venerdì 7 gennaio 2022

La Cattedra del Giocatore - 6. La punizione


«Non avresti potuto uccidere Trevor, Achille» Disse Fyodor, indicando con il mignolo la faccia contratta e immobile del morto «Sono le regole del gioco. Non si possono uccidere gli altri giocatori» .
Il ragazzo imberbe si accarezzò il polso sinistro come se fosse addormentato, poi guardò il tetto.
«Forse» Mormorò «Avresti dovuto fermarmi. Questo è il tuo gioco» .
Fyodor iniziò a ridere. Era un suono rotto e stridente, con note pastose in basso e tintinnanti in alto, una cacofonia terribile nel bagliore dei canini ricurvi dentro la sua bocca aperta.
«Avrei dovuto fermarti? Fermare te dall’uccidere quell’uomo?»
«Non hai fatto nulla» Lo accusò Achille, serio anche se la sua voce sembrava rarefatta, lontana.
Fyodor gli si avvicinò con passi rigidi, sicuri. Il rumore dei tacchi durissimi delle sue scarpe, contro il pavimento tirato a lucido, era come quello degli spari lontani di vecchie pistole Colt.
«Non mi conveniva fermarti» Rivelò «Ma vedi, mio piccolo amico, tu hai firmato un contratto. Un contratto estremamente chiaro: non puoi uccidere altri giocatori. Se uccidi gli altri, hai perso il gioco» .
Achille contrasse la mascella e fu la prima volta che Manuel vide spezzarsi quell’aura di sonnolenza, indifferenza quasi eterea, che circondava il ragazzo; era bastato il movimento di un muscolo a trasformare il volto leggero e semi-divino di Achille in quello di qualunque altro giovane della sua età, scarabocchiato di disappunto e dubbio.
«Ho perso, quindi» Disse il ragazzo, spingendo sul tavolo tutte le fiche «Me ne devo andare?»
«Oh, no. Non te ne vai, no» rispose Fyodor, che lo aveva raggiunto, e che gli mise una mano sulla spalla
«E allora cosa… cosa faccio? Rimango fino alla fine del gioco?» .
Una nota di panico si era formata nella voce di Achille. La sua mano sinistra tremava e di quando in quando scattava appena, come se volesse raggiungere la pistola per sparare ancora.
«Il contratto parlava chiaro, non ti sei fermato a leggerlo?» Gli domandò Fyodor, teatrale.
Manuel sentì un brividino ai polsi e dentro lo stomaco: neanche lui aveva letto il contratto, aveva solo lasciato che la segretaria lo firmasse con il suo sangue.
«Se perdi il gioco. L’intero gioco, intendo...» Continuò Fyodor, stringendo le dita sulla spalla di Achille, increspando la stoffa «… Io mi prendo la tua anima. E tu hai perso il gioco» .
Il ragazzo imberbe afferrò di nuovo la pistola, la estrasse, provò a puntarla, ma Fyodor fermò la sua mano, stringendogli il polso.
«No no no, amico mio, no» L’uomo nero scosse la testa, la voce melliflua che si insinuava come acqua nelle orecchie degli ascoltatori «Hai firmato un contratto. E poiché lo hai firmato, anche se ti uccido nessun mago luminoso potrà venire quaggiù a dirmi che ho rubato una delle loro preziose vite...» .
Di che diavolo sta parlando?” Pensò Manuel Karas
«… E questo significa che, legalmente, tu sei mio adesso. Mio. La tua anima posso mangiarla, il tuo corpo lo posso rivendere ai carnalis...»
I carnalis?”
«… I tuoi vestiti usarli per pulirci le finestre...»
“Quaggiù non ci sono finestre. Io non vedo finestre. Perché non ci sono finestre dannazione? Perché diavolo non ci sono finestre?”
«… E tu non puoi farmi proprio niente. E la polizia non può farmi proprio niente. E chiunque, dal più alto nelle gerarchie angeliche al più vile vigilante luminoso, si deve fare i cazzi suoi mentre ti mangio» .
Achille provò a combattere. Tirò una ginocchiata all’uomo che lo tratteneva, un pugno dritto su una guancia, una testata. Un filo di sangue iniziò a sgorgare dalla fronte pallida del ragazzo, mentre Fyodor, imperturbato, lo guardava con i denti scoperti e gli occhi famelici. Non si era fatto niente.
«Neanche un graffio» Sussurrò Santa, turbata.
