«Non avresti
potuto uccidere Trevor, Achille» Disse Fyodor, indicando con il
mignolo la faccia contratta e immobile del morto «Sono le regole del
gioco. Non si possono uccidere gli altri giocatori» .
Il ragazzo imberbe
si accarezzò il polso sinistro come se fosse addormentato, poi
guardò il tetto.
«Forse» Mormorò
«Avresti dovuto fermarmi. Questo è il tuo gioco» .
Fyodor iniziò a
ridere. Era un suono rotto e stridente, con note pastose in basso e
tintinnanti in alto, una cacofonia terribile nel bagliore dei canini
ricurvi dentro la sua bocca aperta.
«Avrei dovuto
fermarti? Fermare te dall’uccidere quell’uomo?»
«Non hai fatto
nulla» Lo accusò Achille, serio anche se la sua voce sembrava
rarefatta, lontana.
Fyodor gli si
avvicinò con passi rigidi, sicuri. Il rumore dei tacchi durissimi
delle sue scarpe, contro il pavimento tirato a lucido, era come
quello degli spari lontani di vecchie pistole Colt.
«Non mi conveniva
fermarti» Rivelò «Ma vedi, mio piccolo amico, tu hai firmato un
contratto. Un contratto estremamente chiaro: non puoi uccidere altri
giocatori. Se uccidi gli altri, hai perso il gioco» .
Achille contrasse
la mascella e fu la prima volta che Manuel vide spezzarsi quell’aura
di sonnolenza, indifferenza quasi eterea, che circondava il ragazzo;
era bastato il movimento di un muscolo a trasformare il volto leggero
e semi-divino di Achille in quello di qualunque altro giovane della
sua età, scarabocchiato di disappunto e dubbio.
«Ho perso, quindi»
Disse il ragazzo, spingendo sul tavolo tutte le fiche «Me ne devo
andare?»
«Oh, no. Non te ne
vai, no» rispose Fyodor, che lo aveva raggiunto, e che gli mise una
mano sulla spalla
«E allora cosa…
cosa faccio? Rimango fino alla fine del gioco?» .
Una nota di panico
si era formata nella voce di Achille. La sua mano sinistra tremava e
di quando in quando scattava appena, come se volesse raggiungere la
pistola per sparare ancora.
«Il contratto
parlava chiaro, non ti sei fermato a leggerlo?» Gli domandò
Fyodor, teatrale.
Manuel sentì un
brividino ai polsi e dentro lo stomaco: neanche lui aveva letto il
contratto, aveva solo lasciato che la segretaria lo firmasse con il
suo sangue.
«Se perdi il
gioco. L’intero gioco, intendo...» Continuò Fyodor, stringendo
le dita sulla spalla di Achille, increspando la stoffa «… Io mi
prendo la tua anima. E tu hai perso il gioco» .
Il ragazzo imberbe
afferrò di nuovo la pistola, la estrasse, provò a puntarla, ma
Fyodor fermò la sua mano, stringendogli il polso.
«No no no, amico
mio, no» L’uomo nero scosse la testa, la voce melliflua che si
insinuava come acqua nelle orecchie degli ascoltatori «Hai firmato
un contratto. E poiché lo hai firmato, anche se ti uccido nessun
mago luminoso potrà venire quaggiù a dirmi che ho rubato una delle
loro preziose vite...» .
“Di che
diavolo sta parlando?” Pensò Manuel Karas
«… E questo
significa che, legalmente, tu sei mio adesso. Mio. La tua anima posso
mangiarla, il tuo corpo lo posso rivendere ai carnalis...»
“I carnalis?”
«… I tuoi
vestiti usarli per pulirci le finestre...»
“Quaggiù non
ci sono finestre. Io non vedo finestre. Perché non ci sono finestre
dannazione? Perché diavolo non ci sono finestre?”
«…
E tu non puoi farmi proprio niente. E la polizia non può farmi
proprio niente. E chiunque,
dal più alto nelle gerarchie angeliche al più vile vigilante
luminoso, si deve fare i cazzi suoi mentre ti mangio» .
Achille provò a
combattere. Tirò una ginocchiata all’uomo che lo tratteneva, un
pugno dritto su una guancia, una testata. Un filo di sangue iniziò a
sgorgare dalla fronte pallida del ragazzo, mentre Fyodor,
imperturbato, lo guardava con i denti scoperti e gli occhi famelici.
Non si era fatto niente.
«Neanche un
graffio» Sussurrò Santa, turbata.
