Scritto da Sarah Darkness e Elisabetta Palmeri
Il tomahawk del Wendigo - Parte 1
Affari di famiglia
La morte prematura di Delia aveva lasciato segni indelebili nella psiche del marito. Incubi, paranoie, ossessioni. Niente per lui era stato più lo stesso. Mai prima di allora la famiglia aveva creduto nello spiritismo o nell'occultismo. Nella superstizione sì, ma in queste sciocchezze mai. Eppure tutto, per Alberto Innocenti, aveva assunto una visione nuova e in questa visione nuova lui doveva diventare il collezionista di oggetti occulti più rinomato del paese.
Purtroppo, tutto questo si era riflettuto sull'intera organizzazione. Ed i suoi uomini erano disperati. A turni venivano mandati a contrattare, oppure a “prelevare”, gli oggetti su cui il desiderio del signor Innocenti si era posato. E questo li costringeva a viaggiare per tutto il paese. Maine. Nevada Florida. Non aveva importanza. Avrebbe ottenuto ciò che voleva e loro avrebbero obbedito fedelmente. Attendendo tutti con ansia il giorno in cui sarebbero stati mandati in un altro continente alla ricerca del nuovo giocattolo di Alberto. Un giorno terribile per tutti loro.
«Potremmo far concorrenza al museo dei Warrèn! Cose da pazzi!» esclamò Rodolfo
«Statti citto e pensa ‘a via!» lo rimproverò Manlio, indicandogli la strada deserta di fronte a loro.
«Eeeh!!» Ai lamentò l’altro «Ci penso, ci penso! Mica come Jackie! Sentito, Jackie?»
Rodolfo e Manlio rimasero in attesa di una risposta guardando nello specchietto retrovisore, ma non una parola giunse dal sedile posteriore.
«A che pienzi, ‘e vacche in Puglia?» gli domandò Rodolfo.
«Pienzi ‘a nennella?» gli chiese Manlio.
«‘A femmena tene i pili ncopp’o’ core, Jackie!» cercò di rincuoralo il collega alla guida.
Un brontolio scontroso li fece ridere a squarciagola.
«È innamorato!»
«Jackie è innamorato! » cantarono in coro.
«Statevi citti e pensate ‘a via!» alzò la voce il giovane uomo alle loro spalle, senza smettere di stringere il cellulare tra le mani e continuare a scrivere «Stronzi».
Il ragazzo assomigliava molto ai due uomini, con gli stessi occhi e capelli scuri e la pelle olivastra; ma non erano parenti stretti. Non che questo cambiasse molto.
Si passò le mani tra i capelli e fissò lo schermo del cellulare afflitto. Perché non cedeva? Che altro avrebbe dovuto dire per convincerla?
Alzò lo sguardo, aggrottando le sopracciglia. Intorno a loro c'era solo erba e lontani, sporadici, alberi che sembravano gli steli secchi e bruni del basilico quando l'estate era finita. Ogni tanto qualche recinzione, qualche cavallo. Che posto era quello? Non lo aiutava, non lo ispirava. Abbassò di nuovo lo sguardo sullo schermo del cellulare, mordicchiandosi appena il labbro inferiore.
«Scrivici che le porti una cosa da qua» Suggerì improvvisamente Manlio.
Jackie non rispose, non voleva dare soddisfazione a nessuno dei presenti in auto, ma Rodolfo ripetè il consiglio dato dall'altro uomo ad alta voce, quasi come un pappagallo.
Rompiscatole.
ANon sapevano nulla di quello che si stavano scrivendo, sapevano solo che stava parlando con lei. E i loro consigli erano improduttivi. Rodolfo e Manlio non sapevano conquistare una donna: non erano avvenenti, non erano carismatici, non erano nulla. Non sapevano farlo, anche perché quando erano accompagnati da qualche donna si poteva star certi che l’avessero pagata. E comunque nemmeno i loro soldi le invitavano a fingere di essere contente. Avevano sempre l’aria di aver pestato qualcosa di poco grazioso con i loro vertiginosi tacchi laccati. Invece lui aveva sempre fatto una figura eccellente col gentil sesso. Anche se aveva un unico e non nobile interesse nei loro confronti. Sapeva cavarsela. Loro no. E poi odiava essere chiamato Jackie. Si chiamava Jack. E Jackie gli era stato affibbiato da quell'insopportabile di Maddalena. Con quella sua stridula vocetta acida.
L’unica persona che poteva chiamarlo così era colei con cui stava parlando: perché dalle sue labbra quel soprannome assumeva una dolcezza appagante. E poteva sopportare di essere chiamato così anche dalle donne che non l’avrebbero ritrovato nel loro letto la mattina dopo. Per una giusta causa insomma! Ma non da quei due…
«Ah, Jackie... ma non è che poi ti scordi cosa siamo venuti a prendere, vero?» Lo canzonò Alfredo. Alfredo si credeva spiritoso, lo sapevano tutti, anche se non faceva troppe battute, insomma, non era troppo scomodo, ma era scomodo lo stesso.
