domenica 31 maggio 2015
Rosino il minidalek
Roberta ha iniziato, un sacco di tempo fa, una guida con tutti i personaggi che utilizziamo nei nostri GDR. È arrivato il tempo di pubblicarla.
Note: quasi tutti i personaggi di questa serie sono ispirati e gravitano intorno a serie tv, fumetti e libri preesistenti. Il copyright, perciò, di molte delle cose che citeremo non è nostro.
#Rosino
Nome: Rosino (H500)
Cognome: Davros
Età: 1 anno terrestre
Sesso: Ermafrodito
Hobby: Viaggiare con il Dottore e guardare le telenovele alla tv
Catchphrase: "Temminaje!"
Storia: Rapito quando era solo un cucciolo, venne adottato dal Dottore e dai suoi compagni.
Il Dottore Umano (Handy), non sapendo che fosse il nuovo cucciolo del Dottore, lo ha colpito danneggiando gravemente il suo traduttore. Adesso parla irreparabilmente come un bimbo di due anni, così il classico "sterminare" da Dalek si è trasformato in "temminaje!".
Il suo nome originale era H500, nato come il più potente dei Dalek che avrebbe dovuto distruggere il Dottore. Purtroppo per Davros, il suo creatore, Rosino non è di questo parere.
A causa della rapida crescita la sua armatura originale in dalekanium è stata sostituita da una più grande di acciaioluce creata dal Dottore.
Ma cose strane succedono sul TARDIS, e tocca a Rosino proteggere la sua nuova famiglia.
sabato 30 maggio 2015
Il Bimbo del Gilato
Roberta ha iniziato, un sacco di tempo fa, una guida con tutti i personaggi che utilizziamo nei nostri GDR. È arrivato il tempo di pubblicarla.
Note: quasi tutti i personaggi di questa serie sono ispirati e gravitano intorno a serie tv, fumetti e libri preesistenti. Il copyright, perciò, di molte delle cose che citeremo non è nostro.
Si parte con il "Bimbo del Gilato", uno dei più antichi ...
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#BIMBO DEL GILATO
Nome: Bimbo del Gilato
Cognome: ?
Età: 7 anni terrestri
Sesso: Maschio
Hobby: Trascinare la faccia di Boe come se fosse una maschera e chiedere gelati ai gelatai senza pagarli
Catchphrase: "Gilato!" "Ccicclato!"
Storia: Nasce sul pianeta Cioccolato, dove si è stabilita una colonia umana, ma è abitato per il resto da gelatai alieni e cioccolato. Viaggia nel tempo e nello spazio entrando clandestinamente nei TARDIS di passaggio alla spietata ricerca di gelato al cioccolato, credendo che le navicelle spaziale siano in realtà gelaterie intergalattiche.
Tiene perennemente in ostaggio la faccia di Boe, usandola come una sorta di maschera nonostante questa pesi circa due tonnellate.
L'ha incontrata per la prima volta su una piattaforma spaziale sulla quale si stava svolgendo una festa in maschera. Bimbo del Gilato, ritrovandosi senza un costume, ha usato la faccia di Boe come Maschera annodandone dolorosamente i tentacoli a mo' di elastico.
Da allora non l'ha più liberata.
Note: quasi tutti i personaggi di questa serie sono ispirati e gravitano intorno a serie tv, fumetti e libri preesistenti. Il copyright, perciò, di molte delle cose che citeremo non è nostro.
Si parte con il "Bimbo del Gilato", uno dei più antichi ...
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#BIMBO DEL GILATO
Nome: Bimbo del Gilato
Cognome: ?
Età: 7 anni terrestri
Sesso: Maschio
Hobby: Trascinare la faccia di Boe come se fosse una maschera e chiedere gelati ai gelatai senza pagarli
Catchphrase: "Gilato!" "Ccicclato!"
Storia: Nasce sul pianeta Cioccolato, dove si è stabilita una colonia umana, ma è abitato per il resto da gelatai alieni e cioccolato. Viaggia nel tempo e nello spazio entrando clandestinamente nei TARDIS di passaggio alla spietata ricerca di gelato al cioccolato, credendo che le navicelle spaziale siano in realtà gelaterie intergalattiche.
Tiene perennemente in ostaggio la faccia di Boe, usandola come una sorta di maschera nonostante questa pesi circa due tonnellate.
L'ha incontrata per la prima volta su una piattaforma spaziale sulla quale si stava svolgendo una festa in maschera. Bimbo del Gilato, ritrovandosi senza un costume, ha usato la faccia di Boe come Maschera annodandone dolorosamente i tentacoli a mo' di elastico.
Da allora non l'ha più liberata.
venerdì 29 maggio 2015
Una scommessa con me stessa
Voglio sfidare me stessa finendo
una penna in tre giorni. Non era una penna completamente nuova, no,
però provare a finirla in tre giorni è comunque una sfida pazzesca.
L'ho “iniziata” ieri e sono a ben poca roba, però devo provare
se voglio riuscire. Quindi non posso stare qui a scrivere il diario,
devo andare a scrivere a penna. E magari beccarmi una tendinite?
Naah... ho le mani allenate. Appena sento un briciolo di dolore,
smetto.
Ciao ciao!
giovedì 28 maggio 2015
Perbenisti animalisti? Demonizzatori animalisti? Bleah.
Storicamente, una settimana non è
mai troppo tempo. Può sembrare un periodo lungo, ma più
spesso è cortissimo. Ovviamente se stai soffrendo parecchio, una
settimana può sembrare lunga una vita, ma mi auguro che tu, caro
lettore, non stia soffrendo parecchio. Una settimana vola, purtroppo,
ed è facilissimo passare con un balzo da una domenica all'altra. Ma
sopratutto, una settimana è il tempo che mi separa dalla terza
stagione di NBC Hannibal.
Quindi tutto ok, giusto? Solo che
piove. Piove tanto, quindi niente canile anche oggi, perchè il Parco
(rifugio canino di Taurianova) si trova in un posto dove per
arrivarci bisogna passare torrenti di fango... non che sia una cosa
infattibile, ma senza dubbio mio padre ha dedotto che sarà più
comodo andarci in un giorno soleggiato e stare due belle orette a
conoscere gli ospiti pelosi della struttura. Beh, il fatto che piova,
almeno, sta irrigando i miei bei fagiolini, che non è mica una
brutta cosa.
A causa di una notizia
piuttosto... beh, macabra, si parlava del relazionarsi con i cani. La
notizia in question è quella di una bambina che è stata uccisa con
un singolo morso dal cane di suo zio. La bambina aveva tre anni ed è
stata lasciata completamente da sola con una cagna leggermente
sottonutrita, non sapeva come socializzare con il cane e si è
beccata un singolo morso di avvertimento, uno, per cui non è
“stata sbranata” come dicono alcuni giornalisti pazzi (o anche
Testa di Cocco, se è per questo).
Mamma indagata per omicidio
colposo, zio sotto processo come lei, però... però l'ondata
cinofoba dilaga.
Pure Testa di Cocco ha detto che
“i cani sono imprevedibili”. No, no. No, cavolo, no. Era più che
prevedibile, quel morso: la bambina, pare, stesse rompendo le scatole
al cane offrendo e togliendo mangime da davanti al suo naso. E il
cane era pure leggermente denutrito. Ora, secondo me era prevedibile
un morso di avvertimento, solo che su una bambina di tre anni, un
morsetto di avvertimento ha avuto le conseguenze che ha avuto.
Ci sono delle regole! Perchè la
gente non lo sa? Perchè la gente non sa che così come ci sono
regole per socializzare con le persone, ce ne sono anche con i cani,
che non sono tutti peluche oppure killer indiscriminatamente!
Re-go-le!
Bah, io sento di saperle tipo...
da sempre, queste regole. E non è che sono vecchia: ho vent'anni. Ma
mio padre, da bravo cacciatore, ha vissuto tutta la vita con i cani,
li ha amati, rispettati, conosciuti e lo ha insegnato a me. Da
piccolissima giocavo tranquillamente con i cagnoni, senza far loro
del male, e nessuno di loro mi ha neppure mai ringhiato... Testa di
Cocco, invece, è cinofobissima e impazziva di rabbia ogni volta che
papà mi permetteva di coccolare un cane (anche perchè lei è ancora
convinta che i cani "portano le malattie" e "impazziscono
e mordono").
Non sono buonista, non dico che
il cane è santo, anzi, i buonisti sono detestabili... il cane non ha
una moralità come la nostra, non possiamo entrare nella sua testa,
ma possiamo supporre che una moralità non ce l'abbia affatto (e
questo non significa che è un killer pazzo, perchè come non ha
moralità nel bene, non ce l'ha nel male: se ne frega e fa ciò che è
bene per lui e per quelli del suo branco).
I perbenisti, poi, quelli che
applicano una morale umana alla testa di un cane, sono
insopportabili...
Faccio un esempio? La famosa
catena. Il cane non soffre a stare alla catena più di quanto soffra
per un box (parliamo sempre di un animale che fa le sue belle due-tre
passeggiate al giorno e socializza e gioca un sacco, ovvio), ma
questo moderni animalisti tendono a demonizzare quello che altro non
è che un semplice sistema di contenimento, per nulla diverso da un
box, se non per il fatto che il cane così ha almeno una vaga
impressione di libertà e ci vede pure meglio.
Ecco, per motivi di spazio e di
utilità (l'animale dormirà nella zona orto, ma non vorrei che mi
distruggesse tutti gli ortaggi che raggiunge...) il cane che
adotteremo, lo sappiamo già, passerà la notte alla catena. Poi, di
giorno, giocherà con noi, andrà a passeggio con noi, verrà a
funghi con noi, socializzerà con altri cani e, beh, alla fine avrà
la possibilità di fare ciò di cui ha bisogno (evitiamo di scrivere
"ciò che vuole" perchè sembra vagamente buonista e
sciuramariesco... no, tutto ciò che vuole no. Ma quasi).
Il cane che prenderemo, però, sarà preso in canile... e speriamo proprio che i volontari non si facciano nessun problema con il fatto che teniamo il cane alla catena. Nel dubbio, possiamo sempre rimandarli a questo articolo, no? Quindi grazie.
Il cane che prenderemo, però, sarà preso in canile... e speriamo proprio che i volontari non si facciano nessun problema con il fatto che teniamo il cane alla catena. Nel dubbio, possiamo sempre rimandarli a questo articolo, no? Quindi grazie.
Concludo la giornata di oggi
dicendo che mancano solo sette giorni. Una settimana. Meno di
centosessantotto ore alla terza stagione di Hannibal. E scusate se è
poco.
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mercoledì 27 maggio 2015
Domande relative al capitolo 8
Giornata normale, tranquilla, in
cui ha piovuto un po', così ho potuto raccogliere un pochetto
d'acqua per le piante carnivore (per innaffiarle è necessaria acqua
piovana o distillata), ma non siamo potuti andare al canile, anche
perchè mio padre ha un doloretto al piede.
Oggi è anche tornata, dall'Expo
di Milano, la nostra amica Annarita, che ci ha raccontato di un film
che ha visto in 3D, Tomorrowland, il quale sembra interessante, ma
forse un tantino troppo surreale per i miei gusti. A volte capita,
quando c'è la Disney dietro; e se da un lato è splendido per i
cartoni “leggeri”, per i film che dovrebbero fare riflettere e
strabiliare invece diventa una cosa abbastanza irritante (almeno per
me, poi, boh, i gusti son gusti).
Mia sorella è presa dalla smania
di correzione e dunque sta correggendo tutta la lunghissima storia
che io e LadyDarknessObscure abbiamo scritto.
Farsi correggere la storia da un
lettore esterno è molto importante e le sue domande sono sempre
lecite per comprendere meglio la storia. Pubblico domande e risposte
qui, nella speranza di incuriosirvi un poco su questo libro che
stiamo scrivendo, anche se molte domande sono (ovviamente) del tutto
decontestualizzate:
Domande relative al Capitolo 8
D: C'è la frase "Poi,
con una lentezza inverosimile, le labbra gli si distesero a formare
un sorriso, che lasciò intravedere i suoi canini, più lunghi del
normale ma non in una maniera eccessiva da confonderlo con un
vampiro, bensì da lasciar intuire quanto antico fosse l’uomo che
aveva dinnanzi".
Che vuol dire che il fatto che
avesse i canini lunghi, ma non come quelli di un vampiro, fa capire
che è antico?
R:Meno
male che hai sollevato l'argomento... allora, quella è una della
tante cose confusionarie che ho messo e che, piano piano, vorrei
correggere. Quella in particolare è frutto di una brutta discussione
tra me e la professoressa di favolistica durante il mio esame.
Insisteva molto su quel punto come se fosse una caratteristica
indicativa. Lì per lì quasi mi convinse e la volli provare, perché
mi suonava bene come descrizione. Ad oggi sono rinsavita e torno a
dire che è una cacchiata epica.
Se
togliamo "bensì da lasciar intuire quanto antico fosse l'uomo
che aveva dinnanzi" potrebbe andare?
D:Alistair si può
trasformare in tante versioni di sè stesso: Mostro, Cadavere, Cane,
ecc...
Com'è fatto il Professore?
R:Allora
Alistair è un uomo alto e magro, con capelli neri pettinati indietro
(nei ricordi li aveva lunghi), occhi grigi e con indosso sempre abiti
eleganti ottocenteschi. Il Professore è una versione più vecchia e
appesantita di lui. E' una rappresentazione distorta del padre di
Alistair e padre adottivo di Stella. Era quello che mi chiedevi
giusto?
Io però quella parte vorrei cambiarla perché, anche se sentivo di doverla scrivere, trovo davvero orribile che Mihnea (o meglio IO) ho spiattellato a terzi ricordi così traumatici e privati di una persona che ha sofferto molto. Vorrei togliere le parti esplicite e magari elaborare un dialogo contorto, oppure... invece dei ricordi in cui Vlad e Mark entrano... vedere qualcosa con un proiettore.
Era da tempo che volevo dirtelo e oggi colgo l'occasione.
Io però quella parte vorrei cambiarla perché, anche se sentivo di doverla scrivere, trovo davvero orribile che Mihnea (o meglio IO) ho spiattellato a terzi ricordi così traumatici e privati di una persona che ha sofferto molto. Vorrei togliere le parti esplicite e magari elaborare un dialogo contorto, oppure... invece dei ricordi in cui Vlad e Mark entrano... vedere qualcosa con un proiettore.
Era da tempo che volevo dirtelo e oggi colgo l'occasione.
Concludo dicendo che mancano solo
e soltanto otto giorni alla nuova stagione di Hannibal e io inizio ad
essere su di giri. Seriamente su di giri. Otto giorni. Domani saranno
sette. Una settimana. Sette giorni. Solo sette giorni fra me e la mia
serie tv preferita, ma che dico, il mio stile di vita.
