sabato 13 giugno 2020

Un boccaccio di Amuchina - 13. Il complotto di Gomblotti

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Rosetta Gomblotti rientrò nella villa attraversando la stessa finestra da cui si era gettata per fuggire. Normalmente la vecchia avrebbe sbuffato anche solo per sollevare una pera, ma quando si trattava di introdursi illegalmente nelle abitazioni degli altri, improvvisamente tutti gli acciacchi dell’età (e il bisogno cronico di lamentarsi) passavano in secondo piano.
Atterrò morbidamente sulle ciabatte gommose, rese tali da innumerevoli strati di sudore secco che avevano impregnato la spugna, e ridacchiò fra sé e sé.
«Hehehe. Il rapitore pensa di rapirmi e poi, quando mi sono abituata, di sbattermi fuori? Nossignore, la pula non mi avrà mai!».
L’anziana signora era rimasta nascosta in mezzo ai cespugli per ore, mangiando dei biscotti che si era nascosta nelle tasche per combattere la fame, uscendo di quando in quando dal suo nascondiglio per bere l’acqua della piscina e aveva orinato per ben due volte in un vaso di gerani. Quando il sole era calato oltre la linea dell’orizzonte, e le prime timide stelle erano affacciate nel blu scuro del cielo, Rosetta aveva deciso di rientrare.
«E ora niente mi fermerà!» Disse la vecchia, alzando le braccia, ma non aveva fatto i conti con i sensi sviluppatissimi di uno degli inquilini: la cagnolina Ivy.
La bestiola aveva immediatamente individuato il trambusto grazie alle sensibili orecchiette e ora, con la codina dritta come l’antenna di un telefono, trottava verso la stanza in cui si trovava Rosetta.
La vecchia guardò con occhi spalancati quella palletta di pelo che saltellava nella sua direzione, poi si guardò intorno alla ricerca di un’arma con cui mettere a tacere il cane… eccolo! Un ombrello in un portaombrelli a forma di Ercole con un cesto sulla schiena! Rosetta afferrò l’oggetto con la fierezza di un pirata con la sua sciabola e lo brandì verso Ivy.
«Un altro solo passo» Sussurrò «E ti riduco in poltiglia, cane sbirro!».
Forse Ivy fu soltanto spaventata dall’ombrello che le veniva puntato contro, forse era stata in grado di capire le parole che le erano state rivolte, ma il risultato non cambiò: prese ad abbaiare come un’ossessa, trasformandosi nel perfetto cane da guardia.
Rosetta la inseguì, agitando minacciosamente l’ombrello, ma non riuscì a colpirla neanche una volta.
«Che succede, bambina?» Domandò una voce d’uomo da due camere di distanza.
«Oh no!» Esclamò Rosetta «Il palestrato rapitore!».
Ivy abbaiò più forte, rinculando tanta era la ferocia con cui segnalava quell’intrusa. Rosetta si mise l’ombrello sottobraccio e si precipitò a nascondersi in quello che lei credeva essere un nascondiglio, ma che in realtà era il salotto. Ah, povera vecchina malvagia, si era persa!
Il signor Lazzaretti, con il telecomando in mano, si era appena alzato per andare a controllare. Dietro di lui, l’enorme televisore a schermo piatto illuminava la stanza di un chiarore azzurrino.
«Signora Rosetta...» Disse Daniele Lazzaretti «Che cosa ci fa qui?»
«Mi levi di torno il suo cane, oppure la denuncio!» strillò la vecchia, battendo per terra un piede
«Si rilassi, la prego signora Rosetta. La piccola Ivy vuol soltanto giuocare...»
«Ah sì? Vuol “giuocare” un corno, vuole mangiarmi i piedi!».

Il signor Lazzaretti si abbassò e subito la sua cagnolina gli corse fra le braccia, mostrando che non voleva mangiare i piedi di nessuno.
«Quel cane killer deve essere appartenuto alla polizia...» Sbuffò la signora Rosetta.
Daniele Lazzaretti inclinò appena la testa, più per mostrare il collo muscoloso che per vera curiosità, e con voce pacata disse «Signora, lei deve proprio andarsene da casa mia. Le forze dell’ordine sono state più che chiare con la loro favella: nessun estraneo può venire ad abitare nella mia casa, non durante il tempo di questa epidemia! Orsù, ritorni a casa prima che avvengano contagi!»