Jack strinse i denti appena appena, contraendo un muscolo nella guancia.
«Andiamo» Disse. Non stava neanche ascoltando più gli altri due, che quando se ne accorsero fecero delle facce scocciate, si guardarono e sorrisero. Un sorrisetto divertito. Di compatimento. Se Jack l'avesse visto, si sarebbe arrabbiato.
Un cavallo, spuntato da chissà dove visto che tutta la strada era libera, si piazzò proprio davanti la macchina.
A dire il vero, anche se il cavallo fosse andato lentamente, un trotto leggero e deliberato, nessuno lo avrebbe visto, perchè Alfredo e Manlio si stavano guardando in faccia per ridere e Jackie fissava lo schermo di un cellulare.
Rodolfo, emettendo un versetto strozzato, affondo il piede sul freno e si fermarono giusto in tempo per non abbozzare il muso dell'auto contro il fianco di un grosso equino bianco.
«Che cazz'è?» Commentò Manlio
«Un cavallo» rispose serafico Jackie, il cuo cuore batteva comunque a mille per la brusca frenata.
Nessuno di loro si metteva mai la cintura e ringraziò il cielo che la sua amica gli avesse passato quella brutta abitudine perché evitò di andare a sbattere con la faccia contro il sedile del guidatore come invece fece Alfredo, seduto di fianco a lui, e Manlio contro il parabrezza, ma si salvò all’ultimo premendo entrambe le mani contro il cruscotto.
Inclinandosi di lato, mentre Alfredo bestemmiava con lo stesso ardore di Rodolfo, Jack fissò il cavallo che si era fermato proprio in mezzo alla strada.
Aveva il manto di un bianco splendente, nettamente in contrasto con il nero liquido degli occhi e la sua criniera e coda erano lunghi e folti, ingarbugliati in un intreccio confuso e disordinato. Era una creatura splendida.
«E ora?!» Abbaiò il guidatore con quanto fiato aveva in corpo.
I quattro si guardarono tra di loro e poi guardarono il cavallo che, sotto il sole cocente, si godeva la leggera brezza che gli scuoteva la criniera.
Nitrì e batté lo zoccolo sull’asfalto.
«Quanto manca alla riserva? » domandò Jackie.
«Poco» rispose Manlio.
«Uhm» fece il ragazzo «Sarà loro?»
«E che ne sacciu, Jackie!».
Il cavallo non accennava a spostarsi da dov'era. Manlio, gonfiando un pò il petto, aprì lo sportello dell'auto e scese al grido di «Gli faccio vedere io!».
Andò vicino all'animale e iniziò a schiamazzare, a sventolare le braccia, a fare tutta una serie di rumori buffi che fecero ridere gli altri due uomini, ma non il cavallo, che si limitò semplicemente a spostare lo sguardo da un'altra parte. Allora Manlio gli premette le mani sul collo e iniziò a spingere, ma bastò un nitrito non troppo convinto della bestia per farlo desistere.
«Proviamo a fare manovra» Disse allora, rivolto a Rodolfo, facendo con le mani un gesto come a dire "gira la macchina".
«Non gli passare troppo vicino» gli consigliò Alfredo, mentre l’uomo rimetteva in moto la macchina e Manlio risaliva a bordo.
«E non spaventarlo, altrimenti ci salta addosso» aggiunse Jackie.
«Ma che stai dicendo?!»
«Fidati di me, se lo spaventi ti ritrovi la macchina piena di bozzi»
«Manlio!» si alterò Rodolfo, cercando aiuto nel suo vecchio amico.
«Eh, Dolfo, prendila larga»
«Caga sotto. Tutti voi!» brontolò il guidatore, ingranando la retromarcia e passando lungo il bordo della strada per tenersi ben fuori dal raggio di azione della creatura.
Al passaggio della macchina, il cavallo bianco non fece una piega: non li degnò di uno sguardo e rimase a fissare la linea del tramonto come se avesse notato qualcosa.
Voltandosi in quella direzione, Jackie non vide nient’altro se non diversi cactus sparsi un po’ qui e un po’ là, l’inizio di una collina e, lungo l’orizzonte, il profilo di alte e frastagliate montagne dall’aria tutt’altro che invitante. Non gli sembrò di vedere nient’altro. Niente di vivente insomma.
E finalmente comparve quella che in un altro contesto si sarebbe potuta definire "villa", ma che lì somigliava a qualcosa di più "ranch".
Grande, le pareti giallo chiaro, le finestre con imposte di legno, fioriere di assi di pino e il tetto di lamiera che dava un'impressione vivida di non ancora finito. Accanto alla costruzione erano parcheggiati un camioncino grigio un pò sporco e una Bentley con le ruote impolverate, ma comunque abbastanza pulita da far notare che si trattava di una macchina costosa.
Rodolfo accostò alla Bentley, fermò l'auto e scese sollevando una nuvoletta bassa di terreno polveroso. Anche gli altri due lo seguirono e si avvicinarono alla porta di ingresso, un pannello di metallo graffiato dipinto di marrone chiaro.
