giovedì 14 aprile 2022

Iris Letalis 2. Suave

 +INDICE+
 



Alessandro si svegliò in ospedale, dolorante. Non ricordava neanche di essere svenuto, ma ora si sentiva esattamente come immaginava che la vittima di un pestaggio dovesse sentirsi. Gli facevano male le labbra, la mascella, le costole e l’occhio destro. “Mika” Pensò “Quel gran bastardo mi ha conciato proprio per le feste. Non ha i freni inibitori, forse per questo è così pericoloso. Dannazione! Non sono riuscito a chiedergli quella cosa…”.
«Oh, vedo che ha ripreso conoscenza» Disse una voce femminile.
Alessandro alzò lo sguardo e fra le palpebre socchiuse dell’occhio tumefatto vide avvicinarsi una donna tutta vestita di bianco. “Un angelo?” Si disse “Ma no, è solo una dottoressa col camice… e se gli angeli avessero il camice? Potrei scriverlo in uno dei miei libri”.
La donna gli parlò con tono gentile.
«Lei» Disse «Ha subito una serie di traumi non indifferenti, signor Cattelan»
«Lo so» Alessandro provò a ridacchiare, ma gli facevano male le costole e lasciò perdere
«Io sono la dottoressa Comello, molto piacere»
«Ale… Alessandro. Mi chiamo Alessandro»
«Lo so, signor Cattelan. Ora mi dica: chi l’ha ridotta in questo modo?»
«Nessuno. Sono caduto dalle scale»
«Dovrebbe essere una battuta che fa ridere?»
«Sì. In teoria sì» Alessandro si sforzò di tirare un sorriso sulle labbra gonfie
«Signor Cattelan, c’è la polizia nella sala d’aspetto. Vuole sporgere denuncia?»
«No. Oh, certo che no» si affrettò a dire l’uomo.
La dottoressa Comello sgranò gli occhi ed estrasse una penna una penna a scatto dal taschino, iniziando a giocherellarci.
«Perché no, signor Cattelan?» Domandò incredula
«Eeeeh» fece l’uomo, con un lungo sospiro «Diciamo che me lo sono meritato. Diciamo che è stato un amico a farmi questo» “E diciamo pure che se la polizia scopre chi sono finisco al fresco per qualche annetto” aggiunse mentalmente l’uomo, sollevandosi su un gomito. Una fitta di dolore lo fece ricadere indietro sui cuscini.
«Lei ha una costola incrinata, ecchimosi varie ed estese e ha perso un molare. Il dente è stato ritrovato, comunque, e potrà rimetterlo a posto» Spiegò la dottoressa
«Grazie mille. Grazie mille davvero, perché vede, il mio sorriso è la mia principale arma di seduzione e poi io ci lavoro anche, perciò passino gli occhi gonfi (che tra parentesi passano davvero, non è che saranno gonfi per sempre), ma il dente in meno no, proprio no, quello me lo devo aggiustare appena esco di qui»
«Signor Cattelan?»
«Sì, dottoressa Comello?»
«Lei sta flirtando con me?»
«No, le giuro, sono naturalmente logorroico. Peggio della peste. Non mi consiglierei a nessuna donna».
La dottoressa si concesse un sorriso divertito, inclinando la testa verso il basso.
«Si rilassi, signor Cattelan. Ancora una visita di controllo e la potremo mandare a casa. Nel frattempo le prescrivo un antidolorifico e antinfiammatorio, va bene?»
«Va assolutamente benissimo, dottoressa Comello».
La donna sorrise, annuì e lasciò la stanza. Alessandro si passò la lingua sui denti e cercò di capire che odore avesse il suo alito. Sapeva di sangue secco. Mentre il signor Cattelan rimuginava su come rendere il profumo (e il sapore) del suo alito sopportabili, almeno a sé stesso visto che gli sembrava di aver masticato del letame, tre persone entrarono nella stanza. Una era una donna dai capelli nerissimi, gli occhi grandi sottolineati da un filo di trucco, l’altro era un uomo con la barba un po’ sfatta, corti capelli color carbone e un volto spiccatamente meridionale, l’ultima figura portava una maschera che le copriva interamente il volto e una sorta di cappa, stampata con minuscole x rosse, che ne nascondeva le forme, impedendo di indovinare se fossero virili o femminee.
Cattelan li riconobbe e gli venne un nodo alla gola (“Come se non bastasse l’alito puzzolente” pensò): erano Elodie e Marracash, i gestori del Suave, uno dei locali più in di Milano. Sempre se i giovani usavano ancora il termine “in” per definire la roba alla moda.
Alessandro Cattelan era stato al Suave decine e decine di volte, ma in particolare conosceva il suo piano inferiore segreto (o meglio, non era segreto, il comune lo sapeva che l’avevano costruito, solo che ufficialmente era uno scantinato per birre e altri alcolici) che nelle notti di plenilunio si trasformava in un’arena per combattimenti clandestini. Il torneo “Luna Loca”, ospitato nel piano sotterraneo del Suave, era il secondo più popolare evento di quel genere e Alessandro sognava di vincerlo ormai da due anni. Che c’è, mica tutti i sogni possiamo portarceli dietro da quando siamo bambini? Si vive meglio realizzandoli in fretta e passando al sogno successivo, ammesso e non concesso che si sia in grado di farlo.
E queste cose, Alessandro, era capacissimo di farle.
«Ciao, vecchio bastardo» Salutò Marracash, facendo un passo avanti «Guarda come sei ridotto…»
