lunedì 24 novembre 2025

Lysande che piange 10. Sangue, parte 1

Lysandre si sedette su una delle panchine, a meditare. Stava scendendo la sera e doveva iniziare a pensare se era sua intenzione tornare all'Hotel Z, e dormire nella stanza che Lida gli aveva assegnato (e che lui aveva l'impressione che quella fosse stata non molto tempo prima la stanza di AZ), oppure andare a dormire da qualche altra parte. Il tempo era sereno abbastanza da permettergli di riposare in un sottopassaggio, sempre se avesse trovato qualche cartone da stendere a terra per creare uno strato di isolamento, e non perdere tutto il proprio calore corporeo durante il sonno...

Guardò di lato e in basso, verso la panchina. Sarebbe stato carino, dormire lì, sollevato da terra, ma c'erano quegli antipatici pezzi di ferro, come delle piccole maniglie, che spuntavano ad intervalli regolari. Una volta aveva provato a stendersi, e una di quelle cose gli si era conficcato così dolorosamente nel costato che era stato costretto ad alzarsi e andare via dopo neanche dieci minuti. Era una tortura. Perché avevano costruito panchine del genere, con i divisori? L'utilità di un oggetto simile era una di quelle cose che lui non riusciva a ricordare, ma di certo doveva averne una, no? Nessuno costruisce pezzi extra per l'arredo urbano così, tanto per, perché da quel che ne sapeva lui produrre gli oggetti costava soldi, e la gente odiava usare i propri soldi senza ottenere niente.

Lysandre prese un profondo respiro. Poteva andare a dormire da Diantha, dopo che avevano parlato lei gli aveva detto che poteva stare, se non aveva un posto dove andare, e persino occupare la casa quando lei sarebbe andata via per tornare sul set del prossimo film a cui avrebbe lavorato.

«Ho bisogno di qualcuno che si occupi di tenere questo posto pulito e che dia l'acqua alle piante» Gli aveva spiegato «Ho un'amica che lo fa, ma ho l'impressione che le leverei un grosso peso dalla schiena, se lo facessi tu al posto suo. Perciò, se vuoi stare qui, posso lasciarti le chiavi quando me ne vado».

Lui le aveva detto che ci doveva pensare. Probabilmente, ora che ci pensava davvero, non lo avrebbe fatto. Diantha era già stata fin troppo gentile, lo aveva insultato solo un paio di volte (una per aver fatto quell'enorme sciocchezza, anche se lei non aveva usato una parola carina come "sciocchezza", del provare a far fuoco con l'arma finale, l'altra per non essersi fatto vedere in anni, facendole credere che fosse morto) e gli aveva persino offerto un caffè, perciò Lysandre non aveva la benché minima intenzione di approfittarsi ulteriormente della sua angelica gentilezza.

Tornare all'Hotel Z sembrava la cosa più normale, ma non era sicuro di volere dormire lì. Continuava a pensarci... il cuscino dove posava la testa, era anche lo stesso dove AZ morente aveva esalato il suo ultimo respiro? Non lo conosceva molto, ma da quel poco che sapeva di lui, probabilmente si era "preparato" per farsi trovare in modo dignitoso, stendendosi nel letto, incrociando le mani sul petto, decidendo di controllare il modo in cui si sarebbe mostrato a quei poveri ragazzi che avrebbero trovato il suo corpo, per non sapevntarli, e al contempo per darsi un finale che fosse degno di un re. Si era persino fatto mettere come pietra tombale il suo enorme trono di pietra! Aveva predisposto tutto.

E Lysandre sapeva che la stanza in cui era ospitato aveva la particolarità di un letto particolarmente... comodo. Un po' troppo comodo, considerato quanto lui stesso fosse alto.

Un'altra parte di lui, voleva minimizzare il tutto: cosa importava, se il letto in cui dormiva adesso era lo stesso in cui il vecchio immortale aveva incontrato finalmente il suo eterno riposo? Era calso, aveva lenzuola pulite, quadri relativamente belli alle pareti, un bagno, e non erano forse queste le uniche cosa che contavano? Al momento lui era senza casa, e per giunta stava cercando di fare penitenza, perciò lamentarsi della bella stanza d'albergo che gli avevano dato gratuitamente gli sembrava una mossa da vero nobiliastro viziato, non poteva farlo.

Si posò le mani sul volto. La stanza in cui dormiva di solito odorava di chimico, come se qualcuno avesse spruzzato una quantità esagerata di deodorante, e poi avesse aperto la finestra, lasciando andar via la maggior parte dell'odore, ma non tutto, con il risultato che quel profumo era ancora lì, aggrappato alle superfici porose, sui quadri, sulle tende... non si sentiva sempre, era un po' come vedere qualcosa con la coda dell'occhio.

E Lysandre si chiedeva se fosse quell'odore che, inconsciamente, lo aveva fatto stare male. Quando usciva dalla doccia, e rientrava nella camera da letto, gli veniva da piangere, e si odiava, e pensava che sarebbe dovuto morire lui. Che fosse quell'odore a ricordarglielo? Magari il suo cervello aveva sempre processato in silenzio l'idea che qualcuno aveva spruzzato il deodorante dopo la morte di AZ, per eliminare l'odore della sua salma. Lysandre sapeva che i morti puzzano, anche quelli freschi. Non come quelli lasciati a marcire, quelli no, quelli mai, ma... i morti puzzano.

E qualcuno, ovviamente, aveva pulito la stanza. Il cervello di Lysandre aveva sempre connesso quel tenue odore chimico alla morte di AZ, forse rendendolo causa di quelle visioni moleste, di quella tristezza inenarrabile. La fine sarebbe arrivata, anche per lui... sarebbe riuscito a fare meglio di AZ? Sarebbe riuscito a non morire da solo, senza essere mai riuscito a costruire legami duraturi con gli altri, senza aver mai pagato davvero quello che aveva fatto?

«Hey, pezzo di merda!».

Lysandre alzò la testa, guardando verso la persona che lo aveva appena apostrofato in modo così poco educato: era un uomo corpulento, con i capelli corti, vestito con una tuta da lavoro grigia, e si stava avvicinando a passo lento, ma inesorabile, insieme ad altri tre uomini tutti un po' più magri di lui, ma tutti con l'identica espressione sul volto. Uno di loro aveva in mano un tubo di metallo, un altro un martello tenuto per la testa, in modo che il manico penzolasse dalla sua mano, oscillando ad ogni passo.

«Posso aiutarvi?» Domandò mitemente Lysandre, senza alzarsi, ma facendosi anzi più piccolo per minimizzare la massa del suo corpo

«Chiediti se qualcuno può aiutare te!» ribatté l'uomo, afferrandolo per il bavero della giacca.

Lysandre sentì il cuore accelerare, il sangue che gli prendeva fuoco nelle vene, e dovette tenere a bada l'istinto di colpire l'uomo. Sapeva che gli avrebbe fatto male, molto male, se lo avesse preso in faccia.

«Cosa ho fatto?» Sospirò mestamente

«Cosa hai fatto? Mia figlia è in prigione per colpa tua, pezzo di merda!» l'uomo lo scosse con violenza, i denti digrignati «Perché le hai messo in testa quelle cazzate sul mondo perfetto e l'hai mandata a rubare pokéball!».

Lysandre distolse lo sguardo: come poteva guardare quell'uomo negli occhi, anche se erano così vicini? E quindi, era così, eh... c'era un tempo in cui lui aveva mandato le persone a rubare. Bel mondo che aveva sognato! Uno dove i ladri sopravvivono e i cittadini onesti periscono.

Le persone che si erano fidate di lui stavano pagando per le sue colpe, adesso. In prigione! Per aver rubato delle pokéball! E lui era lì, libero, a domandarsi pigramente dove avrebbe dormito quella notte, tante erano le sue opzioni...

«Mi stai ascoltando, stronzo?!» Ringhiò l'uomo in tuta

«Come si chiamava, tua figlia?» domandò Lysandre

«Non ti ricordi neanche come si chiamava!» la voce dell'assalitore si spezzò per un istante «Eri tutto per lei, e manco ti ricordi come si chiamava!»

«Mi dispiace, io...».

