martedì 20 marzo 2018

Sunset 16. Vampiri o dopati?



Indietreggiai, fino a ritrovarmi con la schiena contro l'albero su cui si era arrampicato Dracula. Gli occhi di Alice Cullen (gialli, come quelli di un lupo, ma ancora più saturi) mi trapanavano con cattiveria.
«Beh, allora non... non avrò bisogno di presentarmi» Cercai di scherzare, goffamente.
Tutta la mia capacità di socializzare, così come buona parte del mio buonumore, si erano volatilizzati.
«So anche cosa sei venuta a fare qui. E non sono d'accordo».
Battei le palpebre. Era come suo fratello: psicopatica, pericolosa. Ma, e non era una caratteristica sottovalutabile, era anche minuscola e magra, ben più bassa di me e probabilmente più debole. Perché allora avevo questa irrazionale paura?
Dracula fece un miagolio acutissimo e soffiò, probabilmente verso Alice: ce l'aveva con tutti i Cullen allo stesso modo. Doveva essere qualcosa nel loro odore caratteristico, freddo e dolce, come se usassero tutti lo stesso identico profumo anti-gatto.
«Ah» Dissi, cercando di aggirare l'albero lentamente: volevo scappare, trovare una scusa per allontanarmi, ma non potevo perché altrimenti Mike non mi avrebbe trovata.
«Ah è tutto quello che sai dire?» Domandò Alice, beffarda
«No, certo che n-no» balbettai «Solo... non ho niente da dire. A te. Ora. Insomma, va bene, non sei d'accordo, ma...»
«Ritira la denuncia» disse lei «Mio fratello non merita questo».
Allora andai su tutte le furie. Sono carina, sono timidina, ma non sono mai stata né mai sarò lo zerbino di nessuno, men che meno degli psicopatici.
«Tuo fratello si merita ben di peggio» Ringhiai «Dovrebbe essere chiuso in riformatorio!»
«No, tu non lo conosci» rispose Alice, seria «Non sai cosa sta passando, se lo sapessi...»
«Non me ne frega niente! Gli ho offerto aiuto e comprensione e lui non li ha voluti!»
«Non potresti capirlo...»
«E allora che si trovi uno psichiatra bravo, io ho di meglio da fare»
«No, tu devi ritirare la denuncia» insistette lei «Rischi di rovinare la sua reputazione»
«Ha anche una reputazione? Ma se tutti lo odiano e pensano che sia strambo!»
«Non è vero»
«Ah no? Quanti testimoni ti servono?».
Alice Cullen ammutolì per un istante, guardandomi con uno sguardo pieno d'odio
«Tu non puoi capire»
«Mettimi alla prova!» sbottai «Spiegami! Spiegami, perché nessuno ci ha neanche provato! Edward è depresso? È bipolare? Che cavolo ha? Perché non va da un medico, perché deve rompere le scatole a me?»
«Non è depresso. E neanche bipolare»
«Bene. Perché erano le uniche scuse che avrebbero retto un minimo. Altrimenti significa solo che è un criminale scemo».
Alice mi afferrò per un polso e trasalii: la sua pelle era fredda come ghiaccio, la sua stretta quella di una morsa.
«Senti» Disse «Edward si fa già in quattro per essere accettato da questa comunità e gli riesce comunque difficile. Non ha bisogno di una ragazzina viziata che lo denuncia per sciocchezze».
Cercai di liberare il braccio, ma non ci riuscii.
«Lasciami» Le ordinai, seria «Altrimenti ti becchi un ordine restrittivo anche tu».
Alice non mi lasciò. Si sarebbe beccata un ordine restrittivo anche lei, altroché...
«Ascoltami bene» Mi disse «Non fare tanto la furba con noi. Potrai anche avere la legge dalla tua parte, ma noi abbiamo... qualcos'altro»
«Uh, che mafia» sghignazzai «Senti bene me, nanerottola psicopatica: mi stai facendo arrabbiare sul serio. Non ti conviene fare arrabbiare qualcuno più grande di te e...».
