+ Muscolerentola, una storia di Daniele Lazzaretti +
C’era una volta, non molti anni fa, una giovinetta molto buona e gentile, che viveva con suo padre e sua madre in una casetta di campagna, in uno dei pochi stati ancor governati da una monarchia. I tre erano una famigliola felice, ma un triste giorno la madre si invaghì di Rocchetto, un influencer di Instagram che esibiva migliaia di giacchette di marca e scintillanti rolex al polso e, abbagliata da tanta ricchezza, decise di fuggire con lui.
Rocchetto la ricambiava, poiché la donna era bella e sarebbe stata una perfetta fidanzata-trofeo, così venne a prenderla con una macchina lunga venti metri e agghindata con migliaia di specchietti tutti di marca, pagò fior fior di quattrini gli avvocati perché spingessero il marito della donna a divorziare al più presto e scappò con il suo bottino, la mamma della nostra protagonista.
La povera giovinetta e suo padre rimasero soli nella piccola casa di campagna, molto afflitti. La giovinetta, questo era importante dirlo, aveva ereditato da sua madre quella stessa bellezza che aveva affascinato l’influencer, ma dal padre aveva preso la gentilezza, la bontà e la lealtà, e non poteva sopportare di vedere il suo povero genitore che piangeva dalla mattina alla sera, dalla sera alla mattina, e che anche dopo un mese non accennava a smettere di disidratarsi in codesto vergognoso modo, spillando fiumi di lacrime su tutto il pavimento e l’orto.
«Papà» Gli disse lei un giorno «Perché sei così triste? È vero, la mamma se n’è andata, ma il mare là fuori è pieno di pesci e troverai presto un’altra donna che ti amerà molto più di quanto non abbia fatto quell’egoista superficiale della mamma»
«Hai ragione, figlia mia» disse l’uomo, asciugandosi le lacrime «Forse è arrivato il momento che io mi riprenda e mi trovi un’altra moglie»
«Ma no, papà, prima frequenta un po’ di donne… conosci qualcuno di simpatico… trovati un’amichetta, ma non sarà troppo presto per sposarsi di nuovo?»
«È stato troppo presto anche solo per divorziare, perdinci! Voglio una nuova moglie e questo è quanto!»
«Ma se fino a pochi secondi fa stavi solo piangendo come un bambino...» gli fece notare la giovinetta, ma il padre non volle sentire discussioni.
Dovete sapere che il cuore dell’uomo era stato molto ferito da questo improvviso abbandono, e ora stava cercando di riprendersi più rapidamente che poteva, per questo voleva sposarsi e non pensarci più. Avventatamente, l’uomo sposò una vedova con due figlie che lo voleva solo per impadronirsi dei suoi (pochi) soldi, visto che doveva mantenere la sua esigente prole, ma di lavorare non voleva saperne.
La vedova si chiamava Matrigna. Proprio così, di nome, perché anche sua madre era stata malvagia.
Allora, Matrigna e le sue due figlie, Dolores e Dolores Due, si trasferirono a casa della nostra povera protagonista. Due mesi dopo, il padre della poverina morì all’improvviso, di crepacuore, perché anche se si era sposato non riusciva a dimenticare la moglie.
La giovinetta rimase allora sola con la matrigna e le due sorellastre e fu allora che iniziarono per lei le vere tribolazioni.
«Che vuole quella buona a nulla in salotto?» Esse dicevano «Chi mangia il pane deve guadagnarselo, sotto questo tetto: fuori sguattera!».
E a nulla valsero i timidi tentativi della giovinetta di far loro capire che in realtà quella casa apparteneva più a lei che a loro, visto che Matrigna e le due Dolores la minacciavano sempre di ucciderla se si fosse ribellata.
Le presero i suoi bei vestiti, le diedero da indossare una vecchia palandrana grigia tutta buchi e la condussero in cucina deridendola. La povera giovinetta lì doveva sgobbare dalla mattina alla sera, anzi da ancora prima: si alzava prima ancora che facesse giorno, portava l’acqua dal pozzo, accendeva il fuoco, preparava i pasti, lavava la casa, si prendeva cura del cavallo e delle galline e andava a pagare le bollette alla posta o faceva la spesa. Per giunta le due sorellastre gliene facevano di tutti i colori, la prendevano in giro chiamandola “la figlia del morto” e le versavano i ceci e le lenticchie nella cenere del caminetto, sicché la poverina doveva raccoglierli uno ad uno e lavarli singolarmente prima di poterli cucinare. La sera, quando era stanca, non andava nel letto, ma doveva coricarsi nella cenere accanto al focolare, e siccome la poverina era sempre sporca a impolverata, Matrigna e le due Dolores la chiamavano Cenerentola.