Il pugno arrivò con una precisione e una rapidità terribili. Lysandre sarebbe finito a terra, se l'uomo che l'aveva colpito non lo avesse trattenuto per la giacca.

«Devi ricordarti il suo nome! RICORDATI IL SUO NOME, PEZZO DI MERDA!» Urlò l'assalitore «Non me ne andrò da qui finché non l'avrai detto!»

«Allora rimarrai molto a lungo, amico mio» rispose Lysandre

«Ti prendi gioco di me? Eh? EH?!».

Un secondo pugno, meno cattivo del prima, ma comunque doloroso, direttamente sulla stessa area già pesta della sua faccia. Lysandre sentì il sangue che gli colava dall'angolo della bocca. Non rispose.

«Antoine» Disse l'assalitore, la voce bassa, scura.

Antoine doveva essere l'uomo con in mano il tubo di metallo, perché fu lui a farsi avanti.

«Pensavi che non ti avremmo riconosciuto» Disse, con una calma quasi spettrale «Lysandre. Hai perso tutto pagando gli sbirri perché ti tenessero fuori dal carcere, non è così? Guardati. Guardati! GUARDATI!».

Lysandre non sapeva esattamente come dovesse guardarsi, così si fissò le gambe. Una goccia di sangue cadde dalla sua faccia e creò una macchiolino, perfettamente rotonda, sulla stoffa grigia dei pantaloni.

«Sai cos'è successo a mio figlio, Lysandre?» Continuò Antoine, e c'era un tale veleno nella sua voce, che per un attimo Lysandre se lo sentì addosso, bruciante e appiccicoso.

Che cosa aveva fatto, al figlio di quell'uomo? Aveva fatto andare in prigione anche lui? Lo aveva reso un pariah agli occhi della società? No, la voce di Antoine sembrava sottintendere qualcosa di molto, molto peggiore.

Una seconda macchiolina, più chiara, si formò sulla stoffa dei pantaloni di Lysandre. Poi una terza. Fu in quel momento che lui si accorse di stare piangendo.

«È morto» Sussurrò, la voce rotta, il grosso in gola grosso come una baccamela «Tuo figlio è morto. Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace...»

«Dispiacerti non lo riporterà indietro» Antoine alzò il tubo metallico in alto, pronto a colpire.

Anche Lysandre alzò la testa, guardando la mano levata su di lui.

«Come è morto?» Domandò

«Non lo sai neanche?» Antoine spalancò gli occhi, due cerchi perfetti pieni di furia.

Lysandre non riuscì a rispondere con la voce, perciò si limitò a scuotere la testa, mentre stringeva i pugni contro le proprie ginocchia.

Antoine abbassò un poco il tubo, ma la sua spalla rimase tesa. «Si è ammazzato» Disse «Perché il mondo in cui credeva per colpa tua non sarebbe mai esistito».

Lysandre singhiozzò. Non provò neanche a nascondere la faccia dietro le mani, allargò le braccia, reclinò un po' la testa all'indietro.

«Puniscimi» Disse «Fai quello che devi»

«Ti ammazzerò, lo sai?»

«Non lo farai. Puniscimi, Antoine, ti prego».

Gli uomini dietro Antoine mormorarono, sussurrarono, parlarono. «Che freak» «Un'idiota» «Anche noi siamo qui per questo» «Tocca a me, non ammazzarlo con un colpo solo» «Non con un colpo solo» «No, infatti, non uno solo».

Lysandre annuì.

«Non un colpo solo, Antoine» Disse, la voce resa flebile dal pianto «Fai come dicono».

E il colpo arrivò, con una violenza che Lysandre non credeva di aver mai sperimentato da parte di un essere umano. Il metallo gli si abbatté fra la spalla e il collo, piegandolo in due istantaneamente, strappandogli un gemito di dolore e, ancora più inaspettatamente, di paura. Non riusciva a respirare.

Sentì qualcuno che lo afferrava per un braccio, trascinandolo a terra, e un piede che gli schiacciava le costole. Crash. Doveva essere così che si sentivano le bottiglie, quando venivano schiacciate prima di essere riciclate... stupidaggini... stupidaggini, le bottiglie non avevano un milione di terminazioni nervose che urlavano, e organi interni che potevano essere spappolati, e vasi sanguigni che potevano essere spaccati. Stupidaggini, stupidattini... a cui Lysandre pensava per rimanere cosciente.

Il suo campo visivo si stava restringendo, i bordi del mondo che diventavano neri. L'albero e il pezzo di selciato che prima riusciva a vedere con chiarezza, adesso semplicemente non esistevano più. C'era stato un kakuna, su quell'albero, o era stato uno scherzo della sua immaginazione?

Gli presero la giacca, ridendo. «Degna di un principe, eh! Specie le toppe!». Qualcuno gli schiacciò l'inguine con il tacco della scarpa.
«Questo è per Wassim!» Urlò una voce rabbiosa nel suo orecchio, poi Lysandre si ritrovò con la faccia sul selciato, ad ansimare pesantemente, con il sangue che gli usciva a fiotti dalla narice destra.

«Youssef, non ammazzarlo davvero, oppure in prigione ci finiamo noi»

«Deve pagare! Deve pagare! Questo non è un uomo, questo è un pezzo di sterco di trubbish!»

«Youssef, non vale la pena di finire in prigione per lui!».

Lysandre alzò appena lo sguardo, abbastanza per incotrare quello di Youssef, che arricciò le labbra in una smorfia di disgusto, inspirò con forza e poi lo sputò.

«Non vale neanche la pena di ammazzarti, verme»

«Lo so, lo so» Lysandre si sollevò su un gomito «Non sei l'unico che la pensa così».

Si sorprese nell'udire la voce che usciva dalla sua bocca: non sembrava neanche lontanamente la sua. Era gutturale, spezzata, grottesca. Gorgogliò una piccola bolla di sangue, poi si asciugò lentamente la bocca, ogni micro-movimento una cucchiata di dolore presa volontariamente e ingoiata.

«Sei più robusto di quello che credevo» Commentò con disprezzo Antoine «Parli ancora»

«Fammi tacere».

Lysandre era riuscito a rialzarsi abbastanza da mettersi in ginocchio. Gli faceva male tutto, ma in particolar modo quel primo colpo, quello fra la spalla e il collo: sentiva il braccio da quel lato del corpo infiammato e rigido, anche il minimo movimento delle dita gli mandava fitte di dolore fino alla schiena, e quando i muscoli del suo collo si muovevano, il dolore era tale che quasi avrebbe voluto gridare. Ma non gridò.

C'era qualcosa di sacro nel perdersi in un dolore del genere, qualcosa di euforico. L'interno della sua bocca, tagliato dall'impatto contro i suoi denti, riusciva a non farlo pensare. Il dolore sordo, pulsante, delle suo costole riusciva a non farlo pensare. Tutta la sua concentrazione era devota al non urlare, al non scappare, al non ritrarsi, una forma di meditazione che lo estraneava dal pensiero che ci fosse qualcuno che era morto per colpa sua.

Antoine lo afferrò per i capelli, bruscamente, chiudendo il pugno sui ciuffetti che crescevano sopra la sua fronte. Lysandre, di riflesso, aprì quell'occhio che teneva sempre chiuso, e attraverso il fitto velo bianco vide Antoine, finalmente con entrambi gli occhi, come un angelo vendicatore circonfuso di luce, pronto ad abbattersi su di lui.



«Che cazzo è quello?» Domandò il primo degli uomini, quello in tuta da lavoro. C'era quasi paura nel suo tono, ma la rabbia era comunque più forte, più alta.

«Dev'essere una protesi» Spiegò tranquillamente Antoine «Probabilmente ha perso l'occhio nel crollo di cinque anni fa. E siccome i ricchi non hanno gusto, se l'è fatto sostituire con una lampadina».

Lysandre batté le palpebre lentamente, cercando di respirare. Quasi voleva che lo picchiassero fino all'incoscienza, così quel dolore sarebbe scomparso per un po', così come i pensieri, ma sapeva che non poteva farla franca così facilmente.

«Mi spiace davvero per l'infermiera che dovrà ricucirti» Disse Antoine «Ma non vedo alternative»

«Lo capisco» rispose Lysandre, in un sibilo affaticato.

