C'era una volta un cavaliere, non proprio prode e non esattamente onesto, che scorrazzava per le terre di Sicilia andandosene in giro a risolvere, a suo dire, i guai della povera gente.
Egli era convinto di saperne una più del diavolo, ed i primi tempi la gente in difficoltà era felicissima di avere aiuto da un uomo tanto sicuro di sé: il cavaliere si dava tante arie che la gente gli credeva, e con fiducia chiedevano di essere soccorsi da questo cavaliere saggio e valoroso.
«Cavaliere, i briganti assediano la mia casa!»
Chiamava disperato un povero diavolo, e subito quello accorreva.
«Cavaliere, sono ammalata e non posso occuparmi del mio orto! Morirò di fame se le mie piante si seccano!» Gridava una contadina sfortunata, e subito quello accorreva.
«Cavaliere, vogliamo pagare meno tasse» Diceva una famiglia di furbetti (che c'erano anche quelli), ed anche a questa richiesta il cavaliere accorreva subito.
Aveva una soluzione pronta per tutti!
Al povero diavolo disse di comprarsi un gallo, che lo avvertisse quando arrivavano i malviventi, e di scrivere un bel cartello su cui si leggesse "Qui non si ruba, o Dio vi castigherà": il timore di Cristo li avrebbe fermati.
Alla famiglia di furbetti consigliò di diventare briganti, così avrebbero potuto fare molte nefandezze senza pagare le tasse, li invitò ad unirsi ai briganti già esperti che assediavano la casa del povero diavolo ed infine li mandò tutti ad occuparsi dell'orto della donna sfortunata.
Tutti seguirono i consigli del cavaliere.
I briganti non sapevano leggere e anche se l'avessero saputo fare il cartello non gli avrebbe messo paura, perciò rubarono il gallo, diedero un sacco di calci al povero diavolo e poi andarono all'orto della contadina sfortunata, dove sradicarono tutti gli agli e le carote, li nascosero in borse e calzari e se ne andarono.
Una dama onesta, amica della donna sfortunata e venuta per accudirla nel periodo della sua malattia, vide l'accaduto e denunciò alle autorità i banditi analfabeti, che vennero catturati e messi in prigione.
«Qui finisce il mio lavoro» Disse il cavaliere soddisfatto, e cavalcò verso l'orizzonte.
Il cavaliere se ne andava notte e giorno a fare di queste prodezze che lasciavano sempre più tristi e spiantati quelli che lui "aiutava", con meno denaro, talvolta meno denti, meno oggetti in loro possesso; forse ottenevano solo più lividi e lacrime.
Nessuno a questo punto chiedeva più il suo aiuto, e visto che il cavaliere non accettava consigli e pretendeva sempre di avere ragione, il popolo gli affibbiò un nomignolo.
«Non è vero!» Diceva sempre, scattando, se solo sentiva una persona fare una qualunque spiegazione in sua presenza «Non è così! So io come stanno le cose!» e diceva la sua, sbagliata e non richiesta, e così faceva danno. Per questo ormai il popolo lo chiamava Cavalier Sotuttoio Nonècosì, e lo disprezzava.
Un giorno accadde che il Re facesse un bando: la figlia che amava più dei propri occhi e del cuore, erede al trono ed ancora molto giovane, soffriva di una strana condizione che la faceva starnutire in continuazione. C'era forse qualcuno nel regno in grado di guarirla?
Già il primo giorno dopo che il bando era stato proclamato il Cavalier Sotuttoio era lì, attirato dalla promessa che il Re avrebbe esaudito un desiderio di chi avesse guarito la sua Principessa Starnutina, ma soprattutto dal poter fare sfoggio della sua saggezza.
Insieme a lui si era presentata solo una vecchietta vestita umilmente, ma con un modo di parlare e muoversi tale da incutere rispetto in chiunque; in chiunque, tranne che nel nostro Cavalier Sotuttoio, che già aveva fabbricato un piano per aiutare la principessa.
«Il male della Principessa non è nulla, Vostra Maestà»
«Stai per dire una cosa molto stupida» disse l'anziana donna, che l'aveva riconosciuto e voleva risparmiargli l'umiliazione davanti ai reali
«Non è vero!» sbottò immediatamente il cavaliere «Non è così! E ti di dico io perché, io lo so! Per guarire la principessa, basta metterle i diti nel naso».