«Ciao Marra. Non ti dico bastardo però»
«Tranquillo, non mi offendo»
«Non ti dico bastardo perché è proprio il tuo nome che è un sinonimo per bastardo, Marra».
Se l’uomo si era risentito non lo diede a vedere, anzi sorrise. Poco, ma sorrise. La donna, Elodie, invece rimase impassibile.
«È vero quello che dicono?» Domandò Marracash
«Chi, i no-vax? Non credo che sia vero, no, personalmente anzi tendo a credere che questa visione oscura, contorta e complottista della realtà sia colpa di un progressivo decadimento del valore dell’istruzione, proprio inteso come se la gente non capisse più quanto è importante un sapere razionale, un po’ come quando una volta si…»
«Dicono che è stato Mika a ridurti così» lo interruppe Marracash
«Oh. Quello! Sì, quello è vero»
«Dove si trova adesso?»
«Non ne ho la più pallida idea, Marra»
«È una cosa seria, Alessandro, accidenti! Dov’è finito Mika?».
Alessandro provò a ridere, ma la faccia gli faceva troppo male, perciò tossì sommessamente.
«Mi ha steso come un titano pazzo. Non mi ricordavo più neanche di essere una persona, Marra! Come pretendi che io sappia dov’è andato! Non c’è più al MyMood? È lì che l’ho incontrato»
«Lo so. Lo sanno tutti. Ma non era più lì quando siamo andati… quindi non sai…»
«Non so. Senti, ma che vuoi da lui? Quello spezza te come ha spezzato me, ci si pulisce i denti con la tua spina dorsale, tipo spazzolino oversize. Non ne vale la pena»
«È che ho… ho trovato qualcuno per lui. Un avversario alla sua altezza, Alessandro, qualcuno capace di batterlo».
Cattelan batté le palpebre, stordito come se avesse ricevuto un altro pugno. Rimase così, confuso e zitto, per quasi venti secondi prima di rispondere.
«E quindi tu vorresti vendere i biglietti per questo incontro leggendario?»
«Proprio così» ghignò Marracash
«Se il tuo campione si dimostrerà in grado di battere Mika, allora potrebbe vincere anche l’X-Factor, ci avevi pensato?»
«Non mi interessa dell’X-Factor! Se il mio campione batterà Mika sai che cosa succederà? Tutti gli spettatoti e scommettitori abituali dell’X-Factor verranno ad assistere al torneo che io organizzerò!»
«Il Luna Loca? Vuoi rendere il tuo Luna Loca più popolare dell’X-Factor?»
«La credi una follia?»
«No no, mi sembra una splendida idea in realtà. Può funzionare! Se vuoi posso aiutarti»
«Ma se hai detto che non sai dov’è Mika! Come pensi di aiutarmi?»
«Senti, quello lì è matto, come un cavallo a cui abbiano infilato due pepi di cayenna nel naso, e non sarà facile ragionarci e convincerlo a partecipare all’incontro che hai organizzato per lui. È sfuggente, capisci?»
«Ah ah»
«Io posso aiutarti a trovarlo e posso convincerlo»
«Dopo tutte le botte che t’ha dato, non sembri particolarmente convincente» lo schernì Marracash, sollevando un sopracciglio
«Ma a te cosa costa darmi fiducia? Non dovrai pagarmi se non a lavoro finito»
«Ah sì? E quanto vuoi?»
«Voglio solo il dieci percento dei ricavi dal tuo incontro, quello fra il misterioso campione che hai scelto e Mika. Che ne pensi? Tutto qui, tutto il resto te lo puoi tenere, non voglio un centesimo degli incassi del Luna Loca. Allora, affare fatto?».
Marracash guardò verso la donna, come a chiederle conferma con lo sguardo. Lei batté lentamente le palpebre. Le sue labbra lucide, leggermente argentate, non si incurvarono né in un sorriso né in un broncio prima che lei parlasse.
«Avrai il sette percento, Cattelan» Disse
«Ma è troppo poco!» si lamentò Alessandro «Non posso mica mettere in pericolo la mia vita per duecento euro o giù di lì! No, no, scusa, non posso accettare un compenso così ridicolo, perché insomma, già il dieci percento fa schifo, tu mi vuoi dare ancora di meno e io farò tutto il lavoro, no, non ci sto!»
«Il sette percento» ripeté la donna, impassibile
«Il dodici» la sfidò Alessandro
«Ma prima sei stato tu a dire dieci»
«E ora voglio il dodici! Dieci è veramente poco e sette pure di meno, non mi pare il caso di…»
«Sette percento o non esci vivo da questo ospedale» tagliò corto la donna
«Sì. Hai ragione, sì, il sette percento è onestissimo, va bene, accetto. Ma perché devi sempre essere cattiva con me, Elo?»
«È perché mi chiami “Elo”» rispose la donna, con un forzato sorriso tutto denti che durò meno di due secondi.
Alessandro Cattelan sospirò e anche questo gli fece male. «Va bene» Sussurrò «Per il sette percento del ricavato del match, porterò Mika al Suave, ma da lì in poi dovrete essere voi a vedervela con lui, va bene?»
«Lo porterai al Suave? Dentro, fino al ring, prima dell’inizio del Luna Loca?» volle sapere Elodie
«Sì, lo porterò al Suave, promesso»
«Allora va bene. Considera l’affare concluso, Cattelan»
«E non mi dai neanche la mano? Aspetta, dove vai? Ehi, mi lasciate in camera da solo? Tornate qui!».


Capitolo successivo >

Nessun commento:

Posta un commento

Lettori fissi