mercoledì 19 dicembre 2018

Sunset 83 - Il saluto di Undertaker



Il giorno a venire fu un via vai di gente emozionata dalla stanza di Sarah fino a sera, quando tutti i controlli finali finirono (alla fine i medici decretarono che la sua era una febbre di cui si potevano occupare i genitori) e la madre poté portarla a casa con sé.
Fu bello vedere la reazione del branco al completo (che fece ammattire la solita infermiera, che di nome, scoprii, faceva Denise e soffriva di acidità gastrica) che faceva le feste per il ritorno di Sarah. Fu meno emotivo del ritorno tra le Ragazze del Tramonto perché non la conoscevano altrettanto bene, ma la accettarono immediatamente tra loro con calda allegria.
C'erano così tante cose su cui Sarah era rimasta indietro! Il branco era deliziato dall'idea di renderla partecipe di tutte le novità che erano piombate da Forks a La Push nel nostro piccolo mondo dei sovrannaturali, e non riuscirono neanche a spiegarle nel dettaglio tutto ciò che era successo, perché volevano a loro volta sapere di ciò che era accaduto a lei. Potevo contarmi tra i sovrannaturali, ora che avevo uno scudo anti-magia e un terzo occhio?
Non assistei personalmente al ricongiungimento di Sarah con sua madre, ma Denise mi assicurò che era stato davvero molto toccante. Poi mi disse di andare a prendere dell'acqua con lo zucchero, che ero troppo pallida e secondo lei stavo per svenire.
Quello a cui riuscii ad assistere personalmente fu la faccia incredula e gongolante di Sarah quando le venne raccontato nei particolari come l'orso-vampiro, l'incubo che l'aveva quasi uccisa, era stato fatto a pezzi.
«Com'è possibile?» Aveva chiesto a fine racconto, ancora a bocca aperta
«È la forza del branco» avevano detto Sam e Ayita nello stesso istante. Poi si erano sorrisi, prima che la ragazza di Sam se lo trascinasse fuori dalla stanza per parlargli.
Quel giorno saltai la riunione dai Cullen e il mio giorno di allenamento con lo scudo, limitandomi a mandare un messaggio ad Edward per dare anche ai vampiri la buona notizia.
Lui mi rispose: “Peccato che non ci sei oggi però :”( “.
Decisi di non rispondere.
Ero semplicemente troppo felice! Per buona misura comunicai del risveglio di Sarah anche a tutti i miei amici che già non lo sapevano: Mike, Jessica, Angela e papà... che però, invece, scoprii che lo aveva saputo tramite quella insidiosa rete di comunicazione genitoriale che consentiva a mamme e papà di sapere tutto dei loro pargoli. Cioè, non tutto tutto, per fortuna, o mio padre mi avrebbe barricata in un bunker.
Accompagnammo tutti fuori Sarah dall'ospedale parlottando, e dovevamo davvero essere rumorosi, ma, com'era giusto, alla fine sua madre ci ringraziò di essere stati tanto cari e gentili verso sua figlia e ci ricordò che non c'era spazio per tutti noi a casa sua. Dopodiché la caricò in auto e si allontanarono nel buio.
Alzai lo sguardo verso l'alto e provai ad esalare, ma per quanto io stessi iniziando a sentire un certo freddo, il mio alito non si condensò in una nuvoletta. Stava iniziando a fare notte sempre più presto.
L'inverno stava arrivando (o meglio, l'autunno stava arrivando, ma dopo ci sarebbe stato l'inverno), e con la neve sarebbero venuti anche...
Scossi la testa, sfregandomi le mani tra loro.
«Hai freddo?» Mi chiese Jake, avvicinandosi, e senza che neanche rispondessi mi abbracciò avvolgendomi in un insta-calduccio più che gradito.
«Hm, ora no di sicuro. Voi licantropi non sapete tenere le mani a posto» Sbuffai, rannicchiandomi contro il suo petto
«Vuoi che mi allontani?»
«Non pensarci nemmeno». Lui abbaiò una risata.
«Vuoi che ti accompagni a casa?»