Fyodor la guardò,
continuando a tenere Achille per un polso mentre il ragazzo lo
tempestava di colpi al petto senza riuscire neanche a smuoverlo,
quasi stesse colpendo una colonna di cemento rivestita di carne
invece che una persona.
«Nessuno di voi
può farmi niente» Disse «Io qui rappresento la giustizia.
Garantisco che il gioco si svolga in maniera corretta» .
Crack. Achille
gridò, i tendini del collo in rilievo sul collo come cordini bianchi
tirati di colpo, portandosi la mano libera al braccio. Usando solo le
dita, Fyodor gli aveva spezzato il polso.
«Perché?
Perché? Perché?»
Pianse il giovane, tremando
«Perché
perché perché, perché
tu hai ammazzato un altro giocatore, no?»
rispose di rimando l’uomo nero, afferrando
la mascella di Achille con l’altra mano e strizzandogli la faccia.
Il
ragazzo gridò di dolore e Fyodor gli piantò la bocca aperta contro
la sua, spalancata. Avrebbe potuto sembrare un bacio forzato e
molesto, ma l’impressione era di qualcosa di ancora più profondo,
intimo e doloroso. Achille sembrava incapace di chiudere la bocca,
gemeva di dolore e di paura, provando debolmente a liberarsi, mentre
Fyodor lo attirava a sé e lo strangolava, le dita che scavavano
nella carne tenera come artigli rapaci.
Eleonora si passò
una mano fra i capelli azzurri, si alzò e si girò dall’altra
parte, senza dire niente. Sembrava sapere cosa sarebbe successo dopo.
Achille annaspò e
scalciò, inspirò dal naso e gridò contro la bocca aperta del suo
assalitore, le labbra inesorabilmente premute contro le sue. Poi
Fyodor succhiò forte, come quando si mangiano le lumache da dentro
il guscio, oppure le ostriche. Gli occhi di Achille si rovesciarono
all’indietro mostrando il bianco, le gambe si rilassarono di colpo,
la mano libera ricadde di schianto contro il fianco.
Fyodor
staccò lentamente le labbra dalla bocca del ragazzo, continuando
però a trattenerlo per la mascella; era questa presa che evitava
che il corpo di Achille si
accasciasse
penosamente a terra, come un sacco floscio.
«Cosa gli hai
fatto?» Domandò Luna, con il fiato un po’ affannato perché si
era dimenticata di respirare
«Gli ho mangiato
l’anima» rispose con naturalezza Fyodor, che adesso stava
sistemando il corpo vuoto di Achille sulla sedia, mettendolo in posa
come se fosse solo addormentato
«È morto?»
«Il suo cervello è
morto, sì. Ha ancora energia per qualche battito cardiaco: non sono
di quelli che sanno ripulirli bene, fino a dentro. E poi era un’anima
bella grossa, per la sua età» .
“Che cosa sta dicendo? Che cosa
sta dicendo?” Pensò Manuel,
confuso di una confusione come non gli era mai capitata. Era come se
il suo cervello gli stesse spiegando pedissequamente quello che era
successo, ma al contempo lo negasse. Anime mangiate? ANIME MANGIATE?
Anime mangiate.
«Quindi poi
morirà?» Chiese ancora Luna
«Certo che morirà»
si intromise Eleonora, in tono piatto, tornando a sedersi
«Ancora un paio di
battiti» assicurò Fyodor «Uno… e… due. Ecco, ora è morto
davvero» .
Luna posò la testa
sul tavolo, strizzando gli occhi.
«Era uno scemo»
Commentò «Non l’ha letto il contratto?»
«Io l’ho letto»
Disse Santa, con voce impastata «Ma non mi immaginavo che…
che...» .
Le tre donne
guardarono in direzione di Manuel, con lo sguardo di chi si aspetta
qualcosa, magari un commento intelligente. Manuel, però, stava
fissando il corpo morto di Achille, quello ancora caldo, con gli
occhi aperti e rovesciati all’indietro.
C’erano due
cadaveri nella stanza. Iniziavano a sembrargli un po’ troppi, ecco
quello che Manuel avrebbe voluto dire, ma preferì comunque rimanere
in silenzio.
Non sapeva se
poteva dirlo: non aveva letto il dannato contratto che aveva firmato
con il sangue.
«Spero che adesso
vi sentiate tutti più al sicuro, sapendo che nessuno di voi può
essere ucciso da un altro giocatore e rimanere impunito. Nessuna
testa calda vi sparerà» Disse Fyodor, sedendosi di nuovo al suo
posto e sorridendo.
La verità, però,
era che nessuno si sentiva più al sicuro.
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