martedì 17 aprile 2018

Sunset 34 - Il telefono bollente


Aveva appena cominciato a scendere una pioggerella invisibile (me ne accorsi solo perché qualche goccia si era graziosamente spiaccicata sul parabrezza) quando Edward imboccò la strada di casa mia.
Lo avevo convinto a riportarmi indietro prima di andare a guardare la loro stupida partita, anzitutto perché il temporale non sarebbe iniziato subito e stare qualche ora come una bacucca zoppa a casa di Edward era impensabile. E poi avevo bisogno di trascorrere qualche ora nel mondo reale senza di lui, prendendomi tempo per stabilizzare il mio umore ballerino, procurami un ombrello e cambiarmi indossando vestiti adeguati, e soprattutto, miei (non si aspettavano davvero che mi infradiciassi per vederli tirare mazzate nei vestiti sbrilluccicanti della vamp?).
Non mentii ad Edward riguardo ai motivi per cui volevo che mi riportasse a casa, e grazie al cielo lo fece sulla sua stupida Volvo e non sulla sua stupida spalla.
«Capisco, bella» Aveva annuito con aria solenne «Ti serve del tempo da sola per metabolizzare. Lo capisco. Cambiati, riposati pure».
Non gli dissi che volevo approfittarne anche per avvertire le ragazze-lupo di ciò che era successo per farli sterminare tutti. Non era il caso, e tanto non poteva leggermelo nella mente, perché non sfruttare la cosa a mio vantaggio?
Edward borbottò qualcosa di incomprensibile, mentre io notavo l'assenza dell'auto di Carlo dal vialetto. Grazie al cielo non era in casa, non volevo che le cose si complicassero ancora.
Prima di scendere, lo guardai sospirando.
«Puoi andartene, io vi raggiungo poi con il pick-up. Devo pure preparare la cena per papà, avete detto che c'è tempo, e io ho bisogno dei miei tempi adesso. Non sei obbligato a restare, anzi» Dissi mestamente.
Sorrise della mia espressione malinconica «Invece si. Ricordati che io a piedi sono più veloce del tuo pick-up»
«Grazie tante, che bella notizia. E che c'entrava?».
Ed ecco di nuovo il sorriso sghembo che odiavo tanto. «Tornerò presto, te lo prometto» Lanciò un'occhiata alla veranda e si chinò verso di me. Il mio cuore rimbalzò frenetico ed esclamai con forza: «Schifoso!» prima di schizzare io stessa fuori dal pick-up e gettargli in faccia la giacchetta di Rosalie.
Sentivo il suo sguardo addosso, mentre correvo verso la veranda sotto la pioggerella insistente. Aprii le ante della porte, senza guardare Edward. Ma sapevo che, se mi fossi girata, lo avrei visto perfettamente immobile, con aria solenne a guardare nel vuoto.
Mi sfregai le braccia, intirizzita, guardando con dispiacere le mie pantofole che si erano infradiciate. Le lasciai ad asciugare e infilai ai piedi quelle blu di papà che minacciavano di sfilarmisi dai piedi ad ogni passo.
Sentii un miagolio acuto e dolce e Dracula apparve correndo dalla fine del corridoio, venendomi incontro e iniziando a strusciarmisi sulle gambe con foga.
«Aww, piccolo, ti sei preoccupato?» Tubai, chinandomi a prenderlo in braccio. Dracula si accucciò di buon grado, un piccolo peso caldo e rassicurante tra le mie braccia, e mi riempì di testatine affettuose il viso prima di raggomitolarsi con la testa accucciata sotto il mento.
L'entusiasmo con cui mi aveva salutato mi commosse.
«Tu sei» Dissi, e tirai su col naso «Un bravo gatto».
Sentii il telefono squillare in cucina e mi diressi lì con Dracula ancora in braccio per rispondere con una mano sola. Lasciarlo in questo momento era l'ultima cosa che volevo fare, specie quando si mise a fare le fusa come un piccolo motorino caldo, poggiandomi una zampina nera sulla guancia.
«Un bravo gatto» Ripetei, alzando la cornetta del fisso al quinto squillo «Pronto? Casa Cigna»
«Belarda» Disse la voce roca e familiare di Billy Black dall'altro lato della linea
«Ehi, Billy! Se cercavi Carlo è fuori fino a stasera... Spero che tu non abbia aspettato troppo al telefono, avevo le mani occupate. Jacob?»