Alice mi lasciò andare. Per un secondo pensai che finalmente si fosse spaventata, ma mi guardò con un sorriso beffardo e, con le punte delle dita, staccò un ramo enorme, poi lo lanciò oltre la mia testa, apparentemente senza sforzo, facendolo schiantare contro un tronco, dove si spezzò in un mare di schegge e volteggiò in aria prima di ricadere molto, molto lontano.
Caspita, Alice doveva averla sfondata, la palestra. Eppure la sua crescita muscolare era ben lontana dall'essere quella di uno strongman, come poteva essere tanto forte? Mi chiesi se ci fosse un trucco, una cosa del tipo che in realtà quel ramo era finto, di legno di balsa incollato con colla scarsa, e che fosse stato messo lì al solo scopo di spaventarmi.
Ma poi, davvero Alice Cullen mi stava minacciando di picchiarmi? E perché ero così spaventata?
«Ritira la denuncia» Ripeté lei per l'ennesima volta
«Certo» risposi, annuendo.
Era la cosa migliore da fare... lasciare che lei credesse che le avevo dato ragione e poi denunciare Edward lo stesso. Così imparava che non si scherza, con chi ha la legge dalla sua parte.
Alice parve soddisfatta
«Lo sapevo che in fondo eri una brava ragazza» disse
«Non immagini quanto» risposi, cercando di suonare ingenua.
Ma, c'è da dire, quando rispondi "non immagini quanto" è molto, molto difficile sembrare ingenua.
Alice girò sui tacchi e fece per andarsene, poi emise un urletto di sorpresa e si girò, sibilando
«TU!»
«Io?» mi indicai il petto «C-cosa?»
«Tu hai intenzione di denunciare mio fratello lo stesso!»
«Cosa? No, certo che no!» alzai le mani «Ti ho detto che va bene, hai ragione!»
«Lo hai detto solo per rabbonirmi!»
«Cosa te lo fa pensare?»
«Lo so e basta»
«E non ti sembra... pretenzioso... neanche un pochino?».
Alice ruggì. Può sembrare assurdo, irragionevole, che una creaturina così piccola e delicata emetta un suono simile, ma avrebbe potuto essere scambiata per un leone.
Per la sorpresa, battei la testa contro un ramo basso e Dracula salì ancora più in alto sull'albero, gonfio come un pallone da spiaggia.
«Ritira la denuncia» Disse lei
«Devo andare per poterlo fare, devo andare, devo andare»
«Ritirala»
«Alice, tutto questo non ha senso».
Lei scoprì i denti. Nonostante il ruggito potesse farlo supporre, non aveva zanne e i suoi dentini erano piccoli e bianchissimi, per niente intimidatori.
«Alice, ti prego» Dissi, disperata, mostrandole i palmi delle mani «Adesso basta. Non è sensato, le persone non fanno queste cose...»
«Tu che ne sai?»
«Sono una persona»
«Io non sono come te!» la sua voce si trasformò in uno strillo acuto «Neanche mio fratello è come te. Non siamo persone come te!».
Allora la colpii con uno schiaffo in pieno volto, gridando di rimando «È PERCHÉ SIETE RICCHI?!».
Fu come colpire un muro di cemento: il palmo della mia mano bruciava e le falangi mi facevano male. Alice era durissima.
«Non sei umana» Dissi, stringendomi la mano al petto «N-non n-non sei u-umana. Non sei u-umana»
«Certo che sono umana» disse lei, con voce dolce, tranquillizzandosi immediatamente «Bella, Bella non avere paura, io»
«Non sei umana» ansimai, guardandomi intorno «Neanche Edward»
«Ma che sciocchezze, Bella» rise «Non ha alcun senso»
«No, no» scossi la testa.
Guardai in alto: il mio gatto era ancora spaventato, con tutto il pelo ritto, e adesso sapevo il perché. Come potevano essere umani, i Cullen? Tutti uguali, tutti pallidi, duri e freddi come cadaveri. Alice aveva una forza straordinaria. I loro occhi erano gialli, come quelli dei lupi. Lupi mannari? Potevano essere dei lupi mannari?
E dove sarei scappata adesso? Dracula non ne voleva sapere di scendere dall'albero e io non ne volevo sapere di abbandonarlo lì, ma ero spaventatissima nonostante adesso quella psicopatica che sembrava un folletto stesse cercando di rassicurarmi.