«Beh, io...» ci misi un secondo a fare mente locale, poi mi ricordai che, si, ero venuta con il mio Chevy «... Ho la mia auto. Verrebbe male»
«Io una macchina non ce l'ho, sono venuto a zampe» ammise Jacob candidamente
«Una volta non passavate tutto questo tempo da lupi»
«È parte dell'addestramento. Riuscire a passare agevolmente e in fretta da una forma all'altra può fare la differenza tra la vita e la morte in battaglia. Siamo fighi anche così, ma siamo molto più vulnerabili da umani»
«Hm-hm, capisco il tuo punto di vista» annuii, cercando di capire come avrebbero potuto accorciare ancora di più i loro tempi di trasformazione. Era possibile una cosa del genere? L'ultima volta che li avevo visti erano stati praticamente in grado di farlo in un battito di ciglia.
«Ciao ragazzi!» Esclamò Jacob alzando una mano in direzione del gruppo di adolescenti licantropi che si stava sparpagliando. Li salutai a mia volta, sentendomi bene.
Non ero mai riuscita a ritagliarmi neanche un posticino che sentissi davvero tutto mio a Phoenix. Una ragazza troppo timida, troppo imbranata, e non abbastanza stupida.
Ma qui... avevo tutto. Amici, avventure e animali domestici. E avrei combattuto per tenermelo stretto.
«Protettori!» Esclamò Lara con brio, e tutti si portarono un pugno sul cuore ed ulularono come in un saluto segreto, prima di scoppiare a ridere.
Io e Jake ci dirigemmo verso il mio pick-up.
«Sai, dopo queste cose la brava gente non potrà più guardarvi con gli stessi occhi» Scherzai, aprendogli sovrappensiero la portiera
«Ma che galante, grazie».
Ridacchiai, infilandomi nel mio posto di guida. Ponderai se accendere o meno il riscaldamento, ma non faceva abbastanza freddo, ed il nostro calore corporeo avrebbe permeato abbastanza l'abitacolo
«Sono beneducata, che ci posso fare. Già che ci sono ti offro un passaggio...»
«Aspetta, volevo accompagnarti io!»
«Intenzione lodevole, ma chi ha un auto?»
«Tu»
«E chi è che in realtà voleva scroccare un passaggio perché correre sulla strada di sera ti ghiaccia i cuscinetti?»
«Io»
«Allora siamo d'accordo?» misi in moto, e il mio vecchio mezzo di trasporto brontolò e tossicchiò come un fumatore irritato. Jake si appoggiò al sedile e rise.
«Certo, certo. Sei troppo sveglia per il tuo bene, detective Cigna»
«Ancora con questa storia del detective» Stavolta risi io «Tu che vuoi fare da grande, Jake?»
«Uhm... non lo so, cioè, non con certezza. Sai, con questa storia dei lupi non ci ho mai pensato a fondo. Potrei vivere di prede se volessi. Magari sarò un lupo meccanico, sarebbe il massimo».
Annuii con approvazione. A volte le persone sono felici con cose diverse, senza che si stiano davvero accontentando anche se poteva sembrarlo. Una delle sorelle di Jacob era all'università ed era umana, l'altra faceva la madre di famiglia umana, il fratello minore voleva essere un licantropo che faceva anche il meccanico. Erano tutte belle prospettive, fintanto che li rendevano davvero felici.
«Se lo dici così, però» Risposi «Sembra che vuoi diventare un lupo robotico. Mecha-Jake»
«Lupotron» ridacchiò lui «Anche quello sarebbe fico».
Mi fermai ad un semaforo e diedi un'occhiata allo specchietto retrovisore. «Il tuo papà sarà felice di sapere che ha cresciuto un robot mannaro. Senti, a proposito di papà, ma sai niente di come procedono le cose tra Billy e Carlo?».
Jacob si strinse nelle spalle, sporgendo appena il labbro inferiore.
«Non sai niente» Sospirai
«Mio papà e tuo papà sono come... ragazzini. Credo stiano vivendo una seconda infanzia o qualcosa del genere»
«Il fanciullino» ridacchiai
«Cosa? Che lingua è?»
«Il fanciullino» ripetei, in italiano per poi passare subito all'inglese «Significa “il piccolo fanciullo” ed è un'opera di Giovanni Pascoli, un autore italiano del novecento, più o meno. Pascoli diceva che dentro ogni persona c'è un bambino e che questo bambino può vivere attraverso la poesia, o qualcosa del genere, vedendo tutto come se fosse la prima volta. È un autore molto popolare in Italia, lo studiano nelle scuole. Perciò mi è venuta in mente questa cosa, che i nostri papà si sono fatti prendere un bel po' la mano con questa storia del fanciullino»
«Tu sei troppo intelligente» Jacob scosse la testa «Mi fai sentire stupido»
«Non sono troppo intelligente» mi schermii «È che sono italiana».
