E invece non morii. Che plot twist!
Ma ci andai molto vicina. Quando riaprii gli occhi ero dolorante in ogni singolo punto del mio corpo, come se mi avessero infilata in una pressa gigante. In particolar modo la testa mi pulsava dolorosamente sul retro.
«Va tutto bene, Bella. Ti portiamo al sicuro».
Era la voce di Edward. Non avevo voce per replicare. Non avevo forze per muovermi. Ero semplicemente esausta, fisicamente ed emozionalmente.
Sfrecciavamo verso l'autostrada diretta a nord. Nella sua Volvo metallizzata. Avrei voluto strozzarmi fino a riperdere coscienza per non dover sopportare quel supplizio, ma non avevo abbastanza forza di volontà rimasta per farlo.
«Non immaginavo che fossi così annoiata dalla vita di provincia» Attaccò Edward «Mi sembrava che ti ci stessi abituando molto bene... soprattutto negli ultimi tempi. Ma forse mi sono illuso di averti reso la vita più interessante».
Sapevo che cosa voleva dire? No, non lo sapevo. Non me ne importava minimamente. Deglutii e scoprii che perfino la mia gola era dolorante.
«Bella, andrà tutto bene»
Non risposi, guardando fuori. Ero contenta di essere ancora viva, ovviamente, ma speravo che mi sarebbe venuto a salvare qualcun altro che non era capelli-pazzi, il vampiro stalker.
Il sorriso che mi rivolse era vuoto e scomparve immediatamente. Riprese a fissare la strada inespressivo e cupo.
«È colpa mia. È stato stupido esporti in quella maniera».
Capii che non aveva visto il grizzly vampiro. Era troppo tranquillo per aver visto una divinità oscura, l'essere la cui forza era inarrestabile. Come potevo essere ancora viva? Davvero l'espediente dei fiammiferi e dell'alcool aveva funzionato e lo aveva messo in fuga?
«Stasera ho analizzato bene la mente del segugio» Disse Edward a voce bassa «Temo che in ogni caso non sarei riuscito a impedire tutto questo. In un certo senso è colpa tua» era beffardo.
Avrei voluto ucciderlo. Come al solito, tutto normale se non fosse che forse avevo una commozione cerebrale e lui neanche se n'era accorto e quasi non riuscivo a muovermi ed ero terrorizzata e debole e stanca.
«Se il tuo odore non fosse così straordinariamente delizioso, forse non ne sarebbe stato toccato. Ma quando ti ho difesa... beh, ho peggiorato le cose e di molto. Non è abituato a essere ostacolato, e non importa quanto insignificante sia la preda. Non si ritiene altro che un cacciatore. La sua esistenza è fatta soltanto di pedinamenti, è sempre alla ricerca di nuove sfide. All'improvviso, gliene abbiamo fornita una su un piatto d'argento: un folto clan di forti guerrieri che proteggono l'unico elemento vulnerabile del gruppo. Non puoi immaginare quanto lui sia euforico in questo momento. È il suo gioco preferito e lo abbiamo appena invitato ad una partita più eccitante del solito» aveva la voce piena di disgusto.
Fece una pausa.
«D'altro canto, se fossi rimasto impassibile ti avrebbe uccisa seduta stante» disse. Era abbattuto, disperato, ma non quanto me.
«Il tuo profumo» Continuò «Non ha sugli altri lo stesso effetto che ha su di me. Ma questo non significa che tu non sia comunque una tentazione. Se il segugio, o uno degli altri due, si fosse sentito attratto da te come lo sono io, sarebbe stato inevitabile battersi immediatamente».
In un'altra occasione sarei stata scossa da quelle informazioni (tutti i vampiri volevano farmi fuori) ma dopo essere quasi morta per mano di un dio non-morto ursiforme tutto questo non sembrava più che la puntura di una vespa.
«A questo punto credo di non avere altra scelta» Mormorò «Sarò costretto a ucciderlo. E a Carlisle non piacerà».
Sentivo il rumore delle ruote che percorrevano il ponte, benché il fiume al buio fosse invisibile. Stavamo per arrivare a destinazione, la destinazione che lui aveva scelto per me.
«Sai come si uccide un vampiro?» Domandò, serio.
Non risposi. Ovviamente sapevo come si uccide un vampiro. Mi chiesi se sapeva già che avevo carbonizzato un'orecchia al suo fratellone adottivo.
«L'unica maniera possibile» spiegò «È farlo a pezzi e bruciarne i resti. La donna combatterà con lui. Non sono sicuro di Laurent. Il loro legame non è così forte... si è unito a loro soltanto per convenienza. L'atteggiamento di James, nel prato, lo metteva in imbarazzo».