Fyodor la guardò, continuando a tenere Achille per un polso mentre il ragazzo lo tempestava di colpi al petto senza riuscire neanche a smuoverlo, quasi stesse colpendo una colonna di cemento rivestita di carne invece che una persona.
«Nessuno di voi può farmi niente» Disse «Io qui rappresento la giustizia. Garantisco che il gioco si svolga in maniera corretta» .
Crack. Achille gridò, i tendini del collo in rilievo sul collo come cordini bianchi tirati di colpo, portandosi la mano libera al braccio. Usando solo le dita, Fyodor gli aveva spezzato il polso.
«Perché? Perché? Perché?» Pianse il giovane, tremando
«Perché perché perché, perché tu hai ammazzato un altro giocatore, no?» rispose di rimando l’uomo nero, afferrando la mascella di Achille con l’altra mano e strizzandogli la faccia.
Il ragazzo gridò di dolore e Fyodor gli piantò la bocca aperta contro la sua, spalancata. Avrebbe potuto sembrare un bacio forzato e molesto, ma l’impressione era di qualcosa di ancora più profondo, intimo e doloroso. Achille sembrava incapace di chiudere la bocca, gemeva di dolore e di paura, provando debolmente a liberarsi, mentre Fyodor lo attirava a sé e lo strangolava, le dita che scavavano nella carne tenera come artigli rapaci.
Eleonora si passò una mano fra i capelli azzurri, si alzò e si girò dall’altra parte, senza dire niente. Sembrava sapere cosa sarebbe successo dopo.
Achille annaspò e scalciò, inspirò dal naso e gridò contro la bocca aperta del suo assalitore, le labbra inesorabilmente premute contro le sue. Poi Fyodor succhiò forte, come quando si mangiano le lumache da dentro il guscio, oppure le ostriche. Gli occhi di Achille si rovesciarono all’indietro mostrando il bianco, le gambe si rilassarono di colpo, la mano libera ricadde di schianto contro il fianco.
Fyodor staccò lentamente le labbra dalla bocca del ragazzo, continuando però a trattenerlo per la mascella; era questa presa che evitava che il corpo di Achille si accasciasse penosamente a terra, come un sacco floscio.
«Cosa gli hai fatto?» Domandò Luna, con il fiato un po’ affannato perché si era dimenticata di respirare
«Gli ho mangiato l’anima» rispose con naturalezza Fyodor, che adesso stava sistemando il corpo vuoto di Achille sulla sedia, mettendolo in posa come se fosse solo addormentato
«È morto?»
«Il suo cervello è morto, sì. Ha ancora energia per qualche battito cardiaco: non sono di quelli che sanno ripulirli bene, fino a dentro. E poi era un’anima bella grossa, per la sua età» .
Che cosa sta dicendo? Che cosa sta dicendo?” Pensò Manuel, confuso di una confusione come non gli era mai capitata. Era come se il suo cervello gli stesse spiegando pedissequamente quello che era successo, ma al contempo lo negasse. Anime mangiate? ANIME MANGIATE? Anime mangiate.
«Quindi poi morirà?» Chiese ancora Luna
«Certo che morirà» si intromise Eleonora, in tono piatto, tornando a sedersi
«Ancora un paio di battiti» assicurò Fyodor «Uno… e… due. Ecco, ora è morto davvero» .
Luna posò la testa sul tavolo, strizzando gli occhi.
«Era uno scemo» Commentò «Non l’ha letto il contratto?»
«Io l’ho letto» Disse Santa, con voce impastata «Ma non mi immaginavo che… che...» .
Le tre donne guardarono in direzione di Manuel, con lo sguardo di chi si aspetta qualcosa, magari un commento intelligente. Manuel, però, stava fissando il corpo morto di Achille, quello ancora caldo, con gli occhi aperti e rovesciati all’indietro.
C’erano due cadaveri nella stanza. Iniziavano a sembrargli un po’ troppi, ecco quello che Manuel avrebbe voluto dire, ma preferì comunque rimanere in silenzio.
Non sapeva se poteva dirlo: non aveva letto il dannato contratto che aveva firmato con il sangue.
«Spero che adesso vi sentiate tutti più al sicuro, sapendo che nessuno di voi può essere ucciso da un altro giocatore e rimanere impunito. Nessuna testa calda vi sparerà» Disse Fyodor, sedendosi di nuovo al suo posto e sorridendo.
La verità, però, era che nessuno si sentiva più al sicuro.

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