«C'hanno più soldi di Berlusconi» Commentò Rodolfo, in uno sbuffo «E non si comprano neanche una porta come si deve».
Ovviamente che i proprietari della villa avessero "più soldi di Berlusconi" era solo un suo pensiero, ma di certo possedevano molta terra e molti animali.
«Comunque non dirlo ad alta voce» gli consigliò Alfredo, aspettando che Jackie si mettesse gli occhiali da sole e li seguisse fuori.
Un’ondata di caldo l’investì violentemente, facendogli rimpiangere l’aria condizionata all’interno dell’abitacolo; ma non poteva aspettarli. Si allentò la cravatta, sbottonò i primi bottoni della camicia bianca e si tolse la giacca, seguendoli con aria sconsolata.
« Bell’idea quella di mostrare i ferri» approvò Manlio, guardandogli appena le pistole appese nella fondina e battendogli una mano sulla spalla.
«Eh? Ah. Sì» annuì Jack, avvicinandosi alla porta e bussando tre volte.
Lo sgraziato rumore rimbombò all’interno dell’abitazione, ma nessuno rispose.
Attesero una voce, che purtroppo tardò ad arrivare e il sudore cominciò a farsi sentire. Ogni secondo che passava diventava sempre più soffocante.
Per ingannare il tempo si guardarono intorno, prendendo familiarità con il ranch, ma Jack trovava il deserto monotono e noioso e quel luogo anche peggio.
«Ma i nostri contatti saranno in città?» Chiese Alfred.
«Non ne ho idea» rispose Manlio
«Staranno pensando alle vacche» suggerì Dolfo «Come si chiamano quei due vecchi? »
«Si chiamano Ahanu e Saye » precisò il più giovane < E vedi di non farti riconoscere quando ci presenteremo. Sono sciamani molto rispettati».
Dolfo spalancò la bocca offeso «‘O sentite a quistu?!»
«Ma sentiti tu» lo prese in giro l’altro senza perdere la sua consueta calma «Se li chiami così ti faranno il malocchio per vendicarsi».
L’uomo fece le corna con una mano e si toccò i genitali con l’altra, camminando avanti e dietro sotto il portico, spaventato da quella prospettiva. Da quando il capo aveva riscoperto quella sua stramba passione ne avevano viste di cotte e di crude e la probabilità di ricevere una fattura non era un’ipotesi così inverosimile.
Improvvisamente la porta si aprì appena, accompagnata da uno sgradevole suono graffiante e Jackie vi si parò davanti come era ormai divenuta consuetudine tra di loro. Il suo aspetto inquietava molto meno gli sconosciuti di quello Manlio e la gente era più disposta ad ascoltarlo.
Quello che vide, alzando gli occhiali da sole sopra la testa, fu una donna nativa americana così anziana e piegata dal peso degli anni da arrivargli a mala pena alla cintura.
Si chinò alla sua altezza per guardarla negli occhi e le sorrise cortese.
«Signora Sayen?» domandò con voce dolce e l’altra annuì impercettibilmente «Buongiorno. Siamo gli uomini del signor Innocenti. Avevamo un appuntamento per oggi con vostro marito, ma siamo arrivati in anticipo. Possiamo entrare o preferite che aspettiamo? Vi stiamo disturbando?».
L’anziana donna fece segno di diniego. E poi gli sorrise, facendogli cenno con la mano di seguirlo dentro. Aprì la porta e la luce inondò la stanza buia.
L’interno non avrebbe potuto essere più inquietante.
Era buio e, ovunque sul soffitto, erano state appese delle sottili corde per agganciarvi una moltitudine di acchiappasogni di ogni forma e dimensione. A terra, dopo che mossero i primi passi, riconobbero lo scricchiolare fastidioso della sabbia arida e del sale.
Jackie aveva imparato a non associare mai la presenza di sale ad un buon segno.
Accatastate, invece, lungo le pareti, una moltitudine di grotteschi totem di legno, la cui luce metteva in risalto i profili spaventosi. Giganteschi, minuscoli, dipinti o di legno grezzo. Nessuno dei quattro uomini ne avrebbero mai voluti in casa loro. E Jackie avrebbe preferito non vedere mai più nemmeno un acchiappasogni in vita sua.
La vecchia Sayen li fece entrare e gli indicò una porta perfino più scura in fondo alla stanza.
Era una vecchina graziosa, pensò il ragazzo, notando il suo sorriso dolcissimo e la sua lunghissima treccia che arrivava fin quasi a terra. Adorabile.
Di solito la gente che aveva la casa piena di totem o qualsivoglia simboli di potere, aveva imparato a sue spese, ci teneva ad essere inquietante: portavano lunghi vestiti scuri, barbe incolte o pizzetti sagomati "alla satanesca", anelli d'oro e d'argento; le donne avevano lunghe unghie laccate e portavano collane inquietanti. Questa no, questa era una vecchietta adorabile, abbastanza piccina, e senza tatuaggi scuri visibili. Poteva essere una collezionista, più che una vera sciamana.