E così Cenerentola lavorava forte. Su e giù con i secchi pieni d’acqua, su e giù per le scale con le buste della spesa, china a terra per ore a raccoglier roba o a pulire i pavimenti, e ben presto iniziò a sentire qualcosa che cambiava in lei: i suoi muscoli si stavano rafforzando ed ella non si stancava più come una volta quando sbrigava tutti i lavoretti. La Matrigna credeva di farle un torto facendole mangiare solo legumi, ma questi sono un’ottima fonte di proteine, contenendone allo stato secco dal venti al quaranta percento e avendo un contenuto di grassi molto basso.
Quando si faceva la doccia, Cenerentola iniziava a vedere i deltoidi e i bicipiti delinearsi sotto la pelle e immaginate che meraviglia quando sentì sotto il pollice anche gli addominali!
«Cenerentola, lava le scale!» Le diceva Matrigna e lei subito, tutta felice, prendeva la scopa, ci legava sopra i pesi che erano stati del suo babbo e puliva tutte le scale da cima a fondo.
«Cenerentola, prendi l’acqua da bere al pozzo!» Le diceva Dolores, e tutta contenta lei correva al pozzo e tirava su secchi e secchi pieni d’acqua, che poi riversava in un gran barile che si caricava sulle spalle e portava dentro di corsa.
«Cenerentola, rifammi l’orlo alla gonna!» Le diceva Dolores Due e… e niente, Cenerentola lo faceva, ma non di buona voglia.
Quando fu forte abbastanza, Cenerentola divenne in grado di sbrigare i lavoretti in un nonnulla e prese ad allenarsi anche in altri modi: piegamenti sulle braccia, crunch, curl per i bicipiti con i fustoni di ammorbidente, squat con le cassette di frutta sulla schiena, trazioni alla sbarra nella stalla. Era contenta, la nostra Cenerentola, di vestire solo con una sforma palandrana grigia, perché così le tre malvagie donne non potevano indovinare in che modo il suo corpo stava cambiando.
Un giorno di sei mesi dopo, arrivò una notizia che sconvolse tutte le ragazze: il figlio del re, principe ed erede al trono stava cercando una ragazza! Per trovarla aveva indetto un grande e sontuoso ballo alla quale sarebbero state invitate tutte le donne in età da marito, dai diciotto ai sessant’anni insomma, perché fra di esse di certo vi era nascosta la futura regina.
Quando la matrigna di nome e di fatto lo venne a sapere, e lo venne a sapere presto perché passava un sacco di tempo su internet a cercare marito alle sue figlie e a sé stessa, iniziò a preparare Dolores e Dolores Due come principesse per il gran ballo.
Cenerentola, che lo seppe perché mentre spazzava il pavimento sentì le tre donne urlare tutti i dettagli riguardo al ballo, iniziò a sognare a occhi aperti e immaginò quanto fantastico sarebbe stato poter partecipare al ballo, sposare il principe e lasciare per sempre quella casa dove tutti la odiavano, per comprarsi finalmente una vera palestra con tutte le macchine giuste e manubri veri, così da non dover più usare i fusti dell’ammorbidente per fare i curl per bicipiti.
Prese coraggio, Cenerentola, e disse alla Matrigna che anche lei voleva partecipare al ballo, poiché era una ragazza in età da marito.
«Tu? Andare al ballo?» Rise Matrigna, indicandola «Ma non farmi ridere! Pensi davvero di poter entrare a palazzo vestita così? Come un profugo di guerra?»
«No» timidamente, Cenerentola accennò ai vestiti delle due Dolores «Però loro potrebbero prestarmi uno dei loro vestiti. Abbiamo la stessa taglia, altrimenti non avrebbero potuto indossare tutti gli abiti che mi hanno rubato, no?».
La Matrigna andò su tutte le furie a quell’allusione e spinse la povera e dolce Cenerentola fino ad uno stanzino, poi la chiuse dentro a chiave a da fuori le urlò: «Non osare mai più paragonarti alle mie bellissime, floride bambine! Tu sei sporca e stupida, un bastone su cui ondeggia quello straccio grigio, e non ho intenzione di farmi vedere in giro con te, soprattutto davanti alla famiglia reale, perché ci metteresti in imbarazzo!».
Cenerentola, povera bambina, prese a piangere. Le sue lacrime, abbondanti e salate, iniziarono a scorrerle lungo le guance, lavando via la cenere sul suo bel visino.
«Piangi, piangi!» Ghignò Dolores Due da fuori «Tanto non c’è niente che tu possa fare!».
E fu in quel momento che Cenerentola capì che alla violenza bisogna rispondere con la violenza. Prese un attizzatoio di riserva, che stava lì per terra nello stanzino, e colpendo la porta ne fece saltare via la serratura. Stupita dalla facilità con cui la sua forza le aveva permesso quel gesto, uscì e si guardò intorno.