Pensai che quelle informazioni, se avessi avuto un modo per farle sapere alle ragazze-lupo, sarebbero state utili. Le ragazze-lupo. Rividi in un flashback di realistica crudezza il corpo animale di Sarah che cadeva sull'asfalto, boccheggiando nel sangue. A quest'ora doveva essere morta da un pezzo, forse la sua bella pelle calda ora era già fredda come le rocce intorno a lei.
Non mi mossi di un centimetro, ma lacrime calde presero a scendermi lungo le guance. Lei aveva dato la vita per salvarmi e ora ero di nuovo in mano a Edward Cullen, un mostro folle e insensato che cercando di proteggermi mi aveva messa in pericolo e ora mi metteva in pericolo ancora, facendomi inseguire da James, un killer segugio con la smania di cacciare.
«Ci segue ancora. Però non attaccherà in casa. Non stanotte».
Giungemmo a casa dei Cullen. Non avevo forza per protestare. Edward arrestò la macchina, aprì la portiera, mi estrasse dal sedile e mi strinse al petto come una palla da football per poi portarmi dentro di corsa.
Facemmo irruzione nel grande salone bianco. Anche Alice era lì e non capii come potesse esistere ancora, dopo che il dio della morte, l'orso vampiro, aveva attaccato il suo mezzo. Erano tutti lì, tranne Emmett, e sentendoci arrivare si erano alzati. In mezzo a loro c'era anche Laurent, con i suoi occhi color vinaccia.
«È sulle nostre tracce» Annunciò Edward, dopo avermi deposto sul divano e aver inchiodato Laurent con uno sguardo.
Laurent non se ne mostrò affatto felice «Era ciò che temevo».
Alice danzò fino a raggiungere Jasper e gli disse qualcosa all'orecchio. Le sue labbra vibravano veloci e silenziose. Salirono spediti le scale, assieme. Rosalie li guardò, poi i suoi occhi d'oro mi lanciarono uno sguardo intenso, furioso. Chissà se lei sapeva che avevo sfigurato il suo bel fidanzatone.
«Cosa farà?» Chiese Carlisle a Laurent, con una voce da mettere i brividi
«Mi dispiace» rispose l'altro «Temevo proprio che tuo figlio, difendendo la ragazza, lo avrebbe scatenato»
«Lo puoi fermare?».
Laurent scosse il capo «Quando James si mette all'opera, niente può fermarlo»
«Lo fermeremo noi» promise Edward: le sue intenzioni erano inequivocabili
«Non ci riuscirete. In trecento anni non ho mai visto qualcuno come lui. È assolutamente letale. Per questo mi sono unito alla sua cricca».
La sua. Certo, quella a cui avevamo assistito nel prato era solamente una sceneggiata, il vero capo non era mai stato Laurent, ma l'anonimo, sottovalutabile e letale James.
Laurent scuoteva il capo. Mi guardò perplesso e si rivolse di nuovo a Carlisle
«Sei sicuro che ne valga la pena?».
Il ruggito infuriato di Edward riempì la stanza. Laurent fece un passo indietro. Carlisle lo guardò, severo
«Temo che sia il momento di fare una scelta».
Laurent capì, io no. Rimase per qualche secondo a pensare. Scrutò i volti di tutti, poi il salone dalla bianca mobilia, che era stato accuratamente ripulito dalle schegge e i cocci delle cose che avevo distrutto.
«Sono affascinato dallo stile di vita che conducete qui. Ma non mi ci voglio immischiare. Non vi sono ostile, ma non voglio mettermi contro James. Penso che mi dirigerò a nord, verso il clan di Denali» si interruppe qualche istante, poi riprese a parlare «Non sottovalutate James. È dotato di un cervello brillante e sensi impareggiabili. Sa muoversi bene quanto voi nel mondo degli umani e non vi attaccherà mai a testa bassa... mi dispiace per ciò che abbiamo scatenato. Mi dispiace davvero».
Chinò il capo, ma mi accorsi di un'altra occhiata di sconcerto verso di me.
«Vai in pace» Fu la risposta formale di Carlisle.
Laurent si guardò un'ultima volta attorno e raggiunse svelto la porta.
Il silenzio durò meno di un secondo.
«Quanto è vicino?» Carlisle guardava Edward.
Esme era già all'opera: con la mano sfiorò i tasti di un pannello segreto nel muro e con uno stridio un'enorme paratia d'acciaio iniziò a sigillare la vetrata sul retro della casa. Non avevo forze per essere entusiasta o per restare a bocca aperta, ma se le avessi avute l'avrei trovata una cosa fichissima.
«Circa cinque chilometri al di là del fiume. Ci sta girando intorno per incontrare la femmina»
«Qual'è il piano?»
«Noi lo porteremo fuori strada, Jasper e Alice accompagneranno Bella a sud»
«E poi?».