E a passo baldanzoso andò dalla Principessa Starnutina e le mise i mignoli nelle narici.
La principessina lo guardò con gli occhi grandi per lo stupore, poi le si contrasse tutta la faccia e starnutì comunque, con le dita del cavaliere nel naso.«La principessa non funziona tanto bene» Commentò il cavaliere, al che la principessa gli diede un calcione e un altro glielo diede il re suo padre.
La punizione per l'insolenza del Cavalier Sotuttoio Nonècosì sarebbe potuta essere molto peggiore se non fosse intervenuta la vecchia, ridendo.
«Vostre Maestà» Disse «Mai vidi uomo più sciocco dal vivo, e vorrei condurre un esperimento. Se dovesse fallire ve lo riporterò e potrete castigarlo a piacimento, ma se dovesse riuscire lo riporterò comunque a voi come vero prode cavaliere, e avreste un suddito valoroso in più».
Il Re aveva rispetto per l'anziana, e ci rifletté. Nel frattempo, la vecchia si rivolse così al Cavalier Sotuttoio:
«Tu sei un idiota, ma forse ti puoi ancora salvare. E se anche non funzionasse, mi sarei fatta una risata»
«Come osate, signora, insultarmi così apertamente?» esclamò il cavaliere, fumando di rabbia
«Se preferisci, posso lasciare che ti puniscano ora, mentre l'arrabbiatura è ancora fresca»
«Hmm, no no».
I reali accordarono all'anziana di tentare di correggere quel terribile Cavalier Sotuttoio, e così la vecchia lo portò con sé.
«Tu sei così scemo, perché le conseguenze delle cose che dici non le hai mai provate sulla tua pelle, quindi ora cambiamo musica. Tu dici di essere saggio, non è così?»
«È così! So tutto io!»
«Allora facciamo una scommessa. Ti porrò tre quesiti e tu dovrai rispondere e dimostrarmi che è vero sulla tua pelle: se sei così saggio sarà un nonnulla per te, io dichiarerò già oggi che sei un prode cavaliere e il Re e la Principessa non ti puniranno»
«Sono certo di sapere le tre risposte meglio di te, vecchia signora»
«Staremo a vedere».
I due strani compagni di viaggio, la vecchia a dorso di asina e Sotuttoio sul suo destriero grigio, cavalcarono fino ad un mercato del pesce in riva al mare. Lì l'anziana salutò una pescivendola robusta, con una benda sull'occhio e la testa protetta dal sole da un fazzoletto azzurro, e le bisbigliò qualcosa, poi pose la sua prima domanda al Cavalier Sotuttoio.
«La mia amica Polena ha portato oggi una rarità al mercato, un magnifico pesce speranza. I pesci speranza sono animali speciali benedetti dal mare, che possono essere di qualunque specie, ma solo un pesce su diecimila riceve quella benedizione. Hai capito?»
«Lo conoscevo già» disse il cavaliere per darsi delle arie «Anzi, ti faccio sapere che in realtà c'è un pesce speranza ogni diecimila e tre a voler essere precisi. Un mio cugino fraterno pescatore, che sa tirare su di certi pesci giganti, una volta ha preso diecimilatré pesci sul suo barchino e uno era proprio un pesce speranza, perciò io le so benissimo queste cose»
«Allora» disse la vecchia sogghignando «Saprai anche come mai si chiamano pesci speranza e di quali favolosi poteri sono dotati, giusto?»
«Queste saranno cose sconosciute a te, vecchia signora, ma non certo a me! Io, di pesci speranza, ne ho già mangiati due, ed è così che ho ottenuto la mia saggezza sul mare: proprio mangiando questi pesci benedetti».
A questo punto, Polena la pescivendola prese la parola.
«Messer cavaliere» Disse «Sono molto impressionata dalla vostra conoscenza, vi prego di accettare il pesce speranza che ho tra la mia merce in segno di stima ed ammirazione!»
«Questo vi fa onore, signora dei pesci» gongolò il cavaliere tutto compiaciuto «Le cose belle vanno sempre a chi le sa apprezzare! Tipo me».
