Aveva appena cominciato a
scendere una pioggerella invisibile (me ne accorsi solo perché qualche
goccia si era graziosamente spiaccicata sul parabrezza) quando Edward
imboccò la strada di casa mia.
Lo avevo convinto a
riportarmi indietro prima di andare a guardare la loro stupida partita,
anzitutto perché il temporale non sarebbe iniziato subito e stare
qualche ora come una bacucca zoppa a casa di Edward era impensabile. E
poi avevo bisogno di trascorrere qualche ora nel mondo reale senza di
lui, prendendomi tempo per stabilizzare il mio umore ballerino,
procurami un ombrello e cambiarmi indossando vestiti adeguati, e
soprattutto, miei (non si aspettavano davvero che mi infradiciassi per vederli tirare mazzate nei vestiti sbrilluccicanti della vamp?).
Non mentii ad Edward
riguardo ai motivi per cui volevo che mi riportasse a casa, e grazie al
cielo lo fece sulla sua stupida Volvo e non sulla sua stupida spalla.
«Capisco, bella» Aveva
annuito con aria solenne «Ti serve del tempo da sola per metabolizzare.
Lo capisco. Cambiati, riposati pure».
Non gli dissi che
volevo approfittarne anche per avvertire le ragazze-lupo di ciò che era
successo per farli sterminare tutti. Non era il caso, e tanto non
poteva leggermelo nella mente, perché non sfruttare la cosa a mio
vantaggio?
Edward borbottò qualcosa
di incomprensibile, mentre io notavo l'assenza dell'auto di Carlo dal
vialetto. Grazie al cielo non era in casa, non volevo che le cose si
complicassero ancora.
Prima di scendere, lo guardai sospirando.
«Puoi andartene, io vi
raggiungo poi con il pick-up. Devo pure preparare la cena per papà,
avete detto che c'è tempo, e io ho bisogno dei miei tempi adesso. Non
sei obbligato a restare, anzi» Dissi mestamente.
Sorrise della mia espressione malinconica «Invece si. Ricordati che io a piedi sono più veloce del tuo pick-up»
«Grazie tante, che bella notizia. E che c'entrava?».
Ed ecco di nuovo il
sorriso sghembo che odiavo tanto. «Tornerò presto, te lo prometto»
Lanciò un'occhiata alla veranda e si chinò verso di me. Il mio cuore
rimbalzò frenetico ed esclamai con forza: «Schifoso!» prima di schizzare io stessa fuori dal pick-up e gettargli in faccia la giacchetta di Rosalie.
Sentivo il suo sguardo
addosso, mentre correvo verso la veranda sotto la pioggerella
insistente. Aprii le ante della porte, senza guardare Edward. Ma sapevo
che, se mi fossi girata, lo avrei visto perfettamente immobile, con aria
solenne a guardare nel vuoto.
Mi sfregai le braccia,
intirizzita, guardando con dispiacere le mie pantofole che si erano
infradiciate. Le lasciai ad asciugare e infilai ai piedi quelle blu di
papà che minacciavano di sfilarmisi dai piedi ad ogni passo.
Sentii un miagolio acuto
e dolce e Dracula apparve correndo dalla fine del corridoio, venendomi
incontro e iniziando a strusciarmisi sulle gambe con foga.
«Aww, piccolo, ti sei
preoccupato?» Tubai, chinandomi a prenderlo in braccio. Dracula si
accucciò di buon grado, un piccolo peso caldo e rassicurante tra le mie
braccia, e mi riempì di testatine affettuose il viso prima di
raggomitolarsi con la testa accucciata sotto il mento.
L'entusiasmo con cui mi aveva salutato mi commosse.
«Tu sei» Dissi, e tirai su col naso «Un bravo gatto».
Sentii il telefono
squillare in cucina e mi diressi lì con Dracula ancora in braccio per
rispondere con una mano sola. Lasciarlo in questo momento era l'ultima
cosa che volevo fare, specie quando si mise a fare le fusa come un
piccolo motorino caldo, poggiandomi una zampina nera sulla guancia.
«Un bravo gatto» Ripetei, alzando la cornetta del fisso al quinto squillo «Pronto? Casa Cigna»
«Belarda» Disse la voce roca e familiare di Billy Black dall'altro lato della linea
«Ehi, Billy! Se cercavi
Carlo è fuori fino a stasera... Spero che tu non abbia aspettato troppo
al telefono, avevo le mani occupate. Jacob?»
«Non ho aspettato tanto»
mi rassicurò Billy a mezza voce «Volevo solo ringraziarti per esserti
presa cura di Jacob quando si è fatto male, e dirti di non prendertela
se non risponde alle chiamate o non viene a trovarti per ora. Ha la
febbre alta»
«Jake sta male?» ripetei con urgenza «Oh no, mi dispiace davvero tantissimo Billy. Posso passare a trovarlo?»
