenamento e una
corda per saltare, strettamente annodati fra loro, per legare un angolo
del tappeto alla maniglia di una porta, che lasciò socchiusa. Mise di
lato un bilanciere cromato, da usare a mo’ di bastone se ce ne fosse
stato il bisogno. Scese al piano di sotto, stando ben attenta ad evitare
la trappola che ella stessa aveva costruito, entrò nel salotto e accese
la televisione, alzando il volume al massimo.
Al piano di sopra,
Ivy e il suo padrone Daniele si svegliarono di soprassalto al grido di
“CROCCOLE GELATO, DELIZIO ASSICURATO!”. Chi aveva acceso la televisione?
Poteva essersi accesa da sola? E perché qualcuno aveva deciso che
“delizio” fosse una parola che si può usare in uno slogan pubblicitario?
Chiedendosi tutte queste cose, Daniele scese a piedi nudi dal letto,
mentre la povera Ivy si guardava intorno tremando un poco, con gli occhi
grandi e rotondi come due bottoni neri.
«Vado a controllare, non
preoccuparti bimba» Le mormorò l’uomo, poi si diresse a grandi passi
verso la trappola di Rosetta Gomblotti.
La vecchia aveva risalito
in fretta le scale ed era andata ad afferrare la porta a cui era stato
legato il tappeto. Sogghignava, la faccia tutta piena di piegoline
rugose di compiaciuta malvagità, e quel sorriso si allargò ancora di più
quando vide arrivare il signor Lazzaretti.
«Signora Gomblotti!» Esclamò l’uomo, allargando le braccia «Che cosa ci fa di nuovo in casa mia?».
Un piede era sul tappeto. L’altro piede, ora l’altro piede… eccolo, anche lui era sul tappeto!
«Giovanotto, tu hai paura dei fantasmi?» Domandò Rosetta, senza smettere di sogghignare per un secondo
«No!»
«E allora spero che sarai contento di diventare uno di loro!».
La vecchia tirò con forza la porta e, con essa, il tappeto, che scivolò
con facilità sul doppio strato di cera per pavimenti effetto piastrella
bagnata. Daniele si accorse di quello che stava succedendo, ma non ebbe
il tempo di reagire: volò all’indietro, completamente privo
dell’equilibrio, e prese a ruzzolare giù per le scale dopo essere
rimasto sospeso in aria per un paio di metri. Quando il suo massiccio
corpo muscoloso ebbe smesso di rotolare non si mosse più, con gli occhi
chiusi e gli arti inerti.
Rosetta strinse gli occhi come due
fessure: credeva fermamente nel suo piano, ma non sapeva dire se
quell’uomo stesse bluffando o se fosse svenuto davvero. Lei era pronta
comunque ad ogni evenienza! Andò a recuperare il bilanciere di metallo
cromato e scese con cautela le scale, pronto a darlo in testa all’uomo.
Avrebbe preferito non doverlo colpire, per fare sembrare più plausibile
l’ipotesi di un semplice incidente, ma se lui si fosse mosso ancora,
allora…
Daniele non si mosse. La vecchia lo punzecchiò con la
punta della ciabatta, poi gli diede un calcio su un orecchio, e l’uomo
rimase del tutto fermo. Con i suoi guanti sporchi, Rosetta aprì una
palpebra dell’uomo e guardò l’occhio immobile che fissava qualche punto
alla sua sinistra.
Fu allora che la cagnolina Ivy comparve in cima alle scale, agitando nervosamente la codina.
«Tu!» Gridò Rosetta «Maledetto cane!»
«Uahu!» fece l’animaletto, con voce stridula, prima di precipitarsi giù
per le scale ed annusare il corpo immobile del suo padrone.
Rosetta catturò immediatamente Ivy, afferrandola per la collottola, e
ignorando il pianto disperato della creatura la portò in cucina e la
chiuse nel cestino di plastica marrone della spazzatura organica,
posando una grossa pentola sul coperchio per evitare che potesse
liberarsi.
«Una povera vecchia come me...» Disse, in tono
affranto «… Oh, che cosa deve fare una povera vecchia come me per essere
rispettata e prendersi quello che è suo?».
Da dentro il cestino,
Ivy abbaiava e guaiva, piangeva e grattava con le zampine. Il suo
padrone! Oh, il suo padrone! Lei doveva andare a salvarlo, doveva… ma
era chiusa, chiusa come quando era stata cucciola, prima di essere
liberata da lui… doveva salvarlo!
«Marcirai lì dentro, cane
piagnucoloso» Disse la vecchia «I piagnoni non piacciono a nessuno sai? E
poi sei troppo fru fru per un uomo grande e grosso, lo facevi sembrare
gay...».
Forse Ivy era solo molto arrabbiata, forse aveva in
qualche modo di nuovo capito le parole di Rosetta, ma il risultato fu
comunque che il guaito spaventato e veemente si mutò in un ringhio
feroce e quasi sproporzionato al suo corpo, una ferocia da dobermann che
si scatenava da un corpo minuscolo.
Temendo che riuscisse
comunque a liberarsi, Rosetta assicurò bene il coperchio con dello spago
da cucina, finendo quasi un rotolo intero per avvolgere più e più volte
l’intero contenitore, poi ci posò di nuovo la pentola di sopra. Ecco,
ora Ivy non sarebbe mai riuscita a liberarsi da sola!
La vecchia
ridacchiò: il suo perfetto piano era riuscito. La polizia non avrebbe
scoperto subito il corpo del signor Lazzaretti, perché la villa era
molto isolata, e quando l’avrebbero finalmente rinvenuto avrebbero
immediatamente pensato ad un incidente.
Fino ad allora, Rosetta
si sarebbe goduta la casa. Male che vada avrebbe dovuto sorbirsi l’odore
di un cadavere in decomposizione, ma sapeva per esperienza personale
che dopo un po’ neanche ci si faceva più caso. Dopotutto aveva
convissuto per trent’anni con il suo ora defunto marito, l’uomo con i
piedi più puzzolenti del mondo, ed era sopravvissuta senza problemi.
La quarantena sarebbe durata a lungo… e per tutto quel tempo, la
grande, magnifica, costosa casa di Daniele Lazzaretti sarebbe
appartenuta solamente a lei, Rosetta Gomblotti! E chi lo sa, magari
sarebbe stata anche in grado di inventarsi qualcosa per tenersela più a
lungo.
«Rosetta» Si disse la donna, con le mani sui fianchi «Sei una vera giustiziera smascherata. Dovrebbero darti una medaglia!».
Nessun commento:
Posta un commento