Polena sollevò una piccola giara ricolma d'acqua e la diede al cavaliere. Lì dentro c'era il pesce speranza, vivo e vegeto, che guizzava nell'acqua di mare; prima di essere stato benedetto era stata una piccola lampuga, ma ora la sua nuova condizione era subito visibile, poiché la livrea dei pesci che ricevevano la benedizione del mare mutava, creando bellissime macchie iridescenti su tutto il loro corpo che ricordavano i giochi di luce e ombre proiettati sulla superficie del mare.
I due salutarono e se ne andarono, senza che il cavaliere ringraziasse.
«Ora che hai dato la risposta alla mia prima domanda, devi anche provarmi che è vera, come da accordi» Disse la vecchia sorridendo.
Il cavaliere la guardò con sdegno. Si era legato la giara alla schiena come se fosse uno zaino, e ad ogni passo si sentiva lo slosh slosh dell'acqua che ondeggiava nel contenitore.
«Sei proprio una vecchia sciocca a chiedermi di dimostrare l'ovvio» Disse il cavaliere, col naso all'insù «Visto che sei meschina e vuoi burlarti di me, avrò grande piacere a mangiare questo pesce da solo e non dartene neanche un pezzetto»
«Come preferisci».
Il Cavaliere Sotuttoio Nonècosì già pregustava il pesce speranza arrosto (anche se in realtà non ne aveva mai mangiato uno e non sapeva se il sapore gli piacesse davvero, e non riusciva neanche a capire di che specie fosse), ma quando i due si fermarono e il cavaliere si apprestò ad estrarre il suo pranzo dalla giara e staccargli la testa con la spada, avvenne qualcosa d'incredibile: la testa rimase attaccata, e la mano dell'assalitore, all'improvviso, si gonfiò.
Il Cavalier Sotuttoio cacciò un urlo e la spada gli cadde di mano, mentre la vecchia rise di gusto, prese il pesce speranza e lo rimise nella giara, dove quello riprese a nuotare come se nulla fosse.
«La mia mano! La mia mano!» Urlava e piagnucolava il cavaliere, perché quella mano gonfia gli bruciava e doleva terribilmente.
«Bravo lo scemo: i pesci speranza non si mangiano» Disse chiaro e tondo la vecchia «Quando una creatura è benedetta dal mare, fintantoché ha addosso anche una singola stilla d'acqua non può essere uccisa, ed attaccarla ha conseguenze gravissime. Ora hai ricevuto la Maredizione»
«Maredizione?»
«La maledizione del mare. Si propagherà dal punto in cui hai toccato con cattiveria il pesce benedetto fino alla tua testa di palloncino, gonfiandola più di quanto già non sia gonfia»
«E allora morirò?»
«Perché lo chiedi a me? Non sapevi tutto, tu?».
Il cavaliere pareva così spaventato, però, che l'anziana si mosse a compassione e decise di rassicurarlo.«C'è un rimedio alla maredizione, e stiamo per andare da una giovine che ha tutti gli strumenti per salvarti»
«Andiamo, andiamo allora!».
Ancora una volta la vecchia ed il cavaliere si incamminarono, lei sul suo asino e lui sul suo cavallo, finché non raggiunsero una deliziosa casetta di pietra in mezzo al bosco, tutta festonata di edera.
La vecchia chiamò; una ragazza con capelli lucidi e scuri come inchiostro aprì la porta e li invitò ad entrare.
Era vestita tutta di verde e nero, e parlava con garbo ed intelligenza, anche se non poteva avere più di quindici anni.
«Mora ha tutte le conoscenze e i materiali che ti servono per sciogliere la maredizione» Spiegò l'anziana
«A me sembra una ragazzina» obiettò Sotuttoio«Sarò anche giovane» rispose Mora affabile, con gli occhi neri che ridevano «Ma è da quando ho iniziato a parlare che m'interesso di erbe e magia, quindi, se ci pensi, sono più di dieci anni di esperienza»
«T'intendi di magia da quando eri piccola?» Sotuttoio storse il naso «Fossi scemo a farmi curare da una strega! No e poi no, una strega no! Le streghe, si sa, fanno rimedi e medicine solo per controllarci e ferirci, mai per guarire! Me ne occupo io, piuttosto!»
«Si vede che col pesce ancora non ti è bastata» la vecchia scosse la testa «Allora questa è la mia seconda domanda: come si scioglie una maredizione?»
«Lo so! So tutto io! Non ho bisogno di streghe!».