I secondi successivi furono brutali. Lysandre dovette serrare la mascella per non gridare, ma una serie di gemiti penosi gli sfuggirono comunque, anche se da dietro labbra chiuse. Uggiolando, sentì la propria bocca riempirsi di sangue. Non riusciva più a distinguere quali fossero stivali e quali pugni, quale fosse il manico del martello e quale il tubo di metallo. Sapeva di avere le costole rotte. Sapeva che una delle sue braccia era inservibile, che le dita della sua mano sinistra erano appena state spezzate.

Sputò una boccata rossa di saliva e sangue.

«ZEH!».

Lysandre, raggomitolato per terra su un fianco, tremante, piangente, incapace di alzarsi, mosse appena la testa per incontrare con lo sguardo le zampe di Zygarde.

«Che pokémon é?» Chiese uno degli uomini «Mai visto prima»

«Un furfrou pelato, probabilmente» interloquì Youssef, quasi ridendo, in quel modo selvatico e acido di chi è nervoso.

Ancora dei passi, ma stavolta umani, che si avvicinavano rapidamente.

«HEY! Che cosa gli state facendo?! Lasciatelo stare! Lasciatelo stare immediatamente!» Tuonò la voce di Paxton.

Lysandre si chiese se sarebbe riuscito a morire di imbarazzo, se l'avesse voluto. Farsi salvare da Paxton? Dopo tutto il lavoro che gli aveva già dato da fare? Provò a dire qualcosa, ma stavolta non gli uscì niente dalla bocca, neanche un gorgoglio: era come se le sue corde vocali si fossero inceppate.

«State picchiando un senzatetto, ragazzi? Dovreste vergognarvi!» Esclamò un'altra voce, quella di una giovane donna. Lysandre non la riconobbe, ma al tempo stesso gli parve stranamente familiare.

Lysandre sentì le forze che lo abbandonavano. Forse non era il momento giusto di svenire, ma che scelta aveva? Si stava dissanguando sul cemento, e l'incoscienza sembrava tanto meglio della veglia... vide due cellule di Zygarde, o due cose con una forma un po' troppo simile a delle cellule di Zygarde, che strisciavano a meno di un metro da lui. Forse era una visione. Non c'era motivo per cui quelle cellule se ne stessero andando in giro senza... senza...

Lysandre appoggiò la testa a terra e perse i sensi.

«Andiamocene» Disse Antoine, gesticolando «Abbiamo fatto quello che dovevamo»

«Non c'è mai la polizia quando serve!» si lamentò Paxton, correndo a soccorrere il ferito «Oh no! No no no, è L»

«L?» domandò la voce femminile «Chi è?»

«Oh, Taunie, è un mio amico. Un mio caro amico, senza di lui non avrei Zygarde... senza di lui... chissà cosa sarebbe successo a questa città. E quegli idioti lo hanno conciato per le feste! Respira ancora, per fortuna, ma devi chiamare un'ambulanza, deve essere soccorso al più presto».

Taunie tirò fuori il rotomphone. Guardò a terra, verso il corpo di quell'uomo abbandonato sul cemento, e spalancò gli occhi.

«Papà?».

Paxton alzò lo sguardo e vide la sua amica che si strofindava un occhio, come se ci fosse entrato dentro qualcosa, la testa piegata da un lato.

«Scusa, cosa hai detto Taunie?»

«Niente» rispose lei, smettendo di tormentarsi la palpebra, ma tenendo l'occhio sinistro chiuso «Sto chiamando l'ambulanza».


 

- Altre mini-scene di Lysandrino che piange qui -

(Ci piace scrivere gli omoni fieri che piangono. C'è una catarsi in questo. Andate a leggerne altre.) 

venerdì 21 novembre 2025

Lysandre che piange 9. Perdono

Lysandre guardava la finestra dell'appartamento da lontano, deglutendo.

Diantha era tornata a Luminopoli dopo una lunga assenza, questo dicevano i giornali esposti fuori dalle piccole edicole, questo dicevano le voci dei fan che avevano letto la notizia sui loro rotomphone, e questo gli aveva detto anche Lida, che aveva "fangirlato" con lui per giorni dopo aver guardato Petali di Sofferenza.

Lui sapeva dove Diantha abitava. Quello che invece non sapeva era perché quel ricordo in particolare fosse emerso, però lo aveva fatto, chiarissimo: un indirizzo, la visione fotografica dell'edificio rosa antico, del balcone di ferro nero con i riccioli e piccole rose stilizzate, la finestra sempre mezza aperta e mezza chiusa, per non permettere ai curiosi di guardare dentro, con la tenda bianca che si muoveva leggermente per colpa della brezza.

E così c'era andato, trascinando i piedi. Le doveva una spiegazione per la sua sparizione, giusto? E delle scuse, oh, quante scuse, una profusione di scuse. Doveva mettersi in ginocchio? Doveva raccogliere dei fiori, mentre si dirigeva verso casa sua, e offrirli a lei per dimostrarle quanto fosse pentito?

Ma ora che vedeva l'appartamento da fuori, Lysandre si disse che non sarebbe dovuto andarci affatto. Come poteva pensare che Diantha lo volesse vedere ancora, dopo quello che aveva fatto? Aveva tradito la sua fiducia, la sua amicizia, comportandosi come un... come un mostro. E Diantha era un angelo, non si mescolava alla feccia come lui.

Chiuse gli occhi. C'era un vago profumo nell'aria, come di talco e fiori, così sottile, così etereo che poteva essere anche solo nella sua immaginazione.

No, doveva andarci, suonare il campanello, farsi condurre dal portiere fino alla porta di Diantha, e affrontarla. Anche se avesse finito per farsi male. Lei lo avrebbe sputato in faccia, lo avrebbe chiamato assassino, avrebbe chiuso la porta sul suo brutto muso chiedendogli di non cercarla mai più. Che razza di uomo sarebbe stato lui, se avesse avuto paura di prendersi le sue responsabilità?

Eppure tremava, come un bimbo che sta per confessare a sua madre che ha spinto il proprio fratellino giù dalle scale, e ora quel fratellino è svenuto e perde sangue dal naso. Alzò il dito fino al campanello, un bottone dorato, leggermente ossidato, nel mezzo di una placca dello stesso colore.

Ma non lo suonò.

Era suo dovere chiedere scusa... ma se Diantha avesse preferito non vederlo affatto? Se la sua sola vista lo avesse disgustato? Se incontrarlo le avesse rovinato l'intera giornata?

Lysandre non voleva rovinarle la giornata. Ma voleva scusarsi. Ma non sapeva se quelle scuse avrebbero sortito un qualche effetto. Il silenzio sarebbe stato peggiore, no? O migliore? Perché lui finiva per avvelenare quello che toccava? Perché persino il più perfetto fiore di cristallo, fra i suoi artigli, diventava morte?

Diantha era un angelo. Talentuosa, bellissima, virtuosa, custode dei bambini, idolo delle folle, campionessa di Kalos, non una sola minuscola macchia sulla sua reputazione immacolata.

Lysandre guardò il proprio riflesso distorto nella placca dorata. Aveva un'aria stanca, spaventata, i capelli tagliati asimmetrici e bianchi come la barba. Non meritava neanche di stare nella stanza stanza di qualcuno come Diantha.

Riabbassò il dito. Non poteva suonare, era meglio che lei lo credesse morto, e poco importava se era la cosa più vigliacca... era inseguendo la morale che aveva finito per fare cose orribili, dicendosi che doveva agire a tutti i costi. Forse non doveva agire, questa volta, doveva fare la cosa sbagliata per fare la cosa giusta. Forse era meglio non riaprire vecchie ferite, lasciare che il proprio ricordo riposasse nella mente di Diantha, fino al giorno in cui sarebbe diventato un fantasma, finché lei non avrebbe raccontato ai propri nipoti «Sapete, una volta conoscevo un tipo, uno veramente matto. Si chiamava Lysandre, l'avrete sentito nominare... ah, lo avete studiato a scuola? Che facce sorprese! Sì, lo conoscevo davvero. Incredibile chi si può incontrare, quando sei famosa! Ora però non me lo ricordo quasi più... ».

