Gli occhi neri di Jacob brillavano appena nel buio, profondi. Mi erano d'ispirazione.
«Erano un ragazzo e una
ragazza, seduti l'uno accanto all'altra, e anche se non erano innamorati
si erano simpatici, e il modo in cui parlavano tra loro prometteva una
grande amicizia. Era una serata speciale e anche se loro non sapevano
esattamente perché, lo percepivano sulla pelle che si accapponava alla
brezza leggera e salata che soffiava dal mare, dal colore delle fiamme
azzurre, da come la luna li guardava, cercando di illuminarli per
poterli osservare meglio.
Il ragazzo e la ragazza
parlavano tra loro, eppure riuscivano a sentire tutte queste cose, e
capire che questa sarebbe stata una serata speciale. Non sentirono che
la luna non era l'unica cosa ad osservarli.
La ragazza raccontò al
ragazzo una storia che aveva sentito raccontare del mare che bagnava
quella spiaggia, del fatto che avesse in grembo un mostro, e che
talvolta si scatenava rapendo ogni creatura che riuscisse a raggiungere
per nutrire suo figlio, il suo amato cucciolo, e che nessuno poteva
sfuggirgli. Qualunque cosa il suo mostro avesse voluto, purché fosse
riuscito a guardarlo negli occhi, il mare l'avrebbe preso per lui. Nei
tempi antichi era riuscita a ghermire un drago che sonnecchiava dopo un
lungo volo e che si era incoscientemente abbandonato sulla spiaggia per
riposare.
Alla fine di ogni pasto
del mostro che portava in grembo, il mare ripuliva e sparecchiava,
lasciando ciò che rimaneva laddove lo aveva preso. Del drago non
rimasero altro che lunghe ossa bianche e salate sparpagliate per la
spiaggia, unico ricordo della sua grandezza, e il suo fiato che scappava
ogni volta che il mare si distraeva per cacciare per il suo cucciolo e
riusciva per una sera a manifestarsi, e ogni fuoco diventava blu, perché
era il fuoco del respiro del drago che fuggiva al mare».
Le labbra di Jacob si schiusero, mi ascoltava rapito. «È una fiaba horror».
Continuai a raccontare,
il tono sempre più basso: «Il ragazzo era un'anima sensibile, e sebbene
più giovane della ragazza cominciò a guardarsi intorno e vedere più
cose. In fondo, non tutte le sere riuscivano a trovare del legno che
rendesse i loro falò blu, ma quella sera la luna li guardava con
compassione e le fiamme avevano il colore del mare. Il ragazzo sentì
l'aria farsi più fredda, ma ancora si diceva che era tutta una leggenda.
Il ragazzo udì il mare mormorargli alle spalle, sentì lo stomaco della creatura brontolare».
Rimasi completamente in
silenzio. Tutti e due ascoltammo la risacca che si infrangeva contro i
sassi, un enorme respiro che cozzava contro i sassi e i granelli
intrappolati tra di essi, producendo sibili e sospiri nel ritrarsi,
facendoli rotolare l'uno sull'altro.
«È solo una storia» Mi disse lui, ma vidi i suoi occhi un po' più spalancati.
«Ma ancora lui diceva
che fosse una leggenda» Mormorai, guardandolo negli occhi. «Alla fine il
ragazzo sentì l'aria farsi stretta intorno a lui, sfregargli contro la
pelle e sotto, sussurrandogli di voltarsi, perché la creatura stava per
risalire e per averlo avrebbe dovuto guardarlo negli occhi».
Le narici di Jacob
fremettero. Il buio era calato completamente, come una cappa intorno a
noi, la luna sola ci illuminava spettrale.
« "Voltati" gli disse
il vento, e gli disse la ragazza. "Voltati, non hai nulla da temere.
Vedrai qualcosa di stupendo" gli disse il vento. Voltati a guardare il
mare, tanto è solo una storia che ti ho raccontato, gli disse la
ragazza» E gli sorrisi «È solo che sono una brava narratrice, non c'è
nulla di cui spaventarsi. È solo una storiella. Credi che ti avrei
davvero fatto allontanare dagli altri, qui al buio e tutto solo con me,
per farti mangiare dal mare?».
Jacob ridacchiò e si
girò a guardare dell'acqua più tranquillo, osservando lo scintillio
della luna sull'acqua. Era uno spettacolo bellissimo.
«"Non credi" gli disse
la ragazza "Che avrebbe più senso se io ti avessi distratto, isolato e
portato qui perché non mi vedessi, e non ti vedesse nessun altro a parte
me e la luna, mentre ti pugnalavo?"» Sussurrai, raccogliendo un
legnetto da terra.
Jacob si voltò
all'improvviso verso di me ad occhi sgranati e feci finta di pugnalarlo
col legnetto con la mia migliore espressione psicopatica.