Così il cavalier Sotuttoio Nonècosì iniziò a pestare foglie secche e mischiare ingredienti a sentimento, convinto che se poteva faro quella ragazzina ci sarebbe sicuramente riuscito anche lui, finché non ebbe davanti qualcosa che gli pareva fosse un plausibile rimedio anti-maledizioni: una broda viola che odorava di calzini panati.
Nel frattempo la maredizione era avanzata, ed oltre alla mano gli si erano gonfiati pure il polso e l'avambraccio.
«Sono pronto» Disse il cavaliere. Bevve la propria pozione con aria di superiorità e immediatamente si sentì diventare debole come un foglio di carta.
«Mi congratulo, ti sei avvelenato» Annunciò la vecchia
«Per guarirti dall'avvelenamento mi manca solo un ingrediente: del carbone» disse Mora «Dovete portarmelo in fretta, perché tra il veleno e la maredizione, questo signore non è messo molto bene».
E così lo strano duo si incamminò di nuovo, la vecchia sull'asino, con la giara sulle spalle, e il cavaliere gonfio sul suo cavallo grigio, finché non giunsero sul bordo di un crepaccio.
Il cuore di qualunque persona coraggiosa avrebbe comunque sussultato nel vedere le profondità del crepaccio e le sporgenze aguzze che ne costellavano le pareti, senza parlare dei grossi sassi sul fondo. Solo alcune agavi appuntite e arbusti pungenti avevano osato crescere sulle pareti scoscese di quel dirupo, affondando le radici nella terra rossiccia.
Era necessario attraversare il crepaccio per arrivare alla vecchia miniera dove prendere il carbone, ma il cavaliere, a dirla tutta, non ne aveva poi troppa voglia. Non vedeva neanche un ponte completo: ce n'era uno, ma non si potevano poggiare i piedi da nessuna parte.
«Ecco l'ultima domanda: come si fa a passare dall'altro lato?» Chiese lentamente la vecchia.
Il cavaliere, che ormai aveva anche il braccio e la spalla gonfi e il resto del corpo debole come quello di un gattino, stava per rispondere al solito suo quando si fermò.
Non aveva forse subito abbastanza danni? Valeva davvero la pena di cadere in un burrone pieno di cose appuntita per fingere di sapere di cosa stessero parlando?
Così, per la prima volta da anni, il cavaliere esitò... e dopo un po' chiese:
«Tu sai già come si passa in maniera sicura?».
La vecchia sorrise: «Sì».
Il primo istinto del cavaliere era quello di urlare che comunque lui lo sapeva meglio di lei, ma non era vero ed era una cosa terribilmente sciocca da fare, così invece disse:
«Non so come si passa, sono debole, stanco, e non ce la faccio da solo. Puoi accompagnarmi?».
La vecchia prese le briglie del cavallo su cui si reggeva ormai a malapena il Cavalier Sotuttoio e in un attimo si ritrovarono a camminare sull'aria sopra il crepaccio, sospesi nel vuoto!
In realtà il cavaliere scoprì che il ponte che aveva visto prima non era incompleto, ma solo parzialmente fatto di un cristallo di rocca tanto puro e trasparente da lasciare vedere attraverso di esso tutto il crepaccio, ma era perfettamente sicuro da attraversare.
I due recuperarono il carbone e tornarono da Mora, che così poté guarire il cavaliere.
«Appena in tempo, eri in fin di vita» Rivelò la giovane strega
«Ma non sono ancora fuori pericolo: ancora non so come sciogliere la maredizione» osservò il cavaliere, preoccupato
«Io sì»
«Puoi dirmelo?»
«Anche se sono solo una strega e una ragazzina?»
«Tu sei la persona che mi ha salvato la vita. Io di te mi fido, e mi spiace di aver dubitato prima. Cosa posso fare?».
Mora era soddisfatta, e rispose:
«Dovrai toccare di nuovo il pesce benedetto, ma stavolta con l'intenzione di accarezzarlo e scusarti, non di aggredirlo. Ho con me un unguento che potrà consentirti di toccarlo, perché, da sole, le creature maredette non possono più toccare l'acqua salata»
«Aiutami, te ne prego».
Il cavaliere seguì le indicazioni che gli vennero impartite e con suo stupore il petto e le spalle si sgonfiarono, poi il braccio ed infine anche la mano.