Jackie si avvicinò cautamente alla porta scura, cercando di respirare normalmente e di non dare nessun segno di inquietudine.
«Devo entrare?» Domandò, quando vide che la signora Sayen non si muoveva.
L’anziana signora annuì sempre sorridendo.
Jackie evitò un qualsiasi commento, anche se il suo io interiore cacciò uno strillo, e fece cenno ai suoi compagni di seguirlo. Bussò piano e aprì la porta.
La sua speranza di trovare una stanza più luminosa ed accogliente fu sedata non appena vide il pavimento poco illuminato e fatto di terra battuta ai suoi piedi. Era ancora più buia della stanza in cui si trovava. Trattenne il respiro ed entrò ostentando sicurezza.
La nuova stanza era scura e, su ogni parete, vi erano appesi quelli che non capì se potessero essere definiti “tappeti”. Erano molto belli, anche se non nel suo stile e sotto ognuno di essi c’erano dei bassi mobili di legno intarsiati che fungevano da altari. Ad ogni angolo della stanza, notò, vi erano dei totem perfino più imponenti di quelli che aveva visto nella stanza precedente. Spaventosi anche quelli e tutti diversi. La cosa che però attirò di più la sua attenzione, fu il focolare acceso al centro della stanza e il buco nel tetto, che permetteva a del fumo denso e bianco di fuoriuscire.
Non gli era parso di vedere fumo provenire dal tetto quando erano arrivati…
Incrociò due occhi scuri e seppe di aver trovato Ahanu.
Ahanu non era troppo più alto di sua moglie, ma aveva un fisico davvero splendido per la sua età: se ne stava a petto nudo e a gambe incrociate di fronte al fuoco, seminascosto dalla densa colonna di fumo e se non si contavano le rughe sul volto sembrava un quarantenne maniaco dello sport. I capelli erano di un grigio intenso, striati di pochi fili bianchi, e il volto era liscio, senza un pelo di barba. Come faceva quella gente a radersi così? Magari la barba non gli cresceva...
«Salve» Disse rispettosamente Jackie, sentendo la voce uscirgli più solenne e seria di quanto avesse immaginato.
Ahanu annuì e si alzò con deliberata lentezza e aggirò con passo elegante il piccolo fuoco fumoso per porgere una mano al ragazzo.
Aveva una stretta salda e forte, molto più della sua che era giovane e si allenava ogni giorno. Lo notarono anche i suoi compagni, ma erano troppo orgogliosi per ammetterlo. D’altronde nemmeno lui si trovava a suo agio in quelle situazioni e ammettere una qualsiasi debolezza era fuori discussione. Anche se sentiva di dover provare un profondo rispetto per quell’insolito sciamano. Era molto meglio degli squinternati a cui avevano dovuto rivolgersi le ultime volte.
Ahanu tornò a sedersi al suo posto e fece loro segno di accomodarsi sui piccoli tappeti posti a terra. Al pensiero di Manlio, appesantito dalla sua pigrizia, che si affannava per sedersi sul pavimento, gli angoli della bocca di Jack si curvarono. Prese posto dinnanzi allo sciamano e si godette lo spettacolo.
Manlio dovette essere aiutato da Dolfo e, quando il suo deretano toccò terra, lo fece pesantemente, lasciandosi cadere. Aveva il fiatone e la cosa gli sembrò ridicola quanto il tonfo che rimbombò nella stanza. Avrebbe dovuto sembrare ridicola anche ad Ahanu, ma non commentò nulla e tenne la mano sollevata nel gesto d’invito fino a che tutti non furono seduti davanti a lui. Poi prese una manciata di polvere da una ciotola e la lanciò nel fuoco: l’esplosione fece imprecare i suoi compagni, che subito si ricomposero e lui, Jackie, rimase pietrificato dalla sorpresa.
Il fuoco si alzò, divenne azzurro, viola, poi rosso e tornò normale. Non successe nient’altro.
Fu incerto se ridere o meno: era quasi sicuro che l’altro volesse soltanto prenderli in giro. Ma era davvero così?
Poi Ahanu parlò. Quasi Jackie non se l'aspettava, per poco non si mise a boccheggiare di sorpresa.
La voce del vecchio non era chiarissima, ma doveva essere stata tuonante in gioventù, e sebbene fosse influenzata da un accento che gli italiani non seppero chiaramente definire, era comprensibile e persino nobile.
«Sembra che gli spiriti siano propizi per questo affare».
Rodolfo e Manlio batterono le palpebre, disorientati. Spiriti propizi + affare = controsenso. E poi come aveva fatto a capire che gli spiriti erano propizi dal colore del fuoco? Per quanto Jackie ne sapeva, erano semplici reazioni chimiche. Forse.
«Parlate» Continuò lo sciamano «Dichiarate chiaramente cos'è che desiderate e io vi dirò se potete o non potete».