La voce di Edward era quella di un assassino spietato «Non appena Bella sarà al sicuro, gli daremo la caccia»
«Immagino che non ci sia altra scelta» rispose Carlisle, cupo.
Edward si rivolse a Rosalie.
«Portala di sopra e scambiatevi i vestiti» Le disse in tono perentorio.
Lei lo fissò irritata e incredula.
«Perché dovrei?» Sibilò «Cos'è lei per me? Nient'altro che una minaccia! Un pericolo a cui tu hai deciso di esporre tutti noi!».
Il suo tono era avvelenato. Quanto vorrei che Edward le avesse sempre dato ragione e mi avesse lasciata in pace.
Edward mi sorprese, distogliendo lo sguardo da Rosalie come se lei neppure avesse aperto bocca.
«Esme?» Chiese, senza scomporsi
«Certo» rispose lei, in un sussurro, facendosi comandare a bacchetta dal figlio.
In un batter d'occhio Esme fu al mio fianco, mi prese con facilità tra le braccia e mi portò su per le scale.
«Cosa facciamo?» Chiesi annoiata, appena mi ebbe deposta davanti a una stanza buia che dava sul corridoio del secondo piano
«Cerchiamo di confondere l'odore. Non durerà tanto, ma potrebbe esserci d'aiuto per farti scappare». Sentivo i suoi vestiti cadere per terra. Oddio, Esme si stava spogliando. Ma poi, i vampiri hanno il senso del pudore? E sotto i vestiti, erano fatti come gli esseri umani?
Le sue mani mi sfilarono la camicia, poi i jeans. Mi diede qualcosa che somigliava ad una camicetta. Con qualche difficoltà, riuscii a infilare le braccia nei buchi giusti. Poi mi passò un paio di pantaloni sportivi. Li indossai, ma erano troppo lunghi, i piedi non uscivano. Riuscii miracolosamente a mantenere l'equilibrio (la testa mi girava pazzamente e mi facevano male anche le piante dei piedi) solo dopo aver arrotolato più volte gli orli.
Lei, nel frattempo, era già dentro i miei abiti. Mi riportò alla scala, dove ci aspettava Alice che stringeva una borsa di pelle. Le due donne mi presero per i fianchi e i gomiti e mi trascinarono di corsa giù per la scalinata. Sembrava di levitare sulle scale.
Al piano di sotto i preparativi erano a buon punto. Edward era pronto a partire. Carlisle stava porgendo un piccolo oggetto ad Esme. Si voltò e ne porse uno identico ad Alice: era un microscopico telefono cellulare argentato.
«Esme e Rosalie prenderanno il tuo pick-up, Belarda» Disse rivolto a me, poi si volse nuovamente «Alice, Jasper, voi prendete la Mercedes. A sud i finestrini scuri vi saranno necessari».
Loro annuirono.
«Noi prendiamo la Jeep».
Fu una sorpresa scoprire che Carlisle avrebbe seguito Edward. Mi accorsi che la loro era la squadra dei cacciatori.
«Alice» Domandò Carlisle «Abboccheranno?».
Tutti si voltarono verso la ragazza, che chiuse gli occhi e restò immobile, pietrificata.
Infine li riaprì
«Il segugio pedinerà voi tre. La donna seguirà il pick-up. A quel punto noi dovremmo avere via libera» sembrava convinta.
«Andiamo» Carlisle si diresse verso la cucina.
Ma al mio fianco si materializzò nuovamente Edward. Mi strinse nella sua presa d'acciaio, fino quasi a soffocarmi. Incurante della presenza dei suoi familiari, mi alzò da terra e avvicinò le labbra alle mie. Non avevo la forza per ribellarmi, dovevo conservarla per i momenti preziosi, inoltre se mi fossi ribellata mi sarei fatta male. Ero esausta, esausta, esausta.
Sentii le sue labbra, fredde e dure, per un breve istante. Poi mi posò a terra accarezzandomi il viso, gli occhi ardenti fissi nei miei.
Quando si voltò aveva il vuoto, la morte nello sguardo.
E se ne andarono.
Gli altri furono tanto rispettosi da distogliere lo sguardo da me, mentre il mio volto si rigava di lacrime mute, sempre più copiose.
Il silenzio si trascinò fino a quando il telefono vibrò nella mano di Esme. In un lampo lo portò all'orecchio.
«Ora» Disse.
Rosalie si affrettò verso l'uscita senza degnarmi di uno sguardo, Esme invece mi sfiorò una guancia.
«Stai attenta».
Sentii il suo sussurro dietro di me, mentre le due donne si dileguavano fuori di casa. Udii il motore del pick-up rombare e poi allontanarsi.
Jasper e Alice attendevano. Alice aveva già portato il telefono all'orecchio, prima ancora che iniziasse a vibrare.