Matrigna e le due Dolores erano impietrite.
«Come hai fatto a uscire?» Disse la madre.
Cenerentola non rispose, perché con certa gente c’è davvero poco da discutere, e salì le scale. Non aveva intenzione di fare del male alle tre donne, perché lei era buona e gentile, ma non aveva neanche più intenzione di permettere loro di rubare ciò che era suo. Aveva appena capito che c’è una linea di demarcazione ben netta fra la stupidità e la gentilezza.
Si fece una doccia, dopo aver chiuso a chiave la porta. Mentre si lavava sentiva la voce della sua matrigna che le urlava contro.
«Cenerentola!» Strillava isterica la vecchia donna «Maledetta, hai rotto la serratura dello stanzino! Dovrai lavorare il doppio per ripagarla!».
Ma Cenerentola la ignorava: non avrebbe più fatto niente per lei. Dopo essersi ripulita dalla testa ai piedi e aver fatto tornare i suoi capelli del loro color oro originale, la ragazza uscì dal bagno. La matrigna cercò di aggredirla, ma a Cenerentola bastò un piccolo spintone per mandarla gambe all’aria.
«AH!» Urlò la vecchia donna «MI VUOI UCCIDERE?!».
Ma Cenerentola la ignorò e andò verso la camera in cui dormivano le due Dolores. Ovviamente non voleva uccidere nessuno, ma non voleva neanche essere aggredita. E ora si sarebbe anche ripresa ciò che era suo: aprì l’armadio delle sorelle e ne trasse i più bei vestiti, che iniziò a provarsi uno dopo l’altro.
Ma, povera creatura, i suoi muscoli bellissimi e poderosi non entravano più in quelle sottili maniche! Le sue spalle larghe, così rotonde, rischiavano di strappare la stretta stoffa di quei vestiti che una volta erano stati suoi. La matrigna, purtroppo, su una cosa aveva ragione: quelle vesti non erano fatte per lei, non più. Ma Cenerentola non si perse d’animo, prese una manciata di soldi dal cassetto della scrivania delle Dolores e uscì di casa. Le sorellastre cercarono di fermarla, facendo urlacci e mostrando i pugni, ma Cenerentola non aveva certamente paura di loro e si allontanò, recandosi dal più vicino sarto.
Il sarto si sorprese quando vidi la maestosa Cenerentola, dal viso come quello di una dea, i lunghi capelli d’oro sciolti sulle spalle, entrare vestita di una brutta palandrana grigia e lacera.
«Ho bisogno di un vestito per il ballo indetto dal principe» Disse la ragazza «Sono venuta nel posto giusto?».
Il sole bacia i belli, ma la fortuna bacia i forti, e Cenerentola fu baciata dalla fortuna: quello che aveva davanti era il miglior sarto del paese, ed era disposto a farle uno sconto perché ci teneva molto a vestire quella bellissima giovinetta, soprattutto dopo che ebbe avuto modo di misurarle i bicipiti con il suo metro da sarto.
Il sarto le fece così un vestito sontuoso, color bianco perla e oro, degno di una regina. Cenerentola venne a ritirarlo due settimane dopo, nello stesso giorno in cui il principe dava il grande ballo a palazzo.
In quelle due settimane Cenerentola si era comprata quello che desiderava: manubri componibili, proteine in polvere, l’enciclopedia del bodybuilding e alcuni vezzosi fiocchetti per capelli. Le sue sorellastre e sua madre avevano ovviamente avuto qualcosa da ridire, ma erano bastati due bei ceffoni di Cenerentola per far capire loro che era sacrosanto diritto di quella povera ragazza, che aveva patito così tanto in quel periodo con loro, usare un po’ di soldini per coccolarsi.
E finalmente venne la sera del ballo.
Le due Dolores ci andarono accompagnate dalla matrigna in una sontuosa carrozza con cavalli bianchi, in cui non c’era posto per la povera Cenerentola! Ma Cenerentola non si perse d’animo, perché in questo modo avrebbe potuto fare un po’ di cardio per bruciare qualche grammo di grasso, e corse a piedi dietro la carrozza. Quando arrivarono al castello, lei sembrava più fresca delle sue sorelle, nonostante avesse fatto sette chilometri a piedi.
Dentro il palazzo era tutto in festa, con gruppi che suonavano dal vivo, danze animate e associazioni studentesche goliardiche che offrivano strani snack, come cubetti di pangolino glassato, a tutti i presenti. Cenerentola fu ricevuta con grandi omaggi e furono in molti ad interessarsi a lei, alla sua bellezza, alla sua possanza, alla sua gentilezza e al suo gran garbo. In molti iniziarono a chiedersi da dove mai venisse quella fanciulla così bella ma di cui nessuno sapeva il nome.
