venerdì 14 novembre 2025

Lysandre che piange 7. Cinema

Lysandre si era seduto nel salottino dell'Hotel Z, contemplando gli innumerevoli dipinti appesi alle pareti. Erano lavori un po' grezzi, macchie di colore i cui contorni tondeggianti non ricalcavano perfettamente la forma degli oggetti o delle creature che volevano ritrarre... Lysandre si chiese se lui stesso fosse capace di dipingere o meno. Non lo ricordava, ma sapeva di averne un po' voglia. Forse faceva parte del nuovo sé stesso: qualcuno che invece di distruggere voleva creare.

Sentì i passi di qualcuno che si avvicinava, rapidi e quasi musicali, e si voltò a guardare.

Era Lida, che si stava dirigendo verso il portone.

«Ciao, L! Tutto bene?» Lo salutò lei, alzando una mano

«Sì, va tutto bene» lui sorrise «Vai a fare un giretto?»

«Sto andando a guardare il nuovo film di Diantha, Petali di Sofferenza, vuoi venire con me?».

Lysandre batté le palpebre. Quel nome, Diantha, gli era terribilmente familiare... ma poteva anche darsi che l'avesse letto su qualche giornale, visto ch a quanto pareva era una regista o un'attrice.

«Diantha?» Domandò

«Sì! Ti piacciono i suoi film?»

«Temo di non ricordarlo, insieme a tante altre cose» Lysandre scosse la testa lentamente «Scusa»

«Non ti devi scusare, nonnino! Ti va di vederlo con me?»

«Temo anche di non avere... di non avere i soldi per il biglietto»

«Ah, non preoccuparti! Da quando sono co-proprietaria di un albergo, finalmente mi posso permettere di mangiare fuori ogni tanto, o di andare al cinema. Te lo pago io, il biglietto!»

«È troppo!» Lysandre arrossì «Non posso chiederti questo!».

Lida rise nel vedere l'espressione quasi scandalizzata dell'uomo, il modo in cui il suo naso, le punte delle orecchie e degli zigomi si erano imporporati: non aveva mai visto qualcuno pensare che un biglietto del cinema fosse "troppo".

«Non ti sto mica regalando una macchina! Mi fai un favore se vieni a vederlo con me! Virgil ha detto che non ci viene perché il film è "melenso" e perché ha un livestream di quella streamer là»

«Quella... streamer... là?»

«Quella che piace a lui, come si chiamava? Vabbé, quella gialla e azzurra. Comunque lo dovevo già pagare a Virgil il biglietto, era una spesa di cui tenevo conto, per cui non devi sentirti in debito o in imbarazzo, se vuoi venire con me».

Lysandre si coprì l'occhio malandato con una mano, mentre pensava. Aveva scoperto che fare entrare meno luce attraverso di esso lo aiutava a schiarirsi le idee.

«Dài, scommetto che tu hai la maturità emotiva per capire un film di Diantha» scherzò Lida «Al contrario di qualcun altro, eh!»

«In realtà non puoi saperlo»

«Forza, alzati e vieni con me!».

Lysandre annuì. Era stata una richiesta diretta, non un vago "se vuoi venire puoi...", perciò sentiva che declinare l'invito sarebbe stato scortese. L'ultima cosa che voleva essere, nella sua condizione, era scortese.

Si chiese perché, in generale, Lida fosse così generosa con lui. Poi si diede del cretino: probabilmente era perché quella ragazzina era buona e le piaceva stare in compagnia, al contrario di lui, che doveva essere stato una spina nel fianco per chiunque avesse voluto passare del tempo insieme alla sua spocchiosa, ricchissima persona. Che cringe, pensò di sé, poi si alzò e seguì Lida.

Nel cinema c'erano pochissime persone, ma era probabilmente colpa della spopolazione della città, più che della qualità del film.

«Se la sala è piena il film fa schifo» Sentenziò Lida «Allora, dove ci mettiamo?».

Lysandre si sfregò le mani, guardandosi intorno, i gomiti stretti ai lati del corpo.

«Sono alto, non vorrei... impedire la visuale degli altri...»

«Ma se non c'è nessuno» gli fece notare Lida, indicando la sala con un gesto frettoloso «Andiamo, mettiamoci in terza fila. Basta che non ci sia nessuno dietro di noi, no?».

Lysandre si mosse a passettini nella semi-oscurità, stando attento a non inciampare nelle poltrone (che gli sembravano davvero troppo basse), poi prese la mano che Lida gli offriva per farsi guidare fino al suo posto.