«Edward dice che la femmina è sulle tracce di Esme. Vado a prendere la macchina» riferì e sparì nell'ombra, come Edward poco prima.
Io e Jasper ci guardammo. Restava dall'altra parte del corridoio, a distanza e... attento.
«Lo sai che ti sbagli, vero?» Disse piano
«Cosa?» domandai, sfiatata
«Sento ciò che stai provando adesso e ti dico che sono sicuro che ne vali la pena»
«Già» bofonchiai.
In silenzio, Alice entrò e mi si avvicinò, con le braccia tese.
«Posso?»
«No».
Lei ignorò la mia risposta e mi prese fra le sue braccia snelle con la stessa facilità con cui l'aveva fatto Emmett, facendomi da scudo, e schizzammo fuori dalla porta lasciandoci alle spalle le luci della casa.
Ricaddi nelle tenebre del sonno, sperando che anche questa volta mi sarei risvegliata e che non sarei morta in braccio ad una vampira nana.
Mi risvegliai, confusa. Avevo la testa annebbiata, affollata di sogni e incubi. Impiegai molto più del dovuto per rendermi conto di dove mi trovassi.
Una stanza così anonima poteva trovarsi soltanto in un albergo. Le abat-jour fissate ai comodini erano un indizio inconfutabile, così come le tende dello stesso tessuto del copriletto e le stampe appese alle pareti.
Mi sforzai di ricordare come ci fossi arrivata e la verità mi colpì in faccia come un mattone.
Avevo ancora sonno. Ma i miei occhi non cedevano: se solo li chiudevo, riaffioravano immagini troppo vivide, intollerabili, come diapositive nascoste sotto le palpebre. Il ringhio brutale di Edward, le corse in automobile contro la mia volontà, Jacob che mi cacciava in malo modo con i suoi occhi cattivi, Sarah agonizzante in una pozza di sangue, l'orso, l'orso, l'orso mostro con i denti insanguinati e la gobba di muscoli e grasso e gli artigli, l'orso, l'orso...
Mi sforzai di combattere la stanchezza. Guardai la radiosveglia sul comodino. Secondo le cifre rosse luminose erano le tre in punto, chissà se di notte o di pomeriggio. Dalle tende spesse non trapelava un filo di luce, la stanza era illuminata soltanto dalle lampadine.
Mi alzai, contratta, e barcollai fino alla finestra per guardare fuori.
Era buio. Perciò erano le tre di notte. La mia stanza dava su un tratto deserto di autostrada e sul nuovo parcheggio dell'aeroporto. Fu quasi rassicurante, riuscire a identificare spazio e tempo.
Indossavo ancora gli abiti di Esme e non mi andavano affatto bene. Mi guardai intorno e notai con piacere la mia sacca da viaggio sopra il letto.
Mi avvicinai per tirarne fuori qualcosa da mangiare, ma qualcuno bussò alla porta, spaventandomi.
«Posso entrare?» Chiese Alice
«No» ringhiai.
Lei entrò e mi rivolse un lungo sguardo indagatore
«Sembri strapazzata, potresti concederti qualche altra ora di sonno» disse.
Feci cenno di no, mentre assalivo cracker e cioccolatini. Avevo una fame terribile, con tutte le energie che avevo perso.
Si avvicinò in silenzio alle tende e le chiuse con cura, prima di rivolgersi di nuovo a me
«Ci toccherà restare al chiuso»
«D'accordo» la voce mi si incrinò, debole e rauca
«Hai sete?»
«Si. Si, per favore... acqua...».
Alice sparì danzando nell'altra stanza e ritornò con un singolo bicchiere di cristallo colmo d'acqua. Io avrei avuto bisogno di almeno due litri d'acqua, ma accettai l'offerta e bevvi avidamente. Quello era il vero bacio degli dei.
Lei sorrise
«Ti ho ordinato qualcosa da mangiare, è di là, nell'altra stanza. Edward mi ha detto di ricordare che voi vi nutrite molto più spesso di noi».
Subito mi sentii più vigile. Mi guardai le braccia, da cui affioravano leggeri lividi, poi mi diressi verso l'altra stanza. Il salotto della suite era illuminato fiocamente da un televisore dalla quale proveniva un cupo brusio di voci. Jasper era immobile, seduto alla scrivania nell'angolo, e osservava il notiziario senza il minimo interesse.
Mi sedetti per terra, accanto al tavolino sul quale mi attendeva un vassoio pieno di cibo, e iniziai a mangiare con grande appetito dei noodles freddi al manzo. Aprii una lattina di thè verde con miele AriZona e ne presi una lunga, deliziosa, sorsata. Non sapevo se ero mai stata così contenta in vita mia di mangiare del cibo preconfezionato.