Era ancora troppo orgoglioso per chiedere scusa ad alta voce, ci sarebbe voluto ancora del tempo perché lasciasse del tutto le brutte abitudini alle proprie spalle, però nella propria mente pensò:
"Scusa, pesciolino. Senza neppure avere fame stavo per ucciderti per fare bella figura, ma d'ora in poi non voglio più farmi dominare dal mio orgoglio, parola del cavalier Rodomonte!".
Questo era infatti il vero nome del nostro Cavalier Sotuttoio Nonècosì, il nome che gli era stato negato e sostituito con un nomignolo dal popolo a causa del suo comportamento odioso.
L'anziana ed il cavaliere si fermarono ancora qualche ora in casa della giovane, per dare tempo al cavalier Rodomonte di riprendere le forze prima di incamminarsi, poi ringraziarono dell'ospitalità, la vecchia si caricò la giara col pesce benedetto sulle spalle ed i due salirono sulle rispettive cavalcature per fare ritorno al palazzo reale.
Quando il Re e la Principessa acconsentirono a riceverli, la vecchia si raccomandò:
«Rimani un po' in disparte finché non te lo chiedo, e quando ti chiamerò puoi raggiungermi».
Il cavaliere disse che aveva capito, così l'anziana avanzò al cospetto delle loro maestà, parlando con voce ferma.
«Maestà, ho messo alla prova questo cavaliere»
«Di che, e-e-etcì, prova si è trattata?» Chiese la Principessa Starnutina, incuriosita
«Gli ho fatto tre domande, così che lui potesse darmi la risposta che riteneva giusta e darmi prova delle sue parole»
«Ed ha risposto correttamente?» volle sapere il Re, passandosi le mani sui baffi con aria pensierosa
«Niente affatto, Vostra Maestà. Le prime due domande le ha sbagliate, all'ultima non ha risposto proprio».
Il cavalier Rodomonte sentì allo stesso tempo lo stomaco che gli sprofondava e la faccia che si riscaldava come un caminetto acceso, tante erano la rabbia e l'imbarazzo che provava. Il suo primo impulso fu quello vecchio e collaudato di adirarsi e urlare, insultare la sua compagna di viaggio e dire che non era così, che sapeva tutto lui e non sapeva niente lei.
Eppure si trattenne.
Era stato onesto quando aveva promesso a se stesso che avrebbe provato a non farsi più dominare dal proprio orgoglio, perciò con grande sforzo ricacciò indietro le brutte vecchie abitudini.
Ci fu un attimo di silenzio mentre il Re meditava sulle parole che gli erano appena state dette, ma la vecchia non aveva finito di parlare.
«E quella risposta mancante lo ha salvato, Maestà, perché ha dimostrato di avere finalmente mosso un primo passo sul sentiero giusto» Proseguì, ed il cavaliere si sentì rinascere «Vi prego di non punirlo, anche perché, in fede, vi dico che non sareste in grado di fargli tanto male quanto se è fatto da solo oggi senza ucciderlo. Piuttosto, se vi garba, pigliatelo al vostro servizio»
«E perché me lo dovrei pigliare?»
«Perché all'inizio della strada che lui sta percorrendo c'è il Cavalier Sotuttoio, e con quel primo passo, che poi è quella prima risposta che non ha dato, sta finalmente iniziando ad allontanarsi da quel cattivo cavaliere. Se farà altri passi se lo lascerà alle spalle, ma tutti, quando dobbiamo scappare dai nostri cattivi cavalieri, possiamo avere all'inizio gambe deboli che ci rendono difficile proseguire il cammino».
La vecchia tese una mano verso Rodomonte, invitandolo a chiudere la distanza tra loro ed affiancarsi a lui, e lui obbedì.
«Questo stupido deve rimediare a tutto il male che ha fatto, non causando più guai e facendo, per una volta, quello che si suppone faccia un buon cavaliere: usare le proprie capacità per aiutare gli altri. Voi, Maestà, potete dargli questa possibilità. Per ogni volta che riuscirà a non comportarsi da Cavalier Sotuttoio Nonècosì, le sue gambe saranno un po' più robuste e lo porteranno sempre più lontano dall'essere quel furfante. Se lo volete, pigliatevelo, Maestà, ma in una posizione che gli si confaccia, non tra le guardie scelte: ci sono persone che si sono comportate bene tutta la vita e meritano quei posti molto più di lui»
«Tu parli bene, nonna» disse la Principessa tra uno starnuto e l'altro, chiamandola con un nomignolo affettuoso «Ma vorrei sentire anche cosa ne dice il nostro cavaliere. Saresti felice di essere preso al servizio del regno e di aiutare la brava gente, anche se dovessi fare da scudiero ad altri cavalieri?».