Una volpe ci attraversò la strada all'improvviso in un lampo di pelo biondiccio. Le volpi americane non sono come quelle europee, sono piccole più o meno come un gatto e meno rosse. Non sembrano animali favoleschi, sono più... terrene. E per qualche motivo sembrano più veloci, soprattutto quando ti sfrecciano davanti muovendo le zampette come matte.
Inchiodai per non investirla, anche se non ce n'era bisogno perché la volpetta era schizzata immediatamente dall'altro lato della strada e neanche se avessi accelerato sarei riuscita a beccarla.
«Una volpe» Rise Jacob «È un presagio, secondo te?»
«Un presagio?» domandai, con il cuore in gola «Spero che sia buono, perché mi è venuto un infarto»
«Dai, non la potevi investire neanche se volevi!»
«Ma io ho paura di mettere sotto gli animali, Jake. E da quanto ho un gatto sono ancora più spaventata perché penso sempre... e se qualcuno, per sbaglio, senza volerlo, investisse Dracula? E allora mi dico che bisognerebbe essere sempre all'erta e attenti per non investire gli animali di nessuno» ripartii con la macchina, ma lentamente
«Caspita. A questo punto non adotterò nessun animale domestico, se mi deve venire un'ansia come la tua» commentò Jacob, divertito
«Ah ah, spiritoso»
«Dai, non ti immusonire, Belarda!»
«Non mi sto immusonendo. Oggi non potrei mai, sono troppo contenta»
«Contenta per Sarah?»
«Certo, e per chi sennò?»
«Boh. Contenta perché sei in macchina con un figo sexy da paura?» si indicò gli addominali «Io sarei contento al posto tuo»
«Questo è perché sei gay» scherzai
«Ehi, no! Volevo dire... io, volevo dire... se fossi una ragazza sarei contento!»
«Se tu fossi una ragazza saresti sempre tu, Jake. E quindi ti piacerebbero le ragazze se ora sei etero e i ragazzi se ora sei gay» gli feci notare «Quindi sei gay. E hai un'attrazione fatale per i tizi che somigliano a te»
«Certo che no!» fece lui, fintamente scandalizzato
«Così impari a fare lo splendido».
Ci mettemmo a ridere tutti e due. Jacob smise per primo e mi posò una mano sulla spalla
«Ti ricordi il primo viaggio che abbiamo fatto in auto insieme?»
«Certo, come faccio a scordarmelo?» un sorriso affiorò da solo, spontaneo, sul mio volto «È stato il giorno più bello della mia vita. E non perché sei un figo» mi affrettai ad aggiungere «Ma perché siamo andati a vedere la WWE. È stato... fichissimo. E abbiamo incontrato CM Punk!»
«E Bobby Lashley!»
«E Kane!»
«E tu hai urlato qualcosa di sconclusionato ad Undertaker!»
«E John Cena... aspetta, lo sai che ho toccato il bicipite di John Cena?»
«Cosa? Quando?»
«Quando i vampiri mi hanno rapita e mi hanno portata in un albergo a Phoenix e lì ho incontrato di nuovo CM Punk e tutta la WWE»
«Sul serio? Figata!» il suo volto si illuminò «Penso che dovrò starti vicino più spesso, perché ti capitano sempre cose pazzesche!»
«Pazzesche di sicuro. Ma a volte anche cose terribili»
«Cose terribili pazzesche. Ne vale la pena!» lui sollevò il pollice in segno di approvazione «Andiamo! Da quando sei arrivata tu a Forks la mia vita è cambiata completamente! E in meglio, per giunta»
«Sul serio?»
«Certo, Belarda! Prima ero un ragazzino qualunque che si frequentava con i suoi due amici e raccattava pezzi di auto usate nelle discariche. Dopo che sei arrivata tu sono diventato un licantropo fortissimo che si trasforma e ho un branco intero di amici che mi capiscono davvero! E un sacco di altre cose sono cambiate. Per esempio ho una macchina nuova, perché quella vecchia l'ho venduta a te»
«Già, è vero» realizzai
«Si! E poi anch'io ho visto uno show del wrestling dal vivo, con te, ed è stato fichissimo! E poi abbiamo ucciso dei vampiri. E hai riportato il Guardiano Nero nel branco dopo anni che non tornava e il guardiano nero è, è...» quasi balbettava, preso dall'euforia «È Undertaker, che diamine! E poi ora stanno arrivando i succhiasangue reali, un'intera famiglia di succhiasangue antichissimi, e noi possiamo combattere! Possiamo ucciderli tutti e sarà fichissimo e ci stiamo allenando come fichissimi soldati!» mi guardò, gli occhi scintillanti di una luce che sembrava provenire da dentro di lui «La mia vita è una bomba da quando ci sei tu. Mi va tutto bene. Mi sento il protagonista di uno di quei libri dove al protagonista va tutto bene. Mi hai fatto diventare il protagonista di un libro».