Alice si appollaiò sul bracciolo del divano e si mise a fissare a vuoto la tv, come Jasper. Erano immobili, fin troppo. Non staccavano gli occhi dallo schermo, nemmeno quando c'era la pubblicità.
«Sentite» Dissi, cercando di schiarirmi la voce «Io... ehm... vado giù al bar a prendermi un dolcetto. Me lo sono meritata, no?».
Alice girò la testa per guardarmi, prese dalla tasca il portafogli e mi allungò una banconota da cinquanta dollari
«Va bene» disse «Prenditi quello che vuoi, hai proprio bisogno di distrarti».
Lo disse con una strana tensione nella voce, come se anche lei stesse cercando di distrarmi da qualcosa. Presi i soldi (cinquanta bigliettoni fanno sempre comodo), poi le chiesi
«Cosa c'è che non va, Alice?»
«Niente»
«Cosa facciamo adesso?»
«Aspettiamo la telefonata di Carlisle»
«Avrebbe già dovuto chiamare?».
Quasi centro: lo sguardo di Alice incrociò il mio e per un istante si fermò poi sul telefonino, sopra la borsa di pelle.
«Cosa significa che non ha ancora chiamato?»
«Significa soltanto che non hanno niente da dirci».
Ma la sua voce era troppo piatta e l'atmosfera troppo tesa. Qualcosa era andato storto. Forse Edward era morto, in tal caso dovevo proprio andare a spendere cinquanta dollari in dolci e festeggiare di brutto, almeno per ignorare i dolori da vecchietta artritica che mi ritrovavo dopo essere stata investita da un orso.
Immediatamente Jasper affiancò Alice, avvicinandosi a me più del solito
«Belarda» disse con voce dolce, fin troppo sospetta «Non c'è niente di cui preoccuparsi. Qui sei al sicuro, fidati»
«Va bene» annuii «Ora vado a... prendermi un dolce...».
Mi misi i cinquanta dollari in tasca, afferrai dal vassoio un pacchetto di patatine, lo aprii e uscii dalla stanza a piedi nudi, mangiucchiando le chips.
I corridoio dell'albergo erano lunghi e azzurrognoli e mi accorsi che la struttura era mooolto più grande di quanto non avessi immaginato. Camminai alla ricerca delle scale finché non sentii una voce stranamente familiare che canticchiava.
Mi immobilizzai: in un clima del genere qualunque voce familiare poteva significare pericolo. Poi vidi spuntare una testa ricoperta da capelli neri e lisci lunghi fino alle spalle, di un tizio con un piercing al labbro.
«CM Punk?» Domandai
«Oh!» lui sorrise, sventolando un cornetto caldo nella mia direzione «Guarda chi si vede! Anche tu affamata?»
«Si, stavo per scendere al bar e... ma tu che ci fai qui?»
«Ma come che ci faccio? Siamo a Phoenix, abbiamo appena finito uno show. Tu che ci fai qui?»
«Siamo a Phoenix» ripetei «Si. Giusto, me l'ero scordata»
«Ti eri scordata di essere a Phoenix?» Punk era preoccupato e mi si avvicinò rapido «Ehi, che succede?»
«Niente» tagliai corto «Non preoccuparti. Mi sono solo svegliata nel cuore della notte e sono ancora mezza addormentata»
«Ah, ok. Sei qui con quel ragazzo, come si chiamava, Jacob? Era simpatico, mi piaceva»
«No. Credo che abbiamo litigato»
«Credi?»
«Non ne sono sicura. Era tutto strano»
«Mi dispiace» diede un bel morso al suo cornetto caldo «Ehi, vuoi che ti accompagno al bar? Non ho sonno»
«Stai bene?»
«Io, certo. Sei tu che sembri uno straccio. Guarda che occhiaie brutte che hai! Sembri un vampiro».
Alla parola vampiro trasalii. Guardai bene la faccia di CM Punk, poi iniziai a vagare con lo sguardo. Erano in quell'albergo perché avevano fatto uno show a Phoenix. Questo significava che...
«C'è anche Undertaker?» domandai, ansiosa
«Vuoi riprovarci con l'autografo? Eh, furbacchiona!»
«No» dissi in fretta «No... temo di essere... no»
«Ehi, che succede? Sei diventata pallidissima. Va tutto bene?».
D'improvviso ebbi un flashback dell'orso. Un orso più o meno alto come Undertaker. Edward mi aveva detto che Taker era un vampiro, Sarah mi aveva detto che anche l'orso lo era. Potevano essere la stessa cosa? Una bestia primordiale, incontrollabile, capace di trasformarsi, che per qualche motivo mi voleva morta?
«Ehh...» Disse Punk «Sembra che hai visto un morto. Battuta ricercata, ovviamente. No, sul serio, che c'è?»