Dottor Lecter, ci rincontreremo.
martedì 26 maggio 2015
Il Tomahawk del Windigo - Parte 1
Scritto da Sarah Darkness e Elisabetta Palmeri
Il tomahawk del Wendigo - Parte 1
Affari di famiglia
La morte prematura di Delia aveva lasciato segni indelebili nella psiche del marito. Incubi, paranoie, ossessioni. Niente per lui era stato più lo stesso. Mai prima di allora la famiglia aveva creduto nello spiritismo o nell'occultismo. Nella superstizione sì, ma in queste sciocchezze mai. Eppure tutto, per Alberto Innocenti, aveva assunto una visione nuova e in questa visione nuova lui doveva diventare il collezionista di oggetti occulti più rinomato del paese.
Purtroppo, tutto questo si era riflettuto sull'intera organizzazione. Ed i suoi uomini erano disperati. A turni venivano mandati a contrattare, oppure a “prelevare”, gli oggetti su cui il desiderio del signor Innocenti si era posato. E questo li costringeva a viaggiare per tutto il paese. Maine. Nevada Florida. Non aveva importanza. Avrebbe ottenuto ciò che voleva e loro avrebbero obbedito fedelmente. Attendendo tutti con ansia il giorno in cui sarebbero stati mandati in un altro continente alla ricerca del nuovo giocattolo di Alberto. Un giorno terribile per tutti loro.
«Potremmo far concorrenza al museo dei Warrèn! Cose da pazzi!» esclamò Rodolfo
«Statti citto e pensa ‘a via!» lo rimproverò Manlio, indicandogli la strada deserta di fronte a loro.
«Eeeh!!» Ai lamentò l’altro «Ci penso, ci penso! Mica come Jackie! Sentito, Jackie?»
Rodolfo e Manlio rimasero in attesa di una risposta guardando nello specchietto retrovisore, ma non una parola giunse dal sedile posteriore.
«A che pienzi, ‘e vacche in Puglia?» gli domandò Rodolfo.
«Pienzi ‘a nennella?» gli chiese Manlio.
«‘A femmena tene i pili ncopp’o’ core, Jackie!» cercò di rincuoralo il collega alla guida.
Un brontolio scontroso li fece ridere a squarciagola.
«È innamorato!»
«Jackie è innamorato! » cantarono in coro.
«Statevi citti e pensate ‘a via!» alzò la voce il giovane uomo alle loro spalle, senza smettere di stringere il cellulare tra le mani e continuare a scrivere «Stronzi».
Il ragazzo assomigliava molto ai due uomini, con gli stessi occhi e capelli scuri e la pelle olivastra; ma non erano parenti stretti. Non che questo cambiasse molto.
Si passò le mani tra i capelli e fissò lo schermo del cellulare afflitto. Perché non cedeva? Che altro avrebbe dovuto dire per convincerla?
Alzò lo sguardo, aggrottando le sopracciglia. Intorno a loro c'era solo erba e lontani, sporadici, alberi che sembravano gli steli secchi e bruni del basilico quando l'estate era finita. Ogni tanto qualche recinzione, qualche cavallo. Che posto era quello? Non lo aiutava, non lo ispirava. Abbassò di nuovo lo sguardo sullo schermo del cellulare, mordicchiandosi appena il labbro inferiore.
«Scrivici che le porti una cosa da qua» Suggerì improvvisamente Manlio.
Jackie non rispose, non voleva dare soddisfazione a nessuno dei presenti in auto, ma Rodolfo ripetè il consiglio dato dall'altro uomo ad alta voce, quasi come un pappagallo.
Rompiscatole.
ANon sapevano nulla di quello che si stavano scrivendo, sapevano solo che stava parlando con lei. E i loro consigli erano improduttivi. Rodolfo e Manlio non sapevano conquistare una donna: non erano avvenenti, non erano carismatici, non erano nulla. Non sapevano farlo, anche perché quando erano accompagnati da qualche donna si poteva star certi che l’avessero pagata. E comunque nemmeno i loro soldi le invitavano a fingere di essere contente. Avevano sempre l’aria di aver pestato qualcosa di poco grazioso con i loro vertiginosi tacchi laccati. Invece lui aveva sempre fatto una figura eccellente col gentil sesso. Anche se aveva un unico e non nobile interesse nei loro confronti. Sapeva cavarsela. Loro no. E poi odiava essere chiamato Jackie. Si chiamava Jack. E Jackie gli era stato affibbiato da quell'insopportabile di Maddalena. Con quella sua stridula vocetta acida.
L’unica persona che poteva chiamarlo così era colei con cui stava parlando: perché dalle sue labbra quel soprannome assumeva una dolcezza appagante. E poteva sopportare di essere chiamato così anche dalle donne che non l’avrebbero ritrovato nel loro letto la mattina dopo. Per una giusta causa insomma! Ma non da quei due…
«Ah, Jackie... ma non è che poi ti scordi cosa siamo venuti a prendere, vero?» Lo canzonò Alfredo. Alfredo si credeva spiritoso, lo sapevano tutti, anche se non faceva troppe battute, insomma, non era troppo scomodo, ma era scomodo lo stesso.
Jack strinse i denti appena appena, contraendo un muscolo nella guancia.
«Andiamo» Disse. Non stava neanche ascoltando più gli altri due, che quando se ne accorsero fecero delle facce scocciate, si guardarono e sorrisero. Un sorrisetto divertito. Di compatimento. Se Jack l'avesse visto, si sarebbe arrabbiato.
Un cavallo, spuntato da chissà dove visto che tutta la strada era libera, si piazzò proprio davanti la macchina.
A dire il vero, anche se il cavallo fosse andato lentamente, un trotto leggero e deliberato, nessuno lo avrebbe visto, perchè Alfredo e Manlio si stavano guardando in faccia per ridere e Jackie fissava lo schermo di un cellulare.
Rodolfo, emettendo un versetto strozzato, affondo il piede sul freno e si fermarono giusto in tempo per non abbozzare il muso dell'auto contro il fianco di un grosso equino bianco.
«Che cazz'è?» Commentò Manlio
«Un cavallo» rispose serafico Jackie, il cuo cuore batteva comunque a mille per la brusca frenata.
Nessuno di loro si metteva mai la cintura e ringraziò il cielo che la sua amica gli avesse passato quella brutta abitudine perché evitò di andare a sbattere con la faccia contro il sedile del guidatore come invece fece Alfredo, seduto di fianco a lui, e Manlio contro il parabrezza, ma si salvò all’ultimo premendo entrambe le mani contro il cruscotto.
Inclinandosi di lato, mentre Alfredo bestemmiava con lo stesso ardore di Rodolfo, Jack fissò il cavallo che si era fermato proprio in mezzo alla strada.
Aveva il manto di un bianco splendente, nettamente in contrasto con il nero liquido degli occhi e la sua criniera e coda erano lunghi e folti, ingarbugliati in un intreccio confuso e disordinato. Era una creatura splendida.
«E ora?!» Abbaiò il guidatore con quanto fiato aveva in corpo.
I quattro si guardarono tra di loro e poi guardarono il cavallo che, sotto il sole cocente, si godeva la leggera brezza che gli scuoteva la criniera.
Nitrì e batté lo zoccolo sull’asfalto.
«Quanto manca alla riserva? » domandò Jackie.
«Poco» rispose Manlio.
«Uhm» fece il ragazzo «Sarà loro?»
«E che ne sacciu, Jackie!».
Il cavallo non accennava a spostarsi da dov'era. Manlio, gonfiando un pò il petto, aprì lo sportello dell'auto e scese al grido di «Gli faccio vedere io!».
Andò vicino all'animale e iniziò a schiamazzare, a sventolare le braccia, a fare tutta una serie di rumori buffi che fecero ridere gli altri due uomini, ma non il cavallo, che si limitò semplicemente a spostare lo sguardo da un'altra parte. Allora Manlio gli premette le mani sul collo e iniziò a spingere, ma bastò un nitrito non troppo convinto della bestia per farlo desistere.
«Proviamo a fare manovra» Disse allora, rivolto a Rodolfo, facendo con le mani un gesto come a dire "gira la macchina".
«Non gli passare troppo vicino» gli consigliò Alfredo, mentre l’uomo rimetteva in moto la macchina e Manlio risaliva a bordo.
«E non spaventarlo, altrimenti ci salta addosso» aggiunse Jackie.
«Ma che stai dicendo?!»
«Fidati di me, se lo spaventi ti ritrovi la macchina piena di bozzi»
«Manlio!» si alterò Rodolfo, cercando aiuto nel suo vecchio amico.
«Eh, Dolfo, prendila larga»
«Caga sotto. Tutti voi!» brontolò il guidatore, ingranando la retromarcia e passando lungo il bordo della strada per tenersi ben fuori dal raggio di azione della creatura.
Al passaggio della macchina, il cavallo bianco non fece una piega: non li degnò di uno sguardo e rimase a fissare la linea del tramonto come se avesse notato qualcosa.
Voltandosi in quella direzione, Jackie non vide nient’altro se non diversi cactus sparsi un po’ qui e un po’ là, l’inizio di una collina e, lungo l’orizzonte, il profilo di alte e frastagliate montagne dall’aria tutt’altro che invitante. Non gli sembrò di vedere nient’altro. Niente di vivente insomma.
E finalmente comparve quella che in un altro contesto si sarebbe potuta definire "villa", ma che lì somigliava a qualcosa di più "ranch".
Grande, le pareti giallo chiaro, le finestre con imposte di legno, fioriere di assi di pino e il tetto di lamiera che dava un'impressione vivida di non ancora finito. Accanto alla costruzione erano parcheggiati un camioncino grigio un pò sporco e una Bentley con le ruote impolverate, ma comunque abbastanza pulita da far notare che si trattava di una macchina costosa.
Rodolfo accostò alla Bentley, fermò l'auto e scese sollevando una nuvoletta bassa di terreno polveroso. Anche gli altri due lo seguirono e si avvicinarono alla porta di ingresso, un pannello di metallo graffiato dipinto di marrone chiaro.
«C'hanno più soldi di Berlusconi» Commentò Rodolfo, in uno sbuffo «E non si comprano neanche una porta come si deve».
Ovviamente che i proprietari della villa avessero "più soldi di Berlusconi" era solo un suo pensiero, ma di certo possedevano molta terra e molti animali.
«Comunque non dirlo ad alta voce» gli consigliò Alfredo, aspettando che Jackie si mettesse gli occhiali da sole e li seguisse fuori.
Un’ondata di caldo l’investì violentemente, facendogli rimpiangere l’aria condizionata all’interno dell’abitacolo; ma non poteva aspettarli. Si allentò la cravatta, sbottonò i primi bottoni della camicia bianca e si tolse la giacca, seguendoli con aria sconsolata.
« Bell’idea quella di mostrare i ferri» approvò Manlio, guardandogli appena le pistole appese nella fondina e battendogli una mano sulla spalla.
«Eh? Ah. Sì» annuì Jack, avvicinandosi alla porta e bussando tre volte.
Lo sgraziato rumore rimbombò all’interno dell’abitazione, ma nessuno rispose.
Attesero una voce, che purtroppo tardò ad arrivare e il sudore cominciò a farsi sentire. Ogni secondo che passava diventava sempre più soffocante.
Per ingannare il tempo si guardarono intorno, prendendo familiarità con il ranch, ma Jack trovava il deserto monotono e noioso e quel luogo anche peggio.
«Ma i nostri contatti saranno in città?» Chiese Alfred.
«Non ne ho idea» rispose Manlio
«Staranno pensando alle vacche» suggerì Dolfo «Come si chiamano quei due vecchi? »
«Si chiamano Ahanu e Saye » precisò il più giovane < E vedi di non farti riconoscere quando ci presenteremo. Sono sciamani molto rispettati».
Dolfo spalancò la bocca offeso «‘O sentite a quistu?!»
«Ma sentiti tu» lo prese in giro l’altro senza perdere la sua consueta calma «Se li chiami così ti faranno il malocchio per vendicarsi».
L’uomo fece le corna con una mano e si toccò i genitali con l’altra, camminando avanti e dietro sotto il portico, spaventato da quella prospettiva. Da quando il capo aveva riscoperto quella sua stramba passione ne avevano viste di cotte e di crude e la probabilità di ricevere una fattura non era un’ipotesi così inverosimile.
Improvvisamente la porta si aprì appena, accompagnata da uno sgradevole suono graffiante e Jackie vi si parò davanti come era ormai divenuta consuetudine tra di loro. Il suo aspetto inquietava molto meno gli sconosciuti di quello Manlio e la gente era più disposta ad ascoltarlo.
Quello che vide, alzando gli occhiali da sole sopra la testa, fu una donna nativa americana così anziana e piegata dal peso degli anni da arrivargli a mala pena alla cintura.
Si chinò alla sua altezza per guardarla negli occhi e le sorrise cortese.
«Signora Sayen?» domandò con voce dolce e l’altra annuì impercettibilmente «Buongiorno. Siamo gli uomini del signor Innocenti. Avevamo un appuntamento per oggi con vostro marito, ma siamo arrivati in anticipo. Possiamo entrare o preferite che aspettiamo? Vi stiamo disturbando?».
L’anziana donna fece segno di diniego. E poi gli sorrise, facendogli cenno con la mano di seguirlo dentro. Aprì la porta e la luce inondò la stanza buia.
L’interno non avrebbe potuto essere più inquietante.
Era buio e, ovunque sul soffitto, erano state appese delle sottili corde per agganciarvi una moltitudine di acchiappasogni di ogni forma e dimensione. A terra, dopo che mossero i primi passi, riconobbero lo scricchiolare fastidioso della sabbia arida e del sale.
Jackie aveva imparato a non associare mai la presenza di sale ad un buon segno.
Accatastate, invece, lungo le pareti, una moltitudine di grotteschi totem di legno, la cui luce metteva in risalto i profili spaventosi. Giganteschi, minuscoli, dipinti o di legno grezzo. Nessuno dei quattro uomini ne avrebbero mai voluti in casa loro. E Jackie avrebbe preferito non vedere mai più nemmeno un acchiappasogni in vita sua.
La vecchia Sayen li fece entrare e gli indicò una porta perfino più scura in fondo alla stanza.
Era una vecchina graziosa, pensò il ragazzo, notando il suo sorriso dolcissimo e la sua lunghissima treccia che arrivava fin quasi a terra. Adorabile.
Di solito la gente che aveva la casa piena di totem o qualsivoglia simboli di potere, aveva imparato a sue spese, ci teneva ad essere inquietante: portavano lunghi vestiti scuri, barbe incolte o pizzetti sagomati "alla satanesca", anelli d'oro e d'argento; le donne avevano lunghe unghie laccate e portavano collane inquietanti. Questa no, questa era una vecchietta adorabile, abbastanza piccina, e senza tatuaggi scuri visibili. Poteva essere una collezionista, più che una vera sciamana.
Jackie si avvicinò cautamente alla porta scura, cercando di respirare normalmente e di non dare nessun segno di inquietudine.
«Devo entrare?» Domandò, quando vide che la signora Sayen non si muoveva.
L’anziana signora annuì sempre sorridendo.
Jackie evitò un qualsiasi commento, anche se il suo io interiore cacciò uno strillo, e fece cenno ai suoi compagni di seguirlo. Bussò piano e aprì la porta.
La sua speranza di trovare una stanza più luminosa ed accogliente fu sedata non appena vide il pavimento poco illuminato e fatto di terra battuta ai suoi piedi. Era ancora più buia della stanza in cui si trovava. Trattenne il respiro ed entrò ostentando sicurezza.