Jackie trattenne per un po’ il respiro mentre si raddrizzava e abbassò le spalle, stringendo le labbra. Era sicuro che sapesse già cosa volevano: avevano un appuntamento preso personalmente dall’uomo di fiducia del signor Innocenti, il professor O’Brian e dubitavano non gli avesse specificato quale fosse l’oggetto del suo desiderio. Non erano lì per queste storie: avevano la valigetta piena di soldi e un pacco da ritirare.
Siccome nessuno dei suoi amici disse nulla, prese nuovamente parola.
«Il professor O’Brian…» parlò lentamente «… È venuto qui i giorni scorsi per contrattare la vendita di un tomahawk molto particolare. Unico nel suo genere» specificò, senza suonare aggressivo «Ha detto che eravate disposto a venderlo in cambio di una somma adeguata».
Ahanu inspirò lentamente dalla sua pipa.
«Siamo qui per discutere quella somma» continuò Jackie «Il nostro capo ci tiene molto a concludere quest’affare. Vorrebbe che ne usciste entrambi soddisfatti»
Silenzio.
«… Gli spiriti…» Domandò cautamente a bassa voce per non sembrare irrispettoso «… Sono ancora propizi?»
Il vecchio espirò una boccata di fumo «Sì, certo» disse «Ma non si sa per chi»
«… Cosa?»
«Altre persone sono venute a vedere il mio tomahawk».
Lo scorno dei quattro uomini era tangibile e Jackie fu il primo a sentire una rabbia incontenibile montargli dentro. Ma sorrise e, quando parlò, era come se non avesse provato nulla «Davvero? Erano tante?» cercò di sapere.
Ahanu fece un solenne cenno di diniego
«No» rispose «Poche altre. Ma hanno offerto cose che possono valere il cambio. Il denaro mi è utile, certo, ma non lo desidero ardentemente. È merce di scambio comune, il denaro».
Molto, molto a bassa voce, Rodolfo imprecò e disse che a lui avrebbe fatto comodo avere questa merce molto comune. Se Ahanu lo sentì, fece finta di non averlo sentito e guardò dritto negli occhi Jackie
«Il fatto è che se gli spiriti fossero più propizi al nostro scambio, preferirei voi»
«E... e cosa bisogna fare perchè diventino propizi?» chiese il ragazzo, sperando che non lo stesse prendendo in giro
«Non è così semplice. Voi vi siete allontanati da questo mondo e lo capisco, è una vostra scelta. Ognuno sceglie il suo mondo, la sua via, ma poichè io ho scelto questa, non voglio fare errori inutili. L'oggetto che possiedo è molto prezioso, unico nel suo genere, capite. Forse già lo sapete, forse no, ma sono costretto ad essere cauto: nelle mani sbagliate, può provocare molti guai alle persone».
Un tomahawk? Provare molti guai alle persone? Non più di un coltello, pensarono i tre italiani, non più di una pietra... perchè il vecchio la faceva tanto lunga?
«Sono trentamila dollari» Disse gentilmente Jackie
Ahanu ispirò profondamente.
«Sono abbastanza soldi per riparare l’intera casa o andare avanti per molto tempo» provò a tentarlo, rimanendo sempre cortese e parlando a bassa voce «Abbastanza per molte emergenze, sperando che non ce ne siano mai».
Il vecchio sciamano rimase a riflettere guardandolo fisso negli occhi e facendolo sentire a disagio.
«… Tanto per curiosità…» prese parola Alfredo, che non aveva molta voglia di parlare col proprietario del Tomahawk «… Questi altri che hanno offerto?».
Lo sciamano aggrottò le sopracciglia in un modo che parve vagamente minaccioso
«Non so se sia molto corretto parlare di quello che gli altri hanno offerto. Non parlo di ciò che non è mio» sorrise leggermente «O almeno non ancora».
Jackie pensò a cosa ribattere, ma Ahanu continuò
«Non posso dirvi cosa hanno offerto, ma posso farveli incontrare»
«O dirci chi sono?» suggerì amichevolmente Manlio, cercando di essere d'aiuto
«No. Credo che sarebbe meglio se non li disturbaste, ma saranno qui domani pomeriggio. Se verrete, contratteremo»
«Alziamo l'offerta» disse improvvisamente Jackie, sperando di impressionare il vecchio «Trentacinquemila»
Ahanu inarcò le sopracciglia e non disse nulla. Però un guizzo divertito gli fece brillare gli occhi scuri come carboni.
«Non vogliamo contrattare con altri, solo con lei»
A quel punto lo sciamano scoppiò a ridere «Allora farei la figura del maleducato!»
«No!» si affrettò a dire l’altro, mortificato «Non intendevo dire questo o costringerla a…»
«Il mio tomahawk… » iniziò a spiegare il vecchio sciamano, alzando una mano per farlo tacere «… Non è un oggetto da barattare a cuor leggero. Voi non credete nel suo grande potere. O nella sua grande maledizione» mormorò apparendo stanco.