Lysandre sospirò, si stropicciò l'occhio con la palpebre chiusa, e girò sui tacchi. Aveva fatto un paio di passi quando sentì il portoncino dell'edificio che si apriva alle sue spalle.

Incassò la testa fra le spalle, sapendo di non essere riconoscibile visto da dietro.

«Salve!» Disse la voce allegra di Diantha «Le serve qualcosa?».

Lysandre sentì il cuore scendergli dal petto allo stomaco, così forte che dovette tossire. Che misera figura! Che inutile relitto! 
«Sta bene?» Domandò la donna, preoccupata, affiancandosi a lui e mettendogli una mano sull'avambraccio, delicata, toccandolo appena. 


Lysandre la guardò con l'unico occhio aperto spalancato. Diantha, Diantha, Diantha. Reale, in carne e ossa, che lo guardava ancora senza disgusto, che gli rivolgeva quel piccolo cipiglio corrucciato, bellissimo, espressivo.

«Sto bene» Mentì.

Non stava bene. Non voleva vederla, e provava un disgusto così forte che non sapeva se stava per vomitare o per svenire. Non voleva vomitarle in faccia.

Aveva freddo. Gli facevano male i gomiti. Gli faceva male la pancia. Gli faceva male la faccia, come se fosse stato costretto a sorridere per ore, e ora ogni singolo muscolo pesava mille chili e provare a sorridere sarebbe stato come scalare la montagna più alta di Kalos senza preparazione e senza cibo.

Diantha lo guardò come si guardano gli incidenti stradali.

«Ci conosciamo, signore?».

Lysandre sentì ancora una volta la nausea aggrapparglisi alla gola e alla pancia, e le gambe diventare tremule, deboli, come radichette neonate di una pianticella di grano.

«Non... non lo so...» Mentì ancora, la voce flebile «Tu sei Diantha, l'attrice»

«E tu sei?»

«L»

«Elle? Davvero?» lo sguardo di Diantha si assottigliò, la forma mutata in quello di un talonflame «Lysandre?».

Ecco, stava per vomitare. Lysandre fu costretto a mettersi una mano davanti alla bocca, mentre indietreggiava, sottraendosi dal tocco gentile di Diantha (rude, si disse, rude e scostumato e maleducato), guardandosi attorno alla ricerca di un cestino della spazzatura. Ormai neanche lo sapeva più, perché il suo corpo si stesse comportando così: tutta la paura e l'angoscia, tutti i complicatissimi sentimenti che provava, erano stati passati dal suo cervello al resto del suo corpo, e ora toccava a quest'ultimo occuparsene. Il male era fisico, adesso.

«Lysandre, sei tu? LYSANDRE?!» Gridò Diantha, allungando una mano verso di lui, come se volesse riacciuffarlo.

Lysandre riuscì a non vomitare deglutendo convulsamente, ma aveva ancora le gambe deboli e non riusciva a scappare. Quasi piegato in due, si costrinse a girare un poco la testa, quel che bastava per guardare Diantha.

«Mi chiamo L» Disse «Lysandre era... prima».

Diantha ritirò la mano lentamente, rinunciando a toccarlo.

«Sei vivo?»

«Sì» e vivrò così allungo da vederti morire, e non so neanche perché lo sto pensando, perché quasi non ti conosco, perché so che mi odierai, perché non mi dovrebbe importare niente di te «Zygarde mi ha salvato la vita»

«Zygarde?»

«Un pokémon leggendario»

«Stai male, Lys... L. Vuoi entrare dentro? Ti faccio un té caldo, ne parliamo un attimo...».

Il tono di Diantha era pratico, rapido, come quello di un'infermiera che parla del suo paziente.

«Non c'è bisogno» Lysandre scosse la testa, raddrizzando la schiena per quanto gli riuscì «Sono solo venuto a...»

«Lysandre, sei pallidissimo» stavolta il tono della donna si ammorbidì, le ultimi sillabe impregnate di preoccupazione «Che hai fatto all'occhio? È irritato? Ho del collirio dentro, vieni».

Fu in quel momento che Lysandre scoppiò a piangere: l'anticipazione del rigetto, della violenza che avrebbe subito quando Diantha lo avesse visto avevano tirato in una direzione per tutta il tempo, ma la gentilezza inaspettata aveva agito come un paio di forbici su quell'elastico...

«Lysandre, che succede?» Diantha questa volta gli afferrò le maniche del giubbotto «Dimmi qualcosa, ti prego!»

«Perdono!» singhiozzò lui, cadendo in ginocchio a testa bassa «Perdonami, perdonami...».

Diantha lo abbracciò, una mano dietro la testa, una alla base del collo. Profumava come un intero prato in fiore, come la primavera, come un pavimento piastrellato di papaveri e rose. Lui la abbracciò di rimando, senza neppure pensarci, con il suo corpo che ancora una volta bypassava il controllo del cervello. Continuò a borbottare «Perdono, perdono» finché la sua voce non divenne un gorgoglio senza significato e poi non si spense quasi del tutto, lasciandolo ad aspirare rumorosamente fra i denti, ogni respiro trasformato in delle scuse.

Diantha gli posò le labbra sulla fronte.

«Mi stai facendo morire di paura» Gli disse «E non chiedere perdono di nuovo, per favore».

Lysandre si zittì, rimanendo in contemplazione della bontà di chi, pur sapendolo un mostro, non lo odiava. Era strano, pensare che tutti erano meglio di lui. Più puri, più santi.

Fra le lacrime, la strinse un po' di più.

«Forse» Mormorò, la voce bassa e roca «Non dovresti perdonarmi, allora».




 

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martedì 18 novembre 2025

Lysande che piange 8. Da solo

Nota: e si torna ancora una volta indietro nel tempo, a prima di Z-A, e ancora prima degli avvenimenti di XY. Attenzioncina, se siete sensibili a queste cose: ci sono delle ideazioni suicide in questa ficlet. 
 
La rabbia gli ribolliva nel petto, mescolandosi alla tristezza. Due veleni: uno pungente, caldo, acuto e fluido, l'altro viscoso, freddo, che si aggrappava ai suoi organi interni con tentacoli pastosi, che sembrava volergli strappare il cuore dalle vene.

Provò a respirare profondamente e lentamente. Inspirare, mentre contava: uno... due... tre... quattro... oh no, i suoi polmoni si erano bloccati, faceva male provare a continuare ad inspirare... quindi, espirare, uno... due... tre... quattro...

Non funzionava.

«Smettila» Ringhiò Lysandre, guardando il riflesso fosco, annebbiato della sua faccia sul pannello di metallo di fronte a lui.

Era nel cuore dei Laboratori Lysandre, da solo. Ed erano le cinque del mattino: era sceso nei laboratori perché non era riuscito a dormire, neanche per un solo secondo, e aveva pensato di andare a lavorare prima degli altri per schiarirsi le idee.

Non funzionava.

La stessa cosa che lo rendeva incapace di dormire, adesso lo rendeva incapace di lavorare.

C'erano un sacco di cose da testare, un sacco di cose da rivedere, un sacco di e-mail da scrivere, e lui non riusciva a fare nessuna di queste cose, perché gli tremavano le mani, perché non riusciva a concentrarsi.

Tutto quello che riusciva a fare, era essere furioso e triste. Se riusciva a sgusciare fuori da uno dei suoi pensieri oscuri, cadeva immediatamente dentro ad un altro, ancora peggiore, ancora più cattivo; correva in un campo minato, saltava in aria e moriva un po' di più per ogni paio di metri percorsi.