La nuova stanza era scura e, su ogni parete, vi erano appesi quelli che non capì se potessero essere definiti “tappeti”. Erano molto belli, anche se non nel suo stile e sotto ognuno di essi c’erano dei bassi mobili di legno intarsiati che fungevano da altari. Ad ogni angolo della stanza, notò, vi erano dei totem perfino più imponenti di quelli che aveva visto nella stanza precedente. Spaventosi anche quelli e tutti diversi. La cosa che però attirò di più la sua attenzione, fu il focolare acceso al centro della stanza e il buco nel tetto, che permetteva a del fumo denso e bianco di fuoriuscire.
Non gli era parso di vedere fumo provenire dal tetto quando erano arrivati…
Incrociò due occhi scuri e seppe di aver trovato Ahanu.
Ahanu non era troppo più alto di sua moglie, ma aveva un fisico davvero splendido per la sua età: se ne stava a petto nudo e a gambe incrociate di fronte al fuoco, seminascosto dalla densa colonna di fumo e se non si contavano le rughe sul volto sembrava un quarantenne maniaco dello sport. I capelli erano di un grigio intenso, striati di pochi fili bianchi, e il volto era liscio, senza un pelo di barba. Come faceva quella gente a radersi così? Magari la barba non gli cresceva...
«Salve» Disse rispettosamente Jackie, sentendo la voce uscirgli più solenne e seria di quanto avesse immaginato.
Ahanu annuì e si alzò con deliberata lentezza e aggirò con passo elegante il piccolo fuoco fumoso per porgere una mano al ragazzo.
Aveva una stretta salda e forte, molto più della sua che era giovane e si allenava ogni giorno. Lo notarono anche i suoi compagni, ma erano troppo orgogliosi per ammetterlo. D’altronde nemmeno lui si trovava a suo agio in quelle situazioni e ammettere una qualsiasi debolezza era fuori discussione. Anche se sentiva di dover provare un profondo rispetto per quell’insolito sciamano. Era molto meglio degli squinternati a cui avevano dovuto rivolgersi le ultime volte.
Ahanu tornò a sedersi al suo posto e fece loro segno di accomodarsi sui piccoli tappeti posti a terra. Al pensiero di Manlio, appesantito dalla sua pigrizia, che si affannava per sedersi sul pavimento, gli angoli della bocca di Jack si curvarono. Prese posto dinnanzi allo sciamano e si godette lo spettacolo.
Manlio dovette essere aiutato da Dolfo e, quando il suo deretano toccò terra, lo fece pesantemente, lasciandosi cadere. Aveva il fiatone e la cosa gli sembrò ridicola quanto il tonfo che rimbombò nella stanza. Avrebbe dovuto sembrare ridicola anche ad Ahanu, ma non commentò nulla e tenne la mano sollevata nel gesto d’invito fino a che tutti non furono seduti davanti a lui. Poi prese una manciata di polvere da una ciotola e la lanciò nel fuoco: l’esplosione fece imprecare i suoi compagni, che subito si ricomposero e lui, Jackie, rimase pietrificato dalla sorpresa.
Il fuoco si alzò, divenne azzurro, viola, poi rosso e tornò normale. Non successe nient’altro.
Fu incerto se ridere o meno: era quasi sicuro che l’altro volesse soltanto prenderli in giro. Ma era davvero così?
Poi Ahanu parlò. Quasi Jackie non se l'aspettava, per poco non si mise a boccheggiare di sorpresa.
La voce del vecchio non era chiarissima, ma doveva essere stata tuonante in gioventù, e sebbene fosse influenzata da un accento che gli italiani non seppero chiaramente definire, era comprensibile e persino nobile.
«Sembra che gli spiriti siano propizi per questo affare».
Rodolfo e Manlio batterono le palpebre, disorientati. Spiriti propizi + affare = controsenso. E poi come aveva fatto a capire che gli spiriti erano propizi dal colore del fuoco? Per quanto Jackie ne sapeva, erano semplici reazioni chimiche. Forse.
«Parlate» Continuò lo sciamano «Dichiarate chiaramente cos'è che desiderate e io vi dirò se potete o non potete».
Jackie trattenne per un po’ il respiro mentre si raddrizzava e abbassò le spalle, stringendo le labbra. Era sicuro che sapesse già cosa volevano: avevano un appuntamento preso personalmente dall’uomo di fiducia del signor Innocenti, il professor O’Brian e dubitavano non gli avesse specificato quale fosse l’oggetto del suo desiderio. Non erano lì per queste storie: avevano la valigetta piena di soldi e un pacco da ritirare.
Siccome nessuno dei suoi amici disse nulla, prese nuovamente parola.
«Il professor O’Brian…» parlò lentamente «… È venuto qui i giorni scorsi per contrattare la vendita di un tomahawk molto particolare. Unico nel suo genere» specificò, senza suonare aggressivo «Ha detto che eravate disposto a venderlo in cambio di una somma adeguata».
Ahanu inspirò lentamente dalla sua pipa.
«Siamo qui per discutere quella somma» continuò Jackie «Il nostro capo ci tiene molto a concludere quest’affare. Vorrebbe che ne usciste entrambi soddisfatti»
Silenzio.
«… Gli spiriti…» Domandò cautamente a bassa voce per non sembrare irrispettoso «… Sono ancora propizi?»
Il vecchio espirò una boccata di fumo «Sì, certo» disse «Ma non si sa per chi»
«… Cosa?»
«Altre persone sono venute a vedere il mio tomahawk».
Lo scorno dei quattro uomini era tangibile e Jackie fu il primo a sentire una rabbia incontenibile montargli dentro. Ma sorrise e, quando parlò, era come se non avesse provato nulla «Davvero? Erano tante?» cercò di sapere.
Ahanu fece un solenne cenno di diniego
«No» rispose «Poche altre. Ma hanno offerto cose che possono valere il cambio. Il denaro mi è utile, certo, ma non lo desidero ardentemente. È merce di scambio comune, il denaro».
Molto, molto a bassa voce, Rodolfo imprecò e disse che a lui avrebbe fatto comodo avere questa merce molto comune. Se Ahanu lo sentì, fece finta di non averlo sentito e guardò dritto negli occhi Jackie
«Il fatto è che se gli spiriti fossero più propizi al nostro scambio, preferirei voi»
«E... e cosa bisogna fare perchè diventino propizi?» chiese il ragazzo, sperando che non lo stesse prendendo in giro
«Non è così semplice. Voi vi siete allontanati da questo mondo e lo capisco, è una vostra scelta. Ognuno sceglie il suo mondo, la sua via, ma poichè io ho scelto questa, non voglio fare errori inutili. L'oggetto che possiedo è molto prezioso, unico nel suo genere, capite. Forse già lo sapete, forse no, ma sono costretto ad essere cauto: nelle mani sbagliate, può provocare molti guai alle persone».
Un tomahawk? Provare molti guai alle persone? Non più di un coltello, pensarono i tre italiani, non più di una pietra... perchè il vecchio la faceva tanto lunga?
«Sono trentamila dollari» Disse gentilmente Jackie
Ahanu ispirò profondamente.
«Sono abbastanza soldi per riparare l’intera casa o andare avanti per molto tempo» provò a tentarlo, rimanendo sempre cortese e parlando a bassa voce «Abbastanza per molte emergenze, sperando che non ce ne siano mai».
Il vecchio sciamano rimase a riflettere guardandolo fisso negli occhi e facendolo sentire a disagio.
«… Tanto per curiosità…» prese parola Alfredo, che non aveva molta voglia di parlare col proprietario del Tomahawk «… Questi altri che hanno offerto?».
Lo sciamano aggrottò le sopracciglia in un modo che parve vagamente minaccioso
«Non so se sia molto corretto parlare di quello che gli altri hanno offerto. Non parlo di ciò che non è mio» sorrise leggermente «O almeno non ancora».
Jackie pensò a cosa ribattere, ma Ahanu continuò
«Non posso dirvi cosa hanno offerto, ma posso farveli incontrare»
«O dirci chi sono?» suggerì amichevolmente Manlio, cercando di essere d'aiuto
«No. Credo che sarebbe meglio se non li disturbaste, ma saranno qui domani pomeriggio. Se verrete, contratteremo»
«Alziamo l'offerta» disse improvvisamente Jackie, sperando di impressionare il vecchio «Trentacinquemila»
Ahanu inarcò le sopracciglia e non disse nulla. Però un guizzo divertito gli fece brillare gli occhi scuri come carboni.
«Non vogliamo contrattare con altri, solo con lei»
A quel punto lo sciamano scoppiò a ridere «Allora farei la figura del maleducato!»
«No!» si affrettò a dire l’altro, mortificato «Non intendevo dire questo o costringerla a…»
«Il mio tomahawk… » iniziò a spiegare il vecchio sciamano, alzando una mano per farlo tacere «… Non è un oggetto da barattare a cuor leggero. Voi non credete nel suo grande potere. O nella sua grande maledizione» mormorò apparendo stanco.
«No, è vero» affermò in tono sincero e Manlio gli diede una gomitata «Ma è vero!» protestò come un bambino piccolo «Noi non ci capiamo niente! Nemmeno teoricamente!» aggiunse, voltandosi verso Alfredo che, per tutta risposta, chiuse gli occhi e si scansò appena, come a voler lasciar intendere che avrebbe preferito parlare di tutt’altre cose invece che di spiriti, maledizioni ed altre stramberie.
«Noi non ci capiamo niente e nemmeno Alberto» grugnì irritato «Invece la tua amica sì…»
«Alfredo!» ringhiò il più giovane fuori di sé.
Più volte, in quegli strani incontri, i suoi compagni (e non solo i tre con cui aveva viaggiato quel giorno) si erano dati la pena di nominare la sua amica, ma Jack non voleva, non voleva assolutamente che lo facessero. Non dovevano osare dire il suo nome a quella strana gente! Era una tecnica convincente che adottava anche lui, ma loro parlavano troppo: non sapevano mai quando fermarsi.
Lo sciamano fece scorrere il suo sguardo da uno all’altro.
«Una vostra amica crede negli spiriti?» domandò con voce solenne.
Jack chinò la testa e si chiuse in un mutismo scontroso. Annuì una sola volta.
«Li ha veduti?»
Annuì ancora, rigidamente.
«È una medium?» chiese ancora l’altro, celando il suo grande scetticismo.
«Oh, no no no!» intervenne Manlio, cercando di prendere in mano la situazione prima che il ragazzo si lasciasse sfuggire qualche mala parola «È una nennella tanto dolce!»
«Non ha niente a che fare con quelle sciocchezze!» s’intromise Rodolfo, gesticolando con la stessa veemenza del suo amico «Lei…».
Fecero silenzio e s’immobilizzarono, incapaci di trovare un modo per definirla. Non avevano la più pallida idea di come spiegare chi lei fosse allo sciamano.
«… È una brava persona. Una ragazza molto… rispettosa del mondo degli spiriti!»
Jack roteò gli occhi al cielo, irritato. Se che l’avessero nominata non gli piaceva, le scempiaggini che avrebbero potuto farneticare erano anche peggio!
Sul volto di Ahanu comparve un sorriso che parve genuino, non perchè approvasse "la ragazza molto rispettosa del mondo degli spiriti", ma forse perchè non vedeva malizia in quel commento. Doveva essere stato preso molto in giro per la via che aveva scelto e capiva che anche se non sempre gli altri potevano comprenderne l'essenza, almeno la potevano rispettare, e le persone che rispettano gli altri sono persino più preziose di quelle che le capiscono.
«Se questa ragazza comprende il mondo degli spiriti, allora devo chiedervi: è stata lei a mandarvi a chiedere il Tomahawk? Ha consigliato lei al signor Innocenti di impadronirsi di questo oggetto? Ho bisogno di saperlo»
«No!» esclamarono i quattro uomini in toni diversi per poi guardarsi storto
«No» ripeté Jack con un velo di minaccia ad inasprirgli la voce «Lei non c’entra nulla con questa storia».
Smise di guardare i suoi compagni e si rivolse al vecchio sciamano.
«Lei gli aveva consigliato di non portare in casa oggetti con un potere che non avrebbe saputo gestire» gli spiegò
«Ma il signor Innocenti se ne intende più di quanto la ragazza possa immaginare» intervenne Alfredo. «Grazie alla moglie. Pace all’anima sua!» aggiunse, facendosi il segno della croce.
«Il nostro capo…» continuò Rodolfo «… Ha ben chiaro il valore del Tamohowk. »
«Tomahawk» lo corressero Jackie e Ahanu piano.
«Comunque, no, non è stata lei» finì Dolfo, senza accorgersi che la correzione era rivolta a lui.
Ahanu incrociò le braccia lentamente, stringendo la pipa con la sola bocca.
«La mia amica non c’entra niente, li perdoni» mormorò Jackie a mo’ di scusa «Non sa nulla di questa storia» mentì, poiché gliene aveva parlato per telefono
«La ragazza ha lo stesso dono della signora Delia» parlò ancora Alfredo «È lei che ha curato il nostro capo»
«Tappati quella bocca!» gli sibilò Jack a denti stretti
«Hey, ragazzino!» ringhiò Alfredo, afferrandolo per la camicia e puntandogli il dito contro.
«Alfredo! » gridarono i loro compagni, scandalizzati.
«È ora che impari a portare rispetto! STAI. ZITTO.».
Jackie si fece indietro per liberarsi, ma l’altro lo spinse addosso a Manlio e prese a rivolgersi in tono autoritario al vecchio sciamano, che aveva assunto un’espressione torva.
«La moglie del capo aveva un dono: quello di viaggiare nei sogni. E la ragazzina sa fare la stessa cosa» spiattellò l’uomo prima che Jack potesse intimargli di tacere, trattenuto dagli altri due compagni «Morta la signora Innocenti, lo spirito di Don Alberto è rimasto intrappolato da qualche parte e lui si è ammalato fisicamente»
«In che modo è rimasto intrappolato?» domandò il nativo americano.
«Non so come funzionino queste cose» disse chiaro e tondo l’altro «Ma lei poteva far viaggiare anche lui e dopo morta Alberto non ha saputo più tornare indietro. Durante la sua malattia non faceva che ripetere che non poteva riposare perché il suo spirito veniva torturato nei sogni. Ma la ragazza…»
«Alfredo, non osare…!» l’avvertì Jackie.
«… Se ne è accorta ed è andato a salvarlo» finì l’uomo «Gli ha preso la mano e l’ha esorcizzato».
Nella stanza scese un silenzio carico di tensione.
«E questo esorcismo…» domandò lentamente Ahanu «… Come è avvenuto?»
«Non è avvenuto» sbottò il più giovane dei quattro uomini in tono sgarbato «È stata soltanto minacciata da qualcosa!»
Ahanu si chinò verso di lui «Spiegati meglio»
« Ahè…» fece Manlio, gesticolando a vuoto, prima che Jackie potesse rispondergli «… Lei voleva solo parlargli. Gli ha preso la mano e… »
Si fecero tutti il segno della croce.