«Ti vanno dei popcorn? Aspetta, li vado a prendere un attimo» Disse lei, dandogli un colpetto sul ginocchio, per poi notare che passare scavalcando le lunghe gambe ritratte dell'uomo sarebbe stato troppo scomodo, e trottare in direzione opposta, attraversando l'intero filare di poltrone.

Lysandre, un po' imbarazzato, cercò di distrarsi. La stanza era grande e buia e lui aveva l'impressione di poter sentire l'eco del suo respiro. Guardò in alto. Le piccole luci accese sulle pareti proiettavano le sagome delle persone fin lassù... non tutte le sagome, solo una parte, vaghi veli, che si muovevano sul tetto come fantasmi.

Lysandre strinse le mani sui braccioli, pregando di non avere un attacco di panico adesso. Corpo non mi tradire, pensà, Non iniziare a tremare.

Doveva convincersi che il soffitto non stesse per cadergli addosso, che non gli avrebbe rotto le ossa, che non lo avrebbe seppellito vivo. Era un cinema. Non era... non era la sala sotto Cromleburgo, e lo schermo enorme di fronte a lui non stava per accendersi con l'immagine proiettata dell'arma finale. Era buio perché... perché...

«Ecco dei popcorn» Disse Lida, sedendosi accanto a lui «Te ne ho portato un secchiellino»

«Grazie»

«Hai caldo? Perché non ti togli la giacca?»

«Sto bene»

«Non sembra».

Lysandre si toccò il lato della faccia. Era bagnato. Sentiva i brividi all'altezza delle scapole: non era sicuro se fosse un attacco di panico, un calo di zuccheri, o tutte e due le cose contemporaneamente. Prese un profondo respiro, ascoltando l'aria che gli passava attraverso il naso. Aveva le dita fredde, soprattutto le punte, ed era sgradevole anche quando cercava di riscaldarsele annidandola una dentro l'altra. Se si fosse tolto il cappotto, avrebbe avuto ancora più freddo... ma non riusciva a smettere di sudare, come se il panico fosse qualcosa di velenoso sotto la sua pelle, che doveva essere espulso in modo o nell'altro dal suo corpo.

Prese il secchiello di pop-corn e se lo portò vicino al naso, provando a concentrarsi su qualcos altro, qualunque cosa, e sapeva che gli odori potevano essere un ottimo modo per rimanere ancorati alla realtà.

«Hai fame?» Gli domandò Lida, a bassa voce

«Un po'»

«Guarda che sono tuoi, puoi mangiarli»

«Aspetto che inizi il film»

«Ottima idea» disse la ragazza, smettendo di scavare con le dita dentro al proprio secchiello.

Finalmente il proiettore si accese. Prima del film scorsero diverse pubblicità: un paio per le boutique più alla moda di Luminpoli (uno dei completi parve così bello ed elegante a Lysandre, che non riuscì a trattenersi dal dire «Wow» ad alta voce), una per un ristorante che offriva lotte pokémon, e l'ultima per un videogioco dove si poteva costruire un mondo perfetto insieme ai pokémon.

«A mio fratello quello piacerebbe» Disse Lida

«Credo che piacerebbe anche a me» commentò Lysandre, fissando uno dei personaggi, un tangrowth buffo con un CD sulla testa e un paio di occhiali fratturati al collo, e chiedendosi perché mai gli fosse in qualche modo familiare (in particolar modo le curve delle liane che fungevano da capelli).

Poi, finalmente, iniziò il film. Lysandre ne approfittò per infilarsi in bocca un pop corn: era salato, leggero, leggermente croccante, e faceva un rumore buffo sotto ai denti. Li aveva mai mangiati, prima d'ora? Il loro odore non gli richiamava niente in particolare alla memoria, quindi forse no...

C'era molto oro, sullo schermo: oro sulle pareti, nei vestiti delle ragazze, negli orecchini, negli anelli, nel colore biondo delle chiome perfettamente arrangiate. Lysandre batté le palpebre lentamente: consciamente sapeva di dover trovare bello quello sfoggio di ricchezza, ma in qualche modo non ci riusciva. E ogni volta che la telecamera si poggiava su uno dei ricchi che diceva le sue cose da ricco, che parlava delle sue conquiste, dei suoi terreni, dei suoi investimenti, Lysandre sentiva l'acidità di stomaco montare, come se avesse uno skrelp dentro la pancia.