«No, è vero» affermò in tono sincero e Manlio gli diede una gomitata «Ma è vero!» protestò come un bambino piccolo «Noi non ci capiamo niente! Nemmeno teoricamente!» aggiunse, voltandosi verso Alfredo che, per tutta risposta, chiuse gli occhi e si scansò appena, come a voler lasciar intendere che avrebbe preferito parlare di tutt’altre cose invece che di spiriti, maledizioni ed altre stramberie.
«Noi non ci capiamo niente e nemmeno Alberto» grugnì irritato «Invece la tua amica sì…»
«Alfredo!» ringhiò il più giovane fuori di sé.
Più volte, in quegli strani incontri, i suoi compagni (e non solo i tre con cui aveva viaggiato quel giorno) si erano dati la pena di nominare la sua amica, ma Jack non voleva, non voleva assolutamente che lo facessero. Non dovevano osare dire il suo nome a quella strana gente! Era una tecnica convincente che adottava anche lui, ma loro parlavano troppo: non sapevano mai quando fermarsi.
Lo sciamano fece scorrere il suo sguardo da uno all’altro.
«Una vostra amica crede negli spiriti?» domandò con voce solenne.
Jack chinò la testa e si chiuse in un mutismo scontroso. Annuì una sola volta.
«Li ha veduti?»
Annuì ancora, rigidamente.
«È una medium?» chiese ancora l’altro, celando il suo grande scetticismo.
«Oh, no no no!» intervenne Manlio, cercando di prendere in mano la situazione prima che il ragazzo si lasciasse sfuggire qualche mala parola «È una nennella tanto dolce!»
«Non ha niente a che fare con quelle sciocchezze!» s’intromise Rodolfo, gesticolando con la stessa veemenza del suo amico «Lei…».
Fecero silenzio e s’immobilizzarono, incapaci di trovare un modo per definirla. Non avevano la più pallida idea di come spiegare chi lei fosse allo sciamano.
«… È una brava persona. Una ragazza molto… rispettosa del mondo degli spiriti!»
Jack roteò gli occhi al cielo, irritato. Se che l’avessero nominata non gli piaceva, le scempiaggini che avrebbero potuto farneticare erano anche peggio!
Sul volto di Ahanu comparve un sorriso che parve genuino, non perchè approvasse "la ragazza molto rispettosa del mondo degli spiriti", ma forse perchè non vedeva malizia in quel commento. Doveva essere stato preso molto in giro per la via che aveva scelto e capiva che anche se non sempre gli altri potevano comprenderne l'essenza, almeno la potevano rispettare, e le persone che rispettano gli altri sono persino più preziose di quelle che le capiscono.
«Se questa ragazza comprende il mondo degli spiriti, allora devo chiedervi: è stata lei a mandarvi a chiedere il Tomahawk? Ha consigliato lei al signor Innocenti di impadronirsi di questo oggetto? Ho bisogno di saperlo»
«No!» esclamarono i quattro uomini in toni diversi per poi guardarsi storto
«No» ripeté Jack con un velo di minaccia ad inasprirgli la voce «Lei non c’entra nulla con questa storia».
Smise di guardare i suoi compagni e si rivolse al vecchio sciamano.
«Lei gli aveva consigliato di non portare in casa oggetti con un potere che non avrebbe saputo gestire» gli spiegò
«Ma il signor Innocenti se ne intende più di quanto la ragazza possa immaginare» intervenne Alfredo. «Grazie alla moglie. Pace all’anima sua!» aggiunse, facendosi il segno della croce.
«Il nostro capo…» continuò Rodolfo «… Ha ben chiaro il valore del Tamohowk. »
«Tomahawk» lo corressero Jackie e Ahanu piano.
«Comunque, no, non è stata lei» finì Dolfo, senza accorgersi che la correzione era rivolta a lui.
Ahanu incrociò le braccia lentamente, stringendo la pipa con la sola bocca.
«La mia amica non c’entra niente, li perdoni» mormorò Jackie a mo’ di scusa «Non sa nulla di questa storia» mentì, poiché gliene aveva parlato per telefono
«La ragazza ha lo stesso dono della signora Delia» parlò ancora Alfredo «È lei che ha curato il nostro capo»
«Tappati quella bocca!» gli sibilò Jack a denti stretti
«Hey, ragazzino!» ringhiò Alfredo, afferrandolo per la camicia e puntandogli il dito contro.
«Alfredo! » gridarono i loro compagni, scandalizzati.
«È ora che impari a portare rispetto! STAI. ZITTO.».
Jackie si fece indietro per liberarsi, ma l’altro lo spinse addosso a Manlio e prese a rivolgersi in tono autoritario al vecchio sciamano, che aveva assunto un’espressione torva.
«La moglie del capo aveva un dono: quello di viaggiare nei sogni. E la ragazzina sa fare la stessa cosa» spiattellò l’uomo prima che Jack potesse intimargli di tacere, trattenuto dagli altri due compagni «Morta la signora Innocenti, lo spirito di Don Alberto è rimasto intrappolato da qualche parte e lui si è ammalato fisicamente»
«In che modo è rimasto intrappolato?» domandò il nativo americano.