Non mi aspettavo la reazione di Jacob.
Lui spalancò gli occhi
in cerchi quasi perfetti in uno sguardo vitreo abbastanza da essere
strabico, urlò a pieni polmoni e agitò le mani come un bambino piccolo
che cerca di bisticciare con un compagnetto di classe, se non che una di
quelle mani era grande quanto la mia faccia, perciò scivolai
all'indietro sul tronco, sorpresa.
«Jacob, Jacob!» Lo chiamai, alzando il rametto per fargli vedere che non ero armata.
Lui si calmò con la stessa rapidità con cui aveva dato di matto. Mi guardò, respirando affannosamente.
Era imbarazzatissimo,
ma io ero caduta sul sedere cercando di spaventarlo, perciò ero sicura
che avremmo potuto riderci su. Lo feci, e buttai via il legnetto
rialzandomi da sola.
«Prova a fare di meglio» Lo sfidai scotolandomi i pantaloni dalla sabbia.
«Mi hai fatto venire un infarto!» Esclamò, ma nei suoi occhi brillava l'ammirazione
«Non me l'aspettavo. Scusa». Mi strinsi nelle spalle, prendendo posto accanto a lui.
«Sei, sei... wow!»
«Grazie». Arrossii un po', fiera di me. «Ti ho veramente spaventato così?»
«Hai... hai fatto atmosfera. E poi era plausibile, non avrei dovuto farmi trascinare da qualcuno nel buio, è pericoloso»
«Non preoccuparti, non posso ucciderti. Mio padre è un poliziotto, e soprattutto sono curiosa di sapere cosa mi racconterai tu»
«C'è una storia bellissima, che mi piacerebbe dirti, però...»
«Raccontamela, dai!»
«Ops. In teoria non potrei dirti nulla»
«Oh, non lo dico a nessuno. Giurin giurello». Cercai di sorridere in modo meno psicopatico.
«Beh, immagino che se
non tiro fuori questa non potrò tenerti testa... Ma promettimi di non
raccontarle in giro. Conosci le nostre vecchie storie, quelle sulle
origini dei Quileutes?»
«Non tanto» ammisi.
«Be', ci sono un sacco
di leggende, alcune sembra che risalgano al Diluvio Universale. A quanto
pare, gli antichi Quileutes legarono le loro canoe alla cima degli
alberi più alti, per sopravvivere, come Noè e la sua arca». Sorrise, per
dimostrarmi la sua scarsa fiducia in quei racconti.
«Non fa molta paura»
«Infatti non è questo
che voglio raccontarti. Secondo un'altra leggenda, la nostra gente
discende dai lupi, e i lupi sono nostri fratelli da sempre. Le leggi
tribali vietano ancora oggi di ucciderli. E poi ci sono le storie che
parlando dei freddi».
La sua voce si fece più flebile.
«I freddi?». A quel punto non sarei riuscita a celare il mio interesse neanche se avessi voluto.
«Si. Alcune storie che
parlano dei freddi sono antiche come quella dei lupi, ma ce ne sono
anche di recenti. Secondo la leggenda, il mio bisnonno aveva conosciuto
dei freddi. Fu proprio lui a stipulare il patto che vietò loro di
entrare nella nostra terra». Alzò gli occhi al cielo.
«Il tuo bisnonno?».
«Era uno degli anziani
della tribù, come mio padre. Vedi, i freddi sono nemici naturali dei
lupi... Be', non proprio come dei lupi in sé, solo di quelli che si
trasformano in uomini, come i nostri antenati. Quelli che chiamate
licantropi»
«Quindi i vostri licantropi hanno dei nemici?»
«Solo uno».
Non staccavo gli occhi
da lui, impaziente di saperne di più e affascinata. Certo, qualunque
fesso a questo punto avrebbe capito che i Cullen erano sospettati di
essere freddi, ma volevo saperne di più.
«Ecco perché i freddi
sono nostri nemici da sempre. Ma il branco che giunse nel nostro
territorio all'epoca del mio bisnonno era diverso. Non cacciavano come
gli altri membri della loro specie, non erano pericolosi per la tribù.
Perciò il mio avo stipulò una tregua. Se loro avessero promesso di stare
lontani dalla nostra terra, noi li avremmo protetti dai visi pallidi»
Mi strizzò l'occhio
«Ma se non erano pericolosi, perché fare uno scambio, un patto con loro?» cercavo di capirci qualcosa in più.
«È sempre un rischio
per gli umani avere a che fare con i freddi, anche con quelli
civilizzati come il clan di cui ti sto parlando. C'è il rischio che
siano troppo affamati per resistere».
Sottolineò le sue parole con una sfumatura volutamente minacciosa.
«Cosa intendi per "civilizzati"?»