Dunque non ero l'unica a sentirmi come un personaggio letterario! Con la solida differenza che a Jacob era andato tutto bene, mentre io avevo avuto crolli nervosi multipli in questi ultimi mesi ed ero ancora convinta di meritare una lunga, lunghissima vacanza (che mi sarei senza dubbio presa quando finalmente tutta questa storia dei Volturi fosse finita).
«Però, Undertaker ha detto che deve partire» Disse Jake dopo una lunga pausa, serio
«D'accordo» annuii
«Siamo soli io e te e so che a te posso dire tutto. Vero?»
«Jacob, che c'è? Sembri preoccupato. E certo che puoi dirmi tutto»
«Non è che sembro, è che sono davvero preoccupato» il suo tono sembrò più adulto, più tormentato «Il Guardiano Nero ci ha insegnato cose incredibili. Ci ha mostrato poteri aldilà di ogni immaginazione, ma adesso... vuole lasciare che ce la caviamo da soli»
«Che cosa?» sperai di non aver capito bene «In che... in che senso?»
«Nel senso che se ne va. Ci lascia da soli. Ha detto che forse ci sarà per la prima neve, ma che confida che ce la caveremo anche senza di lui» Jacob colpì con un pugno il cruscotto, facendomi sobbalzare «È un codardo!»
«Non dire così!» ringhiai «E non colpire la mia macchina!»
«Scusa, Belarda. Scusa. Ma lui è un codardo, non me lo rimangio»
«Non è un codardo» sospirai «Sono certa che ha i suoi buoni motivi per andarsene. Inoltre non è obbligato a restare, lo sai. E ha il lavoro, il wrestling, la sua famiglia. Non ha nessun obbligo di rimanere al nostro fianco. E poi ha detto che tornerà per la battaglia finale, no?»
«Ha detto che forse tornerà. Forse»
«In ogni caso non lo obbliga nessuno. È umano, Jacob. Non è come te, un vampiro potrebbe spezzarlo come un bastoncino»
«Sarà anche umano» disse ironico Jacob «Ma può tenere a bada due di noi contemporaneamente senza neanche spettinarsi»
«Essere forti non significa dover proteggere gli altri a costo della propria incolumità, Jake. Non hai il diritto di sentirti tradito: lui non ci ha promesso niente»
«È vero» disse con amarezza il mio amico, raccogliendosi i pugni in grembo «Non ci ha mai promesso niente»
«Infatti».
Rimanemmo in silenzio fino a casa di Jacob. Non appena spensi il motore, Jacob mi guardò con uno sguardo terribilmente triste
«Per favore» mi disse «Non dirlo a nessuno»
«Che cosa non devo dire a nessuno?»
«Che Undertaker non ci sarà quando ci batteremo con i Volturi. Lui lo ha detto a me perché dice che sono l'alfa ed è mio diritto conoscere le informazioni prima degli altri, ma io non ho nessuna intenzione di dirlo al branco»
«Perché?» sussurrai
«Perché saranno spaventati. Perderanno la speranza. E se perderanno la speranza, che cavolo, non combatteranno come dovranno e moriremo. Se è mio diritto conoscere le informazioni prima degli altri, allora è anche mio diritto decidere cosa farne. Posso contare su di te, Belarda»
«Certo che puoi. Ma non mi avevi detto che il vero alfa è Sam, che ti sei fatto da parte perché fosse lui a governare il branco?»
«Si, certo. Ma a lui Taker non ha detto niente e io non voglio farglielo sapere. Nel branco si scatenerebbe il panico, Belarda» mi prese una mano quasi con violenza «Ti prego, non dirlo a nessuno»
«Ma se ne accorgeranno, se non verrà, no?»
«Mi inventerò delle scuse fino all'ultimo secondo. Sono bravissimo a sparare balle e tutti faranno il loro dovere»
«Hmm... mi sembra che finirà male»
«Fidati di me».