«Sarebbe meglio di no, Bella, non vorrei che ti ammalassi anche tu. Ci penso io a lui, ha solo bisogno di riposo»
«Non posso passare solo per qualche minuto? Vorrei davvero vedere come sta».
La linea rimase in
silenzio per un attimo, potevo quasi vedere i vivaci occhi neri di Billy
che si guardavano attorno come faceva sempre quando stava valutando
qualcosa. «Va bene, Belarda, ma passa tra oggi e domani. Poi dobbiamo
andare fuori città, ma sono sicuro che sarà guarito per allora. É di
costituzione forte, Jacob»
«Mromamau». Anche Dracula aveva dato il suo contributo.
«Grazie tante per avermi informato, Billy, di' a Jacob che spero che guarisca presto»
«Figurati, Belarda. Ah,
per favore, dici a tuo padre che gli tengo da parte un po' di frittura
casereccia e tutto l'accompagnamento in frigo. L'ha preparato Harry
Clearwater, è la sua preferita».
Ringraziai di nuovo
«Perfetto, qui mangiamo sempre pesce e probabilmente stasera ne porterà
dell'altro, ero a corto di idee di come prepararlo. Meno male che i
Clearwater lavorano sodo per sfamare tutto il paese». Fu in quel momento
che mi ricordai che Sue era sposata. Accidenti, papà.
«Va ancora a pesca?» Chiese Billy, in tono speranzoso «Giù al solito posto? Magari faccio un salto a trovarlo»
«Credo di si, è un po' che non lo accompagno» dissi timidamente. Ci fu un attimo di silenzio.
«Bella» Mi chiamò lentamente, e tacque.
Restai in attesa.
«Bella» Riprese «Carlo è uno dei miei migliori amici»
«Si».
Pronunciava con cura
ogni singola parola, nella sua voce tonante. «Probabilmente non lo sai,
ma la famiglia Cullen gode di cattiva reputazione nella riserva»
«A dire la verità, lo so
eccome» la mia voce divenne morbida, dolce «Senti, Billy, so dove vuoi
andare a parare, e non ho alcune intenzione di passare del tempo con
quel mostro. Ci sto lavorando. Ho fatto amicizia con delle ragazze giù a
La Push che mi stanno aiutando. Aida, Ayita, Sarah... Le conosci?».
Billy rimase in silenzio
per un altro po'. «...Si. Mi fa piacere che ti riguardi. Di' a Carlo
che ho chiamato, di quella frittura»
«Lo farò».
La linea cadde silente e
rimasi in cucina, con il rumore della pioggia e delle fusa del mio
micio a cullarmi, e ciabattai fuori dalla stanza.
Per qualche istante
restai in corridoio, chiedendomi se avevo sentito il rumore dell'auto di
Cullen che faceva retromarcia e se ne andava nel vialetto. Si, era
un'auto silenziosa, ma se fosse rimasto lì? Se i suoi strani sensi
avessero potuto percepire la conversazione tra me e Billy?
Quando sbirciai dalla finestra, con mio sollievo, il vialetto era libero. Salii in camera a cambiarmi.
Avevo bisogno di
indumenti più pratici, perciò provai un paio di maglie pesanti; mi
chiedevo che genere di serata mi aspettasse. Dracula seguiva i miei
movimenti accoccolato sul letto, miagolando di tanto in tanto in cerca
di una carezza o una grattatina.
Lontana dall'influenza
che sapeva esercitare Jasper però, il terrore a cui fino a poco prima
ero sfuggita iniziava a tentarmi. No, Belarda, stai forte.
«Stai forte» Mi dissi ad
alta voce, guardando la mia faccia pallida allo specchio «Non può farti
del male. È pazzo, ma tu sei più forte. Non ti pieghi e non ti spezzi,
Belarda».
Dracula fece un
cinguettio incoraggiante. Optai per una vecchia camicia di flanella e un
paio di jeans, sicura che tanto non sarei riuscita nemmeno a togliermi
l'impermeabile.
Andai a prendere il
cellulare per chiamare Sarah e riferirle tutto quello che avevo scoperto
e che mi era accaduto nella tana del mostro, ma mentre era in mano mia
il telefono squillò. Oh, com'ero richiesta oggi.
«Pronto?»
«Bella? Sono io». Jessica.
«Oh, ciao Jess» Sorrisi,
sedendomi accanto al mio micio per accarezzargli il nasino gommoso.
Sembravano passati mesi dall'ultima volta che ci eravamo parlate,
anziché qualche giorno, e avrei preferito vederla di persona. «Com'è
andato il ballo?»