«Non ho aspettato tanto» mi rassicurò Billy a mezza voce «Volevo solo ringraziarti per esserti presa cura di Jacob quando si è fatto male, e dirti di non prendertela se non risponde alle chiamate o non viene a trovarti per ora. Ha la febbre alta»
«Jake sta male?» ripetei con urgenza «Oh no, mi dispiace davvero tantissimo Billy. Posso passare a trovarlo?»
«Sarebbe meglio di no, Bella, non vorrei che ti ammalassi anche tu. Ci penso io a lui, ha solo bisogno di riposo»
«Non posso passare solo per qualche minuto? Vorrei davvero vedere come sta».
La linea rimase in silenzio per un attimo, potevo quasi vedere i vivaci occhi neri di Billy che si guardavano attorno come faceva sempre quando stava valutando qualcosa. «Va bene, Belarda, ma passa tra oggi e domani. Poi dobbiamo andare fuori città, ma sono sicuro che sarà guarito per allora. É di costituzione forte, Jacob»
«Mromamau». Anche Dracula aveva dato il suo contributo.
«Grazie tante per avermi informato, Billy, di' a Jacob che spero che guarisca presto»
«Figurati, Belarda. Ah, per favore, dici a tuo padre che gli tengo da parte un po' di frittura casereccia e tutto l'accompagnamento in frigo. L'ha preparato Harry Clearwater, è la sua preferita».
Ringraziai di nuovo «Perfetto, qui mangiamo sempre pesce e probabilmente stasera ne porterà dell'altro, ero a corto di idee di come prepararlo. Meno male che i Clearwater lavorano sodo per sfamare tutto il paese». Fu in quel momento che mi ricordai che Sue era sposata. Accidenti, papà.
«Va ancora a pesca?» Chiese Billy, in tono speranzoso «Giù al solito posto? Magari faccio un salto a trovarlo»
«Credo di si, è un po' che non lo accompagno» dissi timidamente. Ci fu un attimo di silenzio.
«Bella» Mi chiamò lentamente, e tacque.
Restai in attesa.
«Bella» Riprese «Carlo è uno dei miei migliori amici»
«Si».
Pronunciava con cura ogni singola parola, nella sua voce tonante. «Probabilmente non lo sai, ma la famiglia Cullen gode di cattiva reputazione nella riserva»
«A dire la verità, lo so eccome» la mia voce divenne morbida, dolce «Senti, Billy, so dove vuoi andare a parare, e non ho alcune intenzione di passare del tempo con quel mostro. Ci sto lavorando. Ho fatto amicizia con delle ragazze giù a La Push che mi stanno aiutando. Aida, Ayita, Sarah... Le conosci?».
Billy rimase in silenzio per un altro po'. «...Si. Mi fa piacere che ti riguardi. Di' a Carlo che ho chiamato, di quella frittura»
«Lo farò».
La linea cadde silente e rimasi in cucina, con il rumore della pioggia e delle fusa del mio micio a cullarmi, e ciabattai fuori dalla stanza.
Per qualche istante restai in corridoio, chiedendomi se avevo sentito il rumore dell'auto di Cullen che faceva retromarcia e se ne andava nel vialetto. Si, era un'auto silenziosa, ma se fosse rimasto lì? Se i suoi strani sensi avessero potuto percepire la conversazione tra me e Billy?
Quando sbirciai dalla finestra, con mio sollievo, il vialetto era libero. Salii in camera a cambiarmi.
Avevo bisogno di indumenti più pratici, perciò provai un paio di maglie pesanti; mi chiedevo che genere di serata mi aspettasse. Dracula seguiva i miei movimenti accoccolato sul letto, miagolando di tanto in tanto in cerca di una carezza o una grattatina.
Lontana dall'influenza che sapeva esercitare Jasper però, il terrore a cui fino a poco prima ero sfuggita iniziava a tentarmi. No, Belarda, stai forte.
«Stai forte» Mi dissi ad alta voce, guardando la mia faccia pallida allo specchio «Non può farti del male. È pazzo, ma tu sei più forte. Non ti pieghi e non ti spezzi, Belarda».
Dracula fece un cinguettio incoraggiante. Optai per una vecchia camicia di flanella e un paio di jeans, sicura che tanto non sarei riuscita nemmeno a togliermi l'impermeabile.
Andai a prendere il cellulare per chiamare Sarah e riferirle tutto quello che avevo scoperto e che mi era accaduto nella tana del mostro, ma mentre era in mano mia il telefono squillò. Oh, com'ero richiesta oggi.
«Pronto?»
«Bella? Sono io». Jessica.
«Oh, ciao Jess» Sorrisi, sedendomi accanto al mio micio per accarezzargli il nasino gommoso. Sembravano passati mesi dall'ultima volta che ci eravamo parlate, anziché qualche giorno, e avrei preferito vederla di persona. «Com'è andato il ballo?»