Il principe ballò con lei, avendo promesso di ballare con tutte le ragazze presenti quella sera (il ballo sarebbe durato tre giorni), e immediatamente se ne innamorò.
«Non voglio più ballare con nessuna» Proferì il principe, solenne
«Oh, allora me ne vado» rispose timidamente Cenerentola, ma lui le strinse più forte le mani
«Con nessuna tranne che con te, mia splendida dama. Con te dimentico persino il tempo che passa...».
Cenerentola allora guardò l’orologio: era tardissimo! E una qualità del sonno più bassa, con meno ore di riposo, corrispondeva ad una maggiore produzione di cortisolo e ad un maggior catabolismo, ovvero la riduzione in glucosio di una parte delle proteine che costituiscono i muscoli. Insomma, se voleva avere muscoli splendidi e forti, Cenerentola doveva andare a dormire presto e riposare per tutta la notte, non poteva certo star lì a volteggiare con quel ricchissimo bietolone.
«Devo andare!» Esclamò la giovinetta, lasciò le mani del principe e scappò via.
Il principe cercò di fermarla, aggrappandosi a un decoro del suo abito, una fascia traforata che le cingeva il braccio, ma questa si strappò nella foga e gli rimase in mano, mentre Cenerentola scappava via in una fuga disperata dal catabolismo.
Il giorno dopo, Matrigna e le due Dolores erano furenti: erano venute a sapere che il principe aveva ordinato ai suoi soldati di cercare ovunque la splendida fanciulla bionda misteriosa. Per essere certi che la ragazza fosse quella giusta, avrebbero misurato il suo bicipite con il decoro che era rimasto a palazzo, per scoprire quella il cui braccio sarebbe stato fasciato da esso alla perfezione.
Dopo quasi una settimana, le guardie reali bussarono anche alla casa di Cenerentola, che però era nell’orto sul retro che annaffiava le melanzane e non si accorse di nulla.
«Siamo i soldati inviati dal principe» Dissero gli uomini «E portiamo il decoro volto a fasciare il braccio della futura regina».
Le due Dolores si erano preparate facendosi pungere le braccia dalle api, per farsele gonfiare, e arrivarono tutte doloranti e arrossate: ma il gonfiore delle loro braccia era brutto e irregolare e anche così non raggiungeva lo spessore del bel bicipite naturale di Cenerentola.
«Non siete voi» Sentenziò il capo delle guardie, cercando di non scoppiare a ridere «E la prossima volta vi consiglierei di evitare cotanto dolore».
Ma quando uscirono di casa, ad una delle guardie cadde l’occhio proprio su Cenerentola, che aveva smesso di annaffiare le melanzane e ora stava facendo i piegamenti sulle braccia non troppo distante, in un punto ben illuminato dal sole.
«Ehi tu, ragazza! Vieni a provare il decoro del vestito della regina!» Esclamò il capo delle guardie.
«Ma cosa, volete far provare un simile prezioso indumento a quella ragazza sudata e sporca?» Disse Matrigna, non appena si accorse di quello che stava accadendo «Lei è la mia figliastra e non ha un soldo! Non avrebbe mai potuto partecipare al ballo, guardatela, è una pazza che fa degli strani movimenti per terra, come un verme con le braccia»
«Signora» rispose con sicurezza il capo delle guardie «Si faccia da parte per piacere, che qui disturba. Abbiamo l’ordine di far provare l’orpello a tutte le ragazze del regno e quella laggiù mi par proprio una ragazza, o sbaglio?».
Dopo quelle parole, Matrigna non ebbe il coraggio di dir nulla e si nascose dietro le due figliole dalle braccia bitorzolute e doloranti, sperando che a Cenerentola andasse tutto per il peggio.
Il capo delle guardie fece rialzare Cenerentola e le disse «Porga il bicipite prego, signorina».
Lei lo fece e… miracolo! La striscia cingeva perfettamente la circonferenza del suo bel braccio.
«È lei!» Iniziarono ad esclamare a gran voce le guardie.
Cenerentola guardò le sorelle e la matrigna, consapevole che quella sarebbe stata l’ultima volta.
Le guardie portarono la bionda e forte ragazza a corte, dove il Principe riconobbe in Cenerentola la bellissima valchiria con cui aveva danzato in quella notte indimenticabile e le propose di sposarlo.
«Ma prima» Le disse «Come ti chiami? Non conosco ancora il tuo nome».
Cenerentola, ovviamente, non voleva chiamarsi più così… e il suo vecchio nome era stato ancora più brutto… perciò sorrise e disse «Chiamami Muscolerentola»
«Posso chiamarti Muscola? È un nome così simpatico»
«Chiamami così per sempre, amore mio: sono i muscoli che mi hanno cambiato la vita».
E vissero per sempre tutti felici e contenti.
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