«Divertentissimo! Era in
stile Montecarlo!» Esclamò Jessica, entusiasta. Senza fare troppi
complimenti si lanciò in un resoconto della serata precedente minuto per
minuto. Lei era fantastica, ma non sapevo come chiederle di scorciare
il racconto perché dovevo portare il mio piano da spia a compimento
prima di andare ad una partita di baseball di vampiri. Ma era così
entusiasta che mi sarei sentita una ladra a dirglielo e basta.
Mi alzai rassegnata e
scesi al piano di sotto per cercare un ombrello, sforzandomi di
rispondere con tutti gli "mmm" e "aah" del caso.
Trovai l'ombrello, un
vecchio ombrello verde fluo che non aveva niente a che fare col solito
stile di mio padre. Dove diamine lo aveva preso?
Lo misi in evidenza all'entrata, guardandolo affascinata.
«Hai sentito, Bella?» Chiese Jess
«Scusa, no»
«Ho detto che Mike mi ha baciata! Ci credi?»
«È splendido Jess!»
esclamai subito, perché sapevo che era quello che voleva. Ma era davvero
quello che provavo? Mi sembrava strano che i miei due migliori amici si
fossero baciati? Si. Mi dispiaceva? No. Dovevo aspettarmelo? Almeno da
Jess, si. Mike non mi aveva detto della sua cotta, disgraziato.
«E tu, cos'hai fatto
ieri?» ribatté lei, irritata dalla mia pausa di riflessione. O forse
delusa, perché non le avevo chiesto altri dettagli.
«Niente di particolare. È
stata solo la giornata più bella della mia vita, sono uscita a mangiare
con CM Punk e ho incontrato Undertaker dal vivo nello stesso
ristorante, e Kane ci ha dato delle sue impressioni politiche. Oh, ed
eravamo in prima fila allo spettacolo della WWE e sono salita sul ring»
Dissi, con tono pieno di nonchalance.
«Nooo, devi raccontarmi tutto! Ora!».
Fu il mio turno di
narrarle quello che era accaduto ieri, mandando intanto un messaggio a
papà per avvertirlo di passare a prendere la cena dai Black. Cercai di
tagliare corto, anche se non potei trattenermi di fare "mmm" e "aah"
alla mia stessa storia. Davvero avevo vissuto tutte quelle cose
avventurose e bellissime? Moi?
Chiacchierammo un po' e, dopo aver decretato che era stato il giorno migliore della vita di entrambe, ci salutammo.
Sentii il rombo
dell'auto di papà risuonare nel garage, e poco dopo sbattere la porta
d'ingresso e l'armeggiare chiassoso di mio padre che sistemava
l'attrezzatura da pesca.
«Ehilà, piccola!»
Esclamò papà e lo salutai con la mano, mentre Dracula scendeva con un
balzo dal comò e miagolando e pigolando ancheggiava fino ai piedi di
papà.
«E ciao anche a te, piccolo cuoricino del papà!»
«Ehilà, papi» Soffocai un risolino. Quei due si amavano.
Papà si stava sciacquando le mani nel lavandino. «Dov'è il pesce?» Chiesi, appoggiandomi con i gomiti sul piano di lavoro.
«L'ho messo nel freezer,
e ho portato anche la frittura e delizie varie di Harry Clearwater. Lo
sai che è la mia preferita?» Disse lui, con lo sguardo acceso di
entusiasmo
«Si, lo so. Hai visto Jake, passando da Billy?»
«No, cara, ma Billy ha detto che sta già meglio. Dormiva».
Mentre pulivo e friggevo
il pesce, lui riordinava la cucina. Più tardi, eccoci seduti a tavola a
mangiare in un silenzio confortevole, interrompendo di tanto in tanto
le nostre attività per discutere qualcosa. La mia attività era mangiare
pian pianino e leggere una vecchia copia di Cime Tempestose, che tanto
era così vecchia che non avrebbe fatto differenza se ci finiva su un po'
di olio. Non sembrava, ma ci ero affezionata a quel libro.
L'attività di papà era
godersi la cena e cercare di passare del pesce a Dracula di nascosto da
sotto il tavolo. Qualche volta lo lasciavo fare, qualche volta no.
«Tu cos'hai fatto oggi?» Chiese lui, interrompendo la mia lettura di un dialogo appassionatamente triste. Poveri sventurati.
«Beh, oggi pomeriggio ho
letto e studiato un po'» Dissi «E ho giocato con Dracula. Oggi c'era
brutto tempo, rischia di diventare nervoso a rimanere sempre chiuso
senza sfogarsi mai»
«Tu dici?» Carlo mollò la forchetta, che cadde sul tavolo «Può avere problemi?» chiese, sbalordito
«Beh, si»
«Può fare male alla sua salute?»