«… aveva lo Diavolo in corpo!»
«Il Maligno le ha detto che non l’avrebbe salvato! È stato terribile!» continuò Rodolfo «Ma lei ce l’ha fatta! Ha sognato, stringendogli la mano e l’ha portato via! E da quel giorno è un uomo nuovo! Quella santa donna l’ha salvato in pochi minuti!» .
Ahanu lasciò una boccata di pipa a metà.
«La nennella capisce al volo queste cose!» gli disse accorato «Se non lei chi altro? Non abbiamo la più pallida idea di che cosa significhi, eh!»
«Basta!» esplose il più giovane «Lei non c’entra niente con noi! E questo non è il modo di ringraziarla!» li rimproverò «Non sa perché lo sa fare e non vuole che gli altri lo sappiano! Perciò basta!».
Alfredo, Rodolfo e Manlio sospirarono e poi guardarono il vecchio come in attesa di una risposta. Una rivelazione. O magari solamente il beneplacito per la chiusura dell’affare.
«La vostra amica…» mormorò il vecchio sciamano «… È un Camminatrice del Mondo Onirico».
I quattro uomini rimasero in silenzio.
«Un dono… » mormorò con voce sempre più bassa «… Estremamente raro. »
Alfredo si fece avanti e la luce del fuoco disegnò delle ombre spaventose sul suo volto scavato «Le offriamo trentacinquemila dollari. E… », mimò il numero con la mano «… Un sogno».
Il volto di Ahanu non tradì sorpresa e neppure quella gioia estrema che si sarebbe sperato, ma fu attraversato come da una luce, una luminosità calda di compiacimento.
«Un sogno» Ripetè.
Jackie annuì due volte, deglutendo. Sperava che avesse offerto abbastanza e sperava di aver offerto qualcosa che poteva offrire.
«Che vuole dire? Che gli fa fare un sogno camminatore nell'onirico?» Domandò Manlio all'orecchio di Alfredo, ma abbastanza forte perchè anche Jack lo sentisse e stringesse i denti, disappuntato.
Ahanu aggrottò le sopracciglia
«La ragazza non è qui con voi, giusto? Può trovarmi da dovunque lei sia, può raggiungermi nei sogni? Sarebbe davvero molto potente in tal caso, ma solo le leggende parlano di...» cercò le parole per la prima volta da quando avevano iniziato a parlare «...Creature umane tanto potenti. Può farlo? E ho compreso bene cosa mi state offrendo?»
Alfredo sorrise sinistramente «Ha compreso alla perfezione»
«Ma non è qui» ripeté l’altro «Può davvero farlo?»
«Sì, può farlo» gli fu sussurrato «L’amichetta di Jackie vi troverà ovunque, perfino sulla Luna. E vi assicuro…» continuò «… Che il vostro spirito non avrà nulla da temere nelle sue squisite mani».
Ahanu smise di fumare. Ad una vista disattenta sarebbe sembrato combattuto. O preoccupato.
«Come è possibile…» Comandò pensierosamente «… Che il fato ve ne abbia fatte incontrare due?»
«Non due» lo corresse Alfredo «Solo una può fare tutto questo. La signora Innocenti non sarebbe mai stata alla sua altezza. Nulla può farle del male nei sogni. Né a lei, né a chi è con lei»
«E tu? Tu puoi assicurarmi questo sogno?» domandò a Jackie il vecchio sciamano, guardandolo dritto negli occhi.
Proprio in quel momento, il suo cellulare vibrò tre volte e nessuno dei presenti ebbe dubbi su chi l’avesse contattato.
«Puoi, ragazzo?»
Alfredo lanciò al giovane uno sguardo temibile e Jackie abbassò la testa «Posso» disse soltanto.
Ahanu gli sorrise «Ma hai detto che non c’entra nulla con questa storia. Che non ne sa niente. »
«Io…» farfugliò, sentendosi messo alle strette «… Posso»
«Lei aiuterà Jackie» sogghignò Alfredo, mentre Malio e Rodolfo si affrettavano ad annuire.
Il nativo americano annuì lentamente, rimando in silenzio per molto tempo. Poi parlò e, dal suo tono, capirono essere la sua decisione definitiva.
«Ci vedremo domani al tramonto» dichiarò Ahanu in tono gentile «Per allora mi saprete dire se la Camminatrice del Mondo Onirico avrà accettato di partecipare alla vostra offerta. Spero…» sorrise affabile «… Che la risposta sia positiva».
«Possiamo chiamarla adesso!» si affrettò a dire Alfredo «Potete sognare adesso!»
«Sta per andare a lavoro!» esclamò indignato Jackie.
Ahanu non spense il suo mite sorriso «Domani al tramonto andrà benissimo. Sarà molto interessante vedere cosa gli altri avranno da offrire per aumentare il valore della loro posta e, perché no…» ci pensò su «… Magari troverete un nuovo oggetto da consigliare al signor Innocenti».
Ahanu si alzò rapidamente, con un movimento fluido, e invitò con un gesto gli altri a fare lo stesso. Jackie, sebbene non con la stessa agilità, si alzò in fretta, ma gli altri due uomini furono più lenti e parvero indecisi sul sorreggersi persino appoggiandosi gli uni agli altri.
Lo sciamano aprì la porta dietro di loro
«Ci rivedremo domani» disse amichevolmente.
Gli italiani uscirono e attraversarono la casa senza neppure scorgere la signora Saye. Quando rimontarono in macchina, Manlio sbuffò
«Che scimunito, non s'è preso i trentacinquemila...»
«Tu non avresti cercato di ottenere il massimo?» domandò Jackie, beffardo
«Si, ma se mi davano trentacinquemila, io che gli dicevo, no? Avevo paura di tirarla per le lunghe»
«Oh, questi c'hanno i soldi» si intromise Rodolfo, con un ghigno «Si vogliono solo divertire, non ci fanno niente con i tuoi trentacinquemila. Io lo sapevo che ci volevano fregare, che ci avrebbero detto cose tipo "non ha prezzo", e invece abbiamo scoperto che un prezzo ce l'ha. Non è una cosa buona?»:
Manlio parve pensarci, ma non essere nè convinto nè contento.
Jackie si appoggiò allo schienale ed estrasse il cellulare dalla tasca.
«Comunque…» Dece ad Alfredo «… La prossima volta non mi tirare così. Mi hai strappato un bottone!»
«Oooh!» rise l’altro canzonandolo «Gli ho strappato un bottone!»
«Poverino!» lo canzonarono in coro e Manlio si voltò per scompigliargli i capelli. Jackie lo scansò in malo modo, ma rise pure lui «Povero, Jackie-boy!»
«E basta!» protestò il più giovane «Dico sul serio!»
«Se se!» disse Alfredo «Uè, sta arrivando la signora…».
Ricomponendosi e rimanendo in attesa, i quattro uomini guardarono la signora Saye avvicinarsi a piccoli passi alla macchina. Si fermò proprio davanti al finestrino di Jackie e, sorridendogli, bussò delicatamente.
Tra il perplesso e l’imbarazzato, l’uomo abbassò il finestrino e l’altra, senza dire nulla, gli prese una mano e vi depose qualcosa, facendogliela chiudere.
Gli sorrise di nuovo e, mentre lui la guardava perplesso, lei gli pizzicò la guancia in un affettuoso buffetto che lo costrinse a scuotere la testa a destra e sinistra, come si faceva coi bambini. I suoi compagni scoppiarono a ridere, ma lui era troppo occupato a sopportare il dolore per poter dire o fare qualunque cosa.
Poi Saye se ne andò come era arrivata, rientrando in casa e chiudendo dietro di sé la porta mentre Dolfo metteva in moto e partiva alla volta di un motel.
«Te lo diciamo sempre che sei ancora un bambino!» Rise Manlio.
«Non sono un bambino! Sono un uomo!» protestò Jackie, rosso di vergogna «Ho trentasei anni!»
«E quindi sei un bambino» mise in chiaro Alfredo. Gli mise una mano sulla spalla «Comincia a pensare a quello che dovrai dire alla tua ragazza»
« … »
«Dovrai essere molto convincente»
«Come te, d’altronde» sogghignò Jackie.
«Hey, hey, hey, Jackie-boy!» rise l’altro, spalancando le braccia «La nostra manfrina ha colpito nel segno! Tu, giovane innamorato! Noi, uomini senza scrupoli! Lei, una donna coi superpoteri e una valigetta piena di soldi! Domani avremo quel maledetto tomahawk! Oppure…»
«… Gli facciamo la festa» finì Manlio e Jackie non riuscì a trattenere un sorriso «E ci prendiamo i soldi e i doni di tutti»
Continua....
Parte 2>
Il tomahawk del Wendigo - Parte 1
Affari di famiglia
La morte prematura di Delia aveva lasciato segni indelebili nella psiche del marito. Incubi, paranoie, ossessioni. Niente per lui era stato più lo stesso. Mai prima di allora la famiglia aveva creduto nello spiritismo o nell'occultismo. Nella superstizione sì, ma in queste sciocchezze mai. Eppure tutto, per Alberto Innocenti, aveva assunto una visione nuova e in questa visione nuova lui doveva diventare il collezionista di oggetti occulti più rinomato del paese.
Purtroppo, tutto questo si era riflettuto sull'intera organizzazione. Ed i suoi uomini erano disperati. A turni venivano mandati a contrattare, oppure a “prelevare”, gli oggetti su cui il desiderio del signor Innocenti si era posato. E questo li costringeva a viaggiare per tutto il paese. Maine. Nevada Florida. Non aveva importanza. Avrebbe ottenuto ciò che voleva e loro avrebbero obbedito fedelmente. Attendendo tutti con ansia il giorno in cui sarebbero stati mandati in un altro continente alla ricerca del nuovo giocattolo di Alberto. Un giorno terribile per tutti loro.
«Potremmo far concorrenza al museo dei Warrèn! Cose da pazzi!» esclamò Rodolfo
«Statti citto e pensa ‘a via!» lo rimproverò Manlio, indicandogli la strada deserta di fronte a loro.
«Eeeh!!» Ai lamentò l’altro «Ci penso, ci penso! Mica come Jackie! Sentito, Jackie?»
Rodolfo e Manlio rimasero in attesa di una risposta guardando nello specchietto retrovisore, ma non una parola giunse dal sedile posteriore.
«A che pienzi, ‘e vacche in Puglia?» gli domandò Rodolfo.
«Pienzi ‘a nennella?» gli chiese Manlio.
«‘A femmena tene i pili ncopp’o’ core, Jackie!» cercò di rincuoralo il collega alla guida.
Un brontolio scontroso li fece ridere a squarciagola.
«È innamorato!»
«Jackie è innamorato! » cantarono in coro.
«Statevi citti e pensate ‘a via!» alzò la voce il giovane uomo alle loro spalle, senza smettere di stringere il cellulare tra le mani e continuare a scrivere «Stronzi».
Il ragazzo assomigliava molto ai due uomini, con gli stessi occhi e capelli scuri e la pelle olivastra; ma non erano parenti stretti. Non che questo cambiasse molto.
Si passò le mani tra i capelli e fissò lo schermo del cellulare afflitto. Perché non cedeva? Che altro avrebbe dovuto dire per convincerla?
Alzò lo sguardo, aggrottando le sopracciglia. Intorno a loro c'era solo erba e lontani, sporadici, alberi che sembravano gli steli secchi e bruni del basilico quando l'estate era finita. Ogni tanto qualche recinzione, qualche cavallo. Che posto era quello? Non lo aiutava, non lo ispirava. Abbassò di nuovo lo sguardo sullo schermo del cellulare, mordicchiandosi appena il labbro inferiore.
«Scrivici che le porti una cosa da qua» Suggerì improvvisamente Manlio.
Jackie non rispose, non voleva dare soddisfazione a nessuno dei presenti in auto, ma Rodolfo ripetè il consiglio dato dall'altro uomo ad alta voce, quasi come un pappagallo.
Rompiscatole.
ANon sapevano nulla di quello che si stavano scrivendo, sapevano solo che stava parlando con lei. E i loro consigli erano improduttivi. Rodolfo e Manlio non sapevano conquistare una donna: non erano avvenenti, non erano carismatici, non erano nulla. Non sapevano farlo, anche perché quando erano accompagnati da qualche donna si poteva star certi che l’avessero pagata. E comunque nemmeno i loro soldi le invitavano a fingere di essere contente. Avevano sempre l’aria di aver pestato qualcosa di poco grazioso con i loro vertiginosi tacchi laccati. Invece lui aveva sempre fatto una figura eccellente col gentil sesso. Anche se aveva un unico e non nobile interesse nei loro confronti. Sapeva cavarsela. Loro no. E poi odiava essere chiamato Jackie. Si chiamava Jack. E Jackie gli era stato affibbiato da quell'insopportabile di Maddalena. Con quella sua stridula vocetta acida.
L’unica persona che poteva chiamarlo così era colei con cui stava parlando: perché dalle sue labbra quel soprannome assumeva una dolcezza appagante. E poteva sopportare di essere chiamato così anche dalle donne che non l’avrebbero ritrovato nel loro letto la mattina dopo. Per una giusta causa insomma! Ma non da quei due…
«Ah, Jackie... ma non è che poi ti scordi cosa siamo venuti a prendere, vero?» Lo canzonò Alfredo. Alfredo si credeva spiritoso, lo sapevano tutti, anche se non faceva troppe battute, insomma, non era troppo scomodo, ma era scomodo lo stesso.
Jack strinse i denti appena appena, contraendo un muscolo nella guancia.
«Andiamo» Disse. Non stava neanche ascoltando più gli altri due, che quando se ne accorsero fecero delle facce scocciate, si guardarono e sorrisero. Un sorrisetto divertito. Di compatimento. Se Jack l'avesse visto, si sarebbe arrabbiato.
Un cavallo, spuntato da chissà dove visto che tutta la strada era libera, si piazzò proprio davanti la macchina.
A dire il vero, anche se il cavallo fosse andato lentamente, un trotto leggero e deliberato, nessuno lo avrebbe visto, perchè Alfredo e Manlio si stavano guardando in faccia per ridere e Jackie fissava lo schermo di un cellulare.
Rodolfo, emettendo un versetto strozzato, affondo il piede sul freno e si fermarono giusto in tempo per non abbozzare il muso dell'auto contro il fianco di un grosso equino bianco.
«Che cazz'è?» Commentò Manlio
«Un cavallo» rispose serafico Jackie, il cuo cuore batteva comunque a mille per la brusca frenata.
Nessuno di loro si metteva mai la cintura e ringraziò il cielo che la sua amica gli avesse passato quella brutta abitudine perché evitò di andare a sbattere con la faccia contro il sedile del guidatore come invece fece Alfredo, seduto di fianco a lui, e Manlio contro il parabrezza, ma si salvò all’ultimo premendo entrambe le mani contro il cruscotto.
Inclinandosi di lato, mentre Alfredo bestemmiava con lo stesso ardore di Rodolfo, Jack fissò il cavallo che si era fermato proprio in mezzo alla strada.
Aveva il manto di un bianco splendente, nettamente in contrasto con il nero liquido degli occhi e la sua criniera e coda erano lunghi e folti, ingarbugliati in un intreccio confuso e disordinato. Era una creatura splendida.