Mi allontanai con uno strattone da lei e mi misi in una zona luminosa, la più luminosa dei paraggi. Il sole mi rassicurava: pensavo che avrebbe messo tutto in una prospettiva diversa, che una volta che Alice si fosse messa sotto i suoi raggi avrei potuto pensare che non era così pericolosa, o sovrannaturale.
Mi sbagliavo: Alice non mi si avvicinò, evitando accuratamente di esporsi al sole.
«Un vampiro» Mormorai, così piano che lei non doveva avermi sentito.
Alice indietreggiò ancora
«Allora» disse «Ricordati quello che ti ho detto. Lascia stare Edward».
Poi se ne andò. Avevo ancora voglia di denunciare un vampiro?
Qualcuno che uccideva le persone per nutrirsene, perché era la sua natura?
Qualcuno con una forza sovrannaturale?
Qualcuno che non era neanche vivo?
Certo che si! La polizia avrebbe sempre potuto sparargli. O scioglierli nell'acido. O sparargli con proiettili pieni di acido se fosse stato necessario.
Finalmente Mike arrivò: udii la sua macchina slittare leggermente sul vialone.
«MIKE! MIKE! SONO QUI!».
La macchina si fermò. Dopo un po' la figura familiare del mio migliore amico spuntò fra i cespugli: indossava un maglione decorato con due personaggi di Street Fighter disegnati in modo non proprio chiarissimo e un paio di pesanti jeans grigiastri.
 «Belarda! Ehi!» Mi salutò, alzando una mano, poi accelerò il passo «Che succede?»
«Belarda! Ehi!» Mi salutò, alzando una mano, poi accelerò il passo «Che succede?»
«Perché?» domandai, guardandomi intorno
«Stai tremando. Sembri sconvolta»
«Sono sconvolta. Alice Cullen mi ha appena minacciato» dichiarai, stringendomi le braccia intorno al corpo «Non la credevo capace»
«Tutti i Cullen sono spazzatura» dichiarò lui, poi guardò in alto «E il tuo gatto che fa lassù, di preciso? E perché è spaventato anche lui?»
«Ha paura dei Cullen. Anche lui».
Mike si infilò una mano in tasca ed estrasse un pacchetto minuscolo, tutto ripiegato, di croccantini per gatti ripieni al formaggio, poi lo aprì, ne prese uno e con gentilezza lo allungò verso Dracula
«Vieni giù, micio! Vieni giù! Guarda cosa ho per te!».
Il gatto iniziò a sgonfiare il pelo, finalmente, e annusò l'aria incuriosito. Non appena capì che si trattava di bocconcini al formaggio, tenuti nella mano di Mike (che era il suo essere umano maschio preferito in assoluto) si scapicollò fra le sue braccia e quasi lo morse cercando di mangiare tutti i croccantini nello stesso momento.
«Però» Dissi «Ci sai fare»
«Modestamente» rispose lui, reggendo Dracula come avrebbe fatto con un bimbo
«Gli hai comprato degli snack!»
«No. Mamma li ha comprati per il cane, ma sono per i gatti e allora ne ho preso un sacchettino»
«Tua madre ha comprato degli snack per gatti al cane» mi misi la mano davanti alla bocca, cercando di non ridacchiare troppo palesemente
«Si. Si, lo so» annuì, poi si strinse nelle spalle «Però credo che il formaggio piaccia anche a lei e che li mangi quando non guardiamo».
Stavolta ridacchiai palesemente.
Ci incamminammo attraverso i cespugli verso la macchina. All'improvviso mi sentivo più tranquilla e felice, non perché avevo accanto qualcuno che potesse proteggermi o roba del genere, ma perché con Mike tutto assumeva un aspetto più facile, più bello, più calmo.
Dracula non ebbe alcun problema in macchina, non miagolò come un ossesso, non vomitò, non graffiò niente: era il gatto più dolce del mondo.
«Quindi che è successo? Perché eri a casa dei Cullen?» Domandò Mike.
Gli raccontai tutto nel dettaglio e vidi disegnarsi sulla sua faccia, sebbene fosse puntata sulla strada, un orrore profondo. Le sue nocche erano sbiancate mentre stringeva il volante.