«A quanto pare, non predavano esseri umani. Le loro prede erano soltanto animali».
Continuavo comunque a non parteggiare per questi freddi «Quindi i loro gruppi come si chiamano? Clan o branchi?».
«Be'» Jacob si grattò la nuca «Noi li chiamiamo branchi, e loro si chiamano clan»
«Ah. E quindi i Cullen sono freddi come quelli che conosceva tuo bisnonno?»
«No» Fece una pausa enfatica «Sono loro, quei freddi».
Probabilmente scambiò
la mia espressione di confusione per paura, dovuta al suo racconto. In
realtà mi stavo ripetendo ciò che Carlo mi aveva detto la prima volta
che avevamo parlato insieme dei Cullen, seppure con la mia limitata
memoria. "È una risorsa per tutta la comunità e i suoi figli sono, hm, aggettivi buoni. Anch'io ero dubbioso, quando si sono trasferiti qui, con tutti quei ragazzi adottati del demonio. Pensavo che avrebbero potuto essere spacciatori, e invece sono angeli in terra...". Ma se erano arrivati ai tempi del bisnonno di Jacob... Quanto era vecchio mio padre?!
Jacob sorrise soddisfatto e proseguì.
«Se ne sono aggiunti
altri, una femmina e un maschio nuovi, ma gli altri sono sempre gli
stessi. Ai tempi del mio bisnonno il loro capo, Carlisle, era già noto.
Era giunto da queste parti e se ne era già riandato ancora prima che
arrivasse la vostra gente».
Si sforzò di non sorridere. Ah, ecco.
«E che cosa sono?» Riuscii infine a chiedere «Cosa sono i freddi?».
Sorrise beffardo.
«Bevitori di sangue» Rispose, con una voce che metteva i brividi. «La tua gente li chiama "vampiri"».
Dopo quella frase
rivolsi lo sguardo alla schiuma grezza delle onde, incapace di
controllare la mia espressione. In parte mi aveva messo su un piacevole
timore frizzante, come i filmacci horror pieni di jumpscare, e in parte
mi divertiva pensare ad Edward, che aveva la fobia del sangue e dei
vampiri, visto come un freddo. Era quasi plausibile, se solo non fosse
stato irrealistico.
No, il suo segreto doveva essere un altro.
«Hai la pelle d'oca» Disse lui, ridacchiando.
«Sei bravo a raccontare storie».
Non staccavo gli occhi
dal mare. In realtà la sua storia aveva meno ruolo nella comparsa della
pelle d'oca rispetto all'aria della notte e al pensiero di
capelli-pazzi, ma mi piaceva vederlo soddisfatto.
«Storie da pazzi, eh? C'è poco da meravigliarsi se mio padre non vuole che le raccontiamo a nessuno»
«Non preoccuparti, non svelerò nulla»
«Credo di avere appena violato il trattato» disse, ridendo
«Me lo porterò nella tomba, te lo prometto» mi sfregai le braccia, rabbrividendo un po'.
«A parte gli scherzi,
non farne parola con Charlie. Ha fatto una scenata a mio padre, quando
ha saputo che alcuni dei nostri si rifiutano di andare all'ospedale da
quando ci lavora il dottor Cullen»
«Tranquillo, non lo farò»
«E allora, pensi che
siamo un mucchio di indiani superstiziosi o cosa?» chiese, scherzoso, ma
anche vagamente preoccupato. Non avevo ancora distolto lo sguardo
dall'oceano
«No, penso che
qualunque sia il motivo, i Cullen, almeno i figli, abbiano qualcosa che
non va. Uno di loro ha cercato di trascinarmi nella sua auto
approfittandosi del fatto che mi sentivo male. Tutt'ora non so cosa
sarebbe successo se qualcuno non mi avesse sentita gridare. E la sua
pelle era davvero maledettamente fredda».
Non so bene perché
glielo raccontai, forse per giustificare le sue storie e non farlo
sentire in imbarazzo per la sua magica tribù, o forse perché volevo
dargli ragione sul fatto che erano pericolosi. Lui sembrava turbato.
«Comunque qui è bello. Specie ora che so che discendi dai lupi, mi sento protetta accanto a te» Lo stuzzicai in tono allegro.
«Fico». Sorrise.
A quel punto il rumore
dei sassi sulla spiaggia ci avvertì che qualcuno si stava avvicinando.
Alzammo la testa in contemporanea e notammo Mike e Jessica a una
quarantina di metri che venivano verso di noi.
«Ah, sei lì, Bella» Gridò Mike sollevato, facendo un gesto di saluto con la mano
«È il tuo ragazzo?»
chiese Jacob, allarmato dal tono di gelosia nella voce di Mike. Ero
stupita che ci fosse, e che apparisse così ovvio.