«E ora?!» Abbaiò il guidatore con quanto fiato aveva in corpo.
I quattro si guardarono tra di loro e poi guardarono il cavallo che, sotto il sole cocente, si godeva la leggera brezza che gli scuoteva la criniera.
Nitrì e batté lo zoccolo sull’asfalto.
«Quanto manca alla riserva? » domandò Jackie.
«Poco» rispose Manlio.
«Uhm» fece il ragazzo «Sarà loro?»
«E che ne sacciu, Jackie!».
Il cavallo non accennava a spostarsi da dov'era. Manlio, gonfiando un pò il petto, aprì lo sportello dell'auto e scese al grido di «Gli faccio vedere io!».
Andò vicino all'animale e iniziò a schiamazzare, a sventolare le braccia, a fare tutta una serie di rumori buffi che fecero ridere gli altri due uomini, ma non il cavallo, che si limitò semplicemente a spostare lo sguardo da un'altra parte. Allora Manlio gli premette le mani sul collo e iniziò a spingere, ma bastò un nitrito non troppo convinto della bestia per farlo desistere.
«Proviamo a fare manovra» Disse allora, rivolto a Rodolfo, facendo con le mani un gesto come a dire "gira la macchina".
«Non gli passare troppo vicino» gli consigliò Alfredo, mentre l’uomo rimetteva in moto la macchina e Manlio risaliva a bordo.
«E non spaventarlo, altrimenti ci salta addosso» aggiunse Jackie.
«Ma che stai dicendo?!»
«Fidati di me, se lo spaventi ti ritrovi la macchina piena di bozzi»
«Manlio!» si alterò Rodolfo, cercando aiuto nel suo vecchio amico.
«Eh, Dolfo, prendila larga»
«Caga sotto. Tutti voi!» brontolò il guidatore, ingranando la retromarcia e passando lungo il bordo della strada per tenersi ben fuori dal raggio di azione della creatura.
Al passaggio della macchina, il cavallo bianco non fece una piega: non li degnò di uno sguardo e rimase a fissare la linea del tramonto come se avesse notato qualcosa.
Voltandosi in quella direzione, Jackie non vide nient’altro se non diversi cactus sparsi un po’ qui e un po’ là, l’inizio di una collina e, lungo l’orizzonte, il profilo di alte e frastagliate montagne dall’aria tutt’altro che invitante. Non gli sembrò di vedere nient’altro. Niente di vivente insomma.
E finalmente comparve quella che in un altro contesto si sarebbe potuta definire "villa", ma che lì somigliava a qualcosa di più "ranch".
Grande, le pareti giallo chiaro, le finestre con imposte di legno, fioriere di assi di pino e il tetto di lamiera che dava un'impressione vivida di non ancora finito. Accanto alla costruzione erano parcheggiati un camioncino grigio un pò sporco e una Bentley con le ruote impolverate, ma comunque abbastanza pulita da far notare che si trattava di una macchina costosa.
Rodolfo accostò alla Bentley, fermò l'auto e scese sollevando una nuvoletta bassa di terreno polveroso. Anche gli altri due lo seguirono e si avvicinarono alla porta di ingresso, un pannello di metallo graffiato dipinto di marrone chiaro.
«C'hanno più soldi di Berlusconi» Commentò Rodolfo, in uno sbuffo «E non si comprano neanche una porta come si deve».
Ovviamente che i proprietari della villa avessero "più soldi di Berlusconi" era solo un suo pensiero, ma di certo possedevano molta terra e molti animali.
«Comunque non dirlo ad alta voce» gli consigliò Alfredo, aspettando che Jackie si mettesse gli occhiali da sole e li seguisse fuori.
Un’ondata di caldo l’investì violentemente, facendogli rimpiangere l’aria condizionata all’interno dell’abitacolo; ma non poteva aspettarli. Si allentò la cravatta, sbottonò i primi bottoni della camicia bianca e si tolse la giacca, seguendoli con aria sconsolata.
« Bell’idea quella di mostrare i ferri» approvò Manlio, guardandogli appena le pistole appese nella fondina e battendogli una mano sulla spalla.
«Eh? Ah. Sì» annuì Jack, avvicinandosi alla porta e bussando tre volte.
Lo sgraziato rumore rimbombò all’interno dell’abitazione, ma nessuno rispose.
Attesero una voce, che purtroppo tardò ad arrivare e il sudore cominciò a farsi sentire. Ogni secondo che passava diventava sempre più soffocante.
Per ingannare il tempo si guardarono intorno, prendendo familiarità con il ranch, ma Jack trovava il deserto monotono e noioso e quel luogo anche peggio.
«Ma i nostri contatti saranno in città?» Chiese Alfred.
«Non ne ho idea» rispose Manlio
«Staranno pensando alle vacche» suggerì Dolfo «Come si chiamano quei due vecchi? »
«Si chiamano Ahanu e Saye » precisò il più giovane < E vedi di non farti riconoscere quando ci presenteremo. Sono sciamani molto rispettati».
Dolfo spalancò la bocca offeso «‘O sentite a quistu?!»
«Ma sentiti tu» lo prese in giro l’altro senza perdere la sua consueta calma «Se li chiami così ti faranno il malocchio per vendicarsi».
L’uomo fece le corna con una mano e si toccò i genitali con l’altra, camminando avanti e dietro sotto il portico, spaventato da quella prospettiva. Da quando il capo aveva riscoperto quella sua stramba passione ne avevano viste di cotte e di crude e la probabilità di ricevere una fattura non era un’ipotesi così inverosimile.
Improvvisamente la porta si aprì appena, accompagnata da uno sgradevole suono graffiante e Jackie vi si parò davanti come era ormai divenuta consuetudine tra di loro. Il suo aspetto inquietava molto meno gli sconosciuti di quello Manlio e la gente era più disposta ad ascoltarlo.
Quello che vide, alzando gli occhiali da sole sopra la testa, fu una donna nativa americana così anziana e piegata dal peso degli anni da arrivargli a mala pena alla cintura.
Si chinò alla sua altezza per guardarla negli occhi e le sorrise cortese.
«Signora Sayen?» domandò con voce dolce e l’altra annuì impercettibilmente «Buongiorno. Siamo gli uomini del signor Innocenti. Avevamo un appuntamento per oggi con vostro marito, ma siamo arrivati in anticipo. Possiamo entrare o preferite che aspettiamo? Vi stiamo disturbando?».
L’anziana donna fece segno di diniego. E poi gli sorrise, facendogli cenno con la mano di seguirlo dentro. Aprì la porta e la luce inondò la stanza buia.
L’interno non avrebbe potuto essere più inquietante.
Era buio e, ovunque sul soffitto, erano state appese delle sottili corde per agganciarvi una moltitudine di acchiappasogni di ogni forma e dimensione. A terra, dopo che mossero i primi passi, riconobbero lo scricchiolare fastidioso della sabbia arida e del sale.
Jackie aveva imparato a non associare mai la presenza di sale ad un buon segno.
Accatastate, invece, lungo le pareti, una moltitudine di grotteschi totem di legno, la cui luce metteva in risalto i profili spaventosi. Giganteschi, minuscoli, dipinti o di legno grezzo. Nessuno dei quattro uomini ne avrebbero mai voluti in casa loro. E Jackie avrebbe preferito non vedere mai più nemmeno un acchiappasogni in vita sua.
La vecchia Sayen li fece entrare e gli indicò una porta perfino più scura in fondo alla stanza.
Era una vecchina graziosa, pensò il ragazzo, notando il suo sorriso dolcissimo e la sua lunghissima treccia che arrivava fin quasi a terra. Adorabile.
Di solito la gente che aveva la casa piena di totem o qualsivoglia simboli di potere, aveva imparato a sue spese, ci teneva ad essere inquietante: portavano lunghi vestiti scuri, barbe incolte o pizzetti sagomati "alla satanesca", anelli d'oro e d'argento; le donne avevano lunghe unghie laccate e portavano collane inquietanti. Questa no, questa era una vecchietta adorabile, abbastanza piccina, e senza tatuaggi scuri visibili. Poteva essere una collezionista, più che una vera sciamana.
Jackie si avvicinò cautamente alla porta scura, cercando di respirare normalmente e di non dare nessun segno di inquietudine.
«Devo entrare?» Domandò, quando vide che la signora Sayen non si muoveva.
L’anziana signora annuì sempre sorridendo.
Jackie evitò un qualsiasi commento, anche se il suo io interiore cacciò uno strillo, e fece cenno ai suoi compagni di seguirlo. Bussò piano e aprì la porta.
La sua speranza di trovare una stanza più luminosa ed accogliente fu sedata non appena vide il pavimento poco illuminato e fatto di terra battuta ai suoi piedi. Era ancora più buia della stanza in cui si trovava. Trattenne il respiro ed entrò ostentando sicurezza.
La nuova stanza era scura e, su ogni parete, vi erano appesi quelli che non capì se potessero essere definiti “tappeti”. Erano molto belli, anche se non nel suo stile e sotto ognuno di essi c’erano dei bassi mobili di legno intarsiati che fungevano da altari. Ad ogni angolo della stanza, notò, vi erano dei totem perfino più imponenti di quelli che aveva visto nella stanza precedente. Spaventosi anche quelli e tutti diversi. La cosa che però attirò di più la sua attenzione, fu il focolare acceso al centro della stanza e il buco nel tetto, che permetteva a del fumo denso e bianco di fuoriuscire.
Non gli era parso di vedere fumo provenire dal tetto quando erano arrivati…
Incrociò due occhi scuri e seppe di aver trovato Ahanu.
Ahanu non era troppo più alto di sua moglie, ma aveva un fisico davvero splendido per la sua età: se ne stava a petto nudo e a gambe incrociate di fronte al fuoco, seminascosto dalla densa colonna di fumo e se non si contavano le rughe sul volto sembrava un quarantenne maniaco dello sport. I capelli erano di un grigio intenso, striati di pochi fili bianchi, e il volto era liscio, senza un pelo di barba. Come faceva quella gente a radersi così? Magari la barba non gli cresceva...
«Salve» Disse rispettosamente Jackie, sentendo la voce uscirgli più solenne e seria di quanto avesse immaginato.
Ahanu annuì e si alzò con deliberata lentezza e aggirò con passo elegante il piccolo fuoco fumoso per porgere una mano al ragazzo.
Aveva una stretta salda e forte, molto più della sua che era giovane e si allenava ogni giorno. Lo notarono anche i suoi compagni, ma erano troppo orgogliosi per ammetterlo. D’altronde nemmeno lui si trovava a suo agio in quelle situazioni e ammettere una qualsiasi debolezza era fuori discussione. Anche se sentiva di dover provare un profondo rispetto per quell’insolito sciamano. Era molto meglio degli squinternati a cui avevano dovuto rivolgersi le ultime volte.
Ahanu tornò a sedersi al suo posto e fece loro segno di accomodarsi sui piccoli tappeti posti a terra. Al pensiero di Manlio, appesantito dalla sua pigrizia, che si affannava per sedersi sul pavimento, gli angoli della bocca di Jack si curvarono. Prese posto dinnanzi allo sciamano e si godette lo spettacolo.
Manlio dovette essere aiutato da Dolfo e, quando il suo deretano toccò terra, lo fece pesantemente, lasciandosi cadere. Aveva il fiatone e la cosa gli sembrò ridicola quanto il tonfo che rimbombò nella stanza. Avrebbe dovuto sembrare ridicola anche ad Ahanu, ma non commentò nulla e tenne la mano sollevata nel gesto d’invito fino a che tutti non furono seduti davanti a lui. Poi prese una manciata di polvere da una ciotola e la lanciò nel fuoco: l’esplosione fece imprecare i suoi compagni, che subito si ricomposero e lui, Jackie, rimase pietrificato dalla sorpresa.
Il fuoco si alzò, divenne azzurro, viola, poi rosso e tornò normale. Non successe nient’altro.
Fu incerto se ridere o meno: era quasi sicuro che l’altro volesse soltanto prenderli in giro. Ma era davvero così?
Poi Ahanu parlò. Quasi Jackie non se l'aspettava, per poco non si mise a boccheggiare di sorpresa.
La voce del vecchio non era chiarissima, ma doveva essere stata tuonante in gioventù, e sebbene fosse influenzata da un accento che gli italiani non seppero chiaramente definire, era comprensibile e persino nobile.
«Sembra che gli spiriti siano propizi per questo affare».
Rodolfo e Manlio batterono le palpebre, disorientati. Spiriti propizi + affare = controsenso. E poi come aveva fatto a capire che gli spiriti erano propizi dal colore del fuoco? Per quanto Jackie ne sapeva, erano semplici reazioni chimiche. Forse.
«Parlate» Continuò lo sciamano «Dichiarate chiaramente cos'è che desiderate e io vi dirò se potete o non potete».
Jackie trattenne per un po’ il respiro mentre si raddrizzava e abbassò le spalle, stringendo le labbra. Era sicuro che sapesse già cosa volevano: avevano un appuntamento preso personalmente dall’uomo di fiducia del signor Innocenti, il professor O’Brian e dubitavano non gli avesse specificato quale fosse l’oggetto del suo desiderio. Non erano lì per queste storie: avevano la valigetta piena di soldi e un pacco da ritirare.
Siccome nessuno dei suoi amici disse nulla, prese nuovamente parola.
«Il professor O’Brian…» parlò lentamente «… È venuto qui i giorni scorsi per contrattare la vendita di un tomahawk molto particolare. Unico nel suo genere» specificò, senza suonare aggressivo «Ha detto che eravate disposto a venderlo in cambio di una somma adeguata».
Ahanu inspirò lentamente dalla sua pipa.
«Siamo qui per discutere quella somma» continuò Jackie «Il nostro capo ci tiene molto a concludere quest’affare. Vorrebbe che ne usciste entrambi soddisfatti»
Silenzio.
«… Gli spiriti…» Domandò cautamente a bassa voce per non sembrare irrispettoso «… Sono ancora propizi?»
Il vecchio espirò una boccata di fumo «Sì, certo» disse «Ma non si sa per chi»
«… Cosa?»
«Altre persone sono venute a vedere il mio tomahawk».
Lo scorno dei quattro uomini era tangibile e Jackie fu il primo a sentire una rabbia incontenibile montargli dentro. Ma sorrise e, quando parlò, era come se non avesse provato nulla «Davvero? Erano tante?» cercò di sapere.
Ahanu fece un solenne cenno di diniego
«No» rispose «Poche altre. Ma hanno offerto cose che possono valere il cambio. Il denaro mi è utile, certo, ma non lo desidero ardentemente. È merce di scambio comune, il denaro».
Molto, molto a bassa voce, Rodolfo imprecò e disse che a lui avrebbe fatto comodo avere questa merce molto comune. Se Ahanu lo sentì, fece finta di non averlo sentito e guardò dritto negli occhi Jackie
«Il fatto è che se gli spiriti fossero più propizi al nostro scambio, preferirei voi»
«E... e cosa bisogna fare perchè diventino propizi?» chiese il ragazzo, sperando che non lo stesse prendendo in giro
«Non è così semplice. Voi vi siete allontanati da questo mondo e lo capisco, è una vostra scelta. Ognuno sceglie il suo mondo, la sua via, ma poichè io ho scelto questa, non voglio fare errori inutili. L'oggetto che possiedo è molto prezioso, unico nel suo genere, capite. Forse già lo sapete, forse no, ma sono costretto ad essere cauto: nelle mani sbagliate, può provocare molti guai alle persone».