«Contagi un corno!» strillò la signora Rosetta «Mio nipote mi ha detto che questa è tutta una cospirazione e io ci credevo pure da prima! Vogliono ammazzare tutti noi poveri vecchietti per non dover pagare più le nostre pensioni… e se non mi aiuti, pensando “tanto io sono giovane”, devi capire che anche tu, quando sarai vecchio, verrai ammazzato dall’INPS proprio come vogliono fare con me!»
«Orsù, non sia irragionevole, signora...» Daniele si avvicinò alla donna di qualche passo

«Signora un corno! Io pretendo di rimanere in questa casa! La pula non mi avrà mai...» la signora Rosetta si guardò intorno, poi vide, sullo schermo televisivo, un carabiniere «AH! Maledetta pula!».
E con questo grido di battaglia, la vecchina colpì con un calcio il telecomando che si trovava nella mano sinistra di Daniele Lazzaretti, facendo sobbalzare la piccola Ivy e procurando una serie di contusioni alle dita dell’uomo. Il telecomando volò via dalla presa di Daniele e si schiantò in un angolo della stanza, dove cadde con i bottoni in giù e, premendo a terra, alzò immediatamente al massimo il volume della televisione.
«I CARABINIERI HANNO TROVATO UN CONTRABBANDO DI MASCHERINE ILLEGALI CHE SI STRAPPANO APPENA VENGONO TOCCATE, PERCHÉ SONO FATTE CON LA CARTA VELINA E GLI ELASTICI PER MUTANDE!» Gridò la conduttrice del telegiornale
«AHHHH!» strillò ancora più forte la signora Rosetta, dandosi ad una fuga precipitosa.
Daniele mise delicatamente a terra la sua cagnolina, controllò di non avere nessun dito rotto e solo in seguito inseguì la signora Rosetta, ma era passato ormai troppo tempo e sembrava impossibile capire in che direzione fosse andata: la cercò in cucina, in tutti i bagni, nelle camere da letto, nel sottotetto e negli stanzini, ma sembrava che l’anziana donna si fosse volatilizzata. Aveva lasciato Ivy nel salotto e la cagnolina era rimasta tranquilla, perciò l’uomo credette che la vecchia avesse finalmente deciso di tornare a casa propria e rispettare la legge.
Se Daniele Lazzaretti avesse però conosciuto bene quella donna, avrebbe capito che farle rispettare la legge era un’eventualità a dir poco improbabile. Rosetta si era infatti nascosta sotto il letto dopo essersi avvolta tutta in una coperta marrone ed essersi addossata al muro, rendendosi così praticamente invisibile a chi distrattamente cercava una (quasi) innocua vecchietta. Stava soffocando, certo, e la posizione rannicchiata le faceva un po’ male alle gambe, ma lei era disposta a tutto pur di infrangere la legge.
Dal piano di sotto, la televisione sbraitava ancora, così forte da essere udibile da qualsiasi punto della casa. La signora Gomblotti non avrebbe potuto sentire i passi del signor Lazzaretti, così come il Signor Lazzaretti non avrebbe potuto individuare quelli della signora Gomblotti, ma quest’ultima aveva già in mente un piano! Vicino alle scale, al piano superiore, c’era un grande tappeto persiano, e se lei fosse riuscita a farci salire sopra Daniele e a tirarlo forte senza che l’uomo se ne accorgesse, il poverino sarebbe di certo caduto dalle scale e, con un po’ di fortuna, sarebbe rimasto incosciente… o sarebbe morto.
La signora Gomblotti, per essere chiari, non aveva mai ammazzato nessuno. Questo però non significa che non desiderasse ardentemente farlo, almeno una volta.
«Quell’uomo prima mi ha rapito» Si disse fra sé «E poi mi vuole de-rapire e rimandare a casa proprio quando iniziavo a mettermi comoda! Merita la morte, no? Vuole approfittarsi così di una povera vecchia...».
Il volume della televisione scemò d’un tratto fino a scomparire, perché il padrone di casa, al piano di sotto, la aveva spenta. La signora Rosetta Gomblotti si strinse più forte nella sua coperta, badando a non emettere alcun rumore sospetto. La mancanza di ossigeno stava iniziando a farle vedere delle bizzarre apparizioni di angioletti ladri di biciclette quando la vecchina sentì i passi gagliardi del giovane che risalivano le scale… che attraversavano il corridoio… che entravano nella camera da letto, la stessa in cui si trovava lei.