 Non importa quello che farai, sai già che la gente odia il Team Flare, ed è colpa TUA, stupido egoista, tu hai messo in piedi questo intero teatrino per compiacere il tuo ego, ma tutto quello che state facendo non sta portando nessun bene, sono atti vuoti, un po' di teatrini di fronte alla popolazione di Kalos, e la gente lo sa, lo SA chi sei tu; oh, chi credi di essere, hm? Nato nel privilegio, nella bambagia, il bambinone! Eccolo lì! Pensi che qualcuno ti guarda e pensa "oh, è davvero il nostro salvatore"? Ti guardano e pensano "guarda quel miltank, fatto solo per essere munto per estrarne i soldi, i soldi che non si sa guardagnare da solo, perché è un ricco ereditiero spocchioso, perché la sua famiglia governa Kalos da duemila anni, e ogni singolo centesimo che ha accumulato è grazie alla schiavitù, grazie al dominio feroce di quei nobili che soggiogavano la proprie gente, a tasse che li schiacciavano, e tu sei nato in QUEL privilegio, non te ne puoi distaccare. Non importa quanto ridarai indietro, non cambierà mai niente. Hai visto cambiare niente, Lysandre? Hai visto la regione diventare più ricca, grazie a te? O solo tu ti sei arricchito grazie alle tue ricerche? L'Holocaster, eh? Davvero pensi che la gente si berrà quella stupidaggine della "tecnologia fatta per il bene di tutti?".

«Basta. Basta cervello, basta, basta» Pigolò Lysandre, premendo i pugni contro la parete. Si sentiva la testa andare a fuoco, le fiamme che se lo divoravano, che corrodevano ogni piega del suo encefalo, sibilando come lingue di arbok.

Hai trascinato con te tutti quei ragazzini. Che fai, pensi che non ti sospetteranno, eh? Tutti questi bambini bellissimi, ben vestiti, con le loro divisette fiammanti.

«Non sono bambini... non... lo vedranno...»

Tu sai che non sono bambini. La gente? La gente penserà cose. Penserà che c'è un motivo per cui ti piace così tanto fare la carità ai bimbi che vivono per le strade di Luminopoli. Tutte le relazioni sono transazionali, giusto? E cosa pensi che credano che vuoi, da quei bambini che non hanno una famiglia da cui tornare? Che non hanno un papà o una mamma a cui denunciare gli abusi subiti, hm? Pensi davvero che non ti cataloghino tutti già come un pederasta impunito e irriducibile? Il marciume della terra, Lysandre, è così che ti vedono. Non importa quello che fai, non puoi cambiare il mondo, puoi farti solo odiare di più.

Lysandre alzò la testa per guardare più da vicino il proprio riflesso. Il colore della sua faccia e quello dei suoi capelli, su una superficie così smerigliata, apparivano mescolati morbidamente, tanto da sembrare parte di un'unico oggetto: una specie di esplosione, che aveva come epicentro il suo naso, e come parte più esterna le punte dei suoi capelli rossissimi.

E poi sei anche rosso. Lo sai che cosa si dice, no? L'hai letto, Rosso Malpelo.

«I tempi sono cambiati...»

La gente non cambia mai. Altrimenti perché fai quello che fai, testa di shedinja?

Le sue scuse diventarono flebili. Poi si accartocciarono su se stesse e scomparvero: era difficile litigare con sé stessi.

Stai facendo del male a tutti. Stai facendo del male a te stesso. Non fai abbastanza per gli altri. Fai troppo per gli altri. Sei stupido? Potresti fare altre cose per gli altri.

Oppure potresti ucciderti.

Quel pensiero lasciò Lysandre interdetto, come se una delle reclute fosse appena saltata fuori da una delle porte e lo avesse colpito alle costole con un pungolo elettrico. Da dove saltava fuori, quell'idea? E perché, sotto sotto, gli sembrava così allettante?

Gli sembrava che il cuore stesse per staccarglisi dalle vene, per quanto rapido era diventato il rimescolio della rabbia e del dolore nel suo petto.

Si guardò le mani: erano calde, arrossate, per quello che riusciva a vedere delle dita che spuntavano dai guanti. 

«Pensa a chi non ha niente» Disse ad alta voce «Cosa penserebbero di te? Loro hanno un motivo per uccidersi. Tu vuoi farlo perché sei... perché sei un codardo? Un vigliacco?».

Ammazzati e lascia tutto a loro, a quelli che non hanno niente. È l'unico modo che hai per ripagarli.

Lysandre chiuse i pugni e ringhiò, così forte che sentì le corde vocali che gli si stiravano dolorosamente. Lacrime calde gli affiorarono sulle palpebre, scesero lungo le sue guance. Che diavolo stava facendo? Che cosa gli succedeva? Davvero l'unica soluzione era...

Sentì un rumore: era una porta che si apriva. Immediatamente, raddrizzò la schiena e fece un passo indietro, allontanandosi dalla parete.

Guardò l'orologio: erano le otto. Stava arrivando qualcuno.

Più rapidamente che poté, si asciugò le lacrime e deglutì diverse volte, provando a rimettersi a posto la voce e a lenire il bruciore nella sua gola. Sentiva dei passi che si avvicinavano. Toc toc toc. Hmm, dal tipo di calzatura sembrava una delle scienziate... probabilmente Martynia.

«Buongiorno, capo» Disse Martynia, entrando nella stanza «Mattiniero, eh?»

«Sì. Non riuscivo a dormire. C'è sempre... così tanto da fare»

«Allora mettiamoci al lavoro»

«Certamente».

Lysandre fissò la schiena della donna, mentre lei si infilava il camice da lavoro. Aveva dato di matto, a quanto pareva, per tre ore filate, dalle cinque alle otto... ma era bastato che qualcuno lo stesse guardando per farlo smettere. A dir poco peculiare.

A pensarci bene, non era mai riuscito a piangere di fronte a qualcuno.

Non ancora.

 


 


- Altre mini-scene di Lysandrino che piange qui -

(Ci piace scrivere gli omoni fieri che piangono. C'è una catarsi in questo. Andate a leggerne altre.)  

Piccola guida (colorabile) alle creature fantastiche

Siete stressati E volete saperne di più sulle creature fantastiche? Non dite altro, perché abbiamo fatto una cosina proprio per voi!
 
Vi presentiamo la piccola guida (colorabile) alle creature fantastiche! Tutta in stile chibi, raccoglie una serie di illustrazioni di adorabili creature fantastiche proveniente da tutto il mondo (il drago orientale è però un po' la "mascotte" di questo libriccino da colorare, tanto che è presente anche nelle decorazioni delle pagine con i testi) pronte ad essere completate dalla vostra immaginazione. Scatenate la fantasia con palette di colore divertenti! Immaginate gli sfondi che piacciono a voi! 

E ovviamente, visto che i Cactus di Fuoco sono sempre i Cactus di Fuoco, e non riusciamo a fare libri che siano troppo "a basso contenuto", ogni creatura è accompagnata da una piccola descrizione (canon-compliant per il nostro universo narrativo, ovviamente ;)) che spesso spiega l'origine della creatura, l'etimologia del suo nome o altri dettagliucci carini.

Chissà, chissà se non si possa trovare anche qualche scampolo di lore "strana", in mezzo ai testi...

Comunque, era un po' che non facevamo qualcosa di leggero e divertente per tutti, bambini compresi, eh?

Per ora il mondo, soprattutto per tutti noi creativi, è un posto "pesante", non è vero? Stanno succedendo troppe cose brutte tutte insieme. Dicono che colorare possa aiutare le persone a fare rilasciare un po' di stress, perciò... anche se di solito quelli che facciamo sono romanzi e fumetti, abbiamo pensato di collaborare con le nostre solite artiste principali per fare uscire questa cosuccia economica e piccolina, che potete regalare ai vostri bimbi (o a voi stessi, ricordatevi, colorare e imparare la mitologia sono hobby per tutti!) per natale, e che è abbastanza maneggevole da poter essere portato con voi anche durante le vacanze invernali (sempre per chi se le può permettere, le vacanze invernali).

(Hmm... prima o poi dobbiamo farlo anche un libro da colorare grande. Uno grosso, enorme, con lore a cascata e dettagli più intricati, fatto solo per gli adulti. Ma per ora iniziamo così, và, con un progettino più piccino).

