Lysandre girò la testa e incontrò lo sguardo di qualcuno: due occhi pallidi, spalancati. Barcollò all'indietro, una mano che scattava in basso per coprirsi i genitali, l'altra che chiudeva le dita in un pugno, pronto a difendersi.
Fuori dalla doccia c'era uno specchio. La persona che lo stava guardando era soltanto il suo riflesso.
Non si era accorto che ci fosse uno specchio, ma appena si rese conto che la figura dell'estraneo era tagliata poco sotto il petto tirò un sospiro di sollievo.
«Sono solo io» Sussurrò goffamente, guardandosi.
Da quanto tempo non vedeva la propria faccia? O almeno... da quanto non vedeva la faccia che aveva adesso? Aveva visto immagini di com'era stato un tempo, ma era riuscito a cogliere abbastanza del proprio stesso riflesso, nelle vetrine o nelle pozzanghere, da sapere che non aveva più i capelli fiammeggianti di cinque anni prima... per il resto, non aveva mai potuto guardarsi davvero.
Aveva iridi così chiara da sembrargli spaventose: una argentea, l'altra, quella dell'occhio che normalmente non mostrava alle persone, ancora più chiara e con tre cerchi di colori diversi che circondavano una pupilla coperta da un velo bianco. Sembrava cieco, ma al contempo c'era un'intenzione nel suo sguardo, ed era come se un cadavere animato lo stesse guardando dritto in faccia.
Un cadavere animato... non era forse questo?
Tonnellate di macerie gli erano cadute addosso, questo lo ricordava.
La vibrazione che si era propagata dal tetto alle pareti, fino a sotto i suoi piedi, che gli aveva fatto battere i denti, che gli era entrata nelle ossa, mentre il tempo sembrava dilatarsi e contrarsi al tempo stesso... il senso di instabilità, il colpo che lo aveva fatto cadere a terra, che lo aveva fatto strisciare a terra, spalle a muro, mentre il cielo stesso sembrava spaccarsi.
Era un ricordo troppo potente per essere cancellato, un terrore così cieco che ogni tanto lo sognava ancora la notte, che lo faceva svegliare con il fiato corto, lo faceva guardare in alto, il cuore stretto ad ogni segno di movimento nel soffitto, ad ogni ombra proiettata. Per questo preferiva dormire all'aperto. Per questo i luoghi più caldi e comodi, ma chiusi, lo terrorizzavano.
Sarebbe riuscito a dormire nella stanza d'albergo, se glielo avessero chiesto? O si sarebbe svegliato urlando, calciando la cornice del letto, le dita che affondavano nel materasso così forte da lacerarlo?
Un cadavere animato. Non si offrono letti, ai cadaveri: gli si offrono tombe.
Zygarde lo aveva salvato, aveva prolungato il suo tormento aldilà dell'umanamente immaginabile, e ora lui camminava fra i vivi senza averne il diritto.
Si toccò la barba umida, sfiorandola leggermente con le dita. Un tempo era stata arancione come un charmander, adesso era bianca, con solo minuscole porzioni, strisce come tagli, che mantenevano il colore originale. Era stato bello, vero? Si era visto, in una fotografia, sulla copertina di un magazine: un pyroar fiero, impettito nella sua suit perfetta, le spalle larghe, il petto gonfio, lo sguardo rapace di un talonflame.
Adesso vedeva solo un morto, in quel riflesso... o, più propriamente, qualcuno che avrebbe dovuto esserlo, ma che caparbiamente si rifiutava di recitare la parte del cadavere, andandosene in giro a passettini perché Zygarde glielo aveva ordinato.
Non ricordava come era stato, ma lo poteva indovinare dai segni che aveva lasciato nel mondo: era uno di quelli che usavano gli altri. Troppo bello, troppo ricco. Nessuno diventa tanto ricco, senza sfruttare gli altri. Nessuno mostra quel tipo di bellezza, senza essere troppo sicuro di sé.
Meno male, pensò, meno male che quel bastardo era morto.
- Altre mini-scene di Lysandrino che piange qui -
(Ci piace scrivere gli omoni fieri che piangono. C'è una catarsi in questo. Andate a leggerne altre.)


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