«Taker è stato strano, oggi?» chiesi in fretta
«Strano? Lui è sempre strano. Ma si, può darsi. Non ha combattuto, anche se c'era un suo match nella card. L'ha sostituito Kane. Sembrava molto... arrabbiato. Fossi in te non cercherei di prendere un autografo ora, è un'idea suicida» ridacchiò, poi si fece serio «Tu ne sai qualcosa?»
«N-no»
«E allora perché me lo chiedi?»
«Proprio perché non ne so niente»
«Ma mi hai chiesto se è stato strano. Come facevi a sapere che è stato strano?»
«Ehm... devo andare, ciao» feci per correre giù dalle scale, ma ero stanca, troppo stanca, e lui mi afferrò per un braccio
«Ragazzina! Aspetta! Che c'è?».
Mi sfuggì un gemito di dolore: qualunque contatto troppo brusco mi faceva male. Lui mi lasciò andare.
«Tu sei malata» Mi disse «E non ti sto insultando, intendo, malata fisicamente»
«No, sto bene» mentii «Ho solo bisogno di mangiare»
«Che è successo? Hai litigato con il tuo amico perché lui ti ha picchiata? Vedo un livido spuntarti sul collo» disse, indicandolo «E ti ho fatta male prendendoti. Non sono stupido»
«No, non lo sei» sospirai «È per questo che mi piaci così tanto. È per questo che piaci così tanto a tutti. Io ti adoro, CM Punk, ma devi stare fuori da questa storia. Per il tuo bene. Per favore»
«Eh no, se mi dici così lo sai che non posso resistere e devo entrare in questa storia!»
«Per il tuo bene» borbottai di nuovo
«Oh, andiamo piccola! Che cosa sta succedendo?».
Le luci del corridoio sfarfallarono.
«Devo andare» Dissi.
Ma CM Punk mi seguì fino al bar, in fondo alle scale, e si offrì di pagarmi un dolce. Ovviamente non me lo feci ripetere: dolci gratis da tutti! Comprai una fetta di torta con la confettura di fragole e mi sedetti a un tavolino per mangiarmela con calma. Molto discosto da noi, seduto ad un tavolo con due bambini che non potevano avere più di dieci anni ciascuno, c'era John Cena.
Sarebbe stato un piccolo paradiso se non fosse stato per il dolore che provavo in tutto il corpo, per la consapevolezza che c'erano ben due Cullen con me e che nell'albergo si aggirava un orso vampiro mannaro che aveva cercato di farmi fuori e che possedeva Jacob Black per renderlo... che so io, un altro orso mannaro oppure il nemico ufficiale di Belarda Cigna.
Punk finì il suo cornetto e ne attaccò un altro
«Raccontami tutto» disse «Ogni dettaglio»
«Non c'è niente da raccontare» dissi, mosciamente
«E allora che te l'ho offerta a fare, la torta? Inizia a dirmi come mai sei qui»
«Questa è la mia città natale» confessai «Cioè, no, in realtà sono nata a Forks, ma sono cresciuta a Phoenix, dove abita anche mia madre, con il suo ragazzo Phil. Sono venuta qui per trovarla, insieme a due amici. E oggi ho avuto una giornataccia, tutto qui»
«E i lividi?»
«Incidente automobilistico. Ho investito un orso»
«Sul serio?» i suoi occhi brillavano di interesse «Hai investito un orso? Spero che la tua assicurazione copra questo genere di incidenti!»
«Beh, l'ho fatto con la macchina di Jacob Black, quindi forse no» mi strinsi nelle spalle «E ora sai tutto. Sai perché sono qui, sai perché io e Jake abbiamo litigato e sai perché sono tutta acciaccata»
«Ah, mi dispiace per gli acciacchi» disse, un po' mortificato «Se ti può consolare ti offro un altro pezzo di torta»
«Non preoccuparti» scossi la testa «Ho cinquanta dollari da spendere in dolci, in tasca. Prendi tutto quello che vuoi, offro io»
«Avresti dovuto fare così anche al Purple qualcosa caffè» ridacchiò «Avresti ottenuto l'autografo di Taker in un batter d'occhio»
«Beh» mi rabbuiai «Non sono sicura di volere ancora il suo autografo»
«E perché no?» la sua espressione si ammosciò «Che è successo?»
«Niente. È che... ne parli come se... non fosse una persona a posto. Sai e poi ti ha disconosciuto nel bar, quando non avevi i pantaloni, non è stato gentile»
«No, lui è a posto» si affrettò a dire Punk «È un po' cupo, va bene, ma è bravo. Ed è tutta colpa mia se mi ha disconosciuto. Cioè, no, è anche colpa sua, ma sono cose che facciamo tra colleghi, non è niente di terribile»
«Davvero?»