«Non so come funzionino queste cose» disse chiaro e tondo l’altro «Ma lei poteva far viaggiare anche lui e dopo morta Alberto non ha saputo più tornare indietro. Durante la sua malattia non faceva che ripetere che non poteva riposare perché il suo spirito veniva torturato nei sogni. Ma la ragazza…»
«Alfredo, non osare…!» l’avvertì Jackie.
«… Se ne è accorta ed è andato a salvarlo» finì l’uomo «Gli ha preso la mano e l’ha esorcizzato».
Nella stanza scese un silenzio carico di tensione.
«E questo esorcismo…» domandò lentamente Ahanu «… Come è avvenuto?»
«Non è avvenuto» sbottò il più giovane dei quattro uomini in tono sgarbato «È stata soltanto minacciata da qualcosa!»
Ahanu si chinò verso di lui «Spiegati meglio»
« Ahè…» fece Manlio, gesticolando a vuoto, prima che Jackie potesse rispondergli «… Lei voleva solo parlargli. Gli ha preso la mano e… »
Si fecero tutti il segno della croce.
«… aveva lo Diavolo in corpo!»
«Il Maligno le ha detto che non l’avrebbe salvato! È stato terribile!» continuò Rodolfo «Ma lei ce l’ha fatta! Ha sognato, stringendogli la mano e l’ha portato via! E da quel giorno è un uomo nuovo! Quella santa donna l’ha salvato in pochi minuti!» .
Ahanu lasciò una boccata di pipa a metà.
«La nennella capisce al volo queste cose!» gli disse accorato «Se non lei chi altro? Non abbiamo la più pallida idea di che cosa significhi, eh!»
«Basta!» esplose il più giovane «Lei non c’entra niente con noi! E questo non è il modo di ringraziarla!» li rimproverò «Non sa perché lo sa fare e non vuole che gli altri lo sappiano! Perciò basta!».
Alfredo, Rodolfo e Manlio sospirarono e poi guardarono il vecchio come in attesa di una risposta. Una rivelazione. O magari solamente il beneplacito per la chiusura dell’affare.
«La vostra amica…» mormorò il vecchio sciamano «… È un Camminatrice del Mondo Onirico».
I quattro uomini rimasero in silenzio.
«Un dono… » mormorò con voce sempre più bassa «… Estremamente raro. »
Alfredo si fece avanti e la luce del fuoco disegnò delle ombre spaventose sul suo volto scavato «Le offriamo trentacinquemila dollari. E… », mimò il numero con la mano «… Un sogno».
Il volto di Ahanu non tradì sorpresa e neppure quella gioia estrema che si sarebbe sperato, ma fu attraversato come da una luce, una luminosità calda di compiacimento.
«Un sogno» Ripetè.
Jackie annuì due volte, deglutendo. Sperava che avesse offerto abbastanza e sperava di aver offerto qualcosa che poteva offrire.
«Che vuole dire? Che gli fa fare un sogno camminatore nell'onirico?» Domandò Manlio all'orecchio di Alfredo, ma abbastanza forte perchè anche Jack lo sentisse e stringesse i denti, disappuntato.
Ahanu aggrottò le sopracciglia
«La ragazza non è qui con voi, giusto? Può trovarmi da dovunque lei sia, può raggiungermi nei sogni? Sarebbe davvero molto potente in tal caso, ma solo le leggende parlano di...» cercò le parole per la prima volta da quando avevano iniziato a parlare «...Creature umane tanto potenti. Può farlo? E ho compreso bene cosa mi state offrendo?»
Alfredo sorrise sinistramente «Ha compreso alla perfezione»
«Ma non è qui» ripeté l’altro «Può davvero farlo?»
«Sì, può farlo» gli fu sussurrato «L’amichetta di Jackie vi troverà ovunque, perfino sulla Luna. E vi assicuro…» continuò «… Che il vostro spirito non avrà nulla da temere nelle sue squisite mani».
Ahanu smise di fumare. Ad una vista disattenta sarebbe sembrato combattuto. O preoccupato.
«Come è possibile…» Comandò pensierosamente «… Che il fato ve ne abbia fatte incontrare due?»
«Non due» lo corresse Alfredo «Solo una può fare tutto questo. La signora Innocenti non sarebbe mai stata alla sua altezza. Nulla può farle del male nei sogni. Né a lei, né a chi è con lei»
«E tu? Tu puoi assicurarmi questo sogno?» domandò a Jackie il vecchio sciamano, guardandolo dritto negli occhi.
Proprio in quel momento, il suo cellulare vibrò tre volte e nessuno dei presenti ebbe dubbi su chi l’avesse contattato.
«Puoi, ragazzo?»
Alfredo lanciò al giovane uno sguardo temibile e Jackie abbassò la testa «Posso» disse soltanto.