Un tomahawk? Provare molti guai alle persone? Non più di un coltello, pensarono i tre italiani, non più di una pietra... perchè il vecchio la faceva tanto lunga?
«Sono trentamila dollari» Disse gentilmente Jackie
Ahanu ispirò profondamente.
«Sono abbastanza soldi per riparare l’intera casa o andare avanti per molto tempo» provò a tentarlo, rimanendo sempre cortese e parlando a bassa voce «Abbastanza per molte emergenze, sperando che non ce ne siano mai».
Il vecchio sciamano rimase a riflettere guardandolo fisso negli occhi e facendolo sentire a disagio.
«… Tanto per curiosità…» prese parola Alfredo, che non aveva molta voglia di parlare col proprietario del Tomahawk «… Questi altri che hanno offerto?».
Lo sciamano aggrottò le sopracciglia in un modo che parve vagamente minaccioso
«Non so se sia molto corretto parlare di quello che gli altri hanno offerto. Non parlo di ciò che non è mio» sorrise leggermente «O almeno non ancora».
Jackie pensò a cosa ribattere, ma Ahanu continuò
«Non posso dirvi cosa hanno offerto, ma posso farveli incontrare»
«O dirci chi sono?» suggerì amichevolmente Manlio, cercando di essere d'aiuto
«No. Credo che sarebbe meglio se non li disturbaste, ma saranno qui domani pomeriggio. Se verrete, contratteremo»
«Alziamo l'offerta» disse improvvisamente Jackie, sperando di impressionare il vecchio «Trentacinquemila»
Ahanu inarcò le sopracciglia e non disse nulla. Però un guizzo divertito gli fece brillare gli occhi scuri come carboni.
«Non vogliamo contrattare con altri, solo con lei»
A quel punto lo sciamano scoppiò a ridere «Allora farei la figura del maleducato!»
«No!» si affrettò a dire l’altro, mortificato «Non intendevo dire questo o costringerla a…»
«Il mio tomahawk… » iniziò a spiegare il vecchio sciamano, alzando una mano per farlo tacere «… Non è un oggetto da barattare a cuor leggero. Voi non credete nel suo grande potere. O nella sua grande maledizione» mormorò apparendo stanco.
«No, è vero» affermò in tono sincero e Manlio gli diede una gomitata «Ma è vero!» protestò come un bambino piccolo «Noi non ci capiamo niente! Nemmeno teoricamente!» aggiunse, voltandosi verso Alfredo che, per tutta risposta, chiuse gli occhi e si scansò appena, come a voler lasciar intendere che avrebbe preferito parlare di tutt’altre cose invece che di spiriti, maledizioni ed altre stramberie.
«Noi non ci capiamo niente e nemmeno Alberto» grugnì irritato «Invece la tua amica sì…»
«Alfredo!» ringhiò il più giovane fuori di sé.
Più volte, in quegli strani incontri, i suoi compagni (e non solo i tre con cui aveva viaggiato quel giorno) si erano dati la pena di nominare la sua amica, ma Jack non voleva, non voleva assolutamente che lo facessero. Non dovevano osare dire il suo nome a quella strana gente! Era una tecnica convincente che adottava anche lui, ma loro parlavano troppo: non sapevano mai quando fermarsi.
Lo sciamano fece scorrere il suo sguardo da uno all’altro.
«Una vostra amica crede negli spiriti?» domandò con voce solenne.
Jack chinò la testa e si chiuse in un mutismo scontroso. Annuì una sola volta.
«Li ha veduti?»
Annuì ancora, rigidamente.
«È una medium?» chiese ancora l’altro, celando il suo grande scetticismo.
«Oh, no no no!» intervenne Manlio, cercando di prendere in mano la situazione prima che il ragazzo si lasciasse sfuggire qualche mala parola «È una nennella tanto dolce!»
«Non ha niente a che fare con quelle sciocchezze!» s’intromise Rodolfo, gesticolando con la stessa veemenza del suo amico «Lei…».
Fecero silenzio e s’immobilizzarono, incapaci di trovare un modo per definirla. Non avevano la più pallida idea di come spiegare chi lei fosse allo sciamano.
«… È una brava persona. Una ragazza molto… rispettosa del mondo degli spiriti!»
Jack roteò gli occhi al cielo, irritato. Se che l’avessero nominata non gli piaceva, le scempiaggini che avrebbero potuto farneticare erano anche peggio!
Sul volto di Ahanu comparve un sorriso che parve genuino, non perchè approvasse "la ragazza molto rispettosa del mondo degli spiriti", ma forse perchè non vedeva malizia in quel commento. Doveva essere stato preso molto in giro per la via che aveva scelto e capiva che anche se non sempre gli altri potevano comprenderne l'essenza, almeno la potevano rispettare, e le persone che rispettano gli altri sono persino più preziose di quelle che le capiscono.
«Se questa ragazza comprende il mondo degli spiriti, allora devo chiedervi: è stata lei a mandarvi a chiedere il Tomahawk? Ha consigliato lei al signor Innocenti di impadronirsi di questo oggetto? Ho bisogno di saperlo»
«No!» esclamarono i quattro uomini in toni diversi per poi guardarsi storto
«No» ripeté Jack con un velo di minaccia ad inasprirgli la voce «Lei non c’entra nulla con questa storia».
Smise di guardare i suoi compagni e si rivolse al vecchio sciamano.
«Lei gli aveva consigliato di non portare in casa oggetti con un potere che non avrebbe saputo gestire» gli spiegò
«Ma il signor Innocenti se ne intende più di quanto la ragazza possa immaginare» intervenne Alfredo. «Grazie alla moglie. Pace all’anima sua!» aggiunse, facendosi il segno della croce.
«Il nostro capo…» continuò Rodolfo «… Ha ben chiaro il valore del Tamohowk. »
«Tomahawk» lo corressero Jackie e Ahanu piano.
«Comunque, no, non è stata lei» finì Dolfo, senza accorgersi che la correzione era rivolta a lui.
Ahanu incrociò le braccia lentamente, stringendo la pipa con la sola bocca.
«La mia amica non c’entra niente, li perdoni» mormorò Jackie a mo’ di scusa «Non sa nulla di questa storia» mentì, poiché gliene aveva parlato per telefono
«La ragazza ha lo stesso dono della signora Delia» parlò ancora Alfredo «È lei che ha curato il nostro capo»
«Tappati quella bocca!» gli sibilò Jack a denti stretti
«Hey, ragazzino!» ringhiò Alfredo, afferrandolo per la camicia e puntandogli il dito contro.
«Alfredo! » gridarono i loro compagni, scandalizzati.
«È ora che impari a portare rispetto! STAI. ZITTO.».
Jackie si fece indietro per liberarsi, ma l’altro lo spinse addosso a Manlio e prese a rivolgersi in tono autoritario al vecchio sciamano, che aveva assunto un’espressione torva.
«La moglie del capo aveva un dono: quello di viaggiare nei sogni. E la ragazzina sa fare la stessa cosa» spiattellò l’uomo prima che Jack potesse intimargli di tacere, trattenuto dagli altri due compagni «Morta la signora Innocenti, lo spirito di Don Alberto è rimasto intrappolato da qualche parte e lui si è ammalato fisicamente»
«In che modo è rimasto intrappolato?» domandò il nativo americano.
«Non so come funzionino queste cose» disse chiaro e tondo l’altro «Ma lei poteva far viaggiare anche lui e dopo morta Alberto non ha saputo più tornare indietro. Durante la sua malattia non faceva che ripetere che non poteva riposare perché il suo spirito veniva torturato nei sogni. Ma la ragazza…»
«Alfredo, non osare…!» l’avvertì Jackie.
«… Se ne è accorta ed è andato a salvarlo» finì l’uomo «Gli ha preso la mano e l’ha esorcizzato».
Nella stanza scese un silenzio carico di tensione.
«E questo esorcismo…» domandò lentamente Ahanu «… Come è avvenuto?»
«Non è avvenuto» sbottò il più giovane dei quattro uomini in tono sgarbato «È stata soltanto minacciata da qualcosa!»
Ahanu si chinò verso di lui «Spiegati meglio»
« Ahè…» fece Manlio, gesticolando a vuoto, prima che Jackie potesse rispondergli «… Lei voleva solo parlargli. Gli ha preso la mano e… »
Si fecero tutti il segno della croce.
«… aveva lo Diavolo in corpo!»
«Il Maligno le ha detto che non l’avrebbe salvato! È stato terribile!» continuò Rodolfo «Ma lei ce l’ha fatta! Ha sognato, stringendogli la mano e l’ha portato via! E da quel giorno è un uomo nuovo! Quella santa donna l’ha salvato in pochi minuti!» .
Ahanu lasciò una boccata di pipa a metà.
«La nennella capisce al volo queste cose!» gli disse accorato «Se non lei chi altro? Non abbiamo la più pallida idea di che cosa significhi, eh!»
«Basta!» esplose il più giovane «Lei non c’entra niente con noi! E questo non è il modo di ringraziarla!» li rimproverò «Non sa perché lo sa fare e non vuole che gli altri lo sappiano! Perciò basta!».
Alfredo, Rodolfo e Manlio sospirarono e poi guardarono il vecchio come in attesa di una risposta. Una rivelazione. O magari solamente il beneplacito per la chiusura dell’affare.
«La vostra amica…» mormorò il vecchio sciamano «… È un Camminatrice del Mondo Onirico».
I quattro uomini rimasero in silenzio.
«Un dono… » mormorò con voce sempre più bassa «… Estremamente raro. »
Alfredo si fece avanti e la luce del fuoco disegnò delle ombre spaventose sul suo volto scavato «Le offriamo trentacinquemila dollari. E… », mimò il numero con la mano «… Un sogno».
Il volto di Ahanu non tradì sorpresa e neppure quella gioia estrema che si sarebbe sperato, ma fu attraversato come da una luce, una luminosità calda di compiacimento.
«Un sogno» Ripetè.
Jackie annuì due volte, deglutendo. Sperava che avesse offerto abbastanza e sperava di aver offerto qualcosa che poteva offrire.
«Che vuole dire? Che gli fa fare un sogno camminatore nell'onirico?» Domandò Manlio all'orecchio di Alfredo, ma abbastanza forte perchè anche Jack lo sentisse e stringesse i denti, disappuntato.
Ahanu aggrottò le sopracciglia
«La ragazza non è qui con voi, giusto? Può trovarmi da dovunque lei sia, può raggiungermi nei sogni? Sarebbe davvero molto potente in tal caso, ma solo le leggende parlano di...» cercò le parole per la prima volta da quando avevano iniziato a parlare «...Creature umane tanto potenti. Può farlo? E ho compreso bene cosa mi state offrendo?»
Alfredo sorrise sinistramente «Ha compreso alla perfezione»
«Ma non è qui» ripeté l’altro «Può davvero farlo?»
«Sì, può farlo» gli fu sussurrato «L’amichetta di Jackie vi troverà ovunque, perfino sulla Luna. E vi assicuro…» continuò «… Che il vostro spirito non avrà nulla da temere nelle sue squisite mani».
Ahanu smise di fumare. Ad una vista disattenta sarebbe sembrato combattuto. O preoccupato.
«Come è possibile…» Comandò pensierosamente «… Che il fato ve ne abbia fatte incontrare due?»
«Non due» lo corresse Alfredo «Solo una può fare tutto questo. La signora Innocenti non sarebbe mai stata alla sua altezza. Nulla può farle del male nei sogni. Né a lei, né a chi è con lei»
«E tu? Tu puoi assicurarmi questo sogno?» domandò a Jackie il vecchio sciamano, guardandolo dritto negli occhi.
Proprio in quel momento, il suo cellulare vibrò tre volte e nessuno dei presenti ebbe dubbi su chi l’avesse contattato.
«Puoi, ragazzo?»
Alfredo lanciò al giovane uno sguardo temibile e Jackie abbassò la testa «Posso» disse soltanto.
Ahanu gli sorrise «Ma hai detto che non c’entra nulla con questa storia. Che non ne sa niente. »
«Io…» farfugliò, sentendosi messo alle strette «… Posso»
«Lei aiuterà Jackie» sogghignò Alfredo, mentre Malio e Rodolfo si affrettavano ad annuire.
Il nativo americano annuì lentamente, rimando in silenzio per molto tempo. Poi parlò e, dal suo tono, capirono essere la sua decisione definitiva.
«Ci vedremo domani al tramonto» dichiarò Ahanu in tono gentile «Per allora mi saprete dire se la Camminatrice del Mondo Onirico avrà accettato di partecipare alla vostra offerta. Spero…» sorrise affabile «… Che la risposta sia positiva».
«Possiamo chiamarla adesso!» si affrettò a dire Alfredo «Potete sognare adesso!»
«Sta per andare a lavoro!» esclamò indignato Jackie.
Ahanu non spense il suo mite sorriso «Domani al tramonto andrà benissimo. Sarà molto interessante vedere cosa gli altri avranno da offrire per aumentare il valore della loro posta e, perché no…» ci pensò su «… Magari troverete un nuovo oggetto da consigliare al signor Innocenti».
Ahanu si alzò rapidamente, con un movimento fluido, e invitò con un gesto gli altri a fare lo stesso. Jackie, sebbene non con la stessa agilità, si alzò in fretta, ma gli altri due uomini furono più lenti e parvero indecisi sul sorreggersi persino appoggiandosi gli uni agli altri.
Lo sciamano aprì la porta dietro di loro
«Ci rivedremo domani» disse amichevolmente.
Gli italiani uscirono e attraversarono la casa senza neppure scorgere la signora Saye. Quando rimontarono in macchina, Manlio sbuffò
«Che scimunito, non s'è preso i trentacinquemila...»
«Tu non avresti cercato di ottenere il massimo?» domandò Jackie, beffardo
«Si, ma se mi davano trentacinquemila, io che gli dicevo, no? Avevo paura di tirarla per le lunghe»
«Oh, questi c'hanno i soldi» si intromise Rodolfo, con un ghigno «Si vogliono solo divertire, non ci fanno niente con i tuoi trentacinquemila. Io lo sapevo che ci volevano fregare, che ci avrebbero detto cose tipo "non ha prezzo", e invece abbiamo scoperto che un prezzo ce l'ha. Non è una cosa buona?»:
Manlio parve pensarci, ma non essere nè convinto nè contento.
Jackie si appoggiò allo schienale ed estrasse il cellulare dalla tasca.
«Comunque…» Dece ad Alfredo «… La prossima volta non mi tirare così. Mi hai strappato un bottone!»
«Oooh!» rise l’altro canzonandolo «Gli ho strappato un bottone!»
«Poverino!» lo canzonarono in coro e Manlio si voltò per scompigliargli i capelli. Jackie lo scansò in malo modo, ma rise pure lui «Povero, Jackie-boy!»