«Divertentissimo! Era in stile Montecarlo!» Esclamò Jessica, entusiasta. Senza fare troppi complimenti si lanciò in un resoconto della serata precedente minuto per minuto. Lei era fantastica, ma non sapevo come chiederle di scorciare il racconto perché dovevo portare il mio piano da spia a compimento prima di andare ad una partita di baseball di vampiri. Ma era così entusiasta che mi sarei sentita una ladra a dirglielo e basta.
Mi alzai rassegnata e scesi al piano di sotto per cercare un ombrello, sforzandomi di rispondere con tutti gli "mmm" e "aah" del caso.
Trovai l'ombrello, un vecchio ombrello verde fluo che non aveva niente a che fare col solito stile di mio padre. Dove diamine lo aveva preso?
Lo misi in evidenza all'entrata, guardandolo affascinata.
«Hai sentito, Bella?» Chiese Jess
«Scusa, no»
«Ho detto che Mike mi ha baciata! Ci credi?»
«È splendido Jess!» esclamai subito, perché sapevo che era quello che voleva. Ma era davvero quello che provavo? Mi sembrava strano che i miei due migliori amici si fossero baciati? Si. Mi dispiaceva? No. Dovevo aspettarmelo? Almeno da Jess, si. Mike non mi aveva detto della sua cotta, disgraziato.
«E tu, cos'hai fatto ieri?» ribatté lei, irritata dalla mia pausa di riflessione. O forse delusa, perché non le avevo chiesto altri dettagli.
«Niente di particolare. È stata solo la giornata più bella della mia vita, sono uscita a mangiare con CM Punk e ho incontrato Undertaker dal vivo nello stesso ristorante, e Kane ci ha dato delle sue impressioni politiche. Oh, ed eravamo in prima fila allo spettacolo della WWE e sono salita sul ring» Dissi, con tono pieno di nonchalance.
«Nooo, devi raccontarmi tutto! Ora!».
Fu il mio turno di narrarle quello che era accaduto ieri, mandando intanto un messaggio a papà per avvertirlo di passare a prendere la cena dai Black. Cercai di tagliare corto, anche se non potei trattenermi di fare "mmm" e "aah" alla mia stessa storia. Davvero avevo vissuto tutte quelle cose avventurose e bellissime? Moi?
Chiacchierammo un po' e, dopo aver decretato che era stato il giorno migliore della vita di entrambe, ci salutammo.
Sentii il rombo dell'auto di papà risuonare nel garage, e poco dopo sbattere la porta d'ingresso e l'armeggiare chiassoso di mio padre che sistemava l'attrezzatura da pesca.
«Ehilà, piccola!» Esclamò papà e lo salutai con la mano, mentre Dracula scendeva con un balzo dal comò e miagolando e pigolando ancheggiava fino ai piedi di papà.
«E ciao anche a te, piccolo cuoricino del papà!»
«Ehilà, papi» Soffocai un risolino. Quei due si amavano.
Papà si stava sciacquando le mani nel lavandino. «Dov'è il pesce?» Chiesi, appoggiandomi con i gomiti sul piano di lavoro.
«L'ho messo nel freezer, e ho portato anche la frittura e delizie varie di Harry Clearwater. Lo sai che è la mia preferita?» Disse lui, con lo sguardo acceso di entusiasmo
«Si, lo so. Hai visto Jake, passando da Billy?»
«No, cara, ma Billy ha detto che sta già meglio. Dormiva».
Mentre pulivo e friggevo il pesce, lui riordinava la cucina. Più tardi, eccoci seduti a tavola a mangiare in un silenzio confortevole, interrompendo di tanto in tanto le nostre attività per discutere qualcosa. La mia attività era mangiare pian pianino e leggere una vecchia copia di Cime Tempestose, che tanto era così vecchia che non avrebbe fatto differenza se ci finiva su un po' di olio. Non sembrava, ma ci ero affezionata a quel libro.
L'attività di papà era godersi la cena e cercare di passare del pesce a Dracula di nascosto da sotto il tavolo. Qualche volta lo lasciavo fare, qualche volta no.
«Tu cos'hai fatto oggi?» Chiese lui, interrompendo la mia lettura di un dialogo appassionatamente triste. Poveri sventurati.
«Beh, oggi pomeriggio ho letto e studiato un po'» Dissi «E ho giocato con Dracula. Oggi c'era brutto tempo, rischia di diventare nervoso a rimanere sempre chiuso senza sfogarsi mai»
«Tu dici?» Carlo mollò la forchetta, che cadde sul tavolo «Può avere problemi?» chiese, sbalordito
«Beh, si»
«Può fare male alla sua salute?»