Daniele Lazzaretti si infilò il suo amato pigiama dei Pokémon (di tipo lotta, ovviamente) con i pantaloncini corti, rimirò i muscoli delle sue gambe allo specchio constatando con piacere che non avevano perso volume, si lavò i denti nel bagnetto adiacente alla stanza e poi si coricò nel letto. Rosetta Gomblotti, sogghignando, ascoltò tutta intenta il respiro dell’uomo, che si faceva sempre più regolare, poi, quando fu sicura che Daniele si fosse addormentato, lentamente si srotolò dal suo bozzolo di coperta e sfarfallò come una falena grinzosa e assassina. Strisciando fuori da sotto il letto, usando solo i gomiti, si chiese come avrebbe potuto neutralizzare la dannata cagnetta… e poi la vide, che dormiva pacificamente sul petto del suo padrone, ignara di tutto anche lei.
Ah!” Pensò trionfante “Non sei un cane poliziotto così bravo, eh? Vedremo come te la caverai come cane detective, dopo che il tuo padrone sarà morto in circostanze misteriose...”.
Nella sua borsetta, Rosetta portava sempre un paio di guanti. Erano guanti monouso, quindi in teoria avrebbero dovuto essere utilizzati una volta sola, ma questi avevano visto così tanti misfatti e disavventure da essere ormai marroni. E no, il marrone non era il colore originale. La vecchietta si infilò i guanti e, in punta di piedi, uscì dalla stanza.
I cani hanno sensi sviluppatissimi e il loro udito continua a funzionare anche nel sonno come se fossero svegli, ma grazie alle ciabatte gommose (e alla sua esperienza nell’aggirarsi di notte nelle case dei vicini) Rosetta non produceva più rumore di una foglia secca che cade su un soffice prato ben curato. La vecchia esplorò la casa per quasi mezz’ora, alla ricerca dei materiali che le servivano per la realizzazione del suo diabolico piano, poi preparò tutto. Spostò il tappeto persiano e ci passò sotto un’abbondante dose di cera per pavimenti super-scivolosa, che aveva scovato in uno stanzino, poi lo rimise a posto. Usò gli elastici da allenamento e una corda per saltare, strettamente annodati fra loro, per legare un angolo del tappeto alla maniglia di una porta, che lasciò socchiusa. Mise di lato un bilanciere cromato, da usare a mo’ di bastone se ce ne fosse stato il bisogno. Scese al piano di sotto, stando ben attenta ad evitare la trappola che ella stessa aveva costruito, entrò nel salotto e accese la televisione, alzando il volume al massimo.
Al piano di sopra, Ivy e il suo padrone Daniele si svegliarono di soprassalto al grido di “CROCCOLE GELATO, DELIZIO ASSICURATO!”. Chi aveva acceso la televisione? Poteva essersi accesa da sola? E perché qualcuno aveva deciso che “delizio” fosse una parola che si può usare in uno slogan pubblicitario? Chiedendosi tutte queste cose, Daniele scese a piedi nudi dal letto, mentre la povera Ivy si guardava intorno tremando un poco, con gli occhi grandi e rotondi come due bottoni neri.
«Vado a controllare, non preoccuparti bimba» Le mormorò l’uomo, poi si diresse a grandi passi verso la trappola di Rosetta Gomblotti.
La vecchia aveva risalito in fretta le scale ed era andata ad afferrare la porta a cui era stato legato il tappeto. Sogghignava, la faccia tutta piena di piegoline rugose di compiaciuta malvagità, e quel sorriso si allargò ancora di più quando vide arrivare il signor Lazzaretti.
«Signora Gomblotti!» Esclamò l’uomo, allargando le braccia «Che cosa ci fa di nuovo in casa mia?».
Un piede era sul tappeto. L’altro piede, ora l’altro piede… eccolo, anche lui era sul tappeto!
«Giovanotto, tu hai paura dei fantasmi?» Domandò Rosetta, senza smettere di sogghignare per un secondo
«No!»
«E allora spero che sarai contento di diventare uno di loro!».