Per il momento la piccola guida (colorabile) alle creature fantastiche è disponibile solo in italiano (così i nostri lettori principali non possono dire che non li abbiamo pensati! Questa volta abbiamo pensato PRIMA a voi, e poi al mercato internazionale, quello con cui potremmo fare qualche soldino in più. Vi vogliamo beni, regaz) e lo potete trovare qui:

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P.S.: Se doveste davvero ad acquistare il libro (grazie mille! E speriamo che vi ci divertiate tantissimissimo!), e voleste farci vedere i risultati di una o più pagine colorate, ne saremmo felicissimi! Potete taggarci sui social media (quello dove siamo più attivi è probabilmente bluesky, ma ci trovate in un mucchio di posti), farci vedere il link giù nei commenti, iin qualsiasi modo desideriate farcele vedere, noi saremmo felicissimi non solo di vedere come avete usato i colori per completare le pagine (sarebbe come collaborare con voi! Yahoo!), ma anche di condividere i vostri lavori e magari persino di dedicarvi un post nel tag "fanart del giorno".

Buon divertimento, germoglietti!

E che la creatività sia sempre con voi,

- I Cactus di Fuoco

La fanart del giorno 8. Clockface (by LovelyWingsArt)

Benvenute e benvenuti in questa rubrica in cui vi mostriamo le fanart dei nostri personaggi, disegnati da artisti talentuosi da tutto il mondo, e le commentiamo! Perché, insomma, un po' di fierezza ci vuole, no? Siamo fieri che le persone scelgano di disegnarli, e per dimostrarlo mettiamo i loro lavori sotto lo spotlight!

Il personaggio ritratto nella fanart di oggi è uno di quelli che probabilmente ancora non conoscete bene... il suo design forse l'avete visto, forse no, ma quello che è certo è che non è ancora comparso in nessuna delle nostre storie scritte.

Questa creatura dall'aspetto che chiamare "umano" sarebbe un po' troppo un'azzardo si chiama Clockface, ed è uno spirito con poteri cronocinetici.

L'artista che ha realizzato il disegno di oggi è il nostro collega (e amico) LovelyWingsArt!


 


Anche un disegno complicato, semi-meccanico, ectoplasmico, inumano come quello di Clockface può sembrare grazioso, se ne si alterano le proporzioni in questo modo! Guardate quelle manine cicciotte! E gli occhietti? Sembrano curiosi, inquisitivi, come quelli di un micino. E sembra quasi timido, in questa posizione (ma possiamo assicurare che non lo è. Caspita se non lo è...).

Che dire, grazie mille LovelyWingsArt, per aver disegnato il nostro fantasmino! Hai fatto davvero un ottimo lavoro. 

lunedì 17 novembre 2025

I quadri di Lysandre, e quando L ha perso la memoria

Tempo per un'altra delle nostre teorie su Pokémon Legends XY/ Pokémon Legends:Z-A.

Questa è una cosa che avevamo in qualche modo sospettato autonomamente (in guisa di "ah ah ah, sembra quasi che questi quadri li abbia fatti lui...") ma che abbiamo in seguito visto teorizzato anche in una qualche pagina in giapponese (purtroppo non ricordiamo quale, c'è stato un periodo, dopo aver giocato Pokémon Y, in cui andavamo in giro ad applicare Google traduttore a tutti i forum giapponesi che parlavano del gioco) e persino da uno o due utenti qui su Tumblr.

Di cosa stiamo parlando?

Della serie di quadri sulla tecnologia di Kalos... che potrebbero essere stati dipinti da Lysandre.

Questi qui:

Immagine da Bulbagarden. Ovviamente.

Lysandre è un personaggio molto connesso alla tecnologia, in particolar modo a quella che può dare forma al futuro della regione, ed è di questo che parlano i quadri, ma non è la sola connessione fra le due cose... il modo in cui l'artista (ricordiamo, un artista misterioso, che Pokémon non desidera rivelarci subito) spiega, attraverso paesaggi e strutture, concetti estremamente vicini al sentito di Lysandre, come "il desiderio dell'artista di essere connesso a tutti i Pokémon", "il dolore di voler lasciare un'eredità, anche se trascorriamo e scompariamo", "la combustione intensa che comunica appieno il fuoco appassionato dell'energia vitale" e "la passione nascosta che si cela appena sotto la superficie di ognuno di noi".

E poi, diciamocela, chi se non lui potrebbe connettere (in modo così deliziosamente melodrammatico) dipinti in cui ogni essere umano è assente, a sentimenti così profondamente umani?

Forse è il sogno di una Kalos quasi completamente spopolata, dove centrali energetiche che utilizzano risorse rinnovabili sono abbastanza per dare energia a tutti...

Questa tesi, ha molte prove a suo sostegno, ma noi vogliamo spostarci un po' più avanti. Dove?

In Pokémon Legends: Z-A. Perché appena abbiamo visto il museo, abbiamo pensato a quei quadri. Sarebbero stati ancora lì, immutati? Sarebbero stati tolti dall'esposizione?

Tutto ci aspettavamo, tranne una cosa: che in realtà ci sono dipinti in più. 

E c'è un dipinto molto particolare: quello nello spazio. Un dipinto nuovo, la cui descrizione in italiano é:

"L'opera esprime in modo straordinario il senso di gratificazione che dà l'essere utili a qualcuno, anche se immersi nella solitudine più profonda."

 



In italiano è un po' più evocativa e straziante che nella versione inglese, che però ovviamente va menzionata: 

"The artist has succeeded in capturing the sense of self-efficacy in the region—of being isolated but still striving to help others".

Se prima pensavamo che Lysandre fosse il pittore di questi quadri, ora abbiamo ancora meno dubbi. Ma rimane ancora un interrogativo aperto... come può esistere un nuovo quadro di Lysandre nel museo, uno che descrive la sua condizione attuale, di "servo di un cane per il bene superiore"? 

Qui entra in gioco la nostra teoria: Lysandre non ha perso la memoria direttamente all'impatto con il colpo dell'arma finale, no, è stato Zygarde a bloccare i suoi ricordi, e l'ha fatto più tardi e con il suo consenso.

Quello che è successo al suo occhio è parte di questa cosa... non sappiamo ancora come, ma crediamo che attraverso attraverso gli occhi (l'occhio) sia il modo in cui Zygarde riesce a controllare le persone. 

Lysandre sapeva che avrebbe perso la memoria, e prima di imbarcarsi nella sua missione per conto di Zygarde, ha dipinto quel quadro. Come mai il quadro è finito nel museo? Su questa parte della teoria ci dobbiamo ancora lavorare, ma siamo certi che un motivo debba esserci.

Ma pensiamoci bene: Lysandre cita le mosse Z (come quelle di Alola). Quando è stato ad Alola lui? Deve essere stato di recente, perché Nihil Light è una mossa connessa a Necrozma, un Pokémon che non se ne andava di certo libero per le isolette di Alola quando Lysandre era giovane, essendo legato essenzialmente alla trama di Pokémon Sole e Luna.

No, Lysandre è stato ad Alola DI RECENTE. Durante gli avvenimenti di Sole e Luna, per essere precisi. E chi altro era da quelle parti? Sì, esatto, Sina e Dexio! Che consegnano al giocatore protagonista la Teca Zygarde.

Hmm... secondo noi, anche il professor Platan si trovava ad Alola (dateci un po' di tempo, e possiamo dimostrarlo!), e insieme a lui c'era Lysandre. Platan sa della missione di Lysandre, anzi, lo ha aiutato a prepararsi fornendogli la Teca Zygarde (un oggetto che è canonicamente stato scoperto da Platan). Sapeva che sarebbe stato dimenticato, e che ricomparire avrebbe potuto distrarre Lysandre, magari persino fargli ritornare parzialmente la memoria.

Ecco perché non lo vediamo durante Pokémon Legends: Z-A! Essere invisibile faceva parte della sua missione.


E ricordate, questa è una Theory... Una GAME Theory! Aaaand CUT. 


sabato 15 novembre 2025

Recensione - Pokémon Legends Z-A

L'abbiamo mai recensito un videogioco? Probabilmente no. Non siamo grandi videogiocatori. Forse avremmo potuto recensire Assassin's Creed II (divertentissimo, a nostro avviso, e con una bella morale per giunta, nonostante sia un gioco che parla di assassini), ma non l'abbiamo fatto.