«E basta!» protestò il più giovane «Dico sul serio!»
«Se se!» disse Alfredo «Uè, sta arrivando la signora…».
Ricomponendosi e rimanendo in attesa, i quattro uomini guardarono la signora Saye avvicinarsi a piccoli passi alla macchina. Si fermò proprio davanti al finestrino di Jackie e, sorridendogli, bussò delicatamente.
Tra il perplesso e l’imbarazzato, l’uomo abbassò il finestrino e l’altra, senza dire nulla, gli prese una mano e vi depose qualcosa, facendogliela chiudere.
Gli sorrise di nuovo e, mentre lui la guardava perplesso, lei gli pizzicò la guancia in un affettuoso buffetto che lo costrinse a scuotere la testa a destra e sinistra, come si faceva coi bambini. I suoi compagni scoppiarono a ridere, ma lui era troppo occupato a sopportare il dolore per poter dire o fare qualunque cosa.
Poi Saye se ne andò come era arrivata, rientrando in casa e chiudendo dietro di sé la porta mentre Dolfo metteva in moto e partiva alla volta di un motel.
«Te lo diciamo sempre che sei ancora un bambino!» Rise Manlio.
«Non sono un bambino! Sono un uomo!» protestò Jackie, rosso di vergogna «Ho trentasei anni!»
«E quindi sei un bambino» mise in chiaro Alfredo. Gli mise una mano sulla spalla «Comincia a pensare a quello che dovrai dire alla tua ragazza»
« … »
«Dovrai essere molto convincente»
«Come te, d’altronde» sogghignò Jackie.
«Hey, hey, hey, Jackie-boy!» rise l’altro, spalancando le braccia «La nostra manfrina ha colpito nel segno! Tu, giovane innamorato! Noi, uomini senza scrupoli! Lei, una donna coi superpoteri e una valigetta piena di soldi! Domani avremo quel maledetto tomahawk! Oppure…»
«… Gli facciamo la festa» finì Manlio e Jackie non riuscì a trattenere un sorriso «E ci prendiamo i soldi e i doni di tutti»
Continua....
Parte 2>
domenica 24 maggio 2015
Vedere un woff woff
Stamattina non abbiamo visto il
wrestling perchè mio padre ha detto che andiamo a vedere un “woff
woff”. Si, significa un canile.
Così ci siamo armati di orari e
abbiamo visto che la domenica mattina c'è aperto solo il Dolly Dog
di Rizziconi e che quindi possiamo visitare solo quello o, male che
vada, uno di quei canili di cui non è scritto su nessun sito
l'orario di apertura. Scopriamo, chiedendo ad un bravo signore che
incontriamo per strada, che il canile in questione è stato chiuso
due anni fa in seguito ad un'inondazione (e sul sito su cui ho
trovato le informazioni per raggiungere il rifugio non c'era mica
scritto che il canile era chiuso...). In compenso ho trovato per
terra un bel coltello che ha anche un grazioso seghetto sulla lama e
sono contenta così.
Mio padre, però, non si arrende
e cerchiamo allora un altro canile, l'Happy Dog di Taurianova, che
non troviamo, finiamo invece a scovare una favolosa struttura
chiamata semplicemente “Il Parco”, che ospita tanti cagnoloni
favolosi; purtroppo dobbiamo accontentarci di guardare da fuori,
perchè non è giorno di apertura, ma fuori dal cancello troviamo ciò
che cerchiamo: gli orari!
Proprio all'entrata del canile,
poi, c'era un graziossimo pastore tedesco tripode che ci guardava con
gli occhioni da cucciolo. È stato allora che abbiamo tutti iniziato
a parlare contemporaneamente riguardo all'importanza di avere
esattamente in mente ciò che si desidera e non entrare e prendere un
cane a casaccio fra quelli che fanno gli occhi più dolci.
Poi, beh, tornati a casa,
giornata tranquilla, degna di nota sicuramente, ma non ho il tempo
per scriverla. Yeah. Le giornate in cui non si ha tempo di fare nulla
sono (quasi) sempre le migliori.
Mancano solo undici giorni alla
terza stagione di Hannibal. Mica male.
Ciao ciao!
sabato 23 maggio 2015
Non dimenticare la Promessa
Ieri sera abbiamo ascoltato,
subito dopo che avevo finito di scrivere la pagina di diario, le
vecchie, bellissime canzoni di Balto 2, il Mistero del Lupo. Oh, i
film di animazione di quel tipo sono qualcosa che si può apprezzare
molto, molto meglio quando si è più grandi, da bambini ci
piacciono, si, ma non ne vediamo la potenza fino in fondo. I lupi ci
affascinano, non è vero? È difficile rimanere indifferenti, è come
se fossero una proiezione della parte selvaggia di noi stessi, un po'
perchè siamo co-evoluti con i cani (e la versione selvaggia del cane
è il lupo) e un po' perchè... beh, è difficile capire il perchè.
O anche no, ma è una cosa complicata. Lo sguardo del lupo cattiva,
le sue movenze suscitano ammirazione, la sua voce è un canto
splendido e terribile.
I vecchi cartoni sui lupi li
catturano sicuramente molto meglio di quelli moderni: di recente ne
ho visto uno, non ricordo bene come si chiamasse, credo Alpha e
Omega, che era certamente carino ed intrattenitivo, ma che non aveva
la potenza narrativa e le atmosfere di vecchi film come Balto e Balto
2. Ricordate la bellissima “scena del lupo” in Balto, dove
compariva sua madre e si sentiva la voce di Boris (l'oca russa) che
diceva “Un cane non può fare da solo questo viaggio... ma, forse,
un lupo si”.
Balto si trascinava allora nella
neve, il nevischio che gli vorticava intorno, e incontrava sua madre,
la grande lupa bianca che ha persino ispirato un personaggio nelle
mie storie (la Grande Lupa Bianca appunto, lo spirito guida del clan
americano di licantropi di Raptor), una creatura nobile, possente,
più alta del grigio mezzolupo di quasi tutta la testa. E ululavano
insieme.
Era una delle sequenza più belle
e struggenti dei cartoni animati di quel tempo e sfumava
perfettamente in una scenetta comica quando i cani da slitta
pensavano che la voce di Balto che ululava fosse quella di un lupo.
Ecco, chi ricorda questa scena, a
questo punto non potrà che avere la pelle d'oca. Io un po' ce l'ho.
Così ci siamo messe a cercare la
vera storia di Balto e abbiamo scoperto che era un cagnolino
pacioccoso e bruno-rossiccio, niente a che vedere con il quasi
emaciato lupo del cartone animato, e che aveva per giunta un padrone.
Stamattina invece, mattinata
rilassante giù all'orto, come avevo anticipato ieri: ho separato la
mia pianta carnivora di sarracenia var. farhami in tre piantine più
piccole e dovreste vedere quanto son carine nei loro vasetti
separati! Danno proprio l'idea di avere più spazio per svilupparsi.
Fra l'altro, essendo state il mio
regalo di compleanno dell'anno scorso e rinvasate solo ora, era quasi
un anno intero che si trovavano nello stesso contenitore e questo
aveva causato una grooossa crescita in un vaso così piccino.
Appena finito di trapiantare mi
sono data ad una lunga e laboriosa attività, che però mi piace un
sacco: il diserbo a mano, in pratica sfilare le erbacce da in mezzo
alle erbe aromatiche e le bulbose (ho delle piante di fresia
splendide, davvero fuori taglia), stando accucciati e scegliendo con
cura. Ma non qualche erbaccia, parlo proprio di un tappeto di
infestanti perchè anche qui, purtroppo, era tanto che non curavo il
mio spazio delle aromatiche. Oh, e ho dimenticato di dirlo che lo
faccio a mano nuda... no, non uso mai i guanti da giardinaggio, anche
perchè ne avevo un paio, mai usati, che sono andati persi o forse
buttati da Testa di Cocco.
A proposito di aromatiche,
abbiamo messo a dimora anche l'artemisia, in un posto d'onore in
mezzo all'orto. E poi abbiamo migliorato i sostegni dei pomodori
insieme a papà, messo a terra un altro paio di piante di topinambur
e mangiato tante belle fave fresche. Ho trapiantato una piantina
grassa piuttosto derelitta che avevo a casa, e che ora ho lasciato in
campagna.
Papà mi ha fatto vedere il palo
d'acciaio che si è procurato da piantare a terra per quando terremo
il cane alla catena (So che lo pensate, ma no, non è una crudeltà
tenere il cane alla catena più di quanto lo sia tenerlo in un
recinto, tanto saremo con lui quasi sempre e lui starà alla catena
solo quando noi non ci siamo).
A casa ho iniziato a scrivere la
pagina di diario. Mi sento calma, rilassata. Dovrei lavorare, ma non
so se ho il tempo per farlo, magari oggi pomeriggio? Fra poco, se si
libera il piano di sopra, vado a fare un po' di salutare yoga, così,
se lo faccio al mattino, ho tutto il pomeriggio libero. Più tardi
continuerò il diario.
[Più tardi]
Ho visto un cortometraggio, caro
diario, che si chiama “La promessa”. L'ho trovato sul sito della
Almo Nature e... wow.
Ho pianto, giuro. Non una
commozione semplice semplice, proprio un pianto. La bellezza di quel
cortometraggio è infinita e mi ha fatto sentire bene, come respirare
aria pura, come osservare una distesa infinita: è una celebrazione
della vita, oltre che quella d un rapporto antichissimo che ha
cambiato noi e loro, umani e cani. La mia felicità, questa mattina,
è enorme, perchè quel che mi basta è questo: stare fisicamente
bene, il mio orto, magari qualcosa che colpisca le mie emozioni. Se
c'è questo, c'è tutto.
E prometto a me stessa una cosa.
Rispetterò sempre, sempre, la promessa.
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venerdì 22 maggio 2015
Artemisia e spoilers
Caro diario, sono riuscita fino
ad ora ad evitare molto accuratamente gli spoiler su Hannibal, ma mi
sta costando il non poter andare né su twitter né su tumblr... buon
per me, comunque: perderò meno tempo a ridacchiare dietro cose
inutili e lavorerò di più.
Oggi è arrivato “il libraio”,
la rivista con dentro brevi recensioni dei nuovi libri. E ogni volta
che arriva questa rivista, a me vien voglia di scrivere, scrivere di
tutto: dell'oscurità più profonda e del male più insondabili,
della luce più intensa e della felicità suprema, della terra e
dell'erba. Tutto è degno di nota, tutto è degno di essere scritto,
e questo è il bello del mondo, che da ogni cosa si può imparare e
tutto (nei limiti dei gusti personali) può essere intrattenimento.
È arrivato il momento di
chiedere se possiamo pubblicare il racconto con cadenza settimanale
sul blog...
«Ehi, Lady, mi chiedevo se fosse
possibile pubblicare questo romanzo breve che stiamo scrivendo sul
mio blog... sai, a puntate. Sarebbe una grossa spinta a farmi
continuare a scrivere, l'idea che devo mandarlo avanti per farlo
leggere ai miei (pochissimi) lettori»
«Che
caspita me lo chiedi a fare?! XD Certo che sì. Scrivi pure il mio
nome e pubblica tutto lol»
«Ottimo! Grazie mille, sei fantastica.
Non so se riuscirò anche a fare qualche illustrazione, ma chi lo sa,
saltuarialmente, qualcuna... e dopo che sarà tutto pubblicato sul
sito, direi anche che possiamo venderne una versione integrale a poco
prezzo, un e-book se permetti... giuro che dividerò il ricavato con
te (ma sai che sono una persona onesta, no?».
Quindi posso pubblicare.
Ci siamo messe a discutere con
mia sorella sul vedere o meno il “first look” della terza
stagione di Hannibal, una specie di trailer-non trailer in cui gli
attori e lo showrunner parlano della nuova stagione che verrà.
Potenzialmente, non dovrebbero esserci spoiler, dovrebbero solo
parlare del carattere dei personaggi e della piega che prendono gli
eventi, non raccontarci delle vere e proprie scene. Ieri ci siamo
guardate il first look della prima stagione e ci siamo accorte che
praticamente non spoilera niente, è quasi deludente se non fosse per
i bellissimi, meravigliosi, estratti di scene e per l'abilità di
Bryan Fuller nel descrivere i personaggi (nonché per le chicche di
Laurence Fishburne, l'attore che interpreta Jack Crawford, il quale
continua a descrivere in modo pucciosamente lusinghiero Hannibal
Lecter). Insomma, il first look della prima stagione è innocuo, si
potrebbe pensare che lo sia altrettanto quello della terza.
Ecco. Non ho guardato il video,
ma in compenso mi sono beccata uno spoiler grosso come una casa
(fatto in un commento) su una cosa che non pensavo mai e poi
mai sarebbe accaduta a proposito di Alana. Neanche lo scrivo
sperando che non sia vero... cioè, non è che è una cosa che
farebbe schifo, ma odio sbagliare così clamorosamente con la mia
percezione dei personaggi. E se questa cosa su Alana è vera, ho
sbagliato clamorosamente un lato della sua personalità che davo per
attendibile, sicuro, e non solo, ma su cui basavo molto il
personaggio nei nostri GDR.
Oddio, ma sarà vero? Si? No?
Niente è scontato in questa serie, tutto può essere un sogno, tutto
può essere un'allucinazione, tutto può essere tutto. Abigail è
viva? Si, no, non si sa. Ce l'hanno fatta vedere, ma potrebbe essere
una specie di allucinazione costante per Will.
Se Hannibal si mette ad
amoreggiare come un piccioncino con Bedelia, gli libero in testa un
piccone e addosso un rottweiler, perchè mi sta diventando troppo
playboy per i miei gusti. Si dia una calmata, eh! Ma stanno
impazzendo tutti, nella terza stagione? Datemi un po' più di
thriller psicologico e un po' meno di relazioni a completo casaccio,
un po' più di tensione e un po' meno di ammucchiata selvaggia.
Anche se le battaglie le voglio,
quelle si, con un sacco di sangue e spade e pugni e calci. E cani,
voglio un sacco di cani (sono sicura che almeno questo me lo
daranno).
Porcaccia la miseria, volevo non
beccarmi più nessuno spoiler (tantomeno quelli scioccanti che ti
fanno venire voglia di urlare al cielo CHECCOOOOSAAA?!) e che mi
fanno, loro? Spoiler spoiler spoiler come se piovessero da ogni
parte, che uno non può neanche girare su un sito normale, tanto ci
sono i fannibal che spoilerano aggressivamente come il loro capo
Fuller.
Speriamo che Annarita non vada a
caccia di spoiler come è solita fare, ma non dovrebbe, perchè
teoricamente è impegnata all'Expo a Milano e... vabbè, non dovrebbe
stare su internet, ma a guardarsi un po' intorno. Ma da una come lei
non so che aspettarmi e spero che non sia lei a buttarmi in faccia
altri spoiler appena ritorna.
Comunque, nemmeno un'ora dopo
aver letto lo spoiler, ero già a posto, in pace con me stessa: re
Bryan Fuller sa quello che fa. Sarà una bellissima stagione.