«Lo stress non gli può fare bene. Ma ci prendiamo bene cura di lui, papà...»
«Gli comprerò dei
giochini. Cos'altro piace ai gatti?». La forchetta era ancora sul
tavolo. Sembrava rischiare un aneurisma, così gli risposi:
«Alcune persone
installano delle mensoline in casa, così i gatti ci si possono
arrampicare. Ma noi abbiamo già tutti i giochini, il tiragraffi...»
«Allora installerò delle
mensoline. Se uno deve prendere un gatto, lo deve trattare bene». Ma a
quel punto riprese la forchetta, segno che il peggio era passato. Gli
diede da mangiare apertamente un pezzo di pesce dal suo piatto, come
sfidandomi a contraddirlo.
Dracula lo prese dalle sua mani, delicatamente, e lo masticò arricciando il nasino e facendo le fusa.
Non lo contraddissi: erano troppo carini. Mi limitai a ridacchiare.
«Dopo mangiato esco» Gli dissi tranquillamente, radunando delle briciole di frittura dal piatto con la forchetta
«E dove vai?»
«Giù a La Push ho fatto
amicizia con un gruppo di ragazze simpatiche, parlerò con loro stasera»
gli dissi, evitando di dire una bugia. Le mezze verità erano una buona
strategia per una pessima bugiarda.
Papà sembrava contento
che la mia cerchia di amici si stesse allargando, ma guardò preoccupato
il cielo fitto di nuvole dalla finestra «Ma sta per diluviare»
«Non ci bagneremo,
tranquillo». Perché stavo mentendo a mio padre? Perché stavo andando a
gettarmi nelle fauci del Minotauro dentro il suo labirinto, come una
vergine sacrificale?
Per placarlo e tenerlo buono. Perché presto, con l'aiuto delle ragazze-lupo, tutto sarebbe finito.
Dopo mangiato
sparecchiai e mi diressi a prendere l'impermeabile, in cui avevo già
messo dello spray al pepe, l'alcool in bustina, l'accendino, e il mio
ombrello verde fluo.
«È bellissimo» Dissi con un sorriso, sollevando l'arnese verso mio padre nell'attraversare il corridoio. Lui sbuffò.
«Non fare tardi, Bell»
«Non preoccuparti, papà. Torno a casa prima che posso».
Sgattaiolai fuori,
salutando un'ultima volta Dracula, e armata di coraggio e di un ombrello
verde mi infilai dentro il mio Chevy. «Allacciate le cinture»
Bofonchiai tra i denti, mentre, ruggendo come un'orsa infastidita, il
motore partiva.
C'era la pioggia, era
importante guidare sicuri ed andare piano piano. Mi lasciai la casa alle
spalle, immergendomi nei toni del blu stinto, del grigio e del verde
muschio della Forks serale sotto la pioggia.
Poggiai il telefonino sul sedile accanto al mio ed avviai la chiamata a Sarah con il viva-voce.
«Pronto? Belarda, sei tu?»
«Ciao, lupa» Feci un sorriso timido, anche se ero completamente sola
«Ehi! Tutto okay con gli schifosi succhiasangue?»
«Non proprio».
Le raccontai tutto
quello che era successo oggi, e quello che stava per succedere, con
dovizia di particolari sulla loro malvagità e sulla planimetria della
casa. Sarah mi bombardò di domande sui loro poteri, e risposi volentieri
a tutte più in fretta e accuratamente che potevo.
«Tu sei matta» Mi disse «E ci stai tornando? Dopo che ti hanno rapita?»
«A questo punto,
valuterò anche le loro capacità fisiche e la loro capacità di fare gioco
di squadra» dissi tra i denti «Dopotutto, il baseball è lo sport
americano per eccellenza. Vediamo come se la cavano i morti»
«Tu sei fuori» ripeté
lei, ma con una rinnovata nota di rispetto ed ammirazione nella voce
«Beh, Belarda, grazie. Sei stata molto, molto utile e sei follemente
coraggiosa. Faremo in modo che non succeda niente, okay? Li facciamo
fuori quegli schifosi. Tieni duro».
Non so come riuscii ad orientarmi, al buio e sotto quell'acquazzone, ma riuscii ad arrivare a casa Cullen sana e salva.
Bene. Che iniziassero i giochi.
Bene. Che iniziassero i giochi.
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Aggiorneremo la storia su questo blog un pò più lentamente che su
wattpad, quindi se avete la app di wattpad, oppure vi piace leggere
direttamente da quel sito, continuate a leggere la storia da qui
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