Con Pokémon Legends Z-A, però, la storia è diversa. Perché? Perché siamo dei fan dei Pokémon. Lo siamo sempre stati, fin da bambini, fin da quando non potevamo permetterci di comprare i giochi (e alcuni di noi avevano genitori che pensavano fosse stupida l'idea di comprarli ai loro pargoletti) e ci appassionavamo alla loro biologia attraverso quel poco che riuscivamo a raggranellare: pezzi di informazione sulle carte di plastica trasparente nei succhi di frutta, oppure stampate su libretti e giornaletti che leggevamo nei centri commerciali, o ancora attraverso copie fatte girare sull'emulatore da figli degli amici dei nostri genitori, passando, ovviamente, per il cartone animato (ormai la prima puntata la sappiamo a memoria, e anche se siamo un po' fuori target per la serie animata, che è tanto per bambini e un po' difficilina da godere per gli adulti, ogni tanto qualche puntata la guardiamo).

L'ambientazione

Luminopoli (Lumiose City nella versione inglese) è una roba folle. Pazzesca. Vi siete mai detti, fra voi e voi, che se i pokémon vivessero in una città con gli esseri umani non sarebbe certo tutto rose e fiori? Fra cacche sulle strade, liane e rocce lanciate in giro, attacchi ad ignare vecchiette e a poveri bambini, di certo il centro abitato diventerebbe rapidamente... invivibile. Dopotutto c'è un motivo se i professori di tutti i giochi precedenti dicono sempre al protagonista la stessa cosa: "è pericoloso andare nell'erba alta" e "è pericoloso andare lì fuori da soli".

Ora immaginatevi di essere a Parigi (Luminopoli questo è: la Parigi del mondo Pokémon), ma gradualmente la città si sta trasformando nell'erba alta dei vecchi giochi... non perché le piante stiano crescendo dappertutto (un po' sì, ma questa cosa è meno importante), quanto perché i pokémon selvatici stanno arrivando a frotte. Per fare fronte a questa "invasione di campo", la Quasartico, una ditta specializzata in tecnologie all'avanguardia, sta utilizzando dei recinti olografici (usano degli ologrammi che... si possono toccare? Ma che figata assurda! Anche voi avreste un apprezzamento maggiore per questo dettaglio, se sapeste cosa è davvero un ologramma!) per contenere tutti i mostriciattoli in delle "zone selvatiche".

Ma i pokémon continuano ad arrivare, e sconfinano nelle strade, e c'è bisogno di costruire più zone selvagge per tenere separata la popolazione umana da quella pokémon, e nessuno sa perché questa cosa stia succedendo! Perché cavolo tutti i pokémon della Francia hanno deciso di farsi un soggiorno a Parigi in cui prendono a mazzate le vecchiette?

Questo è il cuore della storia, con l'ambientazione che continua a cambiare man mano che proseguiamo durante il gioco.

I Pokémon

Allora, partiamo subito dalle "note dolenti" (ne parliamo più in profondità alla fine della recensione): il pokédex non è super-mega estesissimo. Ma saranno pure note dolenti per voi, perché per noi è tutto tranquillo, i nostri Pokémon preferiti ce l'hanno fatta tutti (o quasi, perché buhu, wooper non c'è) ad entrare nella "collezione" di questo gioco e catturarli dal primo all'ultimo è comunque una sfida, perché alcuni sono molto più rari e difficili di altri. (Sto guardando te, ranocchio blu che vive su un obelisco, tu sai chi sei, sto guardando te, dannato ranocchio blu).

E poi, vi siete scordati o no che il pokédex originale aveva solo 150 creaturine tascabili? Al confronto, qui stiamo belli comodi, con ben 230 pokémon (una lista che potrebbe essere comunque espansa notevolmente grazie agli eventi e ai DLC, che si vocifera saranno due). Sì, siamo di quella scuola di pensiero che ritiene che non sia necessario avere 1000+ pokémon in un gioco per goderselo, e questo gioco in particolare, che ha una robusta lore, trama e sistema di combattimento che sarebbe divertente anche se ne avesse solo sessanta, di pokémon, a maggior ragione.

Non ci saranno mew e mewtwo (o forse sì, perché già si favoleggia di un evento di distribizione di mewtwo, golosa occasione, lecchiamoci i baffi), ma non mancano leggendari, semi-leggendari, e una robustissima mitologia.

Ma ora rinsaviamo, dandoci uno schiaffetto: chissene del pokédex quando possiamo farci le foto con i nostri Pokémon in-game! Quando possiamo farci seguire dappertutto da qualunque pokémon desideriamo! E poi, la nostra cosa preferita: esistono pokémon di dimensioni diverse nel gioco! Ma veramente diverse. Potete farvi le foto con un Litleo grande come una motocicletta, che cavolo volete di più? Oppure farvi seguire in giro da un sableye minuscolo che sembra una formichina indaffarata, il più adorabile gremlin del mondo con i suoi dentini puntuti e... vabbé, avete capito. 

Gli NPC

(Che, per chi non lo sapesse, sta per "non-playing-character", ovvero tutti i personaggi intorno al vostro, che di solito è l'unico playing character, tranne che non stiate giocando online).

Non sappiamo se ci sia mai capito un gioco pokémon in cui tutti i personaggi, specie quelli ricorrenti, sono sembrati così vivi! Se avete mai giocato ai classici "turn based", ovvero praticamente tutto il resto di Pokémon tranne Leggende Arceus, probabilmente avete affrontato i superquattro prima di scontrarvi con il campione della regione: questi quattro allenatori incredibili, ogni specializzato in un tipo diverso, che vi danno del filo da torcere con le loro strategie e che dovete per forza battere, se volete arrivare alla fine del gioco, alla tanto agognata Sala d'Onore a cui si accede solo dopo aver picchiato pure il campione con la vostra squadra tutta composta di wooper livello 100 (ah, eravamo solo noi quelli? Vo-volete dire che non avevate tutti una squadra di wooper livello 100 per dimostrare che è il miglior pokémon del mondo?).

E se conoscete come funziona con i superquattro, sapete anche che nella stragrande maggioranza dei casi sono questi tizi che incontrare fissi nelle loro stanze, a fare da ostacoli, e nient'altro; niente impatto sulla trama, gusti personali appena accennati al di fuori dell'amore per un tipo specifico di pokémon, nessun peso sul mondo generale in cui vivete la vostra avventura, i superquattro sono solo dei pioli di acciaio massiccio intorno a cui fare slalom per diventare "the very best like no one ever was".

E i fan ormai sono abituati a questa cosa da sempre, no? Se devono immaginarseli fuori dai loro terrari in cui praticamente vivono, i fan di pokémon devono ricamare laboriosamente su quel poco che sanno, creando headcanons che espandano al di fuori dei "bordi" della storia i personaggi. 'Nsomma, ce la dobbiamo suonare e ce la dobbiamo cantare... che non è una cosa necessariamente cattiva, è bello lasciare tanto spazio all'immaginazione di chi fruisce di un'opera! Ci sono modi diversi per scrivere i personaggi, questo è solo uno dei tanti.

Ma in ZA la situazione è... diversa dal solito.

Prima di tutto, i superquattro non ci sono proprio, perché non c'è la lega (nessuna lega, per fortuna, né quella Nord né quella Pokémon) e non ci sono neanche le palestre, sostituite dalla scalata dei ranghi nella Royale Z-A. E al posto dei superquattro ci sono, ovviamente, gli allenatori più forti di Lumiose City! E visto che non li incontriamo solo in stanze chiuse a non far niente, ma che interagiscono con noi nel corso della trama (e alcuni sono proprio buffissimi!), impariamo a conoscerli e ad amarli.

E sono proprio fatti bene! Caspita! Si sanno far amare, si sanno far odiare, sanno fare riflettere. E invece di essere pesi morti nella classica trama di Pokémon, quella per intenderci in cui noi, bambino di dieci/undici anni dobbiamo sconfiggere la mafia, le forze armate, la corruzione, la PETA invasata, l'invasione degli ultracorpi e satana tutti da soli, in questo caso (finalmente! Vorremmo mettere un'abbondanza di punti esclamativi, ma sono brutti e allora non li mettiamo!) gli NPC ci aiutano attivamente nella nostra missione di salvare Lumiose (e il mondo).

Per gli appassionati dello shipping, ci sono anche deliziose tracce di interazioni fra personaggi che possono fare da scintilla al fuoco della passione dei vostri prossimi pairing preferiti, yahoo!