«Lo stress non gli può fare bene. Ma ci prendiamo bene cura di lui, papà...»
«Gli comprerò dei giochini. Cos'altro piace ai gatti?». La forchetta era ancora sul tavolo. Sembrava rischiare un aneurisma, così gli risposi:
«Alcune persone installano delle mensoline in casa, così i gatti ci si possono arrampicare. Ma noi abbiamo già tutti i giochini, il tiragraffi...»
«Allora installerò delle mensoline. Se uno deve prendere un gatto, lo deve trattare bene». Ma a quel punto riprese la forchetta, segno che il peggio era passato. Gli diede da mangiare apertamente un pezzo di pesce dal suo piatto, come sfidandomi a contraddirlo.
Dracula lo prese dalle sua mani, delicatamente, e lo masticò arricciando il nasino e facendo le fusa.
Non lo contraddissi: erano troppo carini. Mi limitai a ridacchiare.
«Dopo mangiato esco» Gli dissi tranquillamente, radunando delle briciole di frittura dal piatto con la forchetta
«E dove vai?»
«Giù a La Push ho fatto amicizia con un gruppo di ragazze simpatiche, parlerò con loro stasera» gli dissi, evitando di dire una bugia. Le mezze verità erano una buona strategia per una pessima bugiarda.
Papà sembrava contento che la mia cerchia di amici si stesse allargando, ma guardò preoccupato il cielo fitto di nuvole dalla finestra «Ma sta per diluviare»
«Non ci bagneremo, tranquillo». Perché stavo mentendo a mio padre? Perché stavo andando a gettarmi nelle fauci del Minotauro dentro il suo labirinto, come una vergine sacrificale?
Per placarlo e tenerlo buono. Perché presto, con l'aiuto delle ragazze-lupo, tutto sarebbe finito.
Dopo mangiato sparecchiai e mi diressi a prendere l'impermeabile, in cui avevo già messo dello spray al pepe, l'alcool in bustina, l'accendino, e il mio ombrello verde fluo.
«È bellissimo» Dissi con un sorriso, sollevando l'arnese verso mio padre nell'attraversare il corridoio. Lui sbuffò.
«Non fare tardi, Bell»
«Non preoccuparti, papà. Torno a casa prima che posso».
Sgattaiolai fuori, salutando un'ultima volta Dracula, e armata di coraggio e di un ombrello verde mi infilai dentro il mio Chevy. «Allacciate le cinture» Bofonchiai tra i denti, mentre, ruggendo come un'orsa infastidita, il motore partiva.
C'era la pioggia, era importante guidare sicuri ed andare piano piano. Mi lasciai la casa alle spalle, immergendomi nei toni del blu stinto, del grigio e del verde muschio della Forks serale sotto la pioggia.
Poggiai il telefonino sul sedile accanto al mio ed avviai la chiamata a Sarah con il viva-voce.
«Pronto? Belarda, sei tu?»
«Ciao, lupa» Feci un sorriso timido, anche se ero completamente sola
«Ehi! Tutto okay con gli schifosi succhiasangue?»
«Non proprio».
Le raccontai tutto quello che era successo oggi, e quello che stava per succedere, con dovizia di particolari sulla loro malvagità e sulla planimetria della casa. Sarah mi bombardò di domande sui loro poteri, e risposi volentieri a tutte più in fretta e accuratamente che potevo.
«Tu sei matta» Mi disse «E ci stai tornando? Dopo che ti hanno rapita?»
«A questo punto, valuterò anche le loro capacità fisiche e la loro capacità di fare gioco di squadra» dissi tra i denti «Dopotutto, il baseball è lo sport americano per eccellenza. Vediamo come se la cavano i morti»
«Tu sei fuori» ripeté lei, ma con una rinnovata nota di rispetto ed ammirazione nella voce «Beh, Belarda, grazie. Sei stata molto, molto utile e sei follemente coraggiosa. Faremo in modo che non succeda niente, okay? Li facciamo fuori quegli schifosi. Tieni duro».
Non so come riuscii ad orientarmi, al buio e sotto quell'acquazzone, ma riuscii ad arrivare a casa Cullen sana e salva.
Bene. Che iniziassero i giochi.



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 Aggiorneremo la storia su questo blog un pò più lentamente che su wattpad, quindi se avete la app di wattpad, oppure vi piace leggere direttamente da quel sito, continuate a leggere la storia da qui

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