«No, direi di no. È il mio migliore amico, quello a cui piace la meccanica, ma la cerchia si sta ancora allargando» Dissi.
Ero profondamente grata
a Jacob e impaziente di ricompensarlo. Gli feci l'occhiolino mentre
Mike non guardava, per non metterlo a disagio.
«Perciò, appena prendo la patente...» Disse
«Potrai venire a trovarmi a Forks, certo. Magari qualche volta scendo io. Una volta o l'altra potremmo uscire».
Mi sembrava strano
entrare in confidenza così velocemente con qualcuno, timida come sono.
Ma Jacob mi piaceva davvero. Saremmo potuti diventare amici senza
difficoltà.
A quel punto Mike ci
aveva raggiunti, Jessica lo seguiva a qualche passo di distanza. Teneva
un pacchetto in mano che non riuscii bene ad osservare, data la scarsa
luminosità. Lo vidi squadrare Jacob, e pareva soddisfatto di trovarsi di
fronte a un ragazzino.
«Dove siete stati?» Chiese, malgrado la risposta fosse sotto il suo naso.
«Secondo te?» Sorrisi,
allargando le braccia. Le ripiegai in grembo «Ci siamo raccontati storie
spaventose. A proposito, hai visto da qualche parte un cilindro freni
di una Volkswagen Golf di un qualche anno fico che piace al mio nuovo
amico Jacob?» e lo indicai
«Del 1986» rise lui con la sua bella voce calda, e Mike si rilassò notevolmente.
«Te ne intendi di auto?» Gli chiese
«È una passione» ammise il Quileute, per nulla intimorito
«Ora non so per il
cilindro freni, ma conosco un rivenditore che ha di tutto. Se tu e
Belarda rimarrete in contatto potrei farti girare il contatto. Oh, ma
aspetta, Bella non ha un cellulare!» disse lui con aria fintamente
tragica
«Come farete ora?» Lo spalleggiò Jessica, esagerando con la disperazione.
«Seriamente non hai un cellulare?» Mi chiese Jacob incuriosito.
Mi strinsi nelle spalle. Mi ero sempre fatta bastare il fisso, non avevo mai sentito il bisogno di un apparecchio privato.
«Aspetta! Per fortuna
ci sono io!» Esclamò Mike, spingendomi contro una confezione, che era
già stata aperta e richiusa maldestramente. Sopra ci avevano appiccicato
un fiocchetto da regalo verde. Mike e Jessica mi avevano regalato un
cellulare.
Ero spacciata, ma anche commossa.
«C'è già dentro la
scheda e tutto, e tutti abbiamo messo i numeri in rubrica, tranne
Lauren» Mi illustrò eccitata Jessica, additando il pacchetto
«Ragazzi, siete stati
dolcissimi. Grazie» dissi, abbracciando il pacchetto e poi alzandomi ad
abbracciarli e baciarli su entrambe le guance. Loro arrossirono un po',
entrambi.
«Un numero nuovo per la tua rubrica!» Esclamò Jacob, e così ci scambiammo i numeri. Gli feci un gran sorriso, che lui ricambiò.
«Be'...» Mike tacque
per un istante, valutando la situazione e la nostra complicità. «Ci
stiamo preparando per andarcene, sembra che stia per piovere».
Alzammo gli occhi al cielo, sempre più cupo. Si, era senz'altro pioggia.
«D'accordo» Scattai in piedi. «Arrivo»
«Piacere di averti rivista» disse Jacob, certo per stuzzicare un po' Mike
«Piacere mio. La prossima volta che Carlo viene a trovare Billy lo accompagno» promisi.
Il suo volto si illuminò di un gran sorriso. «Sarebbe fico»
«E grazie» Aggiunsi sinceramente.
Salii sul sentiero di
rocce che portava al parcheggio con il cappuccio alzato. Tra i sassi
comparivano le macchie scure delle prime gocce di pioggia. Quando io,
Mike e Jess raggiungemmo il Suburban gli altri stavano già caricando i
bagagli. Mi infilai accanto ad Angela e Tyler, sul sedile posteriore,
dichiarando che avevo già goduto del mio turno su quello del passeggero.
Angela osservava l'imminente temporale fuori dal finestrino, e Lauren
si divincolava nel posto centrale, cercando di attirare l'attenzione di
Tyler: perciò potei liberamente appoggiare la testa allo schienale,
chiudere gli occhi e provare a riposarmi.
Il cellulare nella mia tasca vibrò, facendo un rumore come un lamento di topo.
Mike mi aveva mandato la foto di una murena.
Vrr.
Un messaggio, lapidario. "Anguilla".
Era l'inizio della fine.
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Aggiorneremo la storia su questo blog un pò più lentamente che su
wattpad, quindi se avete la app di wattpad, oppure vi piace leggere
direttamente da quel sito, continuate a leggere la storia da qui
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