E se anche l'occhio vuole la sua parte... diciamocelo... ci sono personaggi veramente belli per tutti i gusti, sia che siate donne, sia che siate uomini, sia che non vi interessi nessuno dei due ma che siate appassionati di design e del modo in cui si connettono con il mondo circostante. Sì, nessuno di quelli che recensiscono videogiochi per lavoro tiene mai conto di questa cosa, ma noi non lo facciamo per lavoro, lo facciamo per passione (e questa passione è diretta verso quest'unico videogioco, al momento), quindi vi riferiamo i dettagli che contano.

La storia

La storia del gioco può non sembrare, superficialmente, questo granché... ma la cosa che la rende speciale è il modo in cui le sottotrame, le storie dei personaggi, si intrecciano fra loro e alla fine ti portano in questo crescendo epico in cui, per un attimo, ti fanno volere bene a tutti. Anche a quei personaggi che fino a tre secondi prima ci stavano antipatici.

Alla fine, mentre facevamo il percorso finale, eravamo in una specie di comunione con il mondo e fra noi... stavamo lì, a guardare i personaggi che si aiutavano gli uni con gli altri, che aiutavano noi, e pensavamo (e ci siamo detti, indicando le immagini) che non abbiamo mai visto un coinvolgimento del genere da parte degli NPC in un gioco dei Pokémon. O in un gioco in generale se è per questo! 

Non che noi abbiamo giocato molti giochi nella vita (prendete questa recensione per quello che é: quella di un gruppetto di profani che amano molto i Pokémon e il Team Flare, ma che non sono abituati a giocare a niente al di fuori di Super Mario, quello vecchio s'intende), ma questa è per l'appunto un'esperienza personale... e in questo caso è stato speciale, forse perché stavamo uscendo da un periodo di grande solitudine sociale, o forse perché stavo giocando troppe ore al giorno a quel gioco (rigorosamente su schermo grande, non su quello piccolino della switch) e si è formato nella mia mente uno stato mentale particolare... boh... saranno le decadi di amore verso i pokémon che si sono alzate dalle ceneri degli anni della nostra grigia giovinezza (sì Grisham, non ci scordiamo di te) per "manifestarsi" finalmente nel primo gioco pokémon che abbiamo giocato dall'inizio alla fine guardandolo su uno schermo grande e con l'hardware ufficiale, ma quello che sappiamo è che ci ha fatto bene.

Non possiamo spoilerarvi cosa sta succedendo nella storia, proprio no (anche se alcuni di voi lo indovineranno dopo le prime ore di gioco, se hanno abbastanza dimistichezza con le "energie" del mondo Pokémon e con la storia di Kalos in particolare).

Però vi piacerà.

Parla di fiori velenosi e di cannoni e di morte e di rinascita (ma solo un pizzichino ino ino di rinascita) e di gentrificazione e di guerra e di cosa significa essere umani (e pokémon) in un mondo di altri come te.

Le note dolenti

Allora, cos'è che non c'è piaciuto di questo titolo? Poche cose, ma per essere quanto più equi possibile, dobbiamo dirle. Anche se in questo caso non vorremmo, perché ci siamo divertiti così tanto che non ce la possiamo avere a male con questo gioco... però...

- Il parkour. Cioè, non è che non ci sia piaciuta la presenza del parkour, non ci è piaciuta tantissimo l'esecuzione del parkour, che è diverso... in questo periodo ci stiamo un po' appassionando alla disciplina (che è nata proprio in Francia, lo sapevate? Quindi è perfetta da inserire in un gioco ambientato a Kalos!) e quando abbiamo saputo che si sarebbe potuta praticare nel gameplay eravamo felicissimi! Anche perché avevamo appena giocato Assassin's Creed, dove il personaggio si muove per tutto l'ambiente urbano sfruttando il "freerunning", che poi è un po' come dire parkour (ma non esattamente! Lo devo dire nel caso ci fosse qualche praticamente di parkour e/o di freerunning a leggerci! Non sono ESATTAMENTE la stessa cosa, è complicato!), e pensavamo che in Pokémon Legends Z-A sarebbe stato un po' come in Assassin's Creed, no?
Tipo che possiamo salire su TUTTI gli edifici e su TUTTE le piattaforme arrampicandoci! E che bisognasse stare attenti a non cadere! E che ci fossero movimenti più o meno realistici.
Invece salta fuori che si può fare "parkour" (leggasi "arrampicarsi in modo semplice, senza particolari mosse legate alla disciplina") solo in presenza di specifiche costruzioni, non dappertutto. E questo, un pochino-ino-ino ci ha delusi. Perché avete fatto tutta questa città che si sviluppa in tre dimensioni, con la visuale libera, perché mai non ce la fate anche esplorare in tre dimensioni, come in Assassin's Creed?
Voglio dire, il fatto che su certe costruzioni si possa salire significa che sapete come farlo, no? E allora facciamolo!

- Visto che se non diciamo "le finestre piatte e la compressione delle immagini, gne gne", tutti i gamer del mondo, anche quelli che non hanno mai giocato ad un singolo gioco di Pokémon in vita loro, si alzano e ci vengono incontro urlando e bestemmiando in cinque o sei lingue diverse, allora dobbiamo dirlo: le finestre.

Però, diciamocelo seriamente... voi, nella vostra infanzia, ricordate di esservi concentrati così tanto, sulle finestre? Invece di catturare pikachu, guardavate le casette? No, per sapere. 

Ora, qualcuno potrà anche alzarsi dalla sua poltroncina, fare scattare in alto la mano come una bimba diligente e dire: «Ma maestra, gli sviluppatori di Pokémon sono stati pigri! Perché non hanno fatto la città bella?».

E noi, che amiamo le domande belle e intelligenti diremo.

«Bene, giovane creatura, è una buona domanda. Le domande sono buone, i giudizi affrettati un po' meno, giusto? Ed eccole qui, le tue finestre! Non sono pigri, le avevano fatte. Ed eccole qui dalla beta:»

Da un Tweet di FranDrawer


Perché dunque, se prima le case avevano dettagli di profondità, nel prodotto finale questa cosa non c'è?

Crediamo che sia per motivi di performance... non volevano che finisse di nuovo come Scarlatto e Violetto, dove cadete nei buchi, vi allungate e accorciate come il giocattolo di un dinosauro gommoso comprato nel reparto bimbi del Conad, clippate attraverso le porte e vi teletrasportate in un mondo parallelo fatto di poligoni che si compenetrano, volevano che, questa volta, le transizioni fossero stabili, e il gioco non si sfaldasse mentre cercate di catturare un pettirosso sputafuoco che sta appollaiato sopra un lampione.

Così, alla fine, hanno deciso di tagliare la profondità degli edifici. Non è una roba pigra, è una roba necessaria, perché ottimizzare un gioco nel poco tempo che hanno richiede sacrifici. Se magari si prendessero il tempo per fare un gioco, invece di sottostare ai capricci degli shareholders (e invece no, ce devono 'sta, è il capitalismo, lo schifoso capitalismo, pappappero), avrebbero potuto lasciare le finestre con una profondità. E magari aggiungere qualche balcone.

È una cosa bella a vedersi? No. Certo che no! Abbiamo gli occhi, è ovvio che non è bella. MAAAA, a nostra avviso impatta così poco sul gameplay, che, 'nsomma, meglio tagliare questa cosa che un'altra che magari invece era divertente.

- Non c'è wooper. Magari non saranno in molti a lamentarsi di questa cosa, e ricordatevi che neanche noi lo stiamo facendo... stiamo solo... notando una cosa che poteva essere migliorata. Cioè, immaginatevelo wooper accanto a voi, nel gioco. Immaginatevi che razza di suono potrebbero fare i suoi piedini pagnottini e umidi sul selciato! E poi se non c'è wooper, non c'è neanche il pokémon oggettivamente migliore di tutto il franchise: la salamandra gigante blu... ehm... volevamo dire quagsire. Quagsire.

- Non si possono cavalcare i pokémon. Non è una cosa di cui ci si possa davvero lamentare, perché c'è un senso dietro a questa scelta, e se fosse stato possibile cavalcare per esempio gogoat, come nei primi titoli, sarebbe stato un po' un buco di trama.

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