«Davvero» lui annuì «Non devi pensare che sia cattivo. È il personaggio, non la persona. E lui tiene molto al suo personaggio. Anche se a volte è anche la persona» borbottò infine, per poi sorridere radiosamente «Anzi, sai che cosa? Mi procurerò io per te quegli autografi e te li manderò per posta! Mi dai il tuo indirizzo?».
Non potevo rifiutare, così gli scrissi il mio indirizzo su un tovagliolino da bar, dopo che lui ebbe preso a prestito una penna da John Cena (che ne aveva sempre con sé per firmare gli autografi). Mangiammo dolci fino a sentirci pieni. Lui disse che aveva i sensi di colpa, perché un wrestler non dovrebbe fare cose del genere, ma alla fine mi rivelò che effettivamente lui mangiava un bel po' di dolci (e che CM in CM Punk stava per "Cookie Monster").
Alla fine, molto più rilassata, mi feci accompagnare da lui su per le scale. Arrivati al mio piano ci separammo.
«Io sto al piano di sopra» Mi disse «Quindi ora vado. È stato divertente!»
«Fallo anche con altri fan, mi raccomando» gli feci l'occhiolino
«Oh, ma io lo faccio sempre con i miei fan preferiti!»
«Sono una preferita!» esclamai, posandomi una mano sul cuore
«Ci puoi scommettere, bimba!»
«Grazie! Buonanotte e sogni d'oro»
«Buonanotte, Belarda».
Ognuno andò per la sua strada. Avrei voluto fischiettare, ma rischiavo di disturbare un sacco di gente che dormiva, così mi limitai a camminare con un gran sorriso (o sorridevo o piangevo, con tutti gli acciacchi che mi ritrovavo). Le luci sfarfallarono di nuovo. Normalmente non ci avrei fatto caso, ma questa volta mi girai.
In fondo al corridoio, in piedi, c'era un uomo così grosso che sembrava riempire lo spazio fino al tetto. Aveva le spalle larghe, un fisico insieme potente e asciutto, e se ne stava in piedi a gambe leggermente divaricate. Sembrava fissarmi. Immaginai che non fosse Hagrid venuto a dirmi che ero una strega.
Cercai di raggiungere la camera di Alice e Jasper più in fretta che potevo, ma mi accorsi di aver palesemente sbagliato piano, impegnata com'ero a chiacchierare con CM Punk. Adesso dovevo tornare indietro per scendere le scale e l'uomo si stava avvicinando con passi pacati, eleganti. Non sarei riuscita a passargli davanti per scendere, non ero abbastanza veloce, forse non ero abbastanza coraggiosa. Per fortuna mi ero imbottita di zuccheri abbastanza da essere sveglia, così avrei potuto vedere con lucidità la mia morte... ma che cosa stavo pensando? Non volevo vedere con lucidità la mia morte.
La figura immensa si avvicinava. Sempre di più. Distinsi i suoi lineamenti, la barba corta e folta che gli ricopriva il mento, il brillio verdastro delle sue chiare iridi.
Mi chiesi cosa sarebbe successo se avessi bussato ad una camera a caso per farmi salvare, ma prima ancora che avessi il tempo di allungare il pugno contro uno dei pannelli di legni, lui mi fu davanti ed era gigantesco e terrificante.
«Perché?» Gli domandai
«Perché cosa?» fece lui, con voce gentile.
Fu come se un incantesimo si fosse spezzato. Non c'era nulla di terrificante nelle luci che avevano sfarfallato: era solo il quinto neon che era vecchio e continuava ad accendersi e spegnersi. Undertaker non sembrava arrabbiato, solo un po' confuso, e indossava un pigiama di flanella stampato con un motivo plaid nero e grigio che probabilmente era il pigiama di flanella più grosso mai creato. Era in ciabatte e portava i lunghi capelli sciolti sulle spalle.
«Io... ehm... perché ti sei avvicinato? Se non sono indiscreta» Farfugliai
«Io... penso... non sei quella di Seattle? Con l'arena che, sai, era... vuota? Come sta il tuo ehm... amico?» farfugliò più di me
«Ah, bene. Si. Anche se abbiamo... litigato credo. Perché ho investito un orso»
«Un orso?» lui aggrottò le sopracciglia «Oh, mi dispiace tantissimo! Stai... stai bene?»
«Si. Cioè, qualche livido» ridacchiai nervosamente, ma sottovoce
«E l'orso? Sai come sta l'orso?»
«Se ne è andato. Credo. Non lo so, ero confusa»
«Ok» disse lui, indietreggiando «Volevo solo sapere... per il tuo amico, sai... sono contento che stia bene»
«Mi hai vista da lontano?» domandai in fretta «Cioè, come facevi a sapere che ero io...»