Ahanu gli sorrise «Ma hai detto che non c’entra nulla con questa storia. Che non ne sa niente. »
«Io…» farfugliò, sentendosi messo alle strette «… Posso»
«Lei aiuterà Jackie» sogghignò Alfredo, mentre Malio e Rodolfo si affrettavano ad annuire.
Il nativo americano annuì lentamente, rimando in silenzio per molto tempo. Poi parlò e, dal suo tono, capirono essere la sua decisione definitiva.
«Ci vedremo domani al tramonto» dichiarò Ahanu in tono gentile «Per allora mi saprete dire se la Camminatrice del Mondo Onirico avrà accettato di partecipare alla vostra offerta. Spero…» sorrise affabile «… Che la risposta sia positiva».
«Possiamo chiamarla adesso!» si affrettò a dire Alfredo «Potete sognare adesso!»
«Sta per andare a lavoro!» esclamò indignato Jackie.
Ahanu non spense il suo mite sorriso «Domani al tramonto andrà benissimo. Sarà molto interessante vedere cosa gli altri avranno da offrire per aumentare il valore della loro posta e, perché no…» ci pensò su «… Magari troverete un nuovo oggetto da consigliare al signor Innocenti».
Ahanu si alzò rapidamente, con un movimento fluido, e invitò con un gesto gli altri a fare lo stesso. Jackie, sebbene non con la stessa agilità, si alzò in fretta, ma gli altri due uomini furono più lenti e parvero indecisi sul sorreggersi persino appoggiandosi gli uni agli altri.
Lo sciamano aprì la porta dietro di loro
«Ci rivedremo domani» disse amichevolmente.
Gli italiani uscirono e attraversarono la casa senza neppure scorgere la signora Saye. Quando rimontarono in macchina, Manlio sbuffò
«Che scimunito, non s'è preso i trentacinquemila...»
«Tu non avresti cercato di ottenere il massimo?» domandò Jackie, beffardo
«Si, ma se mi davano trentacinquemila, io che gli dicevo, no? Avevo paura di tirarla per le lunghe»
«Oh, questi c'hanno i soldi» si intromise Rodolfo, con un ghigno «Si vogliono solo divertire, non ci fanno niente con i tuoi trentacinquemila. Io lo sapevo che ci volevano fregare, che ci avrebbero detto cose tipo "non ha prezzo", e invece abbiamo scoperto che un prezzo ce l'ha. Non è una cosa buona?»:
Manlio parve pensarci, ma non essere nè convinto nè contento.
Jackie si appoggiò allo schienale ed estrasse il cellulare dalla tasca.
«Comunque…» Dece ad Alfredo «… La prossima volta non mi tirare così. Mi hai strappato un bottone!»
«Oooh!» rise l’altro canzonandolo «Gli ho strappato un bottone!»
«Poverino!» lo canzonarono in coro e Manlio si voltò per scompigliargli i capelli. Jackie lo scansò in malo modo, ma rise pure lui «Povero, Jackie-boy!»
«E basta!» protestò il più giovane «Dico sul serio!»
«Se se!» disse Alfredo «Uè, sta arrivando la signora…».
Ricomponendosi e rimanendo in attesa, i quattro uomini guardarono la signora Saye avvicinarsi a piccoli passi alla macchina. Si fermò proprio davanti al finestrino di Jackie e, sorridendogli, bussò delicatamente.
Tra il perplesso e l’imbarazzato, l’uomo abbassò il finestrino e l’altra, senza dire nulla, gli prese una mano e vi depose qualcosa, facendogliela chiudere.
Gli sorrise di nuovo e, mentre lui la guardava perplesso, lei gli pizzicò la guancia in un affettuoso buffetto che lo costrinse a scuotere la testa a destra e sinistra, come si faceva coi bambini. I suoi compagni scoppiarono a ridere, ma lui era troppo occupato a sopportare il dolore per poter dire o fare qualunque cosa.
Poi Saye se ne andò come era arrivata, rientrando in casa e chiudendo dietro di sé la porta mentre Dolfo metteva in moto e partiva alla volta di un motel.
«Te lo diciamo sempre che sei ancora un bambino!» Rise Manlio.
«Non sono un bambino! Sono un uomo!» protestò Jackie, rosso di vergogna «Ho trentasei anni!»
«E quindi sei un bambino» mise in chiaro Alfredo. Gli mise una mano sulla spalla «Comincia a pensare a quello che dovrai dire alla tua ragazza»
« … »
«Dovrai essere molto convincente»
«Come te, d’altronde» sogghignò Jackie.
«Hey, hey, hey, Jackie-boy!» rise l’altro, spalancando le braccia «La nostra manfrina ha colpito nel segno! Tu, giovane innamorato! Noi, uomini senza scrupoli! Lei, una donna coi superpoteri e una valigetta piena di soldi! Domani avremo quel maledetto tomahawk! Oppure…»
«… Gli facciamo la festa» finì Manlio e Jackie non riuscì a trattenere un sorriso «E ci prendiamo i soldi e i doni di tutti»
Continua....
Parte 2>
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