Però ci si mette pure
MedusaMacabre che rispondendo a un mio commento su quanto è bello un
disegno che lei ha fatto, mi fa:
Hello my dear <3
Really? Oh thank you so much! ^///^. I'm flattered by your compliment and so happy you like this drawing. It's my current favorite of Will too when I look at the old ones... actually I can't believe that between this picture and the others are just some weeks. It's funny somehow, but I won't be satisfied until I'm able to make the perfect shading for pronouncing cheekbones and forehead wrinkles... also the hair could have more volume and light reflexes I think.
Maybe it's also because of the new paper I use that the drawings look so different now. It's much smoother than the other and easier to create shades and everything. It makes more fun to say it this way *laughs*. I'm hella excited for season 3, I guess you're too? ;3. Ahh, two weeks feel far too long now... and all these promos are killing me X'D!
Thank you again, and have a beautiful day.
Love,
Jasmin ~
Really? Oh thank you so much! ^///^. I'm flattered by your compliment and so happy you like this drawing. It's my current favorite of Will too when I look at the old ones... actually I can't believe that between this picture and the others are just some weeks. It's funny somehow, but I won't be satisfied until I'm able to make the perfect shading for pronouncing cheekbones and forehead wrinkles... also the hair could have more volume and light reflexes I think.
Maybe it's also because of the new paper I use that the drawings look so different now. It's much smoother than the other and easier to create shades and everything. It makes more fun to say it this way *laughs*. I'm hella excited for season 3, I guess you're too? ;3. Ahh, two weeks feel far too long now... and all these promos are killing me X'D!
Thank you again, and have a beautiful day.
Love,
Jasmin ~
Oh. Ok. Sembra quasi che lei
voglia parlarmi pure di questi promo... e io non li voglio sentire.
Lei è solo una di quelli che mi hanno citato “cose spoilerose”.
Ma io non le voglio!
Rispondiamo chiaro chiaro...
Yeah, it's incredible! Only a
few weeks... your progresses are... I don't know if it's inspiration,
if you are a genius of the art that discovered her talent, really, I
don't know.
And... I'm absolutely excited too for the third season! And, well, I don't want to see anymore promos, I haven't saw the last ones, I don't want spoilers anymore! I just want to enjoy the third season, when it comes. And it's everyday closer. Only thirteen days! A few days and the fannibal dreams will become reality (I hope XD).
You're welcome! And have a beautiful day.
And... I'm absolutely excited too for the third season! And, well, I don't want to see anymore promos, I haven't saw the last ones, I don't want spoilers anymore! I just want to enjoy the third season, when it comes. And it's everyday closer. Only thirteen days! A few days and the fannibal dreams will become reality (I hope XD).
You're welcome! And have a beautiful day.
Oggi pomeriggio siamo andata
comprare un paio di scarpe da trekking, perchè le converse che uso
per la montagna, per quanto comode, sono comunque lacerate da un lato
e mi lasciano entrare nella calzatura montagne di terra e di
possibili parassiti che non vedo, quindi non va bene.
Abbiamo comprato anche una pianta
di artemisia abrotanum maritima, detta anche “cola plant”:
un'erba officinale il cui profumo ricorda in tutto e per tutto quello
della coca cola. Mi ha affascinata e non potevo non portarla via.
Mio padre, poi, ha comprato un
alberello di amarene (ancora ci mancava, giù all'orto) e me ne ha
decantato i pregi: sono dissetanti, quando lui era giovane ne mandava
giù intere chilate, al contrario delle ciliegie che sono leggermente
irritanti se mangiate in quantità enormi.
Subito dopo cena, io e mia
sorella siamo uscite a passeggiare... niente da segnalare se non le
testuali parole di mia sorella, alla visione della sottile falce di
luna:
«La luna è così bella, questa
sera, con quelle nuvole intorno. Sembrano capelli».
Sto ancora ridendo.
Vabbè, mancano solo tredici
giorni ad Hannibal e domani mattina devo andare a trapiantare un po'
di piante (e separare la mia pianta carnivora) già all'orto.
Bye!
giovedì 21 maggio 2015
Svegliarsi di buonumore in un giorno qualunque
Svegliarsi di buon umore è
un'ottima cosa, specie se fuori fa fresco, anzi addirittura
pioviggina, mentre nei giorni precedenti ha fatto un caldo che mi ha
scottato la pelle del collo e l'unica porzioncina di spalle scoperta.
Fin dal primo mattino, un
pensiero si palesa: speriamo di andare in canile oggi, speriamo di
andare in canile oggi, speriamo di andare in canile oggi. Mio padre è
andato a Taurianova stamattina, il posto dove abita il suo amico
Accardo e dove c'è anche il canile che abbiamo preso di mira, quindi
non è da escludere che ne abbiano parlato... e appena tornato da
Taurianova, mio padre mi ha fatto intendere di aver parlato con
accardo, perchè ha citato una loro discussione riguardo all'istriano
di lui (l'amico di papà ha un cane da caccia istriano).
Poco fa guardavamo le foto dei
rottweiler e per caso ne abbiamo visto uno fuori standard, a pelo
lungo. Un tempo credevo di amare di più i cani a pelo lungo, ma
soprendentemente il rottweiler sembra non essere un granchè con dose
di morbidezza extra... mio padre, guarandolo, ha detto che “No, non
mi piace, a pelo corto è più puccio”. E sono d'accordo: il pelo
corto lo fa sembrare più “kanekattivo” e quel sorrisone dolce,
sul corpo da kanekattivo, si sposa con immensa pucciosità.
Appena finito di mangiare, saggio
il terreno chiedendo a mio padre se oggi usciamo, buttandola lì,
così, per vedere se compriamo le scarpe da trekking; per non
sembrare troppo pressante, infatti, non chiedo direttamente “andiamo
al canile?”. Anche se ci spero, dannazione.
Mio padre inizia a giocare alla
wii subito dopo mangiato, io invece mi metto a fare ricerche al
computer... dovrei lavorare, dovrei disegnare, ma mi sento piena come
un uovo e se mi mettessi a disegnare, senza niente a tenere alta la
mia attenzione, mi addormenterei con la testa sulla tavoletta
grafica. Mia sorella si sveglia: ha le guance calde, ho paura che
abbia la febbre, ma la fronte e fresca e lei tende ad avere
tempratura da forno in cottura quando dormo, quindi evito di
preoccuparmi più di tanto.
Abbiamo raccontato a Testa di
Cocco che prenderemo un cane lupo cecoslovacco, perchè stamattina
abbiamo visto una splendida cucciolata con papà. Non è vero niente.
Sento il motore della macchina di
mio padre. Che sia già tornato dall'orto? Subito dopo mangiato (e
dopo le partite alla wii) c'era andato.
Mia madre è scesa e mi ha detto
che mio padre intende portarci a vedere dei cani oggi, che gliel'ha
detto poco fa. Che sia vero? O l'abbia presa in giro come abbiamo
fatto noi? A volte le menzogne non sono la migliore delle cose e si
ritorcono contro di noi.
Comunque, alla fine della
giornata abbiamo fatto una passeggiata, ma non siamo andati in
canile. Però va bene lo stesso, eh!
Ho fatto vedere a Testa di Cocco
alcuni video di cani e lei ha dimostrato di gradire e divertirsi un
mondo, una delle rarissime, quasi inesistenti, occasioni di
socializzazione senza scanno fra me e lei... si, credo proprio che un
cane, specie uno enorme, aiuterà molto i miei rapporti con chiunque.
Chiunque. Se può aiutarmi, oltre che a stare meglio con me
stessa, ad uscire più spesso (più di così? Tantovale che dormo
anche all'aperto) e persino a ricucire i rapporti con mia madre, un
cane può davvero essere la soluzione a tutti i problemi del mio
mondo.
Mancano solo quattordici giorni
ad Hannibal, abbiamo appena finito di ri-guardare la prima stagione e
anche mio padre inizia a farsi sentire con le sue idee per
festeggiare il ritorno del nostro dottore preferito.
Hello hello!
mercoledì 20 maggio 2015
Pincio Ppacco
Caro Diario che mi ascolti
I miei giorni sono molti
Ma i tuoi fogli sono tanti
e i racconti sono canti.
Li racconto e li rivivo,
li ricordo se li scrivo
e se non ricordo più...
beh, allora li racconti tu.
I miei giorni sono molti
Ma i tuoi fogli sono tanti
e i racconti sono canti.
Li racconto e li rivivo,
li ricordo se li scrivo
e se non ricordo più...
beh, allora li racconti tu.
Quanti di voi conosceranno questa
filastrocca (che io ho sempre trovato bellissima e degna di nota?).
Non la conoscete? Non avete mai visto la melevisione? Il diario di
Tonio Cartonio o di... come si chiamava il suo sostitito? Ah, si,
Milo Cotogno. No? E va bene, tanto la filastrocca è comunque
godibilissima.
Caro diario, oggi è iniziato
proprio bene. Continuano ad uscire video promo di Hannibal, che sto
cercando di evitare come la peste perchè voglio vedere tutto quando
la terza stagione sarà finalmente ricominciata, ovvero tra quindici
giorni, e non voglio sapere tutte le cavolo di sorpresine in
anticipo, non voglio sapere che combina Chilton, né se Will si
fidanza con Chiyo o con il cane di Chiyo (opzione più probabile).
Perciò evitare, evitare, evitare come la peste twitter e tumblr (o
almeno andarci solo per pubblicare le proprie cose). Con la storia
del Tomahawk del Wendigo, io e LadyDarknessObscure siamo arrivate già
a cinquantadue pagine e mi chiedo se non sia il caso (più che altro
per invogliarmi a fare qualcosa) di fare uscire il romanzo breve a
puntate sul mio blog.
Potrebbe essere un'idea: gliene
devo parlare.
Testa di Cocco sembra avere tutta
l'intenzione, dopo anni di odio sfrenato dei cani, di prendersi un
pinscher (ma come si pronuncia? Pincer o pinzer? Tanto lei lo chiama
“Pincio Ppacco” e risolve così la situazione), il chè sarà un
bel da ridere quando lei passeggerà con quello e io con un
rottweiler.
Andiamo! I pinscher, se educati
male, diventano degli abbaioni rumorosissimi e sono sicura al cento
per cento che Testa di Cocco lo educherebbe male, così sarebbero
uguali, lui e lei: due cosi marroni e neri che urlano nelle stanze e
per strada come due pazzi, facendo venire voglia a tutte le persone
presenti di tirargli sulla faccia le ciabatte, i mobili e i gatti in
testa. Che poi, beh, Testa di Cocco non ha mai avuto un cane, solo
gatti (e con uno di questi ci dormiva, mentre oggi dice che toccare i
gatti porta le malattie... coerentissima, proprio).
Mio padre continua ad amare i
cani corso, ovviamente, ma la stiamo spuntando noi per quanto
riguarda l'idea del rottie. Yay!
Una volta lui amava molto i
lupoidi e considerava i molossoidi mediamente più pericolosi, ma con
un lento lavoro di convincimento e la presentazione di lui ai
dolcissimi molossoidi della città, anche lui adesso li ama senza
messi termini: ieri si è presentato a tavola, a braccia larghe, e ha
detto testuali parole:
«Voglio un molossoide».
Pausa di due secondi.
«Voglio un cane corso».
Io e mia sorella, sorridendo, in
coro
«No, papà, prendiamo un
rottweiler».
L'amico-collega-non si sa bene
cosa di mio padre, Accardo, deve portarci al canile, informandosi
sull'orario di apertura, ma sono già due giorni che aspettiamo che
ci dica l'orario. Vabbè, spero che se lo ricordi, perchè io voglio
iniziare ad andare a trovare la piccina a casa sua almeno almeno due
settimane prima di portarmela a casa (e non posso portarmela a casa
subito perchè: a. sarebbe stressante, b. Dobbiamo costruire ancora
la cuccia).
Per quanto riguarda la scrittura
in singolo è un periodo abbastanza fermo, ma si dovrà pur riposare
un po', no? Anche se per me riposare significa lavorare comunque, ma
su altre cose.
I pesci rossi stanno bene, sono
sani, forti e con i pancini rotondi, il ragno Kreacher ha fatto
un'altra muta, è bello e reattivo, e in generale io mi sento
abbastanza bene.
Mancano solo quindici giorni al
ritorno di Hannibal e io devo lavorare, lavorare, lavorare se voglio
vincere la scommessa con mia sorella.
Au revoir dunque! Ora esco a fare
una passeggiata e forse incontrerò il famoso Pincio Ppacco
dell'amica di mia madre (l'oggetto del desiderio di Testa di Cocco
stessa, un cane schizzato che abbaia a tutti i passanti). Possano i
pinci ppacchi abbondare nella vostra vita, se vi piacciono, e se non
vi piacciono possano allora scarseggiare.
Un pincio ppacco. |
martedì 19 maggio 2015
AAA rottweilerina cercasi
Ansia scomparsa (Aleeeoooo-oh!),
bel tempo, mio padre che sta progettando una cuccia, nonché di
cucinare il pesce per pranzo: questi sono i presupposti di un bel
giorno. È uscito anche un nuovo trailer di Hannibal, ma essendo
spoilerosissimo, non solo non ne parleremo, ma non lo guarderemo
neanche.
Ma tornando alla cuccia... mio
padre parla già di costruirla, ha già le traversine di legno,
Mastro Nino dovrà darci il tetto di lamiera coibentata, dobbiamo
comprare le assi per costruire le pareti. Benchè mio padre sia
innamorto del cane corso (e stamattina l'ho portato a vedere il cane
corso di un mio ex compagno di classe, Norman, e papà si è persino
fatto leccare le mani con il sorriso) noi continuiamo ad essere
ancora piazzati sul rottweiler. Andiamo, la facciotta sorridente del
rottweiler è meravigliosa! E quando abbaiano sono fighissimi,
sembrano finti per quanto sono belli e spaventosi. Perciò anche papà
è d'accordo: una rottweilerina è quello che stiamo cercando.
Certo che anche i cani corsi sono
fighi, certo che anche loro sono coccoloni (come la maggior parte dei
molossi) ma a i rottweiler hanno il pelo morbidino e lucente e
sembrano creature da favola, sono (a mio avviso) belli quasi come i
lupi: petto largo e potente, zampone rossicce, persino la loro coda
mi piace e per fortuna non si taglia più come si faceva un tempo. E
poi, dovendolo tenere giù vicino all'orto, credo proprio che farà
più paura ai ladri rispetto ad un corso: uno dei rari casi in cui la
cattiva fama di questa splendida razza è ben accetta.
Comunque... sto facendo un art
trade con una ragazza su Deviantart, un art trade “coccoloso”: in
pratica io disegno per lei Abigail e Will (accoccolati e addormentati
sul divano) e lei disegna per me Alana e Hannibal (accoccolati e
svegli su un prati). Sono al lavoro, ma mi prendo una pausa per
scrivere una paginetta di diario.
Concludo dicendo che mancano solo
sedici giorni alla terza stagione di Hannibal e molto, molto di meno
alla nostra prima visita al canile. Dita incrociate (fate che ci sia
una femmina di rottweiler, vi preeegooo).
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