"Ero così?" Pensò "Un insopportabile, borioso cretino che crede che la bellezza sia nell'accumulare quanto più materiale costoso di un solo colore possibile?".

Poi, però, qualcuno scivolò nell'inquadratura. Le spalle nude di una donna, in un lungo vestito nero, con guanti lunghi fino ai gomiti riempirono per un attimo lo schermo, la telecamera si mosse lentamente fino ad arrivare al suo profilo, e Lysandre sentì qualcosa muoversi dentro i suoi muscoli... no... dentro alle sue vene.

Com'era possibile che conoscesse quelle spalle? Che l'esatto angolo dell'osso risvegliasse in lui qualcosa (una canzone?) di impossibile da mettere a tacere, tanto da fargli dimenticare completamente di trovarsi in un posto chiuso.

E poi il volto di lei fu nel mezzo dello schermo, insieme ad un crescendo di violini, e i suoi occhi erano così azzurri, e la sua pelle luminosa, e il modo in cui la luce si rifletteva sui sui capelli era...

 

«Stai piangendo?» Domandò Lida all'improvviso, stringendo la mano di Lysandre

«Uhm... no»

«Ti sei fermato a guardare lo schermo senza mangiare il popcorn che hai in mano» sussurrò Lida, divertita «È bella, vero?»

«Chi... chi è?»

«Diantha. È la star del film»

«Sembra... molto familiare»

«Oh, sicuramente l'hai vista da qualche parte, è famosissima!».

Lysandre annuì: sapeva che lei era famosa. Non disse che all'improvviso si ricordava il suo profumo, e che gli mancava essere stretto dalle sue braccia.

Nel film, Diantha era un personaggio dignitoso: una madre che cerca di proteggere i suoi figli dalle insidie dell'alta società, nascondendo al mondo che il marito che l'ha abbandonata si è anche portato via tutti i loro soldi. Cose sempre più complicate le succedevano durante la trama, ma lei reagiva con compostezza, con intelligenza, nonostante dentro di sé soffrisse, come veniva mostrato in alcune scene piene di pathos.

E poi, trovava l'amore.

«A volte il mondo ci crolla addosso, Jean-Claude» Aveva detto, con la testa del suo nuovo amante sulle ginocchia «Ma possiamo ancora rialzarci. Solo... non possiamo farlo da soli. Sono felice di aver trovato te».

Lida guardò lo schermo, poi guardò Lysandre, e sorrise.

«Stai piangendo questa volta, ammettilo!»

«Sì» lui annuì, gli occhi pieni di lacrime

«Ti piacciono i filmozzi romantici?».

Lui non rispose, rimettendo a posto un pop corn, di nuovo nel secchiello, e tirando su con il naso. Lida tornò a guardare lo schermo, divertita.

«Una volta ha tenuto me fra le braccia» Disse Lysandre, a voce bassissima.

Lida ci mise un attimo per capire cosa avesse detto, ma quando riuscì ad elaborare lo guardò a bocca aperta.

«Che hai detto, nonnino?»

«Niente» rispose Lysandre, con il tono di qualcuno che è scioccato da quello che ha appena detto

«Me lo racconti dopo. Però me lo racconti!».

Lysandre non era sicuro che quello che aveva ricordato non fosse un'allucinazione completamente fuori di testa. Perché una donna come quella avrebbe dovuto associarsi ad uno... uno... come lui? Anche se, insomma, una volta era stato ricco e potente. Ma una cosa è essere gentili con qualcuno perché è una figura influente, e un'altra cosa è... essere intimi.

E da quello che lui ricordava, Diantha gli aveva permesso di metterle la testa in grembo, mentre stavano su un divano, e aveva riso, ed erano stati così vicini che lui ne poteva rievocare il profumo, che quasi si sentiva toccare dalle sue mani.

Immagini di memorie insensate si sovrapponevano alle immagini del film, lei che camminava, con due abiti diversi (uno nella memoria, uno nella fiction), lei che sorrideva, con due sorrisi diversi (uno era dignitoso, contenuto, l'altro aperto e sincero e buffo), lei che si avvicinava a lui, che lo prendeva dal braccio, che gli chiedeva di guardare qualcosa, ma Lysandre non ricordava cosa, e perciò si ritrovava a fissare la splendida sala da ballo nel film e si chiedeva se anche nella realtà fossero andati lì, se il film non stesse prendendo il posto della sua memoria, se, se...