Mi fidai e promisi. Lui scese dall'auto e io guidai fino a Forks, stando ben attenta ad eventuali altre volpi che avrebbero potuto decidere di attraversare la strada senza preavviso. Facevo bene a tenere gli occhi aperti, perché furono ben tre le volpette americane che mi tagliarono la strada e io mi chiesi che diavolo stesse succedendo.
Parcheggiando nel vialetto, mi accorsi di qualcosa di grosso che era appena sparito dietro l'angolo di casa. Scesi con cautela, impugnando il mio stivale da giornate fangose come un'arma, e seguii la cosa.
Era Undertaker. Nascosi immediatamente lo stivale dietro la schiena chiedendomi perché diavolo facessi sempre queste figuracce con lui, ma tanto lui non sembrava essersi accorto di niente perché mi salutò con calma.
«Ciao, Belarda. Ti dispiace se sto dando un'occhiata a casa tua?»
«No, prego» Quasi balbettai «Perché lo fai?»
«Controllo se è tutto a posto, sai, dal punto di vista...» si indicò fuggevolmente in mezzo alla fronte e capii che si riferiva al terzo occhio
«Ah. Ed è tutto a posto?»
«Ora si, ho dato una riordinata alle ombre» spostò il peso da un piede all'altro «Me ne vado» disse «Intendo, via da Forks»
«Lo so. Me l'ha detto Jacob Black»
«Ok. Allora addio...»
«Aspetta!» allungai una mano verso di lui «Perché lo fai?».
Che domanda stupida. Che domanda stupida e irrispettosa. Che domanda stupida e irrispettosa e superflua. Ma lui mi guardò come se non fosse così stupida e si infilò le mani nelle tasche
«Sai» cominciò, parlando molto lentamente, deglutendo un paio di volte prima di proseguire «Ci sono cose che non posso fare. Non sono, sai, onnipotente. E non posso essere onnipresente. Mi dispiace tantissimo, capisco che siete tutti giovani, che siete dei ragazzi smarriti, ci sono passato anch'io»
«Anche tu?»
«Anch'io. Ero un ragazzino smarrito e gettato alla mercé di un mondo sovrannaturale. A sedici anni sono stato morso da un vampiro, su un fianco, sai? Neanche sapevo cosa fosse un vampiro» sorrise brevemente, poi si carezzò nervosamente la barbetta «Mi hanno purificato con l'argento per evitare che mi trasformassi. E ho dovuto combattere contro cose terribili e non c'era nessuno a salvarmi. Perciò lo so che cosa provi e mi dispiace, mi dispiace tantissimo... ma ci sono faccende che, sai, devo aggiustare. Cose più grosse della vostra guerra di vampiri»
«Più grosse?» domandai, spaventata e dubbiosa insieme
«Non ne hai idea. Però, prometto che se riuscirò a mettere tutto a posto prima di Natale tornerò qui a Forks a darvi una mano con questa guerra» guardò altrove «Ma per allora non avrete più bisogno di me. Non vi servirò a niente»
«Tu sei forte, certo che ci servirai! E stai allenando i licantropi...»
«I ragazzi e le ragazze-lupo sono forti. Più forti di quanto tu possa immaginare, Belarda» ancora non mi guardava in faccia, fissando ostinatamente un punto lontano « E tu hai lo scudo. Non perderete. Il mondo ha bisogno che non lo facciate».
Per qualche motivo, mi si inumidirono gli occhi. Il mio cuore tremava.
«Non voglio che tu vada via» Dissi, con uno slancio quasi feroce.
Che frase stupida e idiota. Che cosa contava quello che volevo io? Ero arrogante.
«Mi dispiace» Ripeté lui, spostando lo sguardo a terra «Devo. Sono atteso altrove. Perdonami»
«Non c'è niente da perdonare» urlai «Non devi rimanere per me! Non devi fare niente che tu non voglia! HAI CAPITO?».
Ero furiosa, rossa in volto. Probabilmente un bambino sarebbe scappato via in lacrime se mi avesse vista in faccia. Non sapevo con chi ero arrabbiata, forse con me stessa e con le mie pretese idiote.
«Ho capito» Sussurrò Undertaker, indietreggiando di un passo «Scusa»
«Non. Devi. Scusarti» dissi tra i denti «Fai buon viaggio»
«Grazie».