«Perché tu...» si passò una mano fra i capelli «... Ti ho sentita con Punk»
«Ah»
«Allora buonanotte»
«Buonan... no, un momento» presi il coraggio con tutte le mani che avevo (due) e il mio tono non tremò quando dissi «Voglio delle risposte»
«D'accordo» acconsentì lui «Che vuoi sapere?».
Era così facile? Ok, lo speravo. Inspirai a fondo
«Scusami se te lo chiedo, ma... cosa è successo fra te e Edward nel parcheggio?»
«Gli ho detto di non cacciare in città, anche se non mi ha preso sul serio» rispose Undertaker, improvvisamente più fermo anche lui «I vampiri oggi credono di poter fare quello che vogliono. Gli ho anche detto di lasciarti in pace, ma lui ha detto qualcosa sul fatto che sono un mostro. Ho passato tutto il tempo a capire cosa diavolo stesse dicendo. Quel ragazzo parla da solo con sé stesso come se non ci fosse nessun altro al di fuori di lui»
«Oh si, puoi dirlo forte» annuii «Quindi sai di questa cosa dei vampiri?»
«Mi chiederei come sei tu invece a saperlo, visto che sembri molto giovane e molto umana, ma immagino che sia perché quel ragazzo ti sta dietro come un cagnolino, vero?»
«Esattamente» annuii ancora «È insopportabile»
«E allora perché sei qui con la sua famiglia?»
«Come fai a sapere che sono qui con la sua famiglia?»
«Come fai a sapere che sono qui con la sua famiglia?»
«Posso sentire il loro odore. Sono quella piccola e quello alto che ha sempre sete. Li ho visti nel ristorante. Che ci facevano in un ristorante se... se non sono indiscreto?»
«Stalkeravano me» borbottai
«Oh. Ti hanno rapita? Per sapere»
«Si»
«E vuoi che ti liberi?»
«E come?»
«Uccidendo i vampiri, è ovvio» disse lui, con una voce così rilassata e naturale che sembrava che stesse dicendo "l'ananas non si taglia con un coltello da prosciutto, è ovvio".
Rimasi come stordita. Jasper e Alice erano innaturalmente veloci e forti e Alice poteva prevedere il futuro, quindi non vedevo come avrebbe potuto avvicinarli senza essere prima previsto e poi neutralizzato. Glielo dissi.
Lui indietreggiò ancora
«Non importa se mi prevedono, sai» disse «Vuoi che li uccida o no?»
«Ci sono altri vampiri a piede libero e...» ansimai.
Volevo davvero che Taker si mettesse a rischio per salvarmi la vita? Una ragazza-lupo era già morta per salvarmi. Nessun altro avrebbe avuto la stessa sorte: mi sarei salvata da sola.
«No» Dissi infine «Posso cavarmela benissimo da sola»
«Come vuoi» si strinse nelle spalle brevemente «Buonanotte. Se cambi di nuovo idea, sai, fammelo sapere»
«Come?»
«Chiamami»
«Aspetta. Non ho il tuo numero né niente, io...»
«Chiama il mio nome» disse lui, con voce seria e roca «Io verrò»
«Ok» risposi, stordita «Va bene. Ho un'ultima domanda»
«Dimmi?»
«Beh, in verità sono due domande. Posso... posso farle lo stesso?»
«Se non sono troppo personali»
«Potrebbero esserlo. Sei un vampiro?»
«No. Certo che no» l'ombra di un sorriso piegò l'angolo morbido della sua bocca «Che razza di domanda è?»
«E sei un orso mannaro?».
Lui attese per qualche istante prima di rispondermi, come se lui stesso non sapesse se era oppure no un orso mannaro. Alla fine fece un vago movimento con la mano
«No. Non proprio. Direi di no. No»
«Allora buonanotte»
«Buonanotte e niente sogni».
Si allontanò ammantato di un silenzio spettrale. Non potei fare a meno di chiedermi se quello che Edward mi aveva detto riguardo al suo potere, quello di manipolare i pensieri della gente, fosse vero. Perché in qualche modo sentivo di essere stata manipolata per essere totalmente dalla sua parte e non mi dispiaceva neanche un po'.
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E visto che siamo tutti un po' tesi, ecco un bonus speciale! Siamo in albergo, no? E siamo in Arizona! Con soldi illimitati! Ecco un po' di personaggi che si divertono..
Alice Cullen si gode la piscina dell'albergo di Phoenix, scintillando.
CM Punk è felicissimo di avere due cornetti! Ommiddio, cornetto!
Jasper è un musone, non gli piace uscire dall'albergo. Si, sta guardando male il telegiornale.
Belarda si gode i dolci che ha comprato con cinquanta dollari. E diamogliela una soddisfazione!
Taker si è perso di nuovo, ma è troppo timido per chiedere indicazioni, così vaga come un'anima in pena.
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