«Edward è solo spazzatura» Disse «Non si merita neanche di avvicinarsi ad una come te»
«O ad uno come te» aggiunsi «Non se lo merita. Siamo troppo favolosi»
«Che schifo»
«Lo so»
«Ma come si permette? E come si permette quella pazza di sua sorella?»
«Sai che sua sorella è fortissima? Intendo, mostruosamente forte. Mi ha preso il polso e... guarda che roba!» alzai il braccio: l'impronta rossa delle sue dita era ancora stampata sulla mia pelle, come se mi avesse presa pochi secondi prima «E poi ha distrutto un ramo più alto di me lanciandolo, tipo, tra pollice e indice. È mostruosa, come fa ad essere così piccola e così forte? Ma è umana?»
«Per me si fanno di steroidi» commentò Mike, cosa che in effetti aveva molto senso.
Forse non erano vampiri, forse erano solo imbottiti di steroidi e droghe di ogni sorta, il che spiegherebbe anche come mai sembravano così malsani ed erano instabili mentalmente.
«Il più grosso, Emmett» Continuò «Nessuno l'ha mai visto in palestra, né qui né in paesi limitrofi. E poi non partecipa mai a nessun evento sportivo, soprattutto a nessuno che abbia necessità di un controllo anti-doping... eppure è enorme, come se in palestra ci vivesse, l'hai notato?»
«Si»
«Bene, secondo me lui è proprio imbottito di quelle robacce. Non è sano. Ma peggio per lui, finirà stecchito prima di arrivare ai vent'anni»
«Ci sono ottime probabilità» ammisi
«E il padre? Il padre è sempre all'ospedale, sempre, notte e giorno, non ha proprio il tempo per allenarsi, però una volta l'ho visto a torso nudo ed è stato...» scosse la testa, come se fosse incredulo delle proprie memorie «Ha il fisico di una specie di bagnino di Baywatch. Di uno che fa arti marziali. Ma non può matematicamente aver lavorato per ottenerlo. Sono tutti, dal primo all'ultimo, imbottiti di steroidi, te lo dico io»
«Anche Jasper?» scherzai «Quello secco secco?»
«Ma l'hai visto com'è combinato? Secondo me sta male per tutta la robaccia che si è sparato nelle vene. Va sempre in giro come se non riconoscesse dove si trova. Fa paura, questa cosa. Io non li capisco, i Cullen»
«Nessuno li capisce, i Cullen».
Insultammo i Cullen in modi via via sempre più fantasiosi lungo la strada per casa. Se all'inizio le nostre teorie erano state più che realistiche e plausibili, quando entrammo a Forks eravamo ormai completamente fuori controllo ed avevamo ipotizzato che nel tempo libero tutti i Cullen si ubriacassero volontariamente allo scopo di distruggersi il fegato per ingiallirsi gli occhi, che Alice Cullen fosse nel circolo di lotte di cani clandestine non come padrone, ma come cane, e che il dottor Cullen facesse il bagno nella candeggina per essere così bianco da testa a piedi.
Quando arrivammo in questura e vedemmo Edward, non potemmo contenerci e scoppiammo a ridere. Edward fece una faccia schifatissima, come se potesse leggere nei nostri pensieri e vedere tutte le cose terribili che immaginavamo di loro.
Compilare la richiesta per l'ordine di restrizione fu sorprendentemente più facile di quanto avessi immaginato. 9/10, richiedere un ordine di restrizione verso le persone violente e gli stalker è una cosa che consiglio a tutti: quattro carte firmate, qualche poliziotto che vi guarda, e potete dire addio alle persone orribili che appestano la vostra vita e spaventano i vostri gatti.
«Sei contenta, adesso?» Domandò Edward, fra i denti, mentre si allontanava da me
«Ovviamente» sorrisi, poi lo salutai aprendo e chiudendo la mano, come una bimba
«Torna a casa, Cullen» aggiunse Mike «E non ti aspettare che qualcuno ti ci accompagni»
«Vengono a prendermi i miei fratelli!» esclamò lui, allontanandosi ancora più velocemente.
Non ridergli alle spalle, come due iene impazzite, fu una delle cose più difficili della mia vita.
Mio padre, fiero di me, mi guardò e sorrise.
Anche io ero fiera di me, papà. Anche io lo ero.





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