Lui si allontanò rapidamente, con falcate ampie, senza voltarsi indietro. Quando fu abbastanza lontano mi resi conto che era probabile che non l'avrei rivisto mai più e che la mia ultima conversazione con lui era stata assolutamente orribile. Mi appoggiai con la spalla al muro di casa e mi presi il volto fra le mani, cercando di non piangere. Lo avevo praticamente spaventato con uno scoppio emotivo! Oh, sapevo quanto le adolescenti pazze potessero sembrare terrificanti, ma non avevo mai pensato a me stessa come ad una di quelle ragazzine che non sanno comunicare i propri sentimenti e urlano in faccia alle persone a cui vogliono bene. Mi sfuggì un singhiozzo.
Che cosa stavo facendo? Perché non mi riscuotevo, non facevo un bel sorriso e rientravo dal mio gatto?
«Io non sono così» Sibilai, rivolta a me stessa «Non sono così. Sono ragionevole. Sono migliore».
Mi asciugai gli occhi con il dorso della mano e mi guardai alle spalle. La strada davanti casa era deserta, un venticello freddo spazzava l'asfalto e trascinava due farfalle bianche che lottavano fiaccamente contro la corrente. Ero sola. Avevo paura.
Undertaker mi aveva difesa dalle spie dei Volturi. Aveva eliminato Jasper. Insieme a lui ero protetta, niente sarebbe potuto accadermi, e ora che se n'era andato la mia mente era ritornata indietro ai tempi terrificanti in cui Edward mi aveva rapita, in cui sentivo che i Cullen avrebbero potuto uccidere la mia famiglia o i miei amici in qualunque istante. Ora capivo perché Jacob si era sentito così tradito, perché era tanto arrabbiato! Anch'io lo ero.
Rimasi immobile, come paralizzata, a fissare la strada. Vidi qualcuno avvicinarsi e sperai, sperai con tutte le mie forze che fosse Undertaker che tornava... invece era solo Mike, che per qualche motivo correva indossando un capello e portava sottobraccio un grosso libro.
«Ehi, Belarda!» Mi salutò «Ciao Belarda! Jessica e Angela sono nel quartiere accanto, mi hanno chiesto di venire da te a dirti se per caso vuoi comprare i libri con noi!»
«I libri?» chiesi, smarrita
«Si! I libri di scuola!»
«Non è un po' presto per la scuola?»
«Si, lo è, ma c'è un'offerta sconto super speciale e noi ci andiamo ora! A comprare i libri, ovviamente, non a scuola» mi fece l'occhiolino, poi si avvicinò ancora e dovette accorgersi della mia faccia arrossata perché si preoccupò immediatamente «Belarda? Che... che succede?»
«Niente» mentii «Va tutto bene»
«È successo qualcosa a Dracula?»
«No! Certo che no!» mi sforzai di sorridere «Sta benissimo»
«Allora, ci vieni?»
«Certo».
Certo. Ci sarei andata a comprare i libri con i miei amici e avrei cercato di essere normale e di tornare la Belarda di un tempo. Ma, forse, se hai un terzo occhio aperto sulla fronte non puoi più vedere le cose come una volta.
Mentre ero seduta sul sedile posteriore della macchina di Mike, stringendomi nelle braccia perché aveva iniziato a fare freddo e i miei amici si rifiutavano di accendere il condizionatore, mi resi conto che tutti quelli che potevano avere un qualche controllo sulla guerra contro i Volturi stavano scappando: Alice, che doveva aver visto nel futuro la nostra sconfitta, si era dileguata e così aveva fatto Undertaker, che di certo ne sapeva più di noi. Secondo Zafrina eravamo ancora troppo deboli per battere la famiglia reale dei vampiri e ora cominciavo a crederlo davvero anch'io.
Sarebbero seguiti mesi di paura, di fatica, di sudore. E per giunta sarebbe ricominciata la scuola.
Forse in fin dei conti non ero affatto la protagonista di una fanfiction, ma un'eroina tragica in un racconto epico, magari un personaggio secondario destinato a morire nel tentativo di salvare i suoi amici. Guardando Jessica che mostrava una mossa di karate a Mike (e Mike la riprendeva con il telefonino, con gli occhi stellanti da cartone animato) mi dissi che non era poi il più orribile dei destini, che valeva la pena di morire per quegli amici, ma una paura viscida e sorda mi rimase comunque incollata alla bocca dello stomaco.
Ero pronta?

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