Il cavalier Rodomonte avrebbe preferito essere già capo delle guardie, ma con sua sorpresa sentì anche qualcosa di diverso nel proprio cuore, un calore diverso da quello della rabbia. Il fatto stesso che qualcuno avesse teso la mano per aiutarlo, che gli avesse dato una seconda possibilità anche se aveva visto bene tutti i suoi difetti, lo riempì di speranza e con grande risoluzione disse:
«Di più non posso chiedere, Principessa. Io sono Rodomonte, addestrato a cavalcare e tirare di spada e queste capacità io le metterò al servizio della brava gente, e se il mio impegno può portare qualcosa di buono ed un giorno rendermi degno di perdono e considerazione, così sia. Mi rimetto nella bontà delle vostre mani e nel lavoro delle mie».
I reali ascoltarono ed iniziarono a parlare tra di loro.
«Buona fortuna, Rodomonte» Disse la vecchia «Io riparto»
«Oh. Di già?»
«Guarda che siamo stati assieme tutto il giorno»
«E questo è anche vero, ma... non c'è altro che devi dirmi?»
«Cosa vuoi che ti dica? Addio?»
«Pensavo... ti sembrerà sciocco, ma mi ero fatto quest'idea che siccome sei una vecchina che mi ha salvato, tu fossi segretamente una fata buona e che me lo avresti rivelato prima di andartene».
La vecchia scoppiò a ridere.
«La fantasia ce l'hai» Disse, prendendolo in giro bonariamente «No, no, non sono una fata. Sono una vecchina vera»
«Ah»
«Non c'era bisogno che io fossi una fata» la vecchia sorrise «La gente è capacissima di cambiare il proprio destino senza avere le orecchie a punta, sai? Anche tu puoi farai la differenza. Ne hai fatta pure troppa finora»
«Hmm»
«Ci salutiamo qui allora. Sei stato bravo, alla fine, anche se ti ci è voluto quasi di morire. Tanti altri sarebbero andati incontro alla fine per orgoglio oggi, o non avrebbero ammesso di non avere le risposte e fatto finta di nulla, così sarebbero rimasti persone terribili: chi lo sceglie può cambiare, così come hai fatto tu e così come ho fatto io»
«Come hai fatto tu? Che intendi?»
«Ci sono ogni sorta di cattivi cavalieri là fuori, che tendono la spada e
ci fanno loro prigionieri. Ognuno di noi potrebbe avere il suo e ce ne sono di tutti i tipi: brutte abitudini che ci controllano. Tu sei diventato Cavalier Sotuttoio, ma se hai paura di non riuscire a fare niente diventi com'ero io, quando ero ragazzina, che ero Cavalier
NonCeLaFaccio, convinta che tutto il mondo lo dovessero vivere gli altri
e di non essere abbastanza forte o brava per fare una cosa qualunque.
Ma un giorno mi sono stufata di essere quella persona e un passo alla volta, partendo con le gambe deboli, sono diventata una vecchina che può cambiare il destino di un cavaliere, un re ed una principessa, che ci si aspetta diventi fata da un momento all'altro. E tutto solo per passare un pomeriggio divertente».
La vecchia rise di nuovo e i due si salutarono per l'ultima volta; Rodomonte la guardò allontanarsi.
Dopo poco i reali comunicarono al Cavaliere che, a patto che si comportasse bene, se lo sarebbero preso al loro servizio.
Da lì Rodomonte si impegnò davvero, e sbagliò tante volte, ed a volte si sentiva tornare Sotuttoio e doveva rammentarsi che si era ripromesso di non lasciarsi più dominare dall'orgoglio, ma tutto il bene che fece superò di gran lunga i piccoli errori in cui inciampò lungo il suo cammino.
Tanto si impegnò che, quando la Principessa salì al trono, lui la accompagnò come guardia reale, con la divisa ed il pennacchio, ed il nome di "Cavalier Sotuttoio Nonècosì" nessuno lo aveva più sentito pronunciare da anni.
Larga la foglia
Stretta la via
Dite la vostra che ho detto la mia!