«E se io un giorno dovessi dimenticarti?» Disse Lysandre, nel ricordo.

Diantha rideva, lui vedeva la sua faccia da sotto, appoggiato alle sue gambe: la linea asciutta, morbida, liscia del mento, la parte inferiore delle piccole orecchie perfette, la frangia di capelli scuri che sporgeva un poco. La stanza era leggermente fredda, uno spiffero d'aria faceva danzare il pulviscolo nel sole bianco del mattino; il salotto di Diantha aveva vetrine e sedie e un tavolino di vetro, o forse di cristallo, trasparenti e irreali, con dettagli d'oro.

«Ogni tanto la dovresti smettere di pensare a "cosa succederebbe se"» Gli rispose Diantha (e la sua voce era come musica), passandogli una mano sulla fronte «Non puoi controllare mica tutte le cose che succederanno in ogni futuro possibile, no?»

«Non parlo di qualunque futuro possibile, parlo... del mio»

«Allora, che senso ha? Perché pensi di potermi dimenticare, sentiamo? Sono forse dimenticabile? Ho una faccia che si scorda facilmente?» scherzò lei, ben consapevole di essere un'attrice, e una famosa per giunta

«Non sei tu, sono io...»

«Che cliché!» rise lei

«Non in quel senso» Lysandre si sentì arrossire «Intendo... la mia famiglia ha sempre sofferto di problemi mentali, da generazioni. Ovviamente non sarebbero disposti ad ammetterlo»

«No, certo che no»

«E con problemi mentali intendo anche le malattie degenerative. Soprattutto i maschi, nella mia famiglia, tendono a dimenticare le cose in fretta. A... perdere la propria identità, dopo una certa età, perciò io, io...»

«Non ti succederà, Lysandre» adesso era seria «Non mi dimenticherai»

«E se invece dovesse succedere? Se mi dimenticassi di te. Di noi... della nostra amicizia... se dimenticassi tutto questo?».

Diantha ci riflettè per un attimo, le dita che si muovevano leggere fra i suoi capelli.

«Se mi dovessi dimenticare» Disse dopo un attimo «Dovrai solo imparare a conoscemi di nuovo, no? Io ti prometto che non ti dimenticherò. Se verrai da me, ti farò ricordare»

«Davvero?»

«Certo! Se io mi ricordo e tu no, allora toccherà a me farti ricordare!»

«Sei troppo buona con me»

«Hai paura?»

«Sì»

«Ti sei fatto fare degli esami, a proposito di questa cosa?»

«Mi faccio tenere sotto controllo. Sono ancora giovane per mostrare i sintomi, apparentemente, e in generale sembra che il mio cervello non stia troppo male. Solo un po' di stress, ma quello, lo sai, quello me lo infliggo io»

«Mi dispiace che tu abbia paura. Teniamo questa cosa sotto controllo, va bene?»

«Va bene»

«E per lo stress... che ne pensi di lamentarti un po' con me? Anzi, guarda, dovremmo lamentarci insieme. Oggi ho visto il sindaco di Luminopoli»

«Argh, il sindaco!» esclamò Lysandre, calandosi immediatamente nella parte

«Vero? Gli ho detto un milione di volte che...».

Lysandre batté le palpebre. Nel presente, Lida gli stava toccando il braccio, come per svegliarlo da quel torpore. Lo schermo di fronte a loro era spento.

«C'è la pausa, è finito il primo tempo. Che stavi guardando?» Gli chiese la ragazza

«Solo il mio passato, credo»

«Quindi conoscevi Diantha?»

«Sì. Sì, la conoscevo»

«Wow. E che facevate insieme?».

Lysandre sorrise, socchiudendo gli occhi.

«Ci lamentavamo della politica».




Nota: Sappiamo che la possibilitò che Lysandre pensi (o dica) che qualcosa è "Cringe" sono bassissime. Il bro è assolutamente un oratore articolato (ed è una cosa che rispettiamo tantissimo) MA adoriamo la possibilità che abbia imparato dello slang nuovo dai giovani della città, ma che non sappia che si tratta di slang e pensi che siano parole del tutto normali da utilizzare. La magia della perdita di memoria, eh! Questo strumentopolo misterioso potrebbe servirci anche più tardi ;)

 

- Altre mini-scene di Lysandrino che piange qui -

(Ci piace scrivere gli omoni fieri che piangono. C'è una catarsi in questo. Andate a leggerne altre.)  

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