La vecchia tirò con forza la porta e, con essa, il tappeto, che scivolò con facilità sul doppio strato di cera per pavimenti effetto piastrella bagnata. Daniele si accorse di quello che stava succedendo, ma non ebbe il tempo di reagire: volò all’indietro, completamente privo dell’equilibrio, e prese a ruzzolare giù per le scale dopo essere rimasto sospeso in aria per un paio di metri. Quando il suo massiccio corpo muscoloso ebbe smesso di rotolare non si mosse più, con gli occhi chiusi e gli arti inerti.
Rosetta strinse gli occhi come due fessure: credeva fermamente nel suo piano, ma non sapeva dire se quell’uomo stesse bluffando o se fosse svenuto davvero. Lei era pronta comunque ad ogni evenienza! Andò a recuperare il bilanciere di metallo cromato e scese con cautela le scale, pronto a darlo in testa all’uomo. Avrebbe preferito non doverlo colpire, per fare sembrare più plausibile l’ipotesi di un semplice incidente, ma se lui si fosse mosso ancora, allora…
Daniele non si mosse. La vecchia lo punzecchiò con la punta della ciabatta, poi gli diede un calcio su un orecchio, e l’uomo rimase del tutto fermo. Con i suoi guanti sporchi, Rosetta aprì una palpebra dell’uomo e guardò l’occhio immobile che fissava qualche punto alla sua sinistra.
Fu allora che la cagnolina Ivy comparve in cima alle scale, agitando nervosamente la codina.
«Tu!» Gridò Rosetta «Maledetto cane!»
«Uahu!» fece l’animaletto, con voce stridula, prima di precipitarsi giù per le scale ed annusare il corpo immobile del suo padrone.
Rosetta catturò immediatamente Ivy, afferrandola per la collottola, e ignorando il pianto disperato della creatura la portò in cucina e la chiuse nel cestino di plastica marrone della spazzatura organica, posando una grossa pentola sul coperchio per evitare che potesse liberarsi.
«Una povera vecchia come me...» Disse, in tono affranto «… Oh, che cosa deve fare una povera vecchia come me per essere rispettata e prendersi quello che è suo?».
Da dentro il cestino, Ivy abbaiava e guaiva, piangeva e grattava con le zampine. Il suo padrone! Oh, il suo padrone! Lei doveva andare a salvarlo, doveva… ma era chiusa, chiusa come quando era stata cucciola, prima di essere liberata da lui… doveva salvarlo!
«Marcirai lì dentro, cane piagnucoloso» Disse la vecchia «I piagnoni non piacciono a nessuno sai? E poi sei troppo fru fru per un uomo grande e grosso, lo facevi sembrare gay...».
Forse Ivy era solo molto arrabbiata, forse aveva in qualche modo di nuovo capito le parole di Rosetta, ma il risultato fu comunque che il guaito spaventato e veemente si mutò in un ringhio feroce e quasi sproporzionato al suo corpo, una ferocia da dobermann che si scatenava da un corpo minuscolo.
Temendo che riuscisse comunque a liberarsi, Rosetta assicurò bene il coperchio con dello spago da cucina, finendo quasi un rotolo intero per avvolgere più e più volte l’intero contenitore, poi ci posò di nuovo la pentola di sopra. Ecco, ora Ivy non sarebbe mai riuscita a liberarsi da sola!
La vecchia ridacchiò: il suo perfetto piano era riuscito. La polizia non avrebbe scoperto subito il corpo del signor Lazzaretti, perché la villa era molto isolata, e quando l’avrebbero finalmente rinvenuto avrebbero immediatamente pensato ad un incidente.
Fino ad allora, Rosetta si sarebbe goduta la casa. Male che vada avrebbe dovuto sorbirsi l’odore di un cadavere in decomposizione, ma sapeva per esperienza personale che dopo un po’ neanche ci si faceva più caso. Dopotutto aveva convissuto per trent’anni con il suo ora defunto marito, l’uomo con i piedi più puzzolenti del mondo, ed era sopravvissuta senza problemi.
La quarantena sarebbe durata a lungo… e per tutto quel tempo, la grande, magnifica, costosa casa di Daniele Lazzaretti sarebbe appartenuta solamente a lei, Rosetta Gomblotti! E chi lo sa, magari sarebbe stata anche in grado di inventarsi qualcosa per tenersela più a lungo.
«Rosetta» Si disse la donna, con le mani sui fianchi «Sei una vera giustiziera smascherata. Dovrebbero darti una medaglia!».

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